Il titolo esecutivo e il precetto 1. Il titolo esecutivo e il precetto. 1.1. Il contenuto del titolo esecutivo. La qualificazione del titolo. La norma di cui all’art. 474 c.p.c. stabilisce che l’esecuzione forzata non può aver luogo che in virtù di un titolo esecutivo. In ordine ai requisiti del titolo esecutivo, quello della certezza è quello Certezza del diritto la cui definizione in dottrina ha suscitato maggiori perplessità. In realtà [1] quella sottesa all’art. 474 c.p.c. non è necessariamente quella scaturente da una pronuncia passata in cosa giudicata, ma una certezza reale ed apparente [Castoro, Il processo di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2008, 8 ss.] che l’ordinamento giudica comunque sufficiente per fondare l’esecuzione forzata. Il diritto certo è dunque quello che “deve emergere esattamente e compiutamente, nel suo contenuto e nei suoi limiti dal relativo provvedimento giurisdizionale o atto negoziale” di modo che ne risulti determinato e delimitato anche il contenuto del titolo (v. anche Cass. Civ. sez. II, 18.07.97 n. 6611 secondo cui il diritto soggettivo è certo anche quando il suo contenuto, pur non determinato, sia facilmente determinabile alla stregua degli elementi indicati nella sentenza che lo accerta). In mancanza di tale requisito, il titolo esecutivo non può essere riconosciuto tale, né può attingere aliunde siffatta certezza. La giurisprudenza ha precisato che ai fini dell’esecuzione il diritto soggettivo è certo non solo quando il suo contenuto è precisamente determinato, ma anche quando esso sia facilmente determinabile alla stregua degli elementi indicati dalla sentenza che lo accerta in modo definitivo, senza che siano mosse contestazioni specifiche dall’obbligato (Cass. Civ. n. 6611/97 cit.). Art. 474 c.p.c. (Titolo esecutivo). L’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. Sono titoli esecutivi: 1) le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva; 2) le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute, le cambiali, nonché gli altri titoli di credito ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia; 3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli. L’esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai numeri 1 e 3 del secondo comma. Il precetto deve contenere trascrizione integrale, ai sensi dell’articolo 480, secondo comma, delle scritture private autenticate di cui al numero 2) del secondo comma. 15 L’esecuzione immobiliare dopo la riforma del processo civile Liquidità del diritto Tuttavia, la giurisprudenza, talvolta utilizza il presupposto della cer[2] tezza in luogo di quello della liquidità. L’ipotesi paradigmatica al riguardo è quella in cui assume che non sussiste un difetto di liquidità del titolo esecutivo, essendo pertanto il medesimo suscettibile di esecuzione forzata, quando esso sia rappresentato da una sentenza del giudice del lavoro che condanni un istituto previdenziale all’erogazione di una determinata prestazione senza aver quantificato l’ammontare della stessa anche ove detta quantificazione non sia possibile sulla base di una semplice operazione matematica fondata su dati certi risultanti dal titolo per cui si procede (Cass. Civ. sez. Lav., 1.06.05 n. 11677). Analogamente la Cassazione afferma che il requisito della liquidità sia integrato anche dalla determinazione del credito attraverso un mero calcolo aritmetico sulla base di elementi certi e positivi tutti contenuti nel titolo fatto valere che devono identificarsi nei dati che, pur non menzionati in sentenza, sono stati assunti dal giudice come certi ed oggettivamente già determinati nel loro assetto quantitativo, poiché così presupposti dalle parti e non controversi e, pertanto, acquisiti al processo, sia pure per implicito (Cass. Civ. Sez. lav. 23.04.2009, n. 9693; sez. lav. 