La crisi di impresa e le procedure concorsuali
Fabio Zuliani
Dottore commercialista e revisore contabile in Udine
Consulente tecnico del Giudice presso i Tribunali di Udine e Gorizia
1Fabio Zuliani – Dottore commercialista e revisore contabile
Fabio Zuliani - dottore commercialista e revis
PARTE PRIMA
L’ORIGINE DELLA CRISI
AZIENDALE
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Crisi di impresa e metodi di uscita
Il fenomeno della crisi di impresa trova origine in fattori
eterogenei che possono manifestarsi unitariamente o
simultaneamente e coinvolgono l’intero sistema dei
rapporti tra i soggetti che a questa sono in qualche modo
collegati: azionisti, manager, fornitori, banche e lavoratori
e più in generale tutti gli stakeholders.
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Crisi da fattori interni

crisi d'inefficienza (perdita di redditività, aumento dei costi
fissi rispetto a quelli variabili)

crisi da sovra capacità/rigidità (impianti produttivi troppo
grandi rispetto al fabbisogno di mercato)

crisi da decadimento dei prodotti (mancata innovazione,
perdita di competitività)

crisi legate ad errori strategici ed inerzie organizzative
(errori gestionali di lungo periodo)

crisi comportamentali (legate ad atteggiamenti“poco corretti”
e alle volte “non legali” del management)
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Crisi da fattori esterni e generali - 1
situazione economica generale (tasso di sviluppo
economico, saggio di disoccupazione, inflazione,
ecc.): è forse la variabile fondamentale da
qualificare per direzionare correttamente un
programma di sviluppo;
stato delle istituzioni: l'elemento politicoistituzionale, il quadro normativo in cui un soggetto
aziendale è chiamato ad operare, il livello di
tassazione sui redditi, la politica del lavoro, possono
costituire delle minacce o delle enormi possibilità
di sviluppo per ogni azienda;
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Crisi da fattori esterni e generali - 2
livello dei servizi e delle infrastrutture: costituisce
variabile fondamentale sia nella genesi d'impresa
(per esempio nelle scelte di location), sia nelle
dinamiche di successivo sviluppo;
politica del territorio: conoscere in anticipo la sua
direzione può rappresentare un fattore di successo,
mentre una politica del territorio ostile può
rappresentare una causa di crisi aziendale;
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Crisi da fattori esterni e generali - 3
situazione
demografica:
(indice
di
mortalità,
speranza di vita, ecc.): elemento fondamentale per
direzionare
in
modo
corretto
l'offerta
di
prodotti/servizi;
livello di istruzione: elemento importantissimo per
le aziende sia in fase di reperimento di personale o
di manodopera specializzata,
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Crisi da fattori esterni e generali - 4
tutela ambientale: può rappresentare un elemento
ostativo per le imprese che sono chiamate a
sopportare maggiori costi, ma anche può essere
un’opportunità
di
sviluppo
con
ritorni
non
immediatamente misurabili e ravvisabili in termini
d’immagine
aziendale
ed
approvazione
della
comunità sociale in cui ogni impresa vive ed opera.
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Crisi da fattori tecnologici
livello della ricerca scientifica: se basso, costituisce
un ostacolo alla competitività dell'azienda,
riducendone l'innovazione dei prodotti e dei
processi, nonché rendendo l'impresa più
vulnerabile;
situazione tecnologica: l'incapacità di saper
tradurre le teorie scientifiche generali ed astratte in
applicazioni tecniche di immediato utilizzo per le
aziende rappresenta un freno allo sviluppo
dell'azienda stessa;
conoscenze o know-how stato delle scoperte
scientifiche.
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RIASSUMENDO……
Non esiste, quindi, una causa univoca che conduce
l’impresa in uno stato di crisi.
Ogni fattore ha delle sue ripercussioni ben specifiche
che si manifesta in tempi ben precisi: ad esempio, la
riduzione di redditività (elemento economico) precede
la tensione finanziaria (elemento finanziario).
Non sempre c’è una sola causa, ma vi sono diverse
concause che spesse volte producono l’effetto di
accelerare della crisi.
