Educazione degli adulti Prof.ssa Elena Marescotti Lezioni del 21 e 22 marzo 2011 Dispense a solo uso didattico interno Elena Marescotti 2011 Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Scienze dell’educazione Anno Accademico 2010/2011 Ricapitolando: EDUCAZIONE/FORMAZIONE Educazione Formazione Finalità: universalistiche, oltre i contenuti specifici miglioristiche, a livello individuale e collettivo Finalità: direttamente correlate ai contenuti specifici non necessariamente miglioristiche Intenzionalità (e, quindi, consapevolezza) educativa, da parte dell’educatore e, via via, dell’educando che si fa adulto L’Educazione è sempre necessariamente anche Formazione, ma non è detto che avvenga altrettanto direttamente il contrario. Educazione degli adulti e Educazione alla pace Pace ed Educazione sono due concetti che si danno in stretta e necessaria interazione, come già suggerisce l’etimo del termine “pace” che sta ad indicare lo stato di concordia e di serenità nei rapporti tra gli individui e le comunità. PACE Dal latino pacem, accusativo di pax, che ha radice nel sancrito pak, legare, unire, concordare, così come nel resto si ritrova nel verbo latino paciscor, faccio un patto, mi accordo, e nel verbo pangere (il cui participio passato è pactum), ficcare, ma anche collegare, pattuire, accordarsi. Tutti significati che sottolineano il senso del dialogo con l’altro con la finalità di stringere rapporti saldi, ben “ficcati”, solidamente piantati. Tali rapporti sono, al tempo stesso, frutto della concordia e generatori di concordia. Dialogo razionalità, relazionalità, intelletto, ricerca, valorizzazione dell’altro Piacere di esercitare insieme agli altri tali valori per continuare ad apprendere e a ricercare insieme Mezzi e fini dell’educazione L’educazione alla pace è quindi un obiettivo intrinseco alla stessa azione educativa, nel senso che essa non può darsi altrimenti che come educazione alla pace. L’istanza dell’educazione alla pace taglia trasversalmente qualsiasi contenuto attraverso il quale si esplica l’opera educativa. Esistono discipline più adatte rispetto ad altre per veicolare l’idea di pace e la necessità della pace? La Storia, ad esempio? È opportuno pensare di inserire una materia ad hoc nel curriculum scolastico intitolata “Educazione alla pace” o simili? Se è vero che l’idea di pace è connaturata all’idea di educazione, è altrettanto vero che essa deve accompagnare l’educazione in qualsiasi sua manifestazione, ovvero: in qualsiasi contenuto di insegnamento/apprendimento in qualsiasi contesto (scuola, extrascuola, oltrescuola) In particolare, va sottolineato che la questione dell’educazione alla pace assume ulteriore pregnanza e complessità laddove la pensiamo in rapporto ai soggetti in situazione adulta. Infatti, l’adulto, in virtù delle caratteristiche che lo rendono tale, non solo è un FRUITORE di pace e di educazione, ma anche un FACITORE di pace e di educazione 1) William James, L’equivalente morale della guerra 2) Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace 3) Adolphe Ferriere, La pace attraverso l’educazione William James L’equivalente morale della guerra - 1910 - William James, L’equivalente morale della guerra New York 1842 – Chocorua (New Hempshire – USA) 1910 Laureato in Medicina (1869), Professore di Filosofia poi di Psicologia alla Harward University (Cambridge – Massachusetts – USA) Pragmatismo Educazione come processo fondato sul rispetto della “sacra individualità di ognuno” Educazione come libera evoluzione della coscienza dell’educando sotto la guida e l’esempio del maestro Il maestro è un sollecitatore di interesse e un modello da imitare William James, L’equivalente morale della guerra Poiché, secondo James, la “conservazione” costituisce la più grande sicurezza di ordine e di stabilità sociali, l’educazione (soprattutto attraverso la scuola e, quindi, l’opera del maestro), ha il compito di coltivare un ideale eroico capace di porsi come equivalente morale della guerra. Ciò è possibile educando individui abitudinari, sia pure “eroicamente abitudinari”. Paradosso: da un lato, James ritiene sia necessario indirizzare gli sforzi della società verso la razionalizzazione dell’aggressività