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MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA
N U M E R O
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LUGLIO 2006
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DIRETTORE ALBERTO BARBERA
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“Summer Palace” di Loe Ye (2006)
Cannes 2006
(aspettando il 60° anniversario)
di Alberto Barbera
Off Bollywood
Il cinema indiano oggi
New York Stories
Guido Chiesa per Traffic Torino Free Festival
Perturbazione vs. Maciste
Soundtraxx - Anteprima Traffic
Crossroads
Nosferatu + Supershock
Cult!
Pinku Night: Japanese Wild Girls
Un festival non è fatto solo dei film che presenta. Lo si ricorda anche per i
discorsi che mette in circolo, per le discussioni che suscita. L’edizione di
quest’anno non passerà certamente alla storia (la piccola storia di questi
eventi marginali, che l’amplificazione dei media tende a far sembrare più
grandi di quello che sono in realtà) per il rigore delle scelte o la qualità delle
opere in concorso, mediamente modeste, con pochissimi film davvero
convincenti e molte cose inutili o francamente deludenti. Tra le tante
chiacchiere collaterali, pubblicate prima durante e dopo il festival vero e
proprio, vale la pena di segnalare almeno due interventi, suscettibili di
qualche riflessione. Il primo è un’intervista a Gilles Jacob, significativamente
intitolata “La costellazione cannense e la galassia dei festival” (Cahiers du
cinéma n. 612, maggio 2006). Attuale presidente della prima manifestazione
cinematografica del mondo, dopo esserne stato direttore (dal 1978 al 2001),
Jacob non esita a dichiarare che il futuro del festival è minacciato
dall’internazionalizzazione del cinema, che non ci si può più limitare a
mostrare dei film e che il palazzo del cinema - inaugurato appena nel 1982 è già diventato obsoleto e insufficiente. Infatti, nell’ordine: 1) l’uscita
simultanea nel mondo intero dei grandi film attesi dal pubblico rischia di
togliere valore all’evento festival; 2) la maggior parte dei grandi festival (ma
non Venezia) hanno da tempo deciso di affiancare all’avvenimento altre forme
di intervento (quali i fondi di sostegno alla produzione, la creazione di
network di produttori, lo sviluppo di progetti, ecc.); 3) le sale di proiezione
di Cannes non bastano più ad accogliere il pubblico crescente di giornalisti
e addetti ai lavori. Dunque, bisognerà rifare il palazzo del cinema, o
costruirne uno nuovo. Magari accanto al Museo del festival che la città sta già
progettando su tre ettari della strada che da Cannes conduce a La Napoule.
Dove vanno i festival del futuro?
Se lo chiede anche il quotidiano Le Monde, nell’ultima corrispondenza dalla
Croisette. Il titolo del corsivo è, più precisamente, “A che serve dunque un
festival?”. L’intervento è ispirato dalla Festa Internazionale del Cinema di
Roma, la cui prima edizione avrà luogo nell’ottobre di quest’anno. Ha fatto
scalpore, per esempio, l’annuncio che il primo premio del concorso sarà di
duecentomila euro: “una somma sufficiente per fare esitare numerosi
produttori e registi che si proponevano inizialmente di presentare i loro film
in uno dei festival che hanno luogo dopo Cannes – Locarno, Venezia, San
Sebastian e (aggiungiamo noi) Torino”. All’opulenza ostentata dagli
organizzatori senza alcun ritegno (tre party a Cannes, l’offerta a destra e a
manca di biglietti aerei prepagati e di ospitalità sontuose per partecipare alla
festa romana, o anche soltanto per assistervi), si aggiungono le ambizioni più
(segue a pag. 10)
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MENSILE DEL MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA
ANNO IV - NUMERO 39 – LUGLIO 2006
REG. TRIB. TORINO N. 5560 DEL 17/12/2001
Ricerche Iconografiche
SILVIO ALOVISIO, ANTONELLA ANGELINI,
SONIA DEL SECCO
(BIBLIOTECA INTERNAZIONALE DI CINEMA
E FOTOGRAFIA “MARIO GROMO”)
Direttore Responsabile
ALBERTO BARBERA
Comunicazione e Promozione
MARIA GRAZIA GIROTTO
Resp. Programmazione e Coord. Redazionale
STEFANO BONI
CON LA COLLABORAZIONE DI
GRAZIA PAGANELLI
Hanno collaborato a questo numero
ELENA AIME, SILVIO ALOVISIO,
GUIDO CHIESA, MICAELA VERONESI
Redazione
VIA MONTEBELLO 15 - 10124 TORINO
TEL. 011.813.85.19 - FAX 011.81.38.530
[email protected]
Ufficio Stampa
VERONICA GERACI
MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA
FONDAZIONE MARIA ADRIANA PROLO
ARCHIVI DI CINEMA, FOTOGRAFIA ED IMMAGINE
VIA MONTEBELLO 15 - 10124 TORINO
TEL. 011.813.85.11 - FAX 011.839.47.47
www.museocinema.it
Progetto grafico
ATELIER ABC
Presidente
ALESSANDRO CASAZZA
Stampa
STIGE
Direttore
ALBERTO BARBERA
La pubblicazione è realizzata con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Direzione Generale per il Cinema (Promozione per la Cultura Cinematografica)
Si ringrazia REAR per il contributo alle attività del Museo
Ringraziamenti
Alipur Films, New Delhi * Arco Film,Torino * Associazione Antonello Branca, Roma * British Film
Institute, London * Bollati Boringhieri Ed., Torino * Ilaria Bonacossa, Milano * Simone Catania,
Torino * Centro Sperimentale di Cinematografia/SNC – Cineteca Nazionale, Roma * Cineteca del Comune di Bologna
* Directorate of Film Festivals, New Delhi * Film Commission Torino Piemonte * Film Distribution, Paris * The FilmMakers’ Cooperative, New York * Flying Elephant Films, London * Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino *
Manish Jha, New Delhi * Jonai Prod., New Delhi * Jumpcut Film, New Delhi * Rajat Kapoor, Bombay * Lab80,Torre
Boldone (BG) * Madhu Ent. & Media, Bombay * Mescal,Torino * Sunil Narkar, Downey, CA (U.S.A.) * Neon Subber,
Borgo d’Ale (VC) * NFDC, Bombay * N.I.P.,Torino * Onoma, Paris * Anand Patwardhan, New Delhi * Perturbazione,
Torino * Supershock, Torino * Traffic Torino Free Festival * Tropic Films, Bombay * Vitagraph, Bologna * Yaffle Films,
Fittleworth (UK) * Cineteca del Museo Nazionale del Cinema * Personale della Multisala Massimo
Un ringraziamento particolare a La Stampa – Torino Sette per il contributo alla diffusione della rivista.
MUSEO
NAZIONALE
DEL CINEMA
Le Rassegne
del Massimo3
programmaluglio
Off Bollywood. Il cinema indiano oggi
di Elena Aime
Il panorama cinematografico dell’India contemporanea fuori del circuito commerciale. Questo è Off Bollywood. Il cinema indiano oggi, un tentativo di liberare il cinema
indiano da un’etichetta penalizzante che lo rende noto ai più come produttore di
commedie musicali a lieto fine. Di fatto, gli storici e i critici che si occupano di questo settore preferiscono parlare di cinema indiani, al plurale, per porre l’accento sull’eterogeneità che caratterizza la produzione cinematografica del subcontinente. Una
realtà che, a occhi attenti, si rivela caleidoscopica, frammentata e mutevole, poiché
continuamente alla ricerca di nuove soluzioni per accogliere le necessità di un pubblico che proviene da retaggi culturali differenti. In questo panorama, Bollywood
gioca un ruolo importante, perché è riuscito a coniare una formula pan-indiana, ma
non è che un’esigua parte del complesso cinematografico, composto da tanti cinema
quante le lingue parlate e da tanti film quante sono le culture che strutturano la società. Il cinema, pertanto, diventa un utile e immediato strumento per entrare nella realtà indiana e nelle sue contraddizioni. Dalle pellicole emergono le diverse usanze e tradizioni, stratificate nel corso di secoli di invasioni e di trasformazioni sociali, che si
trovano oggi costrette a convivere, come in quel piccolo autobus che, in Mr. and Mrs.
Iyer, procede incerto sulle strade di montagna. Hindu, sikh, musulmani, giovani
modernizzati e vecchi tradizionalisti viaggiano assieme e si trasformano in una sorta
di microcosmo della realtà indiana e delle sue tensioni sociali. Sotto all’apparente illogicità che sembra scatenare manifestazioni di intolleranza religiosa come quelle di Mr.
and Mrs. Iyer o di Amu, si maschera lo spettro dell’interesse politico che non di rado
sfrutta il fanatismo per celare un’incapacità, o forse una mancanza di volontà, nel
gestire una società complessa e amministrata dalla corruzione. Queste facili strategie
sono efficaci su una popolazione che ha ancora grandi percentuali di analfabetismo e
che pertanto non si trova nella posizione di poter analizzare in maniera critica la realtà. Per tale ragione, molti cineasti indiani contemporanei sentono l’urgenza di portare sullo schermo argomenti d’attualità, con una resa stilistica di facile consumo, che
permetta di superare la diffidenza del pubblico indiano manifestata, in passato, nei
confronti di autori impegnati sul fronte politico e sociale come, ad esempio, Ghatak
o Mrinal Sen. Una volta acquisita la nuova formula stilistica, si apre una vasta gamma
di soggetti interessanti per stuzzicare l’interesse del pubblico, e i problemi dell’India
contemporanea diventano commedia sul grande schermo, senza però arrendersi alle
leggi del lieto fine. Si moltiplicano così storie di persone comuni, non più eroi, che
devono fare i conti con una società dove gli estremi opposti convivono, si mescolano, rendendo impossibile una distinzione tra giusto e sbagliato, onesto e disonesto. La
lotta per la sopravvivenza diventa materia viva per il cinema, come nel film di Dev
Benegal, Split Wide Open, dove KP, il protagonista, riesce a sopravvivere a Mumbay
razionando acqua negli slum e vendendo Evian ai ricchi. Storie come queste fanno
pensare ai grandi melodrammi sociali degli anni Cinquanta, quando la modernizzazione era percepita come una minaccia e il cinema era responsabile del sentimento
di unità nazionale. Questi compiti sono ora affidati alla televisione e i registi possono
concedersi la libertà di non dare delle risposte, di non giudicare a priori.
Qualche novità, di conseguenza, si prospetta anche per altri film contemporanei,
definiti simbolici o espressionisti. Si tratta dei discendenti diretti della tradizione di
cinema d’autore che, a partire dalla sua nascita, ha inseguito con rigore la libertà
d’espressione, anteponendo alle esigenze del pubblico la ricerca stilistica fuori delle
convenzioni, la costruzione “dell’oggetto cinematografico”. Alla radice della sperimentazione stilistica, coesistono influenze del realismo occidentale e criteri di
filosofia estetica indiana, per un cinema che si è rivolto, finora, a una ristretta élite.
Dalla commedia impegnata al film d’autore, il cinema indiano produce pellicole
per tutti i gusti. Non gli resta che conquistare lo spettatore occidentale.
La retrospettiva Off Bollywood. Il cinema indiano oggi, a cura di Elena Aime, è organizzata dal Museo Nazionale del Cinema in collaborazione con la Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo in occasione della mostra Sub-Contingente. Il Subcontinente Indiano
nell’Arte Contemporanea (Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, via Modane 16,
Torino, 30 giugno – 8 ottobre 2006), a cura di Ilaria Bonacossa e Francesco Manacorda.
L’inaugurazione della retrospettiva è prevista per lunedì 3 luglio alle 20.30 (sala Tre, ingresso euro 2,50) alla presenza del regista Rajat Kapoor e della curatrice Elena Aime.
Il 13 luglio alle h. 19.00 alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo è previsto un incontro
con Elena Aime sul cinema indiano contemporaneo, con una selezione di film dalla rassegna
cinematografica.
cinema del presente / 3-11 luglio
Off Bollywood.
Il cinema indiano oggi
Rajat Kapoor
Raghu Romeo
India 2003, 99’, col., v.o. sott.it.
mentre fa colazione e si muove verso il suo appuntamento,
per le strade caotiche della città; la sua calma è quasi fuori
luogo nel brulicante mondo che lo circonda.
Sc.: Z. Chinde; Fot.:Vishnu Rao, Shankar Raman;
Int.: Raman Lamba, Jesse Randhawa, Sohrab Ardeshir.
Ashvin Kumar
Little Terrorist
India/GB 2004, 15’, col., v.o. sott.it.
LUN 3, H. 22.10, MER 5, H. 17.40
Shonali Bose
Amu
India 2004, 102’, col., v.o. sott.it.
Raghu lavora come cameriere in una discoteca dalla clientela
sospetta. Un giorno un raggio di speranza porta serenità nella
monotona esistenza di Raghu, che si innamora di Neetaji.
C’è però un problema: l’amore è impossibile perché lei è la
protagonista di una soap televisiva. Raghu scopre che qualcuno
vuole ucciderla e lui decide di salvarla ad ogni costo. Un film
che mescola realtà e fantasia con momenti musicali che,
attraverso coloratissime coreografie, esprimono la straripante
immaginazione di Raghu.
Sc.: Saurab Shukla, R. Kapoor; Fot.: Rafey Mehmood;
Int.: Vijay Raaz, Saddiya Siddiqui, Maria Goretti.
LUN 3, H. 20.30 (EURO 2,50), MER 5, H. 16.00
Zakir Chinde, Sunil Bhatia
Connected
India 2001, 15’, col.
Raman si dibatte in un sonno senza pace, poi si sveglia, si veste
e si lancia in quel circo umano che è Bombay. Lo seguiamo
2
Jamal, un pakistano di dieci anni, attraversa inavvertitamente
il confine con l’India inseguendo una palla da cricket durante
una partita con gli amici. I soldati indiani si allarmano
pensando che sia un terrorista.
