Corso IDA nella Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli CORSO IDA nella C.C.F. di Pozzuoli carceredonnachiamascuola.come prof. Apa, Cicala, D’Emilio, Martorelli, Minale, Caccavale, Schiavone [email protected] [email protected] [email protected] [email protected] Il mondo dell’Agire Il lavoro dei docenti parte dall’osservazione della realtà in cui si agisce per concretizzarsi in percorsi di lavoro specifici, modellati su di essa. La nostra realtà di lavoro è quella del carcere femminile. Ciò rende l’ esperienza particolare. Il microcosmo carcerario rispecchia la realtà “libera”; in esso le dinamiche e le problematiche sociali, il valore dell’educazione e della famiglia e, ovviamente, il significato e il rapporto tra verità, giustizia e legge assumono ridondanza ed evidenza. È un osservatorio “privilegiato” che consente di individuare e mettere a fuoco sviluppi e conseguenze delle criticità sociali. Nel territorio-Carcere non c’è scelta, non ci sono vie di mezzo: o si è con le donne recluse, nel fiume della conoscenza, oppure si rischia di rimanere sulla riva, indifferenti o impotenti. La Scuola in carcere non giudica, non difende, non sorveglia, guarda il recluso come persona libera di imparare e di crescere e crede al proprio compito di colmare i vuoti, riorganizzare i saperi, cogliere le necessità e proporre soluzioni. E’ sostegno, guida, facilitazione: Scuola-Valore, che entra nelle vite, pone le domande e sollecita le risposte, che permette di comprendere ciò che è dentro ognuno di noi, ma spiega anche il mondo; che si nutre del contatto diretto con realtà problematiche, nella sperimentazione quotidiana del didatticamente possibile. La Scuola ha dovuto ridefinire se stessa, ampliare il raggio di azione per essere il perno dei percorsi di apprendimento per tutta la vita, di attività la cui ricaduta fosse l’acquisizione della competenza “apprendere ad apprendere”, disposta ad agire ma anche favorire l’agire. Un agire razionale, sostenuto da teoria e progettazione, che conosce “lo stato dell’opera”, ciò che, nell’ambito della didattica, è accademicamente codificato. Ma il carcere è un mondo chiuso in cui scompaiono i detenuti e chi con loro opera. Il mondo della reclusione attira e incuriosisce, rivela a ciascuno prima se stesso e poi la persona reclusa, mette alla prova, alla lunga deprime. E il contatto con la marginalità penetra dentro, genera ansia, destabilizza e mette a dura prova convinzioni e valori. Una strategia da adottare è la sospensione del giudizio: il pericolo, però, è la svalorizzazione di ogni sistema etico, il rischio di ritrovarsi vuoti e muti. Cosa accade a chi, come noi, è con loro per anni, quasi vivendo un piccolo ergastolo? Si attraversa un itinerario a fasi, alternando entusiasmo e demoralizzazione. La risorsa del nostro gruppo è stata quella di realizzare una ‘rete’ che ci ha permesso di raccogliere le forze e spingerci in avanti nell’ assoluta convinzione che il percorso collaudato è valido, ha una sua anima, si svolge e srotola come se fosse autonomo da noi, nutrito delle energie di ciascuna. È un lavoro graduale attraverso il quale dare concretezza al senso più profondo dell’insegnamento che ha come obiettivo primario la formazione e la definizione di sé come persona dotata di libertà, autonomia e indipendenza di pensiero e di giudizio. Gli snodi fondamentali L’analfabetismo primario, di ritorno e tecnologico allontanano le donne detenute dal mondo del lavoro che impone nuove competenze comunicative e tecnologiche. Il progressivo aumento di immigrati nella società italiana provenienti dai paesi dell’Africa, del SudAmerica, dell’Oriente e dell’Est europeo rende necessario lavorare principalmente sull’apprendimento della lingua italiana e fornisce