Il Divulgatore n° 1-2/2011 “DISERBO“
LA FLORA INFESTANTE
Tutte le piante che crescono all’interno del medesimo appezzamento
della specie coltivata possono causare ad essa danni di vario tipo, che
si traducono in cali produttivi o deprezzamenti. Gli effetti dell’intervento
umano sulle popolazioni infestanti sono assai complessi per cui è
fondamentale conoscere bene il loro ciclo biologico e il potenziale di
reinfestazione nonché i rischi di insorgenza di alcuni pericolosi
fenomeni come la resistenza delle malerbe agli erbicidi o lo sviluppo di
una flora infestante di sostituzione.
Weeds
Any invasive plant specie (weed) growing in the same field where a specific crop is cultivated
represents a potential risk for the latter, being able to damage production and to cause product
depreciation. Agricultural practices for weed control are quite complex and it is thus fundamental to
know in details their life cycle to prevent reinfestation and herbicide resistance phenomenon
caused by simplified treatments, excessive mechanization and abuse of selective weed killers.
Il concetto di infestante nasce dal presupposto che qualsiasi specie
nata e sviluppata in un luogo indesiderato esercita danni alle attività
produttive e ricreative dell’uomo.
sotto il profilo più prettamente agronomico, con il termine di erba
infestante o malerba si intendono tutte le specie che crescono
all’interno delle colture agrarie provocando un danno economico più o
meno rilevante. lo stesso concetto può essere esteso anche alle
piante coltivate nate su di un’altra coltura, che assumono le
caratteristiche di infestante e pertanto in quel contesto debbono
essere eliminate perchè dannose (es. rinascite di girasole, colza,
cereali vernini, coriandolo e altre colture
da seme).
Diversa durata del ciclo vegetativo
in funzione delle caratteristiche biologiche e più in particolare in
relazione alla durata del ciclo vegetativo, le infestanti possono essere
distinte in:
- piante annuali, il cui ciclo (nascita, fioritura, maturazione dei frutti) si
esaurisce nell’arco di un
anno; si riproducono per seme e costituiscono la grande maggioranza
delle infestanti (Echinochloa
crus-galli, Amaranthus retroflexus, Chenopodium album, Solanum
nigrum, Abutilon theophrasti, Papaver rhoeas, Sinapis arvensis,
Veronica spp., ecc.);
- piante biennali, che compiono il loro ciclo vitale nell’arco di due
stagioni; durante il primo anno
presentano un’attività vegetativa e di accumulo nelle radici delle
sostanze nutritive che verranno
mobilitate nell’anno successivo per la fioritura e la produzione dei
semi (Capsella bursa-pastoris, Lactuca serriola, Raphanus
raphanistrum, Daucus carota, ecc.);
- piante perenni, il cui ciclo vitale è superiore ai due anni; possono
riprodursi oltre che per seme anche per via vegetativa mediante
rizomi, bulbi, fusti sotterranei, stoloni, ecc. (Sorghum halepense,
Cynodon dactylon, Cirsium arvense, Convolvulus arvensis, Artemisia vulgaris, Rumex spp., ecc.).
Queste fruttificano più volte nel corso della loro vita e risultano di più difficile eliminazione.
A seconda del periodo di germinazione
in relazione alle intrinseche caratteristiche biologiche delle singole specie (dormienza dei semi,
vitalità, temperatura e profondità di germinazione, ecc.), ai fattori climatici e alle tecniche colturali,
le infestanti a seconda del periodo dell’anno in cui emergono possono essere suddivise nelle
seguenti categorie:
- specie indifferenti, che germinano in tutte le stagioni tranne che negli inverni molto rigidi, come
Stellaria media, Veronica spp., Sinapis arvensis, Raphanus raphanistrum, Matricaria chamomilla,
Geranium dissectum, Fumaria officinalis, Poa spp., Lolium spp, ecc.;
- specie che nascono principalmente in autunno, con temperature relativamente basse e
prossime o inferiori a 5 °c, come Alopecurus myosuroides, Avena ludoviciana, Galium aparine,
Myagrum perfoliatum, Scandix pecten-veneris, Cerastium arvense, Centaurea cyanus, Cardamine
hirsuta, Myosotis arvensis, ecc.; l’emergenza di queste infestanti può proseguire durante l’inverno
e l’inizio della primavera, con arresto delle nascite quando le temperature si innalzano, in quanto
viene indotta la dormienza dei semi;
- specie a germinazione invernale, suscettibili di germinare con temperature comprese tra 0 e 5
°c, con tendenza a nascere contemporaneamente a quelle caratterizzate da germinazione
autunnale e primaverile, comprensive della maggior parte delle essenze che infestano i cereali
vernini (Papaver rhoeas, Ranunculus arvensis, Specularia speculum-veneris, Veronica spp., Viola
arvensis, ecc.);
- specie a germinazione pre-primaverile, con semi dormienti che richiedono una temperatura
superiore a 5 °c, come Ammi majus, Polygonum aviculare, Fallopia convolvulus, ecc.
