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Numero 74
20 Ottobre 2015
87 Pagine
Volkswagen Passat
Alltrack
La station che
sfida i SUV
Non è una vera fuoristrada ma se
la cava dove le altre non riescono
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Peugeot 208 restyling
Sempre più bella
e confortevole
Ecco la nuova Peugeot 208 diesel
con motore turbo 1600
Dieselgate
Perché VW
ha barato
Cosa comporterà il richiamo dei
2.0 TDI EA189 Euro 5?
| PROVA SU STRADA |
Nuova Jaguar XF
da Pag. 2 a Pag. 13
All’Interno
NEWS: Ferrari F12tdf | BMW M2 | Fiat Tipo | Tesla con Autopilot la guida autonoma è (quasi) realtà | BMW M4 GTS
Porsche 911 | F1: Ferrari la F1 del 2016 passa da Austin | Damon Hill il Capitan Zero della Formula 1
PROVA SU STRADA
NUOVA JAGUAR XF
Il suo segreto è
l’alluminio
La nuova Jaguar XF si trasforma in un’auto
capace di farsi notare, senza ricorrere ad eccessi
di creatività. Il suo vero gioiello però è il telaio
in alluminio, che regala una dinamica di guida
sublime
di Emiliano Perucca Orfei
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Media
G
uardandola così, di sfuggita,
la nuova Jaguar XF non è
cambiata molto nel passaggio dalla prima alla seconda
generazione. Il team diretto
dallo stilista Ian Callum, infatti, non ha stravolto le forme del vecchio modello concentrandosi ad evolverle, a dare loro
nuova forza e modernità ma nel contesto di un
family feeling che oggi coinvolge tutta la gamma
e che era partito da XJ prima ed è arrivato ad XE
passando, appunto, per la XF: come dire che le
Jaguar oggi sono fatte così, non si sono sbagliati,
le forme immortali della vecchia XJ non torneranno più.
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Com’è cambiato il nuovo modello
Lanciata nel 2007 e ristilizzata nel 2011 la XF di
nuova generazione è più corta di 1 cm (485) ed
è larga (188) ed alta (146) esattamente come
la vecchia: a cambiare è la misura di passo che
segna un valore di 296 cm (+5) a tutto vantaggio dell’abitabilità interna: ci sono 1,5 cm in più
per le gambe dei passeggeri posteriori che si
uniscono ad una maggiore abitabilità anche in
altezza (+2,7). Misure che scaturiscono dall’uso
di una piattaforma completamente in alluminio
derivata dall’esperienza della XE: certo, rispetto
alla segmento D lanciata anch’essa quest’anno, i pezzi in comune sono poco meno del 20%
ma la tecnologia costruttiva è sostanzialmente
identica e vederla dal vivo fa francamente impressione: il telaio è interamente rivettato, come
un aereo, e l’utilizzo di materiali di incollaggio è
davvero molto limitato. Jaguar ha scelto di utilizzare anche il magnesio ed altri materiali nobili
che hanno abbassato del 10% il peso complessivo della scocca (ora 282 kg) senza perdere nulla in termini di rigidità torsionale, anzi, visto che
Jaguar parla con un certo orgoglio di un +28%
rispetto alla vecchia struttura in acciaio.
Il segreto è l’alluminio
Ma non è tutto: nell’ottica della ricerca dell’efficienza e del risparmio di peso, una vera ossessione per i vertici Jaguar dell’ultimo corso, a
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
motore senza chiave (1.030 euro). Si pagano anche i sensori di parcheggio posteriori (500 euro)
ed il cruise control attivo con funzione stop&go
(1.590 euro).
Motori: ce n’è per tutti
La gamma motori prevede il nuovo (e leggero)
motore Ingenium 20d nelle declinazioni da 163 o
180 CV: il primo vanta un picco di coppia massima pari a 380 Nm mentre il secondo tocca l’interessante soglia di 430 unità: i consumi sono per
entrambi pari a 4,0 l/100 km a fronte di un valore di emissione di CO2 record per la categoria di
104 g/km. Valori del 24% inferiori a quello della
precedente XF motorizzata 2.2d. Interessante
per il mercato europeo anche il 30d: caratterizzato da una architettura V6, il tre litri britannico è
parità di potenza in abbinamento alla nuova motorizzazione Ingenium 4 cilindri 20d la differenza
di peso tra le due generazioni XF è addirittura
di 190 kg. Tra le particolarità tecniche anche le
nuove sospensioni multilink posteriori ed a doppio braccio anteriori ma anche i sistemi elettronici di assistenza alla guida a partire dal controllo
di trazione ad intervento variabile (sulla base di
quanta aderenza viene rilevata dai sensori) fino
alla funzione cornering brake che interviene frenando la ruota interna alla curva assicurando un
miglior ingresso in curva ed una sostanziale diminuzione del sottosterzo. Gli interni prevedono
una forte evoluzione di quanto già visto nell’universo Jaguar: fanno una grande scena ma non
aggiungono nulla in termini di funzionalità le
bocchette dell’aria che si richiudono quando si
spegne il motore (solo le esterne mentre sulla vecchia erano anche le centrali)...così come
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stato ulteriormente evoluto rispetto al precedente ed ora eroga una potenza massima di 300 CV
ed una coppia di 700 Nm grazie al nuovo sistema
di iniezione a 2.000 bar ed alcuni altri ritocchi sugli attriti. Il nuovo motore richiede 5,5 l/100 km
di gasolio, emette 144 g/km di CO2 e si dimostra
del 9% più efficiente rispetto all’unità proposta
sino ad oggi. Per gli amanti del genere per la XF
S è previsto anche un V6 benzina, tremila, da
340 o 381 CV mentre Jaguar Italia fa sapere che
nelle concessionarie dello stivale non arriverà il
comunque interessante quadricilindrico benzina
2.0 da 240 CV. Cambio automatico ZF ad 8 marce di serie per i motori V6 (optional sul quattro
cilindri) mentre per la trazione integrale è necessario ordinare il 3.0 a benzina: per il diesel questa
soluzione tecnica non è ancora entrata in listino.
la rotella del cambio automatico, anch’essa a
scomparsa al centro del tunnel centrale; interessanti, sempre nell’ambito degli effetti speciali,
anche le luci soffuse a led regolabili in 10 tonalità
(500 euro). Più di sostanza invece la possibilità
di scegliere tra un sistema multimediale “standard” con schermo da 8” e comandi laterali o
un più sofisticato sistema con schermo da 10,2”
e touchscreen (2.670 euro): oltre ad avere di
tutto e di più permette zoom su mappe o fotografie (bastano due dita) ma anche una serie di
personalizzazioni della rappresentazione grafica
del tutto degne di un tablet di pari dimensione.
In dotazione arriva anche l’impianto musicale
con 17 altoparlanti con potenza complessiva di
380 W. Tra gli optional interessanti (anche se
costoso, 920 euro) ci sono anche il clima quadrizona, la telecamera di parcheggio con visione a
360° (1.230 euro) o l’accesso e l’avviamento del
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
a scomparsa e il nuovo sistema multimediale.
Completamente riprogettato, è un sistema di ultimissima generazione, finalmente al passo con
la migliore concorrenza. L’abitabilità è davvero
ottima. A stupire è soprattutto lo spazio riservato ai due passeggeri posteriori. Il terzo, come
spesso accade con auto a trazione posteriore, è
decisamente più sacrificato per via dell’irrinunciabile (nasconde l’albero di trasmissione...) tunnel centrale. Il bagagliaio, considerato il segmento di appartenenza è molto buono e capiente,
anche se non è poi così sviluppato in altezza. Per
intenderci ci sono vani di carico meglio strutturati, soprattutto a livello di geometrie.
Le nostre impressioni di guida
Iniziamo il nostro test al volante di una XF spinta
dal nuovo 2.0 turbo diesel Ingenium. Un motore veramente eccezionale, degno dei migliori
quattro cilindri a gasolio di ultima generazione
che abbiamo provato di recente (leggi Gruppo
Volkswagen...). Il motore ha un bello spunto in
Dal vivo: com’ fuori
Nonostante gli stilisti britannici abbiamo deciso
di adottare un design tutto sommato nel segno
della continuità, la nuova XF riesce a farsi notare
molto di più del modello di precedente generazione. Il merito è di alcuni dettagli veramente notevoli, a partire dagli elaboratissimi gruppi ottici
anteriori. Certo, i designer avrebbero potuto anche osare un pizzico di più, a nostro parere, ma
la nuova berlina del Giaguaro rimane comunque
un’auto che permette di non passare inosservati. Elegantissima, come si addice ad un’inglese di
rango, la nuova XF riesce ad attirare gli sguardi
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basso, grazie alla coppia piuttosto generosa ed
è perfetto per muovere un’auto come la XF. Non
chiedetegli però alcuna velleità sportiva. Il 2.0
diesel è un motore per chi viaggia molto in autostrada, dove bisogna macinare tanti chilometri
consumando il meno possibile. In poche parole,
sembra il motore tagliato su misura per le flotte.
Chi invece cerca qualcosa con cui potersi anche
divertire non può che optare per il rinnovato V6
diesel da 300 CV. Un motore che esalta al meglio
l’anima della XF che, grazie ad un telaio semplicemente strepitoso, garantisce una dinamica
di guida esaltante. Nonostante le dimensioni, di
certo lontane da quelle di una compatta, la XF è
non solo intuitiva e semplice da guidare, ma anche leggera e incredibilmente reattiva. Merito del
telaio in alluminio rivettato, che garantisce una
rigidità torsionale strepitosa a quest’auto, a tutto
vantaggio del piacere di guida. Davvero perfetto
poi l’abbinamento con il cambio automatico ZF
a otto marce. Non solo perché siamo davanti al
migliore convertitore di coppia di oggi, ma anche
anche grazie ad un ventaglio di colori disponibili
veramente stupefacenti.
Dal vivo: com’è dentro
Gli interni della nuova XF seguono in un certo
senso la filosofia stilistica che abbiamo trovato
fuori. La plancia, veramente pulitissima, senza
eccessi di stravaganza, appare molto bilanciata e, in definitiva, veramente gradevole. Nasce
così un’atmosfera raffinatissima, che sa fondere
in maniera armonica eleganza e sportività. Non
mancano poi tutta una serie di chicche ultra
tecnologiche, come le bocchette di ventilazioni
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Prova
perché i tecnici Jaguar hanno saputo regalargli
una taratura elettronica veramente perfetta per
l’indole della XF. Degno di nota anche lo sterzi,
ben riuscito e sufficientemente comunicativo,
considerata la tipologia di auto.
Conclusioni
La nuova Jaguar XF si evolve nel segno della continuità rispetto al passato ma nonostante tutto
riesce ad emergere molto di più, trasformandosi pienamente in un’auto capace di farsi notare.
Gli interni sono spettacolari, così come il livello
tecnologico raggiunto (finalmente) in termini di
multimedialità.
Il motore perché cerca bassi consumi è senza
dubbio il 2.0 diesel, ma chi vuole esaltare al massimo le eccezionali doti di guida della ZF, rese
possibile dal suo grande telaio, non può che scegliere il 3.0 V6 a gasolio. Difetti? Uno, almeno: la
trazione integrale è disponibile, per ora, solo in
abbinamento ai motori a benzina.
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PROVA SU STRADA
VOLKSWAGEN PASSAT ALLTRACK
La station che
sfida i SUV
La Volkswagen Passat Alttrack non è una vera
fuoristrada , ma grazie ad un’elettronica
sofisticatissima e ad una maggiore altezza da terra
riesce a cavarsela là dove andrebbero in crisi le
normali station
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Prova
Periodico elettronico di informazione automobilistica
D
si ricorda l’esuberante - e a tratti folle - Passat
W8 ardentemente voluta dall’(ormai ex) grande
capo Piech, oppure la desiderabile R36 con il
suo V6 da 299 CV? Oggi, in un periodo in cui vige
maggiore sobrietà, la gamma Passat si è allontanata dal mondo delle altissime prestazioni - meglio non impensierire troppo Audi con le sue S ed
RS - per concentrarsi su versioni più concrete.
Dal un lato troviamo la curiosa plug in hybrid GTE
e dall’altro, appunto, la nuova Alltrack.
in look alluminio che fanno tanto offroad. Una
vera opera d’arte tecnologica poi sono i gruppi
ottici a led, in questo caso identici a quelli della
Variant, mentre la fiancata sfoggia con orgoglio
cerchi in lega da 17 pollici con design dedicato, listelli sottoporta in antracite e passaruota rinforzati. Sul tetto infine svettano mancorrenti color
argento anodizzato, mentre dietro non mancano
terminali di scarico trapezoidali integrati, particolarmente aggressivi.