17.4.2009 n. 9254; sez. III, 29.11.04 n. 22427 ; Cass. Civ. 29.11.03 n. 16259; Cass. Civ. 6.6.03 n. 9132 ; Cass. Civ. 11.7.01 n. 9389 ; Cass. Civ. 21.2.01 n. 2544) [In dottrina v. in tal senso Canelli, in Carpi-Taruffo, Commentario breve al codice di procedura e alle disposizioni sul processo societario, Padova, 2006, 1310]. La giurisprudenza ritiene liquido il diritto di credito di una somma di denaro o di cose fungibili determinata nella quantità o determinabile in base agli elementi individuanti che risultano dallo stesso titolo, se necessario anche attraverso l’interpretazione dello stesso (cfr. Cass. Civ., sez. III 8.5.03 n. 6983; sez. lav. 9.2.88 n. 1376 ; sez. lav., 11.6.90 n. 5656 ). Consegue che difetta del requisito suddetto la sentenza di condanna generica ex art. 278 c.p.c. che, come è noto, non potrà mai acquisire efficacia di titolo esecutivo ma varrà esclusivamente come titolo per iscrivere ipoteca giudiziale. Il requisito della liquidità viene in considerazione solo in via residuale ben potendo essere soddisfatto dalla certezza dei dati su cui si fondano i calcoli della pretesa creditoria. La conferma di tale assunto viene da un esame della giurisprudenza che vi si riferisce generalmente come all’estremo di una endiadi formata dal presupposto della certezza insieme a quello della liquidità [cfr. Porcari, Codice dell’esecuzione forzata, a cura di Vullo, Piacenza, 2004, 79]. La giurisprudenza ritiene idoneo titolo esecutivo la sentenza che condanni il datore di lavoro al pagamento di un determinato numero di mensilità di retribuzione anche quando, nonostante l’omessa indicazione del preciso ammontare complessivo della somma oggetto dell’obbligazione, 16 Il titolo esecutivo e il precetto la somma stessa sia quantificabile per mezzo di un mero calcolo matematico, sempre che, tuttavia, dovendo il titolo esecutivo essere determinato e delimitato, in relazione alla esigenza di certezza e liquidità del diritto che ne costituisce l’oggetto, i dati per acquisire tale necessaria certezza possano essere tratti dal contenuto del titolo stesso e non da elementi esterni al medesimo (Cass. Civ. 6.6.03 n. 9058; Cass. Civ. 8.05.03 n. 6983); qualora il titolo sia costituito da una sentenza, i dati per effettuare il calcolo possono per altro evincersi anche dalla motivazione ed in caso di contrasto tra quest’ultima ed il dispositivo prevale la motivazione. Ne consegue che la sentenza di condanna del datore al pagamento di quanto dovuto a seguito della declaratoria dell’illegittimità del licenziamento, costituendo un titolo esecutivo per la realizzazione del credito ove il dovuto, pur non indicato nel suo ammontare complessivo, sia quantificabile per mezzo di un mero calcolo matematico (senza dover fare ricorso ad elementi estranei al giudizio e non predeterminati per legge), rende inammissibile, in tal caso, il successivo ricorso del creditore alla procedura monitoria per il medesimo credito (cfr. Cass. Sez. Lav. 23.4.09 n. 9695). Si è poi ritenuto sussistente il requisito della liquidità del diritto e, conseguentemente, un valido titolo esecutivo, la condanna al pagamento degli speciali interessi previsti dagli artt. 35 e 36 del capitolato di appalto per le opere pubbliche, anche quando non c’è stata la specificazione dell’ammontare degli stessi e della loro decorrenza (Cass. Civ. 30.03.1994 n. 3150). Il requisito dell’esigibilità, da valutarsi all’atto dell’inizio dell’esecuzio- Esigibilità del diritto ne, sta ad indicare l’assenza di impedimenti all’esercizio del diritto quali [3] potrebbero essere l’esistenza di un termine oppure di una condizione sospensiva quale ad esempio una controprestazione o un’altra attività da eseguirsi da parte del creditore oppure di un terzo [Luiso, Diritto Processuale civile, III, Milano, 23]. La giurisprudenza, laddove ha ritenuto