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Progetto di sperimentazione e recupero
di produzioni agricole ed agroalimentari
Fagioli
Testi a cura di:
Michele Piccinini, Antonella Petrini,
Donatella Fuselli, Marino Antonelli
Progetto finanziato dal GAL SIBILLA nell’ambito dell’iniziativa comunitaria LEADER PLUS
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Si ringraziano
per la collaborazione nella realizzazione del progetto:
• Accademia Georgica di Treia
• Agenzia per i Servizi nel Settore Agroalimentare delle Marche (ASSAM)
• Comune di Fiuminata
• CRAB Centro di Riferimento per l’agricoltura biologica – Prov. Di Torino
• Dip. di Scienze Sociali - Facoltà di Economia – Università Politacnica delle Marche
• Facoltà di Agraria - Università Politecnica delle Marche
• Fondazione Giustiniani Bandini
• Gruppo tecnico del PAS (Progetto Agricoltura Sostenibile del Parco Nazionale dei Monti Sibillini)
• Istituto Nazionale di Economia Agraria sede regionale delle Marche
• Istituto Sperimentale per la Cerealicoltura - Istituto del CRA - Sezione di Bergamo (ISC-CRA)
• La Salvia srl
• Marco Monetti
per la collaborazione nell’attività di divulgazione:
• Confederazione Italiana Agricoltori Macerata
• Copagri Confederazione Produttori Agricoli Macerata
• Federazione Provinciale Coltivatori Diretti Macerata
• Unione Provinciale Agricoltori Macerata
La presente pubblicazione è distribuita
gratuitamente a quanti ne faranno richiesta a:
CERMIS
Centro Ricerche e Sperimentazione
per il Miglioramento Vegetale “N. Strampelli”
Via Abbadia di Fiastra, 3
62029 TOLENTINO (MC)
tel. e fax 0733.203437
[email protected] - www.cermis.it
Grafica e stampa
Scocco&Gabrielli
Finito di stampare nel mese di aprile 2005
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PRESENTAZIONE
A partire dalla seconda metà del ventesimo secolo, molte specie di interesse agrario, un tempo ampiamente coltivate ed utilizzate per l’alimentazione
umana, hanno subito una progressiva contrazione della diffusione che le sta
portando all’estinzione. Tra le tante cause che hanno contribuito al minor
utilizzo di queste colture vanno ricordate: l’evoluzione dello stato sociale, il
cambiamento delle abitudini alimentari, la mancanza di standard per le pratiche colturali, la globalizzazione dei mercati e l’omologazione delle produzioni.
Queste piante, attualmente definite “minori” e quasi dimenticate, hanno
permesso l’evoluzione dell’agricoltura e da loro dipende la nostra sopravvivenza. La perdita di diversità genetica contribuisce direttamente anche ad un
appiattimento culturale che comporta una graduale scomparsa di tradizioni
popolari, usi e costumi associati a tutte quelle colture ormai in disuso.
La necessità di salvaguardare queste risorse genetiche e la maggiore attenzione dei consumatori verso un’alimentazione più salubre, genuina e tradizionale sta orientando il mercato verso la riscoperta di prodotti tipici. Oltre
alla garanzia di qualità, infatti, il consumatore è sempre più interessato ad
altri elementi che differenzino il prodotto e che dimostrino i legami con la
tradizione, la storia e la cultura di determinate aree geografiche. Promuovere
la ricerca, la raccolta e la caratterizzazione di alcune specie e varietà locali consente quindi la conservazione e la valorizzazione sia delle colture caratteristiche di un territorio che del patrimonio storico-culturale ad esse legato.
Sulla base di questi presupposti il GAL Sibilla, nell’ambito dell’iniziativa
comunitaria LEADER PLUS, ha affidato al CERMIS - Centro Ricerche e
Sperimentazione per il Miglioramento Vegetale “N. Strampelli” la realizzazione del progetto “Sperimentazione e recupero di produzioni agricole ed
agroalimentari”. L’obiettivo principale è quello di tutelare la biodiversità e,
contemporaneamente, valorizzare l’economia di settori e di aree marginali
penalizzate dai processi di globalizzazione dei mercati e di omologazione delle
produzioni attraverso:
• il recupero di quattro specie agrarie: mais da polenta, miglio, roveja e
fagiolo;
• la ricerca degli usi e delle tradizioni locali a queste associate;
• la valutazione delle caratteristiche agronomiche, nutrizionali ed economiche;
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• la revisione delle tecniche colturali impiegate, con un’eventuale introduzione di pratiche agronomiche che ne esaltano le caratteristiche organolettiche e salutistiche;
• il rilancio della coltivazione favorendo la conservazione delle varietà e
popolazioni in situ.
