Classe 3^ - Tecnologie mecc. di proc e prod. - UdA n° 3: Metodi di fabbricazione - Processi di giunzione
PROCESSI DI GIUNZIONE DEI MATERIALI
Quando una struttura o una costruzione meccanica, composta da lamiere, profilati ecc. si deve
unire per mezzo di due lembi sovrapposti, possono presentarsi due casi:
1) Unioni fisse, rigide e definitive: chiodature, saldature
2) Unioni amovibili o smontabili (quando occorre): viti, perni, linguette
Qui si prendono in considerazione le prime.
COLLEGAMENTI FISSI
I collegamenti fissi sono quelli utilizzati quando le parti di un insieme devono essere collegati in
maniera definitiva. In questo caso le parti unite non potranno più essere separate se non con la
rottura del collegamento.
Chiodature
La chiodatura, operazione di giunzione molto antica, consiste nell’unire stabilmente due o più
parti, generalmente lamiere o profilati, per mezzo di chiodi.
Oggi, superata dalla saldatura, è utilizzata soprattutto nella manutenzione e nella riparazione
delle vecchie costruzioni metalliche.
Si usano chiodi in acciaio extradolce oppure di
rame, ottone e leghe leggere.
Ogni chiodo, che ha una testa ed un gambo, ha la
forma lievemente tronco-conica e viene introdotto in
appositi fori eseguiti sui lembi delle parti da unire e poi
ribadito a freddo o a caldo in modo che l’estremità del
gambo venga a formare una seconda testa.
Per giunzioni poco sollecitate può essere utilizzato
un acciaio tipo Fe 370, per impieghi più importanti può essere utilizzato un acciaio tipo Fe 420, che
possiede buoni allungamento e resistenza a trazione associati a buona fucinabilità.
Le maggiorazioni dei fori rispetto ai chiodi sono stabilite secondo la seguente tabella.
Chiodi Φ
Foro Φ
10
11
13
14
16
17
19
20
22
23,5
25
26,5
28
30
Il diametro d del gambo del chiodo può essere fissato
in funzione dello spessore s della lamiera, per esempio
attraverso la relazione:
d = (5 ÷ 6) · √s
Solo per diametri fino a 8 [mm] la ribaditura della
seconda testa dei chiodi (detti “ribattini”) può essere
effettuata a freddo. Per diametri maggiori la ribaditura
deve essere effettuata a caldo, riscaldando il chiodo al
color rosso. L’accorciamento che il chiodo subisce
raffreddandosi preme l’uno contro l’altro i lembi uniti
rendendo così l’unione dei pezzi chiodati più stabile.
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Saldature
La saldatura è una giunzione rigida e permanente di parti metalliche effettuata soprattutto
mediante l’interposizione di un metallo d’apporto che viene fuso a contatto delle superfici.
I vantaggi della saldatura sulla chiodatura sono:
- risparmio di materiale
- riduzione di peso
- rapidità di esecuzione
- minor costo
- resistenza alla corrosione
Lo svantaggio della saldatura rispetto alla chiodatura é dovuto all’aumento di temperatura
localizzato, che può provocare tensioni interne e deformazioni.
Classificazione delle saldature
Sotto l’azione del calore si uniscono permanentemente e rigidamente più elementi metallici, con
o senza apporto di altro materiale metallico.
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Saldatura
Autogena
(il metallo
d’apporto é
della stessa
natura dei
pezzi da
saldare
A pressione
(i due pezzi
vengono
collegati allo
stato plastico)
Per bollitura
(vomeri, mazze,
martelli...)
Per attrito
(tubi, barre...)
Elettrica per resistenza
(di testa, a punti, a rulli)
(anelli di catene,
placchette, lamiere...)
... a punti:
Elettrica per scintillio di
archi voltaici (rotaie,
profilati...)
Per fusione
(i due pezzi
vengono uniti
allo stato
liquido)
Ossiacetilenica
(il calore é sviluppato
dalla combustione di una
miscela di acetilene ed
ossigeno)
Ad arco voltaico
(che scocca tra pezzo da
saldare ed un elettrodo)
A filo continuo
(MIG: MetalInertGas)
(Il filo, che si consuma,
costituisce l’elettrodo; il
gas inerte di protezione é
argon o elio)
Ad arco sommerso
(polvere di CaO)
Argonarc
(TIG:TungstenInertGas)
(L’elettrodo di tungsteno é
infusibile, il gas é argon o
elio o, per motivi
economici, anidr. carb.).