Dal vivo: com’è fuori
Dal vivo: com’è dentro
Rispetto ad una tradizionale Passat Variant la Alltrack fa di tutto per farsi riconoscere ad un primo
sguardo, con un look originale e tutto sommato
ben riuscito, senza però scadere in eccessi sopra le righe. Il primo aspetto che balza all’occhio
è la maggiore altezza da terra (+ 27,5 mm per un
totale di 174 mm), fondamentale per facilitare la
guida lontano dall’asfalto. Si fa notare poi il frontale parzialmente rivisto con paraurti ridisegnato, fendinebbia dedicati e protezioni sottoscocca
Anche all’interno la Passat Alltrack ci tiene a farsi
notare grazie ad una serie di dettagli dedicati. I
sedili sono rivestiti in tessuto e Alcantara, i battitacco sono in alluminio, così come la pedaliera e i
tappetini presentano un’elegante doppia cucitura ribattuta. Non mancano poi inserti in materiali
di pregio, mentre volante e leva del cambio sono
rivestiti in morbida pelle. Bellissima poi la strumentazione interamente digitale, proprio come
sulle più recenti Audi (R8, TT, A4 e Q7) che può
opo il primo tentativo andato
in scena tre anni fa, la Casa
di Wolfsburg torna sul tema
offroad con la nuovissima
Volkswagen Passat Alltrack.
Basata sul modello di ottava
generazione, quest’auto reinterpreta il concetto
di station tutto fare amante dell’offroad - tanto
caro ai fratelli dell’Audi, maestri con le loro allroad - con un look ispirato al mondo dei SUV ma
anche tanta sostanza dal punto di vista tecnico.
Passat: tante versioni
per una best seller
Del resto un modello di estremo successo come
la Passat, da sempre al vertice della sua categoria, lascia molto spazio alla fantasia dei progettisti di Wolfsburg. Sono tante infatti le variazioni sul tema che da sempre ruotano intorno a
questo grande successo firmato Germania. Chi
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
con funzione di frenata di emergenza e riconoscimento pedoni, oltre al curioso trailer assist,
pensato per facilitare le manovre per chi viaggia
con un rimorchio.
Trazione integrale 4Motion. Il resto
lo fa l’elettronica
La gamma motorizzazioni prevista per il mercato italiano prevede solo il meglio dell’attuale
tecnologia Volkswagen. I motori sono tutti turbo diesel a quattro cilindri di ultima generazione, omologati Euro 6. Si parte con il 2.0 TDI da
150 CV e 340 Nm abbinato al classico cambio
manuale a sei marce, per passare al più interessante 2.0 TDI da 190 CV e 400 Nm con cambio
automatico a doppia frizione DSG a sei marce.
Il top di gamma però rimane il nuovissimo 2.0
BiTDI biturbo diesel da 240 CV e ben 500 Nm di
coppia (!), abbinato in questo caso al DSG a sette
rapporti. Naturalmente sulla Alltrack tutti i motori sono abbinati di serie alla trazione integrale
4Motion. Si tratta di un sistema ipercollaudato
che utilizza una frizione Haldex per ripartire parte della coppia motrice alle ruote posteriori, ma
disporre di un Active Info Display con funzionalità specifiche per la guida in offroad. A richiesta
si può avere anche un head-up display a colori
dove vengono visualizzate una serie di informazioni utili (velocità, segnali stradali, navigazione).
Al centro spicca il sistema multimediale Discover
Pro (di serie c’è il display da 6,5 pollici), mentre
la qualità, come spesso accade sulle auto di
Wolfsburg, merita un capitolo a parte.
Qualità e sicurezza: siamo al top
Sulla nuova Passat infatti gli ingegneri tedeschi
sfiorano la perfezione che si trova sulle Audi di
alta gamma. Materiali e assemblaggi sono sublimi, sia alla vista che soprattutto al tatto. Le
plastiche morbide abbondano e non mancano
inserti di pregio in alluminio. I sedili sono ben
sagomati, “alla tedesca”, quindi consistenti ma
comodi anche per i lunghi viaggi. Offrono un
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solo quando serve. In pratica in condizioni normali la Alltrack è una normalissima auto a trazione anteriore, a tutto vantaggio del contenimento dei consumi. Non appena però l’elettronica
rivela una perdita di aderenza la trazione passa
gradualmente dietro, permettendo alla Alltrack
di cavarsela alla grande anche in condizioni che
sarebbero proibitive per una qualsiasi auto a due
ruote motrici. Il sistema 4Motion non dispone di
un vero differenziale autobloccante meccanico,
ma riesce a simularne l’efficacia attraverso la gestione l’elettronica EDS integrata nel controllo di
stabilità ESC che agisce sull’impianto frenante.
In pratica quando il sistema rivela una ruota che
gira a vuoto è in grado di bloccarla azionando
la singola pinza freno, simulando per l’appunto
il comportamento di un vero differenziale autobloccante meccanico. La Alltrack non è quindi
una vera fuoristrada, ma bisogna ammettere anche che non nasce nemmeno con questo scopo.
In ogni caso grazie ad un elettronica molto sofisticata riesce a non sfigurare davanti alle vere
4x4. Accanto infatti alle classiche modalità di
guida (Eco, Comfort, Normal, Sport e Individual),
ottimo sostegno lombare, grazie all’abbondanza
di regolazioni, e si può avere persino la funzione
di massaggio integrato nello schienale. L’abitabilità è molto buona davanti, ma ci ha sorpreso
soprattutto dietro, dove i passeggeri hanno a disposizione molto più spazio per le gambe rispetto ai modelli di precedente generazione e persino
bocchette di ventilazione dedicate. l bagagliaio
non è da meno. Con 650 litri di capacità riesce ad
accontentare anche i più esigenti ed è molto ben
sfruttabile grazie al fondo perfettamente piatto
e al sistema modulare per organizzare i bagagli.
Abbattendo i sedili poi si può arrivare ad avere
ben 1.780 litri. Il progetto Passat 8 è particolarmente recente e questo garantisce uno standard
tecnologico di sicurezza elevatissimo. Sulla Alltrack, oltre a 7 airbag, ABS ed ESP, troviamo di
serie cruise control attivo, fatigue detection, assistente al mantenimento di corsia, front assist
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Prove
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rese possibili grazie alla regolazione dell’assetto
adattivo DCC, è disponibile anche la funzione
“Offroad”. Con questo programma tutti i sistemi
di assistenza alla guida, ma anche l’assetto e la
taratura di motore e cambio, vengono adattati
per ottimizzare la guida in offroad. Anche in questo caso quindi non abbiamo delle vere e proprie
ridotte, ma l’elettronica fa di tutto per facilitare le
cose quando si è lontani dall’asfalto.
C’è già tanto di serie
La nuova Alltrack rappresenta un po’ la punta di
diamante della gamma Passat e, a causa di un
equipaggiamento che offre tanto (se non tutto)
già di serie, ha un prezzo d’attacco sicuramente non trascurabile. In Italia si parte da 39.050
per la 2.0 TDI manuale, ma con il biturbo diesel
da 240 CV si possono arrivare a superare tranquillamente i 46.000 euro. In generale, a parità
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di motorizzazione, possiamo dire che rispetto
ad una Passat Variant 4Motion, per la Alltrack
si spendono all’incirca 1.400 euro in più (il delta prezzo dipende dalle versioni, ma una Passat
Variant 2.0 TDI 150 CV 4Motion Highline costa
37.650). Le concorrenti non possono che essere tutte le “station avventurose” che affollano
il listino attuale a partire da Subaru Outback,
Opel Insignia Country Tourer e Volvo V60 Cross
Country, ma è bene che si guardino le spalle anche le consanguinee Skoda Octavia Scout e Audi
A4 allroad.
Le nostre impressioni di guida
Abbiamo scelto di provare la Passat Alltrack
nella sua massima espressione, ovvero nella
versione spinta dal nuovissimo 2.0 BiTdi da 240
CV abbinato al cambio automatico DSG. Diciamo
subito che questo quattro cilindri ha una potenza
sconosciuta rispetto alla concorrenza (è addirittura più potente del nuovissimo 2.0 Drive-E della
Volvo) e si sente non appena si affonda il piede
sul pedale del gas. Il motore esprime con un’immediatezza quasi brutale i suoi 500 Nm di coppia (!), rendendo la Alltrack estremamente reattiva e prontissima nelle ripartenze. Come tutti i
diesel è inutile però tirargli il collo: sopra ai 3.500
giri la spinta del BiTDI inizia a diluirsi, quindi è
molto meglio apprezzarlo ai bassi e medi regimi,
dove riesce a dare il meglio di sé. E’ assecondato
alla perfezione dal DSG a sette rapporti, sempre
prontissimo e immediato nei cambi di marcia,
con logiche di gestione impeccabili. Nonostante la potenza sovrumana per un motore 2.0 a
quattro cilindri, il BiTDI è quasi del tutto privo
di vibrazioni e nella guida tranquilla è incredibilmente silenzioso, quasi impercettibile con il suo
ronzio abbondantemente coperto dal rumore di
rotolamento degli pneumatici. Bellissima poi l’elasticità che sa dimostrare in basso, dove riesce
a dimostrarsi molto rotondo, quasi come se fosse un più raffinato V6. Le cose cambiano invece
quando si spinge al massimo, perché ad alti regimi questo motore alza un po’ la voce e diventa
un po’ ruvido. Ma si sa, stiamo sempre parlando
di un quattro cilindri, e siccome i miracoli non
appartengono per il momento ancora a questo
mondo, i livelli di perfezione che un V6 sa dimostrare in questi frangenti restano irraggiungibili.
La Passat Alltrack del resto è un’auto da viaggio,
perfetta per macinare chilometri, senza rinunciare ad una ripresa eccezionale sempre pronta
in qualsiasi evenienza. E in questo frangente il
BiTDI è davvero perfetto. Per il resto la Alltrack
si rivela eccezionale come ha saputo dimostrare la nuova Passat. Il livello di insonorizzazione
dell’abitacolo è impeccabile e il comfort per i
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Prove
Periodico elettronico di informazione automobilistica
passeggeri raggiunge veramente livelli molto
elevati. Gli unici appunti che ci sentiamo di sollevare - sono più imperfezioni che veri e propri
difetti - riguardano la corona dello sterzo, fin
troppo sottile per i nostri gusti, e le sospensioni.
La maggiore altezza da terra infatti ha richiesto
una taratura un po’ più rigida e alla lunga questo
dettaglio si può far sentire. Niente di sconvolgente, sia chiaro, la Alltrack rimane estremamente
comoda anche per chi sta dietro, ma bisogna
mettere in conto che in qualche modo rimane un
po’ più rigida della classica Variant.
Consumi
Il 2.0 BiTDI non ci ha sorpreso soltanto per una
prontezza sconosciuta ai classici 2.0 diesel, ma
anche per i consumi. Nel corso della nostra prova, dove non ci siamo risparmiati troppo con il
pedale del gas (complici le favolose Autobahn
tedesche), siamo riusciti a consumare mediamente 6,9 /100 km. Un risultato molto buono
per un’auto così alta da terra, ma soprattutto
dotata di cambio automatico, trazione integrale
e un livello di potenza decisamente importante.
Siamo certi poi che con uno stile di guida sempre
accorto saremmo riusciti a ottenere qualcosa di
ancora più strabiliante.
Conclusioni
La nuova Alltrack porta in dote tutte le eccellenze della nuova Passat 8 unite ad uno stile più originale, ispirato al mondo offroad. Non è una vera
fuoristrada naturalmente, ma grazie ad un’elettronica sofisticatissima e ad un’altezza da terra
più generosa riesce a cavarsela là dove andrebbero in crisi le normali station.
Purtroppo non abbiamo avuto modo di testarla
in offroad, ma siamo certi che saprà sorprendere
anche lontano dall’asfalto. Il nuovo 2.0 BiTDI sorprende per una grinta in basso davvero brutale
ed è silenziosissimo nei regimi di esercizio ottimali. I consumi sanno essere contenuti considerati i valori di potenza in gioco, ma i prezzi non
sono per tutti.
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Volkswagen Passat Alltrack
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PROVA SU STRADA
PEUGEOT 208 RESTYLING
Sempre più bella
e confortevole
Ecco la nuova Peugeot 208 diesel con motore turbo da
1600 centimetri cubi. Tanto spazio all’interno, dettagli
curati e un motore poliedrico, parco nei consumi e
silenzioso. Prezzi a partire da 13.000 sino a oltre
20.000 euro
di Murizio Vettor
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Media
O
scar Wilde, di frasi da incorniciare, ne ha dette tante,
ma una tra tutte è disarmante nella sua ovvietà...
«Tutte le persone conoscono il prezzo delle cose ma
soltanto alcune ne conoscono il vero valore».
La stessa differenza che c’è tra analizzare una
vettura sul depliant e provarla. Possiamo anche
conoscere a memoria tutti gli optional, i prezzi, i
dati tecnici di un’auto, ma solo provandola se ne
può apprezzare il vero valore. Tanto che anche
una vettura come la Peugeot 208, oggetto della
nostra prova, a un primo superficiale sguardo,
potrebbe sembrare una vettura di segmento B
come tante altre. Entrandoci, provandola, la musica cambia. Eccome. Non è infatti solo il bel design a catturare. C’è confort, qualità, sostanza.