I risultati di questo progetto, realizzato nel biennio 2003-2004, sono riassunti in quattro opuscoli dove sono illustrati tutti gli aspetti studiati per singola specie.
Aspetti valutati per singola coltura:
STORICI (legame con gli usi e le tradizioni del territorio)
AGRONOMICI (vocazionalità dell’area e tecnica colturale)
AMBIENTALI (coltivazioni con metodi a basso impatto e biologici)
NUTRIZIONALI (proprietà qualitative e salutistiche)
ECONOMICI (trasformazione, promozione e vendita del prodotto)
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IL FAGIOLO
INTRODUZIONE
Il fagiolo, nei suoi tipi rampicanti e nani, è la seconda leguminosa più
importante nel mondo dopo la soia, utilizzata per l’alimentazione umana. In
Italia, malgrado che dal dopoguerra si registri una progressiva e inesorabile
contrazione delle superfici destinate a questa leguminosa, è ancora coltivata
un po’ ovunque ed utilizzata sia come legume immaturo (fagiolino o cornetto) che come granella fresca o secca. Nelle Marche, oltre alla coltivazione per
uso famigliare praticata in tutti gli orti, si è recentemente diffusa, nelle aree
di pianura irrigua, la coltivazione del fagiolo di tipo “borlotto” destinato
all’industria dei surgelati. Purtroppo il cambiamento delle abitudini alimentari della popolazione ha portato alla diffusione di coltivazioni di fagiolo per
l’industria, con conseguente
contrazione della variabilità
genetica e quindi delle varietà di fagiolo coltivate. La distribuzione commerciale delle
sementi ortive ha quasi completamente sostituito il reimpiego aziendale per cui
attualmente è possibile reperire sul mercato quasi esclusivamente fagioli di tipo borlotto o cannellino, mentre
l’enorme varietà di popolazioni locali che in passato
ogni agricoltore conservava
gelosamente è confinata
all’interno di piccoli orti
familiari e rischia di scomparire per sempre.
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Queste varietà locali, perfettamente adattate al loro ambiente e con peculiari caratteristiche organolettiche e sensoriali, costituiscono un patrimonio
genetico unico e irripetibile che va conservato e, quando possibile, valorizzato in modo da reintrodurlo in un ciclo produttivo economicamente
sostenibile.
Area d'origine
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Aree di coltivazione
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CENNI STORICI
ORIGINI
I fagioli sono considerati un prodotto del Nuovo Mondo, anche se rappresentano un cibo conosciuto ed utilizzato dagli antichi romani e greci. La cosa
non deve destare stupore, infatti il termine fagiolo non indica soltanto numerose specie e varietà ma anche due generi botanici diversi, il Phaseolus e il
Vigna, originatisi in parti del mondo lontane: America il primo e Africa il secondo. Per questo i greci e i romani conoscevano il fagiolo dall’occhio, così detto per
l’alone che circonda l’ileo, che dal punto
di vista botanico appartiene al genere
Vigna, mentre tutte le altre specie di
Phaseolus che attualmente utilizziamo
sono giunte in Europa solo dopo i viaggi
di Colombo nelle Americhe. In questa
parte del mondo erano coltivati fin dai
tempi più antichi: vasi contenenti fagioli
sono stati ritrovati in Perù nelle tombe
del periodo pre-Inca. Nel sedicesimo
secolo, quando vennero introdotti anche
in Europa dagli spagnoli e dai portoghesi, furono accolti favorevolmente e da allora si coltivano per la produzione di
granella fresca o secca e di baccelli verdi utilizzati nell’alimentazione umana.
I fagioli, assieme a rape, cavoli, cipolle e ad altri legumi, sono stati ritenuti
per molti secoli un alimento adatto solamente alla plebe, ai lavoratori del
braccio, a chi doveva “faticare”. Non a caso questi ortaggi, ed in particolare i
fagioli, sono stati a lungo definiti la “carne dei poveri”. Proprio per le caratteristiche nutrizionali simili alla carne, accompagnati da cereali, formaggi ed
uova, oltre a diventare il cibo della gente povera, furono introdotti nei monasteri per fare fronte al precetto di non mangiare carne in alcuni periodi dell’anno, divenendo quindi anche simbolo di umiltà e castità.
