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Numero 216
13 Ottobre 2015
97 Pagine
MotoGP Giappone
Pedrosa vince, poi
Rossi. Lorenzo: “Sono il
più sfortunato” Articoli,
commenti e pagelle
Periodico elettronico di informazione motociclistica
Novità
Kawasaki ZX-10R
Ninja 2016
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Prova
Husqvarna Cross 2016
Una gamma rinnovata
dalla testa ai piedi un
nuovo design
| PROVA NAKED |
APRILIA TUONO V4
1100 RR / FACTORY
da Pag. 2 a Pag. 13
All’Interno
NEWS: Honda CBR500R 2016 | Yamaha WR250 e WR450F 2016 | Honda CB 1300 e 400 Super Bol d’Or | Mercato a
settembre | N. Cereghini Cadere da fermo | MOTOGP: Storie di MotoGP Motegi raccontato da Locatelli
Aprilia Tuono V4 1100
PREGI
Guidabilità e prestazioni
DIFETTI
Prezzo
Prezzi da 15.350 €
PROVA NAKED
APRILIA TUONO
V4 1100 RR / V4
1100 FACTORY
Più potente, più comoda e ancora più efficace
nella guida, la nuova Tuono V4 1100, nelle due
versioni RR e Factory, conferma di essere la
numero uno tra le nude sportive.
Prezzi da 15.350 euro
di Francesco Paolillo
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
Prove
Media
A
d istanza di circa un anno
dalla nostra comparativa effettuata con due dirette rivali, la BMW S 1000 R e la KTM
1290 Super Duke R, Aprilia
cala l’asso e non soddisfatta
del risultato, che aveva visto prevalere in maniera netta la naked di Noale soprattutto dal punto di vista dinamico e nell’uso sportivo, mette a
listino la versione 1100. Niente stravolgimenti,
almeno apparentemente, pochi ritocchi estetici mirati, ma tante sono le novità che la Tuono
V4 1100 nasconde sottopelle. L’obiettivo era di
rendere più fruibile e confortevole la superbike in abiti succinti, e quindi di rendere la guida
più piacevole e comoda anche quando al posto
del coltello tra i denti, si mastica un chewingum. Infatti, la versione da un litro di cilindrata
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peccava sotto questi punti di vista, e cedeva
alla concorrenza qualche punto nella classifica
virtuale. Con l’aumento della cilindrata a millecento, e le modifiche al motore V4, la Tuono si
riconferma la regina nella guida sportiva, e non
solo nell’esclusivo allestimento Factory, ma vede
anche un netto miglioramento nell’uso su strada
quando si guida in maniera più rilassata.
Vista da fuori
Uno degli aspetti che ha convinto meno della
Tuono, sin dal suo esordio, è stato l’estetica, per
la precisione quel cupolino, che vedeva prevalere
la razionalità dell’aerodinamica, a sfavore dell’aspetto puramente estetico. La “1100” si regala
allora un nuovo cupolino, forse meno funzionale in galleria del vento (il precedente era votato
maggiormente alla ricerca di deportanza alle alte
velocità), ma certamente più appagante per gli
occhi e protettivo per il busto del pilota. Oltre che
più compatto e rastremato, è anche più leggero,
infatti, a dispetto del fatto che i fari diventano
tre, con la luce di posizione a LED, la bilancia fa
registrare un -1.500 gr. A guadagnarci è soprattutto la vista laterale, che è alleggerita, mentre il
taglio del codino è figlio della RSV4, sulla versione “Factory”, che mette a disposizione dell’eventuale (e meglio se alquanto remoto) passeggero,
uno strapuntino imbottito delle dimensioni di
poco superiori a un francobollo. Meglio va sulla
versione doppia Erre, che mette a disposizione
qualche centimetro quadrato in più e due appigli per il coraggioso di turno. In definitiva però è
meglio stendere un velo pietoso sull’utilizzo in
coppia di queste due magnifiche sportive, e poi le
pedane passeggero sono così facili da smontare!
La situazione invece migliora per quel che riguarda il pilota. La nuova sella, realizzata con un nuovo procedimento per quanto concerne lo schiumato dell’imbottitura, e con un profilo rivisto, è
montata 15 mm più in basso, mentre il manubrio
è più stretto e chiuso rispetto al precedente modello. Due le colorazioni disponibili per la “RR”,
grigio “Portimao”, e blu “Donington”, mentre la
“Factory” è disponibile nella sola livrea “Superpole”. I prezzi delle due versioni sono rispettivamente di 15.350 euro per la “RR”, che quindi è
più a buon mercato della vecchia 1000 di circa
600 euro, e 17.450 f.c.per la versione “Factory”.
Motore
Il V4 di 65° ha visto incrementare la cilindrata
fino a 1.077 cc, grazie all’introduzione di nuovi
cilindri, e di conseguenza di nuovi pistoni (da 81
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
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piccoli interventi che però ne modificano in
parte il comportamento dinamico. La ricerca di
una maggiore agilità senza compromettere le
doti di stabilità sul veloce, magari in circuito, ha
visto il variare di alcune quote ciclistiche come
l’angolo di sterzo, passato dai precedenti 25,1°
a 24,7°, con l’avancorsa che scende da 107,4
a 99,7 mm, e il forcellone in alluminio che si allunga di 6 mm. Anche le sospensioni sono state
ritarate di conseguenza, con l’ammortizzatore
di sterzo, la forcella Sachs da 43 mm e il mono,
dotato di piggy back (serbatoio separato), anche in funzione di un maggior comfort di guida
su strada. Se poi volete metterci mano, nessun
problema, sono entrambi totalmente regolabili. La versione Factory, a fronte di un maggiore
esborso in termini monetari, e di una vocazione
ancora più sportiva, monta forcella, ammortizzatore di sterzo e mono, marchiati Öhlins e un
pneumatico posteriore da 200/55 al posto del
190 della versione “RR”, con mescola più sportiva. L’impianto frenante prevede le medesime
pinze freno per entrambe le versioni, quindi le
mm di diametro). Le bielle sono ora più leggere
(-400 gr), così come il semibasamento superiore, che grazie alla fusione in conchiglia ha guadagnato in robustezza e garantisce una migliore
ventilazione che abbassa la pressione dell’aria
all’interno dei carter motore. Anche i perni di
biella dell’albero motore hanno visto calare i loro
diametri a 36 mm, e di conseguenza anche il loro
peso, nel complesso il V4 ha visto calare di 1.500
gr il peso totale. Chi invece sale sono potenza e
soprattutto coppia erogate. La prima cresce di
5 cv e raggiunge i 175 cv (129 kW) a 11.000 giri,
mentre la seconda tocca un picco di 120 Nm a
9.000 giri, ma tanto per rendere l’idea, a 8.000
giri ci sono ben 20 cv in più rispetto a prima! Valori peraltro abbastanza allineati a quello che abbiamo riscontrato sul nostro banco prova, che ci
ha restituito 165,6 cavalli all’albero a 10.250 giri,
che riportati alla ruota corrispondono a 151,9
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Prove
efficacissime Brembo monoblocco M432, che
lavorano su dischi da 320 mm, ma le flange della
Factory sono in alluminio. Non poteva mancare
l’ABS, per l’occasione un Bosch 9MP, regolabile su tre mappe differenti, dotato di RLM (Rear
wheel Lift-up Mitigation) e totalmente escludibile
all’occorrenza. Il “Livello 1“ è dedicato alla pista
e prevede la disattivazione dell’RLM, mentre il
“Livello 2” è specifico per l’uso sportivo su strada. Il terzo è dedicato ai fondi a bassa aderenza.
La dotazione elettronica delle sportive Aprilia
ha fatto scuola, e forse ancora la fa soprattutto
per la funzionalità dei sistemi adottati, e la top di
gamma di Noale è quindi “apparecchiata” a dovere! Iniziamo con il conosciuto aTC, il controllo
di trazione regolabile su 8 livelli (selezione effettuabile in corsa e senza la necessità di chiudere il
gas), per passare poi all’aWC, il controllo dell’impennata (anch’esso regolabile su tre differenti
livelli) e finiamo con l’aLC, il sistema di launch
control, che permette di ottenere il massimo
delle prestazioni in fase di accelerazione. Come
la sorella agghindata con abito lungo, la RSV4,
sanissimi e scalpitanti puledrini. La coppia si
attesta a 12,4 kgm a 8990 giri. Invariate alcune
peculiarità del propulsore, come il cambio a sei
rapporti totalmente estraibile, il contralbero per
le vibrazioni e la catena della distribuzione che
muove un solo albero a camme, quello di aspirazione, rimandando il moto del secondo (per ogni
cilindro …), a un singolo ingranaggio. Quest’ultima caratteristica permette di avere le teste del 4
cilindri, particolarmente compatte e rastremate,
con indubbi vantaggi per la definizione della ciclistica e in particolar modo del telaio. Ciclistica ed
Elettronica
Ci ha abituato bene Aprilia, con i suoi telai e le
sue ciclistiche sempre al top, per prestazioni e
piacere di guida, e la casa di Noale non si smentisce neanche questa volta. La Tuono V4 RR
e la sorella Factory ricevono cure di bellezza,
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la Tuono 1100 è dotata di aQS, il quick shift, che
permette cambiate rapidissime senza la necessità di chiudere il gas.
Accessori
Se non vi potete accontentare delle dotazioni di
serie delle Tuono RR e Factory, sappiate che nel
catalogo degli optional a pagamento, c’è di che
dissanguare il portafogli. Si può iniziare con una
coppia di cerchi forgiati, per arrivare agli scarichi Akrapovič in titanio (omologati e non), per poi
passare alla componentistica in fibra di carbonio
ed ergal. Il tutto in ottica racing, gli unici accessori dedicati all’utilizzo quotidiano sono, infatti, il
copri serbatoio e la relativa borsa!
Come vanno
Premettiamo che le differenze di guida tra le
due versioni della Tuono 1100 sono minime, almeno finché ci si muove su strada. Altro paio di
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
maniche se le si mette a confronto in pista, cosa
che abbiamo fatto e che leggerete più avanti.
Quindi che siate in sella alla “RR” o che abbiate
la fortuna di poggiare le terga sulla appariscente
Factory, le sensazioni sono molto simili, e decisamente positive. Le modifiche apportate alla
ciclistica e soprattutto alla posizione di guida
rendono la Tuono V4 1100 più godibile su strada, l’assetto meno estremo delle sospensioni
permette un maggiore confort e garantiscono un
assorbimento delle sconnessioni dell’asfalto certamente superiore al precedente modello, senza
nulla togliere alla precisione di guida e al gran divertimento che questa moto riesce a regalare a
chi gli sta in sella… naturalmente quella anteriore! La Tuono è rapida, precisa, con un avantreno
che sembra solcare l’asfalto millimetricamente,
almeno fino a quando non si ruota senza tanti
convenevoli la manopola del gas. Allora succede
che l’elettronica debba mettere il bavaglio al V4,
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un bavaglio di morbida seta, però, perché tutto
avviene in maniera armoniosa senza strappi e
scuotimenti. La ruota anteriore sembra galleggiare per qualche istante, mentre il pneumatico
posteriore si aggrappa letteralmente all’asfalto,
sottolineando la grande motricità offerta dalla
ciclistica. L’erogazione sembra più fluida della
precedente mille, ma ciò che colpisce è soprattutto la coppia erogata ora dal 4 cilindri veneto.
Strabordante e sempre presente a ogni singolo
richiamo della manopola del gas, il V4 ti gasa e ti
eccita con il sound di scarico. Il cambio elettroassistito rende ancora più complicata la situazione:
inserire i rapporti uno via l’altro è una goduria, e
quindi andare piano e godersi la strada in sella
alla Tuono 1100 richiede grande forza di volontà,
altrimenti le velocità salgono in maniera esponenziale. Poi si butta un occhio alla strumentazione, ed ecco che ci si ritrova a tornare sui
propri passi, e a desiderare una pista per vedere
Prove
quello che sa fare e che può fare questa magnifica moto. E in pista ci siamo andati con entrambe, “RR” e Factory, all’A1 Ring, meglio noto con il
“vecchio” nome di Zeltweg, in Austria. Un breve
assaggio della pista sulla Errerre, per poi fare l’amore con la “Factory”. E parliamo di sesso estremo! Andare forte e divertirsi con la Tuono V4
1100 RR è per molti, sfruttarne appieno le potenzialità è per pochi. 175 cv sono tanti, soprattutto
parlando di una naked, e se poi li mettiamo su
una moto capace di sfruttarli tutti quanti, beh il
pilota ha il suo bel daffare. Le prestazioni del V4,
con un tiro ai medi regimi e un allungo portentosi, la ciclistica precisa e stabile e l’elettronica
che oltre a garantire margini di sicurezza elevati
consente di ottenere il massimo delle prestazioni, rende la Tuono 1100 un brutto cliente anche
in pista. La precisione e la guidabilità eccellenti
della “RR” sono esaltate sulla versione Factory,
che si dimostra ancor più affilata e reattiva, e che
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Casco X-Lite / AGV
Tuta IXON / Spidi
Guanti IXON / Spidi
Stivali Alpinestars /TCX
SCHEDA TECNICA
se ben guidata è capace di far vedere il fanale posteriore e la targa a moto ben più pistaiole e di
pari cilindrata. Esaltante in uscita di curva, con
il V4 che è capace di riprendere vigorosamente
sin dai 3/ 4.000 giri, il cambio che non sbaglia
un innesto anche senza la necessità, di chiudere il gas, la Tuono 1100 rimane sempre stabile e
sicura, e si dimostra un fulmine nei cambi di direzione durante i quali l’avantreno si alleggerisce
senza scomporre più di tanto l’assetto. In sintesi,
Aprilia ha cercato di rendere più gestibile la sua
superbike in minigonna, e a nostro modo di vedere ci è riuscita. Certo, se siete alla ricerca di
una moto comoda e con cui si possa fare anche
qualche itinerario più lungo del giretto domenicale con gli amici è meglio spostare lo sguardo
su altre moto. Se invece siete drogati di adrenalina, e il piacere di guida e le prestazioni, in pista e
fuori sono il vostro unico credo, beh qui c’è di che
fare indigestione. Certo il prezzo è impegnativo,
soprattutto per la “Factory”, ma se consideriamo un fantomatico rapporto prezzo-prestazioni,
verrebbe da dire che le due Tuono 1100 sono
quasi a buon mercato! L’elettronica in dotazione alla Tuono ci ha convinto sin dal suo esordio,
certo è che l’evoluzione di questi anni ha portato
il “pacchetto” aPRC a raggiungere un equilibrio
eccellente. Equilibrio che si apprezza anche su
strada, con un controllo di trazione che lavora in
silenzio e senza fare rumore, un ABS che aiuta
nelle situazioni impreviste, e un cambio elettronico che regola la velocità d’intervento in base
all’utilizzo che si sta facendo della moto. Equilibrio che rende la Tuono 1100 incredibilmente
performante, ma anche estremamente sicura.
In pista, invece, questa caratteristica garantisce
prestazioni davvero esaltanti e inarrivabili per
l’attuale concorrenza, che faticava a stare dietro
alla “Mille”, figuriamoci a questa “1100”.
