Il pensiero moderno (L’idealismo tedesco: Hegel) Prof. Daniele Pelini Email: [email protected] Kant L’idealismo tedesco a) Fichte b) Schelling c) Hegel Kant L’idealismo tedesco a) Fichte b) Schelling c) Hegel Il materialismo a) Feuerbach b) Marx Kant L’idealismo tedesco a) Fichte b) Schelling c) Hegel Il materialismo a) Feuerbach b) Marx Il positivismo a) Comte b) Darwin c) Spencer Kant L’idealismo tedesco a) Fichte b) Schelling c) Hegel Il materialismo a) Feuerbach b) Marx Il positivismo a) Comte b) Darwin c) Spencer Il rifiuto della ragione assoluta a) Schopenhauer b) Kierkegaard Kant Il materialismo a) Feuerbach b) Marx L’idealismo tedesco a) Fichte b) Schelling c) Hegel Il positivismo a) Comte b) Darwin c) Spencer Il rifiuto della ragione assoluta a) Schopenhauer b) Kierkegaard La libertà del divenire a) Bergson b) Nietzsche G.W.F. Hegel (1770-1831) “Secondo il mio modo di vedere che dovrà giustificarsi soltanto mercé l’esposizione del sistema stesso, tutto dipende dall’intendere e dall’esprimere il vero non come sostanza, ma altrettanto decisamente come soggetto” La posizione dell’idealismo tedesco Il punto di vista dell’idealismo tedesco emerge dal confronto critico con la filosofia kantiana e muove dalla messa in questione del presupposto fondamentale del criticismo: la finitezza della ragione che si esprime nella distinzione tra fenomeno e cosa in sé. L’idealismo tedesco guadagna la propria posizione rilevando la contraddizione insita nel concetto di «cosa in sé»: proprio perché è concepita, la «cosa in sé» non può essere «in sé», giacché se essa fosse veramente chiusa al conoscere non potremmo averne il benché minimo pensiero (neanche un concetto indeterminato) La posizione dell’idealismo tedesco “Il dogmatismo parte da un essere in quanto assoluto e il suo sistema non si eleva mai pertanto oltre l’essere. L’idealismo non conosce affatto alcun essere come qualcosa di sussistente per sé. In altre parole: il primo parte dalla necessità, il secondo dalla libertà. I due si trovano perciò in due mondi completamente diversi” (Fichte, Seconda introduzione alla Dottrina della scienza, § 10) La posizione dell’idealismo tedesco L’idealismo rileva che qualunque cosa si costituisca a vario titolo come oggetto per il pensiero si risolve integralmente nelle determinazioni mediante cui tale oggetto è pensato: se nella considerazione del fenomenico prescindo dall’insieme dei concetti entro cui esso si presenta ed esiste dinanzi a me come insieme di oggetti, ciò che mi resta non è l’esistenza indeterminata di qualcosa di indipendente ed estraneo al pensiero (la «cosa in sé»), bensì un puro nulla La posizione dell’idealismo tedesco “La presupposizione dell’idealismo sarà perciò questa: l’intelligenza agisce. […] l’intelligenza non sente un’impressione dall’esterno, ma sente in quell’agire i limiti della sua propria essenza. Nella misura in cui l’idealismo compie questa presupposizione delle leggi necessarie dell’intelligenza, unica presupposizione razionalmente determinata e davvero esplicativa, si chiama critico o anche trascendentale” (Fichte, Prima introduzione alla dottrina della scienza, § 7) La posizione dell’idealismo tedesco “Lo sappiamo bene, […] la cosa non è nient’altro se non tutte queste relazioni unite dall’immaginazione e tutte queste relazioni messe insieme sono la cosa; l’oggetto è in ogni caso la sintesi originaria di tutti quei concetti. Forma e materia non sono elementi separati; l’intera formalità è la materia e solo nell’analisi noi otteniamo forme singole” (Fichte, Prima introduzione alla dottrina della scienza, § 7) La posizione dell’idealismo tedesco “In quanto dunque il pensiero soggettivo è il nostro più proprio ed intimo atto, e il concetto oggettivo delle cose costituisce la loro stessa natura, noi non possiamo tirarci