e della forza bruta al fine di instaurare una società di concordia e di pace; dall’altro lato, però, James non coglie pienamente la forza innovativa e liberatoria dell’educazione, scivolando verso una logica di “conformazione”. William James, L’equivalente morale della guerra Secondo James, i sentimenti militaristi sono troppo profondamente radicati perché abdichino al loro posto tra i nostri ideali, a meno che non vengano offerti “sostituti migliori”. La relazione dell’uomo con la guerra è davvero paradossale: per un verso, essa è considerata nel valore storico che può avere rivestito, e quindi non la si eliminerebbe dalla storia, per altro verso chiunque si direbbe disposto ad abolirla; solo se si è vittime dell’ingiustizia di un nemico, infatti, si è propensi a ritenerla lecita. William James, L’equivalente morale della guerra Tutta la storia, in effetti, è “un bagno di sangue” e, oggi, bisogna riconoscere, scrive James, che “pace”, nel linguaggio militare corrente, è sinonimo di “guerra attesa”. Al punto che – prosegue James – si potrebbe dire con ragione che l’affannosa preparazione competitiva alla guerra da parte delle nazioni è la vera guerra, permanente e incessante; e che le battaglie sono soltanto una specie di pubblica verifica della potenza accumulata durante l’intervallo di “pace”. William James, L’equivalente morale della guerra • In una simile situazione, James si rende conto di quanto sia difficile far trovare un ragionevole accordo di respiro internazionale tra il “partito della pace” e il “partito della guerra”, e tale difficoltà va imputata a certe deficienze del programma pacifista. • Per meglio comprendere tali deficienze, sostiene James, è necessario riflettere su quelli che egli chiama gli aspetti “più alti” del sentimento militarista. William James, L’equivalente morale della guerra A partire dall’analisi di diversi scritti militaristi, James ha potuto constatare alcuni caratteri comuni e diffusi. Primo fra tutti, il fatto che i militaristi accettano una visione altamente mistica del loro argomento e considerano la guerra come una necessità sia biologica sia sociale: quando i tempi sono maturi – si sostiene – la guerra deve scoppiare, e l’essere preparati alla guerra pare essere l’essenza stessa della nazionalità. Così, l’abilità nel fare la guerra diviene la suprema regola della salute delle nazioni. William James, L’equivalente morale della guerra In effetti, sostiene la maggior parte dei militaristi, la vittoria della guerra non è possibile se non come risultante di una totalità di virtù, e colui che viene sconfitto è sempre in qualche modo colpevole di qualche vizio o debolezza. Ma… quali sono queste virtù? William James, L’equivalente morale della guerra Fedeltà Compattezza Tenacia Eroismo Coscienza Istruzione Inventività Economia Ricchezza Salute Vigore fisico Superiorità morale e intellettuale William James, L’equivalente morale della guerra Il caso e la fortuna, alla lunga, non giocano mai un ruolo proporzionato ai risultati. E le virtù che prevalgono sono, in ogni caso, virtù. Caratteristiche, cioè, che contano sia in un contesto di competizione pacifica sia in un contesto bellico. Ma la tensione, essendo infinitamente più intensa nella guerra, rendono la guerra stessa infinitamente più rivelatrice di una prova. William James, L’equivalente morale della guerra Per questo, dunque, e anche per “la paura di emancipazione dallo stato di paura”, conclude James, non ci liberiamo dalla guerra. Per l’incapacità, in altri termini, “di veder chiuso il teatro supremo del vigore umano e di veder le splendide attitudini militari degli uomini condannate a restare sempre in uno stato di latenza senza mai entrare in azione”. William James, L’equivalente morale della guerra Il “partito militarista”, in definitiva, esalta tali virtù e il loro esercizio e, al tempo stesso, condanna la brutalità, l’orrore e gli sprechi della guerra Pertanto, secondo James, i pacifisti possono avere possibilità di successo solo se in grado di penetrare più a fondo nel punto di vista estetico ed etico dei militaristi William James, L’equivalente morale della guerra Scrive James: fino a quando i pacifisti non saranno capaci di proporre