Il prezzo lo conoscete tutti, perché 208 Allure 5
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Prova
Periodico elettronico di informazione automobilistica
quelle tradizionali: richiedono meno manutenzione, resistono meglio ai graffi e ai lavaggi frequenti anche ad alte pressioni (senza applicazione di cere). Ma torniamo a noi. La calandra è
ora meno spigolosa, i fari anteriori con maschera
interna nera e cromata sono impreziositi da nuovi led (di serie a partire dal secondo allestimento
disponibile ovvero Active) e i fendinebbia hanno
una diversa collocazione, studiata per conferire
alla vettura un look più possente. A proposito di
allestimenti: quattro, Access, Active, Allure e GT
Line (in ordine crescente). Spostando lo sguardo
sul retrotreno della 208, ecco campeggiare una
bella coppia di nuovi fari, caratterizzati da luci a
led con una forma che ricorda gli “artigli”del leone e un effetto 3D davvero niente male. Nessuna grossa novità nell’abitacolo se si escludono
i nuovi abbinamenti cromatici dei rivestimenti
e i colori degli interni. La vera novità è più che
altro la presenza del software del sistema multimediale con funzionalità MirrorLink che proietta sul display Touchscreen multimediale da 7’’
(rimasto quello della precedente versione) le
informazioni dello smarthphone. Sempre a proposito di interconnessione. Dalla 208 sono accessibili una serie di informazioni utili alla vita a
bordo della vettura, tramite una chiavetta 3G e
un abbonamento.
Il “sistema” da in tempo reale al conducente informazioni riguardanti i parcheggi disponibili nelle vicinanze, i prezzi del carburante nelle stazioni
vicine, le info sul traffico, meteo, le informazioni
turistiche dalle guide Michelin, TripAdvisor, ecc.
Inoltre c’è MyPeugeot che per mezzo di un collegamento Bluetooth tra il Touchscreen 7” e il proprio telefono, dà la possibilità di avere altre informazioni e servizi: scadenza per la manutenzione,
Find My Car (che permette di ritrovare l’auto
parcheggiata o di localizzarla in caso di furto,
Last Mile Guidance (che vi guida a destinazione a
piedi dopo avere parcheggiato), indicazione km
di autonomia con il carburante a disposizione e
archiviazione dei dati di viaggio (durata, consumi, distanza percorsa).
porte parte da quota 16.550. È scritto ovunque.
Quello che non sapete è quanto sia una vettura di
qualità e sostanza. Non preoccupatevi. Per quello ci siamo anche qui noi...
Nuova 208: restyling conservativo
Affinamenti, migliorie, piccoli interventi estetici.
Ecco cosa fa la differenza tra la passata versione
e questo nuovo restyling. Le forme sono rimaste
infatti su per giù le stesse, anche se è innegabile
che hanno beneficiato di un ritocco estetico azzeccato e ora possono essere coperte con ben
12 tinte di colori diversi: lacche, metallizzate,
madreperla e Matt Ice. A proposito di Matt Ice:
ci sono due nuove tinte su questa base, con un
effetto opaco davvero accattivante, ma soprattutto che con le variazioni di luce, fanno risaltare linee e dettagli. Inoltre Peugeot garantisce
che le Matt Ice sono tinte più resistenti rispetto a
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segmento. In ogni caso il diesel è disponibile con
75,100 e 120 cavalli. Importante sottolineare che
tutte le 208 sono Euro 6 e che se il precedente
modello era disponibile anche con doppia alimentazione benzina-GPL questa non lo è. Questa scelta farebbe pensare che i nuovi motori, più
potenti e probabilmente costruiti con materiali
diversi, mal si sposano con quel tipo di alimentazione alternativa. Cosa già vista anche su altre
vetture Euro 6. In buona sostanza, sarà consigliabile scartare l’installazione di un impianto
GPL anche after-market.
Bella fuori, spaziosa dentro
Ormai il fiato è quasi finito... Stiamo dando in
numeri? Quale fiato? Quello che tutte le volte
perdiamo nel decantare le lodi degli interni delle
vetture del gruppo PSA. Temiamo di sembrare
Ecco tutte le sue motorizzazioni
L’oggetto della nostra prova, come già anticipato all’inizio di questa nostra presa di contatto, è
la Peugeot 208 con propulsore 1.6 turbo da 75
cavalli con motore BlueHdi e carrozzeria 5 porte.
Abbiamo scelto questa motorizzazione, la meno
potente della gamma diesel, perché rappresenta indubbiamente un buon compromesso tra
potenza-consumi-costi. Alcuni di voi potranno
storcere il naso per via della cavalleria piuttosto
contenuta, ma anche noi ci siamo dovuti ricredere. Non dobbiamo, ne tanto meno vogliamo,
convincervi, ma nel constatare quanto questo
1.6 turbo sia un motore di “buone speranze”, vi
invitiamo ad andare a provarne uno nella più vicina concessionaria. Ovviamente questa è solo
una delle possibili scelte che si alternano tra
benzina e diesel. Per la prima tipologia abbiamo
sostanzialmente tre diverse scale di grandezza:
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di parte ma come disse “Qualcuno”, date a Cesare quel che è di Cesare... Quindi, in soldoni,
la 208 non è da meno delle sorelle o cugine del
gruppo. Quello che cattura subito gli occupanti,
è l’immancabile qualità percepita. Il confort è da
voto otto, sette ai materiali della plancia e nove
alla sedileria. Il voto più alto però va all’ergonomia generale (sia dei posti anteriori sia di quelli
posteriori) e all’estetica della plancia di comando. In buona sostanza, l’unica sufficienza la assegniamo al volante di ridotte dimensioni che nella
posizione più alta della regolazione limita quasi
completamente la visuale della strumentazione
e che ha alcuni comandi non retroilluminati. Dicevamo: buona l’abitabilità. I sedili anteriori offrono un ottimo confort e supporto con un grande contenimento laterale. Caratteristica però
che potrebbe non essere apprezzata da chi è
Pure Tech 1.0 da 68 cavalli (cambio manuale a
5 rapporti) , Pure Tech 1.2 da 82 cavalli (cambio
manuale a 5 rapporti) e infine, sempre a partire da questo motore, ma implementato con un
turbocompressore in grado di aumentare la potenza sino a 110 cavalli, il Pure Tech più potente, abbinabile a un cambio automatico Aisin a 6
rapporti (1150 euro) o a un tradizionale manuale a 5 rapporti. Per chi invece volesse un diesel,
quindi ricercasse una vettura più adatta a lunghi
trasferimenti, il ventaglio di scelta è piuttosto
buono e anche se le potenze in gioco non sono
elevatissime, la buona coppia e notevole elasticità, ne fanno dei motori interessanti. Se a tutto
questo aggiungiamo che siamo di fronte a motori che si fanno apprezzare anche per l’assenza di vibrazioni e la bassa rumorosità, capirete
bene che la 208 ha tutte le carte in regola per far
passare notti insonni alle dirette concorrenti del
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Prove
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Prove
Periodico elettronico di informazione automobilistica
molto robusto. Il divano posteriore ha invece uno
schienale piuttosto verticale ma un’ampia seduta. Lo spazio per le gambe è buono, come quello
per i bagagli che vengono accolti da un vano di
285 litri estendibile a 1.152 abbattendo progressivamente gli schienali posteriori.
Ecco l’auto della prova
L’ospite di questo servizio è la 5 porte BlueHDi
1,6 turbo da 75 cavalli in allestimento Allure ovvero la versione più accessoriata se escludiamo
ovviamente la serie GT che va stuzzicare un altro
tipo di clientela. L’auto indossa un abitino bianco denominato Banchisa, cerchi in lega da 16”
titano nero brillante (con inserti bianchi) e una
dotazione di serie sicuramente interessante: Active city break, sensori parcheggio, retrocamera,
touchscreen da 7” con navigatore, sedili in pelle.
I prezzi della 208 partono da 12.300 euro che vi
permetteranno di avere la 1,0 benzina Pure tech
da 68 cavalli 3 porte in allestimento Access. La
stessa auto ma 5 porte, parte da 13.000 euro.
La versione base è comunque ben accessoriata. Per quanto concerne infatti la dotazione di
sicurezza di serie, abbiamo: airbag conducente
e passeggero disattivabile, fissaggi ISOFIX sui
sedili laterali posteriori, ABS, chiusura automatica delle porte a vettura in movimento, chiusura
centralizzata con telecomando, airbag a tendina,
tre poggiatesta posteriori, indicatore di perdita
di pressione pneumatici. La BlueHDi 75 cavalli 5
porte Allure del nostro test è invece in vendita a
20.380 euro.
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seguito anche per questa versione speciale della
F12. L’aerodinamica è stata studiata nei minimi
dettagli, risultando avere un’efficienza migliorata
dell’87% rispetto alla vettura con cui condivide il
nome. Ciò è stato possibile grazie ad un nuovo
diffusore montato al retrotreno dell’auto, oltre a
spoiler anteriore e posteriore rivisti e ad un nuovo sistema di canalizzazione dei flussi. La F12tdf,
ora, è capace di generare una downforce di 230
kg a 200 km/h di velocità. Migliorata anche la
dinamica. Al retrotreno è installato un sistema
denominato Passo Corto Virtuale, tramite il quale le ruote posteriori divengono sterzanti, incrementando contemporaneamente la cinematica
complessiva del mezzo. Oltre a ciò, la guidabilità tra beneficio anche dall’utilizzo di materiali
compositi e di fibra di carbonio per molteplici
componenti dell’automobile, in quanto si è giunti
tramite questo processo ad un rispasmio di 110
kg di peso. È tuttavia nel cuore della vettura al
quale vengono rivolti gli sguardi e le attenzioni degli appassionati. Il V12 aspirato da 6.2 litri,
derivato dalla F12, ora tocca la soglia di 780 cavalli, 40 in più rispetto alla Berlinetta. La F12tdf,
così, brucia lo scatto da 0 a 100 km/h in appena
2.9 secondi - anche grazie al cambio DCT di derivazione diretta dalla Formula 1 - raggiungendo
e superando di slancio gli oltre 340 km/h di velocità massima. Tutti questi valori consentono
alla f12tdf di fermare il cronometro sulla pista di
Fiorano in appena 1’21”. Non si conosce ancora
il prezzo, ma trattandosi di una Ferrari in tiratura
limitata, possiamo immaginare che sia più elevato rispetto alla F12 Berlinetta.
FERRARI F12TDF
L’EDIZIONE LIMITATA DA 780 CAVALLI
di Marco Congiu | La Ferrari ha svelato ufficialmente la F12TDF. Si tratta
di un’edizione limitata volta a celebrare i successi del Cavallino nel Tour
de France automobilistico. Appena 2.9 secondi per lo 0-100 km/h
Q
uando una nuova Ferrari vede la
luce, è sempre un momento unico.
Lo stesso discorso si può fare anche
oggi, quando Maranello ha deciso di
svelare la nuova F12tdf. Si tratta di
un’edizione speciale della F12 Berlinetta, realizzata in tiratura limitata di 799 esemplari.
40
La sigla tdf è utilizzata per celebrare i successi
delle Gran Turismo di Maranello nel celeberrimo Tour de France automobilistico a cavallo
degli anni ‘50 e ‘60. Non si tratta, tuttavia, di un
semplice acronimo psoto nel nome della vettura.
Come a Maranello ci hanno abituato, il binomio
“edizione limitata-prestazioni uniche” è stato
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Erede della Serie 1 M
Erede della indimenticata Serie 1 M quest’auto
piomba nel mondo degli appassionati di altissime prestazioni con un obiettivo ben definito:
riscrivere le regole del gioco nel mondo delle
sportive compatte a trazione posteriore. Già ad
un primo sguardo la M2 si presenta come l’oggetto del desiderio ed il merito è tutto di un’estetica mozzafiato, curata in ogni minimo dettaglio. L’aspetto è più muscoloso che mai, ma allo
stesso tempo incredibilmente dinamico. Inoltre
ogni particolare non è stato pensato soltanto in
funzione dello stile, ma ha una precisa funzione
aerodinamica. I cerchi in lega lasciano presagire
prestazioni fuori dal comune, tanto da sfoggiare
un diametro di ben 19 pollici. Al posteriore poi
non possono mancare i quattro terminali di scarico a coppie, vero simbolo irrinunciabile di ogni
M che si rispetti.
Sei cilindri 3.0 turbo
Dentro poi ci si immerge in un’atmosfera dove
la parola d’ordine è racing allo stato puro. Bellissimi i sedili sportivi, così come il volante di diametro ridotto e la leva del cambio, tutti dettagli
firmati dalla divisione M. Il vero cuore della M2
però non può che nascondersi sotto al cofano
dove pulsa niente di meno che l’iconico sei cilindri da 3.0 litri di Monaco, sovralimentato con
tecnologia M TwinPower Turbo. Un motore con
ogni probabilità ereditato dalle sorelle maggiori
M3 ed M4, in grado in questo caso di scatenare
sulle ruote posteriori 370 CV e 465 Nm di coppia, che possono diventare temporaneamente
500 con la funzione overboost. Ma le buone notizie non finiscono qui. Questo gioiello infatti può
essere ancora abbinato ad un classico cambio
manuale a sei rapporti, che senza dubbio verra
scelto dai puristi della guida (e dai più esperti).