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ABBIGLIAMENTO
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Prove
Aprilia Tuono V4 1100 Factory 17.450 euro
Cilindrata 1.077 cc
Tempi 4
Cilindri 4
Raffreddamento a liquido
Avviamento elettrico
Alimentazione iniezione
Frizione multidisco
Potenza 175 cv - 129 kw - 11.000 rpm
Coppia 12 kgm - 120 nm - 9.000 rpm
Emissioni Euro 3
Capacità serbatoio carburante 18,5 lt
ABS Sì
Pneumatico anteriore 120/70 ZR 17”
Pneumatico posteriore 200/55 ZR 17”
Peso a secco 184 Kg
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Husqvarna Cross 2016
PREGI
Posizione in sella e erogazione
DIFETTI
Setting forcella
PROVA CROSS
HUSQVARNA
CROSS 2016
Husqvarna, forte dei risultati raggiunti propone per il
2016 una gamma rinnovata dalla testa i piedi ed un
nuovo design che la rende ancora più bella ed
aggressiva
di Aimone Dal Pozzo
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Media
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S
iamo negli Stati Uniti d’America per la presentazione
mondiale della nuova gamma
cross marchiata Husqvarna,
precisamente a Washington
DC, capitale americana della
forza e del potere, come anche la seconda casa
del marchio svedese, grazie allo storico impegno
di Torsten Hallman negli anni ‘60 che, di fatto, ha
sdoganato il mondo delle competizioni fuoristrada nel paese americano, correndo e vincendo
con le prime Husky da cross. Paolo Carrubba,
Head of Media and PR del marchio, ci presenta
le nuove MY 16 come non le abbiamo mai viste
e precisa che «nonostante abbiamo un secolo
di storia e d’informazioni tecniche sulla quale
basarci e prendere spunto per migliorare, non
è un fatto semplice ne scontato, proporre sul
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forma che di materiale (ora è in fibra di carbonio) e diminuisce di oltre un chilo il peso. Varia di
conseguenza la dimensione della cassa filtro che
ora permette alla moto di respirare in modo più
libero ed efficace, ottimizzando cosi l’erogazione
della potenza. Cambia il forcellone, che ottiene
nuovi punti di lavorazione per ottimizzare anche
in questo caso il peso, ma rimane ugualmente rigido. Le piastre di sterzo ricevono i silent-block
e si abbinano alla forcella WP di tecnologia 4CS
che viene interamente rivista idraulicamente per
accogliere e soddisfare le esigenze del nuovo telaio. Nella parte posteriore cambia il monoamortizzatore che viene alleggerito di 500 grammi ed
accorciato per avere più carico sul retrotreno.
Unito alla nuova geometria del leveraggio migliora sia l’assorbimento degli urti che il bilanciamento generale del mezzo, a garanzia di una
Prove
trazione ed un controllo ottimali su ogni terreno.
Ergonomia e impostazione
di guida
Cambia completamente l’aspetto estetico: le
nuove Husky ricevono nuove sovrastrutture
studiate specificatamente per la massima ergonomia per il pilota. Queste, oltre a rinnovare
visivamente la linea della gamma 2016, offrono
punti di contatto con il pilota studiati nei minimi
particolari. A partire dalle pedane, per le quali ci
sono voluti mesi di lavoro per trovare un nuovo
sistema antibloccaggio: ora consentono di avere
una base solida di appoggio anche nel fango più
estremo, in quanto non si bloccano mai chiuse.
Le fiancatine ora si slanciano per diventare un
tutt’uno con le tabelle portanumero e, sebbene particolarmente vistose dal punto di vista
mercato di oggi un prodotto integralmente nuovo ed innovativo».
Il telaio
Le aree principali sulla quale si è concentrata
Husqvarna per la nuova gamma 2016 sono riduzione del peso, ergonomia e naturalmente erogazione e potenza del motore. Alexander Rauscher, responsabile del nuovo telaio ci spiega
che «Abbiamo iniziato dalla base con l’obiettivo
di ottenere maggiore stabilità nel massimo rispetto dell’agilità e con particolare attenzione ai
valori del peso.” I nuovi tubi del telaio rimangono
in acciaio al cromo mobildeno, ma ora sono idroformati e saldati da robot, ottenendo cosi maggiore flessibilità orizzontale ed allo stesso tempo
un +20% di resistenza longitudinale. Il telaietto
posteriore viene interamente rivisto sia nella
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Prove
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estetico, permettono al pilota di avere una superficie da stringere molto ampia e priva di
qualsiasi sporgenza, l’ideale per i rapidi ed ampi
movimenti che si fanno ora in sella. Nel nuovo
design è evidente lo zampino di Kiska, che ha
dato alla nuova gamma una linea molto più filante e tagliente, pur mantenendo degli elementi di
equilibrio tra il nuovo, altamente moderno, ed il
precedente, molto più curvilineo. I parasteli ad
esempio mantengono una linea molto classica
che viene richiamata dalla fusione di linee rette
e linee curve che troviamo negli stampi dei parafanghi e paramani. Sempre su consiglio di Kiska
è stata rivista la colorazione, ora blu perla unita
a bianco e giallo elettrico per segnare anch’essa una nuova era nel design di chiara ispirazione
svedese.
una significativa riduzione di peso ed ingombri.
La FC 450 è ora più leggera di 5,2 kg mentre la
FC 350 ha perso 4,7 kg rispetto al MY15. La FC
250 è stata alleggerita di 4,0 kg. Anche la ottavo
di litro ha un motore sensibilmente più piccolo
e leggero. Riprogettato e riconfigurato, con una
nuova valvola allo scarico e una nuova espansione, ha una potenza che cresce da 38 a 40 CV.
La TC 125 2016 è di 3,2 kg più leggera rispetto
al modello precedente. Elemento essenziale
della trasformazione è il nuovo posizionamento
della frizione e dell’albero motore che sono stati
alzati ed arretrati al fine di ottimizzare la centralizzazione delle masse e diminuire le vibrazioni. Questo ha ridotto ulteriormente anche gli
ingombri laterali che ora sono stati ridotti di 23
mm grazie a coperchi più piccoli ed una scatola
cambio ridotta. Non solo, ma l’allontanamento
della frizione dall’olio in fondo al carter, ha ridotto in maniera importante l’attrito ed ha reso più
Componentistica di pregio
Qui troviamo diversi elementi di novità. A partire
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dal comando frizione che ora diventa, per tutta
la gamma, di fornitura tedesca Magura (solo la
TC 250 resta Brembo) ci sono numerosi altri dettagli che fanno la differenza. Nuovi dischi freno
GSK, manubrio Pro Taper, nuovi radiatori WP, un
serbatoio in polietilene da 7 litri ridisegnato, così
come il coperchio della scatola filtro, che garantisce accesso senza l’uso di attrezzi. Degni di nota
anche i cerchi marchiati DID in lega anodizzati
neri, i mozzi lavorati dal pieno e gli pneumatici
Dunlop MX52, tutti particolari che confermano lo
standard elevato del pacchetto Husqvarna.
Erogazione e potenza
Le termiche delle FC 450, FC 350 e FC 250 così
come la TC 125 sono state completamente riconfigurate per ottimizzare la centralizzazione
delle masse oltre che per ottenere maggiore
potenza e arco d’utilizzo. Il grosso lavoro fatto
dagli ingegneri ha permesso di ottenere anche
armonioso il lavoro tra i vari meccanismi del motore. Allo stesso tempo, avendo messo mano a
tutta la componentistica, i tecnici hanno ottimizzato ogni singolo carter ed ingranaggio, togliendo 200/300 grammi dalla maggior parte dei
componenti. Grande attenzione merita il nuovo
impianto di scarico dei quattro tempi, che si sviluppa maggiormente nella sezione avantubo con
un risuonatore che permette di adottare un silenziatore molto più corto e piccolo, soprattutto
più vicino al baricentro della moto.
Gestione Elettronica
Avanza in maniera sempre più preponderante
l’utilizzo dell’elettronica per la gestione del motore, tanto che su tutti i modelli 4T troviamo un
pacchetto davvero completo: selettore mappe
al manubrio, dispositivo di partenza, sensore di
posizione marcia, ed avviamento elettrico con
nuova batteria Samsung sono tutti integrati in
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maniera efficace. La nuova centralina Keihin
elabora i dati più velocemente, mentre il corpo
farfallato da 44 mm – compatto e più leggero di
100 grammi – fornisce una risposta immediata
al comando del gas grazie all’eliminazione del leveraggio della farfalla. Nuovo per i modelli 2016
è il launch control elettronico, integrato nel selettore mappe al manubrio. Grazie alla possibilità di
cambiare l’erogazione del motore, il launch control permette di ottenere la massima trazione
anche in fase di partenza.
solidità cosi come le nuove manopole con fissaggio a vite. Ma è in azione che si apprezzano le
nuove doti delle Husky 2016: le nuove geometrie
infatti, unitamente ad un setup sospensioni più
incline alle velocità americane, rendono le nuove
Husky ancora più precise e prevedibili, aspetto
che prediligiamo nell’uso di una moto da fuoristrada. La forcella 4CS è stata ottimizzata nel
funzionamento e, sebbene nel primo tratto di
corsa risulta ancora un po’ indecisa, si conferma
più efficace alle alte velocità.
Come vanno
Le quattro tempi
6 mm più alto ed ora vanta una biella 6 mm più
corta. L’ingombro del motore è stato diminuito
di conseguenza ed è infatti più corto di ben 20
mm, si avvicinano quindi in maniera sostanziale le masse al baricentro della moto. Il cilindro è
più corto ed il postone forgiato è 100 gr più leggero. La frizione è sempre di tipologia CSS, ma
viene rimpicciolita in quanto ora ha solo 7 dischi
. Il cambio è rimasto a 5 velocità ma è stato implementato di un sensore elettronico che dona
la giusta potenza e mappatura ad ogni marcia.
Risultato che le nuove Husky 250 e 350 hanno
guadagnato potenza su tutta la curva di utilizzo,
ma in particolar modo sulla parte iniziale di erogazione. Le potenze massime arrivano ormai a
numeri da far girar la testa se si pensa che sono
state contemporaneamente diminuite le masse,
arrivando a quasi 5 kg di risparmio in termini di
peso. La performance di questi modelli erano già
ai massimi livelli e le implementazioni introdotte
per i modelli 2016 hanno portato ulteriore feeling
Sali sulle 2016 ed entri decisamente in una nuova dimensione. Le nuove sovrastrutture, che ferme sul cavalletto sembrano fin quasi ingombranti, sono estremamente snelle e soprattutto prive
di ogni sporgenza scomoda. Il manubrio lo puoi
regolare come vuoi (4 posizioni) e la sella piatta
e slanciata premette movimenti ampi e rapidi.
Le nuove pedane sono più larghe e trasmettono
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TC 250 e 350: il disegno di base non è stato
stravolto in quanto già lo scorso motore andava
molto bene, ma è stato modificato nelle dimensioni per andare incontro alle nuove esigenze
telaistiche. Vengono confermati quindi i motori
DOHC (Double Over Head Cam) ovvero il bialbero, ed entrambe le cilindrate derivano dalla stessa base. L’albero motore è stato riposizionato
e stabilità. Dal punto di vista ciclistico, le nuove geometrie e bilanciamenti portano ad avere
un assetto sempre molto neutro, in gradi di far
superare gli ostacoli più grandi ed impegnativi
senza farti strani scherzi. Dall’inserimento nel
canale ai grandi panettoni della pista di Budds
Creek, abbiamo sempre avuto fiducia della moto
e questo, soprattutto alle alte velocità permette di guidare tranquilli. L’anteriore rimane alto
e galleggia sulle buche anche se a volte tende
a calare un po’, ma sopperisce egregiamente il
mono che non scalcia mai. I motori sono sempre
pieni e pronti a spingere e anche la 250, che storicamente è meno corposa ai bassi, ora produce
un’ottima coppia anche nella spinta inziale, tanto
da non rimpiangere eccessivamente quella del
350. Quest’ ultimo infatti, perde un po’ in termini
di guidabilità in quanto senti che ha un “motore
più pesante”, di contro non offre la coppia del
450 e rimane di conseguenza schiacciato tra le
cilindrate vicine.
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FC 450: vanta sempre il motore SOHC (Single
Over Head Cam) di generazione differente rispetto alle sorelle minori. Vantaggio essenziale
di questa scelta motoristica è quello di tenere le
masse in basso e vicino al baricentro, privilegiando la coppia e la potenza che arriva alla bellezza di 63 cavalli. Tale potenza ha reso necessari
diversi interventi in termini di affidabilità e bilanciamento ed infatti l’albero motore viene modificato con un’aggiunta di +10% di inerzia per
avere maggiore progressività nell’erogazione,
cambia totalmente la testa nei disegni dell’aspirazione e dello scarico, mentre rimane la frizione con tecnologia DDS con nuovo azionamento
idraulico Magura. Come sugli altri modelli viene
spostato l’albero motore e le nuove dimensioni,
oltre che una riduzione degli ingombri, consentono una diminuzione di oltre 5 kg di peso. Il nuovo
cosi piccolo e già leggero, sono davvero tanti. Il
nuovo cilindro viene dotato di un’innovativa valvola sullo scarico che ne ottimizza l’erogazione a
metà e la nuova trasmissione e cambio a 6 marce, permettono una riduzione di peso di ulteriori
200 gr. La 125 era già agile e leggera ed ora che è
ancora più potente diventa un mezzo davvero divertente da guidare, anche per i meno esperti. La
2015 andava fatta cantare e bisognava saper tirare bene il cordino, questa invece, grazie ad una
coppia decisamente più corposa diventa facile e
progressiva anche per i meno aggressivi.
TC 250: Unica della gamma a rimanere uguale
alla configurazione 2015, ottiene ad ogni modo
piccoli aggiornamenti di dettaglio, come il pulsante di cambio mappa al manubrio e la possibilità di montare il kit di cilindrata 300 cc come
componente aftermarket. Nel terreno che
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bilanciamento di questo propulsore, benché decisamente più potente, lo porta ad essere molto
più libero e leggero, tanto da influire positivamente sulla sensazione di guida, in particolar
modo nei cambi di direzione, nei salti e negli inserimenti in curva. Il risultato è che pur avendo
cavalli da vendere, la nuova 450 diventa molto
più accessibile e facile da gestire, tanto da non
dover essere necessariamente degli atleti per
poterla utilizzare.
Le due tempi
TC 125: La piccola della gamma riceve un upgrade decisamente d’impatto. Il motore è stato
completamente rinnovato ed i punti focali sono
lo spostamento dell’albero motore di quasi 4 cm
e della frizione di 3 cm, con una riduzione di peso
generale di un chilo e mezzo che per un motore
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Prove
“legava” della pista americana, la trazione in
uscita di curva si è dimostrata di ottimo livello,
unita ad una maggiore agilità e leggerezza nei
cambi direzione rispetto alle sorelle a quattro
tempi, segno che il due tempi è ancora un gran
mezzo da divertimento. Per i piloti più giovani
della famiglia Husqvarna, la TC 85 è il mezzo ideale per iniziare con il motocross grazie alla sua
potenza e agilità. Grazie ai nuovi colori e grafiche
è la moto perfetta per i campioni di domani. La
piccola 85 rimane fedele all’impostazione classica degli anni precedenti con telaietto in alluminio e PDS, ma viene implementata la frizione
idraulica e vengono riviste le impostazioni delle
sospensioni WP. Husqvarna festeggia la sua rinascita portando sul mercato una gamma di prodotti altamente innovativa e di grande contenuto
tecnico che sicuramente non farà altro che alimentare ulteriormente il grande successo nelle
vendite.