Tab. 1 - PotenziaLe di reinfeStazione di aLcune maLerbe
Specie infestante
Semi per pianta Longevità massima
dei semi (anni)
400
15
Alopecurus myosuroides
Avena spp.
200-300
15
Lolium spp.
500-1.500
10
1.000-5.000
5
Echinochloa crus-galli
1.000
10
Abutilon theophrasti
40.000-100.000
20-40
Amaranthus retroflexus
10.000
40
Capsella bursa-pastoris
40.000-100.000
20-40
Chenopodium album
200
15
Fallopia convolvulus
400
10
Galium aparine
45.000
20
Matricaria chamomilla
350
20-30
Myagrum perfoliatum
20.000
40
Papaver rhoeas
1.000
60
Polygonum aviculare
300
30-40
Raphanus raphanistrum
4.000
60
Sinapis arvensis
1.000
20-40
Solanum nigrum
2.500
80
Stellaria media
Veronica spp.
100-300
10
Vicia spp.
100-300
5
Diecimila semi per metro quadrato
la maggior parte delle malerbe annuali
si moltiplica mediante i semi prodotti in
numero più o meno elevato, mentre
quelle perenni, cosiddette vivaci,
attraverso i semi e mediante organi
vegetativi (rizomi, bulbi, bulbilli, stoloni,
ecc.).
il numero di semi prodotti dalle malerbe
oltre che dalle condizioni pedoclimatiche
dipende dalle caratteristiche individuali
di ogni specie (tab. 1). ci sono individui
che producono poche decine o al
massimo alcune centinaia di semi (per
esempio Veronica spp.), mentre altri
possono produrne fino a centinaia di
migliaia, come Papaver, Chenopodium,
Amaranthus, ecc. da qui si può
desumere quanto elevata possa essere
la banca dei semi presente nello strato
lavorabile del terreno. si può arrivare a numeri impressionanti, anche se il valore medio si aggira
approssimativamente sui 10.000 semi ogni metro quadrato per una profondità di 20 cm, strato oltre
il quale si riduce il numero e comunque la capacità germinativa risulta annullata fino a che con le
lavorazioni non vengono riportati in superficie. in ogni caso anche lo stock dei semi più superficiale
non è in grado di germinare nell’anno successivo, altrimenti l’eccessiva competizione annullerebbe
la capacità di riproduzione, esaurendo in breve tempo le riserve di seme presenti nel terreno.
le specie annuali e biennali si conservano nel tempo mediante i noti meccanismi di dormienza,
ovvero la capacità di un seme vitale di non germinare anche in condizioni ambientali favorevoli. ciò
ha una base genetica e varia nell’ambito delle diverse specie ma anche nella stessa specie, in
funzione degli stimoli ambientali. A causa di questo la germinazione è sempre molto scalare nel
tempo, perchè limitata è la percentuale dei semi in grado di nascere l’anno successivo alla
disseminazione. si calcola che mediamente in un anno circa l’1% dei semi presenti nel terreno
nasca in assenza di lavorazioni e fino al 10% nel caso di ripetute lavorazioni, pertanto
l’esaurimento della riserva dei semi è funzione diretta del numero di lavorazioni effettuate.
Perdite produttive e deprezzamenti
lo sviluppo incontrollato delle infestanti nei seminativi riduce gli spazi vitali delle colture con
sottrazione di acqua, luce ed elementi nutritivi, determinando danni diretti che si ripercuotono
fondamentalmente sulle rese quali-quantitative.
oltre ai danni diretti sulla produzione, le infestanti possono causare danni indiretti con
deprezzamento delle produzioni: trasmissione di odori e sapori sgradevoli, inquinamento delle
sementi, diffusione di fitopatogeni, ostacolo delle operazioni di
raccolta meccanica e ritardo della maturazione, ecc. le perdite di
produzione possono talvolta raggiungere livelli preoccupanti, con
danni totali nei casi di massima pressione floristica e invasività da
parte delle malerbe, in particolare se queste vengono esercitate ai
primi stadi di sviluppo della coltura e nei confronti delle specie più
delicate e sensibili alla competizione, come cipolla, insalate,
bietola, ecc. generalmente queste perdite oscillano dal 30 al 50%
nei casi in cui non sia effettuato un razionale contenimento delle
malerbe, in funzione del grado di infestazione, delle specie
presenti, dell’andamento climatico e della fertilità del terreno.
tuttavia si calcola che nel mondo, nonostante la lotta contro le
malerbe, l’abbassamento delle produzioni si aggiri sul 5% nelle
agricolture più sviluppate e sul 25% in quelle meno avanzate.