BMW M2
370 CV DI PURO GODIMENTO
di Matteo Valenti | Dopo la presentazione della eccezionale M4 GTS, la
Casa di Monaco di Baviera, a distanza di pochi giorni, torna a lasciare il
mondo a bocca aperta con la nuovissima BMW M2 Coupé, un mostro
da 370 CV a trazione posteriore
D
opo la presentazione della eccezionale M4 GTS, la Casa di Monaco di Baviera, a distanza di pochi giorni, torna
a lasciare il mondo a bocca aperta
con la nuovissima BMW M2 Coupé.
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In alternativa in ogni caso si può avere l’automatico a doppia frizione M DKG a sette rapporti con
paddles al volante.
Prestazioni: è una supercar
Questo pedegree consente uno scatto da 0 a 100
km/h in 4,3 secondi (che diventano 4,5 col manuale) e una velocità massima autolimitata elettronicamente a 250 km/h. Chi dovesse scegliere
l’M Driver’s Package in ogni caso potrà spingersi
fino a 270 km/h. Altissimo naturalmente anche il
livello di raffinatezza del telaio. L’assetto, sviluppato direttamente dagli specialisti della divisione
M, può contare su avantreno e retrotreno realizzati in alluminio, ma non mancano nemmeno
differenziale attivo M e il fenomenale impianto
frenante Compound M.
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
possano essere realizzate varianti station wagon e hatchback, molto più in voga nei mercati
dell’Europa centrale.
Motori
A equipaggiare la nuova Fiat Tipo saranno due
turbodiesel Multijet II e due motori a benzina,
con cambio manuale o automatico, e potenze
comprese tra 95 e 120 CV. Queste le prime informazioni diffuse da FCA, che rivelerà le altre
specifiche tecniche della nuova Tipo nelle prossime settimane insieme ai prezzi, che dovrebbero essere piuttosto accessibili perchè la Fiat Tipo
punta dichiaratamente ad una clientela attenta
al valore reale di un’auto.
Prodotta in Turchia
La Fiat Tipo è stata disegnata in Italia dal Centro
Stile FCA e sviluppata in Turchia insieme a Tofaş
R&D. Verrà prodotta nello stabilimento turco di
Bursa, dove Fiat produce attualmente anche i
modelli Linea, Qubo, Nuovo Doblò, Fiorino e Doblò Cargo. Da lì raggiungerà gli oltre 40 mercato
a cui è destinata. In Turchia, però, sarà commercializzata sotto il nome di Fiat Aegea « quale
tributo a una nazione da sempre strategica per
FCA», spiegano da Torino.
Un nome “storico”
La Fiat Tipo ripesca dalla tradizione Fiat lo stesso
nome che fu assegnato alla segmento C prodotta a Cassino dal 1988 al 1995 e che nel 1989 vinse il premio di Auto dell’Anno. Tre le innovazioni
introdotte dalla Tipo vi erano la carrozzeria zincata, il portellone posteriore in vetroresina e per
la strumentazione digitale dell’allestimento DGT
che era molto futuristica per l’epoca e il segmento di appartenenza della Tipo.
FIAT TIPO, IL RITORNO
ADESSO È UNA BERLINA
Fiat annuncia il nome della prossima compatta presentata lo scorso
maggio come Fiat Aegea: si chiamerà Fiat Tipo, come la popolare
segmento C degli anni ‘90. In Italia la nuova Tipo sarà commercializzata
a partire da dicembre
E’
stata presentata allo scorso Salone
di Istanbul come Fiat Aegea, ma sul
mercato italiano, dove arriverà a dicembre, e negli altri Paesi dell’area
EMEA sarà commercializzata come Fiat Tipo la
nuova berlina compatta della Casa torinese a cui
è affidato il compito di rilevare il ruolo della Bravo
e della Croma ormai uscite di produzione.
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Fiat Tipo, le dimensioni
La nuova Fiat Tipo è una compatta a tre volumi
lunga 4 metri e mezzo, larga 178 centimetri e alta
148 cm. Il passo misura 2 metri e 64 centimetri, i
posti a bordo sono cinque e la capacità di carico
del bagagliaio arriva fino a 510 litri. E’ stata concepita fin dall’inizio come berlina a tre volumi, ma
non è da escludere che sulla stessa piattaforma
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e, una volta individuato, la Model S è in grado
di eseguire la manovra autonomamente. Con il
lancio della prossima release 7.1, ha anticipato
Tesla Motors, il proprietario potrà inoltre “inviare” l’auto in garage e richiamarla da remoto. A
partire dalla versione 7.0, inoltre, il software è in
grado di migliorarsi autonomamente grazie alla
condivisione dei dati dei tragitti percorsi tra tutte le vetture che ne sono dotate. Ciò costituirà
una banca dati preziosissima sulla quale basare
le prossime tecnologie “driverless”. Insomma, la
ormai ex startup californiana sembra già pronta
per insidiare Google nel campo della guida autonoma. Il suo numero uno Elon Musk ha infatti dichiarato alla presentazione del software 7.0 che
entro tre anni «sarà possibile dormire» mentre la
vettura ci porterà dal punto A al punto B.
TESLA
CON AUTOPILOT LA GUIDA AUTONOMA
È (QUASI) REALTÀ
Accelera, frena, sorpassa e parcheggia da sola: sono le nuove
funzioni avanzate introdotte sulla Model S con il software 7.0
N
on sarà ancora in grado di portare a
destinazione il proprio proprietario
inserendo l’indirizzo nel navigatore,
ma il software versione 7.0 che Tesla Motors ha introdotto per la sua Model S ci si
avvicina molto. Attraverso una combinazione di
sensori video, radar, a ultrasuoni e la tecnologia
GPS, con il pacchetto “Autopilot” la berlina elettrica californiana è in grado di mantenere autonomamente la corsia di marcia e la distanza di
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sicurezza dai veicoli che precedono. A queste
funzioni, non molto differenti da quelle offerte da
altri modelli di costruttori tradizionali, la Model
S aggiunge anche la funzione “Auto Lane Change”, che sposta la vettura automaticamente sulla corsia adiacente semplicemente azionando
l’indicatore di direzione. Un’altra funzione introdotta con il software 7.0 è “Autopark”: dei sensori ad ultrasuoni scansionano continuamente lo
spazio circostante alla ricerca di un parcheggio
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
una gestione del motore differente. La 911 Carrera 4 col nuovo motore turbo accelera da 0 a 100
km/h in 4,1 secondi (ben 0,4 secondi in meno del
modello precedente con unità aspirata), mentre
la Carrera 4S scende di 3 decimi e adesso scatta
in 3,8 secondi. L’unità è ben più efficiente della
precedente, tanto che i consumi scendono rispettivamente a 7,9 l/100 km (-0,8 l) e 8 l/100
km (-1,2 l).
Se è “4” si vede
Tutte le nuove versioni a trazione integrale della
911 sono dotate di passaruota posteriori allargati di 4,4 cm rispetto alle versioni a trazione
posteriore e di una banda luminosa che, come
da tradizione, collega visivamente i gruppi ottici
posteriori. Le nuove Porsche 911 Carrera 4 e 911
Targa 4 saranno lanciate in Europa alla fine del
prossimo gennaio.
Il PASM è di serie
Di serie sui nuovi modelli “4” è presente il PASM
(Porsche Active Suspension Management), ovvero il sistema di sospensioni intelligenti di Porsche, che abbassa l’assetto di 1 cm ed è dotato di
nuovi ammortizzatori. Premendo un pulsante si
può alzare la luce a terra del frontale di 4 cm nel
tempo di 5 secondi, una funzione che permette
di entrare e uscire da parcheggi e garage senza
pericolo di danneggiare il fondo della vettura.
PORSCHE 911
IL MOTORE TURBO ARRIVA ANCHE
SU CARRERA 4 E TARGA 4
Più veloci e meno assetate anche le nuove versioni 4WD della 911 grazie
al nuovo boxer turbo da 3 litri. Saranno disponibili dalla fine di gennaio
2016
A
nche le Porsche 911 a quattro ruote
motrici, scelte da un cliente Porsche
su tre, ricevono il nuovo motore turbo lanciato di recente su Coupé e
Cabriolet restyling. Grazie al nuovo motore boxer 6 cilindri turbo da 3 litri, Carrera 4 e Targa
4, dotate di trasmissione integrale a comando elettroidraulico sono ancora più veloci e
50
scattanti rispetto ai modelli precedenti. Il merito
è del nuovo boxer da 3.0 litri abbinato di serie al
cambio doppia frizione PDK che su 911 Carrera
4 e 911 Targa 4 raggiunge una potenza di 370
CV e una coppia massima di 450 Nm, mentre
su Carrera 4S e Targa 4S questi valori salgono
rispettivamente a 420 CV e 500 Nm grazie a un
compressore specifico, uno scarico dedicato ed
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BMW M4 GTS
PIÙ ACQUA, PIÙ CAVALLI
E’ la prima vettura stradale a sfruttare la soluzione tecnica dell’iniezione
di acqua che migliora il rendimento. Con 500 CV ed un peso ridotto al
minimo accelera da 0 a 100 km/h in soli 3,8 secondi
S
ono passati 30 anni dalla prima BMW
M3. Correva l’anno 1986 e ancora
nessuno sapeva che le versioni sportivissime delle BMW sarebbero diventate un filone di grande successo. L’anniversario delle “M” è l’occasione propizia per la Casa
dell’Elica per presentare la nuova BMW M4 GTS,
un’edizione limitata a 700 esemplari della coupé
bavarese che ne esalta ancora di più le prestazioni grazie... all’acqua.
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Metti l’acqua nel motore
La M4 GTS è infatti la prima vettura stradale di
BMW a sfruttare l’iniezione di acqua, una soluzione tecnica già adottata sulla M4 GTS safety
car della MotoGP che è ottimamente spiegata
in dettaglio in questo articolo di Massimo Clarke. Grazie all’acqua iniettata negli iniettori, si
abbassa la temperatura nella camera di combustione e dunque possono essere utilizzati rapporti di compressione più spinti, migliorando il
rendimento. Tant’è vero che il turbo sei cilindri in
linea dalla cilindrata di 3.000 cc della BMW M3/
M4 che nella versione standard eroga 431 CV,
sale a 500 CV e guadagna 50 Nm di coppia massima (600 Nm). Il tempo sullo 0-100 km/h che
cala da 4,1 a 3,8 secondi e una velocità massima
di 305 km/h (limitata elettronicamente), non
sono però solo merito del propulsore.
Via i chili di troppo
La BMW M4 GTS ha subito infatti una riduzione
del peso fino a 1.585 kg grazie all’adozione di numerosi accorgimenti: nell’abitacolo i sedili sono
in carbonio, la consolle centrale, il rivestimento
della zona del divanetto posteriore, assente, con
paratia che separa il bagagliaio, i pannelli interni
delle porte e delle sezioni laterali sono stati alleggeriti utilizzando materiali compositi. Come sulle
auto da corsa, i nastri hanno sostituito le maniglie. Non solo: l’impianto di scarico è dotato di un
terminale in titanio che permette di risparmiare il
20% di peso rispetto alla costruzione tradizionale e la carrozzeria è stata alleggerita con il cofano motore disegnato ex novo, il tetto e lo splitter
anteriore regolabile sono realizzati in composito
di fibra di carbonio. Una maggiore deportanza è
stata inoltre ottenuta attraverso l’alettone posteriore regolabile e il diffusore inserito sotto il
paraurti posteriore, realizzato anch’esso in carbonio. Anche i cerchi in lega M specifici sono più
leggeri: sono fucinati e lucidati tramite tornitura
e montano degli pneumatici realizzati appositamente per la BMW M4 GTS del tipo Michelin Pilot
Sport Cup 2, quelli anteriori dalla misura 265/35
R19 e quelli posteriori 285/30 R20.
Corsaiola ma tecnologica
La BMW M4 GTS è la prima automobile di serie
a essere dotata in esclusiva delle innovative luci
posteriori in tecnologia OLED. L’assetto M con
settaggio specifico per la BMW M4 GTS è regolabile a 3 livelli ed è configurabile secondo le preferenze personali, dunque adattabile alle particolarità dei differenti circuiti. Per l’impiego in pista è
disponibile in optional il pacchetto Clubsport che
comprende un roll-bar dietro i sedili anteriori in
acid orange, cinture a sei punti adatte alle corse
e un estintore.
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Curiosità
Periodico elettronico di informazione automobilistica
che lavora tutti i giorni proprio su queste curiose
vetture “zebrate”, di spiegarci nel dettaglio tutti i
segreti che ruotano intorno ai muletti.
Come si struttura il processo che porta alla
nascita di un nuovo modello. Può sintetizzarci
brevemente le diverse fasi?