fuori da quell’atto, non possiamo stare al di sopra di esso, come nemmeno possiamo sorpassare la natura delle cose. […] per noi la cosa non può essere appunto altro che i vari concetti che di essa abbiamo” (Hegel, Scienza della logica, Prefazione alla seconda edizione ) La posizione dell’idealismo tedesco “Quando la filosofia critica intende il rapporto di questi t r e termini come se noi mettessimo i p e n s i e r i come mezzo fra n o i e le c o s e nel senso che questo mezzo ci escluda fuor delle c o s e piuttosto che concluderci, o unirci, con esse, ad una tal maniera di vedere è da opporre la semplice osservazione che coteste cose appunto, che dovrebbero trovarsi all’altro estremo, al di là di noi e al di là dei pensieri che ad esse si riferiscono, sono esse stessi enti di ragione, anzi, come affatto indeterminate, un u n i c o ente di ragione – la cosiddetta Cosa in sé della vuota astrazione” (Hegel, Scienza della logica, Prefazione alla seconda edizione ) La posizione dell’idealismo tedesco Ma se il concetto di una «cosa in sé» è assurdo tanto quanto quello di un «triangolo quadrato», bisogna concludere che l’oggetto da esso designato, ossia una dimensione indipendente e indifferente al pensiero, non esiste e non può esistere: ciò implica che il pensiero debba comprendersi come realtà infinita (= non limitata da altro) e creatrice (= fonte di tutto ciò che è), ossia come l’unica realtà assoluta: spirito e natura non sono altro che differenti, necessari momenti del processo di autoproduzione e automanifestazione dell’Assoluto La posizione dell’idealismo tedesco Contraddittorietà del concetto di «cosa in sé» La posizione dell’idealismo tedesco Contraddittorietà del concetto di «cosa in sé» Negazione dell’esistenza della «cosa in sé» La posizione dell’idealismo tedesco Contraddittorietà del concetto di «cosa in sé» Negazione dell’esistenza della «cosa in sé» Affermazione del pensiero come realtà infinita e creatrice Fenomeno e noumeno uomo Intuizione derivata (intuitus derivativus) Intelletto ectipo (intellectus ectypus) Fenomeno (cosa per noi ) «Mondo» Noumeno (cosa in sé) Fenomeno e noumeno uomo Intuizione derivata (intuitus derivativus) Intelletto ectipo (intellectus ectypus) Fenomeno (cosa per noi ) «Mondo» Dio Intuizione originaria (intuitus originarius) = Intelletto archetipo (intellectus archetypus) Noumeno (cosa in sé) Fenomeno e noumeno uomo Intuizione derivata (intuitus derivativus) Intelletto ectipo (intellectus ectypus) Fenomeno (cosa per noi ) «Mondo» Dio Intuizione originaria (intuitus originarius) = Intelletto archetipo (intellectus archetypus) Noumeno (cosa in sé) Fenomeno e noumeno uomo Intuizione derivata (intuitus derivativus) Intelletto ectipo (intellectus ectypus) Fenomeno (cosa per noi ) «Mondo» Dio Intuizione originaria (intuitus originarius) = Intelletto archetipo (intellectus archetypus) Noumeno (cosa in sé) Il fenomeno è lo Spirito come autoproduzione dell’Assoluto Il fenomeno è lo Spirito come autoproduzione dell’Assoluto Il vero è l’Intero e questo è soggetto La tesi centrale della filosofia hegeliana afferma che il vero (= tutto ciò che esiste effettivamente) è l’Assoluto, l’Infinito. Ma questo non può esser inteso come sostanza, ossia come un essere immutabile interamente ed eternamente presente a se stesso: al contrario, l’Assoluto deve comprendersi come attività in divenire producente se stessa e che soltanto alla fine di un processo di sviluppo giunge a conoscersi come totalità autosufficiente in cui si risolve ogni realtà finita Il vero è l’Intero e questo è soggetto L’essere infinito cui tradizionalmente ci riferiamo con il termine «Dio», si fa altro da sé, si aliena nel finito per appropriarsi di sé, per giungere a conoscersi in quanto fonte di ogni essere. «Dio» non può giungere all’autocoscienza