Sc.: A. Kumar; Fot.: Markus Hürsch; Int.: Julfugar Ali, Sushil
Sharma, Megnaa Mehtaa.
MAR 4, H. 18.30, SAB 8, H. 18.15
Murali Nair
Arimpara – A Story That Begins at the End
Kaju, una ventunenne americana di origine indiana, torna
in India a visitare la propria famiglia. Il film assume toni scuri
quando Kaju scopre i segreti e le menzogne del suo passato.
Un orribile genocidio riemerge dopo vent’anni, racchiudendo
il segreto delle sue origini misteriose. Dietro la sua vicenda
emerge uno dei fatti più vergognosi della storia moderna del
sub-continente indiano, il massacro dei Sikh dell’ottobre del
1984 quando, con il consenso di governo e polizia, migliaia
di Sikh furono uccisi.
Sc.: S. Bose; Fot.: Lourdes Ambrose; Int.: Konkona Sen
Sharma,Yashpal Sharma, Ankur Khanna.
MAR 4, H. 16.30, MER 5, H. 22.30
India/Giappone 2003, 90’, col., v.o. sott.it.
Krishnanunni è l’ultimo discendente della potente famiglia
ortodossa dei Nair.Vive serenamente con la moglie Suma e
il loro figlio di sette anni Unni. Un giorno, però, la sua
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Le Rassegne del Massimo3programmaluglio
tranquillità viene turbata da una piccola macchia che compare
sul suo volto. All’inizio sembra un semplice neo ma poi,
lentamente, cresce fino ad ingigantirsi deturpandogli.Tutti
si allontanano da lui temendo che si tratti di una malattia
contagiosa.Terzo, graffiante film del regista Murali Nair che,
con Il trono di sangue, aveva vinto il Torino Film Festival.
Sc.: M. Nair, Madhu Apsara, dal racconto di O.V.Vijayan;
Fot.: M.J. Radhakrishnan; Int.: Nedumudi Venu, Sona Nair,
Bharathan Njarakkal.
sentimenti per far parte di un gruppo di attivisti islamici.
Inoltre, l’arrivo in paese di alcuni pellegrini indiani,
risveglia in Ayesha strazianti ricordi del suo passato.
Pardo d’oro per il miglior film e la miglior interpretazione
femminile a Kiron Kher al Festival di Locarno nel 2003.
MAR 4, H. 18.45, SAB 8, H. 18.30
Vimukthi Jayasundara
Manish Jha
A Very Very Silent Film
India 2002, 5’, col.
Cortometraggio d’esordio di Manish Jha che affronta, come
poi in Matrubhoomi, il tema della triste condizione della donna
in India. Al centro dell’attenzione le donne senza fissa dimora
che popolano lo stato indiano del Bihar e il ruolo della
sessualità nelle loro misere vite. A Very Very Silent Film ha vinto
il Premio della Giuria per il miglior cortometraggio al Festival
di Cannes nel 2002.
Sc.: M. Jha; Fot.: C.K. Muraleedharan; Int.: Pankaj Jha.
SAB 8, H. 22.30, DOM 9, H. 20.30
Forsaken Land
Manish Jha
Sri Lanka/Francia 2005, 107’, col., v.o. sott.it.
Sc.: Paromita Vohra; Fot.: Ralph Netzer; Int.: Kiron Kher,
Aamir Ali Malik, Arsad Mahmud.
MER 5, H. 20.30,VEN 7, H. 16.30
Matrubhoomi - A Nation Without Women
India 2003, 98’, col., v.o. sott.it.
Aparna Sen
Mr. & Mrs. Iyer
India 2002, 120’, col., v.o. sott.it.
Lo Sri Lanka devastato dalla civile tra il governo e l’esercito
di liberazione Tamil, confitto durato ventidue anni in cui la
popolazione ha vissuto in una condizione sospesa tra la lotta
armata e la tregua. Primo film del giovane regista Vimukthi
Jayasundara, vincitore del premio per la migliore opera prima
al Festival di Cannes nel 2005, racconta storie minimali di
donne e uomini abbandonati in una terra di nessuno, tra attesa,
speranza, disperazione e le infinite contraddizioni che ogni
guerra comporta. “Il cinema costituisce un veicolo ideale per
esprimere lo stress mentale che una situazione di vuoto e di
indecisione può creare nella vita delle persone. Con questo
film ho voluto esaminare la condizione di isolamento di un
mondo dove guerra, pace e Dio sono diventati nozioni
astratte”. (V. Jayasundara)
Sc.:V. Jayasundara; Fot.: Canna Deshapriya;
Int.: Mahendra Perera, Kaushalya Fernando, Nilupili
Jayawardena.
A bordo di un autobus viaggiano Meenakshi Iyer con il
figlioletto di undici mesi e un fotografo.Tutti, sull’autobus,
pensano che i due siano una coppia, i signori Iyer.
All’inizio il viaggio sembra piacevole, ma la calma dura poco.
L’autobus viene fermato da una folla inferocita che vuole
vendicare un assassinio. Inizia, così, un altro viaggio
per i passeggeri, un viaggio dentro se stessi: l’intensità
della violenza, dell’odio e dell’intolleranza di cui sono
stati testimoni li avvicina sempre di più.
Sc.: A. Sen, da un racconto di Dulal Dey;
Fot.: Goutam Ghose; Int.: Rahul Bose, Konkona Sen
Sharma, Bhisham Sahni.
MAR 4, H. 20.30, LUN 10, H. 16.30
VEN 7, H. 18.30, SAB 8, H. 20.15
Amit Kumar
Anand Patwardhan
The Bypass
War and Peace
India 2003, 16’, col.
India 2001, 148’, col., v.o. sott.it.
Una storia circolare che si svolge nel deserto, lungo una strada
dissestata dove il pericolo è in agguato ad ogni angolo.
Il denaro scatena una serie di omicidi e di violenze, creando
uno sconcertante contrasto tra la situazione descritta
e la bellezza di un luogo tanto silenzioso.
Sc.: A. Kumar; Fot.: Rajeev Ravi; Int.: Irfan Khan.
La cronaca filmata di un viaggio nell’attivismo pacifista durante
tre tumultuosi anni in India, Pakistan, Giappone e Stati Uniti.
Punteggiato da scene di macabro giubilo per i test nucleari
effettuati nel sub-continente indiano, il documentario inizia
con l’assassinio del Mahatma Gandhi nel 1948. Cinquant’anni
dopo, di fronte al militarismo globalizzato e alla guerra,
il ricordo di Gandhi sembra quasi un miraggio mai esistito,
creato dal desiderio di pace. Fin da piccolo, Patwardhan è
sempre stato immerso nel clima del movimento non violento
creato da Gandhi. In War and Peace il regista analizza la
traiettoria distorta e triste che conduce verso il militarismo,
sebbene il film catturi lungo la strada storie gioiose di
coraggio e resistenza umana.
MAR 4, H. 22.30, MER 5, H. 18.10
Dev Benegal
Split Wide Open
India 1999, 100’, col., v.o. sott.it.
Kut Price, altrimenti noto come KP, cerca di farsi strada nel
difficile mondo del commercio dell’acqua potabile vendendo
quella di cisterna ai poveri e l’Evian ai ricchi. Didi, la sorella
adottiva di KP, a soli 10 anni vende invece fiori per strada e
attende un miracolo che la sottragga al suo destino. Leela, una
giovane studentessa, scopre gli indicibili segreti del suo ricco
e premuroso padre. Nandita, invece, è una ragazza in carriera,
recentemente tornata da Londra dove ha trascorso gli anni
della formazione, che conduce un seguitissimo reality-show
nel quale le persone comuni confessano i segreti della loro vita
sessuale. Nell’isola-città dove la guerra per l’acqua è un destino
quotidiano, la sessualità repressa si intreccia alla lotta per la
sopravvivenza, in un luogo dove per una ragazzina di 10 anni
è difficile distinguere tra l’ospitalità e l’abuso. Benvenuti a
Bombay 2000, la città degli estremi dove globalizzazione
è la parola chiave.
Sc.: D. Benegal; Fot.: Sukumar Jatania; Int.: Rahul Bose,
Ayesha Dharker, Rajika Puri.
MAR 4, H. 22.45, MER 5, H. 18.25
Sabiha Sumar
Acque silenziose
Khamosh Pani
Pakistan/Francia 2003, 99’, col., v.o. sott.it.
Nel 1979, sotto il governo del generale Zia-ul-Haq, il Pakistan
si avvia a diventare uno Stato islamico. In un piccolo villaggio
del Punjab, la quarantenne Ayesha ha deciso, dopo la morte
del marito, di dedicare la vita all’educazione del figlio
diciottenne Saleem, innamorato della bella Zubeida.
Ma l’avvento della legge islamica sconvolge la vita della donna.
Saleem, infatti, poco alla volta trascura sempre più i suoi
La storia è ambientata in un villaggio indiano dove non è
rimasta più neppure una donna. L’impatto con questa assenza
vede gli uomini trovare altre forme di sfogo dei loro impulsi:
pornografia, omosessualità, violenza. Kalki, una giovane donna,
viene venduta e fatta sposare a cinque fratelli.Tutti, incluso il
suocero, esercitano a turno i loro diritti coniugali sulla ragazza.
Quando poi il fratello più grande uccide quello più piccolo,
Kalki chiede aiuto al padre, che glielo nega.
Così, dopo il fallito tentativo di fuga, viene chiusa dentro una
stalla e ripetutamente violentata. Quando alla fine rimane
incinta, tutti rivendicano la paternità.
Sc.: M. Jha; Fot.:Venu Gopal; Int.: Tulip Joshi, Sudir Pandey,
Sushant Singyh.
SAB 8, H. 22.35, DOM 9, H. 20.35
Sandeep Sawant
Shwaas - Breath
India 2003, 107’, col., v.o. sott.it.
La storia di un bambino che, accompagnato dal nonno, si
allontana per la prima volta dalla campagna, dove vive
felicemente, per andare in città da un oculista che dovrà
visitarlo. La malattia agli occhi del bambino mette in crisi il
nonno che resta sgomento davanti alla freddezza del medico
e della sua diagnosi. Film di punta della produzione indiana
degli ultimi anni che si è guadagnato anche una candidatura
all’Oscar.
Sc.: S. Sawant; Fot.: Sanjay Memane; Int.: Arun Nalawade,
Ashwin Chitale, Sandeep Kulkarni.
DOM 9, H. 22.30, MAR 11, H. 18.30
Girish Kasaravalli
Dweepa – L’isola
India 2002, 132’, col., v.o. sott.it.
VEN 7, H. 20.45, DOM 9, H. 16.30
Sudhir Mishra
Chameli
India 2003, 105’, col., v.o. sott.it.
La storia d’amore tra un uomo e una prostituta. Il
trentaduenne Aman ha perso sua moglie, incinta, in un
incidente avvenuto in una notte piovosa di un paio di anni
prima. La pioggia gli riporta alla memoria quell’episodio e gli
tormenta la vita. In un’altra notte come quella, in una diversa
zona della città, la giovane ed innocente Chameli veniva
portata da suo zio a Mumbai e venduta ad un bordello,
divenendo una prostituta cinica e fredda. È la pioggia ad unire
i due estranei: l’improvviso scatenarsi del monsone li fa
incontrare per strada e li trascina come in un romanzo.
Una relazione che cambia per sempre le loro vite.
Sc.: Shivkumar Subramaniam, S. Mishra; Fot.: Aseem Bajaj;
Int.: Kareena Kapoor, Rahul Bose, Makrand Deshpande.
Modernizzazione, globalizzazione e sviluppo sono parole
abusate al giorno d’oggi. Per rendere confortevole la vita
di alcuni, altri finiscono in miseria, per illuminare alcuni altri
sono spinti nelle tenebre. La famiglia di Nagi è una di quelle
che subiscono le conseguenze di tutto ciò. La costruzione
di una diga ha sommerso il loro paese, la loro cultura viene
sradicata. Non hanno niente ma vivono con dignità.
Queste sono le circostanze in cui è narrata la vicenda di Nagi.
Nagi sogna una vita migliore e vorrebbe andarsene, ma il
suocero Duggappa non lo permette. Entra in scena Krishna,
un giovane di città, che viene a rafforzare le speranze di Nagi.
Il loro rapporto però viene visto con sospetto dalla famiglia
e dal marito di lei, Ganapa. Duggappa annega mentre compie
la “pooja”, e Nagi si sente in colpa per la sua morte.
Sc.: G. Kasaravalli da una storia di Na D’Souza;
Fot.: H.M. Ramachandra; Int.: Soundraya, Avinash,
Vaduseva Rao, Harishray.
LUN 10, H. 20.15, MAR 11, H. 16.00
SAB 8, H. 16.15, LUN 10, H. 22.30
3
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tradizione eccessiva. Il suo ritratto dell’age d’or della pop art obbedisce a una sola
norma espressiva: trasgredire ogni regola aurea del fare cinema. Il tutto con un
rigore che definire militante (anche se all’americana, cioè poco ideologico e molto
pragmatico) non farebbe torto a nessuno.
2.
La seconda cartolina viene da Manhattan, 1995.
L’amico che incontro per strada è un cineasta che non vedo da quasi un decennio. Ci salutiamo con affetto e parliamo degli anni trascorsi. Lui, esponente del
cinema indipendente con venature sperimentali, mi racconta di essere ora un
autore di documentari naturalistici. Pagano bene, chiude senza rimorsi: vent’anni
prima sarebbe stato diverso, ma oggi vivere a New York costa troppo.
Cartoline da New York
di Guido Chiesa
1.