«Un nuovo modello nasce con due processi distitnti: design estetico e progettazione veicolo. Il
muletto fa parte della progettazione veicolo. Un
muletto è una vettura costruita per evidenziare e
studiare di volta in volta un singolo aspetto della
progettazione: le sospensioni, i radiatori, il motore, il raffreddamento, la prova di durata, ecc.»
E poi?
«Dopo i muletti ci sono le vetture preserie, seguite dalle avanserie e infine dal veicolo di serie».
Tecnicamente che cos’è un “muletto” e a cosa
serve?
«Un muletto è una vettura costruita per
evidenziare solo un aspetto particolare della progettazione.
Per questo si costruiscono diversi tipi di muletto:
dal muletto sospensioni, al muletto radiatori, fino
a quello del motore, del raffreddamento, della
prova di durata ecc. In pratica esiste un muletto
per ogni branca della progettazione»
Come nasce un “muletto”?
«Il muletto viene costruito volontariamente ricalcando le forme di una vettura già conosciuta
e presente sul mercato (Per l’Alfa Giulia si sono
utilizzate parti della Maserati Ghibli, per il SUV
Alfa quelle della Fiat 500 Living e così via, ndr).
Questo avviene perché i muletti servono solo per
sviluppare soltanto il lato “tecnico “ della vettura
e non quello estetico o aerodinamico.»
E come si studia, almeno inizialmente, la carrozzeria?
«Le prove di carrozzeria vengono svolte su vetture nude in galleria del vento».
CHE COS’È UN “MULETTO”
E COME NASCE UNA NUOVA AUTO
di Matteo Valenti | Spesso becchiamo su strada strane vetture
camuffate in maniera anomala. Si tratta dei famosi “muletti”, ma cosa
sono esattamente? Lo abbiamo chiesto ad un “addetto ai lavori”
G
razie ai nostri fotografi, sempre
pronti a catturare immagini “rubate” di veicoli in fase di sviluppo, ogni
settimana siamo in grado di darvi
qualche anticipazione sul mondo dell’auto. Nuovi modelli allo stato primordiale o vetture praticamente pronte per il debutto su strada, poco
importa. Si tratta dei famosi “muletti” - così
vengono volgarmente chiamati – che servono
54
a portare avanti per gradi il processo di creazione di una nuova auto. Sul tema però c’è ancora
oggi molta confusione, specialmente quando il
muletto di un determinato modello (es. SUV Alfa
Romeo) viene camuffato con la carrozzeria di
un’auto esistente ma completamente differente (nel caso del SUV Alfa con i pannelli della Fiat
500L Living). Per fare chiarezza una volta per
tutte abbiamo chiesto ad un esperto del settore,
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Curiosità
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Perché a volte troviamo “muletti” che esternamente sembrano altri tipi di auto rispetto alla
meccanica che si nasconde sotto alle camuffature?
«Per alterarne la percezione su strada ed essere
quindi irriconoscibili. Del resto in queste fasi non
conta “l’esterno” ma soltanto la meccanica».
Come si “camuffa” un muletto? Quali sono le
problematiche principali?
«Un muletto si camuffa tramite camuffature
rigide imbullonate (vetroresine, carbonio) oppure tramite parti in tessuto spugnoso velcrate
alla carrozzeria. Il problema principale è l’apertura delle air intake e il rigonfiamento delle
56
camuffature a velocità sostenuta».
Perché i “muletti” sono spesso rivestiti con
pellicole zebrate, dalla trama quasi ipnotica?
«La pellicola optical, questo il nome tecnico, è
l’ultima fase della camuffatura. A vettura già presentata, evita che le fotografie ritraggano i volumi alla perfezione».
Perché le Case si servono di “muletti” anche
su strade aperte al traffico? Non rischiano
troppo in questo modo?
«Se non rischiassimo un po’ saremmo aziende
di panettoni. Invece facciamo supercar [sorride,
ndr].»
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Intervista
Periodico elettronico di informazione automobilistica
responsabilità, come si uscirà dall’empasse. E
soprattutto quali sono i progetti dei due Giugiaro
a breve termine. Perché i progetti ci sono e non
potrebbe essere diversamente: padre e figlio
hanno talento e una grande passione per l’auto
e per la moto, in particolare per quelle da trial.
Amano e praticano assiduamente il motoalpinismo, hanno viaggiato nel deserto. A questo primo video ne seguiranno, a distanza di una settimana, altri due. Il primo concentrato sulla moto:
come è nata la passione, dove vanno a divertirsi
con le moto, e poi le poche moto firmate Giugiaro, il diverso approccio che impone il progetto di
una moto rispetto all’auto. Il secondo infine sulle
automobili: dalla preferita di Giorgetto a quella
che avrebbe voluto disegnare, dal recupero delle
icone come il Maggiolone, la Mini o la Cinquecento fino all’evoluzione del gusto, i centri stile e la
paura delle novità. Da non perdere.
GIORGETTO GIUGIARO
«NOI ANDIAMO AVANTI E ANCHE
VOLKSWAGEN NON SI FERMERÀ»
di Nico Cereghini | Il grande designer ci parla dei rapporti con Piech e
Winterkorn, del diesel, della fiducia nel futuro e dei nuovi progetti con
il figlio Fabrizio, dopo l’uscita da VW. Prima parte di una lunga
conversazione su auto, moto, design e passione
N
ello scorso luglio, ben prima che
emergesse lo scandalo Volkswagen, Giorgetto Giugiaro aveva ceduto la sua ultima quota – circa il dieci
per cento - al gruppo tedesco, che in Italdesign
era entrato cinque anni fa. Ma tutto ciò che cosa
significa esattamente? Davvero si chiude un’epoca? È possibile insomma che si interrompa qui
58
la serie delle grandi auto progettate da Giugiaro?
Per rispondere a queste domande abbiamo incontrato al Museo dell’Automobile di Torino i due
Giugiaro (Giorgio e il figlio Fabrizio) per una lunga e amichevole chiacchierata. Questa è la prima
parte dell’intervista, in cui si parla dell’attualità.
Cosa pensa Giorgetto Giugiaro della vicenda
che ha travolto la VW negli USA, quali sono le
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Dieselgate
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PERCHÉ VW HA BARATO
E COSA COMPORTERÀ IL RICHIAMO
DEI 2.0 TDI EA189 EURO 5?
di Enrico De Vita | Che cosa ha fatto di preciso VW e cosa devono
aspettarsi i possessori del motore incriminato 2.0 TDI EA 189 Euro 5?
I
n queste settimane tutti parlano dello
scandalo senza precedenti che ha investito la Volkswagen, colpevole di aver “truccato” le centraline di 11 milioni di motori,
per superare senza problemi i test di omologazione. Come sempre accade quando ci si trova
di fronte a notizie di queste proporzioni però si
è finito per generare una grande confusione per
colpa di informazioni sommarie, scorrette o parziali. Cerchiamo quindi di rifare il punto insieme
al nostro editorialista Enrico De Vita per capire
che cosa ha fatto di preciso VW, perché è arrivata a tanto e soprattutto cosa devono aspettarsi
i possessori del motore incriminato (2.0 TDI EA
189 Euro 5).
Volkswagen negli Usa ha iniziato a montare il
sofisticato sistema con catalizzatore SCR molto prima rispetto all’Europa. In cosa consiste?
«Per abbattere al massimo gli NOx e rientrare
nelle normative americane per i motori diesel,
molto più stringenti rispetto a quelle europee,
Volkswagen ha deciso di montare il sistema con
catalizzatore SCR molto prima rispetto all’Europa. Si tratta di un catalizzatore selettivo che grazie ad iniezioni di urea - il famoso AdBlue contenuto in un serbatoio a parte - riesce ad abbattere
gli ossidi di azoto e a trasformarli in azoto puro.
Si tratta però di un sistema alquanto controverso, perché, oltre ad essere molto complesso e
delicato, per funzionare richiede calore, quindi
penalizza i consumi. E certamente penalizza anche le prestazioni».
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In Europa utilizza lo stesso sistema sia per i
motori Euro 5 che 6?
«Volkswagen ha iniziato ad utilizzare il catalizzatore SCR con l’arrivo dei motori Euro 6, che
dovevano rispettare limiti per gli NOx molto più
stringenti (da 180 a 80 mg/km). Sull’Euro 5 non
era ancora presente».
Se è un dispositvo così sofisticato, che senso
ha farlo lavorare solo durante il test di omologazione e poi disattivarlo?
«Per le versioni Usa, la stessa Volkswagen ha
ammesso di aver insegnato alla centralina a
comportarsi in due modi differenti: se riconosceva le condizioni di test al banco, il funzionamento
dell’SCR era completo e soddisfaceva i limiti, per
poi disattivare l’SCR, in tutte le altre condizioni di
marcia. In questo modo durante la prova i valori
di NOx erano mantenuti bassi dal SCR. La decisione di escluderlo – in tutto o solo in parte - durante l’utilizzo su strada, a mio avviso, non può
che essere dettata da motivi di convenienza. Di
fatto significa che l’SCR creava una serie di piccoli problemi agli automobilisti, o al motore, nel
funzionamento a pieno regime».
Possiamo avanzare alcune ipotesi?
«Le ipotesi che avanzo sono sostanzialmente
tre. VW avrebbe deciso ridurre la funzionalità
dell’SCR durante la guida su strada per non ridurre la potenza del motore o per non penalizzare i consumi “reali” oppure per evitare di ridurre la vita, ovvero la durata, in buona salute,
del catalizzatore. Ritengo che possano anche
essere valide tutte e tre queste ipotesi. C’è poi
una quarta eventualità. VW avrebbe escluso
l’SCR per evitare di costringere l’automobilista
americano a periodici rabbocchi di AdBlue. Non
dimentichiamoci che senza urea il motore dotato
di SCR (in funzione) va in blocco dopo 1000 km e
che le possibilità di rifornimento negli Stati Uniti
non sono così facili come in Europa».
Le auto Euro 5 europee però non erano dotate
di catalizzatore SCR. Perché quindi montare la
centralina “truccata” anche nel Vecchio Continente?
«Non ho la risposta esatta. Penso che il richiamo
abbia riguardato anche i 2.0 TDI EA 189 “europei” perché la centralina del controllo motore –
anche in questo propulsore - era programmata
per consentire risposte più brillanti su strada,
rispetto alla fase di test al banco. In questo modo
potevano avere buoni consumi, prestazioni brillanti e grande affidabilità in condizioni reali, ma
al tempo stesso, grazie alla mappatura truccata, che “castrava” il motore, emissioni molto
contenute al banco. Le confidenze che abbiamo
ricevuto da addetti ai lavori ci dicono che – con
certezza assoluta fino ai motori Euro 4 – era consuetudine in Europa addestrare le centraline, sia
dei diesel sia dei benzina, per porle in grado di
riconoscere mediante tre o quattro parametri
la fase di effettuazione di un ciclo Eudc di rilevamento dei consumi. E di consentire alla centralina di avere un “atteggiamento” diverso negli altri
casi».
Quindi lo facevano tutti, ma nessuno se ne accorgeva?
«Automoto.it lo ha scritto diverse volte, che le
centraline erano addestrate, ma in sede politica nessuno ha compreso il significato, mentre
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alcuni clienti lo hanno scoperto inconsapevolmente sulla loro pelle. Si conosce ad esempio il
curioso comportamento di alcune vetture che,
in particolari circostanze, “hanno ritenuto” di
effettuare un ciclo e hanno iniziato a zoppicare,
togliendo potenza e mettendo in crisi i clienti. Il
caso è diventato un difetto vero e proprio, che si
ripeteva con una certa frequenza. La Casa è intervenuta con un rimedio semplice: quello di aumentare i parametri di riconoscimento, in modo
da rendere meno frequente la possibilità di fraintendimento».
Perché lo scandalo è scoppiato solo oggi e negli Usa?
«Ripeto che in Europa tutti hanno considerato
lecito ciò che non era espressamente vietato dal
regolamento. Ma negli Usa, per il motore EU5
62
Dieselgate
Periodico elettronico di informazione automobilistica
189EA, la casa di Wolsfburg ha firmato una dichiarazione nella quale si impegnava a non modificare, durante la marcia, il funzionamento dei
dispositivi antinquinamento. La confessione del
“peccato Made in Usa” ha quindi portato alla luce
l’esistenza di una doppia mappatura anche nella
centralina dei motori Euro 5 venduti in Europa».
Ci può parlare del tasto ECO e del tasto
SPORT: Quale di questi viene usato durante i
cicli di misura?