assoluta se non fa esperienza della finitezza, della morte e in generale del suo liberarsi, del suo svincolarsi dal finito: deve inizialmente perdersi nel finito e nell’incoscienza per poi potersi riconquistare, ossia rivelare sé a se stesso gradualmente e faticosamente nel corso del concreto processo storico L’Assoluto è sviluppo “Il vero è l’intero. Ma l’intero è soltanto l’essenza che si completa mediante il suo sviluppo. Dell’Assoluto devesi dire che esso è essenzialmente Risultato, che solo alla fine è ciò che è in verità; e proprio in ciò consiste la sua natura, nell’essere effettualità, soggetto o divenir-se-stesso” (Fenomenologia dello spirito, Prefazione) L’Assoluto è sviluppo “nel germoglio è contenuto l’intero albero; non ne vien fuori niente che non fosse già in esso: il germoglio è semplice, è un puntino; attraverso il microscopio in esso si scopre ben poco, tuttavia questa cosa semplice è gravida di tutte le qualità costituenti l’albero; i rami, la configurazione di tronco e foglie, i fiori, il loro profumo, eccetera si trovano in questa cosa semplice: sebbene non siano presenti in maniera sensibile, sono assolutamente contenuti in essa. È essenziale sapere che esiste qualcosa di semplice che contiene in se stesso la molteplicità, però in modo tale che essa ancora non esista” (Lezioni sulla storia della filosofia, Introduzione) L’idealità del finito Il finito, di per sé preso – ossia ogni determinazione del mondo considerata nel suo isolamento –, ha un’esistenza puramente ideale (= non reale) o astratta, nel senso che non esiste di per sé, di contro o al di fuori dell’infinito: “La proposizione che il finito è ideale costituisce l’idealismo. […] L’idealismo della filosofia consiste soltanto in questo: nel non riconoscere il finito come vero essere” (Scienza della logica) L’idealità del finito Il finito, di per sé preso – ossia ogni determinazione del mondo considerata nel suo isolamento –, ha un’esistenza puramente ideale (= non reale) o astratta, nel senso che non esiste di per sé, di contro o al di fuori dell’infinito: “Il finito è soltanto questo: diventare infinito esso stesso per sua natura. L’infinità è la sua destinazione affermativa, quello che esso è veramente in sé. Così il finito è scomparso nell’infinito, e quello che è, è soltanto l’infinito” Lo scopo dell’Assoluto: la libertà “Questa conciliazione con sé dello spirito, questo suo tornare a se stesso può esser considerato come il suo scopo supremo e assoluto: ciò soltanto egli vuole e null’altro. Tutto ciò che avviene, che avviene eternamente in cielo e sulla terra, la vita di Dio e tutto ciò che si compie nel tempo, tende soltanto allo scopo che lo spirito conosca se stesso, che faccia di sé il proprio oggetto, che diventi per se stesso, che si concili con sé” Lo scopo dell’Assoluto: la libertà “Egli è sdoppiamento, alienazione, ma solo al fine di poter trovar se stesso e di poter ritornare in sé. Solo questa è autentica libertà: giacché è libero solo ciò che non si riferisce ad altro, né dipende da altro. E lo spirito, mentre torna in se stesso, ottiene appunto di esser libero” La dialettica hegeliana Con l’espressione «dialettica» Hegel intende non soltanto il «metodo» della filosofia in quanto conoscenza concettuale che l’Assoluto ha di sé, bensì anzitutto la legge che regola l’apparire delle determinazioni particolari del mondo ed il loro costituirsi quali momenti necessari del processo di sviluppo dell’Intero. Che il reale abbia una struttura dialettica significa che ogni cosa nasce e si sviluppa dalla lotta, emergendo come la sintesi di due determinazioni antitetiche: l’infinito è il positivo che si realizza mediante la negazione di quella negazione che è propria di ogni finito, è il superamento (Aufhebung) sempre realizzantesi del finito La dialettica