La prima cartolina viene da un ristorante del Montana, profondo Midwest americano, 1988.
La ventenne all american girl che ci serve si informa sulla nostra provenienza. Noi,
traditi dall’accento del mio amico (il mio, “straniero”, non fa nemmeno testo) e
dai vestiti scuri, diciamo “New York”. La faccia della cameriera si illumina di un
sorriso peccaminoso: “Anch’io voglio andarci.Voglio fare l’attrice”.
New York, per gli americani, almeno nel dopoguerra, è stata la patria di tutto ciò che
è off, anticonformista, eccessivo e, a seconda delle scuole di pensiero, volgare o esaltante, immorale o liberatorio. Questa è la natura del suo mito. Poco importa che a
New York ci siano anche Wall Street o le agenzie pubblicitarie di Madison Avenue:
per l’americano medio la Grande Mela è comunque la terra vietata di Times Square,
dei locali proibiti del jazz negro, della malavita organizzata, degli stavaganti artisti di
Soho e di quei froci del Greenwich Village. Se non sei matto, a New York non ci
vai. Matto anche abbastanza per farci i soldi, ma sempre matto devi essere.
Quando New York esce dalla stagione d’oro della controcultura, gli esiti come al
solito sono estremistici: da un lato arrivano La febbre del sabato sera e gli yuppie, dall’altro l’AIDS e il punk (colto sul nascere nel Blank Generation di Amos Poe, film
fuori sincrono falsamente sperimentale: la realtà era che il suono costava troppo!).
La distanza tra i due poli, però, è meno ampia di quel che appare. Se il punk, infatti, si trasforma presto nella più commerciale new wave e l’AIDS fa incassare chiunque imbocchi la strada del politically correct, d’altro canto il mondo delle discoteche
frana nel necrologio da cocaina e Wall Street genera gli psicopatici di American
Psycho. Merce e spettacolo vanno a braccetto e la morte è il loro destino comune.
Morte con stile, naturalmente.
L’arrivo del sindaco Giuliani, uomo d’ordine e di immagine, non fa che esaltare
questa naturale tendenza letale del postmoderno: ripulire le strade dai marginali e
vendere la loro cultura nelle boutique della 5° Avenue. Making money as the ultimate art form, c’era scritto sui muri di Manhattan: fare soldi come definitiva forma
d’arte. Il cinema della new wave, fratello del dilettantismo arrogante e patologico
del punk e cugino dei self made men di Wall Street, coglie gli ultimi singulti della
New York irregolare che flirta indecisa col mercato. Lo fa mettendo in scena gli
schizofrenici di Amos Poe e i bohemiennes di Jarmusch, fino ad arrivare ai debosciati di Richard Kern e ai fiori del male di Todd Haynes, cineasti quest’ultimi ormai
fuori dalle etichette e destinati a rappresentare solo sé stessi, fuori da ogni dimensione collettiva. Jarmusch e Haynes, che negli anni successivi passeranno al cinema indipendente internazionale, incarnano bene l’esito ultimo del cinema newyorkese: apolide, transgenere, senza figli come il Bill Murray di Broken Flowers.
3.
Il cinema ha fatto propria quest’immagine di New York, anche quello holliwoodiano, declinandola di volta in volta nella sua versione gangsterica (da Fronte del porto a
Il braccio violento della legge), o in quella dell’iperbole glamour (dai musical di Busby
Berkeley a New York, New York), o dell’incubo metropolitano (da King Kong a Fuga
da NewYork), o, per finire, della grandezza e miseria dei dropout, i disperati di Un uomo
da marciapiede o gli angeli pagani di I guerrieri della notte. Comunque e sempre, la
dimensione dell’eccesso regna, speculare a quella di una città che sembra sfidare con
i suoi grattacieli e le sue mille razze sovrapposte, ogni legge dell’umana misura.
Il cinema fatto e pensato a New York (troppo limitato chiamarlo underground,
anche se dell’indipendenza e della marginalità ha sempre fatto bandiera; lo stesso
Woody Allen è per l’America un oggetto altro) si colloca, adeguandosi e differenziandosi, nel solco tracciato da questa mitologia. Se i film di Robert Frank (con
Kerouac e Ginsberg prima maniera), Shirley Clarke e John Cassavates ben rappresentano la fase trasgressiva del beat, quelli di Jack Smith, Andy Warhol e Paul
Morrissey ci conducono attraverso il periodo decisamente più radicale, androgino
e stupefacente a cavallo tra l’assassinio di Kennedy e la fine della guerra del
Vietnam. In mezzo, la stagione del flower power che a Manhattan si
colora però delle tinte nere dei Velvet Underground e della
violenza urbana dei ghetti. Il film di Jonas Mekas
solo apparentemente si colloca
fuori da questa
4
Se c’è una pellicola che, a mio parere, ben rappresenta quel che oggi è New York,
e quel che è stata nei decenni precedenti, questa è La 25ma ora, diretta da Spike
Lee, e soprattutto scritta da David Benioff. Il film (che non a caso gli americani
non han molto amato) è la parabola implosa dei sogni di gloria di uno spacciatore stiloso con bellissima fidanzata di colore, casa arredata con eleganza e sovrabbondanza di macerazioni filosofiche. I suoi migliori amici sono un broker nevrotico e un intellettuale infantile e idealista.Tre maschi che, di fronte al baratro delle
Torri Gemelle, san solo piangersi addosso. O, meglio, che solo piangendosi addosso riescono a esorcizzare la paura di non essere mai diventati adulti.
La retrospettiva New York Stories, a cura di Guido Chiesa, è organizzata dal Museo
Nazionale del Cinema in occasione di Traffic Torino Free Festival
(12-16 luglio, www.trafficfestival.com).
L’ingresso è libero a tutte le proiezioni.
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Le Rassegne del Massimo3programmaluglio
primo piano / 13-16 luglio
New York Stories
John Cassavetes
Shirley Clarke
Andy Warhol
Shadows
The Connection - L’intermediario
Blow Job
Usa 1959, 87’, col., v.o. sott.it.
Copia conservata da British Film Institute
Usa 1962, 110’, b/n - col., v.o.
Copia restaurata e conservata da UCLA
Usa 1963, 35’, b/n, v.o. sott.it.
Blow Job è costituito unicamente dal primo piano fisso
di un ragazzo mentre qualcuno, fuori campo, compie
una fellatio su di lui. Il viso è illuminato da una forte luce
che piove dall’alto e lo sfondo è un muro di mattoni.
Alla fine del film il giovane si rilassa fumando una sigaretta.
“Warhol parodizza il cinema pornografico che, nelle sue
forme primarie, era anch’esso muto. L’illuminazione dall’alto
del volto fa emergere delle ombre nelle orbite del ragazzo,
che a momenti ne trasformano il volto in teschio: la morte,
la petite mort che accompagna l’erotismo, fa la propria
comparsa. All’opposto, ma sono opposti che coincidono,
quella stessa luce, che nelle code iniziali e finali è come
se “bruciasse” la pellicola, introduce una dimensione
che non è azzardato definire spirituale, nella banale
registrazione “documentaristica” del primo piano:
come se Warhol volesse estrarre da quel volto,
attraverso un cinema al di là del cinema, un’estasi divina.
Fot.: A. Warhol; Int.: Willard Maas.
G I O 1 3 , h . 2 2 . 3 0 , V E N 1 4 , h . 18.15
Hugh, Leila e Ben sono tre fratelli afroamericani che vivono
a Manhattan. Hugh, il più grande, è un cantante di nightclub
in declino che vede uno spiraglio di felicità quando gli viene
proposta una nuova scrittura. Leila frequenta i circoli
degli esistenzialisti ma dopo una sfortunata avventura
accetta la corte di un ragazzo. Ben, il più giovane dei tre,
tenta di superare il disagio di essere di colore frequentando
un gruppo di ragazzi bianchi che passano le giornate tra flirt,
risse e gioco d’azzardo finché decide di condurre una
vita più tranquilla. Il film è stato concepito come saggio
di recitazione improvvisata realizzato in 16 millimetri
e con una troupe di quattro persone. “Shadows prova
che la realizzazione di un’opera cinematografica può essere
fatta con soli 15.000 dollari. Ed è un film che non trascende
la vita o il cinema. Cosa comporta questo? Che noi possiamo
finalmente fare film da noi stessi. Hollywood e le piccole
Hollywood dei nostri cosiddetti “indipendenti” non potranno
mai fare i nostri film” (J. Mekas).
Sc.: J. Cassavetes; Fot.: Erich Kollmar; Int.: Ben Carruthers,
Leila Goldoni, Hugh Hurd, Anthony Rey.
Il film narra la storia di un gruppo di tossicodipendenti
in attesa dell’uomo che dovrà portar loro la “roba”.
Il film fu un evento di grande importanza, anche perché
il dramma di Gelber introduceva tutta una serie di tecniche
tipiche del teatro d’avanguardia dell’epoca: dall’uso sistematico
delle improvvisazioni al coinvolgimento provocatorio
del pubblico. The Connection ricreava la tossicodipendenza
“in diretta”: infatti gli attori erano dei veri drogati,
che accettavano di salire sul palco in cambio della dose.
Dopo 722 rappresentazioni in tre anni, The Connection
divenne un film nel 1962, diretto da Shirley Clarke.
Compare come attore anche lo scrittore e poeta William
Burroughs, icona del movimento della Beat Generation.
Sc.: Jack Gelber, dal suo dramma omonimo; Fot.: Arthur
J. Ornitz; Int.: Warren Finnerty, Jerome Raphael,
Gary Goodrow, James Anderson.
Jack Smith
Flaming Creatures
Usa 1963, 45’, b/n, v.o.
Copia conservata da The Film-Makers’ Cooperative
GIO 13, H. 18.30, DOM 16, H. 22.30
GIO 13, H. 16.15, DOM 16, H. 20.15
Paul Morrissey
Robert Frank,Alfred Leslie
Pull My Daisy
Trash
Usa 1970, 110’, col., v.o. sott.it.
Usa 1959, 30’, b/n, v.o.
Uno dei film più celebri e celebrati dell’underground
americano, una farsa umoristica che si sviluppa in un mondo
popolato da travestiti, falli cadenti, maquillages esagerati,
glamour hollywoodiano. È la gloriosa manifestazione
di un istante di libertà fissato sulla pellicola da un artista
che influenzerà le opere di tutta una generazione di cineasti
e di performer.
Int.: Joel Markman, Mario Montez.
GIO 13, H. 23.10,VEN 14, H. 18.50
Ritratto della condizione più intima di un’intera
generazione. Libera improvvisazione su una scena
tratta da una commedia mai rappresentata di Jack Kerouac.
Uno degli elementi più interessanti è il sonoro:
il film è stato girato muto, mentre la voce di Kerouac
doppiava tutti i personaggi commentando liberamente
anche le loro azioni. In tal modo i commenti di
Kerouac acquistano un’immediatezza, una poesia
e una magia considerati da Jonas Mekas senza precedenti
nel cinema americano. “Potrebbe quasi essere considerato
un film beat - è l’unico vero film beat, se mai ce ne fosse
uno - intendendo per beat l’espressione del rifiuto inconscio
e spontaneo della nuova generazione nei confronti
della classe media, degli uomini d’affari” (J. Mekas).
Sc.: Jack Kerouac; Int.: Allen Ginsberg, Gregory Corso,
Larry Rivers.
GIO 13, H. 17.45, DOM 16, H. 21.45
Jonas Mekas
Film Magazine of the Arts
A causa dell’uso della droga, un giovane non riesce ad avere
piú rapporti sessuali con la propria ragazza che colleziona
oggetti scovati tra i rifiuti e, per racimolare un po’ di soldi,
si fa credere incinta da un’assistente sociale. Introdottosi in una
casa nel tentativo di rubare, il tossicomane viene sorpreso dai
proprietari che lo utilizzano, senza scrupoli, per i propri giochi
erotici. Seconda parte della trilogia prodotta da Warhol.
La macchina da presa di Morrissey non arretra di fronte
a nulla ma proprio per questo il film è sincero ed
emozionante, senza nessun moralismo. Il doppiaggio
fu curato all’epoca da Pier Paolo Pasolini, che preferì
voci che non avevano mai seguito corsi di dizione.
Sc. e Fot.: P. Morrissey; Int.: Joe Dalessandro, Geraldine
Smith, Patty D’Arbantville, Holly Woodlawn.
GIO 13, H. 20.30,VEN 14, H. 16.15
Usa 1963, 20’, b/n, v.o.
Copia conservata da The Film-Makers’ Cooperative
Il film è composto da otto sequenze indipendenti,
che descrivono diverse esperienze artistiche. Esse sono girate
in modo documentaristico senza interagire direttamente
con le azioni, con una regia spontanea ed improvvisata.
L’idea principale che Mekas voleva sviluppare era di riuscire a
raggruppare tutti i modelli principali dell’arte contemporanea
newyorchese, andando dalla Pop Art all’Happening,
dal teatro sperimentale, alla musica d’avanguardia.
Fot.: J. Mekas, Ed Emshwiller, David Brooks; Int.:
Andy Warhol, Jasper Johns, Jerry Joffen, Eric Hawkins.
GIO 13, H. 24.00,VEN 14, H. 19.45
Amos Poe
The Foreigner
Usa 1978, 77’, b/n, v.o.
L’agente segreto Max Menace arriva a New York e, in attesa
di incontrare il suo contatto e di venire
5
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a conoscenza della sua prossima missione, si imbatte in una
serie di strani personaggi e vive assurde situazioni senza mai
riuscire a scoprire perché sia stato chiamato a New York.