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25
KAWASAKI
ZX-10R NINJA
2016
Ecco la nuova Kawasaki Ninja ZX-10R 2016. Tutte le
foto, i dati tecnici e le informazioni sulla nuova
supersportiva di Akashi presentata a Barcellona
e che arriverà entro la fine dell’anno
di Maurizio Gissi
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ed H2R. Una serie di miglioramenti - che vedremo nel dettaglio sotto - tali da rendere la ZX-10R
2016 molto più veloce nell’uso in pista rispetto
al modello che va a sostituire: si è parlato di un
vantaggio di circa 2,7” a favore della moto nuova
rilevato (con i tester ufficiali alla guida) durante un test comparativo. La platea scelta per la
presentazione davanti alla stampa specializzata
mondiale è quella del Teatro Nazionale di Catalunya, a Barcellona. A svelare la nuova Ninja ci
sono il neo campione del mondo Jonathan Rea e
il suo compagno di squadra Tom Sykes, confermati per il mondiale 2016 sulla nuova e ancor più
competitiva 10R, oltre ai progettisti e ai responsabili del team superbike che hanno contribuito
allo sviluppo di questa nuova versione. La nuova ZX-10R si mostra con una linea totalmente
E
ccola qui! Dopo il teaser di qualche
settimana fa, in cui Kawasaki ha iniziato a svelarci i primi tratti somatici del
cupolino della ZX-10R Ninja 2016 - con
la quale rinnova a distanza di quattro anni la sua
ammiraglia supersportiva, e aggiorna la base per
la Superbike con cui Jonathan Rea difenderà il
titolo iridato il prossimo anno - ecco finalmente
la presentazione statica della nuova “verdona”.
L’ultima edizione della ZX-10R risale al 2011, eppure la mille Kawasaki non ha patito in queste
cinque stagioni un complesso d’inferiorità nei
confronti delle supersportive più recenti. Tanto
da aver dominato quest’anno il mondiale Superbike con Jonathan Rea e Tom Sykes, il massimo
campionato per le derivate di serie che peraltro
la Ninja ha conquistato anche due anni fa, mentre nel 2012 e 2014 si è piazzata al secondo posto. Il debutto della nuova edizione della ZX-10R
28
News
rinnovata, più aggressiva se possibile. L’impressione è quella di una moto più raccolta nelle
dimensioni, maggiormente curata nella forma
aerodinamica ma sempre con i tipici tratti che
hanno reso famosa la Ninja più sportiva dell’intera famiglia. Il cupolino è addirittura più largo,
ma questo ha permesso una superiore efficienza
aerodinamica, mentre è più snella la coda che ha
un nuovo gruppo ottico a led più compatto. Le
novità tecniche sono molte e importanti, nonstante la base meccanica e quella ciclistica siano sostanzialmente immutate. Il quattro cilindri
in linea ha l’alimentazione a doppio iniettore, tre
mappe motore, il cambio a sei marce estraibile
e soprattutto una nuova gestione elettronica più
evoluta grazie all’introduzione della piattaforma inerziale a sei gradi di libertà (sono misurati
Media
(il primo modello risale al 2004) arriva quindi
con la spinta del mondiale appena vinto e con
il primato nella potenza per una mille a quattro
cilindri ottenuto dalla H2 sovralimentata. Non
abbiamo citato la Superbike a caso, perché il
modello 2016 della Kawasaki ZX-10R Ninja mutua molto dall’esperienza maturata nel mondiale
riservato alle derivate di serie. Il telaio e diverse
soluzioni ciclistiche derivano infatti strettamente
dalla moto schierata dal team ufficiale Motocard,
con geometrie e rigidità riviste. Non mancano
una nuova evoluta forcella pressurizzata e un impianto frenante Brembo con pinze monoblocco
che sostituisce il precedente Tokico con dischi
a margherita. Anche il pacchetto elettronico è
stato rivisto: già completo sulla precedente ZX10R in termini di funzionalità si è evoluto nella
sostanza, ricevendo componenti hardware e
software sviluppate nell’esperienza fatta su H2
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l’accelerazione lungo gli assi longitudinale, trasversale e verticale, il tasso di rollio e il tasso di
passo. Il tasso d’imbardata viene invece calcolato utilizzando il software Kawasaki), in luogo dei
semplici sensori ruota. Sono state riviste termodinamica, diagrammi di distribuzione e alzata
delle sedici valvole. L’albero motore, sempre a
fasatura regolare, ha inerzia diminuita del 20%,
questo per avere maggiore accelerazione (un
espediente già utilizzato sulla SBK). Non cambiano invece le misure caratteristiche di 76x55
mm, con una corsa piuttosto lunga anche se non
come quella del Suzuki GSX-R. Affinamento anche per il disegno e nel trattamento dei pistoni
forgiati che hanno mantello di altezza ridotta e
peso sceso di 5 grammi. L’alimentazione a doppio iniettore con corpi farfallati di sezione ellittica
è stata affinata con le nuove valvole a comando
elettronico ed è incrementato del 25% il volme dell’air-box. Alleggerimento per la frizione
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antisaltellamento, c’è il quickshifter di serie, che
funziona anche in scalata montando il kit racing.
La potenza massima è sempre di 200 cavalli a
13.000 giri ( ma va detto che questo motore è
fra i primi a rientrare nella normativa Euro 4, il
che penalizza le prestazioni) e la coppia massima è di poco aumentata raggiungendo i 113 Nm
a 11.500 giri. Ci sono undici gradi di intervento
del controllo di trazione gestite dalla nuova unità
inerziale che gestisce anche il launch control (su
tre livelli), l’anti impennata e il freno motore (due
livelli di interventi). Da rilevare anche le novità del
controllo di trazione S-KTRC di tipo ibrido predittivo/feedback regolabile su cinque livelli, del
sistema ABS KIBS Bosch ulteriormente affinato
in chiave sportiva e dell’ammortizzatore di sterzo Ohlins elettronico. Le tre mappature motore,
novità è anche l’acceleratore ride by wire, forniscono potenza piena, ridotta all’80% e al 60%. Il
kit di potenziamento previsto per le gare eleva la
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potenza di una decina di cavalli solamente con
i cambi di centraina e impianto di scarico (i collettori di serie sono già in titanio). Il kit comprende fra le altre cose le boccole per la regolazione
dell’inclinazione del cannotto di sterzo e dell’altezza del perno forcellone, la chiave elettronica
per la modifica dell’intervento dell’ABS, guarnizioni motore, cuscinetti di biella e per albero
motore di 4 differenti spessori. Prezzo e disponibilità del kti sono da confermare. Il telaio conserva il disegno a doppio trave superiore e le note
dimensioni.
E’ costruito con elementi ricavati da fusione e
stampaggio di lega d’alluminio. Le nuove quote
vedono variazioni finalizzate alla maneggevolezza dell’avantreno e alla stabilità in accelerazione. E’ stato infatti riposizionato il cannotto di
sterzo, che può anche essere regolato nella sua
inclinazione con le già citate boccole. La nuova
forcella Showa è di tipo pressurizzato ed è stata
News
sviluppata appositamente per questa moto utilizzando l’esperienza superbike, il mono posteriore è stato sviluppato sempre da Showa e ha
camere separate per compressione ed estesione. Il nuovo doppio disco da 330 mm Brembo
opera con la pompa radiale le pinze monoblocco
M50. La rigidità del forcellone (con fulcro rgolabile) è stata ottimizzata intervenendo con dei
rinforzi interni, inoltre è stato allungato di 15,8
mm. Il passo è di 1.440 mm contro i 1.425 mm
precedenti.
E’ invece salito il peso: 206 kg in ordine di marcia, 5 kg più di prima, e con ovviamente l’ABS.
Colpa soprattutto dei dispositivi necessari a far
rientrare la moto nella normativa di omologazione Euro 4. Il prezzo della nuova Ninja R non è stato comunicato, sappiamo soltanto che dovrebbe
superare quella della versione attuale (16.610
euro) considerata appunto la nuova dotazione
ciclistica e la nuova gestione elettronica.
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ma usa la moto prevalentemente su strada. Da
qui l’idea di semplificarne la dotazione tecnica
per tagliare il prezzo. Negli USA si sono evidentemente detti che rinunciare a un po’ di leghe e
materiali nobili, a qualche cavallo di potenza e a
un po’ di alleggerimento spinto, sarebbe stato
apprezzato a fronte di un risparmio economico
consistente.
La R1 S, che arriverà nelle concessionarie americane a febbraio, costerà infatti 14.990 dollari
anziché i 16.490 (18.490 euro in Italia) necessari
per portarsi a casa la R1 attuale. Per raggiungere questo obiettivo, sono state eliminate alcune
parti in magnesio, come i carterini motore e la
coppa dell’olio, le ruote forgiate (questa sarà
probabilmente la sola differenza avvertibile),
mentre bielle e collettori di scarico sono in acciaio invece che in titanio, materiale che rimane
per il compatto silenziatore. Confermato anche
il serbatoio in lamiera di alluminio. Con questi
interventi il peso è aumentato di 4 kg, arrivando
News
così a quota 203 in ordine di marcia. Una differenza tutto sommato contenuta, tenuto conto
appunto di un taglio del prezzo pari al 9%. Le
novità al motore, rimasto per il resto il famoso
cross-plane di 998 cc, hanno anche modificato
la curva di erogazione della potenza, non tanto
per la manciata di cavalli persi rispetto ai 200 cv
delle R1 nostrane quanto per l’allungo ridotto di
un migliaio di giri buoni.
E’ stato invece confermato il pacchetto elettronico della nota R1, con tanto di piattaforma inerziale a tre assi (Yamaha IMU), controllo di trazione,
launch control, anti impennata e ABS. Curiosamente non compare sulla moto la lettera “S”, ma
semplicemente la sigla R1, a distinguere visivamente questa versione sono le due colorazioni
previste: grigio opaco e bianco-nero-rosso. Non
si sa se la R1 S arriverà mai in Europa e da noi:
dalla filiale italiana di Yamaha hanno fatto sapere
di non essere interessati, al momento almeno,
alla sua importazione.
YAMAHA YZF-R1 S 2016
NUOVA VERSIONE IN ARRIVO
(MA SOLO PER GLI USA)
di Maurizio Gissi | Yamaha America ha ufficializzato l’arrivo di una nuova
versione della 1000 R1, siglata S, che va in vendita a un prezzo inferiore
rinunciando ad alcune componenti in magnesio e titanio. Qualche chilo
in più, ma 1.500 dollari in meno
E
ra nota la registrazione negli Usa della
sigla YZF-R1 S. Ora la filiale americana della Casa di Iwata dà volto e specifiche a quel modello. Si tratta infatti
di una versione meno sofisticata dalla nota R1
32
arrivata quest’anno, e proposta nelle versioni R1
e R1 M, con la seconda maggiormente evoluta
sotto il profilo della dotazione e delle prestazioni
dinamiche. La nuova versione nasce per accontentare chi non ha come obiettivo finale la pista,
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1300 e 400, dotate di semicarenatura. La serie
Bol d’Or, il cui nome è chiaramente ispirato alla
celebre 24 Ore francese, nacque a fine anni Settanta, e arrivò in Europa prima con le CB750 e
900F, seguite dalle versioni F2 semicarenate e,
nella primavera dell’83 dalla CB1100F, con un
piccolo cupolino sul faro. In quel periodo vinceva proprio la Honda, con la formidabile coppia
Leon-Chemarin, e subito dopo avrebbe fatto lo
stesso Freddie Spencer, proprio con la CB900,
a Daytona. Le moto sportive che si rifanno a quel
periodo godono di una buona fama in Giappone,
ed è lì che è iniziata la moda di realizzare delle
special su base Honda, Kawasaki e Suzuki – le
marche che partecipavano alla gare F1 dell’epoca – attingendo a quelle linee e a quegli scarichi
“quattro-in-uno”. La Honda, assieme a Kawasaki, è stata quella che ha creduto per prima in quel
News
filone, e già nel 2009 ha proposto le Super Bol
d’Or 400 e 1300. I modelli che saranno presentati a Tokyo si segnalano per la presenza di uno
scarico Mugen sulla versione di maggiore cilindrata, e di un impianto Moriwaki sulla CB 400,
che è destinata al mercato nazionale.
Le colorazioni ricorrono al nero lucido – impianto
di scarico e steli forcella compresi - con elementi
decorativi e tecnici (carterini, coperchio testata,
molle ammortizzatori e pinze freno) in vivace
rosso. Le cromature sono di fatto bandite. Non
sono stati comunicati i dati tecnici, e non si conosce quando questo concept diventerà realtà
e sarà esportato. Da parte nostra ci speriamo:
sarebbe una bella alternativa alla CB 1100 nel rispetto di una formula classica che potrebbe trovare spazio anche in veste un po’ più sportiva di
come siamo abituati ora.
HONDA CB 1300 E 400
SUPER BOL D’OR
di Maurizio Gissi | Al prossimo Tokyo Motor Show sarà Honda la
protagonista, se si considera il numero di novità inedite o i concept
che verranno mostrati. Compresa la riedizione della famosa Bol d’Or in
cilindrata 1300 e 400
I
l tradizionale appuntamento del Tokyo Motor Show, giunto alla sua 44esima edizione,
è l’occasione migliore per i costruttori giapponesi - di moto ma anche di auto - per mostrare i loro nuovi concept. Honda esporrà una
decina di novità, di alcune delle quali vi abbiamo
34
già parlato (i più interessanti sono il Neowing e
l’EV-Cub), ma all’appello mancava la riedizione
della quattro cilindri in linea Super Bol d’Or. Per
l’occasione, il concept (praticamente quasi tutti
i modelli esposti a Tokyo hanno questa denominazione) riguarda le due versioni con motore
35
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disciplina. Telaio - Dotata di un telaio in alluminio
derivato dal modello da cross, la WR250 2 tempi è equipaggiata con una ruota posteriore da 18
pollici e pneumatici Metzeler 6 Days Extreme,
forcella anteriore KYB® (aria-olio separati - AOS)
con apposita taratura e ammortizzatore KYB
Monocross con leveraggio progressivo.
Caratteristiche tecniche WR250
2016
- Motore 2 tempi 250cc raffreddato a liquido con
valvola YPVS allo scarico
- Rapporto di compressione, diagramma cilindro
e valvola YPVS ottimizzati
- Telaio in alluminio derivato dal cross YZ
News
- Cambio a 5 marce con rapportatura specifica
per enduro
- Frizione modificata
- Sistema di scarico specifico per Enduro
- Forcella KYB aria/olio separati
- Ammortizzatore KYB con leveraggio progressivo
- Pneumatici Metzeler Six Days Extreme
- Equipaggiata con dispositivi per l‘omologazione
by Moto S.p.a.
Colori - Racing blu
Disponibilità - Da novembre 2015 presso i Concessionari Ufficiali Yamaha Offroad
Prezzo - 8.190€ f.c..
NUOVA YAMAHA
WR250 2016 (2T)
Dopo la WR450 Yamaha presenta anche la sorella minore,
la quarto di litro 2 tempi per gli amanti dell’enduro
D
opo l’arrivo della Yamaha WR450F
m.y. 2016, c’è un’altra novità. Da novembre sarà infatti in vendita presso
i Concessionari Ufficiali Yamaha Offroad anche la Yamaha WR250, una due e mezzo due tempi tassellata derivata dalla YZ250X
cross-country introdotta nei mesi scorsi per il
mercato nordamericano, che è stata adeguata
per il nostro paese alle vigenti normative europee grazie all’istallazione di appositi dispositivi
realizzati da MOTO S.p.A., azienda lombarda da
anni specializzata nell’omologazione di mezzi da
36
fuoristrada. La tecnologia della nuova WR250
due tempi proviene dalla celebre YZ250 da cross,
e arricchita di tutti quegli accorgimenti necessari
che la rendono una vera Enduro Racing. Motore
- La potenza, assicura Yamaha, è stata ottimizzata appositamente per l‘Enduro, con il propulsore che ora eroga una potenza e una coppia più
lineare e controllabile: obbiettivo raggiunto grazie allo sviluppo mirato di testa, cilindro, taratura
valvola YPVS e mappatura centralina. La WR250
2 tempi ha inoltre specifici rapporti del cambio e
un sistema di scarico studiato per questo tipo di
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NUOVA YAMAHA
WR450F 2016
Arriva la nuova enduro di Iwata sulla base della YZ450F a cilindro girato,
iridata nel cross. Tante nuove soluzioni per adattarla all’uso specifico
D
opo la 250 dello scorso anno, Yamaha completa il rinnovamento
della gamma WR da enduro con la
WR450F, sorella, più che cugina, della YZ450F fresca vincitrice del titolo iridato con
Febvre nella MXGP. La tecnologia applicata dalla
Casa dei tre diapason nel cross – il gruppo termico ruotato di 180°, con alimentazione e scarico
rovesciati rispetto allo schema convenzionale –
debutta quindi sull’ammiraglia enduro Yamaha,
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portandosi naturalmente dietro tutta una serie di
soluzioni per adattare la base cross all’uso enduristico.