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RIMEDI
non esiste un solo rimedio per condurre l’impresa
fuori dallo stato di crisi, ma possono essere adottate
diverse soluzioni. L’elemento più importante da
tenere in considerazione è il
TEMPO
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FATTORE TEMPORALE
TEMPO TRASCORSO dall’inizio (conoscenza) della crisi
TEMPO RESIDUO (stimato) necessario alla risoluzione
dei problemi prima del peggioramento ed irreversibilità
della tensione.
Da questi due elementi dipendono tutte le azioni da
intraprendere.
Le diverse tipologie di soluzioni vanno anche ragguagliate
alla tipologia di impresa e la flessibilità della stessa e al
momento nel quale interviene il professionista.
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MISURE “CIVILISTICAMENTE”
ADOTTABILI (casi di crisi lieve)
Trasformazione aziendale (art. 2498 e seguenti c.c.)
Affitto di azienda (art. 2562 c.c rinviato dal 2561 c.c.)
Fusione (art. 2501 e seguenti c.c.)
Scissione (art. 2506 e seguenti c.c.)
Creazioni di new-co e trasferimenti di asset aziendali
– assegnazione di quote o azioni;
Operazioni sul capitale ricapitalizzazione con ingresso
di nuovi soci (apporto di finanza fresca)
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IRREVERSIBILITA’
Se la crisi diventa irreversibile, sfocia in uno stato di
insolvenza (decozione) e le manovre operative di
salvataggio si riducono drasticamente o addirittura si
annullano completamente lasciando spazio solo alla
dichiarazione di fallimento.
Nelle situazioni di insolvenza grave risulta pericoloso
porre in essere determinate operazioni di salvataggio,
poiché in caso di successivo fallimento potrebbero far
emergere elementi distrattivi punibili (anche)
penalmente.
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FALLIMENTO – quadro normativo
la legge fallimentare italiana è disciplinata dal R.D. 16
marzo 1942 n. 267 riformato in maniera sostanziale
prima
dal
D.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5
e
successivamente dal D.Lgs. 12 Settembre 2007, n. 169
e da ultimo con la Legge 30 luglio 2010 n. 122 in tema
di concordato preventivo e accordi di ristrutturazione
dei debiti.
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R.D. 16 marzo 1942 n. 267
Il R.D. del 1942 disciplina compiutamente:
1) il fallimento;
2) il concordato preventivo;
3) il concordato fallimentare;
4) la liquidazione coatta amministrativa.
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FALLIMENTO – quadro normativo
Tuttavia la sola legge fallimentare non copre, da sola,
tutto l’universo delle procedure concorsuali, poiché è
stata approvata una norma particolare per
l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese
in stato di insolvenza (D.Lgs. n° 270 del 1999 la c.d.
Prodi bis) mentre un altro dispositivo di legge è stato
attuato per le “grandissime” imprese in stato di
insolvenza (D.L. n° 347 del 2003 convertito in Legge
n° 39 del 2004; c.d. decreto Parmalat).
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Che cos’è il fallimento ?????
Il fallimento è
un processo esecutivo e
più
precisamente un processo espropriativo, con cui si
realizza la responsabilità patrimoniale di un debitore.
In particolare, il FALLIMENTO è il processo
esecutivo che si applica quando il debitore è un
IMPRENDITORE COMMERCIALE NON PICCOLO
(si fa riferimento ai parametri di fallibilità).
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Art. 5 L.F. Stato d'insolvenza.
L'imprenditore che si trova in stato d'insolvenza è dichiarato fallito.
Lo stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti
esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di
soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. (squilibrio
finanziario non superabile con mezzi ordinari nei termini
ragguagliati all’ordinaria scadenza dei debiti – cfr. C. 26.2.90 n. 1439)
La nuova disciplina, al fine di contenere anche il numero dei
fallimenti, ha introdotto le c.d. soglie di fallibilità che rappresentano
un elemento importante per i creditori.