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Saldatura
Eterogenea
(Il metallo
d’apporto é
diverso dai
metalli da
unire)
Saldobrasatura
(deposito di uno strato di lega fra i due
metalli, che possono essere anche diversi.)
Brasatura
(infiltrazione,
tra due metalli
anche diversi,
di un metallo
d’apporto allo
stato fuso; i
due lembi non
devono
pervenire a
fusione.)
Dolce
(se la temperatura di
fusione del metallo
d’apporto é minore di 400
°C, come per stagno e
piombo)
Forte
(se la temperatura di
fusione del metallo
d’apporto é maggiore di
400 °C, come per il rame,
l’ottone, l’argento)
Moderni procedimenti di saldatura sono quelli ad ultrasuoni, al laser ed al plasma.
Saldatura per fusione
I due pezzi vengono uniti allo stato liquido. Gli elementi fondamentali di una saldatura per
fusione sono:
-
-
-
Metallo base (P1 e P2)
Metallo d’apporto (M), che viene fuso tra i due
pezzi da unire
Lembi (L1 e L2), che sono i bordi delle superfici
dei due pezzi
Cordone di saldatura (C), che costituisce
l’insieme del metallo base e di quello d’apporto
solidificati
Sorgente di calore (S), che fornisce il calore
necessario per fondere il metallo base ed il
metallo d’apporto.
La zona nella quale si realizza il collegamento tra i
due pezzi costituisce il “giunto saldato”.
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Le fasi dell’operazione di saldatura per fusione sono:
1) Riscaldamento contemporaneo dei lembi da saldare e dell’estremità della bacchetta che
costituisce il metallo d’apporto attraverso una sorgente di calore;
2) Fusione contemporanea dei pezzi e della bacchetta con formazione del bagno liquido;
3) Creazione del cordone di saldatura mediante il movimento di traslazione, lungo i bordi, della
sorgente di calore e della bacchetta di metallo d’apporto (se presente).
Pef effettuare la saldatura occorre portare allo stato fuso le estremità dei pezzi da unire ed il
metallo d’apporto. Nella tabella seguente ricordiamo le temperature alle quali portare i principali
materiali metallici:
Materiale metallico
Acciaio
Alluminio
Bronzo - Ottone
Ghisa
Rame
Stagno
Temperatura [C°]
1300 ÷ 1400
660
900
1200
1080
230
E’ necessario ricorrere a sorgenti che sviluppino il calore sufficiente a superare le temperature
alle quali i vari materiali fondono.
Le sorgenti di calore possono essere di due tipi:
1) termochimica, quando il calore è generato da una reazione chimica come nel caso
della combustione di acetilene ed ossigeno
2) termoelettrica, quando il calore è generato da un fenomeno elettrico come nel caso
dell’arco elettrico (passaggio di corrente tra due conduttori) che scocca tra
l’elettrodo-metallo d’apporto ed il pezzo da saldare.
Le figure a lato e sotto indicano
rappresentare la saldatura nei disegni tecnici.
come
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SALDATURA OSSIACETILENICA
Il processo ossiacetilenico si ottiene dalla reazione tra il gas combustibile “acetilene” ed il gas
comburente “ossigeno”:
C2 H2 + O2
2 CO + H2 + 446 [kJ]
calore
Tale reazione avviene all’interno di un “cannello”
- Ossigeno
L’ossigeno è un gas incolore e inodore, che si combina facilmente con gli elementi chimici
formando un processo di ossidazione. Non è esplosivo.
L’ossigeno utilizzato industrialmente è commercializzato in bombole di acciaio, nelle quali
viene compresso fino a 19 [MPa].
- Acetilene
L’acetilene è un idrocarburo, non tossico ma asfissiante, che si ottiene per azione dell’acqua sul
carburo di calcio sistemato in appositi gasogeni. Tale reazione genera come residuo idrato di calcio
che si combina facilmente con l’ossigeno.