In questo suo vagabondaggio osserva il mondo senza trovare
un senso, aspira alla violenza per noia e per paura.
atmosfera che mette le persone l’una contro l’altra
in modo che la gente non si organizzi mai, ma che
sia invece in competizione per denaro e una migliore
posizione. “Tutti i nostri film parlano degli indesiderabili.
Li trovo in un certo senso più reali. La maggior parte dei film
di Hollywood sono su persone dell’alta e media borghesia
con cui non ho nulla in comune” (Beth B.).
Int.: Bob Mason, Kristof Kolhofer, Lydia Lunch, Kiki Smith.
Todd Haynes
Poison
Usa 1991, 85’, b/n, v.o. sott.it.
VEN 14, H. 23.00, SAB 15, H. 17.30
Jim Jarmusch
Permanent Vacation
Usa 1980, 75’, col., v.o. sott.it.
Sc.: A. Poe; Fot.: Johanna Heer, Kirine El Khadem; Int.: Eric
Mitchell, Anya Phillips, Patti Astor, Deborah Harry, A. Poe.
VEN 14, H. 20.30, SAB 15, H. 18.00
Amos Poe, Ivan Kral
The Blank Generation
Usa 1976, 55’, b/n, v.o.
Girato in 16mm da Poe insieme a Ivan Kral, membro del Patti
Smith Group, al CBGB’s di New York nel 1975. Il film include
riprese di band come Television, Ramones,Talking Heads,
Blondie, Patti Smith Group, Johnny Thunders & The
Heartbreakers (con Richard Hell),Wayne County e altri
gruppi. Il risultato è un vibrante filmato, simbolo dell’estetica
del nuovo cinema, in bianco e nero e con il sonoro fuori
sincrono (le riprese erano mute, il sonoro è stato poi aggiunto
da demo e live delle band). Frammentato, convulso, sfalsato,
un documento importante, che mette in luce il talento di Poe
e mostra i primi passi di alcune delle band del successivo
movimento new wave americano.
VEN 14, H. 22.00, SAB 15, H. 16.30
Scott e Beth B.
Black Box
Usa 1979, 10’, b/n, v.o.
Nei film di Scott e Beth B. c’è, quasi sempre, un’atmosfera
di paranoia politica, di un mondo da incubo in cui la libertà
può essere portata via in ogni momento da forze repressive,
Basato sugli scritti di Jean Genet, il film racconta tre storie:
in Hero un bambino di 7 anni uccide il padre e poi scompare.
In Horror uno scienziato isola l’impulso sessuale in forma
liquida, ma poi lo beve per errore e dà origine a una tremenda
epidemia. In Homo un ladro fa il suo ingresso in un carcere
dove le relazioni omosessuali sono all’ordine del giorno,
e incontra una sua vecchia conoscenza. Differenziati e
distinguibili nello stile, i tre episodi sono rispettivamente
riflessione sull’impossibile realismo del cinema, un omaggio
ai b-movie di fantascienza degli anni Cinquanta, un omaggio
diretto a Jean Genet.
Sc.: T. Haynes, dai racconti di Jean Genet; Fot.: Maryse
Alberti Shore, Barry Ellsworth Tiel; Int.: Edith Meeks,
Millie White, Buck Smith.
Allie, un ragazzo ancora adolescente, condivide un
appartamento a New York con una sua amica. Soffrendo
d’insonnia, la notte cammina per strade deserte, tra edifici
diroccati coperti da fitta vegetazione. Le bombe di una guerra
immaginaria esplodono a distanza. Dopo aver visto il quartiere
in cui è nato, decide di andare a trovare sua madre, ricoverata
in un ospedale fatiscente. Ma la compagna di stanza della
madre lo respinge con delle risate isteriche e Allie decide
di andarsene. Durante il suo vagabondaggio per le strade
incontra diversi personaggi: una ragazza che canta spagnolo,
un nero drogato che racconta barzellette, un sassofonista che
improvvisa serenate ipnotiche. Dopo aver rubato e rivenduto
un’automobile per 800 dollari, Allie torna a casa e fa la valigia,
lasciando un messaggio scritto per la sua amica. Alle luci del
mattino si imbarca su una nave da carico che lo porta lontano.
Sc.: J. Jarmusch; Fot.: James A. Lebovitz; Int.: Chris Parker,
Leila Castil, John Lurie, Richard Boes, Sara Driver.
SAB 15, H. 22.00, DOM 16, H. 18.00
SAB 15, H. 20.30, DOM 16, H. 16.30
SAB 15, H. 23.30, DOM 16, H. 19.30
a una cura. Dopo qualche tempo i due ottengono notevoli
miglioramenti, ma Virginia ha troppa paura di perdere il dottor
Kik, che rappresenta il suo unico appoggio, l’unica persona
che creda in lei. Questa situazione di precarietà annulla
lentamente i progressi fatti da Virginia e il dottor Kik
è costretto a ricominciare la cura da capo. Solo parlando
di se stessa, dell’infanzia e delle sua paure Virginia potrà
rendersi conto dei propri traumi e uscire allo scoperto.
Coppa Volpi per l’interpretazione femminile
a Olivia De Havilland alla Mostra di Venezia del 1949.
giusta via, fa in modo di incontrare la donna segretamente,
ma arriva a rischiare il licenziamento. Alla fine è costretto
a desistere, finché l’allarmante peggioramento di Emilia
non induce il primario a consentire alla nuova terapia,
che dà risultati insperati: Emilia si va riprendendo
e può lasciare la clinica, non certo completamente guarita,
ma sbloccata dalle sue nevrosi.
Sc.: Francesca Archibugi, Furio Scarpelli; Fot.: Daniele
Nannuzzi; Int.: Giuliana De Sio, Erland Josephson,
Julian Sands.
Richard Kern
The Manhattan Love Suicides
Usa 1985, 36’, b/n, v.o.
Quattro sguardi di Richard Kern in quattro cortometraggi.
In Stray Dogs vediamo un pittore che gira per New York con
le sue ragazze spendendo e spandendo. Woman at the Wheel
segue una donna e i suoi due fidanzati vertiginosamente in
giro per la città. In I Hate You Now seguiamo la giornata tipo
di uno spacciatore dal viso deforme e della sua ragazza, infine,
in Trust in Me una donna si taglia le vene nella vasca da bagno
ma il suo partner non la nota neppure. Attraverso un misto
di storie dall’umor tetro, di amore condannato e scadenti
effetti gore, Kern riesce a realizzare un aggiornamento
dei tormentati melodrammi hollywoodiani.
Sc.: R. Kern; Int.: Nick Zedd, David Wojnarowicz, Bill Rice.
un certo sguardo / 3 e 11 luglio
Psicoanalisi e cinema:
un affascinante equivoco centenario
Bollati Boringhieri realizzato in collaborazione con il
Museo Nazionale del Cinema in occasione del centocinquantesimo anniversario della nascita di Sigmund Freud.
La manifestazione, iniziata a maggio, si conclude a luglio e
si inserisce nel quadro di Torino Capitale Mondiale
del Libro con Roma (Aprile 2006-Aprile 2007).
Nelo Risi
Diario di una schizofrenica
Italia 1968, 109’, col.
Copia conservata da Centro Sperimentale
di Cinematografia/SNC – Cineteca Nazionale
Anna ha diciassette anni ed è schizofrenica. Primogenita
di una ricca famiglia, dopo anni di inutili cure viene
ricoverata in una clinica svizzera dove è affidata alle cure
di Madame Blanche, analista fuori dagli schemi che inizia
un lungo e faticoso percorso per ricostruire le cause della
malattia della ragazza. Lentamente viene alla luce un intricato
meccanismo di sensi di colpa (quello che Anna chiama
“il sistema”) all’origine del quale c’è il rifiuto della propria
nascita e il continuo confronto con una sorella ‘normale’
da parte dei genitori. Nonostante i progressi compiuti,
Anna rimane vittima di una violenta crisi, tentando il
suicidio, quando scopre che Blanche cura altri pazienti
e capisce che il loro rapporto non è esclusivo come invece
credeva. A questo punto, Blanche decide di dedicarsi
ad Anna totalmente, ospitandola in casa propria
e ricostruendo, attraverso l’uso di oggetti cui la giovane
attribuisce significati simbolici, quel rapporto con la figura
materna incrinatosi durante l’infanzia.
Sc.: N. Risi, Fabio Carpi, dal libro di Marguerite Anurée
Sécheraie; Fot.: Giulio Albonico; Int.: Maria Tocinowsky,
Sara Ridolfi, Umberto Raho, Gabriella Mulachié.
LUN 3, H. 16.30
Anatole Litvak
La fossa dei serpenti / The Snake Pit
Usa 1948, 108’, b/n, v.o. sott.it.
Poco dopo essersi sposata,Virginia perde completamente
la memoria. Suo marito Robert, straziato dal dolore, prova
a farla tornare in sé raccontandole a ritroso la loro storia.
Non riuscendo nel suo intento, Robert decide di portare
Virginia in una clinica sotto la sorveglianza e la cura del dottor
Mark Kik. Il giovane medico prende a cuore la situazione
di Virginia e tenta in ogni modo di aiutarla sottoponendola
6
MAR 11, H. 20.30
Fritz Lang
Dietro la porta chiusa
Secret Beyond The Door
Usa 1948, 98’, b/n, v.o. sott.it.
Sc.: Millend Brand, Frank Partos, Arthur Laurent;
Fot.: Leo Tover; Int.: Olivia De Havilland, Marc Stevens,
Leo Genn.
LUN 3, H. 18.30
Carlo Lizzani
Cattiva
Italia 1991, 98’, col.
Copia conservata da Centro Sperimentale
di Cinematografia/SNC – Cineteca Nazionale
Emilia Schmidt, di origine italiana, vive in Svizzera
col marito e un figlioletto all’inizio del Novecento.
La sua vita è in apparenza serena, dando tuttavia segni
di squilibrio. Ricoverata in una lussuosa clinica di Zurigo,
viene diagnosticata come schizofrenica: è presa da improvvise
crisi di collera, rifiuta il cibo, si ostina a non parlare.
Viene perciò definita “cattiva”. Il primario professor Brokner
la sottopone senza risultato alle cure tradizionali,
opponendosi alle richieste di Gustav, un giovane medico
della sua equipe, che si offre di curarla con metodi freudiani.
Quando finalmente Gustav ottiene di tentare con Emilia
la nuova via della psicanalisi viene circondato dallo
scetticismo e dal sospetto. Convinto, però, di essere sulla
La giovane Celia sposa Mark, un miliardario con ossessioni
omicide, che nella sua dimora ha ricostruito ambienti
in cui si sono svolti delitti celebri. L’ultima stanza - che resta
rigorosamente chiusa - è quella che ricostruisce fedelmente
la camera da letto della moglie. “La regia di Fritz Lang quasi
si sbizzarrisce a trovare soluzioni formali adatte, senza
mai strafare, senza accentuare più del necessario il conflitto
drammatico. Anzi - com’era suo solito - egli adotta
uno stile rigoroso, quasi freddo e distaccato, che riesce
a trasformare una storia al limite del verosimile, non priva
di elementi assurdi, in un dramma dell’interiorità,
con tutti i risvolti del caso” (G. Rondolino).
Sc.: Sylvia Richards, da un racconto di Rufus King;
Fot.. : Stanley Cortez; Int.: Joan Bennett, Michael Redgrave,
Anne Revere.
MAR 11, H. 22.15
n.39
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10:17
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Le Rassegne del Massimo3programmaluglio
restauri / 11 luglio
Perturbazione vs. Maciste
Nell’ambito di Soundtraxx – Anteprima Traffic, il
Museo Nazionale del Cinema presenta in anteprima la
sonorizzazione del restauro di Maciste composta ed
eseguita dal vivo dai Perturbazione, una delle band più
originali e importanti del panorama rock italiano.
Il restauro di Maciste (Itala Film, 1915) è stato
realizzato dal Museo Nazionale del Cinema in
collaborazione con la Cineteca del Comune di Bologna
presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata.
I Perturbazione sono:
Tommaso Cerasuolo (voce),
Elena Diana (violoncello),
Stefano Milano (basso),
Rossano Lo Mele (batteria),
Cristiano Lo Mele (chitarra),
Gigi Giancursi (chitarra).
Info: www.perturbazione.it,
www.mescal.it
Vincenzo Denizot, Luigi Romano Borgnetto
Maciste
Italia 1915, 60’, b/n
Una povera fanciulla, vessata da un perfido zio che cerca
di impadronirsi del patrimonio della nipote, va di nascosto
a vedere Cabiria e, osservando Maciste in azione, capisce
che lui solo potrà salvarla. Si reca, pertanto, alla Itala Film
e chiede aiuto all’eroe, che sta girando un film. Maciste a
ccetta e prontamente, con la sua forza, rimette le cose a posto.
“L’Italia Film ha voluto con questa serie che incomincia
ora a programmare, mettere in valore, sullo schermo muto,
la forza straordinaria, la bellissima figura e le singolarissime
attitudini che resero celebre il gigante buono di Cabiria,
a cui gli spettatori di tutto il mondo si erano immediatamente
e durevolmente affezionati. Per questo si son dovute creare
delle audaci concatenazioni delle più terribili avventure,
in cui l’atleta simpaticissimo si fosse trovato in continui
pericoli, per mettere vittoriosamente a cimento la possanza
dei suoi muscoli e la sua generosità”
(Il rondone in «La Vita Cinematografica», 15-02-1916).
Fot.: Augusto Battagliotti, Giovanni Tomatis;
Int.: Bartolomeo Pagano, Leone Papa.
MAR 11, H. 21.30 – SALA UNO
Ingresso libero
crossroads / 6 luglio
Nosferatu + Supershock
L’Associazione Culturale musicARTeatro propone, in
collaborazione con la Città di Torino e il Museo Nazionale
del Cinema, con il patrocinio di Regione Piemonte,
Provincia di Torino e Città di Torino e con la consulenza
di Pier Giorgio Tone, una nuova sonorizzazione di
Nosferatu il vampiro ideata ed eseguita dal vivo dai
Supershock.