«C’è ancora da aggiungere che oggi quasi tutte
le vetture hanno tasti di funzionamento sportivo,
tasti “Normal”, che alcuni marchi definiscono
ECO. Addirittura tasti per l’uso in pista. Ovviamente, le prove vengono eseguite nella configurazione scelta dai tecnici della Casa. E siccome è
sempre arduo superarle, non temo smentite se
affermo che tutti scelgono il tasto più vantaggioso. Intendo dire che il test di omologazione viene
eseguito solo nella configurazione più risparmiosa. Ci sono poi i numerosi optional che incrementano i consumi, per esempio i pneumatici
extralarge, o altri optional non presenti durante il
ciclo di misura, certamente non rispettano i limiti
d’inquinamento previsti. Ma il loro uso è consentito in quanto non è vietato lasciare l’automobilista libero di consumare (e di inquinare) di più
per il piacere della guida. Ci sarebbe da obiettare
che le Case avrebbero il dovere, almeno morale,
di comunicare al cliente che tali optional o la selezione del tasto prestazionale non consentono
più di rispettare i limiti d’inquinamento».
aumentato il consumo. Quanto? Il FAP oppure
il catalizzatore SCR o l’EGR, assorbono dal 5 al
7%, ciascuno. Ecco perché già anni fa parlavo de
“La finta corsa col trucco alla riduzione di CO2».
Potrebbero anche nascere questioni legate
alla tassa di circolazione o alla conformità del
veicolo rispetto a ciò che si è acquistato se le
auto dovessero essere riprogrammate?
«Certamente. Per capire cosa succederà bisogna aspettare di conoscere l’entità del richiamo.
In ogni caso, considerato lo stato attuale delle
cose, all’orecchio di chi mi chiede consigli, suggerisco di strappare la lettera di richiamo e di tenersi il motore così com’è. In via ufficiale, invece,
dico attenetevi ai suggerimenti della Casa».
Volkswagen ha annunciato un enorme richiamo anche in Europa. A questo punto cosa deve
aspettarsi chi ha un’auto del Gruppo equipaggiata con il 2.0 TDI EA189? Il consumatore potrebbe trovarsi ad avere un’auto meno potente
e con consumi maggiori?
«Finché non scopriamo quali sono i veri motivi
che hanno spinto la VW a escludere l’SCR dopo
la fase di test e a truccare le centraline non sappiamo in cosa consisterà il richiamo. Se sono valide le ipotesi che io ho formulato il cliente andrà
a rimetterci comunque. Potrebbe durare meno il
catalizzatore, si potrebbero perdere dei cavalli e
paradossalmente potrebbe anche aumentare il
consumo. In ogni caso è stata la stessa Volkswagen a comunicare che la centralina verrà aggiornata con un nuovo software, anche se in alcuni
casi potrebbero essere sostituite addirittura
delle componenti (ipotizziamo sensori o il catalizzatore)».
Potrebbe essere che VW, arrivata tardi a produrre motori con tecnologia common rail rispetto alla concorrenza, abbia dovuto recuperare il gap “inventandosi” espedienti per
rispettare i limiti?
«L’ing. Piech è stato uno dei primi tecnici a comprendere la rivoluzione che l’elettronica avrebbe
comportato nella gestione della combustione del
gasolio. Quando ebbi modo di provare in Inghilterra nel 1989 i primi iniettori singoli col dosaggio
comandato da un microchip (era l’injector unit
della Lucas) il futuro sviluppo del diesel era evidente.
L’alternativa al sistema inglese era il common
rail di concezione italiana, ma di realizzazione
tedesca, ma non funzionava ancora completamente e doveva attendere altri 5 anni per diventare realtà. Bene, Piech aveva immediatamente
firmato un accordo con Lucas per produrre in
Germania l’iniettore-pompa, che è stato per oltre 10 anni (dal 1997 al 2008) la soluzione regina
dei diesel VW.
Tuttavia, appena Piech si rese conto del costo
(elevato) dell’injector unit e della sua incompatibilità a cilindrate differenti, impose all’Audi di
impiegare – da subito - solo sistemi common
rail. Oggi tutti i modelli VW e marche associate
adottano unicamente common rail».
È assurdo. In pratica un’auto che risulta più
virtuosa nel ciclo di omologazione, soprattutto
dal punto di vista degli NOx, finisce con consumare, e quindi inquinare, di più nella vita reale.
Ma come è possibile?
«Purtroppo è proprio così. Ogni volta che si è
cercato di ridurre il particolato o gli NOx si è
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Dieselgate
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Coinvolti anche il 1.6 e il 1.2 TDI
Fino ad oggi però siamo rimasti convinti che lo
scandalo fosse legato essenzialmente al 2.0 TDI
Euro 5 contraddistinto dalla sigla EA189. Putroppo è stato niente di meno del Ministero dei
Trasporti Tedesco Alexander Dobrindt a precisare per la prima volta che i motori conivolti vanno ben al di là del 2 litri a gasolio. In una “lunga
relazione” inviata al governo tedesco infatti la
Volkswagen precisa che il richiamo riguarderà
anche i motori Euro 5 diesel 1.6 TDI e 1.2 TDI.
Del resto la sigla EA189 coinvolta nello scandalo contraddistingue più che un singolo motore
un’intera famiglia di propulsori, che comprende,
per l’appunto, i quattro cilindri 2.0 TDI e 1.6 TDI
ma anche il piccolo tre cilindri 1.2 TDI.
Abbiamo la prova
VOLKSWAGEN
ANCHE IL 1.2 TDI E IL 1.6 TDI EURO
5 COINVOLTI NEL RICHIAMO DIESEL
di Matteo Valenti | VW ha mentito sulle centraline e deve essere
giudicata. Ma il problema è molto più complesso e riguarda prima di
tutto i cicli di omologazione, che permettono di ottenere consumi
dichiarati folli. A partire dalle ibride
L
o scandalo legato ai motori del Gruppo Volkswagen continua a tenere
banco e ogni giorno si arricchisce di
nuovi dettagli. Fino ad oggi siamo venuti a sapere, per ammissione stessa della Casa
di Wolfsburg, che sono 11 milioni i veicoli che
montano il “defeat device”, ovvero la centralina
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truccata, studiata per alterare i valori di consumo durante la fase si omologazione.
Di questi, 8 milioni si trovano nell’Unione Europea così suddivisi tra i diversi brand del Gruppo:
5 milioni sono VW, 2,1 milioni Audi, 1,8 milioni
veicoli commerciali leggeri, 1,2 milioni Skoda e
700.000 Seat.
Siccome in questi casi è sempre meglio agire
con grande cautela, per non avere dubbi abbiamo pensato di effettuare in prima persona una
“prova del nove”.
Utilizzando il portale online fornito dalla stessa
VW abbiamo inserito il numero di telaio di un
Volkswagen Caddy 1.6 TDI Euro 5 di un nostro
lettore e abbiamo scoperto che rientrava in pieno nel maxi-richiamo legato alle centraline.
Richiamo: potrebbe essere
qualcosa di più di una rimappatura
Le dichiarazioni di Dobrindt, riportate su Automotive News Europe, danno poi qualche anticipazione sull’entità del richiamo, che potrebbe
essere molto più che una semplice “ritaratura”
della centralina, almeno in alcuni casi. Il Ministro
infatti ha dichiarato che “per il 2.0 TDI la soluzione dovrebbe arrivare entro l’anno e dovrebbe consistere in un semplice aggiornamento
del software” della centralina motore. Per il 1.6
TDI invece la faccenda sarebbe più complessa
perché “oltre al nuovo software bisognerà probabilmente modificare alcune componenti del
motore e questo potrebbe comportare uno slittamente del richiamo fino a settembre 2016”.
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Dieselgate
Periodico elettronico di informazione automobilistica
era stato possibile evitare di montare attraverso
il software dei motori TDI che riusciva a mascherare le emissioni di NOx, molto probabilmente
per ragioni di costi industriali vista la loro complessità.
Arriva la piattaforma dedicata
alle elettriche
ECCO COME SARÀ LA VOLKSWAGEN
DEL DOPO “DIESELGATE”
di Daniele Pizzo | Wolfsburg punterà su ibride ed elettriche, compresa
la prossima ammiraglia Phaeton che sarà completamente ad emissioni
zero. Ecco le strategie del Gruppo tedesco per recuperare l’immagine di
leader
S
i comincia a intravedere qualcosa
sul futuro della Volkswagen che sarà
dopo il “Dieselgate”. Annunciati gli
accantonamenti straordinari e i tagli
agli investimenti per 1 miliardo di euro all’anno
per fare fronte agli alti costi che si prospettano
per il richiamo di 11 milioni di auto, per le eventuali sanzioni che potrebbero piovere dalle autorità di diversi paesi nonchè dai risarcimenti chiesti dai consmatori, la Casa di Wolfsburg prova a
66
scrollarsi di dosso l’immagine che nelle ultime
settimane le è stata attribuita, forse frettolosamente, di costruttore poco incline alle tecnologie
“verdi”.
Tutti i Diesel con l’AdBlue
Così il cda sotto la guida dell’amministratore delegato Herbert Diess ha deliberato che i prossimi
motori diesel saranno dotati «il prima possibile»
di SCR e tecnologia AdBlue, ovvero i sistemi che
Il pianale MQB è uno dei più recenti sviluppi del
Gruppo VW e ha permesso di realizzare numerosi modelli Audi, Seat, Skoda e Volkswagen che
spaziano dal segmento della Polo a quello della
Passat. Verrà sviluppato ulteriormente per offire
un’offerta più ampia di modelli ibridi plug-in e veicoli elettrici con autonomia fino a 300 km. Oggi
i modelli sfornati da Wolfsburg e già in commercio con tecnologia ibrida sono Audi A3 e-tron,
Golf GTE e Passat GTE, ma l’offerta è destinata
ad aumentare. Il momento è favorevole, come
dimostra l’andamento delle vendite di Toyota,
che è leader nel mercato delle ibride in Europa
e aumenta anno dopo anno il suo share. La vera
novità è però il varo del pianale MBE dedicato
espressamente alle auto elettriche di tutti i marchi della galassia VW, veicoli commerciali compresi. Secondo quanto annunciato, sarà progettato per tutti i tipi di carrozzeria e di segmento,
permettendo anche declinazioni sportiveggianti.
I futuri modelli realizzati sul pianale MBE, che si
aggiungeranno alle attuali e-up! e e-Golf, avranno un’autonomia da 250 a 500 chilometri.
2010 non sono riusciti a risollevarne le sorti. The
Economist ha calcolato che VW con la Phaeton
ci ha rimesso circa 2 miliardi di dollari, ovvero
28.100 euro a vettura. Volkswagen ci riproverà
con la prossima Phaeton, che sarà 100% elettrica. E’ destinata a diventare la bandiera tecnologica della Volkswagen post Dieselgate, anche
se i numeri del passato lasciano pensare ad un
investimento che sarà più in immagine che in
vista di un effettivo profitto. «Il brand Volkswagen si sta riposizionando per il futuro. Stiamo diventando più efficienti, stiamo riconsiderando la
nostra gamma di prodotti e le nostre tecnologie
principali e accelerando il programma di efficienza stiamo creando lo spazio per tecnologie che
guardano al futuro», è la promessa del CEO Herbert Diess, che sa di avere gli occhi del mondo
dell’auto, e non solo, puntati addosso.