Il motore
La base, come quella di tutto il resto della moto,
deriva dunque dalla sorella da cross. Troviamo quindi anche qui il cilindro a testa girata,
con aspirazione frontale e scarico posteriore, soluzione che ottimizza le prestazioni del
propulsore causando però qualche grattacapo
ai tecnici per posizionarlo all’interno del telaio.
I benefici, stando a Yamaha, superano però gli
svantaggi, con una maggior centralizzazione delle masse che migliora la guidabilità globale. All’alimentazione troviamo un nuovo corpo farfallato
da 44 mm (+2mm rispetto al precedente, che si
porta naturalmente dietro un impianto d’iniezione completamente rivisto nelle caratteristiche,
con iniettore dal diversamente angolato rispetto
al condotto, e un corpo farfallato migliorato nelle
prestazioni. La pratica dell’enduro, inoltre, presenta difficoltà che impongono spesso velocità
molto più basse – quando non manovre a moto
ferma – rispetto al cross, il che ha dunque comportato una revisione dell’impianto di raffreddamento. La WR460F 2016 riceve dunque nuovi
radiatori a diversa inclinazione, dotati di griglie
specifiche e ventola di raffreddamento. Rivisto
anche il motorino d’avviamento, con novità nel
decompressore automatico e nel sistema di avviamento a freddo. Cambia anche la trasmissione, con rapportatura interna allungata (tranne
prima e quinta) e una nuova frizione, più leggera
all’azionamento e rivista sia nei dischi che nelle
piastre. Completa il quadro il Power Tuner, che
consente la modifica diretta dei parametri d’erogazione (accensione ed iniezione) e funge da
conta-ore senza la necessità di un consultare un
laptop.
News
frenante conta su un nuovo disco anteriore da
270 mm, così come avviene per la YZ-F, mentre il cerchio posteriore passa da 19 a 18 pollici,
come del resto era sul modello precedente. Più
durature le grafiche “in mold” per sovrastrutture
pensate per facilitare gli spostamenti del corpo
in sella, con sezione anteriore più snella, tappo
serbatoio incassato e manubrio regolabile su
quattro posizioni. Naturalmente presente il kit
luci “stradale”, con un alternatore potenziato e
una strumentazione con display multifunzione,
che offre funzioni di contachilometri e indicatore
della riserva.
La ciclistica
Nuovo naturalmente anche il telaio, riprogettato per le sopra citate necessità di ospitare un
propulsore dall’architettura sostanzialmente
differente rispetto al precedente. Basato naturalmente su quello della YZ450F, il doppio trave in alluminio è diverso nelle quote rispetto al
precedente, ed è dotato di staffe motore alleggerite rispetto alla YZ-F. La forcella è una KYB
AOS (ad aria e olio separati) identica – taratura
a parte – a quella utilizzata sulla versione cross;
stessa cosa avviene per il mono, dotato anche
di taratura per alte e basse velocità. L’impianto
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News
patentati A2, con potenza piena di 35 kW (48 cv).
Eccoli di seguito:
- design completamente rinnovato, basato sul
tema “Aggressive Speed Shape”. Linee affilate
fluiscono dal frontale, caratterizzato dal nuovo
gruppo ottico sdoppiato full-LED fortemente
inclinato, allo slanciato codino pure con luce a
LED, pure marcatamente sportiveggiante;
- forcella regolabile nel precarico molle;
- serbatoio dalla capacità aumentata, e dotato di
tappo incernierato;
- leve al manubrio regolabili;
- nuova chiave di contatto in stile automobilistico;
- nuovo silenziatore compatto che migliora la
centralizzazione delle masse ed enfatizza il
sound cupo e profondo del motore bicilindrico
parallelo a 8 valvole da 471cc;
- nuove accattivanti colorazioni ispirate al mondo racing Honda.
La nuova Honda CBR500R 2016 sarà presentata al pubblico per la prima volta all’American
International Motorcycle Expo di Orlando (Florida, Stati Uniti), che aprirà il prossimo 15 ottobre
2015.
HONDA
CBR500R 2016
Introdotta sul mercato per la prima volta nel 2013, la CBR500R 2016
si rifà il look per la prossima stagione, presentandosi con un design
del tutto rinnovato. Per vederla dovremo aspettare il 15 ottobre, per la
presentazione all’American International Motorcycle Expo di Orlando
H
onda Motor Europe rivisita la sua
super sport bicilindrica di media cubatura, la nuova CBR500R 2016,
introdotta sul mercato per la prima
volta nel 2013. La combinazione tra prestazioni
e look sportivo, determinato dall’aerodinamica
carenatura e dalla posizione di guida con semimanubri, ne ha determinato la popolarità sia tra i
40
motociclisti più giovani - l’ideale passaggio nella
scalata alle cilindrate superiori - sia tra i motociclisti esperti in cerca di una moto sportiva facile
e divertente, ma dai costi di gestione contenuti,
grazie anche alla grande efficienza dei consumi.
Gli aggiornamenti introdotti per il 2016 sono
mirati a mantenere la piccols CBR in testa alle
preferenze nel segmento delle sportive per
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Il mese di settembre pesa commercialmente per
circa l’8% sull’intero anno.
Le Top 50 Moto di settembre
L’aumento delle vendite ha un po’ movimentato
la classifica rispetto al mese di agosto. Fermo restando il primo posto della Yamaha Tracer, sono
da notare la risalita dal terzo al secondo posto
della BMW GS, e quella della Honda NC750X
dal quinto al terzo posto. Arretra invece di due
posizioni la Scrambler Ducati, che dal secondo
scende al quarto; e perde una posizione anche la
Yamaha MT-07, mentre e ne guadagna una la GS
Adventure di BMW. Entrano nella Top Ten le Harley 883 Iron (al settimo posto) e 1200 Forty-Eight
(al nono). Sale all’ottavo posto la Suzuki V-Strom
1000, mentre la prima 125 del mese è la KTM
Duke. A ricordare la stagionalità del mercato
Mercato
delle super sportive, c’è la discesa al 48° posto
della prima rappresentante della serie, la Yamaha
R1.
La Top 50 Scooter di settembre
La classifica mensile del segmento scooter vede
una forte ripresa delle vendite degli Honda SH,
che ritornano a occupare le prime tre posizioni
rispettivamente con le cilindrate 150, 125 e 300.
Scende pertanto dal secondo al quarto posto il
Piaggio Beverly 300, ma sale contemporaneamente dalla tredicesima alla settima posizione
il più recente Beverly 350. Arretra dal settimo al
decimo posto il maxi scooter Yamaha TMAX, che
vede in ogni caso incrementate le proprie immatricolazioni mensili. Le prime venti posizioni sono
sempre nelle mani dei quattro marchi Honda,
Piaggio, Kymco e Yamaha.
MERCATO A SETTEMBRE
MOTO A +25% (SCOOTER +13,5%)
LE TOP 100
di Maurizio Gissi | Prosegue il periodo positivo delle vendite del nuovo:
per il quarto mese di fila l’aumento è a doppia cifra, e a settembre le
moto hanno conosciuto il maggior incremento dell’anno. Il saldo dei
primi nove mesi dà un +9,6%. Yamaha Tracer è la moto più venduta
E
sattamente due anni fa, dopo diciassette mesi di costante contrazione,
le nuove immatricolazioni di moto
vedevano per la prima volta il segno
positivo. Aumentavano infatti dell’8,3% rispetto
a un settembre 2012 che aveva visto un tracollo del 40% del mercato scooter+moto. Alla fine
di settembre di quest’anno sono state immatricolate 4.526 moto, ovvero il 25% in più rispetto
allo stesso mese del 2014. Si tratta del miglior
42
risultato del 2015 per quanto riguarda il comparto moto, e settembre è stato anche il quarto
mese consecutivo che ha visto le vendite di moto
aumentare a doppia cifra. Da parte loro gli scooter hanno visto volumi più che doppi rispetto
alle moto (10.289 unità) che valgono un buon
+13,5%. Scooter e moto incrementano il risultato
di settembre 2014 con un +16,8%. A perdere ancora terreno sono invece i cinquantini, in flessione dell’8,7% e con sole 2.375 nuove registrazioni.
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(+3,9%). Distanziate le custom con 5.472 vendite
e un +4,4%. in attivo le turistiche, con 5.074 immatricolazioni (+19,4%), insieme alle sportive
che sono in ripresa con 3.512 moto e un +20%.
Le supermotard sono in negativo con 1.783 unità
e una differenza di -23,7%.
La Top 100 Scooter
gennaio-settembre
Il trio Honda SH vale da solo quasi un quinto delle
vendite dell’intero comparto scooter. Rispetto al
mese di agosto la sola variante nelle prime 25 posizioni in classifica riguarda proprio lo scambio
di posizione fra l’SH 300, passato dal secondo
al terzo posto dopo l’impennata dei primi mesi
di diffusione della versione 2015, e l’SH 125. Rimane saldamente in quinta posizione il TMAX
530 di casa Yamaha che è il solo intruso fra un
Immatricolazioni
gennaio-settembre
I tre quarti iniziali dell’anno 2015 si sono chiusi
con un buon risultato rispetto allo stesso periodo del 2014. Da gennaio a settembre le immatricolazioni oltre 50 cc, moto e scooter, sono state
147.851 rispetto alle 134.836 dei primi nove mesi
dell’anno scorso. Il saldo è quindi +9,6%. L’anno
scorso nello stesso periodo c’era stato un aumento dell’1,5%, che ribaltava il brutto -21% registrato nel 2013.
La ripresa sta quindi procedendo a ritmo ben più
sostenuto rispetto anche soltanto a un anno fa.
Da gennaio a settembre le moto immatricolate sono state 55.077, pari a +14,5% rispetto allo
stesso periodo del 2014. Gi scooter sono stati
invece 92.781 (+6,9%) con le migliori prestazioni nelle seconda parte del periodo considerato. I
ciclomotori sono in totale 19.321, ovvero in calo
del 12,8%.
44
Mercato
nugolo di modelli a ruote alte. Importante anche
il risultato della Vespa GTS 300, che ha una quotazione alta, e quello della Honda Integra che si
piazza dodicesima e ha la cilindrata record del
comparto. Il primo modello che non sia delle solite quattro marche (Honda, Piaggio, Kymco e Yamaha) è il Peugeot Tweet 125 che si piazza in 22
posizione generale. La segmentazione per fasce
di cilindrata premia gli scooter 125 che conoscono un incremento del +15% (sono 32.621 unità) e
ottengono un terzo del totale delle vendite. I 150250, con 22.814 unità, sono stabili con un dato di
-1%. Il segmento 300-500 si conferma il secondo
come volumi (29.879 immatricolazioni) pari al
+4,6%. I successi di TMAX e Integra migliorano la
prestazioni degli oltre oltre 500, con 7.467 unità
che valgono un +9,6%.
Guarda tutte le classifiche
La Top 100 Moto
gennaio-settembre
Le nuove arrivate Yamaha Tracer e Ducati Scrambler inseguono ancora la sempreverde BMW GS
1200, che va detto fra le tre è la sola che ha beneficiato di nove mesi pieni di vendita. Ci sono poi
tre modelli noti (Honda NC-X, Yamaha MT-07, GS
Adventure) e la nuova Ducati Multistrada 1200.
La top ten è fondamentalmente quella già vista
nel mese precedente. Da rilevare ancora che cinque delle prime sette moto appartengono alla famiglia delle enduro stradali e crossover, sebbene
la classificazione rielaborata dall’Ancma sui dati
del Ministero dei Trasporti indica come naked la
Tracer e come turistica la Multistrada. La classifica per segmenti è quindi un po’ falsata da alcuni
di questi errori di classificazione. Grazie infatti
anche alla Tracer le naked totalizzano 21.724 unità e quindi un notevole +32,9%. Al secondo posto troviamo le enduro stradali con 16.671 pezzi
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Sicurezza
7 milioni di cani e oltre 7 milioni e mezzo di gatti.
E sono tanti gli italiani che non rinunciano, giustamente, alla loro compagnia anche in estate e
durante le vacanze. O che semplicemente hanno
necessità di portarli con l’auto dal veterinario.
Gli agenti della Polizia Stradale ci spiegano come
trasportarli in sicurezza nel video sopra. Vi ricordiamo cosa dice il Codice della Strada: in Italia
l’articolo 169 del codice consente di portare liberamente in auto un cane o un gatto, o un numero
superiore di animali, purché custoditi nell’apposita gabbia o contenitore, oppure nel vano posteriore appositamente diviso da una rete o simili.
Le violazioni sono punite con una sanzione amministrativa che va da 68,5 a 275,10 euro e alla
quale si aggiunge il decurtamento di un punto
dalla patente di guida.
POLIZIA STRADALE IN AZIONE
COME TRASPORTARE IL CANE IN AUTO
di Andrea Perfetti | La Polizia di Stato ci spiega come trasportare il
nostro Fido in auto: consigli, precauzioni ed accortezze per viaggiare
con il cane in auto, rispettando la legge e il benessere del nostro
amico a quattro zampe
G
razie al fondamentale aiuto della Polizia di Stato e della Sezione
della Polizia Stradale di Cremona,
diretta dal Vice Questore Aggiunto
Federica Deledda, cerchiamo di fare chiarezza
su diversi comportamenti che hanno un risvolto diretto e immediato sulla sicurezza dei nostri
viaggi in auto e in moto. Siamo saliti a bordo
delle auto della Polizia per rispondere in modo
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semplice e immediato a tanti dubbi e per chiarire
diversi aspetti legati alla circolazione stradale.
A questo indirizzo trovate gli argomenti trattati
dalle redazioni di Moto.it e Automoto.it con la
Polizia Stradale. Oggi affrontiamo un argomento
che interessa molti di noi: il trasporto del cane in
auto nel rispetto della legge, in condizioni di sicurezza e tali da non arrecare sofferenza al nostro
amico a quattro zampe. In Italia si contano quasi
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Gilera 500 4C
La progenitrice delle quattro cilindri in linea moderne, prima da corsa e poi di serie, è stata una
moto italiana e si deve a due giovani ingeneri
romani: Carlo Gianini e Pietro Remor. Nel 1927,
nella Roma lontana dal nord industriale, i due realizzano la Opra: una moto da corsa che nel 1930
diventerà CNA e che infine, dopo aver ricevuto
un compressore volumetrico e mutato il nome in
Rondine, correrà la prima gara sul circuito di Tripoli, presso il lago salato di Mellaha, inaugurato
da Italo Balbo nel 1933. Nel 1935, la moto italiana
stabilirà il record di velocità sul chilometro con
Piero Taruffi alla guida, alla velocità media di ben
244,3 km/h. Quando la CNA venne nazionalizzata, nel 1936, il progetto Rondine fu ceduto alla
Caproni Aeronautica. Che volle però disfarsene
incaricando lo stesso Taruffi di trovare un compratore. Dopo che la francese Gnome et Rhône
Media
Rassegne
e la Moto Guzzi rifiutano l’offerta, fu la Gilera a
rilevare i disegni e le sei moto complete, per un
cifra in rapporto modesta. Fu un bene, perché
Ferruccio Gilera credette in quel progetto e volle investirvi. La Rondine già prima della seconda
guerra mondiale iniziò a vincere in alcune gare
internazionali, fino a conquistare il campionato
europeo del 1939 con Dorino Serafini, davanti
alla BMW Kompressor. Nel dopoguerra, la Gilera
500 4 cilindri, ormai privata dal vietato compressore, vince sei titoli mondiali. Cioè da quando inizia il campionato del mondo velocità, nel 1949, e
fino al 1957, quando la Gilera deciderà di ritirarsi
dalle competizioni assieme a Guzzi e Mondial. Il
motore bialbero quattro cilindri in linea prosegue
comunque il suo sviluppo con Pietro Remor, che
già nel 1949 era passato alla MV Agusta assieme
al fido tecnico Arturo Magni. Dal 1956 al 1965, la
MV 500 conquista nove titoli mondiali di fila. Ne
LE 5 MOTO DA GP
PIÙ RIVOLUZIONARIE
di Maurizio Gissi | Se le corse sono la massima espressione della
capacità tecnica di ogni costruttore, allora le moto da gran premio
della classe regina sono veri simboli di raffinatezza tecnologica e
innovazione. Ecco cinque moto da corsa che hanno saputo farsi
notare e fare la differenza
R
iassumere in una manciata di modelli tutto ciò che di eccellente è stato
fatto nel mondo dei gran premi della
velocità non è facile.