dei sostituti alla funzione disciplinatrice della guerra, per esempio un equivalente morale della guerra, non riusciranno a rendersi conto del punto essenziale della questione e finiranno con il continuare a fallire. In effetti, prosegue James, i doveri, le pene e le sanzioni che i pacifisti prospettano nelle loro utopie sono troppo deboli e tenui per fare presa su una mentalità militarista. William James, L’equivalente morale della guerra A questo punto, dopo aver ragionato su tali questioni preliminari, James propone la sua utopia: “Io credo devotamente – scrive – nel regno della pace e nell’avvento graduale di una specie di equilibrio socialistico”. “Ma io non credo – prosegue – che la pace sia o sarà permanente in questa terra, a meno che gli stati, una volta organizzati pacificamente, non conservino alcuni dei vecchi elementi di disciplina militare”. William James, L’equivalente morale della guerra Ecco, allora, che… “Dobbiamo rinnovare energie e ardimenti per far continuare il coraggio virile al quale lo spirito militare è così coscienziosamente fedele. Le virtù marziali debbono essere il cemento sostenitore; l’ardimento, il disprezzo della mollezza, l’abbandono dell’interesse privato, l’obbedienza agli ordini, debbono ancora essere la roccia sulla quale sono costruiti gli stati” William James, L’equivalente morale della guerra “Il modello marziale del carattere – scrive James – può essere “coltivato” senza guerra. L’onore strenuo e disinteressato abbonda in altre parti. Sacerdoti e medici sono educati a questo secondo un modello e noi tutti sentiremmo ciò, in un certo senso, come obbligatorio, se fossimo consapevoli del nostro lavoro come fosse un servizio obbligatorio verso lo Stato. Saremmo “posseduti” come lo sono i soldati dall’esercito e, di conseguenza, ci sentiremmo orgogliosi”. William James, L’equivalente morale della guerra In conclusione, possiamo dire che, per William James, l’equivalente morale della guerra, verso cui indirizzare l’azione educativa, è la passione civica. Pierre Bovet Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace - 1927 - Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace Boudry (Svizzera) 1878 - Ginevra 1966 Laureato in Lettere e Filosofia, fu docente di Filosofia, Psicologia e Pedagogia all’Università di Neuchâtel (Svizzera) Nel 1912 Edouard Claparède lo chiama a dirigere l’istituto J. J. Rousseau (fino al 1941) Nel 1920 Bovet dirige la Cattedra di Pedagogia e di Psicologia all’Università di Ginevra (fino al 1944) Nel 1925, insieme a Claparède, Ferrière, Rotten e Marie Butta, Bovet fonda il Bureau International d’Èducation (centro di informazioni e di ricerche su tutto ciò che riguarda l’educazione pubblica e privata) B.I.E. e questione della pace Fondatore della Pedagogia sperimentale in Svizzera e propagatore delle idee dell’educazione nuova Inventore, nel 1917, dell’espressione “scuola attiva” Bureau International d’éducation Il B.I.E. si è spesso pronunciato sulla questione dell’educazione alla pace: Costruire la pace non vuol dire solo organizzare grandi riunioni al vertice o conferenze internazionali, quanto preparare questi eventi attraverso un’opera silenziosa e continua diretta alle piccole grandi cose di tutti i giorni. Inutile riunirsi in grandi conferenze per la pace quando i manuali scolastici dei diversi paesi fomentano la segregazione razziale, il nazionalismo o il revanchismo; quando le condizioni degli insegnanti non sono ancora, né economicamente né culturalmente, soddisfacenti ed equiparate a livello internazionale; quando non vi è conoscenza, nella maggior parte degli educatori di ogni nazione, dei vari tentativi per risolvere i diversi problemi educativi; quando ancora, infine, esistono gli abissi sociali dell’analfabetismo e dell’impossibilità di fruizione del tempo libero. Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace Il problema principale che Bovet si pone è quello di individuare quali avversari, da un lato, e quali coadiutori, dall’altro, un educatore animato da un ideale di pace possa trovare nelle tendenze spontanee del fanciullo, nei suoi cosiddetti istinti. Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace In primo luogo, comunque, secondo Bovet è necessario, a questo proposito, chiarire che nell’uomo si manifesta ogni sorta di alterazione degli istinti. Quindi, ben lungi dall’essere immutabile, ogni istinto umano ha la sua storia, la sua evoluzione, che dipende da repressioni, totali o parziali, di origine sociale. Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace “La prima delle tendenze spontanee del fanciullo della quale un educatore ispirato da ideali pacifisti farà bene a tener conto – scrive Bovet – pena l’andare incontro alle più gravi disillusioni, è l’istinto di lotta”. Istinto di lotta e gioco Istinto di lotta e istinto sessuale (repressioni di origine sociale) Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace “E per l’istinto di combattimento, come per gli altri – prosegue Bovet – da che vi è repressione sociale, vi è per l’individuo possibilità di reflusso, cioè di alterazioni pericolose e perverse, ma anche di sublimazioni che utilizzeranno su un piano nuovo, e con maggior vantaggio per la collettività, le energie brute cui la costrizione sociale avrà impedito di trovare soddisfazione” In sostanza, nelle società civili dove le manifestazioni dell’istinto combattivo sono severamente regolate, quest’ultimo tuttavia non scompare senza compensazioni. Due tipi di canalizzazione dell’istinto combattivo (nella società occidentale): la guerra e lo sport A) GUERRA: è proibito attaccare e battersi per i propri interessi personali,; ma se la “lotta” è intrapresa per ordine dello Stato e a suo profitto, ciò che è represso nei riguardi dell’individuo che agisce isolatamente è permesso. B) SPORT: boxe, lotta, scherma, rugby… i gesti della lotta sussistono, ma senza il pericolo dell’istinto brutale Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace “Tutti i pedagogisti riconoscono che per il fanciullo, qualora si intervenga a tempo, avanti cioè che si siano formate e radicate delle abitudini, è spesso molto più facile lottare contro i pericoli di certi istinti canalizzandoli che cercando di reprimerli del tutto” Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace Principali alterazioni dell’istinto combattivo: Canalizzazione Deviazione Platonizzazione Obbiettivazione Sublimazione Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace Canalizzazione L’istinto combattivo viene incanalato in attività analoghe al combattimento, ovvero che ripropongono i medesimi meccanismi, sia pure in forma controllata e regolamentata (ESEMPIO: la boxe) Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace Deviazione L’oggetto della lotta non è più un individuo umano da atterrare, ma gli sforzi muscolari e i sentimenti concomitanti restano gli stessi (ESEMPIO: l’alpinismo) Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace Platonizzaizone L’oggetto dell’istinto resta lo stesso, ma è l’attività che si trasforma, intellettualizzandosi (ESEMPIO: le lotte platoniche delle corti di giustizia) Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace Obbiettivazione Non potendo egli stesso battersi, l’individuo si appassiona alle lotte degli altri (ESEMPIO: assistere a combattimenti di boxe, leggere romanzi violenti) Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace Sublimazione Le energie primitive di lotta e combattimento vengono convogliate in uno sforzo morale e religioso (ESEMPIO: le crociate, la guerra santa) Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace Oltre all’istinto di lotta, vi è nell’uomo – sostiene Bovet – anche una tendenza istintiva alla socialità, di cui l’educatore, il maestro, devono tenere conto nel mettere a punto e nel perseguire un programma educativo. Istinto gregario Istinto alla conformità Istinto alla solidarietà Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace Istinto gregario: è il piacere che proviamo a non essere isolati Istinto alla conformità: è il piacere di sentirsi uguali agli altri Istinto alla solidarietà: è il piacere di sentirsi appartenenti ad un tutto che persegue un ideale comune, pur nelle diversità individuali (sentimento patriottico; sentimento religioso) SENTIMENTO FILIALE Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace Come conciliare, dunque, gli istinti combattivi con gli istinti