Phaeton: anche l’ammiraglia
sarà elettrica
E’ noto che uno dei più grandi flop della storia
della Casa di Wolfsburg è stata la Phaeton. Nei
sogni di Ferdinand Piech doveva essere la migliore Volkswagen della storia, ma il prezzo elevato, giustificato da tecnologie all’avanguardia
e una cura costruttiva maniacale (fu costruito
un apposito stabilimento a Dresda) unito a una
certa mancanza di appeal del marchio nel segmento delle “superlusso” ne hanno decretato
l’insuccesso e ben due restyling nel 2007 e nel
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Formula 1
Periodico elettronico di informazione automobilistica
modo per ripercorrere, in una frase, la carriera di Damon Hill. Infatti il debutto e gli inizi non
furono per niente brillanti. Con la Brabham nel
1992 mancò alcune qualificazioni e anzi era più
lento anche della compagna di squadra, l’italiana
Giovanna Amati. Ma Damon aveva in serbo delle
qualità nascoste e quando la Williams nel 1993
lo affiancò ad Alain Prost, cominciò il processo
di apprendimento culminato poi nel Mondiale del
1996. La sua lotta con Schumacher, in quell’anno, fu abbastanza ridotta perché la Ferrari non
era competitiva come la Williams anche se Schumacher riuscì a vincere tre GP con una monoposto che era lontana da quella inglese. I duelli fra
i due, però, risalivano alla stagione ‘94, quando
Hill contrastò Schumacher fino all’ultima gara
del Mondiale. In Australia, in un tentativo di sorpasso, le monoposto dei due piloti si toccano,
Schumacher vola e finisce contro il muretto,
Hill torna ai box con una sospensione piegata e
il Mondiale va al tedesco con la Benetton. Questo episodio ha praticamente segnato i rapporti fra i due e quando nel GP del Belgio del 1995
Schumacher si ripeterà con una serie di manovre ostruzionistiche nei confronti di Hill, appare
chiaro che fra i due non scorra buon sangue. «Di
sicuro Michael Schumacher ha lasciato un segno
indelebile nella storia della F.1, la maggior parte
sulla mia carrozzeria» disse con humor britannico Damon. Quando nel 1996 Schumacher approda alla Ferrari, Hill ha in casa il rivale più pericoloso, Jacques Villeneuve. Ma nonostante questo
scomodo compagno di viaggio, alla fine i conti si
devono fare sempre con Schumacher. Nella stagione ‘96 i due si incontreranno sul podio in alcune gare. A Imola vince Hill e Schumacher porta
la Ferrari al secondo posto, in Spagna sotto una
pioggia battente Michael umilia Hill che si ritira,
in Belgio Schumacher vince davanti a Villeneuve
e Hill non va oltre il quinto posto. Per ritrovarsi
ancora vicini bisogna aspettare fine stagione a
Suzuka, gara decisiva per l’assegnazione del Titolo iridato. Hill vince la gara e Schumacher arriva secondo, ma l’eroe della giornata è Jacques
Villeneuve che esce di pista dopo un pit stop
in cui i meccanici non hanno montato bene la
DAMON HILL
IL CAPITAN ZERO DELLA FORMULA 1
di Paolo Ciccarone | Damon Hill, ovvero un onesto lavoratore del volante
divenuto Campione del Mondo di Formula 1 nel 1996. Altra pasta
rispetto al padre Graham, ma non per questo degno di finire nell’oblio
A
desso fa il telecronista, la solita
camminata, il pizzetto grigio, ma
nei box continua ad essere il figlio
di Graham e questo nonostante
un titolo mondiale di F.1. La strana storia di Damon Hill è riassunta in un libro che uscì qualche
anno fa in Inghilterra: “From zero to hero”, ovvero da zero a eroe. Nel ‘93 Prost vinse il Mondiale e si ritirò. Senna arrivò alla Williams e gli
68
assegnarono il numero 2, l’1 del campione del
mondo non si poteva dare e così per Hill, ex collaudatore del team, fu usato il numero 0. Raro,
ma questa è la verità. Il figlio del grande Graham
in F.1 era conosciuto come “il comandante zero”
per via del numero di gara che la federazione gli
aveva assegnato sulla sua Williams. Quando poi
nel 1996 vinse il primo, e unico Titolo Mondiale,
il gioco di parole da zero a eroe era diventato un
69
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gomma. In quella stagione ‘96 Hill è Campione
del Mondo con otto vittorie e due secondi posti
oltre a vari piazzamenti. Schumacher concluderà
terzo con 59 punti contro gli 87 di Hill, ma la stella
di Michael deve ancora accendersi in tutto il suo
splendore, quella di Damon Hill ha cominciato il
tramonto. Dopo uno sprazzo con l’Arrows nel GP
Ungheria del ‘97, perso all’ultimo giro per un problema al cambio, nel ‘98 ci sarà l’ultima vittoria
in F.1, al volante della Jordan nel GP del Belgio.
Smesso con la F.1 Damon Hill si è dedicato alla
musica, proprio come ha fatto Jacques Villeneuve. Hill girava il mondo con il suo gruppo rock, The
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Formula 1
Conrods, suonando e cantando la storia delle
corse mondiali. Con lui sul palco a volte Eddie
Jordan e Johnny Herbert.
Altri due “suonati” come lui. Ma a vederlo oggi,
nel paddock, con la gente che lo guarda ma non
lo insegue come accade con tanti altri ex campioni del mondo di F.1, ci si chiede se tanta gloria fu davvero meritata. Il padre, Graham, altra
pasta, altro stile, altro humor. Lui, Damon, un
onesto lavoratore del volante. E pensare che voleva diventare Campione del Mondo delle moto,
invece ha vinto in F.1 ma sembra che se lo siano
scordati tutti.
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Formula 1
Periodico elettronico di informazione automobilistica
della power unit. Infatti, restringendo il basamento non è che si guadagna molto in termini di
spazio, oltre un certo limite non si può andare,
ma spostando alcuni elementi e posizionando
degli accessori in altro modo, è possibile modificare la distribuzione dei pesi e portare il baricentro più in basso. Inoltre con un propulsore che
ha bisogno di minor raffreddamento, si possono modificare le fiancate che, oggi, rispetto alla
Mercedes sembrano il punto dolente. Infatti l’impressione è che il pacco radiante della rossa sia
più massiccio rispetto a quello dei tedeschi che,
però, hanno temperature di esercizio più basse
e possono avere più potenza rispetto alla Ferrari. Se il divario totale è inferiore ai 40 cavalli (lo
dice Niki Lauda) è anche vero che intervenendo
sulla erogazione della potenza, su profili diversi
e radiatori più piccoli ed efficaci, si possono ottenere miglioramenti massicci tali da annullare
i 5 decimi al giro presi nelle piste veloci come
Suzuka o Silverstone. Quindi la rivoluzione sarà
degna dei dimagranti di Wanna Marchi sperando
che i risultati siano migliori di quei prodotti. Dal
punto di vista meccanico la gara di Singapore,
invece, ha mostrato che la Ferrari è messa forse
meglio della Mercedes, nelle curve a 90 gradi inseriva meglio e aveva una buona trazione, merito
anche delle gomme morbide con cui la Ferrari,
con meno carico aerodinamico, riesce a compensare i problemi.
Secondo stime approssimative mancherebbero
100-200 kg di carico rispetto alla Mercedes e
qualcosa in più rispetto alla Red Bull che ha forse
un miglior assetto, ma minor potenza del motore. Dati teorici ed empirici frutto del passaparola
del paddock per cui nessuna conferma o verifica
del valore. Detto così tanto per avere qualcosa
in più da raccontare nelle sere al bar. Intanto nei
disegni di Pirovano ecco nel dettaglio la rossa e
dove si cambierà.
FERRARI
LA F1 DEL 2016 PASSA DA AUSTIN
di Paolo Ciccarone | Ad Austin la Ferrari introdurrà delle specifiche
tecniche che dovrebbero rappresentare lo zoccolo duro della vettura
del 2016. L’abbiamo immaginata così
N
el GP del Texas, ad Austin, la Ferrari farà debuttare il nuovo motore che prefigura quello del 2016.
Sarà un passo importante perché
uno dei problemi affrontati in questa stagione,
ma anche nella passata a dire il vero, erano le
dimensioni del propulsore che impedivano una
aerodinamica sofisticata al pari della rivale Mercedes. Con Gabriele Pirovano abbiamo tracciato
i profili della vettura attuale, vincitrice di tre GP,
72
ipotizzando le aree di intervento della prossima,
cosa che dovrebbe annullare il divario con la
Mercedes. Ad Austin, come detto, si dovrebbe
vedere il motore col basamento più stretto e più
leggero, prefigurazione del motore 2016. Nelle
intenzioni dei tecnici, restringere e alleggerire una parte importante come questa fa capire
come gli interventi futuri saranno concentrati su
fiancate e coda, in modo da pulire i flussi d’aria
all’ala posteriore e migliorare il raffreddamento
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CIR
Periodico elettronico di informazione automobilistica
impossibilitato a ribaltare la sua gara pesantemente condizionata dal guasto all’idroguida di
sabato, e l’altro troppo preso dalla parte di difensore del Titolo Costruttori che Peugeot sta
per staccare per la nona volta. Del “fenomeno”
di Squadra risente anche Michele Tassone, per
una volta, anzi la seconda, alla guida della 208
T16, bravo ma a tratti “legnoso”. Ma viene il dubbio che in questa occasione, neanche i Basso e
gli Andreucci più in forma avrebbero avuto potuto aver ragione di uno Scandola così accorto
e determinato. Basso non si tira indietro, come
sempre, e spinge fino all’ultimo cercando di
mettere pressione al leader. Vince e strappa un
secondo nella penultima speciale, e ne concede
meno di uno al termine della prova che chiude il
Rally. Orgoglioso e bravo, ma anche sfortunato,
e il risultato dell’ultimo “stretch” di domenica
mattina resta sostanzialmente un nulla di fatto che accompagna il secondo posto, il terzo
ottenuto nel corso dalla stagione. È sufficiente
per stare davanti a Scandola in Campionato e
confermare il secondo posto assoluto nella graduatoria dei piloti 2015, ed è un bel risultato in
assoluto, ma certamente non quel successo che
Pilota e Squadra si auguravano dall’inizio della
stagione e che, per un motivo o per l’altro, non
è mai arrivato.
Peugeot vince il titolo Costruttori
Andreucci, invece, dà l’impressione di essersi
defilato di “default” per concentrare la sua gara
sul Titolo Costruttori, il primato che chiuderebbe
il “full” di Peugeot Sport Italia anche nel 2015. Il
target diventa meno diretto, e la gara di Andreucci, costellata da piccole “sviste” e da scelte non
troppo indovinate, lascia quasi perplessi. Oltre
un minuto dalla testa della corsa, del resto, per il
Toscano è un fatto clamoroso. Ma l’obiettivo è lì,
dietro l’angolo, e arriva sempre la giornata in cui
bisogna far cassetta. Terzi Andreucci & Signora,
quarti Tassone & Michi, Peugeot si porta a Milano il 9° Titolo riservato alle “Fabbriche”, l’estera
più premiata in Italia, in perfetta sintonia con il 9°
SCANDOLA & D’AMORE (FABIA R5)
VINCONO IL RALLY DUE VALLI
di Piero Batini | Il grosso del “lavoro” già fatto sabato, Umberto
Scandola e Guido d’Amore portano la Skoda Fabia R5 a una chiara
vittoria nel Rally di Casa. Basso e Andreucci sul podio, Peugeot vince
il Campionato Costruttori
G
li ultimi due passaggi sulla Prova
Speciale Erbezzo, 20 bellissimi
chilometri al confine con il Trentino sui saliscendi, e il cui “acuto”
è il Passo Fittanze, non dicono niente di nuovo.
Anzi, sottolineano definitivamente la situazione
venuta a crearsi al termine del lunghissimo, e
74
determinante, “tappone” di sabato, e congelano
il risultato nell’identico podio del Città di Roma
Capitale: Scandola-Basso-Andreucci. Finale comunque avvincente. Scandola è già in una botte
di ferro, e non può far altro che confermare le
frustrazioni di Basso e una certa “irregolarità di
funzionamento” di Andreucci. L’uno ovviamente
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CIR
Periodico elettronico di informazione automobilistica
ancora con la Super 2000, al Roma e al Rally di
Casa con la nuova R5. Il CIR 2015 chiude dunque
i battenti. Peugeot ha fatto banco regio aggiudicandosi i Titoli Piloti (Andreucci-Andreussi) Junior (Tassone-Michi) e Costruttori. L’Equipaggio
Ferrarotti-Fenoli si aggiudica all’ultima prova il
Campionato Produzione con una New Clio Renault, che quindi è il Costruttore-Produzione. I
due Trofei Renault si chiudono con le vittorie di
Luca Panzani e Luca Rossetti, e Verona assegna
anche il Trofeo Suzuki a Uliana-Mad Jack e il Trofeo Promozionale Peugeot a Simone Giordano,
primo anche nella gara del TRN.
alloro conquistato dal Pilota, e chiude la stagione
senza lasciare una sola briciola agli avversari. Ed
ecco Umberto Scandola, il vincitore. Una gara
perfetta, controllata e gestita in funzione della “strada” da fare, degli avversari da battere e
del risultato da ottenere. Le strade sono quelle
di casa sua, “scaldate” dal suo pubblico, e non
c’è niente da aggiungere. Degli avversari anche,
abbiamo detto, ma Scandola aggiunge. Non nuovo a preferire l’obiettività dell’analisi globale alla
valutazione di se stesso, Scandola sembra quasi
“giustificarsi”, ma solo per premettere che se i
suoi avversari non avessero avuto la loro dose di
sfortuna, il confronto sarebbe stato ben più serrato e la vittoria maggiormente in discussione.
Gentile, modesto, generoso, onesto e galantuomo.