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Concetto di insolvenza
Ai fini dell’accertamento dell’insolvenza non è necessario
che vi siano una serie di inadempimenti, poiché risulta
sufficiente anche solo uno che ponga in evidenza il
dissesto patrimoniale e l’evidente impossibilità del
debitore di soddisfare regolarmente e con MEZZI
NORMALI le proprie obbligazioni (C. S.U. 11.2.03 n.
1997)
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Art. 5 L.F. Stato d'insolvenza
La norma fallimentare si esprime facendo riferimento
all’IMPRENDITORE inteso come operatore economico
“persona fisica” e rinviando agli amministratori di società
di capitali.
E’ molto importante comprendere la distinzione tra:
il fallimento della società di persone e della ditta
individuale
e
il fallimento delle società di capitali
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DIFFERENZE
Mentre nelle prime si fa riferimento alla figura
dell’imprenditore illimitatamente responsabile, nelle
seconde la figura dell’imprenditore è sostituita
dall’amministratore unico o dai consiglieri di
amministrazione (che nelle società di piccole dimensioni
coincidono spesso con i soci).
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DIFFERENZE
Mentre nelle società di persone l’imprenditore
illimitatamente responsabile risponde sempre con i suoi
beni personali presenti e futuri, nelle società di capitali
gli amministratori rispondono illimitatamente solo nei
casi in cui abbiamo operato con dolo o colpa grave e
abbiano posto in essere azioni rischiose, azzardate o
manifestamente imprudenti e solo dopo l’azione di
responsabilità promossa dai soci o, in caso di fallimento
dal curatore fallimentare o dal Procuratore della
Repubblica.
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I parametri di fallibilità
La novellata disciplina del fallimento, anche allo
scopo di contenere il numero dei ricorsi per
fallimento, ha introdotto le c.d. soglie di fallibilità
che rappresentano un elemento importante non solo
per l’imprenditore (che è in grado immediatamente
di comprendere se la sua impresa può o meno essere
assoggettata a fallimento (o altre procedure
concorsuali) ma anche (e soprattutto) per i creditori
che potranno valutare le loro azioni a difesa del
credito.
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I parametri di fallibilità
A tal fine l’art. 1 L.F. recita
Art. 1 - Imprese soggette al fallimento e al
concordato preventivo.
Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul
concordato preventivo gli imprenditori che
esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti
pubblici.
Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e
sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al
primo comma, i quali dimostrino il possesso
congiunto dei seguenti requisiti:
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I parametri di fallibilità
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di
deposito della istanza di fallimento o dall'inizio
dell'attività se di durata inferiore, un attivo
patrimoniale di ammontare complessivo annuo non
superiore ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre
esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di
fallimento o dall'inizio dell'attività se di durata
inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo
annuo non superiore ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non
superiore ad euro cinquecentomila.
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Credito minimo per presentare ricorso di fallimento
L’ultimo comma dell’art. 15 L.F. impone un limite
quantitativo per la proposizione dell’istanza di fallimento.
(€ 30.000).
Il Tribunale può rigettare la domanda solo dopo aver
esaminato i parametri di cui all’art. 1 L.F., mentre non è
possibile il rigetto de plano delle domande di fallimento
che non portano crediti scaduti e certi in an e quando
inferiori a tale soglia.
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I parametri di fallibilità
I limiti di cui alle lettere a), b) e c) del secondo comma
possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del
Ministro della giustizia, sulla base della media delle
variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le
famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di
riferimento.
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FINALITA’ DEL FALLIMENTO E MODALITA’
OPERATIVE
La finalità principale del fallimento è rappresentata
dall’attività liquidatoria dei beni dell’imprenditore fallito
e la distribuire del ricavato di tale attività tra i creditori
secondo principi di “pari trattamento” c.d. par condicio
creditorum disciplinati dalla Legge e basati su regole fisse
con ordine di privilegi.
La parità di trattamento viene attuata anche attraverso le
azioni ripristinatorie, recuperatorie e revocatorie che
mirano ad allineare tra di loro i diversi creditori prima
del riparto finale.
L’attività liquidatoria viene espletata dal curatore
fallimentare, con il parere del comitato dei creditori e la
vigilanza del Giudice Delegato.