hegeliana Dialettica a) legge dell’autoproduzione dell’Assoluto (legge della manifestazione del reale) b) logica dell’autocomprensione dell’Assoluto (metodo della scienza) La dialettica hegeliana Lo sviluppo dell’autocomprensione dell’Assoluto, ossia il suo progressivo riconoscersi come l’Intero autoproducentesi, presenta dunque tre aspetti: a) l’astratto o intellettivo b) il dialettico o negativamente razionale c) lo speculativo o positivamente razionale La dialettica hegeliana a) Tesi – La coscienza che si è elevata alla considerazione dell’universale è l’intelletto, la cui caratteristica è la riflessione: in essa le determinatezze della realtà («vita», «morte», «bene», «male», etc.) vengono isolate e poste come sussistenti per sé. L’intelletto non può affatto vedere che le determinazioni così poste sono momenti dello sviluppo dell’unica realtà assoluta La dialettica hegeliana b) Antitesi – La coscienza che si è elevata alla considerazione della totalità concreta di ciò che esiste è la ragione, la cui caratteristica è la speculazione. Speculare significa innanzitutto scorgere l’astrattezza delle determinazioni intellettive, ossia la loro incapacità di essere poste per sé: sotto lo sguardo della ragione ogni determinazione (posizione finita) dilegua, cioè si mostra in connessione dinamica con un altra determinazione ad essa opposta (ad es. non posso comprendere che cos’è «vita» se non collego questo concetto a quello di «morte») La dialettica hegeliana “La dialettica, per contro, è quell’oltrepassamento immanente in cui l’unilateralità e la limitatezza delle determinazioni intellettive si presentano per quello che sono, cioè come negazione delle determinazioni stesse. Ogni finito consiste nel rimuovere se stesso. Il momento dialettico costituisce quindi l’anima motrice del procedimento scientifico, ed è l’unico principio mediante cui il contenuto della scienza ottiene nesso e necessità immanenti; analogamente, è nel momento dialettico in generale che risiede la vera elevazione, non esteriore, al di sopra del finito” (Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, § 81) La dialettica hegeliana “non si deve pensare affatto che la dialettica sia qualcosa di presente solo alla coscienza filosofica, ma piuttosto il procedimento dialettico si trova già in ogni altra forma di coscienza e nell’esperienza generale. Tutto ciò che ci circonda può essere pensato come un esempio della dialettica. Noi sappiamo che ogni finito, invece di essere un termine fisso e ultimo, è piuttosto mutevole e transeunte, e questo non è altro che la dialettica del finito, mediante la quale il finito, in quanto in sé è l’altro da sé, viene spinto anche oltre quello che è immediatamente e si rovescia nel suo opposto” La dialettica hegeliana c) Sintesi – La ragione non si arresta alla considerazione negativa dell’universale opposizione delle determinazioni intellettuali, bensì concepisce positivamente e determinatamente ogni relazione oppositiva, nella misura in cui mostra come gli opposti di volta in volta considerati si costituiscano quali momenti di una realtà più alta che li ricomprende. Allorché la ragione concepisce tale realtà che unifica le determinazioni opposte, essa realizza un superamento (Aufhebung) dell’opposizione, ossia una soppressione (toglimento, negazione) della contraddizione che è, al tempo stesso, una conservazione della verità dei termini che la costituiscono in una realtà più elevata che li ricomprende La dialettica hegeliana “L’elemento speculativo nel suo vero senso è ciò che contiene in sé come superate quelle opposizioni a cui si ferma l’intelletto (e quindi anche l’opposizione tra soggettivo e oggettivo) e proprio così mostra di essere come concreto e come totalità” La posizione di Hegel La posizione di Hegel, definita da egli stesso