Friedrich Wilhelm Murnau
Nosferatu il vampiro
Nosferatu, eine Symphonie des Grauens
Germania 1921, 106’, b/n, did.or. sott.it.
Copia restaurata da Cineteca del Comune di Bologna,
Münchner Filmmuseum, Cinémathèque Française
e Cinemateca Portuguesa con il contributo
del Projecto Lumière.
Brema 1838. L’agente immobiliare Knock invia il giovane
Hutter in Transilvania per concludere un affare col conte
Orlok. Prima di lasciare la città chiede ad una coppia di amici
di prendersi cura di sua moglie Ellen, quindi parte e giunge
al castello sui monti Carpazi dopo una serie di strani
e misteriosi episodi.Verso mezzanotte Orlok invita il giovane
a cena e quando questi, affettando il pane, si ferisce ad un dito,
si mostra particolarmente eccitato. Il mattino seguente,
svegliandosi, Hutter nota dei segni sul collo e ne attribuisce
la colpa a delle punture di zanzara. La notte seguente, rimasto
affascinato da un medaglione col ritratto di Ellen, il conte
firma il contratto per l’acquisto di una casa a Brema.
Qui, intanto, il morbo della peste dilaga. Dalla sua finestra,
il conte spia la bella Ellen che, avendo letto nel Libro
dei Vampiri che solo il sacrificio di una ragazza dal cuore puro
può far terminare il flagello, permette a Nosferatu di entrare
nella sua camera. Questi, impegnato a succhiarle il sangue
non si avvede che il sole sta sorgendo e muore.
Sc.: Henrik Galeen; Fot.: Fritz Arno Wagner,
Gunther Krampf; Int.: Max Schreck, Gustav Botz,
Alexander Granach.
GIO 6, H. 21.00 – SALA UNO
Supershock
Paolo Cipriano (voce e chitarra), Valentina Mitola (basso
e voce) con la partecipazione di Alan Brunetta (batteria
e marimba), Simone Zoja (pianoforte), Umberto Poli (chitarra).
LUN 19, H. 21.00
Ingresso euro 2,50
Fotogrammi
austriaci. Le vedute sono state eseguite dalla Sezione
Cinematografica del Reale Esercito Italiano.
Info
www.promocinema.org/cervinofilmfestival
Cervino International Film Festival
Nel programma della IX edizione del Cervino International
Film Festival (che si terrà dal 19 al 22 luglio) ci sarà anche la
presentazione del film Tra i ghiacci e le nevi del Tonale
(1918), dono di Elena Salvetti Piccione al Museo Nazionale
del Cinema e conservato presso la Cineteca.
Scene di vita quotidiana degli alpini, tra arrivo delle salmerie,
pasti ed esercitazioni con l’obice, teleferiche a 1500 metri,
carrelli su binari trainati da somari, laghetti tra i ghiacci, gallerie scavate nella neve. Si vedono, inoltre, le trincee in quota e
le posizioni nemiche conquistate il 25 maggio 1918, vedute
panoramiche della Valle Camonica e di Ponte di Legno, il
bombardamento delle postazioni austriache con bollettini
di guerra del 27 maggio 1918. La battaglia provoca un
incendio a Santa Caterina.
Il film finisce con le riprese di una colonna di prigionieri
Documentary in Europe
Documentary in Europe (Bardonecchia, 5-8 luglio)
festeggia quest’anno dieci anni di attività, occasione perfetta per fare un bilancio di quello che è stato fatto e di
come in questi anni si è evoluto lo scenario del documentario in Europa.
Tre i temi centrali del programma 2006:“Questi dieci anni”
sezione dedicata ad alcuni dei più significativi protagonisti delle precedenti edizioni, “Esiliati” in cui si affronta il
tema dei cineasti italiani che, nel corso degli ultimi anni,
hanno dovuto emigrare per poter realizzare i loro film
documentari e “Nuovi scenari” che comprende due sezioni specifiche dedicate alle scuole di documentario e al
cinema documentaristico indiano.
L’edizione 2006 si arricchisce ancora di un progetto per il
recupero della memoria filmata ‘privata’ che consiste
nella raccolta, catalogazione e diffusione dei materiali filmati privati ed amatoriali, con lo scopo di spingere il pubblico a portare il proprio materiale al centro di raccolta di
Documentary in Europe che provvederà a trasformarlo
dal classico formato in Super 8 al formato digitale.
Il workshop nasce con l’intento principale di far incontrare produttori, registi, responsabili di televisioni europee e
addetti ai lavori per discutere e presentare progetti
documentaristici.
Non manca però lo spazio dedicato al pubblico di
appassionati di cinema che, nel corso della Settimana
del documentario (Bardonecchia 3-8 luglio), possono
assistere a proiezioni gratuite di film documentari tra i
più significativi della produzione italiana e straniera dell’anno precedente.
Per partecipare al workshop:
iscrizioni dal sito www.docineurope.org
Info
Documentary in Europe:
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Gli eventi del mese
seconda visione / 1-2, 19-24 luglio
Anders Thomas Jensen
Le mele di Adamo
Adams aeler
l’albero su cui è stato impiccato questo strano personaggio,
lungo la strada si imbattono in Baby Firefly, una ragazza
rimasta in panne con la sua auto, che per ringraziarli del
passaggio li invita a casa sua. Le due coppie fanno così la
conoscenza della bizzarra famiglia Firefly, un clan di assassini
dediti alla pratica del cannibalismo e di riti satanici e dovranno
riuscire a sopravvivere in questa casa degli orrori.
Danimarca 2005, 94’, col.
loro padre, il fuggiasco Captain Spaulding, Otis e Baby
iniziano una terribile resa dei conti con lo sceriffo e la sua
squadra. Mentre i cadaveri aumentano sempre più lo sceriffo
Wydell decide di oltrepassare la legge aprendo la strada ad una
delle più terribili rese dei conti. Mescolando abilmente horror,
humor macabro e suspense, il film offre un ritratto scioccante
della violenza criminale
Sc.: R. Zombie; Fot.: Phil Parmet; Int.: Sid Haig,
Bill Moseley, Shery Moon.
DA MER 19 A VEN 21, H. 18.15/22.15
Bohdan Slama
Una cosa chiamata felicità
Repubblica Ceca/Germania, 100’, col.
Adam è un neonazista che, appena uscito di prigione, viene
mandato presso una comunità di recupero in un vicariato
di campagna. Suo compito è di assistere padre Ivan, un pastore
protestante di un piccolo centro. Ivan pensa che Adam debba
darsi uno scopo nei mesi che deve trascorrere “sotto
sorveglianza” e Adam, per irriderlo, sceglie come obiettivo
di preparare una torta con le mele dell’albero più bello
del giardino. La natura, però, si accanisce sul progetto: l’albero
viene prima attaccato dagli uccelli, poi dai vermi e, infine,
dai fulmini. Per Ivan c’è lo zampino del diavolo; Adam,
che non crede a Paradiso e Inferno, ha la prova che, invece,
le forze del bene non sono poi così forti. Il film è stato
premiato al Courmayeur Noir in Festival 2005.
Ispirato al Libro di Giobbe, Le Mele di Adamo è in parte una
black comedy, in parte un serio racconto sul dualismo tra il
bene e il male.Terzo ed ultimo capitolo della trilogia dedicata
ai disadattati e agli “strambi” di Danimarca.
Sc.: A.T. Jensen; Fot.: Sebastian Blenkov; Int.:
Ulrich Thomsen, Mads Mikkelsen, Nicolas Bro.
SAB 1 E DOM 2, H. 16.30/18.30/20.30/22.30
Rob Zombie
La casa dei 1000 corpi
House of 1000 Corpses
Usa 2003, 88’, col.
Jerry, Bill, Mary e Denise durante un tour dei luoghi meno
convenzionali d’America, si imbattono nel capitano Spaulding
che gli narra la leggenda del Dottor Satana. Decisi a trovare
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Sc.: R. Zombie; Fot.: Alex Poppas, Tom Richmond;
Int.: Sid Haig, Bill Moseley, Shery Moon.
DA MER 19 A VEN 21, H. 16.30/20.30
Rob Zombie
La casa del diavolo
The Devil’s Rejects
Usa 2005, 101’, col.
Dalla fervida fantasia del famoso musicista Rob Rombie,
il film è il famoso e violento seguito di La casa dei 1000 corpi
scritto dallo stesso Zombie. Qui ritroviamo i membri omicidi
della famiglia Firefly che seminano sangue e terrore. Messi
alle strette dallo Sceriffo Wydell e dalla sua squadra di uomini
armati, Otis e Baby cercano riparo in un motel isolato
e sul loro cammino verso la fuga, uccidono chiunque incroci
la loro strada. Mentre tentano
di incontrare anche il
Monika,Tonik e Dasha si conoscono sin dall’infanzia, trascorsa
in un quartiere popolare di una cittadina di provincia.
Diventati adulti, ognuno di loro ha intrapreso la propria strada:
Monika si è fidanzata con un uomo che lavora in America
ed è in attesa di raggiungerlo;Tonik si è trasferito in casa
dell’eccentrica zia e l’aiuta nella lotta contro le industrie che
vorrebbero espropriarne la casa in campagna; Dasha, diventata
madre di due bambini, è innamorata di un uomo sposato
e ha gravi problemi di depressione. Quando quest’ultima viene
ricoverata in una casa di cura per problemi mentali, Monika
è chiamata ad occuparsi dei figli dell’amica. A darle supporto
interviene anche Tonik, che la ospita nella casa di campagna
e insieme al quale dà vita ad una sorta di serena famigliola.
Il ragazzo vede nella nuova situazione un possibile cambio
di vita con la donna di cui è segretamente innamorato,
ma Monika è sempre in attesa della chiamata dall’America
e i due piccoli resteranno sempre i figli di Dasha.
Sc.: B. Sláma; Fot.: Divis Marek; Int.: Tatiana Vilhelmová,
Pavel Liska, Anna Geislerová.
DA SAB 22 A LUN 24, H.
16.30/18.30/20.30/22.30
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non-fiction / 12 luglio
Il programma
Incatenati ai tempi
I restauri dei film di Antonello Branca
(1972, 17’)
Lui è un giovane operaio, lei non lavora in fabbrica. La loro
storia d’amore, nata all’ombra della Fiat a Torino, rischia
di finire perché i ritmi della fabbrica, i turni, la stanchezza
sottraggono ogni spazio alla vita in comune. Il film è tutto
giocato sul dialogo serrato tra lei che pone interrogativi
brucianti sul senso della vita di fabbrica e lui che concorda,
ma non può sottrarsi al tempo della catena. Si tratta
di un film inusuale per il periodo in cui è stato realizzato.
La fabbrica è al centro del discorso, ma non per le sue
logiche interne. Sotto accusa sono le conseguenze che il
tempo della fabbrica riversa sulla vita privata, sulle relazioni
affettive, sulla possibilità di vivere una vita sensata e felice.
Al termine delle manifestazioni legate alla mostra Torino
al lavoro. Dalla ricostruzione allo sviluppo (Palazzo
dei Quartieri Militari, via del
Carmine 14, Torino), il
Museo Nazionale del Cinema
e l’Associazione Culturale Antonello Branca presentano i
restauri dei documentari di Branca realizzati con il contributo della Città di Torino.
Antonello Branca è stato uno dei documentaristi italiani
più significativi degli anni ‘60/’70. Nato a Roma il 15
maggio 1935, inizia a soli 24 anni come fotografo in
Kenia, poi è corrispondente da Londra per l’Agenzia
Italia. Inizia così il suo percorso di documentarista con
film che sono, al tempo stesso, preziosi documenti storici e
testimonianze di un metodo innovatore. L’esordio avviene
nel 1961 con il reportage Aria di Londra.
Successivamente collabora con la Rai (il suo servizio sul
Vajont per primo denuncia le responsabilità umane del
disastro), ma presto il regista viene messo all’indice e
allontanato per un lungo periodo.
Trasferitosi negli Stati Uniti si dedica ad un ricchissimo
percorso di documentazione. Nel 1967 realizza, tra gli
altri, What’s Happening? in cui Rauschenberg,
Lichtenstein, Ginsberg,Warhol, Benois raccontano la loro
America, la Pop Art e la Beat Generation. Una canzone
di Elaine Brown Seize the Time ispira il titolo del film
sul Black Panther Party, lungometraggio costruito con le
Pantere Nere sulle condizioni di vita dei neri americani,
la repressione, la resistenza organizzata del movimento.
Nello stesso anno racconta il diffondersi della droga a
Milano in Filomena e Antonio, mentre in Cartoline
da Napoli produce un piccolo terremoto politico.
Nell’89 inizia una ricerca sul rapporto tra guerra e tecnologia che durerà quattro anni. Centinaia di interviste, la
collaborazione di studiosi come David S. Landes, Nathan
Rosemberg, l’apporto degli scienziati che costruirono la
bomba A, hanno permesso di dare vita ad una trilogia,
Guerra e tecnologia, che documenta il rapporto tra gli
apparati militari e lo sviluppo economico degli Stati Uniti
dalla nascita dello stato americano, alla fine del ‘700, fino
alla guerra del golfo del 1991.
Ai cancelli della FIAT
(1973, 8’)
Operai e studenti manifestano alla Mirafiori dopo
i licenziamenti. Gli operai si riuniscono in assemblea
davanti ai cancelli delle “meccaniche” il 30 marzo 1973.
