Charles Wilson Peale, “L’artista nel suo museo” (autoritratto), 1822
Il museo moderno è un luogo democratico, dove il
pubblico non è “cortesemente ammesso per gentile
concessione di qualcuno” (slide 1), né “sopportato
malvolentieri come un… invasore” (slide 2).
È evidente però che diversi saranno i tipi di pubblico di
un museo a seconda del modello progettuale prescelto o
in esso prevalente.
Dove gli oggetti vengono mostrati
nella loro essenzialità , corredati
solo da cartellini, o dove ne viene
‘spiegato’ il significato attraverso
testi, didascalie, schemi, disegni,
sarà necessario che l’ambiente
del museo induca a una certa
concentrazione…
In un certo senso il pubblico
‘ideale’ di questi musei
sembrerebbe essere un
pubblico adulto, fatto
soprattutto di persone con
qualche interesse specifico o
almeno con una certa
motivazione alla visita…
Altri tipi di ordinamento si prestano di più
- e con minore sforzo - a essere fruiti da
più ampie fasce di pubblico…
Lo stesso vale, indipendentemente dal tipo di ordinamento
espositivo, se sono in gioco
‘pezzi’ che hanno un valore
intrinseco di spettacolarità…
Certamente ogni ordinamento che fa leva sulla stupefazione è in grado
di ‘parlare’ (o meglio comunicare delle sensazioni) a tutte le fasce di
pubblico…
Ma riguardo a tutti questi esempi dobbiamo tener
presenti due cose:
- nessun museo può rivolgersi a un solo tipo di pubblico
- bisogna sempre domandarsi quanti e quali contenuti
sono realmente (ed efficacemente) fruibili dal pubblico
(e da quale pubblico)
Nessun museo può rivolgersi a un solo tipo di pubblico
Ad esempio adulto o comunque già ‘motivato’.
Sembrerebbe essere questo il punto debole dei musei che adottano
un ordinamento classificatorio…
… ma lo è anche dei musei che hanno adottato un progetto
espositivo interpretativo / tematico.
Testi, schemi, diagrammi, anche se fatti bene, possono non bastare
a ‘catturare’ l’attenzione del pubblico, specie se non ‘motivato’.
È provato che la maggioranza dei visitatori non legge i testi che
accompagnano gli oggetti esposti (e quasi mai nemmeno le
didascalie! )
Quanti e quali contenuti sono realmente (ed efficacemente) fruibili dal pubblico?
A tale riguardo la situazione si ribalta: almeno su ‘quanti e quali’ contenuti
possano essere resi fruibili dal pubblico i musei con impianto classificatorio
potenzialmente sono i più versatili: occorrerà intervenire (anche non sull’apparato
espositivo) ad es. con visite guidate o guidine tematiche, ma poiché gli oggetti vi
vengono mostrati nella loro essenzialità, essi possono essere suscettibili di tutte le
interpretazioni possibili.
Certamente, almeno in
alcuni casi, si dovrà fare i
conti con una certa
freddezza dell’apparato…
Nel caso delle ricontestualizzazioni ambientali potranno
essere veicolati con efficacia i
contenuti relativi
all’ambiente, appunto, di
provenienza dei reperti, alle
reti di relazioni tra le specie
(se si tratta di ambientazioni
biologiche) e ai loro
comportamenti (se si tratta
di animali). Eventualmente
anche altri contenuti,
intervenendo nei modi che
abbiamo già visto (visite
guidate e guidine tematiche).
I percorsi espositivi tematici, per quanto possano essere i più efficaci
nel veicolare i contenuti per i quali sono stati progettati, sono i meno
versatili. In essi gli oggetti non sono utilizzati in modo neutro, ma
come elementi di un ‘discorso’ predeterminato.
Davanti a queste vetrine , ad esempio, è difficile non parlare di
cartografia (a sinistra) o degli adattamenti dei molluschi alle diverse
profondità e ai diversi tipi di fondali (a destra).