come idealismo assoluto, può dunque essere riassunta nelle seguenti tre tesi capitali: a) il vero (= il reale, l’esistente) è l’Intero, ossia l’Assoluto b) l’Assoluto è soggetto (= spirito), ossia sviluppo, processualità c) l’Intero si costituisce e si conosce dialetticamente La prima formulazione del sistema (1807-1816) “La vera figura nella quale la verità esiste, può essere soltanto il sistema scientifico di essa. Collaborare a che la filosofia si avvicini alla forma della scienza, – alla meta raggiunta la quale sia in grado di deporre il nome di amore del sapere per essere vero sapere, – ecco ciò ch’io mi sono proposto” (Fenomenologia dello spirito, Prefazione) La prima formulazione del sistema (1807-1816) “Quanto al rapporto esterno, alla prima parte del Sistema della scienza, che contiene la Fenomenologia, doveva tener dietro una seconda parte, da contener la Logica e le due scienze reali della filosofia, la Filosofia della natura e la Filosofia dello spirito, colla qual parte sarebbe stato terminato il Sistema della scienza” (Scienza della logica, Prefazione alla prima edizione) La prima formulazione del sistema (1807-1816) I Scienza della Fenomenologia dello Spirito Sistema della Scienza II a) Scienza della Logica II b) Filosofia reale Filosofia della natura Filosofia dello spirito La Fenomenologia dello Spirito (1807) Il primo capolavoro di Hegel si autocomprende come l’esposizione scientifica dell’esperienza della coscienza. In quanto prima parte del sistema essa ha il compito di mostrare il cammino di liberazione compiuto dalla ragione (= sapere, pensiero), ossia le stazioni fondamentali (= «figure» della coscienza) del processo lungo cui essa è pervenuta alla comprensione di sé in quanto Assoluto (= totalità del reale). Il sapere che ha raggiunto questa condizione, il sapere che non ha più ostacoli dinanzi a sé, è lo spirito giunto alla propria compiuta automanifestazione – rivelazione che è, ad un tempo, il costituirsi di tutta la realtà La Fenomenologia dello Spirito (1807) Il sapere diventa assoluto quando tramonta il suo carattere relativo, ossia quando esso fa esperienza del progressivo dileguare della supposizione che vi sia un qualche oggetto da esso indipendente: quando ciò accade esplicitamente l’Assoluto acquista coscienza di sé in forma concettuale La Fenomenologia dello Spirito (1807) La fenomenologia è scienza perché espone il “Sistema dell’esperienza dello spirito”, ossia la connessione necessaria delle figure della coscienza (“il ciclo completo delle forme della coscienza”): diversamente da Fichte, per il quale la liberazione dell’io dalla propria originaria contraddizione si snoda lungo un percorso indefinito, Hegel ritiene che i «gradi» della coscienza costituiscano le tappe del cammino circolare lungo il quale l’Assoluto è giunto a conoscersi in quanto spirito La Fenomenologia dello Spirito (1807) La prima parte del sistema presenta dunque il movimento del pervenire a se stesso del sapere assoluto, ossia il progressivo superamento (Aufhebung) dell’insieme delle forme del sapere relativo: ognuna di queste forme è una «figura della coscienza» che, in quanto coscienza di un certo oggetto, si definisce di volta nella sua qualità di sapere in relazione all’oggetto che essa sa La Fenomenologia dello Spirito (1807) La Fenomenologia mostra come e perché ognuna di queste figure debba fare esperienza del proprio dileguare, giungendo così a presentare “la completa serie delle figure”: questa esibizione “dell’intero sistema della coscienza” offre la storia ideale dell’autocomprensione divina, ossia la storia di come egli sia giunto all’esplicita conoscenza di sé La Fenomenologia dello Spirito (1807) “Lo sviluppo assoluto, la vita di Dio e dello spirito è solo processo, movimento universale, ed in quanto è concreto