Ci siamo limitati al periodo che va dall’avvento
del campionato del mondo, anno 1949, a oggi
e abbiamo considerato solamente la top class,
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eppure la scelta ha finito per escludere alcune
moto da corsa molto importanti sotto il profilo
dei risultati.
Per questo motivo nella selezione abbiamo preferito le moto che hanno coraggiosamente rivoluzionato gli schemi e quelle che hanno mostrato
la strada da seguire.
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vincerà poi altri otto con la versione a tre cilindri.
Anche Honda e Benelli adottano lo schema in linea negli anni 60, ma non riescono a superare la
MV Agusta. Gilera e MV conquisteranno alla fine
24 mondiali 500 dal 1950 al 1974. Sebbene sia
stata la MV a proporre per prima una 4 cilindri
di serie (con la 600 presentata nel 1965), questo
schema non andò oltre una produzione limitata
e in totale assenza di costruttori europei. Diverso l’approccio in Giappone, dove le fabbriche di
moto compresero il potenziale di quel motore e,
con la Honda CB 750 Four del 1969, la successiva Kawasaki Z1 e le varie Suzuki e Yamaha,
misero le basi del loro successo internazionale.
Quanto questo schema motoristico sia ancora
competitivo lo dimostrano attualmente i successi della Yamaha M1 in MotoGP e della Kawasaki
ZX-10R in Superbike.
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raffreddamento a liquido, ma a tutte le migliori
soluzioni costruttive disponibili all’epoca (vale
la pena di ricordare che il solo albero motore
costava l’equivalente di 40.000 euro attuali...).
Già nella sua prima versione, andata in pista nel
1955, il Guzzi V8 ruotava a ben 12.000 giri. Aveva
il cambio a sei marce, ma in gara capitò di usarne soltanto quattro o cinque, vista l’erogazione
piena del motore. Il problema non era tanto la
potenza (72 cavalli, e una velocità di ben 275
orari grazie alla carenatura a campana), quanto la solidità della ciclistica e l’affidabilità meccanica in assenza di materiali sufficientemente
evoluti. La otto cilindri debuttò in gara nel 1956,
ma la sua avventura terminò già l’anno dopo,
ovvero quando la Moto Guzzi, assieme a Gilera
e Mondial, firmò il famoso “patto di astensione”
lasciando il campo libero alla MV, che continuò a
correre in forma fintamente privata. In Guzzi si
stoppò così lo sviluppo di questo straordinario
V8, e dunque anche l’arrivo della sua versione da
350 cc. Il frazionamento spinto venne in seguito
sposato dalla Honda (dalle strepitose bialbero
Rassegne
50 bicilindrica e otto valvole del 1963, alla cinque
cilindri 125 del 1965, passando per le sei cilindri
250 e 350 - in realtà 297 cc effettivi - del 1964),
ma la Guzzi V8, pur avendo vinto poco, resta a
tutt’oggi una delle espressioni più estreme del
motociclismo da corsa.
Yamaha YZR 500
E’ la Yamaha YZR la moto più rappresentativa tra
le 500 dell’era a due tempi. Lo è perché è stata la
prima con questo schema a vincere un mondiale
nella massima cilindrata, e poi perché è stata la
più vincente in assoluto assieme alla Honda NSR.
Ma procediamo con ordine. A differenza di Honda, e al pari di Suzuki, Yamaha ha creduto da subito nel motore a due tempi, conquistando il suo
titolo iridato nel 1964 con Phil Read nella classe
250. Nel 1967 arrivò la prima iride Yamaha in 125,
grazie a Bill Ivy e al suo piccolo bolide a 4 cilindri,
e nel 1974 fu Giacomo Agostini a conquistare per
la casa dei tre diapasono il primo mondiale nella classe regina. La bicilindrica 350 raffreddata
ad aria, e maggiorata a 352 cc, è stata la prima
Moto Guzzi 8 cilindri
La straordinaria Guzzi 500 a 8 cilindri è probabilmente il più eclatante capolavoro motoristico nell’intera storia del motomondiale. Giulio
Cesare Carcano, già autore delle Guzzi Condor,
Dondolino e Gambalunga da corsa, cominciò a
progettare la 500 V8 nel 1954, una volta resosi
conto che per sconfiggere le Gilera e le MV Agusta a quattro cilindri serviva un motore più frazionato. Più frazionato dello stesso quadricilindrico
Guzzi 500 con trasmissione ad albero, che aveva
sostituito il monocilindrico bialbero di Mandello
ma senza grandi risultati. Il compattissimo V8
di 90° progettato da Carcano era disposto trasversalmente nel telaio che, da parte sua, serviva
a contenere il lubrificante e il liquido di raffreddamento. Il compatto bialbero con distribuzione a ingranaggi ricorreva infatti non soltanto al
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motore a due tempi. Oltre che il primo titolo 500
per una casa giapponese. La quattro cilindri in
linea rimase in gara fino alla stagione 1981 vincendo altri tre mondiali con Kenny Roberts: nel
1978, al debutto del giovane americano, e nei
due anni successivi. Poi Yamaha passò allo schema in quadrato (con il quale la Suzuki dominò nel
biennio ‘81-’82), ma senza trovare la necessaria
competitività per puntare al titolo, nonostante
alcune vittorie di Roberts e Sheene.
Tanto che a metà della stagione 1982 si passò
allo schema V4, che resterà fino al 2002, quando
la YZR verrà sostituita dalla M1 a 4 tempi, nata da
942 cc e presto maggiorata a 990. Dal 1975 al
1992 la YZR 500 ha conquistato dieci titoli mondiali, come la stessa Honda NSR 500, che da
parte sua iniziò a martellare a partire dal 1985. A
esclusione dei quattro mondiali vinti dalla Suzuki
(due con Sheene, uno con Lucchinelli e Uncini)
sono state quindi le 500 Yamaha e Honda le protagoniste del motomondiale a 2T.
moto di Iwata a competere nella classe 500: era
il 1972, e la categoria era dominata dalla MV Agusta. Tuttavia quell’anno l’inglese Chas Mortimer
riuscì a vincere il GP di Spagna. Dal 1973 Yamaha fece sul serio, e con la OW20 creò la prima
500 a quattro cilindri in linea, con ammissione
lamellare e raffreddamento a liquido. Era stata
sviluppata assieme alla TZ 750, la portentosa
quattro cilindri che sarà la moto imbattibile nella formula 750 e nelle gare del camionato AMA
statunitense. Nel GP del debutto per la OW20,
in Francia, Jarno Saarinen ottenne la pole position, il giro veloce in gara e la vittoria. Saarinen
si ripeté nella gara dopo, in Austria, ma poi accadde il terribile incidente di Monza, nel quale il
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Rassegne
Honda NR 500
Poche moto da corsa come la Honda 500 NR
hanno fatto discutere chi la considerò una grande sfida tecnica, e tecnologica, e chi invece la
bollò come un grande abbaglio tecnico. La sua
stessa sigla NR, che significava New Racing,
venne tradotta in Nearly Ready, o Never Run, dai
suoi detrattori. Risultati sportivi a parte – fatto
tutt’altro che secondario visto che si parla di una
moto da corsa – la NR 500 merita di essere ricordata per la sua genesi e l’indubbio coraggio nel
cercare di competere con le più potenti e leggere
due tempi. Quando Honda decise il ritorno alle
competizioni, dopo il ritiro del 1967, volle farlo
con un motore a quattro tempi per restare fedele alla propria filosofia industriale, e mostrare
la propria capacità d’innovazione. E questo nonostante le vincenti 500 a due tempi Yamaha e
Suzuki fossero in evidente vantaggio di potenza, e peraltro non penalizzate nei consumi o nel
peso. Fatto che avrebbe dato qualche possibilità
fuoriclasse finlandese perse la vita. Yamaha si
ritirò dalle competizioni, ma il seme della prima
YZR 500 era stato lanciato. Nel 1974 la moto
venne affidata ad Agostini e Teuvo “Tepi” Lansivuori, amico fraterno di Jarno: due e una vittoria
a testa rispettivamente e il titolo mondiale marche che entrava nella bacheca Yamaha. Sempre nel corso del 1974 faceva la sua comparsa
la versione OW23, evoluta appositamente per
la classe 500 e diversa dalla TZ 750. Grazie alla
nuova progettazione, la moto era diventata più
piccola, corta e leggera; cambiavano la trasmissione, l’ammissione e gli scarichi. Con la stessa
moto, nel 1975, Agostini conquisterà quattro GP
e il primo titolo mondiale 500 per una moto con
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dunque dato i risultati sperati, e la Honda si trovò
davanti a un bivio. La storia è nota: scelse il motore a due tempi, con il quale affrontò la stagione 1982 con l’iridato in carica Marco Lucchinelli,
affiancato da un certo Freddie Spencer. Il quale,
con la NS a tre cilindri, ottenne nel 1983 il primo
titolo mondiale Honda nella classe 500. Il progetto NR continuò a covare sotto la cenere, ritornò
in cilindrata 750 per una partecipazione alla 24
Ore di Le Mans del 1987 e per equipaggiare l’ambiziosa e costosissima NR 750 di serie che fece il
suo debutto al Tokyo Motor Show del 1989.
Honda RC211V
Se la Yamaha YZR ha rivoluzionato le 500 da
gran premio, è stata la Honda RC211V a dettare
legge quando si è trattato di affrontare la neonata categoria MotoGP. Fu proprio la Casa di
in più alla NR. Come se non bastasse, oltre alla
cilindrata giocoforza equivalente, non era possibile superare il frazionamento di quattro cilindri imposto dal regolamento tecnico, e quindi
non c’era proprio modo di competere ad armi
pari. Tuttavia, sperimentando lo sperimentabile
sull’intera moto oltre che sul motore, e investendo ingenti risorse, Honda pensò di poter vincere.
Il suo quattro cilindri sfruttava pistoni - definiti
impropriamente “ovali”- con due bielle ciascuno, e camere di combustione con otto valvole
ciascuna: i progettisti, insomma, rincorrevano
i vantaggi di un V8 pur con soli quattro cilindri,
e con gli svantaggi di una termodinamica meno
efficace rispetto ad un vero otto cilindri. Il suo V4
di 100° progettato dal mitico Soichiro Irimajiri, il
primo di una lunga serie arrivata fino a oggi, era
comunque in grado di ruotare oltre i 20.000 giri,
anche se l’obiettivo dei 130 cavalli non era stato
raggiunto. Il telaio verteva su una struttura monoscocca in lamiera di alluminio che integrava la
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Rassegne
Tokyo a spingere per un rinnovamento della
classe regina in favore del motore a quattro tempi, suo storico Credo. Le 500 a due tempi - era il
ragionamento di fine anni Novanta - non avevano più relazione con il prodotto di serie, che per
ragioni legate all’inquinamento era sempre più
osteggiato. Veniva perciò a mancare l’opportunità di sperimentare e sviluppare nelle competizioni le nuove soluzioni motoristiche utili anche alle
moto di normale produzione. O perlomeno alla
loro immagine. In questa sua volontà di cambiamento, Honda trovò appoggio nella Yamaha, e
per essere certi che le nuove moto fossero competitive nei confronti delle potenti e leggere 500
a due tempi, con le quali inizialmente avrebbero
dovuto confrontarsi in pista , venne concesso
dai regolamenti tecnici un importante vantaggio:
il raddoppio di cilindrata. Ben 990 cc contro il
carenatura, il forcellone era in asse con il pignone, la forcella rovesciata aveva le molle esterne
e i radiatori erano disposti lateralmente. Montava ruote componibili Comstar da 16 pollici, che
riducevano il peso e soprattutto abbassavano il
baricentro della moto. Il debutto al GP di Gran
Bretagna del 1979, con Mick Grant e Takazumi
Katayama, fu un vero disastro, visto che la moto
faticava anche solo ad avviarsi (all’epoca si partiva a spinta), mentre al GP di Francia la NR non si
qualificò nemmeno. L’anno dopo con la versione
X1 si cambiò rotta: telaio e forcella tradizionali
(ovvero in tubi d’acciaio e steli “normali”), radiatore frontale e ruote da 18 pollici. Nel 1981 la V
fra i cilindri scese a 90°, e la potenza arrivò a 130
cavalli, mentre qualche buon risultato venne dal
campionato giapponese. A Salisburgo, Katayama finì al tredicesimo posto, ma all’epoca i punti
si davano solo fino alla decima posizione e a fine
campionato la NR X2 non ottenne nemmeno
un punticino. Il programma triennale non aveva
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Rassegne
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limite di 500. Inoltre veniva superata anche la
soglia del frazionamento, e dal limite dei quattro
cilindri delle 500, che rimaneva, si poteva salire
fino ai sei nelle nuove moto da GP. Comunque
sia, mentre Yamaha affrontò il tema in maniera
più tradizionale con un motore quattro cilindri in
linea e una ciclistica più convenzionale, e mentre
Suzuki e Ducati sarebbero arrivate in un secondo tempo con dei motori a V, per il campionato
del 2002 Honda sfoderò l’incredibile RC211V.
Si trattava di una “cinque cilindri” a V, la prima
moto da corsa mai costruita con quella configurazione: estremamente compatta, era quella
la moto deputata a raccogliere l’eredità super
vincente della NSR 500 dei vari Doohan, Criville
e Rossi. La V fra i cilindri, tre anteriori e due posteriori, era di 75,5° e la potenza superava i 200
cavalli, maggiore quindi rispetto alle 500. Il peso
stabilito era di 145 kg a vuoto di benzina, inoltre il
layout del motore favoriva una telaio raccolto, il
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posizionamento centrale del serbatoio benzina,
e un forcellone piuttosto lungo. Il tutto a vantaggio delle caratteristiche di guida. Nel suo primo
anno di corse, la RC211V vinse 14 GP su 16 (undici grazie a Rossi), mentre i rimanenti due andarono alla Yamaha M1 pilotata da Max Biaggi.
L’anno dopo, il 2003, la RC211V venne evoluta
nei controlli di aspirazione e scarico, nel freno
motore, nella geometria della sospensione posteriore e nell’impianto di scarico, che passò
da due a tre terminali. La potenza arrivava a
230 cv e Honda schierò tre moto ufficiali (Rossi, Hayden, Kato), una semi ufficiale (Gibernau)
e tre “clienti” (Biaggi, Ukawa, Tamada). Risultato: 15 vittorie (9 firmate da Rossi) su 16 gare. Il
2004 portò altri miglioramenti alla moto, come
il controllo elettronico dell’acceleratore per gestire trazione e impennata, sospensione posteriore e forcellone, e impianto di scarico. La moto
vinse il titolo costruttori, tuttavia la vittoria più
importante, il Mondiale Piloti, andò alla Yamaha
M1, sulla quale nel frattempo era arrivato Rossi,
vincitore di nove GP.