di dover precisare la portata del requisito, ha affermato che, ad esempio, l’atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, non perde la qualità, già esistente, di titolo esecutivo relativamente ad una obbligazione di una somma di denaro in essa contenuta, quando il termine per l’adempimento stabilito dalle parti in sede di stipulazione, sia stato successivamente prorogato dalle parti medesime mediante accordo non documentato da un atto rivestente la stessa forma pubblica (Cass. Civ. 27.11.1979 n. 6228). A seguire la tesi secondo cui i requisiti della certezza, della liquidità e della esigibilità del diritto devono sussistere non al momento della formazione del titolo, ma all’inizio dell’esecuzione forzata, é stata ritenuta l’ammissibilità della sentenza condizionata, che subordina cioè l’efficacia della Ammissibilità della sentenza condizionata [4] 17 L’esecuzione immobiliare dopo la riforma del processo civile condanna ad un evento futuro ed incerto (alla stregua del meccanismo del termine iniziale o della condizione sospensiva a differenza della sentenza di condanna ordinaria che opera, viceversa, fino a che non intervengano fatti contrari ad essa secondo il meccanismo proprio della condizione risolutiva fatta salva la non retroattività), perché, oltre a rispondere ad esigenze di economia dei giudizi, non pone affatto in essere una condanna da valere per il futuro, ma accerta l’esistenza attuale dell’obbligo di eseguire una determinata prestazione ed il condizionamento, anch’esso attuale, dell’obbligo ad una circostanza il cui avveramento, da accertarsi in sede esecutiva senza bisogno di ulteriori indagini di merito, fa sì che la sentenza acquisti efficacia di titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile (Cass. Civ. 22.11.86 n. 7841). La sentenza condizionale è tuttavia inammissibile quando la condanna sia subordinata alla verifica di fatti costitutivi del diritto di cui si assume tutela [Bellé, Titolo giudiziale e tutela esecutiva, in REF, 2005, 527]. Si è affermato che i vaglia cambiari scaduti portanti un debito già estinto per avvenuto pagamento, non costituiscono validi titoli per l’esecuzione, anche se il creditore affermi l’esistenza, nei confronti del debitore, di un credito esigibile superiore a quello incorporato dai vagli azionati. Poiché i requisiti del diritto, vale a dire la sua certezza, la sua liquidità e la sua esigibilità, devono sussistere tutti nel momento in cui si esercita l’azione esecutiva nel quale rileva la presenza della situazione sostanziale richiesta [v. Satta-Punzi, Diritto processuale Civile, 2006, 583, secondo cui le condizioni di certezza, liquidità ed esigibilità devono intendersi come requisiti del titolo esecutivo che pertanto possono essere integrati da successive determinazioni] e non nel momento in cui il diritto è sorto e documentato nel titolo, il titolare della situazione di vantaggio non può pretendere l’intervento dell’organo giudiziario se non sia possibile desumere quelle qualità dal titolo stesso senza fornire la prova mediante la produzione di un atto o di un provvedimento integrativo [Grasso, Titolo esecutivo, in Encicl. Diritto, 1992, 692 s.]. Classificazione Con riferimento alla classificazione dei titoli esecutivi, é nota la tradiziodei titoli esecutivi nale distinzione tra i titoli di formazione giudiziale e titoli stragiudiziali. [5] Avuto riguardo ai primi, l’art. 474 c.p.c. fa esplicito riferimento anzitutSentenze to alle sentenze. In relazione alla tripartizione che solitamente si fa delle di condanna [6] sentenze in sentenze di accertamento, costitutive e di condanna, sono titoli esecutivi idonei a fondare un processo di esecuzione sicuramente le sentenze di condanna o quelle che, anche implicitamente si risolvono in una decisione di condanna e che affermando un