PALOMBA- PISCOPO- FELACE un’esplosione che si verificò simultaneamente ovunque, riempiendo fin dal principio tutto lo spazio e nella quale ogni particella di materia cominciò ad allontanarsi rapidamente da ogni altra particella. Poco importa se lo spazio fosse finito o infinito. L'universo era pieno di luce: la luce non deve essere considerata come qualcosa di distinto dalle particelle. La luce infatti è costituita da particelle di massa zero carica elettrica zero note come fotoni." "In principio vi fu Quante volte ci sarà capitato nella nostra vita di alzare lo sguardo al cielo? L’osservare ciò che ci sovrasta è un bisogno insopprimibile di darsi una collocazione spaziale e un’identificazione concreta. Perdersi nell’immensità dell’universo, immaginando altri mondi… potremmo citare milioni di commenti, annotazioni e componimenti dedicati alla volta celeste e allo spazio infinito che ci ospita. E mirando il cielo non si può certo fare a meno di notare le stelle: ci hanno affascinato per millenni, con la loro luce, come diamanti cuciti ad un manto di velluto nero. Proprio per la loro irraggiungibilità, l’uomo ha cercato di comprenderne i segreti e di razionalizzare le leggi che regolano questo incredibile equilibrio. Ma esistono oggetti nello scenario celeste che non possono essere osservati direttamente, perché non emettono radiazioni; la loro ricerca si basa quindi su prove indirette. Si tratta degli inafferrabili buchi neri (o, volendo ostentare un po’ di conoscenza linguistica, black hole in inglese). Un buco nero è una stella collassata sotto il proprio peso, ma qualcuno si può chiedere quanto deve essere grande una stella perchè ci dia un buco nero. La risposta fu trovata per la prima volta da un giovane indiano Chandrasekhar che stabilì che le stelle con massa superiore a tre volte quella solare collassano in un "black hole", termine inglese di buco nero. Swarzchild riuscì a stabilire anche che raggio avrebbe un buco nero conoscendone la massa e la sua formula è: Rs = 2.95 × (la massa della stella collassata espressa in masse solari) Km dove Rs sta per raggio di Swarzchild. Ad esempio se una stella con massa pari a 10 masse solari collasserebbe al suo posto troveremmo un buco nero di 29.5 Km. Una delle parti più importanti di un "black hole" è l'orizzonte degli eventi, L' orizzonte degli eventi è una superficie nulla, cioè tangente a tutti i punti del cono di luce, che può essere attraversata in un senso soltanto, come una membrana semipermeabile. Coincide con un’ immaginaria superficie sferica o quasi sferica che copre il buco nero." Su questa superficie la velocità di fuga ( la velocità di fuga è la velocità minima che un oggetto dovrebbe avere per riuscire a sfuggire al pianeta o alla stella. Per esempio la velocità di fuga dalla terra è di 11.6 Km/s. ) è pari a quella della luce. Cos'è la velocità di fuga ? Esempio. Jules Verne scrisse Dalla Terra alla Luna, un libro in cui degli ingegneri progettano un cannone in grado di sparare un proiettile dalla Terra alla Luna; questo proiettile deve avere una velocità iniziale che gli permetta di uscire dalla sfera di attrazione terrestre, questa è appunto la velocità di fuga, data da: V = ( 2 G M / R)½ non vi fate spaventare dall'elevamento ad ½ perchè elevare ad ½ non equivale ad altro che ad estrarre la radice quadrata. Secondo la teoria di Einstein niente può viaggiare più velocemente della luce, 300000 Km/s, e in un buco nero la velocità di fuga è superiore a questo limite perciò niente che vi entra può uscirne. Proprio per questa caratteristica questo oggetto è invisibile, nero, è da qui che ne deriva il suo nome.) Per spiegare meglio che cosa sia questo artificio teorico ipotizziamo il comportamento di un raggio di luce nei sui pressi. Questo raggio ha, per così dire, tre scelte, o passa all'esterno dell'orizzonte, o rimane nell'orizzonte, o vi cade dentro. Nel primo caso il raggio verrà distorto e formerà il cosiddetto effetto lente gravitazionale predetto da Einstein. Nel secondo il raggio ne rimarrà intrappolato e non potrà fare altro che girare su questa superficie; mentre nel terzo caso il raggio non potrà più uscire. Questo è il destino di tutto ciò che attraversa questo infernale confine che coincide appunto con il raggio di Swarzchild. Quasi tutto nel nostro universo è in rotazione e il modello di buco nero presentato da Swarzchild nel 1916 non si può considerare un modello molto attendibile nella realtà in quanto presuppone che l'oggetto sia immobile. Karl Swarzchild, nel 1916 durante la guerra, cominciò ad analizzare le equazioni di