La RC211V ha corso fino al 2006, vincendo all’ultima gara il titolo con Nicky Hayden, prima che il
cambio regolamentare riducesse la cilindrata a
800 cc. Nei cinque campionati disputati, la cinque cilindri Honda ha vinto tre titoli piloti, quattro
marche e il maggior numero di gare. Nel 2007 la
V5 passò il testimone alla nuova RC212V a quattro cilindri, che trovò però sulla sua strada l’ottima Ducati guidata dal formidabile Stoner. Sarà
poi lo stesso asso australiano a portare alla vittoria mondiale la Honda 800 quando ne prenderà il
manubrio, nel 2011.
Fu quella l’ultima stagione per la RC212V, prima del ritorno alla cilindrata 999 con l’attuale
RC213V. Ancora una quattro cilindri, come di fatto imponeva, e tuttoggi impone, il regolamento
tecnico.
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nel mondo. Sono loro, tanto per citarne una, che
nel 1998 supportarono completamente il team di
Larry Brooks, il quale convinse Jeremy McGrath
a salire sulla Yamaha: SuperMac sulle blu di Iwata vinse 3 titoli Supercross consecutivi nel 1998,
1999 e 2000. Chaparral in due parole fa paura:
nei tre immensi capannoni poter trovare TUTTO
quello che vi serve per la vostra moto da fuoristrada o il vostro quad (e se non ne possedete
uno o una lo potete anche comprare li). E se la vostra passione sono le custom o le stradali, lo store di San Bernardino ha QUASI tutto anche per
quelle moto. Dopo anni passati a servire i clienti
americani attraverso il loro famoso catalogo via
posta, Chaparral adesso è ovviamente anche
un colosso online, ma il core business rimane lo
store “in carne ed ossa”, che ogni giorno registra
centinaia di visitatori. Ma uno degli eventi che
ancora oggi, dopo 29 anni, attira sempre migliaia di appassionati in piena frenesia da acquisti
è la Annual Parking Lot Sale: tutte le strade e i
On the road
parcheggi attorno al negozio vengono allestiti in
stile fiera di paese, e decine di aziende espongono i loro prodotti a prezzi scontatissimi. Il risultato è ovvio, con gente che si ammassa attorno
alle “bancarelle” dei marchi più noti e passa letteralmente decine di minuti in fila per poter pagare
(date un’occhiata alle foto).
In molti si presentano con carrelli di vario genere,
già sapendo che ne avranno bisogno per caricare tutto quello che compreranno. Altri semplicemente prendono la giornata come un’occasione
di svago, e finiscono per acquistare solo magliette, occhiali da sole e cappellini. Ma lo spirito è
quello giusto e i prezzi… quasi sempre da capogiro, naturalmente in positivo. L’unica cosa che
tengo a sottolineare, è che i prodotti in vendita
sono generalmente collegati al mondo dell’off-road. Tutto quello che riguarda stradali e custom è
comunque reperibile (in abbondanza) all’interno
del negozio vero e proprio, ma i prezzi, ovviamente, sono ben diversi.
RIDE IN THE USA
CHAPARRAL PARKING LOT SALE
di Pietro Ambrosioni | La svendita annuale del colosso retail
Chaparral, un fenomeno impensabile qui da noi
O
gni anno, il primo weekend di ottobre corrisponde con la mega-vendita organizzata dal mitico negozio
Chaparral Motorsports di San Bernardino, CA. Erano anni che ci volevo andare e finalmente sono riuscito a fare un giro, immergendomi nella folla in preda alla smania di acquistare
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di tutto e di più. Chiunque abbia messo una ruota
in off-road con la sua moto ha sentito parlare almeno una volta di Chaparral. Il megastore di San
Bernardino, CA - a pochi passi dalla pista di Glen
Helen - ha iniziato la sua attività ai tempi dei pionieri del desert racing e negli anni è cresciuto fino
a diventare uno dei simboli stessi del fuoristrada
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NICO CEREGHINI
CADERE DA FERMO
Una bella lezione per il tuo ego, se
ti succede in mezzo alla gente. Ma
se viaggi da solo può essere anche
peggio. Da giovane sono rimasto
bloccato sotto la moto e già
vedevo i titoli sui giornali: ritrovato
un motociclista mummificato…
Media
C
iao a tutti! La
moto che cade
da fermo è uno
dei
momenti
più terribili nella
vita di un uomo.
Il fracasso del ferro e delle plastiche che si schiantano a terra,
il desiderio di sparire, la mente
che va all’elenco dei ricambi,
sempre carissimi, che saranno necessari: rumore e pensieri che si sovrappongono in
60
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un crescendo di angoscia. E la
giornata è rovinata. Spesso anche la settimana e addirittura
il mese, se malauguratamente
cadi anche tu e magari sei così
sfigato che ti rompi un osso.
Chi di noi non ci è passato? Ma
questa è da raccontare. Ero
reduce da una brutta frattura
alla gamba sinistra -speronato
da un automobilastro distratto, tibia perone e tanti mesi di
gesso- quando ripresi la mia
Laverda SF 750 rosso scuro
per fare una capatina a Monza,
tanto per tornare a respirare un
po’ d’olio di ricino. Decido di andare fino all’interno del curvone
per vedere i passaggi veloci da
quinta piena, l’asfalto lì non c’è
e sto percorrendo uno stretto
sterrato tra gli alberi quando
una radice sporgente mi ferma. Metto a terra il piede destro ma c’è una buca traditrice,
cado e resto sotto la SF. Sono
indenne, però prigioniero. La
pedana fissa mi ha salvato, le
gambe non sono schiacciate
sotto i 250 chili della Laverda,
ma sorpresa: il pantalone sinistro (a campana, largo sotto
come si usava nei primi anni
Settanta) è impigliato tra pedana e terreno.
Sono bloccato, e lì passano solo
i veri conoscitori della pista,
magari nessuno. Cosa avreste
fatto voi? Con il cellulare adesso è facile, basta chiamare. Ma
nel ’73 eravamo immersi nella
preistoria. Verifico che per fortuna il piede destro è abbastanza libero e con la pazienza di un
ragno provo a ruotarlo, puntando il tallone a terra e spingendo
in alto con la punta.
E’ dura, quelle Laverda erano
tutto ferro e ghisa, ma vedo che
con sforzi sovrumani la moto
un po’ si muove. E dopo una
mezz’ora di moccoli e mugolii
sollevo la SF da terra quel tanto
che basta per sfilare la gamba
prigioniera. Tutto con il piede
destro. E poi faticosamente
raddrizzo la bestia, esausto
ci monto sopra e torno verso
casa.
Sarà per quell’avventura che
appena trentacinquenne ho
dovuto subire due interventi di
ernia, lombare prima e inguinale poi? Probabile, con il concorso della maledetta partenza
a spinta che dal ’74 al ’78 mi
ha rovinato una carriera promettente.Cadere da fermo. Un
dramma per l’ego, se ti capita
in pubblico. Ma se sei solo può
andarti anche peggio…
Editoriale
CADERE DA FERMO. UN
DRAMMA PER L’EGO, SE TI
CAPITA IN PUBBLICO. MA SE SEI
SOLO PUÒ ANDARTI ANCHE
PEGGIO
61
SPECIALE MOTOGP
GP DEL
GIAPPONE
62
63
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
ventesimo giro, un piccolo dritto di Jorge, passa
Valentino, con Pedrosa ormai imprendibile: risultato, in pochi passaggi si è passati da +5 a +18.
UN PEDROSA DA APPLAUSI
Al di là delle difficoltà della Yamaha, Pedrosa ha
fatto un’altra gara straordinaria, dopo quella di
Aragon: all’11esimo giro, Pedrosa era a 4”1 da
Lorenzo, ma da lì in poi è stato inarrestabile, fino
al sorpasso decisivo al 18esimo giro. «Non è andata come mi aspettavo: all’inizio non avevo feeling con la gomma posteriore, ho perso molto,
non guidavo bene. Poi ho preso un buon ritmo,
ho cercato di stare quarto, sono stato costante:
forse gli altri hanno un po’ bruciato le gomme e
il mio passo alla fine è stato più veloce. Grazie
a tutti» ride il “robottino”, che conquista così la
sua prima vittoria stagionale, 27esima in MotoGP, 50esimo della carriera. Numeri da campione, altro che da comprimario.
MotoGP
ROSSI, UN BEL PASSO IN AVANTI
Quando Dani ha passato Valentino (16esimo
giro), sembrava che, come ad Aragon, potesse
diventare il miglior alleato di Lorenzo. Ma Pedrosa è alleato solo di se stesso e Jorge ha dovuto
subire anche il sorpasso di Valentino. «E’ un vero
peccato. La mia gomma anteriore era messa
peggio di quella di Rossi: non riuscivo a seguirli e
a un certo punto ho pensato solo a sopravvivere,
ad arrivare al traguardo. Adesso ho un solo obiettivo: vincere le gare per provare a recuperare», è
il primo commento di Lorenzo, consapevole che
adesso si fa veramente dura: con Rossi sempre
secondo al traguardo, non gli basterebbero tre
successi per ribaltare la situazione a suo favore. «E’ stata una gara molto lunga e difficile, era
facile fare errori. All’inizio, Lorenzo era meglio di
me: poi il nostro passo è stato simile, il distacco immutato, ma quando la pista si è asciugata
è stato veramente difficile controllare la moto.
PEDROSA VINCE
IL GP DEL GIAPPONE
di Giovanni Zamagni | Trionfo di Pedrosa davanti a Rossi e Lorenzo.
Quinto Andrea Dovizioso, ritirati Iannone e Danilo Petrucci: Rossi
adesso ha 18 punti di vantaggio su Lorenzo
T
rionfo di Dani Pedrosa davanti a Valentino Rossi e Jorge Lorenzo. Quinto Andrea Dovizioso, ritirati Andrea
Iannone e Danilo Petrucci: Rossi
adesso ha 18 punti di vantaggio su Lorenzo. Gara
decisiva per il mondiale? Forse. Certamente per
Lorenzo non sarà facile recuperare 18 punti a
questo Rossi, sempre concreto, sempre capace
di raccogliere il massimo risultato possibile. Eppure, fino al 15esimo giro Jorge sembrava destinato a una vittoria importantissima, addirittura
64
inaspettata, perché ottenuta con la pista bagnata, mentre Valentino non riusciva a difendersi
dagli attacchi di Pedrosa. Al 16esimo giro la situazione era: Lorenzo primo, Pedrosa secondo,
Rossi terzo, per un distacco in classifica ridotto a
soli 5 punti. Ma in tre giri è cambiato tutto: mentre Dani volava con una Honda perfettamente a
posto in queste condizioni, i piloti Yamaha arrancavano con gomme praticamente distrutte
dall’asfalto ormai solo umido, con Lorenzo ancora più in difficoltà di Rossi, ormai nella sua scia. Al
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MotoGP
Lorenzo ha rallentato: per il campionato è un
buon risultato» esulta Valentino, che in prova
aveva dimostrato di potersela giocare alla pari
anche sull’asciutto.
DUCATI: GIORNATA DIFFICILE
Al quarto posto, Marc Marquez, evidentemente
in difficoltà per il dito mignolo sinistro fratturato
settimana scorsa con la MTB. Marquez, comunque, ha effettuato una buona rimonta, fino al sorpasso su Andrea Dovizioso a pochi giri dalla fine:
il Dovi, come i piloti Yamaha, è andato presto
in difficoltà con le gomme e dopo essere stato
terzo a lungo ha dovuto pensare solo a limitare
i danni. E’ andata peggio ad Andrea Iannone, ritirato per probabili problemi tecnici mentre era
in settima posizione, e a Danilo Petrucci, caduto
senza conseguenze mentre era ottavo.
66
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MotoGP
VALENTINO ROSSI
“LUI SFORTUNATO? IRRISPETTOSO
NEI MIEI CONFRONTI”
di Giovanni Zamagni | Valentino, giustamente, non concorda con il
compagno di squadra quando afferma di essere solo sfortunato.
“Quando perdi puoi trovare mille scuse, ma la verità è che qui io ero
forte quanto lui anche sull’asciutto”. Sul mondiale: “Si deciderà a
Valencia”
V
Veloce ma staccato da Lorenzo, apparentemente in difficoltà. Poi, però, Valentino Rossi è
riuscito a ribaltare la situazione
a suo favore andando via da
Motegi ancora una volta con il
massimo risultato ottenibile,
ancora una volta con più punti
del compagno di squadra. Per
certi versi, il GP del Giappone
è l’esatta fotografia di tutta la
stagione: Lorenzo è più veloce
sul singolo giro, ma nel complesso, Rossi è più completo,
in definitiva più forte. «E’ stata una gara molto difficile, alla
fine mentalmente stressante,
perché era complicato controllare la moto con le gomme da
bagnato ormai alla frutta, era
facile commettere un errore,
che io non mi potevo permettere. L’inizio è stato positivo,
68
ma Lorenzo era più veloce di
me e io non mi sentivo perfettamente a posto con la moto,
come lo ero invece a Silverstone sul bagnato. Ho cercato comunque di tenere il suo passo
e dopo qualche giro il nostro
distacco si è stabilizzato: credo
che quello sia stato un momento importante della gara. Poi,
però, le condizioni sono cambiate completamente: quando
Pedrosa mi ha superato ero un
po’ preoccupato, ho temuto di
perdere nove punti come era
successo ad Aragon. Così ho
cercato di andare con lui, ho
tenuto un buon passo: sia io
sia Lorenzo eravamo al limite
con le gomme, ma, forse, io ero
messo un po’ meglio di Jorge.
Per il campionato sono 20 punti fondamentali».
Pedrosa ti ha aiutato per la rimonta su Lorenzo?
«Sì. Lui stava guidando bene,
ho potuto stare in scia e raccogliere buone informazioni sulle
migliori linee da percorrere.
Fino a quel momento, io e Jorge
avevamo rallentato più o meno
uniformemente, la distanza era
rimasta uguale, non sapevo se
fossi riuscito a riprenderlo».
Cosa ha determinato il maggior calo della sua gomma anteriore rispetto alla tua?
«Non lo so esattamente, possono incidere tanti fattori: lo
stile di guida, la messa a punto della moto. Durante la gara
io ho “giocato” molto con le
mappe per rendere la moto più
o meno aggressiva a seconda
della situazione. Potrei dire
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quanto lui e me la sarei potuta
giocare con le slick. Ho fatto
una buona qualifica, ero molto efficace nelle FP4, guidavo
bene. E’ un aspetto importante, che dobbiamo portarci dietro anche nelle prossime gare:
il nostro approccio alle gare è
diverso, lui va subito forte fin
dal primo giro, mentre io, per
carattere e per età, ci metto di
più ad arrivarci. Ma questa volta ci sono riuscito: è stato davvero un peccato che non si sia
corso sull’asciutto, perché potevamo fare una bella battaglia.
Lui è fortissimo, parte sempre bene, fa le prime curve in
tranquillamente che lui è partito troppo forte e io sono stato
più intelligente a conservare
le gomme per il finale, ma non
è così. Quando mi ha passato
Pedrosa ho messo una mappa
che facesse slittare meno la
gomma posteriore sul dritto e
la situazione è migliorata».
Tre gare alla fine, 18 punti di
vantaggio…
«E’ inutile pensare alle tre gare,
meglio concentrarsi GP per
GP, perché le due Honda vanno molto forte e ci possono
anche essere le Ducati. Phillip
Island è una pista che mi piace,
70
ma dove spesso ci sono condizioni climatiche difficili ed è
complicato trovare la migliore
messa a punto. Australia, Malesia e Valencia sono tre circuiti
molto differenti con condizioni
completamente diverse è inutile stare a fare calcoli, pensare
dove vai più forte o più piano.
