p. 2 Costruiamo una semplice luce
lunare
Anche in questo editoriale ci troviamo a scusarci con i nostri
lettori per l’enorme attesa che ha preceduto questo settimo
(6+1 per essere precisi) numero di Bettazine. Non tutti i
mali vengono però per nuocere, cogliamo l’occasione di
festeggiare insieme, con questa nuova uscita, il terzo
compleanno dell’Associazione Italiana Betta, ricorso il 7
aprile.
Senza elencare nuovamente tutte le iniziative, i concorsi
internazionali e le attività portate a termine e quelle ancora
in corso, vi comunichiamo che il “Palmarès AIB” annovera
tra gli 80 ed i 90 piazzamenti ottenuti dai nostri allevatori da
quando, nell’agosto 201 0 gli allevatori italiani iniziarono a
partecipare nei campionati europei.
L’appuntamento per festeggiare insieme il terzo
compleanno AIB è dal 1 0 al 1 2 maggio prossimi, durante il
III Italian Betta Show a Ranco (VA).
Ora vi lasciamo alla lettura di questo numero
particolarmente ricco e variegato: gli articoli spazieranno
infatti dalla chimica di base in acquario all’esperienza di
allevamento di Channa gachua, si parlerà anche di piante
in acquario, fai da te, una bellissima intervista al decano dei
Betta in Italia Gian Piero Cannata e tanto altro...
di Gastone Tomei
p. 3 Elementi di chimica
di Andrea Queirolo
p. 4 L'utilità delle piante in acquario
di Ilaria Tarquini
prima esperienza come
p. 9 La
apprendista giudice IBC
di Eugenio Fornasiero
p. 1 0 Channa gachua
di Marco Marsili
Buona lettura!
La redazione
p. 1 7 Scheda Allevamento:
Halfmoon shortfin
Di Roberto Silveriii
p. 20 Una conversazione con:
Gian Piero Cannata
di Matteo Grassi
p. 21 Notizie dal mondo
dalla Redazione
Rubrica
dalla Redazione
Redazione Eugenio Fornasiero Ilaria Tarquini
Matteo Grassi
Marco Marsili
Andrea Queirolo
Roberto Silverii
Gastone Tomei
Grafica Alessandro Distefano
di Gastone Tomei
Con pochissimi componenti possiamo costruire una luce
notturna molto utile per gli accoppiamenti dei nostri betta.
Materiali occorrenti:
Un carica batterie per cellulare (preferibilmente 5V).
Un diodo led luce blu.
Una resistenza da circa 1 .000 ohm 1 /8 di watt (
da 800 ohm a 1 .500 ohm andra’ benissimo).
Saldatore a stagno da 30 w per
circuiti elettronici.
Stagno e nastro isolante.
2
ma la maggior parte dei carica cellulare sono a 5V, allora
bisogna inserire in serie una piccola resistenza da circa
1 .000 ohm per abbassare un po’ la tensione di lavoro in
modo che il led duri piu’ a lungo e anche per non avere la
luce troppo forte che infastidirebbe i pesci.
Ricordate anche che i led come tutti i diodi sono
semiconduttori, cioe’ la corrente circola solo in un senso
percio’ bisogna rispettere la polarita’, basta collegare i fili e
fare una prova prima di finire il tutto, se il led non si accende
invertite i fili e riprovate, poi completate il lavoro.
Passiamo alla fase pratica, con il saldatore saldate la
resistenza ad un piedino del led, inserite l’ alimentatore alla
presa di corrente e con i fili toccate l’ altro piedino del led e il
piedino libero della resistenza (senza paura di prendere la
scossa l’ uscita dell’ alimentatore è a bassa tensione), se il
led si accende potete saldare i fili in questa posizione
altrimenti invertiteli, saldate tutto per bene e isolate prima un
filo e poi l’ altro con del nastro isolante, la vostra luce
notturna è pronta.
In teoria il funzionamento è
molto semplice, basta
collegare il diodo led all’
uscita dell’ alimentatore e si
accendera’ come una
piccola lampada, ma
siccome non si trovera’
sempre l’ alimentatore con la tensione giusta sara’opportuno N.B. sconsiglio di usare alimentatori con voltaggio piu’ alto, es.
9V, perché il led avrebbe bisogno di una resistenza piu’ grande
apportare qualche modifica.
per abbassare la tensione, con conseguente surriscaldamento.
Premesso che i diodi led funzionano con una tensione fino a
5V basta trovare l’ alimentatore adatto, ideale sarebbe 3V per In alternativa, chi non trovasse un alimentatore (cosa che
dubito), puo’ far funzionare il led con le batterie, rispettando
non far lavorare troppe ore il led alla massima tensione,
sempre la polarita’ e la tensione di 3V.
di Andrea Queirolo
Nell'acquario succedono più cose di quelle che una persona
possa immaginare semplicemente guardando l'acqua, ma
che sono fondamentali per il benessere dei pesci e delle
piante.
Senza approfondire a livello di chimica questi fattori, volevo
dare una mano a chi si avvicina a questo hobby, e si trova a
dover capire se va tutto bene, o se eventualmente c'è
qualcosa che cosa non va, e come porvi rimedio.
Il tramite per misurare quantitativamente la correttezza dei
parametri dell'acqua sono i test, che sono reperibili in ogni
negozio, ognuno dedicato a uno specifico fattore.
I test sono disponibili principalmente sotto 3 forme: i test a
reagente, le striscette e gli strumenti elettronici.
I test a reagente liquido funzionano mescolando uno o più
reagenti ad una certa quantità di acqua, e a seconda del
colore che assumerà il composto, una scala di confronto ci
indicherà un intervallo di valori in cui è presente la sostanza
che stiamo cercando. Sono i test più usati e sufficientemente
precisi allo scopo.
Valori leggermente maggiori in Betta splendens e negli altri
anabantidi, per la loro particolarità di poter respirare ossigeno
atmosferico, non sono immediatamente letali come per tutti gli
altri pesci, ma comunque da evitare assolutamente.
Di norma si usa misurare solo i nitriti, forse il valore più
importante in assoluto, ma in casi particolari è stato riscontrato
che a fronte di nitriti prossimi a zero (quindi tecnicamente una
vasca perfetta) fosse invece l’ammoniaca a causare problemi.
Se questi valori non sono idonei, il problema è da cercare nel
corretto funzionamento del filtro.
Quando il filtro lavora correttamente, come risultato della
costante trasformazione di ammoniaca e nitriti, in vasca si
accumulano i nitrati, che a differenza dei precedenti sono non
tossici in quantità moderate, personalmente fino a 25 mg/l non
ho mai riscontrato problemi, anche se è un valore già elevato,
si consiglia di tenerli intorno ai 1 0 mg/l.
Oltre che per la salute degli abitanti, valori elevati sono causa
frequente di proliferazione algale.
I modi per contenerli sono due: l'immissione di piante a
crescita rapida (che li usano come sostanza di nutrimento), e
frequenti cambi d'acqua.
Dopo i composti dell'azoto, il parametro abbondantemente
trascurato dalla maggior parte degli acquariofili è il pH, che
I test a striscetta sono appunto delle striscette di carta da
misura l'acidità dell'acqua; per la sua peculiarità di esser
immergere in un campione di acqua per un determinato
influenzato dalla quantità di anidride carbonica (CO2) disciolta
tempo; contengono diverse misurazioni e a seconda del
nell'acqua, ritengo totalmente imprecisi tutti i test che
colore cui vira il cartoncino in determinati punti, danno
implicano un prelievo di acqua dalla vasca, infatti con il
indicazione dei medesimi intervalli rilevabili con i test a
semplice gesto di riempire la provetta la quantità di anidride
reagente, ma purtroppo non sono altrettanto precisi, infatti,
carbonica varierebbe rendendo la lettura imprecisa.
sono stati verificati dei casi in cui i risultati erano totalmente
Entro certi parametri fissi per ogni specie (non si può tenere
sballati.
un pesce acidofilo in situazioni estremamente basiche e
viceversa) il valore esatto di pH non è molto importante ma lo
I test elettronici sono i più precisi e immediati: con la
è soprattutto la sua stabilità nel tempo.
semplice immersione di un elettrodo in pochi secondi danno il Variazioni improvvise sono fonte di stress molto forte per i
risultato, e, se tarati correttamente, hanno una precisione
pesci.
molto elevata. I loro limiti sono il prezzo di acquisto elevato, e
la necessità di verificare periodicamente la taratura con
Ricordo infine che l’acqua non è uguale ovunque: in essa vi
apposite soluzioni, purtroppo sono diffusi in pratica solo per sono disciolte una infinita quantità di sostanze, che la possono
alcune misurazioni.
rendere più o meno dura.
Le durezze misurabili sono quelle legate agli ioni disciolti nella
Vediamo ora quali sono i test più importanti.
stessa, gli ioni positivi con il valore di GH e gli ioni negativi con
Il principale fenomeno chimico che accade nelle nostre
il KH.
vasche è il ciclo dell'azoto, ossia tutto il processo che porta i La stabilità del ph è legata alla quantità di sostanze tampone,
composti dell'azoto più nocivi, per es l'ammoniaca (NH),
misurabili con il KH. Non è possibile tenere valori di pH bassi
prodotta dei pesci con le loro deiezioni, a trasformarsi in nitriti con un valore di KH alto, ma bisogna anche stare attenti a non
(NO2) e successivamente in nitrati (NO3), questi ultimi se
avere un KH troppo basso perchè si rischia che il ph abbia
mantenuti entro un certo livello sono assolutamente innocui. continue fluttuazioni.
Tutto questo avviene per mezzo del filtro, che ospita dei
batteri che nel corso del loro ciclo vitale compiono queste
trasformazioni.
Senza entrare nel merito di come e perchè questo avvenga, è
fondamentale che in una vasca in cui tutto funziona, il valore
di NH-NO2 sia prossimo allo zero, il che corrisponde con il
valore più basso della scala dei test, normalmente indicato
come inferiore ai 0,2 0,3 mg/l.
3
'
'
di Ilaria Tarquini
Chi si approccia per la prima volta all’allestimento di un
acquario valuta se inserire delle piante
vere oppure sintetiche, e spesso, erroneamente, opta per la
seconda soluzione, nella convinzione che gli renderanno la
manutenzione più semplice.
Tale scelta, tuttavia, è sbagliata. In quanto, non solo esistono
piante che si adattano a vivere con poco, richiedendo un
apporto minimo o nullo dell’uomo in termini di fertilizzazione,
ma inoltre la piante
svolgono diverse funzioni di rilievo in acquario, rendendo la
vita dei suoi abitanti migliore:
1 . Le piante, tramite la fotosintesi clorofilliana, di giorno
consumano anidride carbonica e
liberano ossigeno in acqua, favorendo la respirazione degli
abitanti dell’acquario.
2. Le piante assimilano elementi che, in elevate
concentrazioni, sarebbero nocivi per gli ospiti dell’acquario:
quali metalli (ferro, boro, nichel, rame,…) e nitrati (derivanti
dalla decomposizione delle deiezioni dei pesci, residui di
cibo, flora in marcescenza,…).
3. Le piante forniscono riparo per i pesci più timidi,
nascondigli per gli avannotti e costituiscono superfici ideali
per la deposizione di uova e costruzione del nido di molte
specie (come i nostri amati Betta!).
4. Le piante rappresentano, in alcuni casi, una fonte
alimentare per molti pesci.
4
Spiegate le ragioni per le quali bisogna sempre preferire
piante vere a quelle sintetiche, di seguito illustriamo i fattori
che bisogna tenere in considerazione prima di acquistare
qualsiasi pianta, che ci consentono di capire quali specie
sono più adatte a vivere nel nostro acquario (non tutte le
piante hanno le stesse esigenze), onde evitare problemi e
dispiaceri nel vederle morire qualche tempo dopo il loro
inserimento.
I fattori che condizionano la fotosintesi clorofilliana
La fotosintesi clorofilliana è il processo attraverso il quale la
pianta, mediante i pigmenti contenuti nelle proprie cellule
(clorofilla e carotenoidi) è in grado di produrre glucosio (ossia
la fonte di nutrimento della
pianta) partendo da luce, acqua e anidride carbonica.
Oltre questi tre elementi è necessario tenerne in
considerazione altri due: temperatura ed elementi
nutritivi. Cerchiamo di capire l’importanza dei singoli fattori:
a) La luce è l’energia impiegata dai pigmenti della pianta per
operare il processo di fotosintesi.
La luce è formata da differenti lunghezze d’onda, ciascuna
delle quali corrisponde ad un colore
specifico: viola, blu, ciano, verde, giallo, arancione e rosso (i
colori osservabili nell’arcobaleno). Bisogna considerare che
quando la luce attraversa una colonna d’acqua diminuisce di
intensità, ed alcune zone dello spettro vengono assorbite
maggiormente (onde corte: ultravioletti) rispetto ad altre (onde
lunghe: infrarossi); ciò significa che alle piante sommerse
arriva una maggiore quantità di luce blu rispetto a quella
rossa, la cui disponibilità diminuisce con l’aumentare della
profondità (è
per questa ragione che la luce in fondo al mare ci appare blu).
Le piante utilizzano solo parte dello spettro luminoso, ed è
interessante notare come sia
proprio la luce riflessa (ossia non assorbita) a determinare il
colore della pianta stessa:
- Le piante verdi utilizzano il pigmento fotosintetico di clorofilla,
il quale è maggiormente efficiente a catturare la luce nella zona
rossa dello spettro ed in parte minore in quella blu, mentre
riflettono la luce verde (ed è per questo che la pianta è,
appunto, verde). In dettaglio:
- - Foglie verde chiaro indicano un basso contenuto di clorofilla,
infatti essendo la luce bianca formata da molti colori diversi (tutti
quelli dello spettro prima citato), un oggetto con un colore chiaro
implica che viene assorbita meno luce dell’intero spettro, ossia
una grande quantità di luce è riflessa.
Per tale ragione le piante di colore verde chiaro, che
riflettono la maggior parte dello spettro luminoso ed in
particolare il verde, necessitano, generalmente, di
un’illuminazione media/intensa (ad esempio il Pogostemon
helferi, figura 1 ).
- - Foglie verde scuro o marroni indicano abbondanza di
clorofilla, la pianta assorbe meno luce verde rispetto ad
altre aree dello spettro, per tale ragione si tratta di piante
adatte a vivere in zone di ombra o scarsa illuminazione (ad
esempio le Cryptocoryne, figura 2).
Le piante rosse utilizzano, per la fotosintesi, un pigmento
carotenoide meno efficiente della clorofilla. Tale pigmento
riflette la luce rossa. Per compensare tale circostanza la
pianta dovrà ricevere un maggior quantitativo di luce blu e
verde, quindi necessita di un’illuminazione intensa (Rotala
macrandra, Althernanthera).