uno spunto di riflessione e di confronto sui temi della cittadinanza attiva e dell’integrazione; ancor più nella realtà del carcere dove è rilevante la presenza delle detenute straniere. La didattica da utilizzare deve partire dall’acquisizione delle indispensabili strumentalità di base attraverso l’uso di strumenti e tecniche, anche innovativi, per portare le donne recluse a replicare in altri contesti ciò che hanno appreso e ad attuare le strategie più idonee per continuare ad apprendere da sole in un processo di autoformazione. Il compito irrinunciabile della nostra Scuola permane quello di EDUCARE prima ancora di ISTRUIRE per promuovere la “formazione integrale” e restituire alla società un individuo consapevole e capace di opere scelte in ordine al miglioramento della propria vita Il corso di Scuola Media e Elementare (EDA/IDA) è attivo nella Casa Circondariale Femminile dal 1995 ininterrottamente. In esso sono maturate ipotesi di lavoro, progetti e percorsi di varia natura e Strategie carattere, collegati o sinergici alla didattica curricolare. Percorsi per il rilascio di diplomi e certificazioni: hanno coinvolto una percentuale progressivamente crescente dell’intera popolazione carceraria con il rilascio di un numero rilevante di diplomi rispetto alle altre scuole carcerarie italiane . Percorsi brevi e progetti: Italiano per stranieri A1 e A2; Alfabetizzazione informatica e preparazione ECDL; Inglese parlato I e II livello; Microeconomia; Legalità e Cittadinanza; Salute e prevenzione; Alimentazione PON : Italiano per stranieri (2008; 2009; 2010; 2011; 2012; 2013 ) Danze popolari (2009; 2010) Cartonnage, laboratorio artigianale manuale di fabbricazione e decorazione di carta e cartonati (2010; 2011; 2013) Teatrodidattica (2012) Galateo tra le sbarre(2012) POR: Coro polifonico Armoniche armonie (2011) con saggio finale; FEI: Italiano per stranieri liv. preA1 Progetti teatrali (con l’associazione Maniphesta 1998 -2002): Donna Eleonora Giacubina – Jesus Chist Superstar – Amleto – Lepamara – Un viaggio dentro - Ritorno Quando si gira la chiave (2005),..e al suo fianco le donne di Gerusalemme (2006) Il pranzo di Babette (2007) La Storia delle Storie (2008) parlandoDamore (2009) Le quattro giornate di Napoli (2009/2013) Nascett’mmiezz o mar’ (2010) Lungo la via: racconti di vie crucis (2011), Giulietta e Romeo (2012) “Edonè- Le inattese gradazioni della gioia” (2013) …e la Stella indicò la via: Presepe vivente (2008/2009/2011/2014/2015), Libriamoci (2015), Senza catene. Parole in libertà (2015) Officina di scrittura “La Sacca Iriconda” Laboratorio “fare poesia” (1997-2014); laboratorio di storie brevi “Finalmente Moby Dick” (2000); laboratorio “Mandala”: pubblicazione del volume Davanti a me è caduto il cielo” (20012004); concorso di scrittura: “ Dolore e speranza” (2004); racconto collettivo delle donne Rom “Raccogliendo storie: Chi è Marjia?” per il concorso “Scrivere una storia, scrivere un film” (2006); concorsi di poesia e recensioni di testi pubblicati ( tra gli altri: “Le detenute” di Stella Magni, “L’Aleph” di Silvio Perrella). Laboratori di manipolazione. Laboratori di pasta salata con realizzazione di presepi artistici (1998-2002) esposti in mostra, Progetto “Taglia e cuci le Pigotte” dell’UNICEF (2005-2008) per beneficenza Preparazione e visite guidate a Baia Sommersa e agli scavi di Ercolano Partecipazione come giuria al Valsusa Film Festival (2013/2014), Oltre il muro (Festival DDUU-2015) Cineforum “Il Cinema è un insostituibile strumento didattico nell’ottica di una cultura della visione collettiva, che permette il confronto e lo scambio”. Il corso IDA/EDA dal 2007 al 2014 ha strutturato un progetto in due fasi dove, partendo da una proposta filmica a tema (Donne forti, Cinema