esso consiste in una serie di sviluppi. Serie che non dev’esser raffigurata come una linea retta, bensì come un circolo, come un ritorno in se stesso. Un circolo che lungo la circonferenza presenta un gran numero d’altri circoli: uno sviluppo è sempre movimento che si verifica mediante parecchi sviluppi. Ciascuno sviluppo esprime uno stadio dello spirito” (Lezioni sulla storia della filosofia, Introduzione) La Fenomenologia dello Spirito (1807) “Il progresso dello sviluppo non si rivolge in direzione dell’infinito astratto, bensì ritorna in se stesso ed il processo nel suo insieme, il fine dello sviluppo, è il fatto che lo spirito pervenga a se stesso, sappia se stesso, poiché esso è presso di sé, è il fatto che esso ha coscienza di sé, che esso diviene oggetto a se stesso, che produce ciò che esso è e che si crea interamente, che diviene oggetto a se stesso in maniera integrale, che palesa completamente il suo lato interiore, che sprofonda in se medesimo mentre nel medesimo tempo il suo lato profondo viene alla luce” (Lezioni sulla storia della filosofia, Introduzione) La Fenomenologia dello Spirito (1807) “Dunque, scopo ultimo dello spirito è comprendersi, cogliere ciò che esso è: che esso non è più nascosto a se stesso, ma si sa, ed il percorso che conduce a questo, la serie degli sviluppi, dev’essere inteso come gli stadi del suo sviluppo” (Lezioni sulla storia della filosofia, Introduzione) La Fenomenologia dello Spirito (1807) A. Coscienza La Fenomenologia dello Spirito (1807) B. Autocoscienza A. Coscienza La Fenomenologia dello Spirito (1807) C. Ragione B. Autocoscienza A. Coscienza La Fenomenologia dello Spirito (1807) C. Ragione D. Spirito B. Autocoscienza A. Coscienza La Fenomenologia dello Spirito (1807) C. Ragione D. Spirito B. Autocoscienza A. Coscienza E. Religione La Fenomenologia dello Spirito (1807) F. Sapere assoluto C. Ragione D. Spirito B. Autocoscienza A. Coscienza E. Religione La Fenomenologia dello Spirito (1807) Intuizione Particolare La Fenomenologia dello Spirito (1807) Intelletto Universale Intuizione Particolare La Fenomenologia dello Spirito (1807) Ragione Totalità Intelletto Universale Intuizione Particolare A. La dialettica della Coscienza La prima tappa dell’itinerario fenomenologico offre l’esposizione della dialettica della coscienza, ossia della figura iniziale in cui il sapere trova se stesso: il sapere più naturale è quello che afferma l’esistenza di un non-io quale oggetto particolare, estraneo e indipendente. All’inizio la coscienza non ha occhi che per l’oggetto che, di volta in volta, si presenta qui ed ora dinanzi a lei: di conseguenza ritiene verità solo l’esistenza del particolare, rispetto al quale essa si considera qualcosa di accidentale A. La dialettica della Coscienza La molteplice esperienza che la coscienza fa con il suo oggetto conduce il sapere, attraverso numerosi capovolgimenti, ad una posizione diametralmente opposta a quella iniziale: l’oggetto si svela come un universale che dipende essenzialmente dalla coscienza. Questa scoperta che ogni oggetto (non-Io) dipende dal soggetto (Io) si realizza allorché l’iniziale certezza sensibile, rovesciandosi nella percezione, si solleva fino all’intelletto e segna il passaggio dalla Coscienza all’Autocoscienza A. La dialettica della Coscienza Certezza sensibile Il questo, il qui ed ora A. La dialettica della Coscienza Percezione La cosa Certezza sensibile Il questo, il qui ed ora A. La dialettica della Coscienza Intelletto La forza Percezione La cosa Certezza sensibile Il questo, il qui ed ora B. La dialettica della Autocoscienza La seconda stazione del cammino fenomenologico presenta la dialettica dell’autocoscienza, ossia l’esperienza nella quale si mostra quale sia la verità della certezza di se stessa. Dapprima l’autocoscienza scopre il