Talune piante sono in grado di adattarsi alla luce che
ricevono, utilizzando per fotosintetizzare, a seconda della
necessità, il pigmento di clorofilla o quello carotenoide;
quindi producendo foglie verdi in presenza di
un’illuminazione bassa/media, o foglie che vanno dal giallo
pallido all’arancione, rosa o rosso se sottoposte ad
un’illuminazione intensa (ad esempioRotala rotundifolia,
figura 3).
b) Anidride carbonica: i pigmenti fotosintetici della pianta
utilizzano la luce per rompere la struttura molecolare
dell’acqua (H2O) in idrogeno ed ossigeno; dopo di che
idrogeno, anidride carbonica ed ossigeno vengono impiegati
per produrre glucosio (in tale processo parte dell’ossigeno
avanza, venendo liberato in acqua).
Alcune piante hanno messo a punto dei sistemi per
procurarsi CO2 quando il suo livello in acqua è scarso: è il
caso delle piante galleggianti (figura 4) o delle piante a stelo
che sviluppano foglie aeree per sfruttare la CO2 presente
nell’atmosfera; o delle piante adatte a vivere in acque dure
che sono in grado di rompere i carbonati ricavandone
anidride carbonica (ad esempio la Vallisneria asiatica).
c) La temperatura influenza il processo di fotosintesi,
accelerandolo con il suo aumentare,
tuttavia se l’ambiente è eccessivamente caldo la pianta muore.
La corretta temperatura dipende dalla specie che si intende
coltivare, le piante generalmente vendute per acquari vivono
bene a temperature comprese tra 1 8°-27°.
d) Per produrre i pigmenti fotosintetici all’interno delle proprie
cellule, la pianta necessita di elementi nutritivi . Questi si
distinguono in macroelementi, che vengono impiegati in grandi
quantità (calcio, carbonio, idrogeno, magnesio, azoto,
ossigeno, fosforo, potassio, zolfo); e microelementi che
vengono impiegati in dosi minime (boro, ferro, cloro, nichel,
rame, manganese, molibdeno, zinco).
La carenza o l’eccesso di elementi nutritivi comporta problemi
per le piante. Non è semplice interpretare i sintomi di
malessere di una pianta, specialmente per un neofita, è
un’abilità che si sviluppa con il tempo e l’osservazione.
Un valido indicatore dell’eccesso o carenza di un nutriente
consiste nell’osservare il diverso aspetto di piante a crescite
veloce rispetto a quelle a crescita lenta: se un nutriente è in
eccesso, spesso le piante a crescita veloce non ne risultano
condizionate, in quanto sono in grado di diluirlo rapidamente
producendo nuove foglie; mentre le piante a crescita lenta non
5
hanno altra alternativa che accumulare il nutriente, fino a
quando compaiono i sintomi dell’eccesso. Il discorso
funziona anche a contrario: in caso di carenza di uno o più
elementi nutritivi, le piante a crescita veloce mostreranno
malessere prima di quelle a crescita lenta. Le piante si
nutrono mediante radici e mediante foglie. Tuttavia,
generalmente, ogni specie ha una predilezione per uno di
questi due strumenti, aspetto che, inevitabilmente,
condiziona le modalità con cui dobbiamo fertilizzare, se
vogliamo avere delle piante in salute. Le piante che si
nutrono per via radicale, come ad esempio le Cryptocoryne,
necessitano di un fondo fertile o dell’inserimento di pastiglie
fertilizzanti nei pressi delle radici; le piante che si nutrono per
via foliare, come il Microsorium, necessitano di una
fertilizzazione “in colonna” (ossia diluita in acqua).
Ovviamente la distinzione non è netta, ci sono delle
eccezioni: ad esempio le piante galleggianti, pur non
essendo radicate a terra, si alimentano per via radicale dei
nutrienti in colonna. L’ideale sarebbe optare per una via di
mezzo, e comunque tenere sempre presente quali specie
stiamo coltivando (ad esempio, se abbiamo solo piante
epifite, il fondo fertile è completamente inutile).
La scelta delle piante
Una volta presa consapevolezza della strumentazione
tecnica in nostro possesso (potenza dell’impianto di
illuminazione, eventuale impianto di anidride carbonica,
eventuali prodotti fertilizzanti ed eventuale termostato),
possiamo scegliere le piante più adatte da inserire in
acquario. Chiaramente ognuno progetterà il layout a proprio
gusto, seguendo la fantasia. Tuttavia possiamo enunciare
alcune linee guida per una più efficace disposizione delle
piante:
1 . Bisogna tenere in considerazione la dimensione finale
della pianta, in altezza e in
larghezza. A tale scopo è possibile distinguere le piante in
tre gruppi. Di seguito riportiamo
anche alcune piante appartenenti al biotopo asiatico:
- Piante di primo piano:
- - Cryptocoryne:
- - Parva e willisi , presentano un bel colore verde chiaro e
raggiungono una
dimensione massima rispettivamente di 5 e 8 cm.
Necessitano di
un’illuminazione media/intensa. La crescita è lenta.
- Siamesis , presenta un colore rosso-marrone e raggiunge
una dimensione
massima di 1 0 cm. Necessità di un’illuminazione
media/intensa. La crescita è
lenta.
- - Hydrocotyle tripartita, japan e sibthrpioides.
Si tratta di piante che, con adeguate potature, possono
essere adattate sia al
primo piano che alla zona centrale. Presentano un colore
verde chiaro e
raggiungono dimensioni ridotte (la tripartita e la japan 30 cm,
la sibthrpioides
1 5 cm). Se si vuole ottenere un cespuglio basso e compatto
è necessaria
un’illuminazione intensa, altrimenti la pianta tenderà ad
allungarsi verso la
superficie con internodi molto distanti tra loro, un impianto di
CO2 ed un buona
fertilizzazione. La velocità di crescita è media.
- - Muschi (vedi punto 3).
6
- Piante centrali :
- - Blyxa japonica.
Si tratta di una pianta estremamente esigente e delicata.
Presenta un colore
verde chiaro, ma quando è sottoposta a luce intensa tende al
rossiccio, ed un
portamento cespuglioso e filiforme. Raggiunge l’altezza
massima di 1 0 cm.
Necessita di illuminazione intensa, impianto di CO2 e di una
buona
fertilizzazione. La velocità di crescita è media.
- - Cryptocoryne, solo per citare le specie più conosciute:
balansae, beckettii,
cordata, undulata, wendtii.
Presentano una colorazioni varie, dal verde scuro, al verde
salvia, al marrone al
verde chiaro. Si tratta di piante che si adattano a vivere con
poco: è sufficiente
un’illuminazione bassa (possono anche essere posizionate in
zone di ombra) ed
un minimo di fertilizzazione per vederle crescere in salute. La
crescita è lenta.
- - Nymphaea lotus, lotus var. rubra e stellata.
Note anche come “gigli tropicali”, queste ninfee sono
particolarmente belle e
creano un punto focale in acquario. La pianta, che si sviluppa
da un bulbo, può
essere mantenuta bassa tagliando le foglie che sfilato verso
l’alto, oppure si può
lasciare che alcune foglie raggiungano la superficie andando in
galleggiamento.
Le colorazioni sono diverse, dal verde al rosso, anche con la
presenza di
screziature marroni/rossicce/verde scuro. Necessità di
illuminazione intensa,
impianto di CO2 e di una buona fertilizzazione. La velocità di
crescita è media.
- - Hydrocotyle tripartita, japan e sibthrpioides (vedi “piante di
primo piano”).
- - Piante epifite (vedi punto 3).
- Piante da sfondo:
- - Aponogeton crispus, ulvaceus e undulatus.
Presenta un portamento allungato con foglie ondulate verdi,
tendenti all’arancio se vicino la superficie e sottoposte ad
un’illuminazione intensa. Questa pianta, che si sviluppa da un
bulbo, raggiunge i 40 cm di altezza e può vivere anche in
presenza di una bassa/media illuminazione e di una blanda
fertilizzazione. La velocità di crescita è media.
- - Crinum thaianum. Presenta un portamento nastriforme
con foglie larghe 1 -2 cm di colore verde
scuro. Si sviluppa da un bulbo e raggiunge anche i 1 50 cm
di altezza, portando le
foglie in galleggiamento orizzontale sulla superficie. Si tratta
di una pianta poco
esigente, adatta a vivere con scarsa illuminazione ed una
blanda fertilizzazione.
La velocità di crescita è media.
- - Hygrophila, per citare le specie più conosciute: difformis,
corymbosa,
polysperma, polysperma var. rosanerving.
Si tratta di piante a stelo che si presentano al meglio se
posizionate in gruppo a creare alti cespugli, raggiungendo
tranquillamente i 50 cm di altezza. Presentano un colore
verde scuro o chiaro, con l’eccezione della polysperma var.
rosanerving caratterizzata da nervature rosa. La foglia della
corymbosa è più ampia, quella della polysperma stretta e
allungata, mentre quella della difformis è frastagliata. Ad
eccezione della polysperma var. rosanerving (che necessita
di illuminazione intensa, impianto di CO2 ed una buona
fertilizzazione), le altre specie accettano anche
un’illuminazione bassa/media, andando però a perdere in
compattezza. La velocità di crescita è media.
- - Najas indica.
È una pianta a stelo, di colore verde chiaro, con foglie strette e
lunghe disposte in cerchio a formare delle stelle, raggiunge i 40
cm di altezza. Si adatta a vivere in acquari con illuminazione
bassa/media ed una blanda fertilizzazione, andando però a
perdere in compattezza, sviluppando internodi molto distanti tra
loro. La crescita è veloce.
- - Rotala, per citare le specie più conosciute:
- - - rotundifolia: è una pianta a stelo, con foglie piccole e ovali
disposte a rosetta, che va piantata in gruppo a formare cespugli
alti (raggiunge i 50 cm di altezza). Presenta una colorazione
verde chiaro tendente al giallo, arancio, rosa o rosso con
l’aumentare dell’intensità della luce, spesso solo
sugli apici (quelli più vicini alla fonte luminosa). Si adatta a
vivere con un’illuminazione bassa ed una fertilizzazione blanda,
al prezzo di vederla meno compatta, con internodi più lunghi ed
una colorazione per lo più verde. La velocità di crescita è
media.
- - - macrandra e wallichii: si tratta di due piante molto esigenti,
ma di particolare bellezza. Necessitano di illuminazione
intensa, erogazione di CO2 ed una buona fertilizzazione.
Raggiunge i 50 cm di altezza e la crescita è di media velocità.
Rotala macrandra presenta foglie tondeggianti, sottili ed
increspate con una magnifica colorazione rosa/rosso. Rotala
wallichii ha foglie aghiformi disposte in cerchio attorno lo stelo,
con una colorazione verde chiaro tendente al rosa/rosso sugli
apici.
- - Vallisneria asiatica.
Presenta foglie allungate nastriformi, larghe circa 0,5 cm, che
formano bellissime spirali verde chiaro alte al più 35 cm. Si
presenta al meglio componendo un cespuglio formato da più
piantine. Questa pianta si adatta a vivere con un’illuminazione
bassa/media ed una blanda fertilizzazione. La velocità di
crescita è media.
- - Piante epifite (vedi punto 3).
2. Per creare un ambiente più movimentato ed accattivante si
può giocare con le forme e i colori delle piante. Accostando
piante con diverse tonalità di verde e ove possibile
aggiungendo un punto focale di rosso, ne risulterà un layout più
gradevole. Così anche abbinando piante dalle forme diverse, si
eviterà la monotonia:
3. Risulta importante, per l’economia generale dell’acquario,
inserire sia piante a crescita veloce che a crescita lenta. In
tal modo si contrasta la crescita delle alghe e non si crea una
situazione di forte competizione tra le piante per la nutrizione.
4. Un acquario guadagna sicuramente in naturalezza con
l’inserimento di due tipologie di
piante, spesso trascurate, che donano al complesso una
marcia in più:
- - Limnophila sessiflora.
Si tratta di una pianta a stelo che si presenta al meglio se
piantata in gruppo a creare folti cespugli, arrivando a
raggiungere un altezza di 50 cm. Presenta un bel colore
verde chiaro, con foglie aghiformi disposte in cerchio attorno
allo stelo. Si adatta a vivere in acquari con illuminazione
bassa/media ed una blanda fertilizzazione, andando però a
perdere in compattezza, sviluppando internodi molto distanti
tra loro. La crescita è veloce.
- Le piante epifite, ossia quelle piante che utilizzano come
sostegno un legno o una roccia, radicando su di esso.
È possibile fissare una pianta epifita (o un muschio) su un
supporto utilizzando del semplice filo di nylon, il quale verrà
rimosso quando la pianta appare radicata al supporto ed in
grado di rimanerne aggrappata autonomamente. Il filo utilizzato
per fissare un muschio, invece, non deve essere rimosso, sarà
il muschio stesso a coprirlo fino a farlo scomparire dalla vista.
Alcuni esempi di piante epifite asiatiche:
- - Microsorium, per citare le specie più conosciute: pteropus,
windelov e narrow.
Presenta un portamento cespuglioso con foglie verde chiaro
allungate (il narrow le ha più sottili e lunghe, il windelov le ha
7
frastagliate all’apice). Si tratta di una pianta che si adatta
facilmente alle condizioni più disparate, può essere collocata
in acquari con luce bassa ed anche in zone d’ombra. È
sufficiente una blanda fertilizzazione per mantenerla sana. La
crescita è lenta.
- - Bolbitis heteroclita.
Ha foglie ampie, leggermente ondulate, che terminano a
punta, di colore verde chiaro. Questa pianta è adatta anche
ad acquari con scarsa illuminazione o ad essere collocata in
zone d’ombra. È sufficiente una blanda fertilizzazione per
mantenerla sana. La crescita è lenta.
- - Higrophila pinnatifida.
La pianta si sviluppa lungo uno stelo marrone/rosse dal quale
partono diverse foglie dentellate verde scuro, la cui pagina
inferiore può diventare viola in presenza di una intensa
illuminazione, CO2 ed una buona fertilizzazione. Se adatta
anche a vivere con una scarsa illuminazione, purché sia
posizionata nel proprio sotto le lampade. Getta velocemente
nuove piantine, ma la crescita di ciascuna è piuttosto lenta.
Le piante galleggianti , ossia quelle piante che non radicano,
ma si limitano a galleggiare in superficie, particolarmente
sceniche in acquari aperti. Le piante galleggianti sono ottime
consumatrici di nitrati e fosfati, per questa ragione vengono
spesso inserite in acquari nuovi per contrastare le alghe.
Possono vivere con un’illuminazione bassa/media, purché sia
garantito un congruo apporto di elementi nutritivi; infatti,
essendo piante a crescita veloce, possono andare presto in
deficit di nutrimento, ed ingiallire.
Alcuni esempi di piante galleggianti cosmopolite:
- - Lemna minor.