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Cala il sipario sul CIR 2015
Solo in un secondo tempo Scandola si concede
di parlare della propria aumentata sensibilità
con la nuova Fabia R5, della buona tattica adottata e delle scelte perfette per quanto riguarda
pneumatici e assetti. E allora parla di Skoda,
che il veronese ritiene la R5 più performante del
momento, dei suoi “gommisti” Michelin, del suoi
Meccanici e dei suoi Tecnici, del suo Pubblico,
tutti con la maiuscola. Alla fine, meno male, tra
i commenti di Scandola c’è spazio anche per il…
Pilota. Ha vinto sei delle undici Prove Speciali, è
stato in testa al Due Valli a partire dalla terza PS
fino alla fine della Corsa. Ha anche vinto l’ultima
Speciale dell’ultimo Rally del Campionato, che
chiude al terzo posto assoluto, un punto appena
alle spalle di Basso, con tre vittorie, all’Adriatico
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OILIBIA MAROCCO FINALE
VINCE LA MINI DI AL-ATTIYAH, MA LA
PEUGEOT 2008 DKR16 ORA FA PAURA
Conclusosi il Rally del Marocco 2015, per Peugeot è tempo
di bilanci, con il pensiero già alla Dakar 2016
I
l OiLibya Rally del Marocco 2015 è finito nell’unico modo possibile. Esclusi
dalla tappa del gran finale i colpi di scena, un’eccezione dell’ultimo giorno che
conferma la regola di un Rally molto difficile, il
risultato era già scritto. La vittoria è andata a AlAttiyah e Matheiu Baumel, vincitori con la Mini
dell’edizione dell’anno passato e della Dakar del
gennaio scorso. Alle spalle del Principe del Qatar
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Rally
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tre Toyota, segno che qualcosa si sta muovendo
nell’ambiente monopolizzato da anni dall’evoluzione solitaria delle macchine tedesche. Sono
quelle di Vasilyev-Zhiltsov, Al Rajhi-Gottschalk e
De Villiers-Von Zitzewitz, “schiacciate” in coda
dalla bella gara dell’ex Pilota del WRC Mikko
Hirvonen. Con la vittoria in Marocco, Al-Attiyah
e Baumel possono saltare la prova conclusiva
della Coppa del Mondo Cross-Country Rally, già
vinta, salire su una Macchina completamente
diversa e concentrarsi sulla sfida contro Esapekka Lappi che vale il titolo iridato del WRC2, in
programma negli stessi giorni in Spagna. Con la
2008 DKR16 di Carlos Sainz ormai a Erfoud per
iniziare la nuova serie di test che preludono alla
definizione della Peugeot che affronterà la Dakar
Argentina-Bolivia 2016, l’ultimo giorno di gara
ha “preso in castagna” l’Equipaggio Sébastien
Loeb-Daniel Elena. In corsa con la 2008 DKR
originale, e vincitrice del Silk Road Rally, Loeb
ed Elena sono stati protagonisti di una “svista”,
segno che nell’abitacolo della 2008 DKR c’è
“dialogo”. L’Equipaggio ha commesso un errore di navigazione, e si è infilato nel giardino di
un’abitazione, troppo piccolo per consentire al
bolide di Velizy di far manovra in fretta. Una volta usciti, Loeb e Elena hanno deciso di prenderla
con filosofia e di concentrarsi su alcuni esercizi
di Rally Raid importantissimi, come per esempio
a navigare a vista e ad avvalersi in maniera critica
dell’ausilio del road book, o capire come si fa a
riconoscere un terreno che “tiene” da uno dove
la Macchina può sprofondare. Entrambi se la
sono cavata bene, e a passo di istruzione hanno
concluso la tappa globalmente più complessa e
varia del Rally in 13ma posizione. La “stranezza”,
se vogliamo, è che Loeb per una volta ha deciso
di non rispettare l’”ordine di scuderia” di spremere la meccanica, e anche questo esercizio è
sembrato molto utile all’Equipaggio. Bilanci. Credo che nessuno vorrà farne, non almeno in senso
stretto e riconducendo tutto al solito “bilancio
positivo”. È molto più importante isolare le evidenze, che si contano numerose e suggeriscono
spunti di vario carattere e spessore. Carlos Sainz
debuttava con la 2008 DKR16, l’ultima versione
della Peugeot progettata per la Dakar che non
era mai scesa in pista in condizioni di Gara. Il
primo giorno è stato in testa fino alla foratura, a
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Rally
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“bassi” ed autentici “alti”. Roba da fuoriclasse,
insomma. Come già annunciato al termine della
quarta tappa, la fine del Rally del Marocco coincide per il Team Peugeot Total con la chiusura di
uno step e l’apertura di quello successivo. Tutta
la Squadra si riunirà progressivamente a Erfoud,
a partire dalla prossima settimana e per un doppio ciclo di test che avrà la durata di due settimane. Sébastien Loeb. “Ci sono ancora molte cose
che dobbiamo imparare e capire. Ma quello che
sappiamo oggi è che quando le piste sono guidate e difficili la Macchina va bene, e la DKR16 è
ancora più forte. Questo è evidente. Anche sulla
“coabitazione” con Daniel sappiamo che ci sono
ancora molte cose sulle quali c’è da lavorare e
da ottimizzare”. “È importante che impariamo
a prendere insieme le buone decisioni quando si
presentano situazioni complicate. C’è insomma
una bella serie di punti sui quali sappiamo che
dobbiamo lavorare, e devo abituarmi a guidare a
vista. Il ruolo del navigatore, e Elena lo sta imparando in fretta insieme a me, si fonde con quello
del Pilota. È una bella esperienza”.
35 chilometri dalla fine. Il secondo giorno Sainz
ha vinto la sua prima Tappa di Campionato del
Mondo con Peugeot, ed è passato al comando
della corsa. Il terzo giorno, pur partendo per
primo e avendo il compito di “aprire” la pista insieme al navigatore Lucas Cruz, Sainz ha vinto
ancora, staccando gli avversari e consolidando
la leadership. Il quarto giorno la 2008 DKR16 si
è fermata al 78° chilometro, per una guasto che
ancora non ha una spiegazione chiara. E il quinto
giorno… Sainz non c’era, ma è il navigatore di AlAttiyah, Mathieu Baumel, che si fa “portavoce”
del coro di avversari. Per tutti, si dispiace che,
dopo aver visto la nuova Peugeot chiaramente performante nella prime tappe del Rally del
Marocco, sia venuto a mancare l’importante
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confronto “tecnico” nell’ultima tappa, paragonabile per tipologia a quelle che i Piloti affronteranno in Argentina. Insomma, la Peugeot 2008
DKR16 fa già paura, e quel “qualcosa che si sta
muovendo” è l’avanzata della nuova Peugeot nei
Rally Raid! Sébastien Loeb, dal canto suo, ha iniziato il Rally… rompendo la “vecchia” macchina
a 38 chilometri dalla fine della prima tappa. Virtualmente fuori da qualsiasi affare di classifica,
Loeb ha chiuso al sesto posto il secondo giorno, e
si è capovolto il giorno successivo danneggiando
seriamente la 2008 DKR. Il quarto giorno Loeb
ha voluto ringraziare i suoi Meccanici per averlo rimesso in pista e ha concluso la 4a tappa al
terzo posto assoluto, e la quinta Tappa è… storia
recente. È un inizio di “attività” costellato di veri
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NASSER AL-ATTIYAH
PROFESSIONE CAMPIONE DEL MONDO
di Piero Batini | 270 giorni di Corse quest’anno, ha vinto Dakar e Coppa
del Mondo. Il “Principe del Qatar” è a caccia del record al Middle East
Rally Championship, del Mondiale WRC2, e della Dakar 2016,
naturalmente. Straordinario Campione e Gentiluomo
O
gni volta che incontri Nasser-Al Attiyah è un sorriso, sia che le cose
siano andate bene, cioè nella stragrande maggioranza dei casi, sia
che non tutto sia filato via liscio. “Più bravi gli
altri!”, è solito dire in questi casi, immediatamente guardando avanti con sincera serenità.
È il genere rarissimo di Campione che mette
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Rally
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tutti d’accordo e in grande pace. Tenutissimo e
agonisticamente intransigente in pista, oltre il
cronometro è il migliore dei compagni di avventura che si possa immaginare. Ha la bravura e la
fortuna di poter correre per “professione” e di
aver costruito sulle sue passioni e sul suo talento
la principale attività, è spinto da un entusiasmo
smisurato per lo Sport e per le sue sfide, e sa
essere professionista e “libero” come nessun
altro al mondo. Nei Rally Raid il “Principe del Qatar” ha vinto la Dakar due volte, nel 2011 con la
Volkswagen ufficiale, e nel 2015 con la Mini All4Racing del Team X raid di Sven Quandt. Su 11
partecipazioni vanta anche un secondo e un terzo posto. Con la vittoria al OiLibya Rally del Marocco, Al-Attiyah e Matthieu Baumel, bravissimo
navigatore francese da quest’anno inseparabile
compagno di avventura, hanno già conquistato
la Coppa del Mondo Cross-Country Rally, che
il Qatariano aveva già vinto nel 2008 in coppia
con la navigatrice svedese Tina Thorner. Nei
Rally “tradizionali” Al-Attiyah ha vinto nel 2006 il
Campionato del Mondo WRC classe Produzione
con una Subaru Impreza e nel 2014 il Mondiale
della WRC2 con una Ford Fiesta R5. Per lo stesso
Titolo è in corsa, nel finale di questa stagione con
una Skoda Fabia R5, con il finlandese Lappi. La
“bella” al RallyRACC che si disputerà in Spagna
a fine mese. Per dieci anni Al-Attiyah ha anche
vinto il Campionato Rally del Medio Oriente, e il
suo obiettivo è quello di uguagliare, almeno, il
record che appartiene alla leggenda Mohammed
bin Sulayem con 14 successi. Oltre alle corse
su quattro ruote, Nasser Al-Attiyah ha un’altra
grande passione, il Tiro a Volo, attività che svolge con non minore serietà e impegno, che gli ha
regalato non minori soddisfazioni e che lo lega in
modo particolare all’Italia, dove passa vari mesi
all’anno per allenarsi. Nato a Doha 45 anni fa, AlAttiyah ha partecipato dal 1996 a ben cinque edizioni dei Giochi Olimpici, Atlanta, Sidney, Atene,
Pechino e Londra, e in quest’ultima edizione ha
vinto la medaglia di bronzo. Ambasciatore Sportivo del suo Paese, Nasser Al-Attiyah si prepara
a partecipare alla sua Sesta Olimpiade, a Rio
de Janeiro il prossimo anno. Nasser Al-Attiyah.
«Beh, è logico che si sia sorridenti e felici quando
le sensazioni sono così buone. Con la vittoria al
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Rally
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e richiedono anche un grande impegno di tempo
e logistico. Ma, sai, il mio Paese è con noi, e ci
da un grande supporto, e non ci si stanca mai di
dare il massimo per ricambiare l’onore di questo
privilegio.»
Anche l’Equipaggio ha la sua importanza. Si
può dire che quest’anno avete praticamente
vissuto insieme, tu e Matthieu Baumel.
«Certo, sì. Matthieu ha fatto un vero, grande lavoro, e l’intero Team ha lavorato molto. Sai, ogni
volta che si vince, non è mai merito di una sola
persona, ma questo accade perché si lavora
bene tutti insieme, e tutti nella stessa direzione.
È sempre così che si vincono le corse, e le sfide
della vita.»
Come avete visto le nuove Peugeot finalmente
in un confronto diretto in Gara?
«Bene. Le abbiamo viste bene. In Marocco il Rally
si corre nel deserto aperto, i buggy sono in parte
favoriti e le Peugeot si sono comportate molto
OiLibya Rally del Marocco possiamo dire di aver
vinto “quasi” tutto. Abbiamo vinto la Dakar, e
adesso la Coppa del Mondo Rally Raid, e quasi
tutte le competizioni a cui abbiamo preso parte.
Siamo felici e direi che per me e per Matthieu è
stata una grande stagione.»
Come è possibile che una Persona sia il Campione della Dakar, del Campionato del Mondo,
del WRC, nello shooting, praticamente in tutto
quello che fa?
«Veramente non lo so, ma probabilmente questo
dipende dal fatto che lavoriamo molto duramente per ogni competizione e per ogni evento a cui
partecipiamo, per ogni Titolo a cui puntiamo.
Probabilmente è perché possiamo contare su un
grandissimo supporto di molta gente e di molti
appassionati, e per esempio sul vostro. Il supporto di tutti contribuisce a costruire dei grandi
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bene. Credo, però, che abbiano bisogno ancora
di un po’ di tempo per costruire la Macchina ideale.
È comunque un bene vedere in azione Carlos
Sainz, Sébastien Loeb, lo stesso Mikko Hirvonen.
È bello vedere facce nuove nel Campionato e alla
Dakar. Senz’altro il tutto più interessante. Ed è
stato bello vedere in Marocco tutti i Team più importanti: le Mini, le Toyota, le Peugeot.»
Sei preoccupato di questa nuova, nutrita e agguerrita concorrenza al tuo Titolo di campione
in carica della Dakar?
«No, no. So quello che faccio. Potrei essere preoccupato solo se penso che può sempre succedere qualcosa di sbagliato. Ma non temo il confronto con gli altri Piloti, anche se so che sono
bravissimi. Sento di avere tutta la forza per farlo
al meglio dentro il mio cuore.»
Per la prossima Dakar, dunque, siete pronti?
«Adesso siamo pronti per la prossima Dakar!»
momenti che viviamo tutti insieme, perché quello che faccio non è solo per me ma per tutti gli
appassionati!»
Anche per noi è più facile lavorare con te e con
Matthieu, perché si “lavora” sempre sui massimi risultati. Come quest’anno…
«Beh, quest’anno abbiamo corso in tre diversi
Campionati, più la Dakar. Adesso abbiamo vinto
la Dakar, la Coppa del Mondo, ci manca un punto
per vincere il Meddle East Rally Championship e
raggiungere quota 11 Titoli, e con un buon risultato in Spagna possiamo vincere anche il WRC2.
Sì, è proprio un buon anno.»
Non vi viene mai a noia, non diventa una noiosa
abitudine vincere tutto?
«No, no, no. Forse si può essere un po’ stanchi,
ok, le corse che facciamo sono dure e faticose,
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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