Anche perché, nel 99% dei
casi, certe previsioni vengono smentite. Bisogna arrivare
davanti a Lorenzo: quello è l’obiettivo».
Sei d’accordo con Jorge
quando dice che è indietro in
classifica solo per sfortuna o
maniera incredibile, ma abbiamo tutte le carte in regola per
giocarcela alla pari nelle prossime tre gare».
E adesso si va a Phillip Island
e a Sepang.
«Sì, due tra le mie piste preferite, dove naturalmente andrà
fortissimo anche lui. Sarebbe
bello fare una bella lotta, provare a batterlo e poi vedere,
perché Valencia è un GP nel
quale può succedere di tutto: è
una delle piste peggiori per me,
ma nel 2014 avevo fatto la pole
e avevo finito secondo. E’ tutto
aperto».
MotoGP
Si può chiudere il mondiale
prima di Valencia?
«La vedo difficile».
Dopo Aragon avevi detto che
bisognava comunque vincere almeno una gara: adesso,
però, non è più necessario:
l’obiettivo rimane quello?
«La vittoria sarebbe fantastica
perché è quello che ti dà più
gusto e adrenalina, però avere
questo margine, la possibilità di
amministrare, è certamente un
vantaggio. Ma sarebbe meglio
vincere almeno un GP».
a causa del meteo?
«Dare tutta la colpa alla sfortuna mi sembra irrispettoso nei
mei confronti. Tutte le volte
che uno arriva dietro potrebbe
cercare delle scuse, lo potrei
fare anch’io: ne potrei elencare
almeno una ventina per tutte le
volte che prendo la paga. Ma
il mio approccio è differente,
oggi sono semplicemente stato
più bravo a guidare in condizioni difficili. E’ vero che Jorge
va forte, ma di questo GP sono
contento naturalmente per i 4
punti guadagnati, l’aspetto più
importante, ma anche perché
sull’asciutto ero competitivo
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MotoGP
JORGE LORENZO
“SONO IL PIÙ VELOCE MA
IL PIÙ SFORTUNATO”
di Giovanni Zamagni | Jorge non si da colpe per quanto accaduto.
“Ho dimostrato di essere forte anche sul bagnato, ma sono cambiate le
condizioni. Nel complesso sono il più rapido, ma ci sono stati fattori
contro di me”. Sul campionato: “Devo vincerle tutte e sperare nell’aiuto
delle Honda e delle Ducati”
S
Sfortuna: Jorge Lorenzo è convinto che si tratti solo di questo.
Lo dice una, due, tre, cento volte, forse per autoconvincersi.
«Ancora una volta sono stato
sfortunato: prima perché ha
piovuto, quando sull’asciutto
ero il più forte, poi perché ha
smesso di piovere quando ormai avevo un buon margine.
All’inizio ho spinto in maniera brutale per andare via, ma
quando sull’asfalto non c’era
più acqua, si è distrutta la gomma anteriore, in particolare
la parte destra. Da lì in poi ho
dovuto frenare molto prima del
solito, essere più lento in curva,
pensare solamente a sopravvivere e a raccogliere più punti
possibile. Alla fine, è andata
72
anche bene che ne ho persi
solo quatto: Rossi è stato bravo
a gestire la situazione».
Non credi di aver spinto troppo all’inizio?
«Ho fatto una gara del tutto
simile a quella di Antonelli in
Moto3 e Zarco in Moto2: la differenza è che nelle loro gare
la pista non si è asciugata, in
MotoGP sì. Ecco perché non ho
vinto: ero veloce, concentrato,
guidavo bene. Ma sono cambiate le condizioni: è chiaro che
se avessi saputo che l’asfalto
si asciugava, non avrei spinto
così tanto all’inizio».
Si possono recuperare 18
punti in tre gare?
«E’ una situazione difficile, ma
ho la possibilità di vincere tutte e tre le gare. Speriamo che
Marquez e Pedrosa, ma anche
le Ducati, riescano a togliere
qualche punto a Rossi».
Quindi sei indietro in campionato solo per sfortuna?
«Sì, credo quest’anno di essere
stato il più competitivo grazie
alla moto, alla mia velocità, alla
concentrazione.
Eppure sono indietro in campionato: non dimentichiamo il
casco del Qatar (si era abbassata l’imbottitura istruendo in
parte la visuale, NDA), la pioggia in gara a Silverstone dopo
che sull’asciutto ero stato sempre il più veloce».
73
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Valentino è riuscito a tenere, mentre Lorenzo rallentava vistosamente.
3) L’incapacità di Lorenzo di correre diversamente. Asciutto o bagnato, Jorge ha una sola
tattica: spingere come un forsennato all’inizio,
prendere vantaggio e fare gara solitaria. Ma a
Motegi, anche prima del via, si era visto che l’asfalto si poteva asciugare velocemente, come
ha confermato la gara della Moto2: spingere in
maniera «brutale», per usare le parole di Lorenzo, nei primi giri è stata una tattica sicuramente
sbagliata, al di là del fatto che poi ha smesso di
piovere.
Cosa ha detto Dani Pedrosa dopo il 50esimo
successo in carriera, 27esimo in MotoGP?
Pedrosa: «Quando sono arrivato sullo schieramento di partenza, ho visto che tutti avevano
scelto la morbida posteriore invece della dura
MotoGP
montata da me. Sono stato a lungo indeciso sul
da farsi, poi ho scelto di correre ad armi pari con
i miei avversari. All’inizio, con una gomma completamente nuova, sono stato prudente, mentre
i piloti Yamaha andavano velocissimi. Poi ho preso un buon ritmo, mi sentivo bene sulla moto:
ho passato Dovizioso e ho pensato che il terzo
posto sarebbe stato un buon risultato. Ma Rossi
e Lorenzo erano sempre più vicino, li ho passati
e negli ultimi giri mi sono goduto un sapore che
non provavo da tempo».
Qual è stato il distacco massimo accumulato
da Pedrosa?
Al settimo giro, Pedrosa era a 8”844 da Lorenzo,
poi è iniziata la sua rimonta: 8”133 al 10, 7”679
all’11esimo, 6”258 al 13esimo, 4”039 al 15esimo;
2”747 al 16esimo, 0”842 al 17esimo. Dal 18esimo
giro fino al traguardo, Dani ha guadagnato altri
8”573.
SPUNTI, DOMANDE E CONSIDERAZIONI
DOPO IL GP
di Giovanni Zamagni | Quali sono state le chiavi del GP? Iannone perché
è stato costretto al ritiro all’11esimo giro? Marquez è stato limitato dalla
rottura del metacarpo?
Q
uali sono state le chiavi del GP?
1) Il cambio gomma (da dura a morbida) effettuato sulla griglia di partenza da Dani Pedrosa. Non tanto
per una questione tecnica, quanto
perché con il pneumatico nuovo Dani non ha forzato subito all’inizio, ci ha messo un po’ a prendere il ritmo e ha conservato “involontariamente” le gomme. Secondo Rossi, inoltre, «la Honda
fa più fatica a scaldare le gomme: quello che
74
solitamente è un limite, questa volta si è rivelato
un vantaggio».
2) La capacità di Rossi di reagire immediatamente alle difficoltà. Prima del 16esimo giro, quando è stato sorpassato da Pedrosa, girava più o
meno negli stessi tempi di Lorenzo – 13esimo
giro: Rossi 1’56”807, Lorenzo 1’56”618; 14esimo: Rossi 1’56”698, Lorenzo 1’56”749; 15esimo:
Rossi 1’57”873, Lorenzo 1’57”810 -, un ritmo che
75
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MotoGP
Giri veloci in gara.
Lorenzo 1’54”867 (al 3° giro); Dovizioso 1’55”187
(6); Rossi 1’55”221 (6); Pedrosa 1’55”394 (8);
Marquez 1’56”129 (6); Crutchlow 1’56”412 (5);
Smith 1’56”524 (10); A.Espargaro 1’56”525 (5);
Miller 1’56”596 (4); Vinales 1’56”748 (5).
Marc Marquez è stato limitato dalla rottura del
quinto metacarpo della mano sinistra rimediato settimana scorsa mentre si allenava?
Risponde Marquez: «No, perché con il bagnato
la mano non era troppo sollecitata. Piuttosto,
non ero a posto con la moto: nel warm up non
mi sentivo a mio agio, ma non ce la siamo sentita
di fare un cambiamento importante per la gara.
Le piccole modifiche apportate non mi hanno
consentito di spingere più forte, non mi trovavo
bene, specie con l’anteriore».
Cosa è successo ad Andrea Dovizioso, facilmente quarto per dieci giri, e poi in affanno nel
finale, fino al quinto posto finale?
Risponde Dovizioso: «Sono contento della velocità iniziale, ma la gomma anteriore è calata
76
troppo velocemente: non me lo aspettavo, anche
perché stavo guidando in maniera intelligente,
attento a non forzare troppo, consapevole che ci
sarebbero potuto essere problemi nel finale.
Ma già dopo 8 giri non potevo più guidare, ho
dovuto frenare molto prima, a metà curva non
avevo aderenza.
E’ un vero peccato, perché con l’acqua siamo
forti, come si è visto nei primi giri».
E Andrea Iannone perché è stato costretto al
ritiro all’11esimo giro mentre era in settima posizione?
Risponde Iannone: «Ho avuto un problema meccanico al motore: fin dal primo giro non spingeva,
finché non si è fermato definitivamente. Potevo
essere competitivo anche sull’acqua».
77
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LE PAGELLE
DEL GP DEL GIAPPONE
di Giovanni Zamagni | Pedrosa 10 e lode, 9 a Rossi; sufficienza
stiracchiata a Lorenzo Marquez e Dovizioso
10
E LODE DANI PEDROSA
Grande il “robottino”: sembrava destinato a un altro fine settimana difficile, sempre all’inseguimento, sempre alla ricerca di uno per fare
trentuno. Invece eccolo di nuovo davanti a tutti,
con una gara da applausi: in 17 giri, dal settimo al
24esimo, è passato da -8”8 a +8”5. Tradotto: ha
rifilato un secondo al giro a Valentino Rossi. La
lode per essere stato capace, ancora una volta,
78
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di superare mille difficoltà fisiche e psicologiche.
Prima guida.
9
VALENTINO ROSSI
Velocissimo nelle FP4, grande protagonista
in qualifica, ineccepibile in gara: ogni volta sembra che Lorenzo lo debba suonare come un tamburo, ma poi è sempre Rossi ad avere la meglio,
anche su una pista in passato a lui ostica. Sta
facendo qualcosa di straordinario, contro piloti
fortissimi: eppure, da almeno il 2010 viene dato
per finito. Campionissimo.
6
JORGE LORENZO
«Se non avesse piovuto, avrei vinto sicuramente» (tutto da dimostrare, perché Rossi aveva il suo stesso passo). «Se non avesse smesso
di piovere, avrei vinto sicuramente» (probabile).
«Se non fossi stato sfortunato sarei in testa al
mondiale». Eh no, caro Jorge, così non va: per
vincere un titolo non basta essere veloci. Se tu
fossi completo come Rossi, saresti primo in classifica. Calimero.
6
MARC MARQUEZ
Vista la paga che ha preso dal compagno
di squadra, meriterebbe l’insufficienza. Ma non
MotoGP
dimentichiamo che ha corso con il metacarpo
del mignolo della mano sinistra rotto da pochi
giorni: per una volta si è accontentato senza esagerare. Compitino.
6
ANDREA DOVIZIOSO
Anche per lui una sufficienza un po’ tirata,
specie considerando il distacco, ma quello che
ha fatto nei primi giri è stato incoraggiante. Poi la
gomma l’ha costretto a rallentare vistosamente:
giusto premiare i primi 10 giri da protagonista. In
ripresa.
5
CAL CRUTCHLOW
Dove è finito il pilota aggressivo e spregiudicato? Non si vede mai, né in prova né in gara, né
sull’asciutto né sul bagnato.
Trasparente.
79
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Periodico elettronico di informazione motociclistica
6
ANDREA IANNONE
Per quello fatto in prova, dove ha lavorato
bene, mettendo in mostra un passo da podio. E’
stato fermato da un problema tecnico.
4
8
4
BRADLEY SMITH
Un’altra gara incolore, la seconda consecutiva dopo l’impresa di Misano. Della serie: ripetersi non è mai facile.
4
SCOTT REDDING
Con una Honda “Factory” finisce dietro
al collaudatore Yamaha Nakasuga (voto 7), alla
Ducati “Open” di Barbera (voto 7) e prende due
secondi al giro. Inspiegabile.
5
ALEIX ESPARGARO
Era in buona posizione (6°), ma è scivolato.
Se non altro, poi ha fatto una buona rimonta, da
18esimo a 11esimo.
80
DUCATI GP15
Sull’asciutto ha fatto vedere di essere competitiva (era da 8), ma in gara ha messo troppo
in crisi la gomma anteriore. E c’è stato un altro
problema tecnico: preoccupante.
HONDA RC213V
Ha vinto, ma se fosse stato asciutto, avrebbe faticato a salire sul podio. Non è più la moto
invincibile del 2014.
SUZUKI GSX-RR
Siamo in fase di involuzione, in ogni condizione. E le novità arrivano con il contagocce,
il seamless è in ritardo e non si vedrà in questa
stagione.
8,5
5
YAMAHA M1
Vale il discorso opposto della Honda,
ma in gara ha consumato troppo le gomme: dato
5
che è successo a entrambi i piloti, non può essere questione di stile di guida o messa a punto
sbagliata.
6
DANILO PETRUCCI
Considerando le prestazioni della GP14.2
nel 2014 a Motegi c’era grande aspettativa. Invece, questa volta, Danilo non è mai riuscito a
essere competitivo, nemmeno sull’amata acqua.
MotoGP
APRILIA RS-GP
Qualche segnale positivo sul singolo giro,
piccoli miglioramenti. Meglio di niente.
5
ALVARO BAUTISTA
In prova prende spesso paga dal compagno
di squadra, in gara gli è quasi sempre davanti.
5
STEFAN BRADL
Nelle FP1 e in Q1 ha portato un po’ di ossigeno dentro al box Aprilia. Con il bagnato si è perso.
4
POL ESPARGARO
Un’altra gara nelle retrovie, un’altra caduta
nel finale, questa volta a due giri dal termine. E gli
è anche andata bene. Trottolino sempre a terra.
4
MAVERICK VINALES
Va piano e cade.
81
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MotoGP
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MotoGP Motegi
Classifica
Generale
82
Classifica
GP
Pos.
Pilota
Punti
Pos.
Pilota
Punti
1
Valentino ROSSI
283
1
Dani PEDROSA
25
2
Jorge LORENZO
265
2
Valentino ROSSI
20
3
Marc MARQUEZ
197
3
Jorge LORENZO
16
4
Andrea IANNONE
172
4
Marc MARQUEZ
13
5
Dani PEDROSA
154
5
Andrea DOVIZIOSO
11
6
Bradley SMITH
152
6
Cal CRUTCHLOW
10
7
Andrea DOVIZIOSO
150
7
Bradley SMITH
9
8
Cal CRUTCHLOW
98
8
Katsuyuki NAKASUGA
8
9
Danilo PETRUCCI
93
9
Hector BARBERA
7
10
Pol ESPARGARO
88
10
Scott REDDING
6
11
Aleix ESPARGARO
81
11
Aleix ESPARGARO
5
12
Maverick VIÑALES
74
12
Takumi TAKAHASHI
4
13
Scott REDDING
73
13
Nicky HAYDEN 3
14
Yonny HERNANDEZ
49
14
Yonny HERNANDEZ
2
15
Hector BARBERA
30
15
Mike DI MEGLIO
1
16
Loris BAZ
28
17
Alvaro BAUTISTA
26
18
Jack MILLER
16
19
Nicky HAYDEN
16
20
Stefan BRADL
11
83
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STORIE DI MOTOGP
MOTEGI RACCONTATO
DA ROBERTO LOCATELLI
di Giovanni Zamagni | Roberto Locatelli ci svela tutti i segreti del circuito
di Motegi, e ci racconta di quando, proprio in Giappone, vinse il titolo
125
C
on Roberto Locatelli parliamo della
prima delle tre tappe del Mondiale in
Oriente. L’ex pilota e campione del
mondo 125 ci racconta di quando,
nel 2000, proprio in Giappone sognò la giornata perfetta, poi si svegliò, scese in pista, vinse e
conquistò il titolo.