Nota anche come “lenticchia d’acqua” è una piccola pianta
galleggiante comporta al massimo da quattro foglioline di pochi
millimetri. Le radici sono lunghe al più 2-3 cm composte da
filamenti singoli. La Lemna minor è un ottimo indicatore della
presenza di ferro in acquario, infatti se la pagina inferiore della
foglia diviene viola, significa che la quantità di ferro è ottimale.
Molti pesci e gasteropodi trovano in questa pianta una fonte di
nutrimento.
- - Pistia stratiores.
Presenta foglie tondeggianti ricoperte di peluria, disposte in
- - Muschi, si adattano alle condizioni più disparate,
cerchio. Il diametro di una singola pianta in acquario può
possono essere
tranquillamente inseriti in acquari con scarsa illuminazione e raggiungere i 5 cm, con radici ramificate lunghe fino ad 8 cm.
- - Salvinia.
fertilizzazione
Si tratta di una pianta galleggiante composta da due foglie
blanda o assente. Tra i più conosciuti:
tondeggianti, lunghe al più 0,5 cm, con radici di 2 cm. La
Appartenenti al genere Vesicularia:
singola piantina getta un “cordone” dal quale se ne sviluppa
- Christmas (Vesicularia montagnei)
un’altra, la quale compie lo stesso lavoro, con il risultato che la
- Weeping (Vesicularia ferrei)
Salvinia si presenta come una catena costituita da intervalli di
Appartenenti al genere Taxyphillum:
due foglie in due foglie, tanto che sembra essere la “catena”
- Java (Taxyphillum barbieri)
una singola pianta, mentre
- Taiwan (Taxyphillum alernans) - Spiky (Taxyphillum sp.
invece essa è in realtà composta da più piantine, ognuna delle
Spiky)
quali con il proprio apparato radicale.
- Flame (Taxyphillum sp. Flame)
- - Eichornia crassipes.
Appartenenti al genere Fissidens:
Nota anche come “Giacinto d’acqua”, questa pianta presenta
- Fontanus
foglie ovali, spesse e lucide, il cui picciolo è rigonfio d’aria per
- Nobilis
favorire il galleggiamento. Può raggiungere i 1 5 cm di diametro
Appartenenti al genere Aneuraceae: Riccardia
e i 30 cm di altezza (comprese le radici). Con le giuste
chamedryfolia.
condizioni fiorisce.
Appartenenti al genere Ricciaeae: Riccia fluitans.
8
di
Eugenio Fornasiero
Lo show di Friedrichshafen è sicuramente uno degli eventi
più importanti per la bettofilia europea, e senza dubbio il più
importante show riconosciuto dall'IBC. Essere apprendisti
presso un concorso di tale importanza significa avere il
privilegio di giudicare pesci provenienti da numerose nazioni,
cresciuti e selezionati dai migliori allevatori di Europa e Asia.
questi potrebbe essere un vincitore e ha bisogno di essere
guardato con attenzione, ogni pesce deve avere una uguale
chance di partecipare ed eventualmente vincere il concorso.
Per le classi molto numerose abbiamo proceduto escludendo i
pesci che rispetto agli altri avevano difetti evidenti da
squalifica: problemi nel nuoto, estremi problemi di scaglie,
cecità, corpo malformato nei DT ecc. A questo punto abbiamo
scelto i pesci migliori e li abbiamo confrontati due a due, fino a
Il giudizio è stato organizzato dal "giudice principale" Joe
Becerra. Prima del giudizio I pesci sono stati controllati per quando non è stato chiaro quali fossero i vincitori e in che
salute e dimensione. Dopo aver squalificato i pesci malati o ordine. Raramente ci siamo trovati in disaccordo, molto spesso
la decisione è stata veloce e unanime. Una volta finito il
sottodimensionati,si è proceduto a controllare le classi,
giudizio, tutti i giudici e gli apprendisti si sono ritrovati assieme
cercando di suddividere le classi troppo numerose (come
per decidere i migliori pesci delle varietà e dello show. Di fronte
quella dei PK unicolor) seguendo una deroga che è stata
alla valutazione obiettiva di ogni pesce ogni giudice è costretto
concessa all'Area 2.
a considerare i pesci per ogni singola caratteristica nel minimo
Ad esempio i PK unicolor (una trentina di pesci in totale) sono dettaglio. Per questo penso che l'esperienza di giudice sia
stati suddivisi per colore in metallici e non metallici seguendo importante per migliorare le competenze di ogni allevatore e
hobbista.
i principi esistenti per gli HM, rendendo la
competizione più interessante.
Queste due attività hanno
richiesto un discreto lavoro e
sarebbe stato utile farlo il giorno
precedente il giudizio, ma come
spesso accade gli allevatori hanno
portato pesci fino all'ultimo minuto
e non è stato possibile.
In seguito I giudici si sono
suddivisi gli apprendisti e Alberto
ed io abbiamo seguito Claire
Pavia. Claire è un giudice
estremamente rigoroso con una
esperienza pluriennale.
Più volte è stata giudice principale
ai concorsi IBC e i sui
insegnamenti sono stati molto
preziosi.
In modo particolare ci ha
insegnato che ogni pesce deve
essere considerato con il massimo
rispetto, ognuno tra
9
/
Di Marco Marsili
Questo che state per leggere non è un articolo come gli altri
che ho scritto in passato per il bollettino AIB, e il perchè di
questo mi preme spiegarvelo subito.
In fin dei conti è anche abbastanza banale. L'articolo è
diverso...perchè il pesce è diverso!
Ora mi spiego meglio altrimenti mi prenderete per matto.
Stiamo sempre parlando di pesci, e sempre parlando di
labirintidi, ma quello che comporta allevare dei Channa non
si avvicina nemmeno lontanamente a quello che può voler
dire allevare ad esempio dei Betta pugnax, o Betta
unimaculata, o Betta schalleri o qualsiasi altro Betta vi passi
per la testa.
Per questo motivo vi anticipo che, prima di descrivervi la
specie in questione, e prima ancora di raccontarvi quello
che mi è accaduto con loro, procederò a elencarvi quanto
più sinteticamente possibile, quelli che secondo me sono i
punti chiave per un corretto allevamento di questi animali.
sottile, mangiano, si azzuffano, tengono a bada chi non gli
piace e manifestano il loro stato d'animo con una prepotenza
che farebbe impallidire anche i ciclidi centroamericani più
grandi. Tutta questa "ignoranza", unita ad un notevolissimo
istinto predatorio, coadiuvato anche dalla morfologia del corpo
che li aiuta a fendere l'acqua come se fossero dei proiettili, li
rende, purtroppo per loro, i classici pesci che, chi ha un pizzico
di sadismo di troppo e pochissima etica nell'allevamento dei
pesci d'acqua dolce, acquista il sabato pomeriggio, mette nel
50 litri insieme al pesce rosso e....mi fermo qua che è meglio.
Giunto a questo punto vi dico, anche per esperienza
personale, che allevare questi pesci nelle corrette condizioni,
appaga cento, mille, diecimila volte di più di vederli costretti in
vasche non idonee, alimentati in malo modo e senza un
minimo di nascondigli, ed è questo il tipo di allevamento a cui
intendo far riferimento quando parlo di Channa. Tutto il resto lo
lascio al sadismo degli youtubers.
MonsterFishKeepers? No grazie. Chi già conosce un pò
10
questi pesci, anche solo per anomea, e
contemporaneamente ha già avuto modo di parlare con me
riguardo a questo argomento, ha già capito dove voglio
andare a parare, ma per dovere di cronaca e per tutti gli altri
vado a spiegarmi con migliore chiarezza.
Purtroppo di grandi allevatori di Channa italiani non ho
notizie - e spero che sia una mia lacuna intediamoci bene quindi non posso portarvi come buon riferimento un
compatriota, ma grazie all'informatica ormai si riesce
abbastanza bene a comunicare anche all'estero e quindi a
capire, da chi conosce veramente questi pesci (per citarne
uno su tutti: Pascal Antler), come essi vanno trattati e
allevati.
La situazione "ground zero" è purtroppo davvero disastrosa,
soprattutto in contesti come il nostro (mi sto riferendo alla
situazione diffusa nello stivale, in AIB fortunatamente per noi
e per i nostri pesci abbiam sempre fatto le cose per bene) in
cui questi animali vengono comprati per vasche
sottodimensionate, ingrassati come delle salsicce e allevati
insieme ad altri "monsterfsh", godendo della caccia
domenicale al povero pesce rosso che viene sbranato in
pochi secondi.
Volendo infatti descrivere l'indole caratteristica di tutti gli
appartenenti alla famiglia Chnnidae anche a me
sinceramente mancano i termini, perchè - per quanto io
possa parlare - averne alcuni esemplari in vasca fa capire il
concetto meglio di milioni di parole...
Se proprio vogliamo provarci, possiamo dire che sono pesci
davvero "ignoranti" - termine inteso nella sua semantica più
dialettale -. Sono infatti animali che non badano tanto al
Alcuni si, altri no Non tutte le specie di Channa sono adatte
alla vita in acquario, e soprattutto non tutte sono adatte alla vita
in acquario domestico, ancora meno sono adatte alla vita in
acquario domestico allestito da chi non ha esperienza.
Ho sempre odiato dire cose del tipo: "alcuni possono, altri no",
in qualsiasi campo...purtroppo qua ho alcune ragioni che
ritengo valide per fare questo tipo di discorso, anche perchè le
conseguenze della scelleratezza di alcuni "acquariofili" è sotto
gli occhi di tutti, per cui anche qua vediamo di approfondire un
minimo la questione.
Come dicevo prima i Channa sono tutti predatori e alcuni si
sono specializzati più di altri nella cattura di prede di grandi
dimensioni, sviluppando anche una dentatura degna di un
piranha amazzonico e alcune specie possono anche arrecare
danni gravi all'essere umano incauto che mette le manine in
vasca senza le dovute protezioni. Ci vorrebbero ore ed ore per
discutere se è giusto commercializzare animali di questo tipo,
ma purtroppo non ho in questo momento il tempo necessario a
disposizione, e non mi sembra questa la sede opportuna.
Diciamo che rimando questo dibattito davanti ad una birra nei
prossimi ritrovi AIB con chi volesse partecipare
costruttivamente. Fatto sta comunque che alcuni animali di
questo genere non solo sono commercializzati, ma costano
meno di una decina di euro (la paghetta che mi dava nonna
quando la andavo a trovare) ed essendo per la maggior
parte in livrea giovanile - qui vi anticipo che per alcune
specie insolitamente essa è molto più sgargiante e colorata
rispetto alla livrea adulta - sono sicuramente appetiti dalla
clientela ignorante (qua invece inteso nella semantica più
corretta del termine, ovvero "che ignora, non sa").
da questo pesce, facendo scomparire tutte le altre specie che
vi si trovavano prima. La sconsideratezza tipica degli americani
ha già fatto nel "nuovo" continente dei danni davvero seri e per
combattere questo problema tra qualche anno arriverà la legge
che vieterà l'import di Channa in Europa.
Anche qua, commento del tutto personale, questo succede
perchè le persone non fanno le cose nel modo giusto, senza
nemmeno avere la decenza di informarsi prima di compiere un
acquisto, anche se questo è di una decina di euro scarsi.
..Va bene, va bene, mi fermo qua e rimando tutto davanti ad
un'altra birra.
Oltre a quanto detto finora, qualche furbo ha dato a questi
pesci dei nomi "sensazionalisti" tipo "pesce infernale", "il
killer dei fiumi", "channa killer" e così via, per invogliare i
sadici del paragrafo precedente. Noi ovviamente non
stiamo qua a parlare di "americanate", quindi non parliamo
del Channa che mozza le mani, ma parliamo di pesci
evolutisi in un determinato ambiente, che li ha portati ad
avere una dieta di un certo tipo, e a sviluppare una
determinata tecnica di caccia attraverso cui si alimentano.
Niente di più e niente di meno. Facendo i dovuti conti,
alcune specie non dovrebbero comunque essere allevate
da chi non ha una certa dimestichezza con pesci di grande
taglia, muscolatura esagerata e denti più o meno affilati.
Consiglio vivamente a questo punto di studiarvi tutte le
specie di Channa e, se proprio volete iniziare con loro,
iniziate da specie più mansuete, che almeno non nuocciano
nè voi nè a nessun altro.
Fate largo! Ok, siete arrivati fino a qua e non avete desistito, siete
Prendo spunto da quel "nè a nessun altro" per affrontare
l'ultimo tema di questo paragrafo, ovvero "occhio a cosa ne
fate una volta che vi siete stancati".
Intendiamoci, un allevamento consapevole non ammette
"mi sono stancato e lo do via", quindi questo non andrebbe
nemmeno contemplato, ma è inutile far finta di non vedere,
soprattutto in questo caso. La situazione tipo che NON
deve capitare è la seguente:
Carino il pesciolino rosso a strisce nere, lo compro e lo
metto nel 50 litri.
...passa un mese e non c'entra più...
Vabè, compro una vasca più grande
...passa un altro paio di mesi e non c'entra comunque più
Già a questo punto molti si pentono dell'acquisto e cercano
di "sbolognare" l'animale riportandolo al negozio, per il
quale è troppo grande e aggressivo, quindi invendibile, o a
qualche amico, allungando solo di poco la catena che porta
o alla morte dell'animale, o peggio....si avete letto
bene....PEGGIO, in alcuni casi, al rilascio dell'alligatore
formato ridotto in qualche canale di scolo vicino casa.
Questo, oltre che essere un reato, è la cosa
etologicamente, eticamente, ecologicamente più sbagliata
che si possa fare con animali di questo genere.
Se ci pensate un attimo si tratta di animali che vanno
immediatamente in testa alla catena alimentare del biotopo
nel quale sono inseriti, e sono talmente tanto adattabili che
solo il nostro freddo invernale riesce a stroncare il disastro
ambientale che possono comportare.
Per alcune specie, come il Channa argus (un simpatico
animaletto da un metro e mezzo), neanche l'inverno può
nulla - resistono anche a 1 0° sotto lo zero - e, se si
introduce una coppia in un bacino e questa ha la sfortuna di
accoppiarsi, allora addio biodiversità dello specchio
d'acqua.
Dopo qualche anno tutto il bacino sarebbe invaso
convinti che nella vostra fishroom ci debbano essere dei Channa.
Benissimo, ora la domanda è: "siete pronti per ospitarli?"
La risposta dettata dal "io voglio" è chiaramente affermativa, ma quello di
cui difficilmente si tiene conto, oltre alla già citata potenziale pericolosità
dell'animale sia in ambito ecologico che in ambito medico, è il fatto che
questi animali crescono...e anche molto velocemente.