Einstein della relatività generale, pubblicata nel 1915, e si accorse che era possibile che un oggetto con straordinaria massa sotto la forza della propria gravità si contragga fino a fare in modo che neanche la luce riesca più a sfuggirgli Nel 1963 il neozelandese Roy Kerr ci fornì un modello molto attendibile in cui il buco nero ruota e ciò che gli sta cadendo dentro gli ruota attorno come in una spirale. Fino a pochi anni fa non si aveva la certezza dell'esistenza dei buchi neri, in quanto non emettendo niente non possono essere rivelati da nessuno strumento. Poi ci fu la straordinaria scoperta di un possibile candidato nella costellazione del cigno. Si tratta di un sistema binario in cui una normale stella, di 20 masse solari, ruota attorno ad un compagno che però non è rilevabile. Lo straordinario sta nel fatto che dalla stella più grande cade del materiale verso quella più piccola e invisibile, questo materiale durante la caduta inizia a ruotare e le particelle si urtano producendo calore. Questa energia è talmente intensa che vengono emessi raggi X che possono essere rilevati dai satelliti in orbita. Questo candidato si chiama Cygnus X-1, ed attraverso l'orbita della compagna si è potuto stabilire che la sua massa è di 6 masse solari. Un altro metodo di rilevamento forse più sicuro ma meno fruttuoso è quello che sfrutta le lenti gravitazionali. Un forte campo gravitazionale può curvare la traiettoria di un raggio di luce che lo attraversa. Questo effetto di curvatura fu predetto per la prima volta da Albert Einstein e durante un eclissi di sole lo si potè verificare, stabilendo anche che la teoria della relatività è vera. Mentre per il sole questa curvatura è piccolissima, un raggio di luce che passasse affianco ad un buco nero si troverebbe curvato di molto. Per questo motivo se uno di questi oggetti si frappone tra l'osservatore e una stella, questo ultimo potrà osservare il formarsi di un cerchio di luce, la lente gravitazionale. Da non molti anni centinaia e centinaia di potentissimi telescopi sono puntati in cielo con l'unico scopo di scovare questi effetti, e di conseguenza un buco nero. Niente può uscire da un buco nero, perciò questo può solo acquistare massa e può solo ingrandirsi, cioè la loro massa raggiunge una densità tale che nulla si può opporre alla forza gravitazionale nella loro vorticosa esistenza; potremmo considerare la cosa come un colpo di fulmine: gli sguardi si incontrano, le mani si sfiorano e ci sentiamo irresistibilmente attratti. in realtà questo non è del tutto vero. Nel 1974 il grandissimo astrofisico inglese Stephen Hawking annunciò la sua teoria sull'evaporazione di un buco nero. Secondo alcune teorie della meccanica quantistica, la fisica del microscopico, lo spazio non è completamente vuoto ma pervaso da fluttuazioni quantiche. Nel vuoto una particella virtuale e un’ antiparticella virtuale possono "prendere in prestito" dell'energia per formarsi e poi quando si incontrano si annichiliscono, cioè si distruggono in quanto sono opposte, rilasciando energia e restituendo così quella che avevano preso. Di questi processi ce ne sono a miliardi di miliardi di miliardi nel cosmo e tutto andrebbe bene se non fosse per la gravità di un buco nero. Nelle vicinanze di un orizzonte degli eventi la gravità è molto intensa e le due particelle non si annichiliscono più tra loro ma resteranno divise proprio grazie a questa forza. Le particelle virtuali sono due una con un'energia positiva ed un'altra con energia negativa. La particella positiva viene accelerata dalla gravità, che quindi gli fornisce energia cinetica, con questa energia la particella non è più costretta ad annichilirsi per restituire quella che aveva preso e così diventa una particella reale che può anche essere rilevata da alcuni dei nostri strumenti, sotto forma di raggio X o gamma. La particella virtuale con energia negativa entra nell'orizzonte degli eventi e sottrae energia al buco nero, ma l'energia è anche massa secondo la nota formula di Einstein E=mc2, perciò la massa e di conseguenza il raggio diminuiscono, da qui il nome evaporazione di un buco nero. Questo processo è tanto più intenso quanto più è piccolo il buco nero. Con l'andare del tempo però questo ultimo può anche scomparire in un enorme esplosione. Un altro effetto molto vistoso nei pressi di un buco nero è il redshift gravitazionale. Il redshift gravitazionale non è altro che un comune redshift solo che con cause diverse, mentre quello normale è dovuto al movimento relativo di sorgente-rilevatore, il secondo è dovuto alla gravità. Quest' ultima , causa un rallentamento del tempo e maggiore è la gravità, maggiore è il rallentamento. Nelle vicinanze della terra questo effetto è irrisorio ma nei pressi di un buco nero si fa più intenso. La luce non è altro che un onda elettromagnetica, e due delle sue caratteristiche sono la frequenza e la lunghezza d'onda entrambe collegate tra loro da una proporzionalità inversa. A un colore blu corrisponde ad una frequenza maggiore che a un colore rosso, perciò il redshift non è altro che spostamenti verso frequenze più basse Gli astronomi hanno scoperto che le righe spettrali di molte galassie non sono dove dovrebbero, ma sono spostate verso lunghezze d'onda maggiori (cioè verso il lato "rosso" dello spettro se si tratta della banda ottica). Questo fenomeno prende il nome di spostamento verso il rosso dello spettro (redshift in inglese) e gli astronomi lo hanno attribuito ad un moto di allontanamento delle galassie. Lo spettro è spostato verso il rosso tanto più, quanto più distante è la galassia, tanto che gli astronomi hanno incominciato ad usare il redshift come misura della distanza di una galassia: maggiore è il redshift, maggiore la distanza. All'interno del buco nero si ha una deformazione dello spaziotempo: quindi, in teoria, nella regione detta orizzonte degli eventi il tempo si dovrebbe fermare e nella regione più interna dovrebbe scorrere all’indietro. Infatti il tempo non ha una direzione privilegiata, privilegiata è solo la sequenza di azioni in cui si ha una probabilità crescente che avvengano. Lo scorrere del tempo in avanti sarebbe dunque una "illusione" dovuta al fatto che certi eventi sono molto più probabili di altri. Man mano che l'osservatore si avvicina al buco nero, le stelle gli appaiono spostate verso l'esterno, perchè i raggi di luce che esse emettono vengono incurvati. Le stelle che si trovano dall'altra parte del buco nero rispetto all'osservatore, invece, diventano visibili per lo stesso motivo. Man mano che l'osservatore si avvicina al buco nero e comincia ruotargli intorno, la deflessione dei raggi luminosi fa sì che il cielo gli appaia muoversi in modo strano. I raggi di luce sono così incurvati da poter raggiungere l'osservatore provenendo da qualsiasi direzione dello spazio, anche da dietro il buco nero. Il forte incurvamento e il rafforzamento dei raggi di luce fa sì che stelle molto deboli, che si trovano dietro il buco nero rispetto all'osservatore, diventino visibili. Si può distinguere anche una specie di anello attorno al buco nero, formato dalla luce delle stelle deflessa dal buco nero: questa formazione prende il nome di anello di Einstein . Il campo gravitazionale del buco nero, a distanze sempre più ravvicinate, e' tale da produrre due immagini distinte della costellazione di Orione. L'osservatore si avvicina ora all'orizzonte degli eventi, una regione sferica attorno al buco nero, che rappresenta il confine al di là del quale nessun segnale può sfuggire al buco nero. Qui la gravità e' così forte che i raggi di luce che vi si trovano, possono solo essere attratti verso il buco nero o muoversi circolarmente attorno ad esso. Un fotone potrebbe, per esempio, essere emesso dalla schiena dell'osservatore, fare un giro attorno al buco nero e arrivare ai suoi occhi, così egli vedrebbe la propria schiena !!! Alla sfera dei fotoni, nessun segnale emesso verso l'esterno può uscire dal buco nero. Il cielo, visto da qui, e' tutto alle spalle dell'osservatore, concentrato in uno spazio pari alla metà di quello che occupa normalmente. Guardando verso il buco nero, si vede solo una regione oscura. Le stelle all'esterno, invece, sono visibili ed appaiono più blu, perchè la luce da loro emessa, caduta verso il buco nero, e' diventata più energetica. Si vedono anche stelle molto indebolite in luminosità a causa dell'enorme gravità che deforma la luce, e stelle che dovrebbero trovarsi dietro l'osservatore si vedono di fronte a lui, perchè la luce emessa e' stata incurvata e ha compiuto un giro attorno al buco nero. Una volta oltrepassato l'orizzonte degli eventi, la luce può solo andare verso il buco nero, ma non uscirne. L'osservatore si trova ora sull'orizzonte degli eventi, la cui posizione e' facile da riconoscere: e' la linea immaginaria che divide il cielo dal buco nero. Muovendosi attorno al buco nero, il cielo sembra muoversi in modo strano. Qui un anello di Einstein diventa un linea invisibile al di sopra dell'orizzonte degli eventi. Le stelle che si trovano dalla parte opposta del buco nero rispetto all'osservatore sembrano avvicinarsi a questa linea con grandi velocità