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Iniziativa per la dichiarazione di fallimento
Art. 6 L.F.: il ricorso per la dichiarazione di fallimento
può essere presentata da:
a) Il debitore (l’iniziativa avrà effetti sui profili penali);
b) Da uno o più creditori;
c) Dal Pubblico Ministero (art. 7 L.F.) quando l’insolvenza
derivi da un procedimento penale o civile.
La riforma ha abrogato l’art. 8 L.F. che prevedeva la
dichiarazione di fallimento d’ufficio.
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Dichiarazione di fallimento
Art. 9 L.F. – competenza territoriale;
Art. 10 L.F. – fallimento dell’imprenditore che ha cessato
l’esercizio della propria impresa (riferimento:
cancellazione dal Registro delle Imprese);
Art. 11 L.F. – fallimento dell’imprenditore defunto
(problematiche inerenti la successione);
Art. 12 L.F. – morte del fallito (dopo la dichiarazione del
fallimento;
Caso non normato: fallimento dell’imprenditore fallito
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Art. 15 L.F. – procedimento per la
dichiarazione di fallimento
1)
2)
3)
4)
Richiesta di eventuale ulteriore documentazione da
parte del Tribunale (Presidente del Tribunale o
Giudice Relatore)
Convocazione del debitore e dell’istante (compreso il
PM se l’istanza parte dalla sua iniziativa);
Audizione del debitore (ammissibilità di produzione
di memorie difensive);
Decisione del Tribunale riunito in Camera di
Consiglio (esposizione del Giudice Relatore).
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Art. 16 L.F. – sentenza dichiarativa di
fallimento
La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio. Con la
sentenza il tribunale:
1) Nomina il giudice delegato per la procedura;
2) Nomina il curatore;
3) Ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali
obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non è stato ancora
eseguito;
4) Stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procederà all’esame
dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal
deposito della sentenza;
5) Assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in
possesso del fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza di cui
al numero precedente per la presentazione in cancelleria delle domande di
insinuazione.
La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’articolo
133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi si
producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi
dell’articolo 17, secondo comma.
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Art. 16 L.F. – sentenza dichiarativa di
fallimento
Ulteriori indicazioni riportate nella sentenza dichiarativa
di fallimento:
art. 101 L.F. termine per la presentazione delle
domande tardive di credito (12 o 18 mesi);
Termine perentorio per il deposito delle domande
tempestive di credito.
LA SENTENZA DI FALLIMENTO E’ UN ATTO
PUBBLICO DAL MOMENTO IN CUI VIENE
PORTATO A CONOSCENZA DEI TERZI:
1) AFFISSIONE SULLA PORTA DEL TRIBUNALE;
2) ISCRIZIONE NEL REGISTRO DELLE IMPRESE.
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Reclamo contro la sentenza dichiarativa di
fallimento
Contro la sentenza che dichiara il fallimento è possibile
proporre reclamo in Appello;
Contro la decisione della Corte d’Appello e ammissibile il
ricorso per Cassazione entro il termine di 30 giorni dalla
notificazione
Rif. art. 18 L.F.
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ORGANI DEL FALLIMENTO
Gli organi del fallimento sono:
 il Giudice Delegato (al quale spettano funzioni di
direzione e supervisione – rispetto della Legge
-durante lo svolgimento della procedura concorsuale)
 Il Curatore Fallimentare (al quale spetta la funzione
esecutiva dell’attività liquidatoria)
 Il Comitato dei Creditori (al quale spettano funzioni
di vigilanza sull’operato del liquidatore attraverso
l’espressione di pareri e autorizzazioni)
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Funzioni principali del curatore
Le disposizioni che riguardano il curatore fallimentare sono indicate
negli art. 27 e ss. L.F.. Tra le principali:
1)Redige l’inventario dei beni (art. 87 e ss. L.F.)
2)Forma l’elenco dei creditori e propone le ammissioni al passivo
(art. 95 L.F.);
3)Formula il programma di liquidazione (art. 104 ter L.F.);
4)Valuta le proposte che pervengono durante la procedura;
5)Resiste in giudizio;
6)subentra e/o scioglie contratti;
7)Promuove azioni civili contro il fallito (art. 146 L.F.);
8)Relaziona alla Procura della Repubblica (art. 33 L.F.)