Queste sono le trentaquattro specie di Channa descritte allo stato
dell'arte. Da questo elenco mancano le specie in via di descrizione, ad
esempio i Channa sp. "Assam" e quelle appena scoperte, che di giorno in
giorno vanno sempre più aumentando:
- Channa amphibeus
- Channa argus
- Channa asiatica
- Channa aurantimaculata
- Channa bankanensis
- Channa baramensis
- Channa barca
- Channa bleheri
- Channa burmanica
- Channa cyanospilos
- Channa gachua
- Channa harcourtbutleri
- Channa lucius
- Channa maculata
- Channa marulioides
- Channa marulius
- Channa melanopterus
- Channa micropeltes
- Channa nox
- Channa orientalis
Channa panaw
Channa pleurophthalma
Channa punctata
Channa stewartii
Channa striata
Ora, chiaramente non tutte queste specie sono di uguale difficoltà di
allevamento e molte di queste sono anche abbastanza semplici una volta
entrati nell'ottica giusta, essendo sia innocue per l'uomo, sia di origini
11
12
tropicali, quindi inadatte a diventare una specie alloctona del nostro
stivale, mentre invece altre sono assolutamente da evitare. Non ho
tempo e modo, nemmeno qua, di parlarvi di tutte queste specie
perchè mi dilungherei troppo e non ho neanche le competenze per
poterlo fare, poichè la mia esperienza si limita ad una sola specie. Ho
riscontrato comunque che in associazione qualcosa si sta muovendo
in tal senso e alcuni soci stanno facendo un buon lavoro con alcune
delle suddette specie, il che mi fa ben sperare per il futuro.
Come dicevo, ad ogni modo, tutte o quasi raggiungono dimensioni
ragguardevoli e, giusto per darvi un'indirizzata a grandissime linee,
per le specie più piccole - si parla comunque di circa una ventina di
centimetri per pesce -, si parte comunque da una vasca di 1 20 cm di
lato lungo, meglio ancora se 1 50.
In vasche come quella citata è possibile allevare una coppia ben
affiatata di Channa gachua TH03/02, o di Channa sp. "Assam", o di
Channa bleheri, ma su queste siamo davvero al limite e sicuramente
un 1 50 cm è da preferirsi.
E voi a questo punto direte: "beh dai...pensavo peggio"...e invece no.
Perchè come sempre avviene, o meglio dovrebbe avvenire, nel nostro
hobby, detenere un animale singolo, senza riprodurlo, equivale a
snaturare la sua stessa esistenza, visto che il pesce al contrario
dell'essere umano più evoluto ha un solo fine: continuare la sua
specie.
Arriviamo quindi ad uno degli aspetti più belli di questo hobby, che se
non tenuto bene in considerazione preventiva, può in questo caso
diventare un vero e proprio incubo, come è capitato a me e a qualche
altro mio amico acquariofilo. Il problema della riproduzione con i
Channa sono i numeri: 1 50 piccoli alla volta minuziosamente curati e
protetti dalla coppia genitrice fino a che non sono già quasi
indistruttibili, fa si che con solo due riproduzioni all'anno voi sarete
completamente sommersi da avannotti, che oltretutto crescono ad un
ritmo impressionante.
Questo non si traduce soltanto in una spesa non indifferente a cui
dovrete far fronte, ma anche ad uno spazio quasi illimitato che questi
pesci vi chiederanno, altrimenti saranno loro stessi a sbranare i fratelli
più piccoli e addirittura a cibarsi della loro prole diventata ormai troppo
grande per rimanere in vasca con i genitori.
A questo punto voi dovrete già avere bene in mente dove questi pesci
potranno trovare asilo, perchè poi all'atto pratico è difficile trovare 50
appassionati che prendano i pesci e allo stesso tempo assicurino loro
una vita degna di questo nome. Avendo ben presente quello che può
essere questo problema nel concreto, in AIB stiamo cercando di
portare avanti un discorso di collaborazione anche con associazioni
estere, cercando di formare appunto un ring di persone che possano
sì scambiarsi dei pesci, ma anche fornire asilo all'esubero di subadulti
che mi auguro avrete quando alleverete questi animali. Speriamo in
uno dei prossimi bollettini di darvi buone notizie in tal senso.
È finita qui quindi?
....nemmeno per sogno!
Manca la cosa più importante: la formazione della coppia. Già, perchè
se abbiamo detto che un esemplare singolo non va tenuto, è anche
vero che a parte rarissimi casi, i Channidae non sono assolutamente
pesci gregari, anzi, molto ma molto difficilmente accettano qualcuno al
di fuori della compagna/del compagno nel proprio territorio; quindi è
molto importante formare questo legame in tenera età, visto che da
adulti gli acquari domestici non basterebbero a garantire l'incolumità
di uno degli individui immessi contemporaneamente nella stessa
vasca.
A questo punto partiamo quindi dal presupposto che i Channa o si
acquistano a coppie, oppure si acquista un gruppo di giovanili. Nel
primo caso preparatevi a sborsare diversi eurini sonanti perchè
difficilmente qualcuno si priva dello spettacolo che offre una coppia di
Channa affiatata, nel secondo caso invece dovrete tenere conto che
dei sei, massimo otto esemplari che riceverete/acquisterete, soltanto
due rimarranno con voi, mentre per tutti gli altri dovrete trovare
un'altra sistemazione definitiva.
Oltre a questo c'è anche da pensare che prima di formare la coppia, i
pesci si daranno battaglia, a volte anche provocandosi ferite serie,
quindi è bene pensare anche a vasche di appoggio per gli esemplari
da isolare.
Un vascone grande per i piccoli in accrescimento e la futura coppia,
più almeno altre due "vaschette" (almeno 50 litri ognuna) di appoggio,
e mezza fishroom per i piccoli, oltre a numerosi contatti per piazzarli
ad altri appassionati.
Come vedete non è una passeggiata, come dicevo qualche riga
sopra, però quando si entra nell'ottica poi non è più così drammatico.
Voglio dire che sì sono specie che richiedono impegno, serietà e
sensibilità verso i pesci e l'ambiente, ma allo stesso tempo non sono
specie completamente fuori portata.
Ehm..mamma...ho dei grilli in cantina... L'alimentazione è di primaria
importanza con questi animali e non può non essere menzionata in un
contesto in cui si parla di corretto allevamento.
Partiamo da un presupposto: fosse per loro mangerebbero anche
l'acqua. Non è raro infatti trovare Channa morti per occlusione intestinale
provocata dall'ingerimento di ghiaino di piccole dimensioni o comunque
di pezzi di plastica o altro materiale trovato in giro per la vasca. Fin dalla
tenera età saranno sempre alla ricerca di cibo, e all'inizio è bene
soddisfare questa richiesta anche più volte al giorno, ma con il passare
del tempo la somministrazione del cibo va diradata, arrivando anche in
alcuni casi ad una sola volta alla settimana, bilanciando bene le calorie,
dato che è facile spappolare il fegato di questi animali con una
alimentazione errata/troppo carente/troppo grassa, o addirittura
sterilizzarli del tutto.
A seconda della specie, ci saranno alimenti più o meno indicati.
Sicuramente da evitare, vedi primo paragrafo, sono i pranzetti a base di
vivo conditi con sadismo e ignoranza - lo so, mi sto ripetendo, ma è un
punto importante-.
Se avete a che fare con le specie più piccole potete pensare ad una
coltura di lombrichi di terra magari allestendo ad hoc un piccolo compost
in cui mettere bucce di frutta, e qualche scarto del pasto del giorno per
alimentare i lombrichi, che poi alimentareanno a loro volta i Channa.
Come da titolo del paragrafo, ottimi sono anche i grilli, anche se più
difficili da allevare e sicuramente più scomodi per i
genitori/coinquilini/compagni/compagne/mariti/mogli/figli/chipiùnehapiùne
metta.
Infine, come sempre accade in quest'hobby riguardo l'alimentazione, più
si varia, meglio è.
Come un cane
Ultima raccomandazione:
Allestire una vasca per una coppia di Channa è un impegno davvero
tosto, perchè, che lo vogliate o no, questi animali vivono una media di 1 0
anni - arriviamo anche a 40(!) per le specie più grandi -.
Essi hanno una possessività legata al loro ambiente che mai gli
consentirà di lasciare la loro casa senza conseguenze (la più facile è lo
scioglimento della coppia e potete facilmente intuire che cosa significhi),
quindi a conti fatti è come se vi prendeste un cane, o un gatto, o un
qualunque animale domestico che non vedete come "tanto tra un anno
muore, mi compro qualcos'altro", per cui, mi raccomando, quando li
acquistate siate consapevoli di cosa state facendo.
Siete arrivati incolumi fino a qua e volete comunque saperne di più?
Sicuri sicuri?
Allora proseguiamo con la parte prelibata dell'articolo.
Di chi stiamo parlando? Come da titolo dell'articolo la specie di cui vi
parlerò è il Channa gachua.
Questa specie è quella - stando a quanto ne so io al momento in cui
scrivo l'articolo - che comprende il maggior numero di popolazioni
ritrovate e descritte.
Si tratta sempre e comunque di Channa dalle dimensioni relativamente
ridotte, dato che siamo sull'ordine dei 20, massimo 30 cm, a seconda
della popolazione a cui si fa riferimento.
Io ho avuto la fortuna di allevare dei Channa gachua con label di
riferimento TH03/02, ed è di questi che vi parlerò e a cui mi riferirò nel
Innanzitutto vediamo di analizzare bene la label di cui vi ho parlato
prima:
Partiamo dalle cose facili, lo 02 finale indica l'anno di cattura del
ceppo da cui derivano i pesci, ovvero il 2002. Per quanto riguarda
invece la parte restante della label ho sentito pareri discordanti. C'è
chi dice che quel TH sta per Thailand e il suffisso 03 ne indica in
qualche modo una location di pesca precisa, c'è invece chi intende
tutta la stringa TH03 come identificativo della location in cui sono stati
ritrovati e pescati i primi pesci di questa specie.
Se avrete un pò di pazienza appena ne saprò di più vi farò sapere
tramite il nostro forum AIB. Sta di fatto che quando ci riferiamo a
questi pesci è sempre bene non omettere niente, nemmeno l'anno di
pesca. Quindi nel momento in cui avrete a che fare con loro non
scordatevi che non sono Channa gachua qualsiasi, ma Channa
gachua TH03/02
Come sono fatti? Vediamo ora di descrivere la morfologia e il pattern
di questi splendidi animali.
Partiamo dal principio, ovvero dal primo stadio larvale, per poi man
mano "seguire" i vari stadi di sviluppo fino alla livrea adulta.
Gli avannotti di questa specie presentano un colore nero uniforme e
per le primissime settimane rimarranno tali, frugando ovunque in cerca
di cibo sotto gli occhi vigili del padre.
Man mano che prendono confidenza con il mondo esterno e prendono
i primi centimetri la livrea cambia radicalmente passando da un pattern
completamente nero ad un molto meno anonimo giallo paglierino con
una linea longitudinale che copre tutto il corpo, dal peduncolo caudale
fino all'occhio.
Da qui in poi iniziano ad accettare mangime anche più grande rispetto
ai soli naupli d'artemia, e dopo circa due/tre settimane si passa
all'ultimo stadio giovanile, ovvero un colore marroncino su tutto il
corpo, abbandonando anche la striscia nera di cui sopra.
A questo punto il pesce è completamente formato, sempre più
indipendente e, man mano che passano i giorni, tende sempre più
verso quello che sarà il suo aspetto definitivo, ovvero un pesce di
lunghezza massima intorno ai 25 cm, con il corpo affusolato, a forma
di missile, che gli permette anche grazie alla notevolissima
muscolatura presente lungo tutto il corpo e a supporto delle pinne
pettorali, di raggiungere le prede in pochi istanti, nonchè di eseguire
notevolissimi balzi al di fuori dell'acqua. Il corpo, come potete notare
dalle foto sparse in questo articolo, è di colore nero pece, soprattutto
quando il pesce è nel pieno della sua forma, mentre tende come in
molte altre specie a schiarirsi se sottoposto a stress, mostrando anche
a volte dei retaggi del marroncino della livrea giovanile, accompagnato
da alcune bande verticali lungo tutto il corpo.
A questo nero pece però sono abbinati dei tocchi di colore molto
intensi, presenti sulla bordatura di alcune delle pinne. Le ventrali, che
in questa specie sono di dimensione ridotta, presentano una bordatura
bianco latte, la caudale una bordatura più accentuata di colore
arancione e la dorsale - la più bella secondo me - è di colore azzurro
con il bordo arancio. Nell'insieme il pesce è di una armonia fuori dal
comune, che già solo per la sola estetica merita un posto nelle vostre
vasche. Un vero gioiello.
Il dimorfismo sessuale e soprattutto le varie teorie che sono state fatte
a riguardo mi hanno sempre lasciato un pò scettico. C'è infatti chi
sostiene che si possa capire il sesso di esemplari adulti solamente
guardando i primi raggi della pinna dorsale. C'è invece chi pensa che
la differenza sia data dallo spessore del bordo arancione, sempre
riferito alla dorsale. Personalmente ritengo che il modo migliore per
stabilire il sesso dei Channa sia quello di prendere dei subadulti, far
formare la coppia, e a quel punto una volta formata, dalle prima
riproduzioni, si capisce qual'è è il maschio osservando chi si prende
cura dei piccoli. Questo sicuramente è un metodo "vecchia scuola",
ma ritengo sia davvero quello che non lascia spazio a dubbi di ogni
sorta, anche perchè come ho detto all'inizio di questo articolo prendere
un maschio e una femmina adulti e metterli nella stessa vasca equivale
alla morte di uno dei due esemplari (quasi sempre la femmina), per cui
diciamo che non è così rilevante capire il sesso a priori.
Per quanto mi riguarda posso dire che dalla mia esperienza personale la
femmina differisce dal maschio per le dimensioni più ridotte e per la
presenza della bordatura arancio della dorsale molto più sottile.
Chiaramente però non posso fare della mia esperienza la regola, per cui
aspetto anche il parere di altri allevatori. Pero ora comunque per dovere
di cronaca mi sembra giusto riportare anche le mie osservazioni.
Come allevarli
Dopo questa presentazione veniamo al dunque, ovvero come allevare
una coppia di esemplari di questa specie.
La vasca come già detto va dimensionata per eccesso, anche se
all'inizio avrete a che fare con un gruppetto di pesciolini di pochi
centimetri.
Diciamo che il minimo sindacale è 1 20 cm di lato lungo, ma molto
meglio se questi 1 20 diventano 1 50, soprattutto se avrete a che fare con
degli esemplari più turbolenti del normale.
Già, perchè stando a quanto dice la letteratura in merito - pochissima
per la verità -, questa dovrebbe essere una delle specie più mansuete,
mentre la mia esperienza personale racconta tutt'altro, indi per cui vale
la solita regola valida per quasi tutti gli altri labirintidi...ovvero che la
regola la fa il singolo esemplare, non la specie.
1 20 centimetri dunque. Vediamo come allestirli.
Innanzitutto partendo dal basso, suggerirei senza ombra di dubbio del
ghiaino di granulometria grossolana, ma rigorosamente scuro. Questi
sono pesci schivi che per la maggior parte del tempo stanno bene se
riparati da occhi indiscreti, senza protagonismi di alcun tipo, quindi un
ambiente troppo luminoso a lungo andare rischia di farli diventare troppo
irrequieti e di turbare l'equilibrio della coppia.