angolari e appaiono molto ingrandite. Adesso l'osservatore si trova ancora al di sopra dell'orizzonte degli eventi. Muovendosi verso di esso, il cielo apparirebbe "schiacciarsi" concentrandosi tutto in un punto dalla parte opposta del buco nero. Non si sa nemmeno come apparirebbe il cielo visto dall'interno dell'orizzonte degli eventi, dentro il buco nero. Volendo porci al centro del buco nero e quindi all’interno del buco, l’orizzonte degli eventi costituisce un limite insuperabile all’osservazione degli avvenimenti circostanti. Poiché all’interno dell’orizzonte le coordinate relative allo spazio e al tempo invertono il proprio ruolo, il processo di riduzione spaziale diviene inarrestabile in quanto equivalente allo scorrimento del tempo. La massa, escluso il suo campo gravitazionale, svanisce in un’entità priva di dimensioni chiamata singolarità. Queste entità, ancora in parte sconosciute, continuano a richiamare l’attenzione degli scienziati, e non possiamo negare il loro fascino. Tanto ne hanno suscitato, tanto ne susciteranno; perché la curiosità umana è illimitata quanto il cielo e, come un buco nero, accoglie ogni più piccola intuizione, in un’ istintiva sete di conoscenza indispensabile all’ esistenza dell’ uomo stesso. Le Stelle Quasi come esseri viventi, le stelle nascono, vivono la loro vita e poi muoiono; esse hanno un loro ciclo vitale formato da stadi ben definiti. Il processo di nascita di una stella è stato tracciato con precisione da non molto tempo. Una stella nasce sempre da nubi di polveri e gas interstellari. La prima fase della formazione della stella è la fase di contrazione, in cui la materia della nebulosa collassa su se stessa. Perché questo avvenga occorrono diverse condizioni favorevoli. La nebulosa deve essere pressoché statica e isolata, cioè non deve ruotare velocemente su se stessa e non deve subire l’azione di forze esterne; oltre a queste c’è un’altra condizione ben più importante. Le particelle che costituiscono la nube di gas sono soggette a due forze: la prima è la forza di gravità (associata alla massa della particella) che tende a farle avvicinare, la seconda è la pressione interna (associata alla temperatura) che tende a farle allontanare espandendo la nube. Quindi per far sì che si formi una stella, la forza di gravità deve vincere sulla pressione; praticamente, tanto più alta è la temperatura della nube, tanto più alta deve essere la sua massa. Se si fanno i calcoli per le nubi interstellari della nostra Galassia, si nota che soltanto quelle che contengono più di mille masse solari di gas possono collassare a formare stelle, mentre in quelle più piccole la pressione vince sulla gravità. In realtà esistono stelle con masse molto più piccole (come il nostro Sole, appunto) formatesi da nubi con masse mille volte più grandi. Come si spiega questo fenomeno? Ci sono due ipotesi entrambe abbastanza attendibili. La prima è che il collasso di una nube non formi una sola stella, ma centinaia di stelle diverse derivate dalla "frammentazione" della nube. La seconda ipotesi è che le piccole nubi subiscano l’impatto di una forza esterna improvvisa, per esempio l’urto con un’altra nube, oppure, caso più frequente, l’esplosione di una supernova vicina. Questo è l’affascinante fenomeno per cui dalla morte di una stella ne nasce un’altra. Dunque con questi meccanismi è possibile l’inizio della contrazione della nube. Quando la nube si contrae al suo interno, le particelle di gas si muovono più rapidamente e il nucleo si riscalda, la temperatura raggiunge valori così elevati da innescare le prime reazioni di fusione nucleare: è nata una protostella. La protostella non può essere considerata una vera e propria stella per via del meccanismo di produzione di energia. In una stella già "matura", l’energia viene fornita dalle reazioni nucleari che avvengono nel suo interno, mentre la sorgente di energia di una protostella è di origine gravitazionale, e viene fornita dall’esterno. Infatti, la protostella emette energia sotto forma di radiazione a spese della sua energia gravitazionale, che viene convertita in radiazione. Durante questa fase, la protostella è ancora immersa nella nube di gas e polvere dalla quale si è originata e perciò è poco luminosa. La contrazione della protostella continua finchè al suo intermo non vengono raggiunte temperature di un milione di gradi centigradi, da poter dare inizio alle prime reazioni di fusione nucleari; la protostella comincia a fornirsi l’energia da sé: è diventata una stella a tutti gli effetti. A questo punto l’energia che essa emette non è