Ca C2 + 2H2 O
C2 H2 + Ca (OH)2 + 110,95 [kJ]
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- Cannelli
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- Fiamma ossiacetilenica
Nella fiamma ossiacetilenica, che può essere neutra oppure carburante od ossidante, si
distinguono tre zone:
1) dardo, che è la fiamma di forma conica all’estremità del cannello
2) zona riducente, dove giungono i prodotti della reazione chimica (CO e H2) e nella quale
viene sottratto ossigeno all’aria
3) fiocco, di colore bianco sporco, che contiene CO2 e vapor d’acqua.
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La rappresentazione schematica delle saldature nei disegni tecnici è descritta nella tabella UNI
1310.
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Saldabilità dei materiali metallici
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- Saldatura degli acciai
Gli acciai devono possedere:
1) piccola riduzione delle caratteristiche meccaniche a causa del calore apportato con la
saldatura
2) composizione tale che non si determinino effetti di tempra con il successivo raffreddamento
Gli acciai a basso contenuto di carbonio (C < 0,15 %) posseggono tali caratteristiche.
Come materiale d’apporto si consiglia un acciaio a bassissimo tenore di carbonio ed esente da
zolfo e fosforo.
Non occorrono disossidanti perché l’ossido che si forma ha massa volumica inferiore a quella
dell’acciaio, per cui galleggia sul bagno di fusione ed è facilmente eliminabile sotto forma di scoria.
Per eliminare eventuali tensioni interne che si formano nella zona saldata a causa del
raffreddamento, si può sottoporre il pezzo al trattamento termico di “normalizzazione”.
- Saldatura della ghisa
E’ generalmente limitata alla sola riparazione degli oggetti fusi (pulegge, volani, basamenti …)
e viene eseguita con fiamma carburante.
Per evitare rotture causate dalle tensioni interne prodotte dal ritiro, occorre che:
1) la saldatura sia eseguita sul pezzo preriscaldato a circa 820 °C
2) il raffreddamento sia effettuato molto lentamente in forno.
Come materiale d’apporto si usa ghisa grigia ad alto tenore di silicio, che impedisce la
formazione di ghisa bianca (molto dura) nel cordone di saldatura.
Per eliminare eventuali tensioni interne che si formano nella zona saldata a causa del
raffreddamento, si può sottoporre il pezzo al trattamento termico di “ricottura”.
- Saldatura del rame e sue leghe
Il rame ha grande conducibilità termica, per cui occorrono cannelli potenti.
E’ bene impiegare acetilene depurato e fiamma neutra.
Nel caso dell’ottone occorre usare come materiale d’apporto un materiale che abbia la stessa
composizione dell’ottone da saldare, utilizzando disossidanti ed operando con grande rapidità per
evitare la volatilizzazione dello zinco.
La fiamma deve essere ossidante o neutra.
Per il bronzo valgono le medesime regole.
- Saldatura dell’alluminio e delle leghe leggere
Occorre pulire accuratamente le superfici da saldare e preriscaldare i pezzi a circa 250 °C.
La saldatura va effettuata con fiamma leggermente carburante.
Durante l’operazione, si forma ossido di alluminio che ha massa volumica ed una temperatura di
fusione maggiore di quella del metallo base e che rimane quindi incluso nel bagno fuso rendendo
difettosa la saldatura. Perciò è necessario utilizzare disossidanti.
Il materiale d’apporto deve essere alluminio purissimo nel caso della saldatura dell’alluminio
mentre, nel caso della saldatura delle leghe leggere, deve essere un materiale che abbia la stessa
composizione della lega da unire.
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SALDATURA ELETTRICA AD ARCO
La sorgente di calore è di natura termoelettrica.
Il calore necessario a fondere il materiale è fornito da un arco voltaico che scocca tra i due capi
di un circuito elettrico. I due capi sono posti ad un’opportuna distanza.
In pratica scocca una scarica elettrica tra due poli a diverso potenziale (elettrodi). Un elettrodo è
costituito dal pezzo da saldare e l’altro dalla bacchetta che funge da materiale d’apporto.
L’arco è accompagnato da un fortissimo sviluppo di calore (3500 ÷ 4000 °C ), in grado di
fondere qualsiasi materiale in una zona molto ristretta.
Poiché la luce emessa dall’arco è molto luminosa e vi è presenza di raggi ultravioletti ed
infrarossi, si rende indispensabile per l’operatore l’utilizzo di una visiera a protezione degli occhi.