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Comitato dei creditori
Il comitato dei creditori (artt. 40 e ss. L.F.) ha assunto un
ruolo centrale dopo la riforma del diritto fallimentare ed
è chiamato ad esprimere pareri di convenienza e ad
autorizzare determinati atti del curatore o su richiesta del
G.D.
1) Viene nominato dal G.D. su istanza del curatore entro
30 giorni dalla sentenza;
2) Nomina al suo interno il Presidente e ha funzioni
consultive;
3) Vengono applicate le regole del collegio sindacale e
possono percepire un compenso per l’opera svolta.
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Impostazione della norma fallimentare
riformata
La nuova norma fallimentare trae spunto dal chapter 11
del Bankruptcy Code americano.
Il chapter 11 statunitense riguarda una parte della
normativa fallimentare americana attraverso la quale si
da corso ad un’attività di riorganizzazione più che di
liquidazione volta principalmente al RISANAMENTO
DELL’IMPRESA
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Le altre procedure concorsuali: cenni




liquidazione coatta amministrativa
concordato preventivo
concordato fallimentare
accordi di ristrutturazione ex artt. 67 L.F. e 182 L.F.
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La liquidazione coatta amministrativa
La liquidazione coatta amministrativa è una
procedura concorsuale che si applica ad alcune categorie
d’impresa predeterminate dalla legge:
Imprese bancarie e assicurative
Società con partecipazione dell’Istituto per la
ricostruzione industriale
Imprese finanziate dal fondo per il finanziamento
dell’industria meccanica
Società cooperative
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La liquidazione coatta amministrativa
1.
Finalità pubbliche: strumento al servizio di interessi
pubblici;
2.
Il commissario liquidatore ha le funzioni del curatore
fallimentare;
3.
L’Autorità di Vigilanza ricopre il ruolo del Giudice
Delegato nel fallimento;
4.
Segue percorsi amministrativi, ma anche giudiziari.
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La liquidazione coatta amministrativa
Il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa
proviene da un organo amministrativo e, per applicare
tutta la norma fallimentare, (in particolare la parte
relativa alle azioni revocatorie e penale) è necessario
presentare il ricorso per l’accertamento dello STATO DI
INSOLVENZA da parte del Tribunale competente
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Il concordato preventivo
il Concordato preventivo è una procedura concorsuale
attraverso la quale l'imprenditore ricerca un accordo con
i suoi creditori per non essere dichiarato fallito o
comunque per cercare di superare la crisi in cui versa
l'impresa
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Il concordato preventivo
Segue delle regole ben precise descritte dagli articoli 160
e seguenti della legge fallimentare.
Il concordato ha subito una notevole variazione dalla
vecchia normativa e, attualmente, è impostato su regole
più elastiche che lo rendono uno strumento concorsuale
più accessibile.
La più importante variazione riguarda la percentuale di
pagamento dei creditori chirografari (eliminato il minimo
del 40%) e l’introduzione delle classi di creditori.
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Il concordato fallimentare
La proposta di concordato può essere presentata da uno o
più creditori, da un terzo e dal fallito (art. 124 l. fall.). Nel
primo e nel secondo caso può essere presentata anche
prima che sia stato reso esecutivo lo stato passivo, ma è
necessario che sia stata tenuta la contabilità per consentire
al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei
creditori
da
sottoporre
all’approvazione
del
giudice delegato. Il fallito può presentare la proposta di
concordato solo dopo 1 anno dalla dichiarazione di
fallimento ed entro due anni dal decreto che rende
esecutivo lo stato passivo.
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Accordi di ristrutturazione dei debiti
1.Gli
accordi ex art. 67 L.F.
2.Gli
accordi ex art. 182 bis L.F.
3.La
transazione fiscale ex art. 182 ter L.F.
Offrono la possibilità di sottrarre i creditori che accettano
dalle azioni revocatorie che potrebbero essere attivate in
caso di fallimento dell’impresa
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FINE PRIMA PARTE
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