più prodotta a spese della propria energia gravitazionale, ma a spese della propria massa, la massa che viene persa nel processo è quella che si trasforma in energia secondo la legge: E = m c2 La più semplice reazione che avviene all’interno di una stella è la fusione dell’idrogeno. Al centro della stella l’idrogeno è molto abbondante, quindi dopo poco tempo le reazioni nucleari si estinguono e la stella si contrae sotto la pressione della forza di gravità. La contrazione fa aumentare la temperatura nel nucleo, fino a dieci milioni di gradi, punto in cui i nuclei di idrogeno cominciano a fondersi tra di loro. La combustione di questo elemento libera energia ed ancora una volta arresta la contrazione della stella. Non c’è alcun pericolo di esaurimento di idrogeno, perché la stella è quasi completamente costituita di questo elemento. Le nuove emissioni di energia spazzeranno via tutto il materiale restante intorno alla stella ed essa sarà finalmente visibile all’occhio umano e agli altri strumenti ottici. Questa fase di equilibrio durerà miliardi di anni, nei quali la sua luminosità e la sua temperatura saranno determinate dalla sua massa. Il tempo intercorso tra il collasso gravitazionale della nube di gas e l’innesco delle reazioni nucleari è di ventisette-trenta milioni di anni circa, se si considera una stella come il nostro Sole. Il momento in cui la stella inizia a bruciare il suo idrogeno, è il momento in cui gli astrofisici cominciano a contare la durata della vita della stella: questa è l'età zero. Durante la sua evoluzione, una stella restituisce parte di questo materiale allo spazio interstellare, attraverso fenomeni esplosivi (supernovae); da questo gas si formerà poi delle nubi, delle nuove stelle ed eventualmente dei pianeti. Quando l’idrogeno che è il costituente principale della stella, comincia ad esaurirsi nel suo centro, la produzione di energia per fusione nucleare cala, la contrazione dovuta alla gravità riprende e la temperatura interna alla stella aumenta, per accendere la fusione di un combustibile più pesante e potersi sostenere. Dopo l’idrogeno, la stella innesca la fusione dell’elio, dopo l’elio il carbonio e così via. I buchi bianchi rappresentano alcune tra le possibili soluzioni della relatività generale. Letteralmente essi apparirebbero (se osservati) come anti-buchi neri ovvero come oggetti nei quali non è possibile entrare e dai quali la materia è emessa in continuazione. Diciamo subito che tali soluzioni sono molto probabilmente non fisiche, ovvero sono soluzioni matematiche della teoria che non si realizzano mai in natura, o perché necessiterebbero di particolarissime condizioni iniziali o perché sono instabili rispetto a piccole perturbazioni. In effetti se si considera il processo di collasso di una stella (oppure di un certo ammasso di materia) esso ammetterà tra i possibili stati finali solo quello di buco nero. La soluzione di buco bianco si trova se si considera un processo ideale in cui il buco nero non viene generato dal collasso ma semplicemente si considera la struttura di uno spazio-tempo in cui il buco nero è sempre esistito (e per questo si dice eterno). In questo caso la soluzione non ha una fissata direzione nel tempo, ovvero una evoluzione temporale, anzi essa appare identica se si fa fluire il tempo in una direzione o al contrario. Si immagini ad esempio un filmato dello scontro (elastico) di due palle da biliardo. Se lo proiettiamo il filmato in avanti o indietro, non sarà facile distinguere le due proiezioni l'una dall'altra. Allo stesso modo quando si considera una soluzione di buco nero eterno (cioè non formato dal collasso di qualcosa a un certo tempo) si trova che se da un lato lo spazio-tempo sembra come un buco nero (da cui nulla esce) dall'altro ci deve essere un oggetto che si comporta al contrario. Come apparirà un oggetto che è il contrario di un buco nero? Non può essere altro che un buco bianco, ovvero un oggetto celeste nel quale nulla può entrare e tutto esce! Infine ci si potrà domandare perché gli scienziati si interessano ai buchi bianchi dato che probabilmente in natura non sono realizzabili. Il punto è che le soluzioni di buchi eterni (che come detto implicano la coesistenza di buchi bianchi e buchi neri) sono molto più semplici, matematicamente parlando, di quelle di buco nero da collasso. Dato che alcune caratteristiche salienti della parte di buco nero sono le stesse tra le due suddette soluzioni, spesso si preferisce analizzare alcuni problemi nella soluzione di buco nero eterno piuttosto che in quella fisicamente più rilevante.