Consideriamo l’elettrodo positivo (anodo) costituito dalla
bacchetta di metallo d’apporto collegato al polo positivo del
generatore e l’elettrodo negativo (catodo) costituito dal pezzo da
saldare.
La corrente dell’arco è costituita da un flusso di cariche
elettriche negative (elettroni) che partono dal polo negativo
(catodo-pezzo) e vanno verso il polo positivo (anodo-bacchetta)
che le attrae.
Gli elettroni, mentre attraversano l’aria con forte velocità, la
ionizzano, cioè asportano gli elettroni dagli atomi dei gas
presenti nell’aria, che diventano così cariche positive (ioni).
Si forma così un flusso di elettroni diretto verso l’anodobacchetta (polo positivo) ed un flusso di ioni positivi verso il
catodo-pezzo (polo negativo). L’aria, che normalmente è
pessima conduttrice di elettricità, diventa in questo modo un
conduttore.
Lo scontro del flusso di elettroni con il flusso di ioni positivi
determina sviluppo do calore e quindi aumento della temperatura
e della luminosità dell’arco elettrico.
Anche se si invertono le polarità del generatore, si avranno
sempre i flussi di ioni dall’anodo-pezzo (polo positivo) al
catodo-bacchetta (polo negativo) e di elettroni dal catodobacchetta (polo negativo) all’anodo-pezzo (polo positivo).
Elettrodo
L’elettrodo è la bacchetta di materiale conduttore che costituisce uno dei due poli (l’altro è
costituito dal pezzo da saldare).
Oggi, dopo essere stati abbandonati gli elettrodi di carbone e quelli “nudi”, che davano saldature
di qualità scadenti, difettose e di scarsa resistenza, sono utilizzati i cosiddetti elettrodi “rivestiti”.
Gli elettrodi rivestiti sono costituiti da una bacchetta di metallo, generalmente di acciaio dolce,
rivestita con appropriate sostanze aventi lo scopo di formare attorno alla zona di fusione un fiocco
di protezione contro l’ossidazione. Tali sostanze (soprattutto ossido di calcio con aggiunte di ossidi
di alluminio, di magnesio e di manganese) assorbono l’ossigeno presente nella zona di fusione e
scorificano gli ossidi inclusi nel bagno. La scoria viene asportata col martellamento.
La figura seguente illustra il comportamento di un elettrodo rivestito durante la saldatura ad arco
voltaico.
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La goccia di materiale d’apporto (5), che si
distacca dal pozzetto di metallo liquido (3) originato
dalla fusione dell’anima metallica (1), viene trascinata
dall’arco voltaico (6) e spinta nel cratere di fusione
(10); la goccia ed il bagno di fusione sono protetti
dall’ossidazione da un fiocco di gas (9) prodotti dalla
sublimazione del rivestimento (2).
La scoria liquida (4) proviene dalla fusione del
rivestimento e dà origine al fiocco protettivo; la scoria
fluida (7) proviene dal bagno di fusione; la scoria (8)
è solidificata.
La protezione è necessaria per evitare che
l’ossigeno si combini col ferro formando ossido di
ferro e si combini col carbonio formando ossido di
carbonio. Non sempre l’ossido di carbonio , che è un gas, risale in superficie e rimane quindi
imprigionato nel cordone di saldatura formando vuoti (porosità). La presenza di tali ossidi nel
giunto saldato ne compromette la robustezza perché abbassa la resistenza del materiale.
Il diametro dell’elettrodo è scelto in funzione dello spessore del materiale da saldare.
Per ottenere i migliori risultati, è bene che la distanza tra la superficie del pezzo da saldare e
l’estremità dell’elettrodo (lunghezza dell’arco) sia di circa 3 [mm]. Distanze inferiori determinano
un eccessivo riscaldamento del pezzo e l’incollamento dell’elettrodo al pezzo stesso. In questo caso
si ha il caratteristico scricchiolio (arco che frigge); distanze più elevate provocano dispersione di
calore e quindi si hanno scarsa penetrazione, saldatura piatta e poco resistente.
Vantaggi della saldatura elettrica ad arco
La saldatura ad arco presenta su quella ossiacetilenica i seguenti vantaggi:
- maggiore vantaggi di esecuzione
- minore difficoltà per saldare pezzi di spessore diverso
- non richiede il preriscaldamento dei pezzi
- minime e trascurabili deformazioni delle strutture saldate perché le tensioni di ritiro si
concentrano nella zona di saldatura (da ciò l’utilizzo nella saldatura delle strutture reticolari)
Saldatura della ghisa
Mentre la saldatura ad arco degli acciai non presenta difficoltà, non è così per la ghisa per i
seguenti motivi.