diritto implicano la necessità di reintegrazione del diritto stesso [in dottrina v. Satta, L’esecuzione forzata, Torino, 1963, 48; v. anche Marazia, L’efficacia esecutiva delle sentenze 18 Il titolo esecutivo e il precetto costitutive e di accertamento, in REF, 2005, 856, il quale rileva come non è la qualificazione formale l’elemento decisivo per stabilire se un dato provvedimento giudiziale abbia o meno natura di condanna oppure carattere costitutivo o di mero accertamento. In giurisprudenza v. Cass. 26.01.05 n. 1618] e, comunque, le sentenze contenenti statuizioni suscettibili di esecuzione purché ciò risulti dal tenore letterale del titolo dovendosi escludere in via assoluta il riferimento ad elementi esterni al titolo stesso (contra Cass. Civ. n. 1618/2005 cit.). Mette conto osservare che il conseguimento da parte del creditore di una sentenza di condanna nei confronti del debitore esaurisce il diritto di azione spettante al creditore medesimo con la ulteriore conseguenza che egli non potrà richiedere un ulteriore provvedimento avente forza esecutiva contro lo stesso debitore per lo stesso titolo e per lo stesso oggetto della sentenza, pena la declaratoria di difetto di interesse, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, (v. Cass. Civ. 16.7.97 n. 6525 che ha affermato che una volta ottenuta la sentenza di condanna, il creditore non ha più interesse a richiedere ed ottenere un decreto ingiuntivo per lo stesso titolo ed oggetto contro il medesimo debitore) Occorre poi rilevare che a seguito della novella del 1990 le sentenze di condanna di primo grado sono tutte provvisoriamente esecutive ex lege e costituiscono pertanto titolo esecutivo per effetto della loro pubblicazione prescindendo dal loro passaggio in giudicato. Sono naturalmente esecutive ex lege le sentenze di condanna emesse in grado di appello, oltre, ovviamente quelle passate in giudicato. La sentenza di appello in caso di conferma della sentenza impugnata ha sempre natura sostitutiva di quest’ultima sentenza (sul punto cfr. Cass. Civ. sez. Lav., 13.05.02 n. 6911; SS.UU. 28.05.98 n. 5295) costituendo l’unico titolo esecutivo, talché se ne rende necessaria la sua notifica anche quando il suo contenuto risulti per relationem dalla sentenza di primo grado (Cass. Civ. 7.05.79 n. 2591). Nel caso di riforma parziale in appello della sentenza di condanna impugnata, occorrerà allegare entrambe le pronunce. Infatti il titolo esecutivo sarà costituito dalla sentenza di primo grado e dalla sentenza di appello se questa commina una condanna non contenuta nella prima. In questo caso l’eventuale processo esecutivo iniziato sulla base del titolo parzialmente riformato in appello proseguirà senza soluzione di continuità nei limiti fissati dal nuovo titolo (cfr. Cass. Civ. 30.07.97 n. 7111). Qualora invece il procedimento esecutivo venga promosso in virtù di una sentenza di appello, l’eventuale sopravvenuto annullamento di tale sentenza da parte della Cassazione, determina la caducazione del titolo esecutivo, mentre resta preclusa al creditore la possibilità di invocare l’eventuale idoneità della sentenza a costituire titolo, nella parte in cui si assuma Sentenze in grado d’appello [7] Sentenze di Cassazione [8] 19 L’esecuzione immobiliare dopo la riforma del processo civile Altre sentenze di condanna [9] Nel rito del lavoro [10] non investita dal giudizio di gravame, ove un siffatto diverso titolo non sia stato utilizzato per la già intrapresa esecuzione (sul problema v. Cass. Civ. 30.07.86 n. 4889; sez. lav., 13.05.02 n. 6911). Inoltre in caso di cassazione con rinvio della sentenza di secondo grado, la sentenza di primo grado, confermata o riformata non riacquista efficacia neanche sul piano esecutivo (Cass. civ.sez. II, 18.06.94 n. 5901; sez. III 9.03.01 n. 3475). Dalla disciplina del giudizio