proprio oggetto (l’Io) come realtà individuale, indipendente e conchiusa in se stessa, ossia si comprende in un modo che “esclude da sé ogni alterità”; ciò implica una considerazione puramente negativa del prossimo, che viene riguardato alla stregua di un oggetto qualunque B. La dialettica della Autocoscienza Ma siccome questo modo d’essere di ogni singola autocoscienza comporta la tendenza di ognuno a “togliere l’alterità che si presenta come vita indipendente”, ne scaturisce necessariamente una “lotta per la vita e per la morte” che si conclude con la vittoria dell’una e l’asservimento dell’altra B. La dialettica della Autocoscienza 1. La posizione dell’autocoscienza B. La dialettica della Autocoscienza 2. La dialettica signore-servo 1. La posizione dell’autocoscienza B. La dialettica della Autocoscienza 3. Lo stoicismo 2. La dialettica signore-servo 1. La posizione dell’autocoscienza B. La dialettica della Autocoscienza 3. Lo stoicismo 4. Lo scetticismo 2. La dialettica signore-servo 1. La posizione dell’autocoscienza B. La dialettica della Autocoscienza 5. La coscienza infelice 3. Lo stoicismo 4. Lo scetticismo 2. La dialettica signore-servo 1. La posizione dell’autocoscienza La Scienza della logica (1812-1816) La Logica è la pura filosofia speculativa ed esprime la “coscienza che lo spirito ha della sua pura essenza”. «Oggetto» della logica è dunque l’Idea assoluta (“idea in sé e per sé”), ossia la ratio essendi (Wesen = realitas = ) immanente all’intero sviluppo del reale che, da parte sua, esiste concretamente in quei due modi fondamentali che sono la natura (cose, piante, animali) e lo spirito (uomini) La Scienza della logica (1812-1816) In quanto espone l’autentico fondamento dell’Intero, la logica è di diritto anteriore ad ogni altra scienza, ossia è la filosofia prima. Tuttavia, siccome il movimento dell’apparire dello Spirito dinanzi a se stesso è la ratio cognoscendi dell’Idea assoluta, l’esposizione della Fenomenologia dello Spirito precede di fatto quella della Scienza della Logica. Il pensiero hegeliano, in quanto prende corpo nel Sistema della scienza, presenta dunque se stesso come la forma definitiva e insuperabile della filosofia La Scienza della logica (1812-1816) “Nella Fenomenologia dello spirito […] esposi la coscienza nel suo avanzare dalla prima immediata opposizione sua e dell’oggetto fino al sapere assoluto. […] Il concetto della scienza pura e la sua deduzione vengono dunque presupposti nella presente trattazione, in quanto la Fenomenologia dello spirito non è appunto altro che la deduzione di tal concetto” (Scienza della Logica, Introduzione) La Scienza della logica (1812-1816) “Il sapere assoluto è la v e r i t à di tutte le guise di coscienza, perché, come risultò da quel suo svolgimento, solo nel sapere assoluto si è completamente risolta la separazione dell’ o g g e tt o dalla c e r t e z z a d i s è, e la verità si è fatta eguale a questa certezza, così come questa alla verità” (Scienza della Logica, Introduzione) La Scienza della logica (1812-1816) La logica costituisce dunque “la vera e propria metafisica”, ossia intende se stessa come l’autentica realizzazione dell’idea dell’ontologia (metaphysica generalis), “la parte dell’antica metafisica che doveva ricercare la natura dell’ e n t e (ens) in generale”: essa offre “la struttura dell’intero presentato nella sua più pura essenza”, ossia espone lo sviluppo sistematico delle eterne categorie che configurano il concreto accadere storico di tutte le cose La Scienza della logica (1812-1816) “La logica è perciò da intendere come il sistema della ragion pura, come il regno del puro pensiero. Q u e s t o r e g n o è l a v e r i t à, c o m’ e s s a è i n s é e p e r s é s e n z a v e l o. Ci si può quindi esprimer così, che questo contenuto è la e s p o s i z i