A questi legumi, assai nutrienti perché ricchi di proteine vegetali, di sali
minerali e di amido, in passato si attribuivano poteri miracolosi ed erano
considerati quasi come portafortuna, capace di tenere lontano ogni maleficio.
Il fagiolo veniva addirittura ritenuto simbolo di immortalità, forse per la pre7
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rogativa di riacquistare freschezza con la semplice immersione in acqua.
Inoltre avevano la fama di avere proprietà afrodisiache a causa della carnosità e dalla ricchezza di proprietà nutritive. Nell’antichità erano ritenuti di scarso pregio alimentare e nel Medioevo furono tenuti lontano dalle mense dei
ricchi che preferivano nutrirsi di carne e selvaggina.
IL FAGIOLO NELLA TRADIZIONE LOCALE
I legumi, ed in particolare i fagioli, venivano utilizzati nelle nostre campagne con particolare frequenza, ed in alcuni casi anche quotidianamente. La
ricchezza di proteine vegetali a basso costo e la capacità di dare senso di sazietà a lungo rendevano i fagioli un cibo preferenziale altamente nutritivo.
Quasi tutti potevano essere essiccati e, grazie alla loro conservabilità, utilizzati anche in inverno, quando i prodotti freschi disponibili erano veramente
pochi.
Per questi motivi nelle campagne tra il granturco e nei dintorni delle città
vi erano sempre diverse coltivazioni di fagioli, che venivano consumati direttamente dai produttori sia come baccelli immaturi che come semi freschi o
secchi. Inoltre, ridotti in farina e mescolati con quella di frumento con una
proporzione inferiore a quella di un quarto, venivano utilizzati anche per la
preparazione del pane.
Particolarmente apprezzati e conosciuti erano i fagioli che venivano prodotti nella zona di Laverino. L’informazione ci viene data dal Moreschini che,
scrivendo nel 1811 negli “Annali dell’agricoltura del regno d’Italia”, riferisce di
una particolare area, “oltrepassato il confine di Pioraco, si entra in una pianura
che forma il territorio della Fiuminata, bagnato dalle acque di Potenza che scende dai monti di Laverino”. L’autore prosegue descrivendo la fertilità di queste
terre ed elogiando i proprietari che continuano a praticare l’allevamento bovino, ovino e caprino e nella buona pratica di spargere il letame sui terreni per
mantenerne la fertilità. Infine, descrivendo i prodotti che questi terreni
riescono a dare, Moreschini dice: ”dà gran copia di fagiuoli superiori nella delicatezza, nel gusto, nella dolcezza e nella facilità di cuocersi, a quelli di tutti i circonvicini paesi”.
Successivamente gli stessi fagioli vengono ripresi nell’”Inchiesta Agraria e
sulle Condizione della classe Agricola” pubblicata nel 1883 e nota come
“Inchiesta Jacini”: in questa inchiesta il Sottocomitato di Camerino dice che
“i fagiuoli prosperano benissimo nella parte piana del comune di Fiuminata, perché facile da irrigare con le acque del Potenza, e perciò se ne fa estesa coltivazione. Il prodotto si smaltisce nelle piazze vicine a prezzo eguale e spesso superiore al
grano”. Il riferimento al prezzo, in rapporto a quello del grano che era un pro8
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dotto ricercatissimo e considerato di altissimo pregio, ci fa capire il particolare valore che veniva attribuito ai fagioli coltivati in questo territorio.
Un’altra vallata, sempre lungo il fiume Potenza, dove tradizionalmente si
producevano fagioli pregiati è quella tra i comuni di Pollenza e Treia, in particolare nella zona di Rotelli. In quest’area negli anni ’50-’60 la coltivazione
era molto diffusa, la varietà tipica apparteneva alla specie p. coccineus (f. di
Spagna) ed il prodotto raccolto era venduto sul mercato nazionale. Per i mezzadri ed i piccoli proprietati terrieri i fagioli che vivevano in quell’area erano
una ricchezza tale da essere inserita nella dote delle spose.
Durante la raccolta del grano un’usanza molto diffusa nel maceratese era
quella di dare ai campanari che andavano per la questua nelle campagne,
insieme con una “giumella” di grano, una “cotta” di fagioli che rappresentavano il compenso per l’opera prestata soprattutto quando, col suono delle campane, dovevano tenere lontano la minaccia della grandine.