di rinvio si ricava infatti che, se il processo si estingue nella fase che segue alla cassazione con rinvio, oltre agli effetti delle statuizioni della Corte di Cassazione circa la giurisdizione, la competenza ed il principio di diritto applicabile (artt. 310, co. II, pur a seguito della sua modifica operata dall’art. 46, co. XVI l. 69/2009, e 393 c.p.c.) restano salvi solo l’effetto di giudicato proprio delle pronunzie di merito contenute nella sentenza di primo grado e non investite da appello e di quelle contenute nella sentenza di secondo grado a loro volta non investite direttamente o per dipendenza dalla pronuncia della cassazione (art. 310, co. II c.p.c.). Sono titolo esecutivo anche la sentenza penale che dispone la restituzione o il risarcimento del danno a favore della parte civile (art. 538, co. II, c.p.p.); la sentenza che dichiara l’interdizione o l’inabilitazione ex art. 423 cc; le sentenze di condanna al pagamento di somme e di spese di lite emesse dai Tribunali Amministrativi Regionali (art. 7, l. 205/00 e art. 26, l. 1036/71; Cass. Civ. 13.05.94 n. 4661; 18.4.94 n. 3680). Costituisce titolo esecutivo altresì il dispositivo letto in udienza delle sentenze di condanna a favore del lavoratore per crediti derivanti dai rapporti di lavoro di cui all’art. 409 c.p.c. Com’è noto, il primo comma della norma citata é stato modificato dall’art. 53, D.l. 112/08, conv. in l.133/08, nel senso che il Giudice del lavoro, esaurita la discussione orale da lettura del dispositivo e della contestuale esposizione delle ragioni di fatto e di diritto poste a base della decisione. In ordine all’ammissibilità delle sentenze condizionate quali titolo esecutivi si é già detto (Cass. Civ. 22.12.1986 n. 7841). Analogamente può argomentarsi in ordine alla sentenza che subordina la condanna al pagamento di una somma di denaro all’adempimento dell’obbligo di restituzione di una cosa determinata. La pronuncia, acquisterà efficacia di titolo esecutivo solo dopo l’effettiva restituzione o il deposito della cosa ai sensi dell’art. 1210 cc, dato che la sola offerta della prestazione, ai sensi dell’art. 1209 c.c è idonea solo porre in mora il creditore senza liberare il debitore dall’obbligazione (Cass. Civ. 17.5.94 n. 4818). Sentenza È controverso se anche le sentenze costitutive o di accertamento posdi accertamento sano fondare anch’esse il processo di coazione del diritto [v. Porcari, Coo costitutiva dice dell’esecuzione forzata, a cura di Vullo, sub art. 474 c.p.c., Piacenza [11] 2004, 82]. Infatti, pur a seguito della novella di cui alla l. 353/ 1990, la 20 Il titolo esecutivo e il precetto giurisprudenza, nonostante la generica previsione dell’art. 282 c.p.c., che non specifica se siano provvisoriamente esecutive le sole sentenze di condanna, ha continuato a negare la natura di titolo esecutivo della sentenza di accertamento e di quella costitutiva (cfr. Cass. Civ. 3.08.05 n. 1262 in GI 2006, 85 ss.). Infatti, la sentenza di mero accertamento, a differenza di quella di condanna, indica solo quale sia l’assetto di un dato rapporto giuridico in contestazione ma non contiene, a differenza di quest’ultima sentenza, l’ordine ad adeguare la realtà di fatto all’assetto in essa sancito. La sentenza costitutiva, viceversa, determinando per forza di legge un mutamento rispetto alla realtà giuridica preesistente, è invece di per sé stessa tale da non richiedere alcuna esecuzione forzata, proprio perché essa incide sull’assetto giuridico dei rapporti e non su quello della realtà materiale del fatto. Al riguardo, infatti si afferma che la sentenza che dispone il trasferimento di una servitù da un luogo ad un altro, la cui natura costitutiva è incontestabile, non è esecutiva e quindi non può produrre effetti finché non passa in giudicato e pertanto se le parte vittoriosa la esegue