Come di consuetudine, non mancano l’analisi
84
del circuito e delle caratteristiche del tracciato.
Il pronostico di Roberto sul campionato? «La
fortuna è l’ago della bilancia di questa stagione
- sostiene Locatelli. I livelli di bravura sono al 50
e 50. Chi incontrerà la sfortuna sarà sconfitto da
lei, e non dal compagno di squadra. Quest’anno,
dire che uno è stato più bravo dell’altro sarebbe
sbagliato».
85
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di poter restare con Honda. Con la casa giapponese ho colto i più importanti successi della mia
carriera. La Superbike è un campionato che ho
sempre seguito da vicino sin da bambino, anche
perché in passato ci hanno corso e vinto molti
piloti americani. Penso che questi siano il momento giusto e la squadra giusta per passare in
Superbike. So che ho molto da imparare, e che
questa sarà per me una grande sfida, ma sono
molto motivato e voglio iniziare ad imparare tutto quello che posso. Vorrei dire grazie a tutti coloro che mi hanno sostenuto nella mia carriera in
MotoGP. Abbiamo trascorso momenti molto belli, ma ora è il momento di andare avanti e provare
qualcosa di diverso».
Michael van der Mark
«Non vedo l’ora che arrivi il 2016! In questa stagione abbiamo fatto molti progressi con la CBR,
e credo che l’esperienza maturata con questa
moto in ogni pista sia un’ottima base da cui partire. Abbiamo migliorato la nostra moto nel finale
Superbike
di gara, e questo ci ha permesso di stare con i
primi,obiettivo al quale abbiamo puntando per
tutto l’anno. Il prossimo, naturalmente, è la vittoria. Credo che nella mia seconda stagione sulla
CBR potrò puntare a fare altri podi e a lottare per
vincere. Sono felice che Nicky sia il mio compagno di squadra il prossimo anno, e credo che saremo in grado di imparare reciprocamente molto
nel corso della stagione».
Marco Chini - WSBK Honda
Operations Manager
«Siamo naturalmente molto lieti di annunciare
che Nicky Hayden sarà il compagno di squadra
di Michael sulla Honda CBR Fireblade nel campionato del mondo Superbike 2016. Il team ha
lavorato duramente in questa stagione, continuando lo sviluppo della moto soprattutto nella
parte elettronica con Cosworth, e siamo davvero
felici che questo sforzo si sia tradotto in ottime
prestazioni da parte di entrambi i nostri piloti, in
HAYDEN IN SBK
CON HONDA TEN KATE
di Carlo Baldi | Il pilota americano ha scelto la Superbike, ed ha firmato
un contratto biennale con il team Honda Ten Kate. E’ il primo campione
del mondo MotoGP a passare in Superbike
L
a notizia era nell’aria da giorni, ma
solo oggi in Giappone Nicky Hayden
ha firmato il contratto biennale che lo
lega al team Honda Ten Kate. Una volta appurata la sua volontà di lasciare la MotoGP
per passare alla classe regina delle derivate dalla serie, il pilota americano aveva ricevuto varie
proposte, ma alla fine quella che lo ha convinto
maggiormente è stata quella del team Ten Kate,
supportato da Honda Europe. Un team olandese, un pilota americano ed una Casa giapponese,
ma la trattativa è stata abilmente condotta da un
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italiano: Marco Chini, responsabile del progetto
Honda SBK. Chini ha lavorato settimane per portare in Superbike il campione del mondo MotoGP
del 2006, e finalmente questa mattina, in Giappone, quando in Italia era quasi giorno, la firma
di Nicky ha chiuso la vicenda e ora l’americano è
ufficialmente il compagno di squadra di Michael
VdMark.
Nicky Hayden
«La mia prossima tappa sarà la Superbike con
la Honda! Sono molto emozionato, ovviamente,
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Superbike
nella classifica finale. Gli bastarono tre anni per
vincere il titolo AMA (pilota più giovane) e nello
stesso anno partecipò come wild card alla gara
di Laguna Seca del mondiale Superbike, andando a punti. Nel 2003 il grande salto in MotoGP,
nel team Repsol Honda, compagno di squadra di
un certo Valentino Rossi al quale, come sappiamo, strappò il titolo mondiale nel 2006, nell’ultima gara di Valencia. Dopo aver sempre corso
con moto Honda, nel 2009 si trasferì alla Ducati
per restarci cinque anni, e nel 2011 ritrovò ancora
Rossi come compagno di squadra. Nel 2014 eccolo di nuovo alla Honda, nel team Aspar, dove
milita tutt’ra nella classe Open. Il suo arrivo è una
grande notizia per il mondiale Superbike, che si
arricchisce non solo di un ex campione del mondo MotoGP, ma anche di un pilota determinato a
vincere. Nicky ha scelto la Superbike per tornare
a vincere, e farà di tutto per essere il primo pilota
nella storia del motociclismo a laurearsi campione del mondo sia in MotoGP che in Superbike.
particolare nelle ultime gare. Questi risultati hanno dimostrato che la CBR ha ancora un grande
potenziale, e sono felice che abbiano potuto influenzare la decisione di Nicky e indurlo a far parte del nostro progetto. Siamo certi che la grande
esperienza che ha acquisito al più alto livello del
nostro sport potrà aiutare la squadra a continuare nello sviluppo della moto».
Ronald Ten Kate - team manager
«E’ chiaro che Ten Kate è stat, e sarà sempre un
team Honda. C’è solo una persona al mondo che
potrebbe essere più Honda di noi, e questo è Nicky Hayden! È per questo che io sono assolutamente felice che lui si unisca a noi nella prossima
stagione. E’ stato campione AMA Superbike con
la Honda, e siamo ansiosi di poterlo riportare alla
sue radici in SBK. Lavorando insieme ed unendo le nostre forze mi auguro che in futuro Nicky
possa diventare il primo campione del mondo sia
della MotoGP che del Mondiale Superbike. Sia88
mo inoltre lieti di unire l’esperienza di Nicky alla
giovanile esuberanza di Michael, che ha mostrato davvero un buon passo ed enorme potenziale
sulla CBR nella sua prima stagione. Penso che si
possa tranquillamente dire che sono più che felice dei piloti che schiereremo nel 2016!».
Nicky Hayden
Nicholas Patrick “Nicky” Hayden è nato a
Owensboro, nel Kentucky, il 30 luglio 1981. E’ il
secondo di tre fratelli. Il più piccolo, Roger Lee,
gareggia attualmente nel campionato AMA Superbike ed ha corso per una stagione nel mondiale Superbike, con la Kawasaki del team Pedercini. Il più grande, Tommy, corre a sua volta
nell’AMA Superbike, ed è stato campione americano della Supersport nel 2004. Per Nicky si
tratta di un ritorno alle Superbike, visto che nel
2000, agli inizi della sua carriera, il pilota del
Kentucky esordì nel campionato nazionale delle
derivate dalla serie, piazzandosi subito secondo
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aveva completato il giro precedente l’arresto
della prova. La terza ed ultima innovazione è
quella più sensazionale, e riguarda l’assegnazione del punteggio anche alle manche di qualificazione MXGP e MX2 decisa senza dubbio per dare
più peso e spettacolarità alla giornata di sabato
che quindi non deciderà più solo lo schieramento
di partenza delle due manche ufficiali. La tabella premi prevede infatti 5 punti al vincitore della
manche, 4 al 2° classificato, 3 al 3°, 2 al 4° e 1
al 5°, mentre il vincitore assoluto della manifestazione sarà il pilota che ha ottenuto il maggior
numero di punti sommando quelli della qualificazione e di Gara 1 e di Gara 2 indipendentemente
dal numero di manche concluse. Una decisione
rivoluzionaria in ottica di titolo, in quanto considerando 18 GP nel caso un pilota le vincesse tutte
solo le manche di qualificazione mettono in palio
ben 90 punti. Non solo, specie per quanto riguarda la MXGP dove i piloti, più esperti e attempati
di quelli della 250, sono piuttosto “conservativi”,
Motocross
dovranno rivedere la loro tattica di gara in quanto la manche cronometrata che anticipa quella di
qualificazione e che determina lo schieramento
di partenza di quella successiva assume un importanza maggiore e li costringe quindi ad un impegno nettamente superiore.
Per non parlare della qualifica, che ora obbliga
a darci dentro non solo per conquistare i nuovi
punti in palio ma anche per ottenere il miglior risultato in una manche di solo 20 minuti anziché
30 come sono le due della domenica. «Non ho riflettuto ancora sui pro e contro ma non mi sembra una soluzione sbagliata quella del punteggio
alle qualifiche - ha commentato a Moto.it il neo
iridato MXGP Romain Febvre - anche se in effetti
da parte nostra ci dovrà essere un impegno superiore. In effetti capisco che a volte la manche
del sabato siano noiose, per lo spettacolo sarà
senz’altro meglio perché c’è la motivazione per
dare di più, tra l’altro il punteggio penso sia corretto».
REGOLAMENTO MXGP 2016
PUNTI ASSEGNATI ANCHE IN QUALIFICA
di Massimo Zanzani | Per il 2016 la FIM aggiorna il regolamento del
Mondiale motocross con tre importanti provvedimenti. Il commento
di Romain Febvre
S
e ne discuteva da tempo, e alla fine
la Federmoto Internazionali ha preso posizione aggiornando il regolamento con alcune interessanti novità. La prima richiama lo sfortunato episodio che
quest’anno nell’ultima manche del campionato
WMX ha impedito a Livia Lancelot di contendere il titolo a Kiara Fontanesi, in quanto appiedata
dalla propria Kawasaki proprio nel giro di ricognizione. Dal prossimo anno, è invece previsto che
90
i piloti in caso di noie tecniche avranno la possibilità di utilizzare la seconda moto dopo il giro
di allineamento. Nel caso invece una manche
venga interrotta dopo che almeno due giri siano
stati completati o prima che sia trascorso il 51%
del tempo della gara, si effettuerà una ripartenza
dai box dove i piloti scatteranno in ordine della
posizione che occupavano nel giro precedente
l’arresto della corsa. La gara sarà continuata per
il tempo rimanente al momento in cui il leader
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essere in qualche modo previsto. Circoscrivere
il numero dei “papabili” era già difficile. Indicare un vincitore certo, impossibile. Tutti bravi, o
tutti tifosi, si finisce sempre per offrire il proprio
parere autorevole, ma nel caso della Corsa delle Moto vedo pochi “esperti” che si sarebbero
azzardati a scommettere qualcosa. La ragione
di tanta incertezza è da attribuire in parti uguali
alle difficoltà intrinseche del Rally, come sempre
organizzato “al lusso” da NPO Events, alla temerarietà dell’impresa di definire un erede di Marc
Coma, e alle situazioni in equilibrio che avrebbero deciso in Marocco da che parte far pendere
la bilancia. Una su tutte l’assegnazione del Campionato del Mondo, con due Piloti, Amici e Compagni di Squadra praticamente appaiati, Mathias
Walkner e Pablo Quintanilla.
L’assenza di Coma la
vera incognita
Ma la grandissima variabile incognita del Rally del Marocco era l’assenza di Marc Coma, tra
l’altro campione in carica avendo vinto l’edizione
Rally
scorsa, e virtualmente “presente”. Bisogna ricordare che, da oltre dieci anni a questa parte,
chiunque abbia voluto diventare qualcuno doveva ispirarsi a Coma o a Despres. E nessuno ci
è riuscito. Passato alle Macchine il francese, il
catalano è diventato il faro della specialità. Ora,
invece, tabula rasa. Piloti e bravura, Campioni ed
eccellenze hanno bisogno di nuovi riferimenti,
che si trovano solo sulla pista, e chiunque voglia
emergere deve inventarsi e creare nuovi assetti. Ecco da dove nasce la grande incertezza e il
grande fascino agonistico del Marocco. Due Piloti collaudati e fortissimi, Barreda e Gonçalves con
Honda, una schiera con KTM e Husqvarna (per
ora mettiamoli insieme), giovani come Walkner,
Sunderland, Quintanilla, neo-acquisti dall’Enduro come Meo, Renet e Cervantes, “senatori” del
calibro di Viladoms e Faria a far da balia.
Due giovani e un anziano sul podio
Si deve iniziare contando gli errori ed escludere
qualcuno. Barreda, per esempio, che ha fatto
l’errore più grosso. Confortevolmente in testa,
RALLY DEL MAROCCO
SUNDERLAND VINCE L’EDIZIONE 2015
di Piero Batini | Tappa difficilissima. Terreno, navigazione, pressione
psicologica. Sunderland vince il Rally delle Moto, e Walkner diventa
Campione del Mondo
V
ince Sam Sunderland, il britannico
di stanza negli Emirati Arabi che
vive correndo nel deserto di Dubai, e
che in Marocco ha affinato un’intelligenza di corsa esemplare su ogni tipo di terreno.
Secondo è Mathias Walkner, il pupillo di Heinz
Kinigadner e vincitore del Sardegna Rally Race
che, passando da uno stupore all’altro, dall’anno
scorso quando ha debuttato proprio in Marocco
92
e non sapeva neanche da che parte prendere il
via, a oggi che la sua carriera compie un anno,
riesce nell’impresa di battere Quintanilla, di vincere il Campionato del Mondo e di succedere
niente meno che a Marc Coma. E terzo è Paulo
Gonçalves, sicurezza Honda in un mondo che va
rapidamente evolvendo e il cui treno più importante è in partenza. Nessuno potrà mai dire che
il risultato del OiLibya Rally del Marocco poteva
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nella penultima tappa, lo spagnolo è partito
ugualmente all’attacco e dopo pochi chilometri
è caduto violentemente buttando tutto al vento
del deserto. Price, Gonçalves, gli enduristi, molti di questi hanno sbagliato, in maniera meno
grave. Poi ci sono i problemi. Tecnici, come la
pompa della benzina o elettrici di Rodrigues, o
l’acqua nei serbatoi di Duclos o di Laia Sanz, tra
l’altro vittima anche di un problema elettrico. E
mettiamoci anche quelli che si sono fermati per
dare una mano ai compagni in panne, vedi Alessandro Botturi il primo giorno. Meo, poi ripartito, Price e Viladoms KO per un attacco virale,
e tutti quelli caduti, tra i quali spiccano Renet,
Cervantes e Quintanilla, i primi due “giustificati”
dall’inesperienza, l’ultimo probabilmente vittima
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Rally
della pressione. “Pablito”, infatti, era in corsa per
il Mondiale. Il cileno contro l’austriaco Walkner.
Ha vinto il sudamericano. Chi resta? Due giovani e un “anziano”. Sam Sunderland, che vince
il Rally pur sbagliando nell’ultima tappa e perdendo buona parte dei suoi 5 minuti di vantaggio. Walkner, per la verità glaciale nonostante la
cortissima esperienza, e Paulo Gonçalves, semplicemente irriducibile. Due KTM e una Honda.
Ecco il podio. E per la verità restano anche due
Italiani bravissimi. Paolo Ceci, grande, affidabile
Pilota, la cui esperienza è stata precettata dal
Team HRC per offrire ai suoi Piloti di punta una
protezione delle spalle per la prossima Dakar, e
Jacopo Cerutti, alla sua prima esperienza da ufficiale in Africa. Tutti due missione compiuta.
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CAPO REDATTORE
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Maurizio Tanca
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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