Foto: registro di entrata ed uscita generi del magazzeno della tenuta di S. Maria in Selva del 1878 conservato presso l’archivio della Fondazione Giustiniani Bandini.
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DESCRIZIONE BOTANICA
Le principali specie di fagiolo coltivate (P.
vulgaris, P lunatus, P. coccineus, P. polyanthus e
P. Acutifolius) dal punto di vista tassonomico
appartengono tutte al genere Phaseolus, famiglia delle Papilionacee, tribù delle Faseolee,
sottotribù delle Eufaseolee e si sono differenziate nell’America centro-meridionale. Alla
stessa famiglia botanica appartiene anche la
Vigna unguiculata, originaria dell’Africa centrale e coltivata in Europa prima della scoperta
dell’America (era il fagiolo dei romani).
In Italia la specie più diffusa e descritta in
questo capitolo è il Phaseolus vulgaris, mentre
minore importanza rivestono il Phaseolus coccineus (Fagiolo di Spagna), il
Phaseolus lunatus (Fagiolo di Lima) e la Vigna unguiculata (fagiolo dall’occhio). Queste specie hanno numerose caratteristiche morfologiche comuni e
differiscono solo per alcuni particolari.
Radice
L’apparato radicale è caratterizzato da una parte centrale maggiormente sviluppata (fittone) dalla quale fuoriescono numerose radici secondarie, spesso
ramificate ed estese, ma solo negli strati superficiali del terreno. Nell’apparato
radicale si trovano degli ingrossamenti, dove vivono dei batteri (Rhizobium
leguminosarum) capaci di fissare l’azoto dell’aria e di metterlo a disposizione
della pianta, una caratteristica non esclusiva dei fagioli ma comune a tutte le
leguminose.
Fusto
I fusti sono caratterizzati da steli angolosi di altezza e portamento variabilissimi: da nani (altezze che vanno da 35 a 50 cm e fasi di fioritura e maturazione molto concentrate nel tempo quindi adatti alla coltura di pieno
campo perché si prestano meglio alla meccanizzazione delle operazioni colturali) a rampicanti (più produttivi dei precedenti ma capaci di raggiungere
e superare i 3-4 m, quindi si prestano meglio alla coltura ortense dove la rac10
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colta può essere scalare e manuale). Per queste ultime varietà è necessario predisporre dei sostegni artificiali sui quali il fusto si avvolge a spirale girando
verso sinistra.
Pianta nana
Pianta rampicante
Foglie
Le foglie trifogliate sono composte da tre parti cuoriformi detti lembi.
Ogni foglia è sostenuta da un picciolo coperto da una peluria ruvida, che
serve da collegamento con il fusto. Le prime due foglie che si formano (foglie
cotiledonali o embrionali) sono costituite da un solo lembo di forma ovale o
appuntita e pertanto vengono dette foglie semplici.
Fiori
I fiori sono riuniti in infiorescenze a racemo ed inseriti all’ascella delle
foglie: il numero cambia a seconda delle varietà, in genere da 2 a 6 nelle nane
fino a 15 nelle rampicanti. Anche il colore è in genere abbastanza variabile e
va dal bianco al giallastro, al rosato, al lilla, al violetto ed al rosso vivo. Il fiore
preso singolarmente ha una corolla composta da 5 petali
ed una forma irregolare caratteristica della famiglia delle
papillionacee alla quale appartiene. La fecondazione è
quasi esclusivamente autogama: talora gli insetti visitano i
fiori ma il frutto si forma in genere senza alcun intervento esterno in quanto la fioritura è cleistogama.
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Frutto
Il frutto è un legume pendulo pluriseminato denominato baccello e costituito da due valve ed un solo carpello. Una caratteristica anatomica molto
importante, che ne determina il tipo di utilizzazione, è la presenza o l’assenza nel baccello di tessuti fibrosi. Si hanno in questo modo due tipi di struttura del baccello e quindi di utilizzazione principali: varietà da sgusciare,
quando sono presenti un cordone lungo le linee di saldatura (filo) e strati di
tessuto fibroso (pergamena) entro ciascuna valva, e varietà mangiatutto,
quando i baccelli ne sono sprovvisti. Il colore esterno del baccello, la forma,
le dimensioni, la consistenza ed il numero di semi contenuti sono estremamente variabili e legati alla specie e alle varietà.