sociali? O, meglio, come mettere i primi al servizio dei secondi? Lealismo e patriottismo Cosmopolitismo Pierre Bovet, Alcuni problemi psicologici dell’educazione alla pace In conclusione, Bovet sostiene che: “In tal modo, l’educazione alla pace mi sembra che presupponga e implichi al tempo stesso l’educazione morale (la lotta contro il male), l’educazione sociale (una iniziazione alla solidarietà), l’educazione religiosa (una conoscenza più alta del padre celeste e della famiglia umana). Ciò significa che le sue prospettive sono immense” Adolphe Ferriere La pace attraverso l’educazione - 1950 - Adolphe Ferriere, La pace attraverso l’educazione Ginevra 1879 - Losanna 1960 Studiò zoologia, fece il tirocinio come maestro elementare in tre “scuole nuove”, preparò poi il dottorato in Sociologia su “La legge del progresso in biologia e sociologia” 1909-1912: contatti con Decroly e Claparede 1930: conferenze in tutta Europa e in America in nome della Lega Internazionale dell’educazione nuova, della cui rivista fu redattore capo dal 1922 e che nel 1938 contava già tre milioni di aderenti Fondatore, insieme a P. Bovet e ad altri, del B.I.E. a Ginevra Adolphe Ferriere, La pace attraverso l’educazione Secondo Ferriere, esiste un legame molto stretto tra pace, mentalità degli uomini ed educazione. Infatti, poiché l’istinto aggressivo esiste in tutti e se non è canalizzato o sublimato sin dall’infanzia si acuisce e sfocia in conflitti, è necessario provvedere affinché la civiltà sia impostata in modo tale da promuovere l’intesa e la comunicazione anziché lo scontro. Questo significa che è necessaria un’educazione fisica e morale (alimentazione, sport, giochi, cultura) indirizzata verso attività costruttrici, un’educazione di preparazione alla vita (infanzia) che deve continuare (adolescenza e giovinezza) e divenire cultura popolare che permea anche il tempo libero (educazione degli adulti) Adolphe Ferriere, La pace attraverso l’educazione • In questo senso, secondo Ferriere, l’educazione nell’età infantile è un’educazione preparatoria • Si tratta di un’educazione che deve essere attiva “in funzione dei bisogni attuali dell’organismo e dello spirito in sviluppo e dell’avvenire del giovane essere” Adolphe Ferriere, La pace attraverso l’educazione Ferriere sostiene che il sistema educativo in atto è, da questo punto di vista, inadatto, poiché: “Si continua a indottrinare, a insegnare, a parlare, a far recitare. Si continua, per così dire, a misurare i progressi scolastici per mezzo di voti molto spesso assurdi, essendo la qualità dello spirito irriducibile alla quantità. Si continua a stimolare l’ambizione artificiosa, quella di primeggiare, e non quella di rendersi utili alla società in cui si vive; si continua ad usare da parte del maestro il regime autoritario, attenuato qua e là da un certo paternalismo, che i giovani, una volta adulti, prenderanno in orrore” Adolphe Ferriere, La pace attraverso l’educazione Questo sistema educativo – secondo Ferriere – rende i giovani o dei ribelli (cattivi scolari) o dei sottomessi (buoni scolari). “E questo perché la scuola – scrive Ferriere – come i dittatori, chiama buoni gli individui docili e abbrutiti, non dal punto di vista intellettuale ma dal punto di vista del carattere, delle capacità di prendere delle iniziative, di assumersi delle responsabilità” Adolphe Ferriere, La pace attraverso l’educazione Tutto questo, secondo Ferriere, va sostituito dalla scuola attiva (e, si badi bene, non dalla sua caricatura, cioè da una scuola lassista!) Lavori manuali in rapporto con gli argomenti di studio Centri di interesse Iniziativa lasciata agli scolari Maestro a disposizione dei fanciulli Adolphe Ferriere, La pace attraverso l’educazione Una scuola così impostata, secondo Ferriere, è una scuola che costruisce, perché è una scuola che si impegna a coltivare le qualità dinamiche degli individui, evitando che gli istinti di lotta si manifestino attraverso strade deviate e antisociali. In altre parole, la pace si realizza attraverso l’educazione della scuola attiva nel senso che si crea e si esercita il clima della cooperazione, della condivisione, del lavorare liberamente insieme, e non quello della competizione.