o n e d i D i o, c o m’ e g l i è n e l l a s u a eterna essenza prima della creazione d e l l a n a t u r a e d i u n o s p i r i t o f i n i t o” (Scienza della Logica, Introduzione) La prima formulazione del sistema (1807-1816) Fenomenologia dello Spirito Scienza del sapere apparente: esposizione del sistema dell’esperienza dello spirito, costituente la ratio cognoscendi dell’essenza dell’esistente (= idea assoluta) Scienza della Logica Metafisica generale, ontologia: esposizione del sistema delle categorie, costituente la ratio essendi dell’esistente (= natura e spirito) La definitiva formulazione del sistema (1817-1831) I. Logica Sistema della Scienza II. Filosofia della natura III. Filosofia dello spirito La definitiva formulazione del sistema (1817-1831) 1. Idea in sé (Essenza) La definitiva formulazione del sistema (1817-1831) 1. Idea in sé (Essenza) 2. Idea fuori di sé (Natura) La definitiva formulazione del sistema (1817-1831) 3. Idea che ritorna in sé (Spirito) 1. Idea in sé (Essenza) 2. Idea fuori di sé (Natura) La Filosofia della natura L’Assoluto si produce innanzitutto come natura, ossia giunge all’esistenza perdendosi nella forma dell’estrema lontananza da se stesso. Se il pieno dispiegarsi dell’Assoluto implica mediazione, infinità, immaterialità, libertà e totale presenza a se stesso, il suo immediato apparire è invece finitezza, materialità, automatismo e totale incoscienza. La natura è l’alienazione dell’Assoluto, il suo farsi-altro-da-sé, precisamente nel senso che essa si costituisce come serie di corpi transeunti e inconsapevoli che si dispongono su una scala gerarchica che va dalle masse inerti al mondo animale La Filosofia della natura La filosofia della natura mira ad esibire la razionalità immanente allo sviluppo del suo oggetto, che viene penetrato speculativamente soltanto nel passaggio dalla considerazione astratta degli enti naturali che è propria della meccanica e della fisica, a quella teleologica che caratterizza l’organica. Questa considera l’oggettiva conformità a scopi che soggiage all’inconsapevole autoprodursi della natura geologica, vegetale e animale – regni che costituiscono le principali «figure» (reciprocamente esteriori) cui tende l’intero sviluppo naturale La Filosofia dello spirito La filosofia dello spirito adatta il contenuto speculativo della Fenomenologia dello spirito al più maturo punto di vista conseguito da Hegel nell’Enciclopedia: in tal senso le tre sezioni in cui essa si articola sono in larga misura la rielaborazione dell’opera del 1807. La prima sezione considera lo spirito individuale nel suo lento emergere dalla natura e nel suo progressivo porsi come libertà. La seconda sezione tratta dello spirito oggettivo, ossia delle forme in cui si incarna la volontà libera dell’Assoluto e che animano il mondo umano e la sua storia. La terza ed ultima sezione tratta dello spirito assoluto, vale a dire delle forme entro cui l’Assoluto giunge all’esplicita conoscenza di sé La Filosofia dello spirito I. soggettivo La filosofia dello spirito II. oggettivo III. assoluto La Filosofia dello spirito La filosofia dello spirito I. soggettivo a) Antropologia b) Fenomenologia c) Psicologia II. oggettivo a) Diritto astratto b) Moralità c) Eticità III. assoluto a) Arte b) Religione c) Filosofia Lo spirito oggettivo: l’eticità L’eticità A. Famiglia a) Il matriomonio b) Il patrimonio c) L’educazione dei figli B. Società civile a) Il sistema dei bisogni b) L’amministrazione della giustizia c) La polizia e la corporazione C. Stato a) Il diritto interno b) Il diritto esterno c) La storia del mondo Lo spirito assoluto Lo spirito assoluto A. L’arte a) simbolica b) classica c) romantica B. La religione a) naturale b) determinata o finita c) compiuta o rivelata C. La filosofia a) greca b) medioevale c) moderna