Seme
I semi, contenuti all’interno dei baccelli in numero variabile, sono costituiti
da un tegumento esterno (dove si osserva l’ileo che rappresenta il punto di
attacco alle valve esterne), due cotiledoni e l’embrione. Le varietà si differenziano per forma (sferica, allungata, reniforme, appiattita o cilindrica), colore
(tinta unita, bicolori o variamente screziati, variegati e marmorizzati), volume, peso (da 300 a 700 mg), composizione e consistenza dei semi. E’ da questi caratteri che generalmente dipende anche il valore merceologico del seme
stesso.
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CARATTERISTICHE NUTRIZIONALI
I fagioli, e più in generale i legumi, sono alimenti molto ricchi in nutrienti
essenziali: hanno il doppio delle proteine dei cereali, sono una buona fonte di
vitamine (gruppo B e PP), di minerali (calcio, potassio e ferro) e contengono
amido e fibra che esplicano effetti protettivi verso alcune patologie dell’apparato digerente. Anche la presenza di alcuni composti, in passato considerati fattori antinutrizionali (inibitori delle proteasi, lectine, tannini, acido fitico), è stato
dimostrato che hanno effetti positivi sull’organismo, se assunti in piccole dosi.
La composizione in nutrienti e le caratteristiche sensoriali del fagiolo possono variare notevolmente in relazione alla cultivar, all’ambiente di coltivazione e
alla tecnica colturale. Ad esempio, una carenza idrica durante la fase di riempimento del seme riduce il contenuto in amido ed aumenta quello in zuccheri
solubili. Al contrario, una buona disponibilità idrica durante tutto il ciclo comporta un tegumento più sottile e maggiore permeabilità all’acqua. Anche le
caratteristiche del terreno influenzano la durezza ed il tempo di cottura dei semi
infatti i fagioli coltivati in suoli ricchi di calcio e magnesio risultano più “duri”.
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Il contenuto proteico medio va dal 2% dei fagiolini al 6,5% dei fagioli freschi e al 23% dei fagioli secchi. I fagioli sono quindi degli ottimi alimenti
plastici, freschi, ma soprattutto secchi e rappresentano una ottima fonte di
proteine che apporta in discrete quantità alcuni amminoacidi essenziali come
lisina, treonina, valina e triptofano. Le quantità di questi amminoacidi nei
fagioli sono sicuramente superiori a quelle presenti nelle proteine dei cereali
(frumento, mais e riso), dove però sono maggiormente rappresentati altri
amminoacidi essenziali (metionina e cistina). Da ciò deriva l’importante considerazione di ordine pratico che l’associazione di cereali e loro derivati con i
fagioli, risulta essere razionale in quanto i due patrimoni proteici, entrambi
incompleti, si integrano e si riequilibrano vicendevolmente, fino a mettere a
disposizione dell’organismo una miscela proteica con un valore biologico
paragonabile a quello delle proteine animali.
Il contenuto in vitamine è discreto: quelle maggiormente rappresentate
appartengono al gruppo B e precisamente la B1 e la B2, la cui carenza provoca disturbi nell’assimilazione delle sostanze nutritive, infiammazioni dei
nervi, alterazioni delle mucose, secchezza e screpolatura della pelle, alterazioni del funzionamento di alcune ghiandole endocrine ecc.. Va altresì ricordato che la B1 viene in parte distrutta dalla prolungata cottura a cui generalmente deve essere sottoposto il fagiolo. Presente sempre in discrete quantità
è anche la niacina o vitamina PP.
I fagioli secchi rappresentano anche una buona fonte di calcio, potassio,
ferro e magnesio, elemento quest’ultimo importantissimo per il nostro organismo in quanto risulta indispensabile per l’attività di ben 300 enzimi. Altro
pregio dei fagioli è il ridotto contenuto in grassi e l’elevata presenza di fibra
sia insolubile, concentrata prevalentemente nella parte della buccia, che solubile. L’elevato potenziale nutritivo dei fagioli è spesso limitato dalla presenza di un gruppo eterogeneo di composti, definiti nel complesso “fattori antinutrizionali” che, in dosi elevate, possono interferire con la digeribilità delle
proteine e l’assorbimento di minerali e vitamine provocando delle carenze
nutritive. I principali fattori antinutrizionali presenti nel seme di fagiolo
sono lectine, acido fitico, fattori di flatulenza e saponine, tali composti possono provocare carenze nutritive in diete a base di fagiolo, ma in realtà generalmente risultano poco dannosi perché la rimozione o riduzione di un elevato numero di questi fattori avviene tramite ammollo o cottura dei semi. Per
rendere i semi ancora più digeribili si può decorticarli, oppure, dopo una cottura particolarmente prolungata, consumarli come passati o purè.