Filomena e Antonio
(1976, 65’)
Documentario sulla penetrazione della droga a Milano
negli anni ‘70. Filomena ha solo 24 anni e racconta con una
lucidità che toglie il fiato il suo percorso di bimba rinchiusa
in collegio, scappata di casa, ripresa dalla famiglia e trattata
come donna perduta. Racconta il matrimonio con un
ragazzo emigrato in Germania, e la sua incapacità di adattarsi
a questa nuova situazione. Narra l’arrivo a Milano, l’incontro
con Antonio e quello con la droga. Un dialogo a due voci
traccia il quadro spietato della tossicodipendenza, della ricerca
quotidiana della dose e dei tentativi di venirne fuori. Si tratta
di un documento struggente, soprattutto per la lucidità,
la misura, la maturità e l’intelligenza di due figure
indimenticabili
Simone Catania
MONday
Italia 2006, 10’, col.
La storia di un uomo e una donna che, dopo anni,
si rincontrano e trascorrono una giornata insieme.
Dal momento in cui i due personaggi si vedono, il sonoro
scompare. Ogni istante che passano insieme, non viene udito
bensì semplicemente visto. Girato in HDv.
Sc.: Giulia Manelli; Mus.: Gaia Possenti e Diego Lisfera;
Int.: Alessandro Gassman, Giorgia Cardaci.
LUN 10, H. 19.00, INGRESSO LIBERO
Partecipano alla proiezione, oltre agli attori Alessandro Gassman
e Giorgia Cardaci, Federico La Face (Ass. Fuorisede),
Celestino Gianotti (BlisscoMedia), Daniele Segre (Film
Commission Torino Piemonte), Aldo Vannini (Italgas),
Guido Curto (Accademia Albertina di Belle Arti).
Coordina l’incontro Paolo Manera.
non fiction / 17-18 luglio
Massimo Domenico D’Orzi
Adisa o la storia dei mille anni
Italia 2004, 80’, col.
Giovani operai alla FIAT
(1978, 8’)
Documentario sulla Fiat Mirafiori di Torino. Gli operai che
escono dalle carrozzerie di Mirafiori parlano della fabbrica,
delle difficoltà del lavoro, delle lotte, del futuro.
MER 12, H. 20.30, INGRESSO LIBERO
il cinema degli altri / 10 luglio
MONday – Il mio giorno
Il regista Simone Catania presenta il suo cortometraggio
MONday – Il mio giorno, realizzato con il sostegno
della Regione Piemonte, della Film Commission Torino
Piemonte e dell’Italgas, e con la collaborazione
dell’Accademia Albertina di Belle Arti. Seguirà la
proiezione del backstage.
Adisa è una bambina ma porta in sé tutto del popolo apolide
e senza religione dei rom, ancora oggi misterioso e sconosciuto
ai più. Il documentario è un viaggio attraverso uomini, donne
e bambini rom che riesce a ricostruire la vita di un paese,
la Bosnia-Erzegovina, in cui le ferite della guerra sono ancora
aperte. Lo scopo è quello di cogliere la dimensione più profonda
e misteriosa che è la vera essenza di quel popolo e della sua
cultura, lasciando ai rom il diritto di testimoniare la propria
presenza nella Storia.“È la storia di un viaggio fra le comunità
rom della Bosnia-Erzegovina che, partito per documentare
il presente, ha finito per assumere i caratteri di un film storico
per capire che cosa fosse stato di loro, degli zingari, un popolo
notoriamente senza patria né religione, in una terra quale la
ex Jugoslavia in cui le etnie diverse e i popoli si sono massacrati
in nome di una nazione e del loro buon dio”. (M.D. D’Orzi)
Sc.: M.D. D’Orzi; Fot.: Stefano D’Amadio.
LUN 17, H. 16.30/18.00/19.30, MAR 18, H. 16.30/18.00/19.30/21.00/22.30
cult! / 12 e 17 luglio
Pinku Night: Japanese Wild Girls
Prima della pausa estiva, Cult! propone due classici del
pinku-eiga, il cinema erotico giapponese che fonde sesso e
violenza con quello stile inimitabile che tanto ha
influenzato Quentin Tarantino.
Norifumi Suzuki
Girl Boss Guerilla
Sukeban gerira
Norifumi Suzuki
Terrifying Girls’ High School:
Lynch Law Classroom
Kyoufu Joshi Koukou Bouroku Rinchi
Kyoushitsu
Giappone 1973, 88’, col., v.o. sott.it.
Giappone 1972, 84’, col., v.o. sott.it.
Motocicliste, risse e scontri fra bande. Il film di Norifumi
Suzuki rielabora il concetto di bad girl portandolo alle sue
estreme conseguenze. Chi ha amato Faster, Pussycat! Kill! Kill!
di Russ Meyer e Switchblade Sisters di Jack Hill non può fare
a meno di vedere un classico come questo.
Sc.: N. Suzuki, Takayuki Minagawa; Fot.: Shigeru Akatsuka;
Int.: Miki Sugimoto, Emi Jo, Rinda Kimoto.
MER 12, H. 16.30, LUN 17, H. 22.30
Ambientato in un riformatorio femminile giapponese,
il film si apre con una sequenza mozzafiato prima ancora
che partano i titoli di testa. Qualcuno ha scritto che sembra
un film di Russ Meyer scritto da Jess Franco, ma anche
i fan di Miike Takashi impazziranno per le cattivissime
e sexy ragazze che lo popolano.
Sc.: Tatsuhiko Kamoi; Fot.: Jubei Suzuki; Int.: Miki Sugimoto,
Reiko Ike, Seiko Saburi.
MER 12, H. 18.00, LUN 17, H. 21.00
Ingresso alle proiezioni euro 2,50
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Cannes 2006
(aspettando il 60° anniversario)
(da pag. 1)
o meno dichiarate, come l’emulazione di manifestazioni blasonate – leggasi
Toronto, il festival con il pubblico pagante più grande del mondo, ma anche il
luogo di un non-mercato tra i più frequentati dagli operatori commerciali del
settore. Conclude l’articolista: “Non è garantito che questo proposito raccolga
l’adesione del pubblico e degli spettatori, ma la sua esistenza mostra che il dibattito
sul ruolo dei festival nella vita del cinema assume un nuovo vigore”. Chi scrive
non è affatto sicuro che il profilo scelto da manifestazioni sempre più grandi e
sfarzose come Roma (o Dubai, che è l’altro, lussuoso contendente ad un ruolo di
primo piano nel calendario già affollato degli appuntamenti festivalieri
imprescindibili) sia precisamente quello di cui il cinema ha davvero bisogno.
Teniamoci i nostri dubbi e veniamo ai film, che sono (o dovrebbero) essere la
ragione principale per cui si va ad un festival. Quelli per cui valeva la pena
affrontare la costosa trasferta cannense non erano più di una dozzina: tra questi
figurano certamente gli italiani (Moretti, Bellocchio, Kim Rossi Stuart, già visti
da noi), e il bellissimo Volver di Pedro Almodovar, uscito lo stesso giorno anche
in Italia. Fra le delusioni, spiace invece di dover includere tre dei film più attesi:
Marie-Antoinette di Sofia Coppola, non brutto – anzi, a suo modo, seducente ma stucchevole e impalpabile come lo zucchero filato; Southland Tales dell’(ex?)
ragazzo-prodigio Richard Kelly (quello di Donnie Darko), presuntuosa e tronfia
antologia dei principali luoghi comuni della controcultura californiana dagli
anni Sessanta ad oggi, rivisitati in chiave di (irritante) fantascienza semi“Babel” di Alejandro González Iñárritu (2006)
parodistica; e, almeno in parte, L’amico di famiglia del talentuoso Paolo
Sorrentino, che questa volta lavora troppo di testa un materiale di grande
interesse, al centro del quale campeggia un personaggio dall’orrendo fascino
ambiguo. Esteticamente irrisolto, l’esito sorprende ma non convince: ma già si
dice che il regista rimetterà mano al montaggio prima dell’uscita prevista per
il prossimo autunno.
Chi, al contrario, non sorprende ma convince è il nuovo Ken Loach, lucida,
amara e per nulla reticente ricostruzione storica della rivolta irlandese del 1920
contro la feroce occupazione inglese, sfociata poi nella lotta fratricida fra
nazionalisti repubblicani e irriducibili socialisti, disposti alla guerra civile pur
di non accettare compromessi di sorta. La descrizione della brutale violenza
degli occupanti, l’assoluta determinazione dei rivoltosi, i laceranti dilemmi cui
sono posti di fronte, fanno di The Wind That Shakes The Barley non un film in
costume ma una emozionante lezione di storia contemporanea, che rifiuta
semplificazioni e compiacimenti per andare al cuore delle lacerazioni intestine
di un popolo, immerso in tragedie storiche che incessantemente si ripetono.
A chi scrive è piaciuto molto anche Babel, opera terza di Alejandro González
Iñárritu, che altri giudicano un vacuo esercizio accademico, forse perché la
sceneggiatura del fedele (e geniale) Guillermo Arriaga ripete la struttura a
incastro dei precedenti Amores perros e 21 grammi, con quattro vicende dislocate
in altrettanti Paesi diversi (il Marocco, gli Stati Uniti, il Messico e il Giappone),
che si rivelano intimamente connesse. Un filo rosso salda il destino dei
personaggi in un unico nucleo di sofferenza, un destino di dolore e solitudine
al quale nessuno sembra potersi sottrarre. Anche se il finale, pur senza essere
consolatorio, lascia aperta la porta della salvezza attraverso il riscatto dell’amore
e della comprensione reciproca. Iñárritu si conferma grande cineasta, capace di
coniugare le ragioni di un cinema personale con quelle dello spettacolo
popolare (nel senso più nobile del termine): una lezione che gli americani
sembrano aver ormai disappreso.
Grande cineasta è anche il turco Nuri Bilge Ceylan, quantunque Iklimer (“Il
clima”) non sia all’altezza del precedente Lontano e abbia suscitato qualche
comprensibile perplessità per colpa di un soggetto troppe volte visto al cinema.
Ma bisogna riconoscere che questo breve ed intenso racconto della crisi di una
coppia di mezz’età, possiede l’asciuttezza e l’incisività formale di un Antonioni
in stato di grazia. Non sono molti i registi contemporanei che sappiano
lavorare l’immagine con tanta efficacia: quella del film di Ceylan è di una
10
“Shortbus” di John Cameron Mitchell (2006)
bellezza plastica che toglie il fiato e invita a lasciarsi andare alla pura
contemplazione, dimenticando le possibili riserve.
Quanto a Bruno Dumont è uno di quei cineasti che si amano o si detestano.
Il suo cinema non ama le mezze misure: è fatto di scelte estetiche radicali,
come le storie che mette in scena e i personaggi che racconta. In Flanders, il
rovesciamento dei luoghi comuni sulle atrocità della guerra non potrebbe
essere più spiazzante. Suggerendo che la cosiddetta pace altro non è che la
continuazione della guerra con altri mezzi, Dumont istituisce continuità
laddove gli altri vedono una rottura: sopravvivere in Fiandra non comporta
cioè minori drammi e violenze che in Afganistan o in Iraq. La “via crucis” dei
protagonisti è disseminata dalla consueta chincaglieria cattolica (un impasto di
martirio, perdizione, riscatto e redenzione), ma lo sguardo del regista è
lucidissimo e il suo film colpisce allo stomaco lo spettatore, costringendolo a
confrontarsi con l’orrore che si preferisce ignorare.
Si vorrebbe poter dire tutto il bene possibile anche del nuovo film di
Kaurismäki, Le luci del quartiere. Questo omaggio dichiarato al Chaplin di Luci
della città (che mette però al centro della vicenda un personaggio impassibile
almeno quanto Buster Keaton) risulta altrettanto simpatico ed efficace nella
descrizione del ristretto universo di un solitario perdente quanto i due film che
lo hanno preceduto, ma l’insieme è meno entusiasmante del solito e il film
finisce per collocarsi un po’ al di sotto dei suoi film più riusciti.
Una bella sorpresa si sono rivelati invece due titoli agli antipodi del cinema
contemporaneo, nei quali la sessualità gioca un ruolo da protagonista. In Summer
Palace, Lou Ye racconta le speranze e i sogni di una primavera cinese brutalmente
interrotta dalle cariche di polizia che insanguinarono Piazza Tianammen. La
Storia si cela (o, meglio, s’intravede) dietro le vicende private di un gruppo di
studenti di Pechino, le cui istanze libertarie si incarnano in una sorta di frenesia
erotica, che si rivelerà incapace di colmare le aspettative dei protagonisti, votati a
un futuro di solitudine dolorosa. Osservando gli abusi sentimentali e sessuali cui
si lasciano andare i ragazzi cinesi, ci si scopre a pensare che sembrano gli anni
Sessanta da noi, solo con meno speranza. Che poi è una delle migliori battute
dell’altro film, Shortbus, riferita ad una delle tante sequenze di orge collettive che
il film mostra senza alcuna reticenza di carattere visivo. L’approccio hard del
regista John Cameron Mitchell è funzionale ad un affresco credibile, a tratti
esilarante e non di rado volutamente patetico, di una New York contemporanea
dove la deriva sessuale e sentimentale è un fiume inarrestabile. Poteva risultarne
un indigesto polpettone camp, sembra invece un film corale alla Robert Altman
rivisto alla luce della sensibilità queer di un John Waters in stato di grazia.
“Iklimer” di Nuri Bilge Ceylan (2006)
Da non perdere, infine, United 93, efficacissima e impressionante ricostruzione
del dirottamento di uno dei voli di linea presi in ostaggio dai terroristi l’11
settembre 2001, e schiantatosi al suolo a seguito della reazione dei passeggeri.