In definitiva, un maggior numero di contenuti verrano veicolati più efficacemente
raggiungendo più larghe fasce di pubblico se il museo adotta, come abbiamo già
visto, diversi tipi di ordinamento espositivo intercalandoli tra di loro.
Nella pratica, comunque, per veicolare il maggior
numero di contenuti attraverso gli oggetti esposti, e
soprattutto per riuscire a raggiungere efficacemente
tutte le fasce di pubblico è sempre necessario
intervenire attivamente agendo non solo sull’apparato
espositivo ma anche ‘dall’esterno’ dell’apparato
espositivo.
Come abbiamo già visto ciò può avvenire tramite visite
guidate e/o guidine tematiche illustrate…
… ma per alcune fasce di pubblico in particolare, come quella di
età scolare, è necessaria una vera e propria progettazione di
attività da parte di una sezione educativa/didattica
permanente. Ed è importante che queste attività siano condotte
da figure professionali specializzate.
E cosa si può dire dei
“musei” basati su un
rapporto di interattività
col visitatore come i
science centers?
In linea di principio sono fruibili e
comunque si rivolgono a tutte le
fasce di pubblico (con o senza basi
scientifiche, motivato o meno,
adulto, giovane o anziano)…
… ma in pratica ‘funzionano’ veramente bene solo con un pubblico
molto giovane.
Per farsi coinvolgere al punto da farsi parte attiva nel cercare e nel trovare un
significato in quello che viene rappresentato non basta una generica curiosità,
bisogna accettare di assumere un ruolo che di solito non è richiesto al
visitatore di un museo.
Il punto è che molti adulti si sentono a disagio nell’assumere questo ruolo, e
non lo fanno volentieri .
Ma il motivo è semplice: il ‘linguaggio’ dei science centers si basa sul
gioco!
Il principio è che giocando ci si diverte e se ci si diverte si impara.
Tutto ciò è assolutamente vero, ma sono solo i giovanissimi, e i bambini
soprattutto, che non chiederanno di meglio che di giocare...
Inoltre gli esiti del gioco saranno di meraviglia, di stupore (ooh! ooh!) per
un bambino, non altrettanto per l’adulto…
Il risultato (forse indesiderato) è che i science centers in molti casi
hanno finito per assomigliare a dei parchi -giochi per l’infanzia…
L’idea che questa debba essere la naturale e inevitabile evoluzione
di tutti i musei scientifici (le due slides precedenti non erano di un
science center ma di due ‘veri’ musei…) è assolutamente da
respingere.
Primo: abbiamo detto che non esiste un criterio progettuale giusto
per cui tutti gli altri sarebbero sbagliati o ‘superati’
Secondo: abbiamo detto che nessun museo può rivolgersi a un solo
tipo di pubblico
Terzo: abbiamo detto che bisogna sempre domandarsi quanti e
quali contenuti sono realmente ed efficacemente fruibili dal
pubblico: negli exhibit dei science centers di fatto lo sono solo quelli
per i quali è stata progettata ciascuna installazione (solo e sempre
quelli)
Un altro problema dei science centers è che per risultare veramente efficaci
didatticamente, gli ‘esperimenti’ devono essere assistiti da un operatore.
Va benissimo, ma rimane il fatto che in essi la possibilità di fruire
liberamente e individualmente delle ‘dimostrazioni’ è molto limitata.
In ultimo (last but not least…) se rileggiamo la definizione
ICOM di museo capiamo che…
gli oggetti musealizzati sono e devono restare il vero
patrimonio attraverso cui comunicare contenuti e
significati!
Dunque (per essere categorici):
Sì alla nascita di tanti, nuovi science centers a fianco
dei musei scientifici / naturalistici
Sì all’introduzione di exhibit basati sul criterio
dell’interattività all’interno dei musei scientifici /
naturalistici
No alla necessaria/obbligata/inevitabile evoluzione dei
musei scientifici / naturalistici in altrettanti science
centers o peggio ancora in altrettanti... parchi di
divertimenti
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Museologia sci.6