indipendente, Cinema biografico, Storia e storie, ecc) le alunne detenute guidano tutte le altre recluse del carcere ad una visione più consapevole del prodotto cinematografico Laboratorio di scrittura “La Sacca Iriconda” Il laboratorio di scrittura è attivo nella C.C.F. dal 1997 ininterrottamente. Ogni percorso di scrittura, con un preciso piano di lavoro, si è inserito in un laboratorio permanente nel quale le docenti e le detenute sono cresciute insieme, consolidando tecniche e approcci a contenuti e situazioni diverse. Laboratorio “fare poesia”: un viaggio intorno alla parola per scoprirne la forma, il suono, la poeticità, la potenza attraverso esercizi-gioco, immagini e suoni che stimolano la creatività e portano le donne detenute a comunicare con se stesse ed il mondo esterno. Una voce alla sofferenza, al malessere, alla noia, ma anche lo spazio alla gioia, alla tenerezza, per generare confidenza e fiducia in sé e negli altri. Si sono sperimentate tecniche diverse per fissare l’emozione: il testo poetico è divenuto così strumento per rileggersi e penetrare più profondamente nella propria esistenza, favorendo la disciplina interiore attraverso la disciplina espressiva. Laboratorio “Finalmente Moby Dick: Sottosopra il mare profondo delle storie”: storie brevi per la semplicità strutturale del testo stesso ma soprattutto per rispondere al bisogno spontaneo e naturale di raccontarsi, alle caratteristiche varie e stimolanti, agli strumenti espressivi delle donne recluse. Le Storiebrevi partivano sempre da un vincolo, un elemento spiazzante di natura diversa, incredibile e prodigioso, come uno strumento magico: la scrittrice viaggia libera dall’immaginario al reale e viceversa, rivelando involontariamente la sua interiorità più profonda. Progetto Mandala “Davanti a me e’ caduto il cielo: scritti dalla Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli” Buona Pratica 2004/2005 Scritti in prosa e in versi di donne detenute. Scritture intense ed appassionate, nate da un lavoro di tre anni svolto con il Gruppo di Soggettività Femminili della Biblioteca Nazionale di Napoli intorno ad un progetto di costruzione del sé. Il risultato è un itinerario modulare, formato da un insieme di aree tematiche - il corpo, la materia, le radici, il tempo, l’oltre, il rapporto madre-figli, la soggettività, la scrittura - in un suggestivo confronto con testi di scrittrici del ‘900, riportati nel CD allegato. Un lavoro assiduo di lettura e scrittura, che le detenute hanno svolto con grande coinvolgimento e che il libro riporta fedelmente. Non si tratta solo di uno strumento didattico che fornisce un’accurata metodologia esportabile in altri contesti, ma di una testimonianza di donne che affrontano con coraggio e creatività la loro condizione e che, in questo difficile passaggio, ritrovano la forza di raccontarsi e di sperare. Nel percorso di scrittura creativa si sono confrontate donne colte e donne recluse, l’arte e le emozioni. L’insegnante ha creato la situazione formativa, quel luogo di ascolto favorevole dove le parole sono protagoniste: ha offerto tecniche e conoscenze, diventando poi ascoltatore attento, affabulatore, evocatore di talenti, allenatore. “Partite dalla convinzione che donne senza cultura e senza stimoli avessero vissuti e saperi da comunicare e che, potessero arrivare a farlo da sole, noi docenti siamo certe, oggi, che ciascuno può esprimersi in modo non solo corretto e significativo, ma poetico e alto. Il risultato è andato al di là delle previsioni: il libro è pieno di durezza, disperazione e arroganza ma è anche attraversato da delicatezza, consapevolezza, sincerità, ingenuità inaspettate”. Il libro, risultato di un processo di mediazione culturale, diviene strumento di mediazione