prima del suo passaggio in giudicato, essa è passibile di azione di spoglio (Cass. Civ. 24.03.98 n. 3090). Tuttavia occorre dar conto, in senso contrario, della pronuncia di Cass. Civ. 26.01.05 n. 1618 secondo cui è suscettibile di provvisoria esecuzione una sentenza costitutiva di servitù ex artt. 1051 e 1052 c.c. allorché contenga tutti gli elementi identificativi in concreto della servitù). Avuto riguardo alle pronunce giurisdizionali di autorità straniere sono ritenuti idonei titoli esecutivi: le sentenze di condanna della Corte di Giustizia; le sentenze del Tribunali di primo grado; gli altri provvedimenti giurisdizionali comunitari esecutivi tra cui le ordinanze cautelari, le ordinanze sulle spese ripetibili, le ordinanze che impongono sanzioni pecuniarie ai testimoni che non compaiono o si rifiutano di deporre senza legittimo motivo, le ordinanze relative al rimborso al cancelliere delle somme versate per gratuito patrocinio o anticipate a testimoni e periti; le decisioni della Commissione europea o del Consiglio che comportino obbligazioni pecuniarie [sui titoli esecutivi di formazione comunitaria si vedano: Carpi, Diritto processuale comunitario, Milano 2000, 375 ss.; Olivieri, Il titolo esecutivo europeo e la sua attuazione nell’ordinamento italiano, in REF, 2002, 62 ss.]. L’attuazione esecutiva dei titoli giudiziali di formazione comunitaria si svolge nelle forme dei processi esecutivi nazionali e sotto il controllo delle singole autorità giudiziarie degli Stati membri che dovranno preventivamente curare l’apposizione della formula esecutiva sul titolo previa verifica dell’autenticità dello stesso. Particolari problemi ha posto la qualificazione come titolo esecutivo Pronunce giurisdizionali di autorità straniere [12] Titolo esecutivo europeo [13] 21 L’esecuzione immobiliare dopo la riforma del processo civile della statuizione di condanna al pagamento delle spese di giudizio quando non essa non sia accessoria ad una pronuncia di condanna. Condanna alle spese La giurisprudenza di legittimità, dopo l’attribuzione generalizzata della di giudizio nella provvisoria esecutività a tutte le sentenze di primo grado da parte dell’art. sentenza di primo 282 c.p.c. così come novellato dalla l. 353/90, ha ritenuto, ancorché con grado [14] un orientamento oscillante, che il capo di condanna alle spese di giudizio contenuto nella sentenza di primo grado possa costituire titolo esecutivo soltanto quando acceda ad una pronuncia di condanna e non quando sia conseguente alla decisione di rigetto della domanda oggetto del giudizio (cfr. Cass. Civ. 24.5.93 n. 5837; 12.6.00 n. 9236. In senso contrario si vedano però: Cass. Civ. 3.08.05 n. 1262; 10.11.2004 n. 21367), in quanto la pronuncia sulle spese non godrebbe di una propria provvisoria esecutività, ma fruirebbe della provvisoria esecutività della sentenza di condanna di cui costituisce capo accessorio. Contro tale ricostruzione si è osservato che il capo relativo alle spese è autosufficiente rispetto al resto della pronuncia costituendo un autonomo provvedimento di condanna provvisoriamente esecutivo ex art. 282 c.p.c. sicché lo stesso costituisce sempre titolo esecutivo indipendentemente dal tipo di decisione in cui è contenuto [v. D’Alessandro, Titolo esecutivo e precetto, in REF, 2000, 53]. Sul punto é poi intervenuta la Corte Costituzionale (Corte Cost. 16.07.04 n. 232) chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 282 e 474 in relazione agli artt. 3, 24, 11, co. II Cost. nonché art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. La Corte ha assunto che l’art. 282 c.p.c. non impedisce affatto che siano muniti di efficacia esecutiva immediata i capi condannatori “accessori” rispetto a quello non condannatorio relativo alla domanda principale dato che per essi, prescindendo dal fatto che siano