Per due ore ci si trova a rivivere in diretta l’incubo dei passeggeri e il
disorientamento dei controllori di volo, divisi fra incredulità dolorosa e atroce
senso di impotenza. Il regista, l’inglese Peter Paul Greengrass si conferma un
maestro nel genere della ricostruzione rigorosa e iperrealista: non spiega, non
inventa, non declama, ma si limita a mostrare. Il suo film è orrore allo stato
puro: si astenga chi ha paura di volare.
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Parole & Immagini libri, riviste&dvdluglio
MUSEO
NAZIONALE
Parole &
Immagini DEL CINEMA
a cura di Silvio Alovisio e Micaela Veronesi
libri, riviste&dvdluglio
I LIBRI DEL MESE
Claire Vassé
Il dialogo: dal testo scritto
alla voce messa in scena
Torino, Lindau, 2006, 87 pagg., euro 12,80
Nuovo volume della fortunata collana Strumenti
Cahiers du Cinéma, Il dialogo si presenta come un
testo coerente e immediato, scritto bene e
costruito con intelligenza, utile per capire le
diverse valenze del passaggio dal testo scritto
alla messa in scena. Partendo dal presupposto
incontro/scontro fra immagini in movimento e
parola,Vassé delinea un percorso storico ed
estetico del dialogo cinematografico,
considerandone ogni minima sfumatura, non
solo discorso fra astanti, ma parole allo stato
puro: monologhi, logorree, bugie, dialoghi tra
sordi, dialoghi a senso unico, commenti fuori
campo, canti, giochi di parole, comunicazione
non verbale. L’autrice affronta le possibilità
espressive e formali del dialogo, collocandole a
seconda dell’epoca, degli autori e del tipo di
cinematografia. Si occupa inoltre di specificare
le varie modalità con cui un dialogo può essere
filmato, analizza come, a partire dalla
sceneggiatura, esso sia fonte di informazioni
diegetiche e di connotazione dei personaggi,
come sia sufficiente per definire un periodo
storico, per drammatizzare la storia o anche
semplicemente per commentarla.Analizza
inoltre la messa in scena del dialogo, partendo
dalle distinzioni che Chion aveva fatto per il
sonoro in generale e arrivando a collocare il
parlato nel contesto drammaturgico, dove a
parlare è il singolo attore e dove la voce, con i
suoi toni e i suoi timbri ha una parte
preponderante nella resa drammatica. Infine
Vassé si sofferma sull’uso sovversivo della parola,
sulle sue potenzialità di destabilizzare il
diegetico, falsandolo o rivelandone tutti i limiti,
come capita ad esempio in L’anno scorso a
Marienbad, dove parola e immagine non
coincidono più, perché la “complessità del
mondo ha bisogno delle parole per minare
un’immagine un po’ troppo sicura di se stessa”.
Come nella letteratura del Novecento, in Joyce
o in Svevo, o come nel teatro di Beckett, anche
il cinema della modernità ha trovato nella
sfasatura tra parola e azione (tra dialogo e
immagine) il modo migliore per rappresentare
la crisi di senso dell’essere, tutta relegata in
velleità verbali che non trovano una
corrispondenza nell’agire quotidiano.
Luca Malavasi
ritenuto fino a pochi anni fa perduto, che
permette di inquadrare in modo nuovo il
complesso e contraddittorio rapporto di Soldati
con il Neorealismo. Malavasi si impegna a
valorizzare il percorso artistico di Soldati,
cercando di cogliere le costanti della sua poetica
disperse in una carriera fatta di piccoli
capolavori e di film “anonimi”. L’opera di
Soldati emerge così come un nodo cruciale per
comprendere le logiche dell’industria culturale
italiana dagli anni Trenta al periodo del boom
economico. Superando la dicotomia tra scrittore
e regista, l’autore del volume realizza un ritratto
positivo in cui le varie anime artistiche si
fondono tra loro.Tra gli esiti interpretativi
migliori del volume, ricordiamo le analisi di
Piccolo mondo antico, Malombra, Le miserie del signor
Travet, Eugenia Grandet, La provinciale, La donna
del fiume.
Nori Corbucci
Ciak, motore, azione: a lato,
dietro e dentro il cinema
Empoli, Ibiskos, 2006, 126 pagg., euro 18
Nori Corbucci, moglie del regista Sergio
Corbucci, raccoglie in questo volume aneddoti
e curiosità sul mondo del cinema e sui suoi
protagonisti, colti nei momenti più reali, quelli
delle serate fra amici, delle vacanze estive o delle
feste. La biografia di Nori pare inizialmente
quella della Adriana di Io la conoscevo bene:
trasferitasi da sola a Roma ad appena vent’anni,
la giovane donna napoletana è attratta dal
glamour del mondo del cinema, frequenta senza
poterselo permettere la mitica via Veneto,
prende una casa ai Parioli, ma la vita riserva per
lei il migliore degli happy end. Nori diviene
amica di Fred Buscaglione e di sua moglie,
inizia ad essere introdotta in quel mondo che la
attrae e, un giorno, duranta una festa davanti a
un vassoio di ostriche incontra Sergio
Corbucci. Da quel giorno, scrive Nori, i due
sono sempre stati insieme fino alla morte di lui,
avvenuta trentuno anni dopo. Nori Corbucci
racconta la sua vita e il suo sodalizio con il
marito scandendolo in brevi flash dedicati ai
tanti amici celebri, Monicelli,Totò,Tonino
Cervi,Visconti, la Loren, Mariangela Melato,
Laura Betti e molti altri ancora. La Corbucci
racconta eventi dai set di suo marito e rievoca
episodi vissuti, come il rocambolesco viaggio in
treno verso Mosca per il capodanno del 1972
con Antonello Trombadori,Vittorio Caprioli e
la sua compagna; le feste natalizie nella villa in
Toscana di Claudia Cardinale e Franco Cristaldi
negli anni Sessanta; le vacanze in una Costa
Smeralda appena scoperta dal bel mondo, ecc.
Ma il suo raccontare non è mai esibito, si
avverte dietro le parole di Nori un senso di
gioia nel ricordare un passato in cui è stata
felice, con un marito che ha amato e con il
quale è stata bene, con la semplicità di chi
ammette di avere avuto fortuna, una fortuna
che l’autrice, attraverso il narrare, vuole in
qualche modo condividere con il lettore.
400.000 dollari, senza contare il denaro
che le derivava dai diritti di vendita di tutto
il merchandising prodotto a suo nome…
insomma ad appena sette anni la bambina
prodigio del cinema americano degli anni
Trenta guadagnava una cifra non inferiore
al cachet delle grandi star adulte che
costellavano il ricco firmamento
hollywoodiano. Questi compensi, come
fa notare Baggioli (padre di Dick Fulmine,
il primo supereroe autarchico del fumetto
italiano), “sono guadagnati più che bene”
dal momento che un film come Piccola stella
fruttò alla Fox ben otto milioni di dollari.
Nata nel 1929, Shirley iniziò la carriera
cinematografica a solo quattro anni,
interpretando ben dieci film tra il 1933
e il 1936, anno di questa pubblicazione
realizzata per un pubblico italiano non
ancora privato del cinema americano
e incondizionato ammiratore di “riccioli
d’oro” (“Cara Shirley”, scrive un bambino
di Roma alla piccola diva, “nun ne perdo
nemmanco uno dei tuoi film!”).
In questa piccola rarità troverete la biografia
(necessariamente breve…) dell’attrice,
una dettagliata descrizione della sua già
cospicua filmografia e soprattutto tanti
aneddoti sulla sua vita privata di bambina,
la scuola, le bambole, i litigi con i fratellini,
sul suo rapporto con i grandi divi
(più grandi di lei solo per età sottolinea
il Baggioli) come Douglas Fairbanks,
che lasciò una dedica sul diario di Shirley,
e l’incantevole Simone Simon, che le regalò
una bambola. Pare, ci dice l’autore del
volumetto, che addirittura Clark Gable
avesse fra i suoi più grandi desideri quello
di girare un film al suo fianco! Con
sconcerto e indignazione poi, l’autore
racconta come un giornale americano
avesse osato insinuare che la Temple non
fosse altro che una nana di quarant’anni
o, fatto ancor più grave, come la bimba
avesse ricevuto svariate minacce di morte
tanto da dover vivere in una villa blindata
e con il costante controllo di poliziotti
che, per non turbare la sua fresca ingenuità,
si dovevano camuffare da giardinieri,
autisti o... aiuto registi.
Non manca infine una rapida carrellata
sugli attori bambini nostrani, come Franco
Brambilla (Aldebaran) e Mirandina Garavaglia
(voce italiana della Temple).
LA RIVISTA DEL MESE
Mario Soldati
Milano, Il Castoro, 2006, 174 pagg.,
euro 11,90
Il “castorino” dedicato a Mario Soldati esce in
occasione del centenario della sua nascita ed ha
il pregio di essere la prima monografia unitaria
dedicata interamente a questo autore. Precede di
poco, infatti, un altro volume a cura di Emiliano
Morreale. Il volume di Malavasi si configura
come uno studio critico completo sul cinema di
Mario Soldati, il cui percorso è stato spesso
controverso, dalle prime collaborazioni con
Camerini, al coinvolgimento con la televisione
italiana a partire dalla fine degli anni ‘50.
l’intento di Malavasi, dichiarato fin dal principio,
è quello di rovesciare la prospettiva critica che
ha sempre caratterizzato negativamente Soldati
all’interno del panorama del cinema italiano,
cercando di superare i luoghi comuni e le
resistenze dovute alla discontinuità qualitativa
della sua produzione. In quest’ottica si pone, per
esempio, l’analisi del cortometraggio Chi è dio?,
L’INTROVABILE DEL MESE.
RARITÀ DALLA BIBLIOTECA DEL MUSEO
Nickelodeon
Quadrimestrale
Vincenzo Baggioli
Shirley Temple:
la reginetta del cinema
Firenze, Nerbini, 1936, 24 pagine
Shirley, la “reginetta”, all’epoca di questa
pubblicazione interpretava quattro film
all’anno per un guadagno netto di circa
Il CEC (Centro Espressioni
Cinematografiche), associazione culturale
udinese nata nel 1973, ha raggiunto negli
ultimi anni una visibilità internazionale
grazie al Far East Film Festival, impedibile
appuntamento annuale per chiunque ami
il cinema dell’Estremo Oriente, e alla
rassegna-convegno de Lo sguardo dei maestri.
Dallo scorso anno si occupa anche della
gestione del Visionario, un complesso
cinematografico nel centro di Udine per
molti versi all’avanguardia, sede di una
mutlisala, di un bookshop e di un ampio
spazio espositivo. Da questi segnali di crescita
e rinnovamento non poteva restare immune
Nickelodeon, lo storico organo ufficiale
dell’associazione, ormai giunto al 25° anno
di pubblicazioni: con il n. 117 la testata diretta
dall’infaticabile Giorgio Placereani
si trasforma completamente nella veste grafica
e nei contenuti, e diventa un’autentica rivista
specializzata, con una redazione giovane
e competente, aperta all’approfondimento
come all’attualità, arricchita dagli interventi
di vecchi e nuovi amici del CEC (nel primo
numero della nuova serie ci sono le firme
di Paolo Mereghetti e Tatti Sanguineti).
La novità più interessante è il rafforzamento
della sezione saggistica, con ampi
approfondimenti legati ai convegni
e alle retrospettive organizzate dal CEC.
Apre la serie dei dossier un ricco speciale
dedicato a Orson Welles, al centro dell’ultima
recente edizione dello Sguardo dei maestri:
la sezione comprende tra l’altro una lunga
e divertente testimonianza di Audrey Stainton,
segretaria di Welles, circa il progetto
incompiuto del Don Quixote.Tra gli altri
contributi extra-dossier ci sembra meritorio
l’affettuoso ricordo del critico Ugo Casiraghi,
scomparso a Gorizia nel gennaio di
quest’anno. A questi interventi fanno corredo
rubriche più brevi, dedicate alle forme brevi
come il videoclip o lo spot pubblicitario,
al documentario, alla didattica del cinema,
alle ultime uscite editoriali sia di libri
che di DVD.
IL DVD DEL MESE
Valerio Zurlini
The Valerio Zurlini Box Set:
Estate violenta,
La ragazza con la valigia
1959- 1961 [edizione 1992], 103’ - 121’, b/n
NoShame Films, 2006
Si è sempre molto attenti a quali cult vengono
pubblicati in DVD sul mercato italiano,
ma si presta meno attenzione ai titoli italiani
che sono prodotti per la distribuzione
straniera. Questa edizione speciale in due
DVD dedicata a Valerio Zurlini è pensata
proprio per il mercato internazionale,
corredata di un libretto in lingua inglese
con note sui film e sull’autore, con una
filmografia e con note biografiche su Zurlini
stesso, su Claudia Cardinale, su Jacques Perrin,
su Jean-Louis Trintignant, su Mario
Nascimbene e su Mario Serandrei. La copia
de La ragazza con la valigia è in un’ottima
versione restaurata, disponibile anche con
audio in inglese e con sottotitoli sia inglesi
sia francesi. Estate violenta ha solo l’audio
in italiano e la possibilità di scegliere
sottotitoli in inglese. Per entrambi i film la
visione è introdotta dal rispettivo aiuto regista
di Zurlini cui segue poi un’intervista dello
stesso. Florestano Vancini per Estate violenta
e Piero Schivazappa per La ragazza con la
valigia. Altri interventi sono di Riccardo
Pazzaglia, Eleonora Giorgi e Giuliano
Montaldo, e di Piero De Bernardi, Bruno
Torri e Mario Gallo. Il pregio di questo
cofanetto è insito nel valore dei due film,
nel farci scoprire o riscoprire il talento di un
autore come Zurlini, troppo a lungo lasciato
in secondo piano dalla critica cinematografica.