Una volta posato il gravelit piantate un pratino di Riccia che si estende
per tutta la superficie del fondo...e poi una volta immessi i pesci state a
guardare l'apocalisse vegetale.
Ovviamente sto scherzando, ma era per farvi capire che le piante con
questi pesci hanno vita dura. Non perchè siano vegetariani e quindi
mangino le foglie, ma perchè se queste non sono ben ancorate al
substrato verranno inevitabilmente sradicate e le troverete galleggianti in
pochissime ore.
C'è poco da fare...per quanto voi creerete un layout che vi appaghi, se
questo non aggrada i Channa state pur certi che quando diventati adulti
ci penseranno loro ad arredare per benino la loro casa. Io opterei a
questo proposito per delle piante epifite da legare sui tronchi o
comunque su altri appigli presenti in vasca, lasciando il fondo
praticamente nudo, a meno di non avere delle piante radicate da tempo
e quindi ben ancorate. Per le epifite la scelta è ampia, potete spaziare
dalle varie Microsorium, ai muschi, alle Anubias, per finire sempre e
comunque con il sempre amato Ceratophyllum.
13
In riferimento a quanto detto prima in merito alla luce che va in
qualche modo schermata, sicuramente fanno un ottimo lavoro anche
le galleggianti, come la Pistia, Salvinia, Lemna ed Eichornia, anche se
per quest'ultima è necessaria forse troppa luce di quanta ne
gradiscano i Channa. Comunque sta a voi arredare al meglio la vasca
con la combinazione che preferite tra le piante che ho nominato.
Lasciate assolutamente perdere fertilizzanti in colonna ( ovviamente
anche quelli sul fondo, visto che abbiamo detto di lasciarlo nudo con il
solo ghiaino scuro) e/o fertilizzazioni con co2. Sono assolutamente
superflui visto che i pesci produrranno così tanto azoto da essere
sufficiente a concimare una foresta e ben presto vedrete le vostre
piante esplodere, con grande gioia vostra e dei pesci, che avranno
sempre più posti in cui nascondersi e trovare pace e/o rifugio in ogni
momento della giornata.
I rifugi, appunto, sono essenziali per la vita "coniugale" dei Channa,
perchè può benissimo capitare anche a loro di avere delle "crisi di
coppia" e potrete vedere il maschio rincorrere la femmina o viceversa
(anche se molto meno probabile). In fase di allestimento dunque, è
bene prevedere già dall'inizio alcuni schermi e alcune tane per il
malcapitato di turno, che deve avere sempre la possibilità di rifugiarsi
nel suo antro preferito. Vista la morfologia dell'animale dei grossi tubi
in pvc posati sul fondo possono andare benissimo, così come dei vasi
di terracotta messi in orizzontale, oppure delle vere e proprie cataste
di legna con cui arredare la vasca.
Della luce non parliamo nemmeno in quanto potete sbizzarrirvi come
vi pare, qualsiasi gradazione kelvin sarà ben accetta, ma occhio che
se andate troppo in alto rischiate una vasca piena di alghe con tutto
quell'azoto che i pesci produrranno. L'importante è che la luce non sia
troppo forte.
Bene...abbiamo detto del fondo, delle piante, dei legni, dei nascondigli,
abbiamo detto due parole sulla luce...abbiamo detto tutto...
E invece no!!!
Manca la cosa più importante, ovvero il coperchio! Le principali cause
di morte di questi animali sono due: o si ammazzano a vicenda,
oppure vengono ritrovati sul pavimento. Sono saltatori eccellenti e
riescono a calcolare benissimo l'angolazione di salto per passare dal
più piccolo spiraglio. Quindi mi raccomando coprite molto bene la
vasca e assicuratevi che il coperchio sia ben saldo. Infatti è anche
possibile che questi animali cerchino la via di fuga colpendo loro stessi
il coperchio, eseguendo dei salti a tutta velocità, e a quel punto se
riescono ad aprire la vasca potete anche invitarli a sedersi a tavola
con voi per pranzo.
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Parliamo adesso della tecnica associata alla vasca, ovvero a che tipo
di filtro associargli e come mantenere la giusta temperatura.
I Channa gachua TH03/02, come tutti gli altri Channa, sono pesci che
amano la tranquillità, e pertanto non gradiscono una forte corrente.
Per esperienza personale vi posso dire che non gradiscono nemmeno
il rumore provocato dalle bolle del filtro ad aria, per cui la migliore
soluzione, secondo il mio modestissimo parere, è un filtro ad Amburgo
con una pompa tarata sui l/h corretti in relazione alle dimensioni della
vasca (a riguardo in rete trovate numerosi articoli, anche se purtroppo
pochi in lingua italiana). Anche con questo tipo di filtro, però, la
corrente in vasca deve essere molto lieve, e con tutte le deiezioni dei
pesci, inizialmente potrebbe non essere sufficiente a smaltire tutto
l'azoto prodotto. Per questo motivo è bene inserire molte piante fin
dall'inizio così da aiutare il filtro anche in questo senso.
Capitolo temperatura
Sono pesci tropicali, per cui è bene non andare sotto i 20°, ma in ogni
caso è un bene sia per loro, ma anche per voi, che essi sentano lo
sbalzo di temperatura stagionale, passando dai 20/22° invernali, agli
inevitabili - a meno di sistemi di refrigerazione assolutamente fuori
mercato - 30° estivi, comunque ben sopportati.
Ho scritto che è un bene anche per voi perchè con lo sbalzo termico
tenete a freno quelli che sono gli istinti riproduttivi di questa specie e i
conseguenti problemi di sovraffollamento di avannotti e subadulti di cui
abbiamo parlato nella parte iniziale di questo articolo.
Due parole di numero infine sulla chimica dell'acqua.
Sono animali talmente tanto adattabili e resistenti che non si fanno
troppi problemi se avete un grado in più o in meno di gh, nè un decimo
in più o in meno di ph. L'importante è rimanere su valori medi e
soprattutto stabili, quindi un ph intorno al 7 e una conducibilità
compresa tra 250 e 350 microsiemens.
Per quanto riguarda invece i cambi d'acqua, se potete, in relazione
ovviamente alla qualità di quest'ultima, fateli il meno possibile, perchè
già solo il tubo che entra per il cambio e il conseguente, anche se
minimo, cambiamento dell'acqua a seguito di questo, potrebbe
destabilizzare l'armonia della coppia o l'umore di uno dei due animali.
Anche in questo caso ovviamente una ricca piantumazione ci viene
d'aiuto, smaltendo no3 e po4 in eccesso, consentendoci di arrivare
anche ad un solo cambio d'acqua del 30% al mese.
Ultimissima considerazione: il posizionamento della vasca.
Come ho già detto sono pesci schivi, che stanno bene quando viene loro
permesso di farsi i fatti propri e non vengono disturbati troppo. Per
questo motivo è bene evitare le stanze in cui c'è troppo chiasso o con un
viavai di persone continuo, e soprattutto evitare accuratamente di
mettere la vasca in un posto in cui bambini o animali vari vadano in
continuazione a curiosare e/o a battere sui vetri.
Alimentazione
Qua mi viene quasi da ridere...sono praticamente delle fogne, e come
detto potrebbero anche mangiarsi il gravelit troppo piccolo,
scambiandolo per granulare.
Questo aspetto, che solitamente è tanto trascurato vista la grande
disponibilità di cibo secco e in granuli che c'è per tutti gli altri pesci,
diventa centrale per l'allevamento dei Channa.
Ho già dato qualche cenno in uno dei paragrafi introduttivi, quindi non
sto a ripetermi.
Per questa determinata specie è importante non esagerare con i grassi,
evitare il più possibile il granulare, evitare completamente il fioccato e
bilanciare al meglio la dieta settimanale introducendo anche dei periodi
di digiuno.
Andiamo a vedere nel dettaglio come alimentarli, anche qua partendo
dalle prime fasi di vita fino ad arrivare all'età adulta
Appena nati e fino a che non diventeranno adulti, sono pesci che hanno
una sola idea quando si svegliano la mattina, e hanno una sola idea
quando vanno a dormire la sera: mangiare.
Hanno un metabolismo che va più veloce di Rossi sulla Yamaha e
bruciano in pochissimo tempo tutto quello che hanno mangiato. Appena
escono dalla bocca del padre (piccola anticipazione(!)) sono già in grado
di mangiare naupli d'artemia e qualsiasi altra cosa che abbia le stesse
dimensioni o anche più piccola, quindi anche piccole dafnie e moine
volendo sono ben accette.
Man mano che crescono, già dopo la fase in cui presentano la livrea
giallo paglierino, iniziano a mangiare il surgelato, e questo qua è il punto
in cui li vedrete crescere di qualche millimetro al giorno e ben presto vi
renderete conto di quanto sia difficile gestire un così gran numero di
avannotti.
Sempre nello stesso periodo iniziano i primi episodi (non rari purtroppo)
di cannibalismo. Infatti come per molti altri pesci che presentano un gran
numero di avannotti la crescita di questi ultimi non è uniforme, e potreste
trovarvi ad avere il più grande lungo più del doppio del più piccolo. A
quel punto basta che quest'ultimo sia abbastanza minuto da entrare
nella bocca del primo e il gioco è fatto.
Questi episodi andrebbero evitati non solo per un discorso etico - in
natura è vero che accade, ma in natura il tutto è affidato al caso, che per
forza di cose tra 5 vetri si trasforma in certezza - ma anche da un punto
di vista di salute dell'animale. Infatti mangiarsi un fratello potrebbe
portare alla morte del pesce, viste comunque le dimensioni troppo
grandi del pasto.
Quando i pesci sono arrivati ad una dimensione media di 1 2/1 5 cm è
bene diradare il numero dei pasti e la quantità di cibo associata a
ciscuno di essi. I pesci sono ormai troppo grandi per mangiare soltanto
surgelato ed è ora che si passi alla parte più difficile dell'allevamento.
Il cibo secco in questo caso non aiuta troppo, infatti può costituire uno
dei due, massimo tre, pasti settimanali, ma sicuramente i pesci vi
ringrazieranno se deciderete di riporre il barattolo nello scaffale delle
cose scadute.
Da questo momento in poi è il vivo la vera arma segreta per allevare
questi pesci. Il problema però è che il vivo "classico" è comunque
troppo piccolo, per cui non possiamo fare affidamento per esempio sui
classici bloodworms, tubifex, chironomus e via dicendo...dobbiamo
pensare a qualcosa che sia allo stesso tempo poco grasso e di grandi
dimensioni.
Fanno al caso nostro i vermi di terra, che sono ricchi di calcio, e i grilli.
Chiaramente come detto non è il sogno di ogni convivente vedere che
voi allevate grilli che friniscono ad ogni minuto uccidendo il sacro
silenzio che c'era prima del loro arrivo, nè vedere che il vostro hobby
preferito vi fa tenere le mani in un compost pieno di lombrichi.
Sta a voi a questo punto decidere se fare il grande passo o meno, ma
sappiate che senza cibo vivo è meglio che i Channa ve li scordiate,
fino a che non sarete in grado di provvedere ad una giusta
alimentazione per questi pesci. Le alternative possono anche esserci,
per carità, ad esempio potete andare a salvarvi in corner con dei
gamberetti o delle vongole scongelati...ma questo a lungo andare
provoca dei deficit nell'animale che potrebbero anche essergli fatali.
Evitiamo assolutamente camole del miele e solo saltuariamente
somministriamo camole della farina.
Quindi mi raccomando: vivo e non troppo, nè troppo grasso!
Riproduzione
Sicuramente il punto più amato di ogni acquariofilo che si rispetti.
Anche qua non sto a ripetermi sulle problematiche riguardo il
sovraffollamento con cui vi ho già abbondantemente annoiato, per cui
descriverò soltanto la strategia riproduttiva di questi pesci.
Dopo qualche mese che state allevando sei esemplari di Channa
gachua TH03/02 nella vostra bella vasca arredata di tutto punto vi
accorgerete un bel giorno che qualcosa è cambiato: quattro esemplari
sono rintanati in un angolo tutti scoloriti mentre altri due spadroneggiano
per tutta la vasca.
Se vedete le brutte, per i poveri quattro superstiti è decisamente arrivato
il momento di togliere le tende e cambiare vasca, altrimenti se questa è
allestita bene e vedete che la situaione è tutto sommato tollerabile,
potete lasciare lì gli esemplari rimasti ancora per qualche giorno/ora, in
modo che la coppia appena formatasi si affiati sempre di più.
Chiaramente questi sono momenti delicati, per cui è quasi impossibile
dare delle linee guida...dovete essere bravi voi ad interpretare il
comportamento dei pesci e accorgervi che qualcosa potrebbe andare
storto. A quel punto ovviamente, come detto, correte subito ai ripari
utilizzando le altre vasche di appoggio di cui abbiamo già parlato.
Siamo quindi arrivati al punto di avere una coppia. Bene...adesso tutto
quello che ci rimane è aspettare, perchè sicuramente i due esemplari,
soprattutto in giovane età, non tarderanno a riprodursi. Si tratta di una
specie di incubatore orale paterno, in cui le uova, dopo che sono state
espulse dalla femmina e fecondate dal maschio nel classico abbraccio
tipico dei labirintidi, che avviene come al solito a pelo d'acqua, vengono
trattenute in bocca da quest'ultimo dai 3 ai 5 giorni, periodo in cui le
uova si schiudono e le larve iniziano ad assorbire il sacco vitellino per
prepararsi al nuoto libero.
Durante il periodo della cova il maschio resta quasi immobile a pelo
d'acqua ruminando le uova in continuazione, probabilmente per
ossigenarle al meglio, mentre la femmina diventa un vero e proprio killer
spietato. Se a questo punto ci fossero ancora dei compagni di vasca, è
decisamente il momento di provvedere alla loro salvaguardia. È la
femmina infatti che si occupa di difendere il territorio al centro del quale
si trova il maschio intento a covare le preziose uova. Una curiosità
interessante che non ho avuto modo di verificare: si dice che la femmina
possa produrre quelle che vengono chiamate "feeding eggs" ovvero
delle uova non fecondate, che hanno il fine di nutrire il maschio nel
periodo di cova e quindi di digiuno ad essa associato. Qust'ultimo infatti
sarebbe capace di distinguere le "feeding eggs" dalle uova che invece
sono state fecondate, riuscendo in qualche modo a nutrirsi
selettivamente soltanto delle prime.
Sempre tramite feeding eggs la femmina aiuterebbe i piccoli nei primi
giorni di nuoto in cui come detto il fabbisogno nutrizionale è al massimo.
Ripeto, non ho potuto verificare questa cosa, ma mi sembra una
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curiosità interessante da riportare.