sociale collegando e rivelando il carcere al mondo esterno: è stato infatti adottato da istituti superiori di Napoli e Provincia per laboratori di scrittura creativa. I testi delle donne recluse sono ora letti, analizzati, discussi in classe da ragazzi e ragazze alle soglie del mondo adulto che si interrogano e si confrontano con gli universi interiori della detenzione, del disagio, della marginalità sviluppando un concetto più profondo di cittadinanza attiva e consapevole: accetto le regole non per obbligo ma per scelta. Non è facile spiegare a chi non l’ha vissuto /questo sorprendente giro su montagne russe/quando, ferme, ciò che è stato fatto / si srotola davanti agli occhi quietamente. Racconto collettivo delle donne Rom (Concorso - Scrivere una storia scrivere un film)“Raccogliendo storie: Chi è Marjia?” In occasione del concorso “ Scrivere una storia, scrivere un film” la testimonianza emersa in modo più potente sul tema dell’identità è stata quella del gruppo delle donne Rom. Con la tecnica dell’intervista proposta dalle docenti EDA sul modello letterario del libro “Ho trovato l’Occidente” di Amalia Crisantino, le donne nomadi hanno potuto superare i loro limiti comunicativi e trasferire in un racconto collettivo la narrazione del loro mondo: un territorio dai confini non demarcati, espressione di una cultura radicata e immutabile. Le insegnanti hanno raccolto fedelmente le narrazioni orali e scritte delle donne Rom, mantenendo le caratteristiche della lingua parlata, e insieme a loro le hanno tessute, costruendo un ritratto unico, una summa del loro mondo: abitudini, problemi, significato di identità, nome e famiglia. Questo racconto è “Raccogliendo storie: Chi è Marjia?” …Non ho mai avuto paura. Il carcere non è niente, non fa paura. E’ stare sempre ferma qui che mi fa star male. Qualche volta grido, o sbatto la testa sulle sbarre, o mi graffio, ma poi passa e posso andare a prendere il sole con le altre, chiacchierare. Sono dimagrita e poi un po’ ingrassata. I miei capelli sono diventati stanchi e molli, ma li terrò sempre lunghi…Io sono la mia gente, le donne che stanno sempre insieme, non sono mai sola nella mia famiglia… Nella nostra Scuola in Carcere ogni attività nuova non sembra mai partire da zero, trova una memoria, come alimentata dalle esperienze già fatte. Laboratorio teatrale “Officina Teatrodentro” “Quando si gira la chiave” L’idea iniziale è stata quella di proporre alle donne detenute un percorso musicale nel quale il canto è divenuto mezzo per raccontare idee e lavorare sulle emozioni. “…e al suo fianco le donne di Gerusalemme” Una scommessa: proporre alle donne recluse, anche straniere, di cantare gregoriano, a cappella, in volgare, in latino mentre le loro orecchie, abituate esclusivamente alla neomelodia napoletana, scoprivano sonorità antiche e classiche. L’idea: far raccontare alle donne la Passione e Resurrezione di Cristo in italiano duecentesco, e creare un secondo piano di lettura attingendo alle parole dolenti di una delle massime poetesse italiane, un modo per attraversare le vie del dolore e ripercorrere le croci di ognuna a partire dalle parole di Jacopone da Todi e Alda Merini. Ancora una sfida. “Il pranzo di Babette” Per lavorare sui concetti di tolleranza e diversità si è scelto il cibo: lo scambio di esperienze crea un vissuto condiviso, una lingua comune e cucinare insieme, riflettendo sul ruolo del cibo nella vita, catalizza la comprensione e il riconoscimento reciproco. Dal lavoro sul cibo è nato il percorso dell’autoritratto saporito: le donne detenute hanno delineato un ritratto di se stesse come piatti da offrire agli altri per farsi conoscere. I loro ritratti culinari sono stati riuniti in una performance musico-mimica, inserita in una manifestazione