Inoltre va menzionata la neonata casa di
produzione di questo Dvd, la NoShame Films
che, con sede a Roma e a Los Angeles,
ha una missione molto particolare, quella
di diffondere e valorizzare la conoscenza
del cinema italiano classico e di genere.
11
n.39
22-06-2006
10:17
Pagina 12
Il Calendario dei Filmappuntamentiluglio
SABATO 1 E DOMENICA 2 LUGLIO
DOMENICA 9 LUGLIO
h. 16.30/18.30/20.30/22.30 Le mele di Adamo di A.T. Jensen
h. 16.30 War and Peace di A.Patwardhan (India 2001,148’, v.o.sott.it.) h. 16.30 The Blank Generation di A. Poe (Usa 1976, 55’, v.o. sott.it.)
(Danimarca 2005, 94’)
SABATO 15 LUGLIO °
h. 20.30 A Very Very Silent Film di M. Jha (India 2002, 5’)
segue
segue
h. 18.00 Foreigner di A. Poe (Usa 1978, 77’, v.o.)
Matrubhoomi - A Nation Without Women di M. Jha (India
2003, 98’, v.o. sott.it.)
LUNEDÌ 3 LUGLIO
h. 16.30 Diario di una schizofrenica di N. Risi (I 1968, 109’)
h. 20.30 Permanent Vacation di J. Jarmush (Usa 1980, 75’, v.o. sott.it.)
h. 22.30 Shwaas di S. Sawant (India 2003, 107’, v.o. sott.it.)
h. 18.30 La fossa dei serpenti di A. Litvak (Usa 1948, 108’, v.o. sott.it.)
LUNEDÌ 10 LUGLIO
segue
h. 16.30 Forsaken Land di V. Jayasundara (Sri Lanka/F 2005, 107’,
Connected di Z. Chinde (India 2001, 15’)
h. 22.00 Poison di T. Haynes (Usa 1991, 85’, v.o. sott.it.)
segue
h. 20.30 Raghu Romeo di R. Kapoor (India 2003, 90’, v.o. sott.it.) *
Al termine della proiezione incontro con il regista Rajat Kapoor
Black Box di Scott e Beth B. (Usa 1979, 10’, v.o.)
v.o. sott.it.)
The Manhattan Love Suicides di R. Kern (Usa 1985, 30’, v.o.)
DOMENICA 16 LUGLIO °
h. 16.30 Permanent Vacation di J. Jarmush (Usa 1980, 75’, v.o. sott.it.)
h. 19.00 Monday + Backstage di S. Catania (I 2006, 10’+20’) °
h. 18.00 Poison di T. Haynes (Usa 1991, 85’, v.o. sott.it.)
MARTEDÌ 4 LUGLIO
h. 20.15 Dweepa – L’isola di G.Kasaravalli (India 2002,132’, v.o.sott.it.) segue
h. 16.30 Amu di S. Bose (India 2004, 102’, v.o. sott.it.)
h. 22.30 Chameli di S. Mishra (India 2005, 105’, v.o. sott.it.)
h. 20.15 Shadows di J. Cassavetes (Usa 1959, 87’, v.o. sott.it.)
MARTEDÌ 11 LUGLIO
h. 22.30 The Connection di S. Clarke (Usa 1962, 110’, v.o.)
h. 18.30 Little Terrorist di A. Kumar (India/Gb 2004, 15’, v.o. sott.it)
segue
Arimpara di M. Nair (India/J 2003, 90’, v.o. sott.it.)
h. 20.30 Forsaken Land di V. Jayasundara (Sri Lanka/F 2005, 107’,
segue
The Manhattan Love Suicides di R. Kern (Usa 1985, 30’, v.o.)
Pull My Daisy di R. Frank (Usa 1959, 30’, v.o.)
h. 16.00 Dweepa – L’isola di G.Kasaravalli (India 2002,132’, v.o.sott.it.)
h. 18.30 Shwaas di S. Sawant (India 2003, 107’, v.o. sott.it.)
LUNEDÌ 17 LUGLIO
h. 22.30 The Bypass di A. Kumar (India 2003, 16’)
h. 20.30 Cattiva di C. Lizzani (I 1991, 98’)
h. 16.30/18.00/19.30 Adisa o la storia dei mille anni di M.D.
segue
h. 22.15 Dietro la porta chiusa di F. Lang (Usa 1948, 98’, v.o. sott.it.)
v.o.sott.it.)
Split Wide Open di D. Benegal (India 1999, 100’, v.o. sott.it.)
D’Orzi (I 2004, 80’)
h. 21.30 – Sala Uno Maciste di V. Denizot e L. R. Borgnetto (I 1915, 60’) ° h. 21.00 Terrifying Girls’ High School di N. Suzuki (J 1973, 88’, v.o.
MERCOLEDÌ 5 LUGLIO
Accompagnamento musicale dal vivo composto ed eseguito
h. 16.00 Raghu Romeo di R. Kapoor (India 2003, 90’, v.o. sott.it.)
dai Perturbazione
h. 22.30 Girl Boss Guerrilla di N.Suzuki (J 1972, 84’, v.o. sott.it.) *
h. 18.10 The Bypass di A. Kumar (India 2003, 16’)
MERCOLEDÌ 12 LUGLIO
MARTEDÌ 18 LUGLIO
segue
h. 16.30 Girl Boss Guerrilla di N. Suzuki (J 1972, 84’, v.o. sott.it.) *
h. 16.30/18.00/19.30/21.00/22.30
segue
sott.it.) *
Connected di Z. Chinde (India 2001, 15’)
Split Wide Open di D. Benegal (India 1999, 100’, v.o. sott.it.)
h. 20.30 Acque silenziose di S. Sumar (Pakistan/F 2003, 99’,
h. 18.00 Terrifying Girls’ High School di N. Suzuki (J 1973, 88’, v.o.
Adisa o la storia dei mille anni
di M.D. D’Orzi (I 2004, 80’)
sott.it.) *
v.o. sott.it.)
h. 22.30 Amu di S. Bose (India 2004, 102’, v.o. sott.it.)
h. 20.30 I restauri dei film di Antonello Branca °
GIOVEDÌ 6 LUGLIO
GIOVEDÌ 13 LUGLIO °
DA MERCOLEDÌ 19 A VENERDÌ 21 LUGLIO
16.30/20.30
La casa dei 1000 corpi di R. Zombie (Usa 2003, 88’)
18.15/22.15
La casa del diavolo di R. Zombie (Usa 2005, 101’)
h. 21.00 – Sala Uno Nosferatu il vampiro di F.W. Murnau (G 1921, 106’, h. 16.15 Shadows di J. Cassavetes (Usa 1959, 87’, v.o. sott.it.)
v.o. sott.it.) *
segue
Pull My Daisy di R. Frank (Usa 1959, 30’, v.o.)
Accompagnamento musicale dal vivo scritto ed eseguito
h. 18.30 The Connection di S. Clarke (Usa 1962, 110’, v.o.)
dai Supershock
h. 20.30 Trash di P. Morrissey (Usa 1970, 110’, v.o. sott.it.)
DA SABATO 22 E LUNEDÌ 24 LUGLIO
16.30/18.30/20.30/22.30
Una cosa chiamata felicità di B. Slama
(RC/G 2005, 100’)
h. 22.30 Blow Job di A.Warhol (Usa 1963, 35’, v.o. sott.it.)
segue
VENERDÌ 7 LUGLIO
h. 16.30 Acque silenziose di S.Sumar (Pakistan/F 2003,99’, v.o.sott.it.) segue
Flaming Creatures di J. Smith (Usa 1963, 45’, v.o.)
* ingresso euro 2,50
Film Magazin of the Arts di J. Mekas (Usa 1963, v.o.)
° ingresso libero
h. 18.30 Mr. & Mrs. Iyer di A. Sen (India 2002, 120’, v.o. sott.it.)
h. 20.45 War and Peace di A.Patwardhan (India 2001, 148’, v.o.sott.it) VENERDÌ 14 LUGLIO °
h. 16.15 Trash di P. Morrissey (Usa 1970, 110’, v.o. sott.it.)
SABATO 8 LUGLIO
h. 16.15 Chameli di S. Mishra (India 2003, 105’, v.o. sott.it.)
segue
Flaming Creatures di J. Smith (Usa 1963, 45’, v.o.)
h. 18.15 Little Terrorist di A. Kumar (India/Gb 2004, 15’, v.o. sott.it.)
segue
Film Magazin of the Arts di J. Mekas (Usa 1963, v.o.)
segue
h. 20.30 The Foreigner di A. Poe (Usa 1978, 77’, v.o.)
Arimpara di M. Nair (India/Giappone 2003, 90’, v.o. sott.it.)
h. 20.15 Mr. & Mrs. Iyer di A. Sen (India 2002, 120’, v.o. sott.it.)
h. 22.00 The Blank Generation di A. Poe (Usa 1976, 55’, v.o.)
h. 22.30 A Very Very Silent Film di M. Jha (India 2002, 5’)
segue
segue
IL CINEMA MASSIMO
h. 18.15 Blow Job di A.Warhol (Usa 1963, 35’, v.o. sott.it.)
CHIUDE PER FERIE
DAL 25 LUGLIO AL
24 AGOSTO COMPRESO
Black Box di Scott e Beth B. (Usa 1979, 10’, v.o.)
Matrubhoomi - A Nation Without Women di M. Jha (India
2003, 98’, v.o. sott.it.)
Gli Eventi del Mese
Info
INAUGURAZIONE
«OFF BOLLYWOOD»
MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA
Giovedì 3 luglio, h. 20.30
Sala Tre – Ingresso euro 2,50
NOSFERATU + SUPERSHOCK
Giovedì 6 luglio, h. 21.00
Sala Uno – Ingresso euro 2,50
CULT!
Mercoledì 12 luglio, h. 16.30
Lunedì 17 luglio, h. 21.00
Sala Tre – Ingresso euro 2,50
I RESTAURI DEI FILM
DI ANTONELLO BRANCA
Mercoledì 12 luglio, h. 20.30
Sala Tre – Ingresso libero
PERTURBAZIONE VS. MACISTE
Martedì 11 luglio, h. 21.30
Sala Uno – Ingresso libero
Mole Antonelliana
Via Montebello 20,Torino - Tel 011.81.38.560-1
mar.mer.gio.ven.dom. 9.00 - 20.00
sab. 9.00 - 23.00, lun. chiuso
intero euro 5,20 / ridotto euro 4,20
gratuito per Abbonamento Musei, Torino Card
48/72 ore e bambini fino a 10 anni
Week-end al Museo
Visite guidate senza prenotazione
Tutti i sabati, ore 15.00 visita guidata
alle collezioni permanenti;
ore 17.00 visita guidata alla mostra temporanea.
Tutte le domeniche ore 16.00 visita guidata
alle collezioni permanenti;
euro 7,30 a persona, riduzione per bambini.
Le iscrizioni sono aperte 15 minuti prima della
partenza della visita, fino ad esaurimento posti
(max. 30 persone per gruppo).
Durata visita: ca. 1h 30’
Visite guidate su prenotazione
Gruppi (max 25 pers.):
Visita in italiano: euro 80,00 + biglietto di ingresso
Visita guidata in inglese, francese, tedesco
e spagnolo: euro 96,00 + biglietto di ingresso
Prenotazione: Tel. 011.8138564/565
Orario: mar.-gio.: 9.00 - 16.30,
lun. e ven.: 9.00 - 14.00
Museo + Ascensore Panoramico
Intero euro 6,80 / ridotto euro 5,20
Gratuito per Torino Card 48/72 ore
e bambini fino a 10 anni.
CINEMA MASSIMO
Via Verdi 18 - Torino - Tel. 011 81.38.574
Sale 1 e 2
Intero euro 6,50
Ridotto Aiace, CineFreeCard, militari, under 18
e studenti universitari euro 4,50
Anziani over 60 euro 3,00
Volete ricevere via mail o per posta informazioni e inviti alle serate organizzate dal Museo Nazionale del
Cinema? Compilate questo modulo e consegnatelo alla cassa del Cinema Massimo oppure
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Nome e cognome:
Data e firma:
Età e professione:
BIBLIOTECA
Via San Pietro in Vincoli 28 - Torino
Tel. 011 81.38.590-591-592
Fax 011 52.14.784
[email protected]
Orari di apertura:
lun./ven. 9.00 - 13.00
mar./gio. 9.00 - 13.00, 13.30 - 17.30
mer. chiuso
MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA
Fondazione Maria Adriana Prolo
Archivi di cinema, fotografia ed immagine
Via Montebello 15 - 10124 Torino
Tel. 011 81.38.511 - Fax 011 83.94.747
[email protected]
Io sottoscritto, estensore della presente richiesta, dichiaro di prendere atto dell’informativa fornitami dalla
Fondazione ai sensi dell’art.10 della Legge 675/1996 ed acconsento liberamente, ai fini e per gli effetti di
quanto previsto dall’art.11,comma 1° della Legge 675/1996 al trattamento dei dati forniti alla Fondazione,alla
comunicazione e diffusione degli stessi ai sensi ed effetti di quanto disposto dall’art.20 della Legge 675/1996,
per lo svolgimento di tutte le operazioni connesse alla preparazione e spedizione del programma. Dichiaro
altresì di essere a conoscenza dei diritti riconosciutomi dall’art.13 della Legge 675/1996.
Indirizzo (via, città, provincia, c.a.p.):
E-mail:
Sala 3
Intero euro 5,00
Ridotto Aiace, CineFreeCard, militari, under 18
e studenti universitari (spett. serali) euro 3,50
Anziani over 60 e studenti universitari
(spett. pomeridiani) euro 2,50
abbonamento sale 1 e 2 (5 ingr.) euro 20,00
abbonamento sala 3 (10 ingr.) euro 30,00
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