Eravamo rimasti al maschio che incubava. Bene, dopo 5 giorni se
tutto è andato bene sputerà le larve che finiranno di assorbire il sacco
vitellino. Da questo momento in poi la femmina, così come nessun
altro essere vivente, purtroppo non verrà più tollerata nel terrotorio del
maschio e dei piccoli, per cui è bene stare molto attenti e qui
diventano essenziali i rifugi di cui abbiamo parlato in precedenza.
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La mia esperienza A conclusione di questo articolo, come è mia
consuetudine fare, volevo raccontarvi la mia esperienza di
allevamento, così da farvi vedere gli errori fatti (e qua ce ne sono stati
tanti) e gli accorgimenti presi, in modo da darvi davvero un 360°
completo su questa specie.
Era un pomerigio di Settembre 201 0 quando un ragazzo tedesco si
impegnava a rinchiudere in contenitori per yogurt con il tappo forato e
poca acqua quelli che sarebbero diventati i primi esemplari di Channa
gachua TH03/02 arrivati in Italia.
A quel tempo ancora non sapevo assolutamente che cosa fosse un
Channa e ho sentito tutta la storia che sto per raccontarvi da un mio
amico che mi ha poi ceduto i suoi esemplari in esubero. In sostanza
lui e un altro noto acquariofilo Italiano si erano messi d'accordo con un
socio IGL, tramite il loro forum, per far arrivare i Channa in Italia. Oltre
al modo del tutto singolare con cui questi pesci sono stati trasportati
dalla Germania fino al nostro paese c'è anche da dire che fu una vera
e propria combinazione di coincidenze fortuite secondo le quali un
amico del socio tedesco faceva car sharing fino a Bolzano, se non
ricordo male, o comunque una città a nord del nostro stivale, e da lì
ancora tramite car sharing i vasetti di yogurt contenenti i Channa sono
arrivati a destinazione.
Passate le prime settimane di ambientamento nelle vasche al nord, i
pesci stavano benone e il mio amico si fece diverse centinaia di
chilometri per andarli a prendere di persona. Fatto sta che agli inizi
dell'inverno del 2011 sei esemplari di Channa gachua TH03/02
nuotavano a pochi minuti di macchina da casa mia. Inutile dire che la
curiosità era tanta e feci nel corso dei mesi più di una visita al mio
amico rimanendo sempre più affascinato da quei pesci dalla strana
forma e dal comportamento così particolare.
Sembravano infatti crescere ad un ritmo impressionante, complice
anche il fatto che io li vedevo a distanza di qualche giorno di volta in
volta, e man mano che il tempo passava diventavano sempre più
aggressivi ed intolleranti gli uni con gli altri.
Non ci volle poi molto perchè mi offrissi di ospitare i quattro eventuali
rimasti dalla formazione della coppia nelle mie vasche, e fu così che
dopo qualche altro mese, agli inizi di giugno 2011 si formò la prima
coppia, con il maschio che come previsto mandò all'aria le prime
covate e la femmina che intanto scacciava gli altri quattro con sempre
più decisione.
A quel punto, se avessi avuto una vasca subito disponibile li avrei
presi in un battibaleno, ma la sfortuna volle che soltanto pochi giorni
prima avevo iniziato una ristrutturazione nella fishroom e stavo
passando tutto in uno stanzino di casa mia, per la gioia di mia madre
che non vedeva l'ora di veder sparire tutte le mie cianfrusaglie da ogni
angolo della casa. Il problema però fu che la ditta a cui avevo ordinato
la scaffalatura per mettere le vasche ritardò la consegna, e mi lasciò
quindi "a piedi" per diverse settimane.
Nel frattempo la situazione nella fishroom del mio amico era diventata
davvero insostenibile, la coppia era ormai affiatata più che mai, e gli
altri non avevano scampo, faticando anche solo per arrivare a cibarsi
durante la somministrazione dei pasti.
A questo punto, come si dice...a mali estremi, estremi rimedi.
Avevamo da poco comprato sia io che lui delle vasche nuove di
zecca, e proprio una di queste era poggiata in terra, nella cantina che
lui adibiva quel tempo a fishroom. Abbiamo riempito la vasca (era se
non ricordo male un 90x45 cm di base con 45 cm di altezza) con pochi
cm d'acqua, lasciando il fondo nudo, senza praticamente arredi, fatta
eccezione per qualche grosso tubo di pvc e qualche legno. Poi
abbiamo richiuso la vasca originariamente senza coperchio, con un
cartone, e messo sopra ad esso, come peso per fissare bene la
copertura, una vecchia sedia di legno.
Come potete vedere non si tratta di acquariofilia...ma di pura
improvvisazione. E questo già vi fa capire quanto sia importante
PREVENIRE certi tipi di situazioni, essendo preparati a cosa si va
incontro, cosa che nè io nè il mio amico eravamo.
In quella vasca i quattro pesci dovevano passarci soltanto qualche
giorno, e invece ci passarono quasi un mese, perchè la struttura
proprio non voleva saperne di arrivare. In quella vasca, senza luce
diretta, senza arredi, senza cure, i pesci venivano alimentati a giorni
alterni con dei latterini e qualche lombrico, ma non presentavano segni
di malessere. Ancora mi ricordo che per controllarli ci stendevamo sul
pavimento umido della cantina cercando di vedere ogni piccola
imperfezione nelle scaglie, pinne e comportamento...preoccupatissimi
che qualcosa potesse andare storto.
Un bel giorno giunse la telefonata tanto attesa: la scaffalatura era
arrivata e potevo andare a ritirarla.
La sera stessa andai dal mio amico a comunicargli il lieto evento.
Notavo con piacere che la loro coppia stava portando avanti la covata e
che i piccoli erano già belli cresciuti. A quel punto, e mi emoziono ancora
un pò a ricordarlo tanto che mi viene quasi da ridere mentre lo scrivo,
alzammo il cartone che faceva da coperchio alla vasca in terra. Quello
che vedemmo fu un angolo "nero" con uno degli esemplari immobile a
pelo d'acqua, un altro esemplare più piccolo che pattugliava la zona
circostante, e altri due che se la passavano poco bene, rintanati
nell'angolo opposto della vasca.
Non riporto per pudore le esclamazioni che ne sono seguite, fatto sta
che osservando meglio capimmo effettivamente che quanto visto non
era un sogno: si era formata un'altra coppia e si erano riprodotti in quella
vasca.
Quello che c'è di eccezionale è la forza di adattamento di questi animali
che in condizioni apparentemente estreme hanno ben pensato di
continuare la specie.
Ancora ricordo che una volta sparita l'euforia iniziale, ci fu un attimo di
gioia incondizionata, seguito però ad uno di sgomento. Infatti a quel
punto le vasche di appoggio erano finite e non avrebbe avuto più senso
per me prendere tutti e quattro gli esemplari. Ci accordammo quindi sul
fatto che avrei preso io la nuova coppia, lasciando al mio amico gli ultimi
due esemplari rimasti spaiati, il prima possibile.
Si trattava di 24 ore per allestire la mia vasca e farla partire con un filtro
già maturo, roba da poco, ma purtroppo non fu sufficiente. La femmina
uccise uno dei due esemplari di troppo e ne ridusse uno in fin di vita,
che fortunatamente fu spostato dal mio amico in tempo in un'altra
"bacinella di fortuna".
A quel punto, non essendoci più nessuna fretta abbiamo deciso di
lasciare i piccoli con i genitori fino a che non fossero svezzati
abbastanza da sopportare il cambio vasca e ad Agosto 2011 arrivarono
tutti a casa mia. Mamma, papà e una cinquantina di piccoli.
Il cambio vasca non fu indolore, e qualche piccolo esemplare non fu più
riconosciuto come figlio, venendo cannibalizzato. Per cui qua
sicuramente abbiamo fatto un altro errore, ovvero una volta che la
coppia è formata, mai cambiare la vasca. In assoluto mai.
Nel corso delle settimane i piccoli rimasti sono cresciuti bene ma mi
sono trovato poi impreparato nel piazzare i pesci, andando addirittura a
regalare i subadulti che non sapevo dove mettere.
Oltretutto mi accorsi quasi subito che la vasca non era abbastanza
piantumata e non correttamente allestita. Avevo infatti posto tre vasi di
terracotta su un gravelit troppo piccolo di colore nero e avevo piantato
degli steli di Egeria qua e là, lasciando a della Pistia e Lemna il compito
di copertura superificiale.
Davvero poca roba per un maschio che nel corso del tempo quasi
divenne grande il doppio della femmina, che non trovava abbastanza
ripari. Inserii quindi ulteriori legni, a creare uno spesso schermo visivo, e
dei rametti di Ceratophyllum che diventò ben presto una foresta.
Dell'Egeria invece dopo qualche giorno non ci fu più traccia.
Sfortunatamente questo non bastò a calmare gli animi e la coppia
dopo aver provato un altro paio di volte la riproduzione, senza
successo, scoppiò definitivamente. Il maschio uccise la femmina agli
inizi del 201 2, dopo una convivenza molto travagliata. Ancora oggi lui
nuota nelle mie vasche e spero mi tenga compagnia ancora molti anni
a ricordarmi tutti gli sbagli fatti. Il dispiacere più grande è quello di
sapere di non poter più offrirgli una compagna, essendo lui troppo
grande e aggressivo per una qualsiasi convivenza.
Purtroppo la cultura associata a questi pesci è davvero poca,
soprattutto qua da noi, e ho potuto constatarlo con i miei occhi, visti gli
errori che ho commesso io in primis e poi in cascata anche molti altri,
tanto che ad oggi, anche se all'inizio eravamo sommersi di avannotti,
di Channa TH03/02 in Italia non mi risulta ce ne siano più, fatta
eccezione per una coppia formatasi da un gruppo di subadulti che ho
donato io in occasione dell'AcquaBeach 2011 ad un socio AIB che
ringrazio e saluto ancora di cuore.
Arrivato a questo punto spero di avervi incuriosito nel modo giusto,
ovvero di avervi fatto porre delle domande riguardo a questi pesci che
sicuramente valgono la pena di essere allevati. Ovviamente però
bisogna saperci fare ed essere pronti ad ogni evenienza. Speriamo di
fare un buon lavoro con questi animali in associazione andando sempre
più a migliorare quella che è la conoscenza e il corretto allevamento che
gravita intorno ad essi.
Con questo vi saluto e vi do appuntamento al prossimo bollettino.
Marco
di Roberto Silverii
Questa varietà, che rappresenta la versione a pinne corte del più
celebre Halfmoon, è una selezione molto recente, che ha fatto la sua
comparsa per le prime volte tre o quattro anni fa. Solo dall’anno scorso
però siamo riusciti ad osservare alcuni esemplari nei concorsi IBC o
Bettas4all (dove la definizione esatta è quella di symmetrical plakat) in
Europa.
FORMA
La differenza principale rispetto agli show plakat (vedi Bettazine n°5 Novembre 201 2) è nella forma e nella lunghezza delle pinne ventrali e
anale.
La pinna anale deve avere una forma rettangolare (e non trapezoidale)
e non deve terminare a punta posteriormente, quindi gli ultimi raggi
devono avere la stessa lunghezza degli altri raggi della pinna anale. E’
fondamentale anche che i raggi della pinna caudale siano della stessa
lunghezza (o sia presente uno scarto massimo di 2mm) di quelli della
caudale e della dorsale, così che il Betta si possa inscrivere
idealmente in un ellisse (e non in un cerchio come nel caso degli
Halfmoon). La pinna dorsale può essere più o meno estesa verso la
testa ma è fondamentale che sia in armonia con la caudale e non più
alta o più bassa.
Come anche negli Show Plakat, la pinna caudale deve avere la forma
di un semi cerchio (o D), con gli angoli netti e non arrotondati e la
lunghezza non deve essere maggiore ad 1 /3 del corpo. Gli esemplari
con caratteristiche OverHalfmoon, ovvero con una apertura della
caudale maggiore di 1 80° non sono privilegiati rispetto a quelli con una
apertura di 1 80°.
La ramificazione deve essere almeno secondaria (quindi 4 raggi) o
addirittura superiore. A questo proposito, invito gli allevatori a fare
attenzione agli esemplari con caratteristiche rosetail, che possono far
sembrare il lavoro di selezione più semplice, ma rischiano di causare
problemi alle squame e di ramificazione eccessiva in tutta la linea.
Infine, pinne ventrali devono avere una lunghezza doppia rispetto a
quella dei raggi della pinna anale.
FEMMINE
Non esistono standard e categoria dedicata alle femmine Halfmoon
Shortfin, in quanto distinguerle da femmine Show Plakat è
praticamente impossibile.
Se vi trovaste a lavorare con una linea di Halfmoon Shortfin, consiglio
in ogni caso di preferire le femmine con una pinna anale rettangolare e
particolarmente rotondeggiante nel suo angolo posteriore.
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Di Matteo Grassi
Forse non tutti gli appassionati di oggi hanno avuto il piacere di
leggere qualche articolo di Gian Piero Cannata sui Betta splendens,
ma di certo tutti coloro che li allevano con un minimo di continuità ne
hanno sentito parlare. Da oltre quarant'anni Gian Piero Cannata cura e
alleva questi pesci in modo straordinario e più di ogni altro in Italia li ha
amati, studiati e raccontati in pagine di libri, riviste, video e incontri nei
convegni di acquariofili… o più preferibilmente all'ombra degli alberi
che circondano la sua serra nella campagna umbra, dove amici e
appassionati che gli fanno visita possono godere dello spettacolo delle
sue vasche e scoprire ogni volta qualche novità o sorpresa. Il fascino
dei suoi acquari, circondati da piante che li riempiono e poi debordano,
passando di vasca in vasca come in un piccolo microcosmo naturale,
può essere solo intuito dalle fotografie, così come è difficile pensare di
riproporre su carta i suoi racconti in cui mescola con spontanea
sapienza le esperienze acquariofile a quelle della vita vissuta. Ma con
questo breve dialogo-intervista, semplice come le cose più sane, spero
di poter trasmettere a chi legge il nostro bollettino un po' di quanto si
prova immergendosi nel suo mondo.
M : Nel 1 980, quando la tua avventura con i Betta era iniziata da una
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quindicina d'anni - e da almeno cinque era diventata una "assidua
convivenza" - scrivesti un articolo sorprendente e inedito, descrivendo
le cure parentali femminili (non maschili!) nei Betta splendens. Anche a
distanza di tempo quell'articolo conserva una freschezza unica,
trasmettendo insieme lo stupore dell'appassionato e l'approccio
analitico dell'etologo. Ma i Betta riescono ancora a stupirti allo stesso
modo trent'anni dopo?