Soglie e periodi di intervento
Per quanto riguarda i danni diretti riguardanti il decremento
produttivo, si possono definire delle soglie di infestazione (livello
critico d’infestazione), oltre le quali lo sviluppo delle malerbe
comporta una riduzione delle rese tali da richiedere il loro
contenimento, che dovrà essere stabilito anche in relazione al
costo del trattamento (soglia economica di intervento).
la
valutazione delle soglie di infestazione e di intervento diventano di
difficile valutazione in relazione al fatto che all’agricoltore spetta
anche il compito di stabilire il periodo critico di intervento, cioè
l’intervallo di tempo dalla semina in cui una determinata
popolazione di infestanti è in grado di arrecare danno alla coltura.
ciò a causa delle limitate conoscenze di base e delle interazioni
che avvengono tra i diversi tipi di inerbimento con la coltura nei
differenti stadi di sviluppo. da ciò ne conviene che più la
permanenza delle malerbe è prolungata, più gli effetti competitivi
sono evidenti in particolare se l’emergenza delle infestanti è
contemporanea a quella della coltura. Inoltre non è stimabile il
danno derivante dalla produzione di semi che va ad arricchire lo
stock nel terreno e quindi l’aumento del potenziale di infestazione,
soprattutto in considerazione dell’elevato numero di semi che molte
specie sono in grado di maturare e dalla loro prolungata longevità nel terreno. Tuttavia per il fatto
che normalmente l’emergenza delle infestanti si protrae fino alla copertura del terreno da parte
della coltura, ne consegue che nella maggior parte dei casi si rende più conveniente intervenire
con l’impiego di erbicidi poco prima di questo periodo vegetativo, con il vantaggio di poter eliminare
tutte le più concorrenziali infestanti mediante un unico trattamento diserbante.
Il problema della flora di sostituzione le comunità vegetali sono entità dinamiche, e non statiche,
pertanto sono soggette a una lenta ma progressiva evoluzione della diffusione in funzione della
pressione di selezione, che nel caso delle colture agrarie dipende dalla tecnica agronomica
adottata.
nel caso del diserbo chimico per esempio, contenendo
prevalentemente alcune specie rispetto ad altre, si libera lo spazio
per altre popolazioni che vanno a compensare gli spazi che si
vengono così a liberare, divenendo talvolta molto competitive e di
non facile contenimento perché meno sensibili agli erbicidi. La
nuova popolazione infestante viene definita flora di sostituzione e in
genere è rappresentata da un minor numero di specie.
Altri interventi agronomici che insieme al diserbo concorrono a fare
insorgere fenomeni di compensazione e di sostituzione, sono la
rotazione, le concimazioni (in particolare azotate), l’incuria di fossi e
incolti, le lavorazioni superficiali, ecc. in molteplici esperienze è stato
dimostrato che l’abbandono dell’aratura riduce la frequenza di
alcune specie dicotiledoni come Papaver rhoeas, Fumaria officinalis,
Sinapis arvensis, Galium aparine, Veronica spp., ecc., ma fa
aumentare la presenza della generalità delle specie pluriennali e
delle composite (es. Lactuca serriola, Picris echioides, Sonchus
spp.), nonché delle graminacee. in tabella 2 sono riportate le
principali specie infestanti di sostituzione.
Popolazioni che resistono agli erbicidi
il rischio dell’insorgenza di malerbe resistenti agli erbicidi è reale e
potenzialmente molto pericoloso, in particolare dove si praticano
strette
successioni Tab. 2 - PrinciPaLi infeStanti “di SoStituzione”
colturali (si veda a Specie perenni
Specie annuali e biennali
fianco). negli ultimi anni
Cerealo autunno-vernini
DICOTILEDONI
nei cereali vernini e nel DICOTILEDONI
Convolvulus
arvensis
Anethum
graveolens
mais vengono effettuate
Equisetum spp.