1) A causa della differente velocità di raffreddamento del bagno di fusione, il giunto risulta
costituito da strutture cristalline aventi caratteristiche meccaniche e tecnologiche diverse.
Infatti le porzioni di ghisa liquida che si formano sui bordi dei pezzi si raffreddano
bruscamente trasformandosi in ghisa bianca, che è a base di carburo di ferro (cementite),
durissima e fragilissima, mentre la zona centrale della saldatura, che si raffredda più
lentamente, risulta costituita da ghisa grigia assai meno dura e quindi più tenace.
2) Durante la fase di ritiro la zona centrale della saldatura esercita sforzi di trazione sulle
porzioni di ghisa bianca formatesi sui bordi e ne provoca la fessurazione.
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SALDATURA ELETTRICA A FILO CONTINUO
E’ sfruttato il principio dell’arco elettrico. Un filo
costituisce un elettrodo, mentre l’altro elettrodo è
costituito dal pezzo da saldare (d).
Il filo è avvolto su un aspo (a) ed è trascinato da
una coppia di rulli (b) tramite un motore. L’impianto
è provvisto di di un generatore di corrente (c) e di un
dispositivo (e) che apporta un mezzo di protezione
nella zona dove scocca l’arco elettrico.
L’arco viene traslato lungo l’asse del giunto con
una certa velocità (velocità di saldatura), realizzando
così la saldatura del giunto.
I fili possono essere pieni, di solo metallo,
ottenuti per trafilatura, oppure provvisti di un’anima
interna contenenti granuli con funzione di protezione del bagno di saldatura.
Nella saldatura elettrica sia il bagno di fusione che l’arco sono esposti all’azione ossidante
dell’aria. Si sono percò studiati dei sistemi aventi lo scopo di proteggere arco e bagno. Tra questi, i
più efficaci sono quelli che creano attorno alla zona di fusione un’atmosfera protettiva formata da
un gas.
Tali gas possono essere inerti, perché non si combinano con gli altri elementi del bagno di
fusione (es.: argon, elio), oppure attivi , perché si combinano con gli elementi presenti nel metallo
base (es.: anidride carbonica o miscele che la contengono).
Importante è la saldatura ad arco a filo continuo fusibile con protezione di gas (detta “Gas
Metal Arc Welding”, sintetizzata con la sigla 0.GMAW). In questo caso, l’arco elettrico scocca tra
il materiale da saldare ed il filo metallico fusibile che fuoriesce da una torcia simultaneamente al
gas protettivo.
Il filo elettrico avanza automaticamente man mano che si consuma.
Si possono distinguere due tipologie di saldatura ad arco a filo continuo fusibile con protezione
di gas:
1) MIG (Metal Inert Gas), quando
l’atmosfera protettiva è costituita
da un gas inerte (solitamente
argon, più economico dell’elio)
2) MAG (Metal Active Gas),
quando l’atmosfera protettiva è
costituita da un gas attivo
(solitamente anidride carbonica,
capace di ionizzarsi e riassopirsi
in modo da variare la
composizione
chimica
del
bagno).
Dalla torcia esce automaticamente e
con continuità il filo-elettrodo spinto da
un dispositivo di trascinamento azionato
da un motore a velocità costante.
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L’arco scocca fra l’estremità del filo ed il materiale base, mentre dalla torcia fluisce anche una
corrente di gas che crea nella zona dell’arco un’atmosfera protettiva. La torcia è raffreddata
mediante una circolazione di acqua.
Un cavo elettrico collega un morsetto di massa alla saldatrice.
I due sistemi sono detti semiautomatici perché l’avanzamento del filo avviene automaticamente
man mano che si consuma, ma non lo è l’avanzamento lungo il giunto da saldare.
La saldatura MAG, che è più economica ma ha qualità inferiore, viene soprattutto utilizzata nei
sistemi robotizzati, divenendo così automatica. Il procedimento è veloce e a forte penetrazione ed è
utilizzato particolarmente nella saldatura degli acciai comuni e quando le lamiere da unire hanno
spessori notevoli.