GPC : Questa specie mi colpì da quando avevo solo 9 anni. Il mio
compianto papà mi portò quel libro (nel mio libro lo cito) che
rappresentava un maschio di Betta erroneamente indicato come
pugnax perché gli Autori, pensando di sfoggiare cultura a basso costo,
tradussero combattente, visto che poi il Betta pugnax esisteva
veramente, non avendo mai pensato di consultare un testo serio che
specificasse il lavoro del Regan, risalente al 1 91 0 (!), neanche 50 anni
prima… A parte il sarcasmo, io vidi quel pesce in bianco e nero sotto
un nido argentato, con delle macchie in bianco più marcato (le uova) e
ne fui folgorato, letteralmente. Sino ad allora non sapevo neanche che
esistessero gli acquari tropicali e solo nel 1 961 , a casa di un mio
compagno di scuola media, vidi degli Scalari e delle coppie con prole!!
Ci vuole poco a capire che l’ amore per le specie esotiche può entrare
nella mente di un ragazzino e rimanervi per sempre. Dopo 4 o 5 anni i
primi due Betta splendens romani (acquistati in un negozio in via
Arezzo, vicino a piazza Bologna),
finalmente si accoppiarono in via Antonio Bosio (Roma), a poche
decine di metri dalla casa che tu, Matteo, stai andando ad abitare,
pensa un po’, era destino che ci conoscessimo, pur vivendo io ormai
da quaranta anni in Umbria.
Premesso questo, ti dirò che io amo questa specie proprio perché,
come tutti gli animali dotati di un intelletto utile a compiere scelte per la
sopravvivenza, è sempre sorprendente e giammai ripetitiva. Con
l’enorme pazienza che con gli anni ho accumulato oggi sono in grado
di aspettare settimane per portare a termine un accoppiamento proprio
perché i Betta s. non sono macchinette, né video game ed hanno più
libero arbitrio di un computer sofisticato. Il comportamento dei singoli
pesci è realmente unico e potrei raccontarti mille storie su una specie
dall’adattabilità enorme e robustezza suprema.
Ecco un episodio per tutti: nel terribile giorno del recente terremoto di
L’Aquila un giovane maschio isolato (forse spaventato persino, dalle
scosse che furono avvertite distintamente nella mia zona) si infilò sotto
dei fitti cespugli di Vesicularia dubyana. In quelle terribili ore, subissati
da tragiche notizie (per di più sono di origine abruzzese, per parte
materna) andai tardi di mattina ad alimentare i miei Betta e mi allarmai
subito non vedendo quel bel maschio che era stato introdotto pochi
giorni prima in un acquario basso e largo, perfetta alcova: su lui infatti
riponevo molte speranze perché era di un blu intenso e a coda di
rondine. Dopo aver quasi svuotato la vasca, lo trovai asfissiato e
apparentemente morto. Non mi rassegno mai e lo posi in una
scatoletta da 30 cc al massimo per veder la sua reazione… certo le
pinne erano del tutto aderenti al corpo, che
inerte galleggiava appena in quel residuo d’acqua, stavo per dichiararmi
sconfitto… ma vidi che le branchie si muovevano! Vidi con stupore
l’animale abboccare l’aria calda e familiare della serra!!!
Prima una volta, poi sempre più spesso. Rimasi al suo capezzale umido
per due ore, lo collocai, sempre con un dito d’acqua, in una vaschetta
immersa in un’altra più ampia e termostatata. Lo vidi solo al mattino
dopo riprendere la postura normale e respirare con regolarità, il dubbio
era solo questo: poteva aver subito un’anossia tale che potesse aver
intaccato il suo pur minuscolo encefalo? Fu posto in un’altra vasca con
la sua acqua tiepida e con un livello sempre molto basso (come si dice a
bagnomaria in un’altra più capiente), dopo alcune ore il livello fu alzato
sino a 5 cm e poi il giorno dopo a 1 0. Non ci crederete: in tre giorni era
ritornato a nuotare, dopo altri due giorni, se sollecitato da uno specchio,
accennava ad infuriarsi e dopo due settimane dall’accaduto si accoppiò
felicemente e i suoi discendenti lo fanno ancora, come dal 1 975 in poi,
in un lungo filo genetico che spero non si interromperà nemmeno dopo
che il sottoscritto… Sì, i Betta mi stupiscono ancora.
M: Quindi, come raccontavi in quell'articolo sulle cure parentali
femminili, sono così stupefacenti che lo stesso Konrad Lorenz sbagliò,
nella sua prima descrizione dei Betta splendens?
GPC: Nella 3ª Giornata della Acquariofilia, marzo 1 978, ebbi modo di
raccontare al Prof. Danilo Mainardi l’episodio che nel novembre del
1 977 mi aveva letteralmente tenuto incollato, davanti alla mia bettiera
più bella, per ore ed ore e per diversi giorni. Gli riferii dello strano caso
della femmina madre, giammai cannibale, e delle mie perplessità sullo
scritto di Konrad Lorenz nel suo celeberrimo Er redete mit dem Vieh den
Vögeln und den Fischen, un Egli parlava ad animali uccelli e pesci che
nella traduzione italiana (!?) si tramutò ne L’anello di re Salomone,
scomodando leggende parabibliche…
Mainardi mi rispose testualmente: “Vede… quando si fa Tuttologia è
normale che si possa sbagliare…!”
In quei giorni di boom acquariofilo nel nostro Paese, giorni lontani in cui
la rivista aquarium organizzava ogni anno degli incontri molto seguiti, e
non c’era Internet né una grande bibliografia in italiano da consultare,
queste riunioni erano essenziali per allargare le conoscenze e tastare il
polso degli acquariofili impegnati (o meno). Detto questo si deve dare
grande merito a Konrad Lorenz, che sarà ricordato, al contrario di me,
per aver creato in molti, con i suoi scritti persino divertenti, e quindi
divulgativi, la passione per la comprensione degli atteggiamenti, a volte
ostici da capire, delle, come si chiamano oggi, Biodiversità.
Ma Lui era un pioniere, non poteva consultare nessun articolo in
nessuna rivista e ai suoi tempi gli acquari tropicali si riscaldavano
persino con lampade a petrolio… i Betta che se la cavavano, nonostante
l’inefficienza della tecnologia degli anni Trenta, era già tanto che
riuscissero a riprodursi, anzi forse proprio perché potevano vivere anche
in acquari poco aerati che da subito si affermarono come pesci tropicali
robusti e Lorenz ebbe modo di assistere ad accoppiamenti tra Betta che
si nutrivano di cibo (ipotizzo) poco proteico ed integravano quando
possibile con le… loro uova. Lo sapete bene voi bettofili che non è raro
che persino un maschio divori tutta la prole!
M: Passando dal comportamento all'aspetto, da tanti anni allevi dei
Betta a coda di rondine. Anzi, se non sbaglio hai coniato tu stesso il
termine "coda di rondine" per indicare gli esemplari con la caudale divisa
in due lobi, che gli anglosassoni chiamano più prosaicamente double tail
(coda doppia). Come è nata questa discendenza? E come la mantieni
viva e sana nel tempo?
GPC: Nel 1 985 un grande amico, Arnaldo Rosati, mi riportò da Rimini
(l’aveva visto in un negozio di quella città) il primo del Betta a coda di
rondine per consolarmi di un grave incidente stradale che mi aveva
quasi ammazzato… lasciamo perdere.
Arnaldo è un acquariofilo di vecchia data, più giovane di me e
conosciuto nel 1 978, ha inoltre l’estro del disegnatore e il logo (un
Betta a coda di rondine!) del grande Club GAECU di Perugia, che fu
tra il 1 990 ed il 2000 uno dei più grandi d’Italia, era proprio il suo Betta
di Rimini, così è suo il disegno delle pins d’oro con Betta a coda di
rondine, e tutto il libro sui combattenti, che hai letto, è stato arricchito
dalle sue vignette. Nel libro spiego che dall’animale di Rimini non
nacque, come c’era da aspettarsi, nessun coda di rondine, carattere
sconosciuto ai miei animali, isolati da circa una dozzina d’anni, ma dal
maschio n. 5 (vissuto quasi 5 anni!) arrivarono dalla terza generazione
in poi, sempre più pesci con tale caratteristica morfologica che da
allora si ripresenta con regolarità. La mutazione riguarda anche la
pinna dorsale, molto caratteristica e quasi squadrata. Per i più esperti
di questioni mendeliane è chiaro che il carattere ha la stessa valenza
di quello che rende la coda tonda e la dorsale ondulata nei combattenti
che ritenevamo normotipo.
Sempre Arnaldo nel 1 995, di ritorno dal suo viaggio di nozze in
Tailandia, mi riportò il maschio n. 51 (di 4ª serie, vedi l’elenco che ti
allego) che reintrodusse nei miei animali un po’ di sangue fresco e
selvatico. Il maschio era bruttino a coda corta, con una aggressività
eccezionale, ma non uccise la femmina “italiana” che, con prudenza,
introdussi in una grande vasca ricchissima di piante per consentirle
una salvifica fuga… anzi con la partner italiana procreò
abbondantemente. Nell’elenco vedrai a partire dalla 4/5 serie, prima
della numerazione di ciascun Betta, una T (carattere tailandese) che
dalla 7ª serie in poi (quando mi trasferii in questo paesino smisi di
conteggiare serie e generazioni) compare in tutti i miei combattenti.
Ciò vuol dire che tutti i riproduttori da allora (1 995) sono imparentati
con quel selvatico. Nei primi anni Novanta arrivarono femmine dei
signori Brai (del CIR di Roma) e Storai (che fu vicepresidente FIAAE),
a metà di quegli anni un’altra femmina da Roma del sig. Mariotti e un
maschio da Perugia del sig. Tancetti.
Nel 1 997 arrivò un’altra femmina donatami dal sig. Arteritano, ma non
ricordo le circostanze e se l’animale fosse di aspetto od origine
selvatica o meno.
Più recentemente nel 201 2 ho acquistato una femmina molto prolifica
e questi pochi esemplari (unitamente ai primi due, acquistati nel
1 974/75) sono gli unici che ho, come dire, sottratto in quasi quaranta
anni alla Natura o, se vuoi, al commercio!
M: Facendo un calcolo approssimativo, da quanti anni hai delle
generazioni ininterrotte di Betta splendens nati nelle tue vasche? E
quante nidiate hai visto nascere e crescere?
GPC: Bella domanda… calcolando che ininterrottamente il phylum
dura da quasi 40 anni … calcolando che ho allevato personalmente in
tanti anni circa 250/350 maschi e almeno 1 500 femmine, che ho
regalato circa 5000/7000 animali e che i miei riproduttori hanno avuto
una media di 250 avannotti (media che si abbassa se si considerano
quelli poi effettivamente divenuti adulti)…calcolando i milioni di
avannotti che tra me e alcuni acquariofili collaboratori saltuari abbiamo
fatto nascere… c’è una sola risposta possibile: NON LO SO!
M: Pensi che anche il comportamento e il carattere si tramandino in
maniera osservabile da genitori a figli, come la forma o il colore delle
pinne?
GPC: In tanti anni di osservazioni posso dirti che quando, quasi
vent’anni fa, Arnaldo mi riportò quell’assassino Pla-kat, tra l’altro
salvato da morte certa in combattimento, ho, almeno per qualche
anno, riscontrato un aumento della aggressività individuale in maschi e
femmine direttamente imparentati col gladiatore: il primo nipote del
tailandese nacque nel marzo del 1 997 (♂ n. 25 di 5ª serie), ma poi con
gli anni la furia assassina, se pure ci fosse stata, è scemata per effetto
della diluizione del sangue tailandese… per conto mio l’indole crudele
di questi animali dipende sì dalla genetica (forzata dall’uomo), ma può
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essere stemperata da circostanze particolari: quando ho tenuto
insieme per mesi degli avannotti in grandi vasche sono riuscito a farli
crescere a tal punto che si potevano vedere in semi tranquillità (a parte
qualche innocua scaramuccia) svariati maschi con code lunghe, se
non erro una volta ne contai 1 8 insieme!
M: Tra gli appassionati di Betta che conosco – e penso di conoscerne
molti – ho l'impressione che esistano quasi due mondi mescolati in uno
solo. Da un lato quello di chi è affascinato prima di tutto dal loro
comportamento e desidera allevarli nel modo più naturale possibile,
spesso orientandosi su esemplari non selezionati, discendenti prossimi
di genitori selvatici. Dall'altro chi è affascinato invece proprio
dall'allevamento selettivo: cercare di ottenere le forme e i colori più rari,
capire come si trasmettono certi caratteri, certe mutazioni.
Nei tuoi articoli e racconti si vedono entrambe le cose. Ma tu hai una
predilezione tra questi due aspetti?
GPC: Anni fa decisi di divenire custode di questa specie e non mi
sento di giudicare chi vuole questo o quell’altro carattere dai suoi
pesci…oggi allevo nel modo più naturale le mie tre specie: Betta
splendens, Carassius auratus e Gambusia affinis. I Carassi liberi nei
miei tre laghetti e le Gambusie nelle vasche non riscaldate della serra;
i combattenti in vasche e vaschette riscaldate. Oggi non provo più
interesse nelle forzature genetiche e tu, che hai visto la mia serra, sai
che oggi non me ne frega niente dell’estetica delle vasche, né tanto
meno se quel carattere o meno si presenta con regolarità: mi basta
che i miei pesci possano vivere bene e con prole non troppo
abbondante, così per esempio non sottraggo mai ad una coppia
avannotti appena nati (molte coppie vivono sempre insieme) se non
quando uno sparuto gruppo si è messo a nuotare con i genitori.
Darwin ci insegna.
M: Nella tua serra quindi oggi ci sono diverse discendenze di
combattenti. E alcuni caratteri si distinguono bene, ad esempio degli
esemplari rossi e bianchi, con pochissime iridescenze blu, e altri
invece gialli e blu senza traccia alcuna di rosso. Come fossero due
linee di discendenza prevalentemente distinte.
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Ma non mantieni più lo schema preciso negli accoppiamenti e il registro
delle riproduzioni che mostri anche nel tuo libro?
GPC: A questa domanda praticamente ho già risposto, posso precisare
che dopo aver catalogato dalla metà degli anni Settanta i miei Betta,
grazie al biologo Rocco Erra che oltre 20 anni fa mi preparò uno schema
poi ripreso e migliorato nelle Tavole che tu hai potuto apprezzare a
giugno 201 2, ho smesso, per il motivo che oggi preferisco far incrociare i
miei pesci rispettando solo la regola essenziale di non utilizzare fratelli e
sorelle.
Naturalmente a volte una coppia di stretti consanguinei produce, senza
il mio interessamento, avannotti ma, salvo casi rarissimi (dovuti a
grande prolificità) non li allevo.
Allo stesso modo da quando sono qui a Mugnano dal 2005 le circa
1 5/20 generazioni ottenute da allora non sono catalogate.
M: Com'è cambiato nel tempo il modo in cui ti prendi cura dei tuoi pesci
quotidianamente? L'evoluzione della tecnologia o dei prodotti per
acquari ti è servita?