Anchusa officinalis
rotazioni sempre più
Calepina corvini
strette,
dettate
Erigeron canadensis
Geranium dissectum
unicamente da criteri
Lactuca serriola
economici
e
non
Lamium amplexicaule
agronomici,
con
Picris echioides
aumento del rischio di
Silybum marianum
comparsa
e
di
GRAMINACEE
Bromus sterilis
estensione
del
fenomeno delle resistenze.
le ricadute sul mondo produttivo rischiano di divenire
veramente gravi, con una possibile involuzione delle
produzioni e di conseguenza della tecnica colturale, la
quale potrebbe richiedere la temporanea sospensione
della coltivazione, pena il ricorso ad antieconomiche
zappature e scerbature, in antitesi con la crescente
richiesta di competitività.
Colture estive
DICOTILEDONI
DICOTILEDONI
Convolvulus arvensis Abutilon theophrasti
Equisetum spp.
Acalipha virginica
Amaranthus blitoides
Ammi majus
Daucus carota
Galinsoga ciliata
Xanthium strumarium
GRAMINACEE
GRAMINACEE
Cynodon dactylon
Echinochloa crus-galli
Setaria spp.
Sorghum halepense
Resistenza, come si crea come si evita
Pratiche colturali troppo semplificate, con eccessiva meccanizzazione e impiego di
erbicidi dotati di elevata specificità, favoriscono la comparsa di popolazioni
infestanti resistenti ai prodotti chimici, con gravi ricadute sul sistema produttivo.
La capacità di alcuni individui di una popolazione infestante di sopravvivere a un determinato erbicida
ripetutamente utilizzato per il loro contenimento differisce dalla parziale efficacia che si verifica casualmente
a seguito di avverse e momentanee condizioni ambientali o agronomiche legate alla modalità di impiego
degli erbicidi o allo stadio di sviluppo delle malerbe. Quest’ultimo fenomeno infatti è temporaneo e gli erbicidi
correttamente impiegati in momenti successivi esplicano la loro piena efficacia in condizioni ottimali di
impiego.
Con la comparsa della resistenza, invece, si selezionano, all’interno di una specie sensibile, biotipi che non
manifestano i classici sintomi di azione a seguito dell’applicazione erbicida e soprattutto sono in grado di
trasmettere per via ereditaria questa caratteristica negativa.
La probabilità e il tempo richiesto per arrivare a ciò dipende da molti fattori, tra i quali la modalità d’azione e
la frequenza di impiego dell’erbicida, nonché la tipologia del principio attivo, la variabilità genetica della
specie e le relative caratteristiche di adattabilità e di competizione con le altre malerbe.
Tale fenomeno non è di recente comparsa, infatti è da anni segnalato dapprima tra gli insetti e i funghi, e
successivamente per alcune specie di malerbe che infestavano coltivazioni di riso, mais e frumento ove si
praticava un’agricoltura molto estensiva mediante la lotta con mezzi chimici senza curare altre possibilità di
contenimento integrato delle infestanti.
In questi ultimi anni nei Paesi più industrializzati in cui si ricorre unicamente alla meccanizzazione e
all’impiego di erbicidi caratterizzati da meccanismi d’azione specifici, il problema può assumere una rilevante
pericolosità, che alle prime avvisaglie potrebbe risultare di difficile controllo. Pertanto occorre mettere in
pratica tutte le misure preventive che prevedano strategie integrate di lotta, onde scongiurare la comparsa di
fenomeni di resistenza.
Quando insorge
I principali presupposti per la comparsa di resistenze sono l’eccessiva meccanizzazione praticata su
appezzamenti di notevoli dimensioni, la completa assenza di scerbature di individui di infestanti non
devitalizzati dopo l’applicazione degli erbicidi, le minime lavorazioni o le semine su sodo di coltivazioni in
monosuccessione, l’impiego ripetuto di un ristretto numero di principi attivi appartenenti alla stessa famiglia
chimica caratterizzati dallo stesso meccanismo d’azione, l’utilizzo di dosi ridotte, le condizioni pedoclimatiche
sfavorevoli, ecc.
I fenomeni di resistenza possono comparire a seguito di una mutazione, fenomeno che avviene con una
frequenza ridottissima, ma che in condizioni colturali eccessivamente semplificate può prendere il
sopravvento. Il mutante può presentare un gene in grado di detossificare l’erbicida, oppure altri meccanismi
di resistenza prevedono l’acquisizione progressiva di detossificazione che rende l’infestante resistente a un
determinato erbicida. In ogni caso alcuni individui riescono a sopravvivere agli interventi erbicidi e si
diffondono infestando la coltura, pertanto si rende necessario il ricorso a pratiche alternative in grado di
contenerle.
Scarica

LA FLORA INFESTANTE