I gas attivi della MAG, che hanno proprietà ossidanti, migliorano le condizioni generali di
esecuzione della saldatura ed il trasferimento del materiale d’apporto.
Importante è la saldatura ad arco a filo continuo infusibile
con protezione di gas (detta anche “argonarc” e “Gas Tungsten
Arc Welding”, sintetizzata con la sigla GTAW). Anche in questo
caso, l’arco elettrico scocca tra il materiale da saldare ed il filo
metallico, che però è praticamente infusibile essendo costituito da
tungsteno e che fuoriesce da una torcia simultaneamente al gas
protettivo.
Il TIG (Tungsten Inert Gas) utilizza come gas protettivo un
gas inerte (solitamente argon, meno costoso dell’elio) e l’elettrodo
è costituito da un’astina di tungsteno, che fonde ad una temperatura altissima (oltre i 3000 °C) assai
superiore alla temperatura di fusione della maggior parte dei materiali saldabili e per questo
considerabile “infusibile”.
Il materiale d’apporto, generalmente simile a quello base, è fornito da una bacchetta separata,
come nella saldatura ossiacetilenica.
La saldatura TIG, dato il suo costo, è utilizzata soprattutto per saldare acciai speciali e pregiati
(es.: acciai inossidabili), rame, ottone, leghe leggere e quando i pezzi hanno piccoli spessori. Non si
formano scorie da eliminare. La velocità di avanzamento è relativamente bassa.
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SALDOBRASATURA
Nella saldobrasatura il collegamento è ottenuto
colando tra i lembi dei pezzi, opportunamente riscaldati,
un metallo d’apporto chimicamente diverso dal
materiale base ed avente una temperatura di fusione
inferiore a quella dei materiali metallici da unire. In
sostanza l’unione tra il metallo d’apporto e quello base è
dovuta alla formazione di uno strato di lega tra i due
metalli.
Il metallo d’apporto deve possedere le seguenti caratteristiche:
-
temperatura di fusione inferiore a quella dei metalli da unire, che devono rimanere allo stato
solido
buona scorrevolezza
buona resistenza meccanica accoppiata ad una buona duttilità
Generalmente si utilizza come materiale d’apporto l’ottone, che fonde a circa 880 °C, sotto
forma di barretta cilindrica.
Si ricorre alla saldobrasatura per saldare acciai, ghise, bronzi e per unire materiali diversi; non è
adatta nel caso di leghe leggere in quanto, formandosi correnti galvaniche tra il metallo d’apporto e
l’alluminio, c’è pericolo di corrosione.
Il riscaldamento delle parti può essere eseguito col cannello ossiacetilenico o per mezzo di un
arco voltaico.
BRASATURA
Nella brasatura il collegamento è ottenuto colando tra i lembi dei pezzi, se necessario
leggermente riscaldati, un metallo d’apporto chimicamente diverso dal materiale base ed avente una
temperatura di fusione inferiore a quella dei materiali metallici da unire. L’unione dei pezzi avviene
per infiltrazione del metallo d’apporto nella struttura cristallina dei metalli base, che rimangono allo
stato solido.
A seconda della temperatura di fusione del metallo d’apporto, le brasature si distinguono in:
1) brasature forti, quando sono realizzate con metalli d’apporto aventi temperature di fusione
maggiori di 400 °C (es.: rame, zinco, argento)
2) brasature dolci, quando sono realizzate con metalli d’apporto aventi temperature di fusione
minori di 400 °C (es.: leghe di piombo e stagno)
La brasatura “dolce”, nota comunemente come “saldatura a stagno”, conferisce al giunto
saldato una resistenza meccanica assai limitata. Essa viene
comunemente utilizzata per collegare elementi dilatta, ottone, zinco,
rame, quando lo sforzo applicato alla giunzione è di piccola entità. E’
impiegata per saldare scatolame vario, recipienti e serbatoi contenenti
liquidi a bassa pressione, per il collegamento di piccoli cavi
conduttori di corrente elettrica e giunzioni di componenti elettronici.
La lega brasante viene fusa ed applicata sui lembi dei pezzi da
collegare per mezzo di un saldatore, costituito da un cuneo di rame
fissato all’estremità di un’asta provvista di impugnatura isolante. Il saldatore viene scaldato
direttamente sulla fiamma oppure mediante corrette elettrica.
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