GPC: Quando arrivai a Mugnano (nel luglio 2005 fu creata la nuova
serra) capii che stavolta il destino mi aveva favorito, ti spiego:
dal 1 964 al 1 972 circa i miei acquari erano a Roma e lì, nel quartiere
nomentano l’acqua non era male, solo molto calcarea. Poi nel 1 973 mi
trasferii a Perugia definitivamente, ma andai ad abitare in una zona di
periferia dove la conducibilità elettrica sfiorava i 900 µ/siemens…
l’acqua non era buona e quindi allora molto mi aiutarono le resine per
acquariofilia che rigeneravo con HCl al 33% e soda. Con delle bambine
in casa (Barbara 1 974, Viviana 1 976) non era molto agevole, anzi era
pericoloso lasciare in giro qualunque cosa.
Passarono gli anni, per me di intenso e faticoso lavoro, poi, nel 1 989
ebbi un po’ di pace e fondai, insieme all’amico Lucio Milleri il GAECU
(Gruppo Acquariofilo Eco-club Umbro).
Il club dal 1 989, e per anni, ebbe la sua sede presso la mia abitazione e
gli acquari aumentarono parallelamente al mio impegno con le
associazioni umbre e nazionali.
Mi trasferii incautamente, per motivi di spazio, nel 1 995 in una zona di
campagna dove c’era solo l’acqua dei pozzi profondi che mi fu
presentata come… POTABILE! In realtà, con tutta l’attrezzatura anche
semiprofessionale che avevo per analizzare quell’acqua scopersi (ma
oramai mi ero già trasferito con tutti i miei 1 00 acquari e acquarietti) che
era inquinata da una agricoltura che guadagna sull’uso indiscriminato
dei diserbanti… terribile esperienza: la conducibilità superava i 2000
µ/siemens (forse più, era fuori scala!), e fui per quasi dieci anni costretto
a raccogliere acqua da una fontanella sia per uso di cucina che per gli
acquari, che erano diventati quasi duecento!! Avevo molto spazio dove
abitavo, ma i padroni non volevano né mettere l’acqua potabile (che
arrivava a 75 metri dalla casa!!) né venderci l’immobile per risistemarlo
e… insomma rilasciamo stare!
Qui a Mugnano l’acqua è perfetta e pensa: non uso da anni nessun
additivo del tipo Aqua Safe o Torumin (cito prodotti un tempo da me
usati). Piante e pesci vivono grazie all’acqua che scorga sopra le colline
che ci separano dal Trasimeno e grazie alla luce che inonda la serra.
Uso solo un grosso aeratore per smuovere l’acqua dei laghetti in cui dal
2009 si riproducono, anche troppo, carassi e ranocchie e dove
purtroppo ogni tanto si presentano delle bisce, assassine di rospi e rane.
M: Cibo, piante, temperatura, spazio… qual è il fattore più importante
per avere dei Betta sani e longevi?
GPC: luce, temperatura, mai sotto i dieci gradi (possono sopportarla
anche per 24 ore, ma poi…), alimentazione corretta: debbo precisare
che riuscii nel 1 976 circa, alimentando con larve di Culex o Anopheles
e altre specie di cucilidi, a portare in 39 giorni di vita dei maschietti a
preparare il loro primo nido (!). Se delle zanzare depositano le loro
uova nelle vasche esterne, ne ho solo due per questo scopo, sempre
sotto stretto controllo, le loro larve sono graditissime e posso usarle
con tranquillità, ma non ne prendo più in fossi esterni: in passato ebbi
delle morie alimentando con larve selvatiche, per così dire. In inverno
uso esclusivamente cibi liofilizzati, mai quelli granulari… certo con la
crisi attuale nei negozi umbri si trova una scelta limitata e a volte delle
sottomarche vengono offerte a prezzi bassi, io ho appena un centinaio
di combattenti in media, così preferisco spendere qualcosa in più e
non rischiare qualche mal di pancia che nei Betta può essere letale.
M: C'è qualche atteggiamento o qualche regola che potresti suggerire
a chi vuole allevare e curare al meglio i pesci in acquario?
GPC: Per rispondere ci vorrebbe un trattato, o meglio che il cervello
dei neofiti fosse trattato. Il doppio senso per dire che un vero
acquariofilo dovrebbe pensare come un contadino di un tempo e mai
affrettare i tempi: natura non facit saltus.
Ancora oggi preferisco tenermi alla larga dai negozi per non farmi
salire la pressione, oggi i negozianti hanno due nemici il FISCO e la
fretta dei clienti che vorrebbero una vasca pronta in poche ore! In
passato, per anni, con il club GAECU di Perugia, fondato da un gruppo
di amici con le intenzioni più pure, tentammo di diffondere una cultura
di approccio ecologico all’acquariofilia, ma le vicende FIAAE, UICAE, e
la scomparsa di aquarium, hanno finito per distruggere quel poco di
buono che si era fatto. I nuovi acquariofili sono a volte allo sbando,
come se fossimo tornati indietro di cinquanta anni. Almeno qui da noi
nessun club si è ricostituito dopo che il sottoscritto schifato dai giochi
di potere (assurdi) locali e nazionali ha tirato i remi in barca.
Fortunatamente Internet è subentrato nella divulgazione di notizie
altrimenti…
Concludo ribadendo che la regola base per un bravo e onesto
ecoacquariofilo (neologismo da introdurre) è: la pazienza, unita ad
un’informazione costante e il senso di responsabile sacrificio (non si
possono abbandonare i nostri protetti per le vacanze senza
un’adeguata preparazione). Nessuna mangiatoia o nessun timer
possono darci l’assoluta certezza di funzionamento, meglio una
giornata in meno di ferie che ritrovare massacri al nostro rientro.
M: Negli anni hai allevato anche altre specie diverse dai Betta
splendens (ad esempio il Microgeophagus ramirezi o Papiliochromis
ramirezi, come si chiamava anni fa). Puoi raccontare qualcosa di
queste esperienze? Cosa ti hanno dato in più e perché poi sei rimasto
sempre fedele ai Betta?
GPC: Sono una quarantina le specie o sottospecie da me riprodotte
nel corso di quasi 50 anni di passione (, NdA: meticolosamente
documentate con la data di entrata nella serra e la data della prima
riproduzione) alcune specie sono state con me per decine di
generazioni: i P. ramirezi per esempio per dieci, e tutte con cura della
prole (!).
La domanda sorge spontanea: perché non sei rimasto fedele a tutte o
a gran parte? Soldi, o meglio la mancanza di soldi.
Per allevare Discus o Papiliochromis ramirezi (o come si chiamano
oggi) alle temperature elevate loro necessarie e in grandissime vasche
(specie per i primi) ci vogliono soldi per l’energia elettrica necessaria
e/o un impianto ad hoc per una serra come quella che io mi sono
autocostruito (da sola, senza lavori di muratura ecc, costa già 2000
euro); per far in modo che all’interno della struttura in policarbonato si
possano mantenere temperature tropicali anche in inverno (pensa allo
scorso anno 201 2: T esterna – 1 8 °C) ci vorrebbe un pozzo di soldi
con il costo attuale dell’energia elettrica domestica per continuare a
riprodurre specie delicate. A suo tempo ben prima del 1 995, dell’euro e
di… Monti, arrivai a spendere pur mantenendo le vasche in un
appartamento (erano circa una ventina) oltre 250.000 £ al mese (!!) di
energia elettrica.
Inoltre, a parte qualche acquariofilo impegnato come l’amico Mauro
Cozza di Terni, per i bellissimi ramirezi non riuscii a trovare un
possibile ampliamento della base genetica, così dopo una decina e più
di anni la consanguineità li annientò.
Oggi gran parte delle 45 vasche che sono nella serra non hanno
riscaldatori e nessuna è dotata di filtri o pompe centrifughe né alle
solo tre morti accertati, mi ritrovo due/trecento grossi, medi , piccoli
eccetera pesci rossi di vario colore!
Naturalmente dovendo scegliere una specie tropicale ho scelto i B.
splendens dal 1 959 nel mio cuore.
M: La nostra passione è fatta anche di incontri, scambi di idee,
esperienze e, perché no, di pesci tra appassionati. Tu stesso hai
condiviso e anche animato in prima persona delle associazioni, la
FIAAE e altre esperienze e momenti di lavoro in gruppo. Cosa hai
imparato o scoperto sugli animali che stanno dalla parte asciutta del
vetro (cioè gli acquariofili)?
GPC: Ahimè ho girato mezza Italia (a mie spese s’intende) e ho
conosciuto migliaia di acquariofili per la stragrande maggioranza
semplici e simpatici, altri no! Ed io sono un tipo antipaticamente onesto,
al congresso di Faenza ho difeso nel 1 993 la rivista aquarium da chi
voleva crearne altre parallele, mentre già il mercato del cartaceo
accusava la prima timida concorrenza informatica: per evitare di avallare
questi attacchi ho preferito, come membro della redazione della rivista di
De Jong, dimettermi dalla carica di presidente FIAAE. L’anno dopo ho
legalmente sciolto la vecchia federazione per evitare invece guai legali,
visto che, a mia insaputa, si erano organizzati a pagamento (mai saldati
dai presunti nuovi Dirigenti FIAAE) stand in mostre a nome della
federazione di cui ero rimasto l’unico rappresentante ufficiale e
responsabile in solido. Per compensare la mia onestà fui però
estromesso dalla redazione di aquarium perché avevo in un libello
raccontato come qualcuno aveva ammazzato la FIAAE.
Quindi qualcuno si riconobbe come presunto assassino…?
A proposito vorrei che gli amici acquariofili sappiano che per aiutare
aquarium smisi, addirittura dal 1 993, di richiedere compensi pecuniari,
già comunque difficilmente superiori alla centocinquantamila lire d’allora
(!) ho ricevuto però, sino al 2005, la rivista in abbonamento gratuito. Con
l’UICAE non ci furono giochi di nessun genere eravamo solo amici
(Mauro Cozza, Rosati ecc) che si riunivano a Volterra per lo più
dall’amico Migliorini e, in seminari a volte molto seguiti, ho assegnato il
Premio Aldo Cannata a svariati appassionati, tra cui anche De Jong. Nel
2001 ebbi dei gravi problemi di famiglia e con la crisi che già da allora
impediva alle banche di sponsorizzare club impegnati come quello di
Volterra, non si riuscì più a trovare i fondi per proseguire, perdemmo i
contatti con varie associazioni (come quella milanese e romana) infine
tutto fu travolto dal… nulla.
M: Per finire, due domande rapidissime. La prima: che programmi hai
per i tuoi Betta nei prossimi giorni?
GPC: sono impegnato con alcuni coda di rondine e a trovare spazi per i
nuovi arrivati del 201 2 che sono belli e… tanti.
M: Un augurio o un'esortazione per chi si lancia oggi per la prima volta
in questa avventura?
GPC: ho combattuto per più di mezzo secolo per crearmi uno spazio per
i mie pesci… forse l’augurio migliore è questo: giovani o anziani che vi
accostate a questo hobby sappiate che, a differenza del collezionismo,
qui si ha a che fare con esseri viventi piccoli si, ma in grado di soffrire e
morire per le nostre disattenzioni o inesperienza; siate responsabili e
consci del grande compito che vi si presenta.
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a cura della redazione
Continua la riclassificazione delle specie nel Genere Betta!
Una nuova specie di Betta descritta da Heok Hui Tan. Il Betta dennisyongi, incluso nel complesso del Betta rubra è
estremamente simile a quest'ultimo e vive negli stessi bacini costieri nel nord ovest di Sumatra. Fenotipicamente è possibile
distinguerlo per alcuni caratteri, in particolare la presenza di una striscia post-orbitale nera continuna che si estende fino al
bordo dell'opercolo, mentre nel B. rubra è interrotta, una colorazione meno intensa del corpo e spazi più ampi tra le righe
scure sul corpo stesso.
Aggiornati gli standard Bettas4all
Il giorno 11 aprile è stata pubblicata l’ultima versione degli standard Bettas4all. Le novità più importanti sono introduzione di
una nuova misura minima (4cm per i maschi e 3,5cm per le femmine) che sarà preferita a quella minima di ammissione in
gara (3,8cm per i maschi e 3,2 cm per le femmine); il riconoscimento delle due principali varianti di Veiltail:
©Stefan George Psarakos per www.bettas4all.nl
ed infine la creazione delle classi di giudizio separate per i Crowntail Plakat ed i Doubletail Plakat.
Agli aggiornamenti degli standard Betta lavora costantemente un team internazionali di esperti allevatori di cui fa parte anche
il nostro co fondatore Eugenio.
Lo show Olandese di Arcen che si terrà dal 1 6 al 1 8 agosto sarà il primo campo di prova per questi aggiornamenti.
Manifestazioni in Europa
Gruppo Acquariofilo Bolognese www.gabologna.it
Gruppo Acquariofili Milanese www.gaem.it
31 Maggio - 2giugno 201 3: Swiss Betta Show - Cernier,
Gruppo Acquariofilo Fiorentino www.gafonline.it
Svizzera (IBC standard)
Acquariofilo Salentino www.gas-online.org
1 6 - 1 8 Agosto 201 3: Holland Betta Show 201 3 - Arcen, Olanda Gruppo
Gruppo Acquariofilo Siciliano http://plutiaacquari.altervista.org
(Bettas4all standard)
23 - 25 Agosto 201 3: Kampffischfreunde Betta Show - Kassel, Club Acquariologico Erpetologico Barese www.caebonlus.it
Germania (IBC standard)
utili:
4 - 6 Ottobre 201 3: First Croatian Betta World Show - Zagabria, Link
Acquaportal www.acquaportal.it
Croazia (IBC standard)
Forum Acquarionline www.acquarionline.it
Aquariophylia www.aquariophylia.it
Manifestazioni in Italia
Astaglobe www.astaglobe.com
1 0-1 2 Maggio 201 3: III Italian Betta Show - Ranco -VA- (IBC) Forum Bettas4all (ENG) www.bettas4all.nl
7 - 8 Settembre 201 3: AIB @AquaFestival - Piacenza (IBC)
International Betta Congress (ENG) www.ibcbettas.org
European Halfmoon Betta Breeders Club (ENG)
www.ehbbc.eu
Associazioni:
Forum JuraBetta (FR) www.betta-forum.net/forum
Associazione Italiana Betta www.aibetta.it
Forum BettaFrance (FR) http://bettafrance.free.fr/forum/
Bettysplendens (ENG) www.bettysplendens.com
Associazione Acquariofili Abruzzese
Bettaterritory (ENG) www.bettaterritory.nl
www.acquariofiliabruzzesi.it
BettaSource (ENG) www.bettasource.com
Associazione Ferrarese Acquariofilia ed Erpetologia
Aquabid (ENG) www.aquabid.com
www.afae.it
Il sito di Jim Sonnier (ENG) www.bettas-jimsonnier.com
Associazione Italiana Killifish www.aik.it
Associazione Italiana Ciclidofili www.aiconline.it
Se vuoi richiedere l’inserimento del tuo sito o associazione
Gruppo Guizzi di Colore www.guizzidicolore.com
scrivi a [email protected]
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