nel Carcere promossa dal Comune di Napoli. “La Storia delle Storie”. Le donne detenute, senza parole, solo con gesti, suoni e rumori, rappresentano la Shoa , paradigma di tutte le storie di sistematica intolleranza che percorrono la Storia. “…e la Stella indicò la via” Dodici quadri sulla Natività interpretati dalle donne recluse. Da parole sparse, stracci, rami secchi, “roba vecchia” la Scuola dà vita ad una credibile performance-presepiale in costume, dove le donne recluse si muovono negli spazi del carcere guidate da musica e voci narranti. “ parlandoDamore” Totò e l’amore nella testimonianza di Liliana De Curtis e l’amore negli scritti delle recluse. “Le quattro giornate. Il coraggio di Napoli” Educare a ricordare il coraggio di Napoli. La Scuola, insieme alle alunne, si interroga su cio che è stata capace di fare la gente di Napoli in nome della Libertà, spontaneamente e consapevolmente. 96 ore di guerra tra cronaca storica, fotografie e le spensierate canzoni del 1943. “Lungo la via: racconti di vie crucis” La strada, ci orienta, ci conduce: ancora un’occasione per ragionare sul come si va e non solo su dove si deve arrivare. La Passione è il Cammino per antonomasia, attraverso il quale la vita assume senso e valore. La suggestione è attraversare le vie del dolore e ripercorrere le Croci di ciascuno partendo dalla meditazione, in carcere, sulla Morte e sulla Resurrezione: le stazioni della Via Crucis vengono narrate come stazioni dell’anima, alternando la drammatizzazione di testi autobiografici delle detenute alla lettura di scritti letterari ed evangelici come spunto di riflessione, voci quasi senza corpo sussurrate allo spettatore. Luci, movimento e suoni sottolineano il procedere dell’azione, mentre le diapositive puntualizzano con immagini originali e pensieri chiave le tappe fondamentali del percorso. “Edonè- Le inattese gradazioni della gioia”. Il progetto “Contagioiamoci” è nato dall’intesa tra il carcere, la scuola, l’associazione “Il meglio di te” ONLUS e la creatrice de “Le gioie di Marisol” Luciana Pennino. Sull’idea di portare la Gioia in carcere sono nati un percorso di arte figurativa e un laboratorio di scrittura creativa a tema. I brani originali sono confluiti, insieme a suggestioni letterarie, in due performance teatrali Il progetto è stato inserito nella VI Edizione del Cinema dei Diritti Umani di Buenos Aires, con un cortometraggio proiettato alle detenute del carcere femminile di Ezeiza in Argentina. Progetti PON e Regionali Stages La Scuola in carcere ha visto approvati e finanziati dal 2007 ad oggi 11 PON ( Danze Popolari per usare le danze tradizionali come leva di integrazione tra italiane e straniere; Cartonnage per fabbricare carta artigianale; Galateo fra le sbarre per trasformare la regola esteriore in regola interiore; Teatro didattica con un esperto . madrelingua inglese e la messa in scena di una rivisitazione di Romeo e Giulietta) e 1 POR (Coro polifonico con la realizzazione del concerto conclusivo “Nascett’ mmiezz o mare”. Educate all’ascolto le detenute hanno scoperto un patrimonio musicale antico, ma non vecchio, e affinato la naturale vocalità in una proposta di polifonia) Annualmente il Corso IDA ospita stage nei quali le donne recluse incontrano classi di Scuola superiore per confrontarsi su temi sviluppati in parallelo (IST.”Pitagora, Liceo “Virgilio”) o laureande e specializzande in Pedagogia o Filosofia Ogni giorno abbiamo a che fare con il disagio più profondo, eppure ci sta bene. Perché abbiamo la sensazione che quello che facciamo tocchi gli aspetti fondamentali dell’esistenza delle persone. . E anche se non abbiamo risposte, anche se agiamo in un piccolo contesto non crediamo che il nostro lavoro sia escluso dalle cose che contano