o meno accessori, opera comunque pienamente il principio dell’anticipazione dell’efficacia della sentenza di merito (di condanna) rispetto al momento della definitività. In ogni caso - ha ritenuto il Giudice delle Leggi - il capo della condanna alle spese non può certo definirsi “accessorio” nel senso di cui all’art. 31 c.p.c., in quanto non solo la pronuncia sulle spese non presuppone affatto, affinché il giudice possa adottarla, una domanda di parte, ma essa ha in ogni caso il suo titolo esclusivamente nel contenuto della decisione sul merito della controversia in applicazione del principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c. Ne consegue che il capo sulle spese, quand’anche costituisca corollario di una pronuncia di merito - o un capo accessorio non in senso tecnico ma solo in senso lato - non suscettibile per il suo contenuto di vedere anticipata la sua efficacia rispetto alla definitività, non chiama in gioco, sebbene abbia un contenuto condannatorio, l’art. 282 c.p.c. che disciplina il regime della provvisoria esecutività delle sentenze di primo 22 Il titolo esecutivo e il precetto grado. La Corte Costituzionale dunque con una sentenza interpretativa di rigetto, ha precisato che la soluzione del problema della eseguibilità della condanna alle spese prescinde in maniera assoluta dalle questioni relative alla provvisoria esecutività delle sentenze di primo grado ed in particolare dei capi accessori a quelli non condannatori con ciò evidenziando dunque come la soluzione tradizionale data al problema dalla giurisprudenza (v. supra) sia viziata nel suo fondamento [su un più ampio commento alla pronuncia richiamata la decisione della Corte Costituzionale suddetta si rinvia a De Vita, Provvisoria esecutività della sentenza, capi accessori, condanna alle spese, la Consulta interviene, in RDP, 2005, 603 ss.]. Gli ulteriori provvedimenti giudiziali cui la legge attribuisce efficacia di titolo esecutivo sono, a mero titolo esemplificativo: − l’ordinanza di pagamento di somme non contestate di cui all’art. 186 bis e all’art. 423, I co., c.p.c.; − l’ordinanza di ingiunzione di pagamento o di consegna di cui all’art. 186 ter e all’art. 423, II co., c.p.c.; − l’ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione ex art. 186 quater c.p.c.; − i provvedimento temporanei in materia possessoria ex art. 703 e ss c.p.c.; − il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, in mancanza di opposizione o munito di clausola di provvisoria esecuzione; − il decreto di condanna dell’aggiudicatario inadempiente, di cui all’art. 177 c.p.c.; − l’ordinanza di convalida di licenza o di sfratto, ai sensi dell’art. 663 c.p.c. Al riguardo, la dottrina lo qualifica non solo come titolo esecutivo giurisdizionale, costituito dal provvedimento di convalida, ma avente altresì efficacia analoga a quella della sentenza [cfr. Castoro, Il ricesso di esecuzione nel suo aspetto pratico, Milano, 2008, 20); − l’ordinanza di rilascio dell’immobile ex art. 665 c.p.c.; − il decreto di liquidazione del compenso del custode e degli altri ausiliari di giustizia (art. 62 c.p.c., 52 e 53 disp att c.p.c.; − l’ordinanza con la quale il giudice istruttore dichiara esecutivo il progetto di divisione non contestato (art. 789 III co., c.p.c.) Ancorché manchi un’espressa attribuzione legislativa della qualifica di titolo esecutivo, si ritiene in giurisprudenza che siano tali il provvedimento provvisorio di concessione ex art. 446 c.c. dell’assegno alimentare (Cass. Civ. 16.3.77 n. 1040) che ha natura certamente condannatoria immediatamente esecutiva in quanto finalizzato a sopperire ad esigenze immediate di sussistenza nonché l’ordinanza con la quale il giudice istruttore liquida le spese del processo estinto per rinuncia agli atti Altri provvedimenti aventi titolo esecutivo [15] 23