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TECNICA COLTURALE
I fagioli vengono coltivati in tutta Italia fino a 600-800 m di quota infatti,
pur essendo una pianta che proviene da climi temperato-caldi, fornisce un
prodotto di eccellente qualità anche in colline medio-alte. Si tratta comunque
di specie poco resistenti al freddo e che con temperature vicine allo zero o poco
al di sotto non sono in grado di sopravvivere. Oltre alle basse temperature e al
forte caldo, i fagioli temono le piogge prolungate e il vento asciutto.
Prime fasi di sviluppo di una pianta di fagiolo
Clima
Il fagiolo, data la sua origine tropicale, ha specifiche esigienze termiche
durante le diverse fasi biologiche:
• Minima letale tra –1 e –2 °C;
• Minima termica per la germinazione 10 °C (l’ottimale è 18 °C);
• La temperatura ideale per lo sviluppo vegetativo è compresa tra 20 e 28 °C;
• Massima biologica 35 °C, oltre la quale si ha scarsa allegagione, cascola dei
fiori e deformazione dei baccelli che comportano, nel complesso, una riduzione rilevante delle rese.
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Terreno
Il fagiolo predilige terreni sub-acidi (pH 6-7,5), sciolti o di medio impasto,
con sostanza organica ben decomposta e freschi. Particolarmente curata
dovrà essere la sistemazione idraulica in quanto mal si adatta ai terreni troppo umidi o con frequenti ristagni idrici, dove stenta a nascere e a crescere.
Avvicendamento
Grazie alla sua importante caratteristica di riuscire a fissare l’azoto atmosferico, il fagiolo trova la sua migliore posizione, all’interno dell’avvicendamento colturale, fra due frumenti. Infatti, data la brevità del
ciclo colturale, specialmente nel
caso di coltura da seme immaturo, o ancora di più nel caso di
cornetti, il fagiolo può essere
favorevolmente inserito come
coltura intercalare, anche in successione ad un pisello da industria o ad un cereale vernino. Si consiglia di evitare ristoppi e rotazioni inferiori a 2 anni per non compromettere lo stato fitosanitario della coltura.
Preparazione del terreno
La preparazione del letto di semina dovrà essere accurata prestando la massima attenzione ad ottenere, con i vari lavori, un buon amminutamento
superficiale evitando la formazione di crosta che impedirebbe l’emergenza del
fagiolo, che infatti, avendo una germinazione di tipo epigeo, presenta delle
plantule veramente fragili.
Semina
Il fagiolo può essere seminato in un lungo arco di tempo, da aprile fino ai
primi di agosto. Le semine primaverili, da eseguire quando la temperatura del
terreno è di almeno 10 °C, vanno bene per tutte le varietà e tutti i tipi di coltura. Per raccogliere la granella secca le ultime semine possibili con le varietà
più precoci sono quelle di metà giugno; per granella fresca le varietà più precoci oggi disponibili possono essere seminate fino alla metà di luglio mentre
le semine tardive di agosto sono riservate alle colture da cornetti e non sono
sempre garantite contro i danni da freddo precoce. Le varietà tradizionali,
come il Fagiolo di Laverino o il Monachello, sono tardive e generalmente
vengono raccolte come granella secca per cui la loro semina dovrà essere ese16
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guita entro la prima decade di giugno. La profondità di semina non dovrebbe andare oltre gli 8-10 cm nei terreni sciolti, ma nei nostri terreni, in genere duri e argillosi, dovrebbe essere fatta circa a 4 cm.
Per le varietà nane la semina generalmente si esegue a righe, distanti 50 cm,
adottando una densità media di 30-40 piante per metro quadrato. Nel caso
di varietà rampicanti invece la tecnica di semina più diffusa è quella a postarella impiegando 4-5 semi per buchetta ed una distanza che varia da 80 a 120
cm tra le file e da 50 ad 80 cm sulla fila. Qualunque sia il sesto d’impianto
prescelto, l’importante è garantire una buona penetrazione dell’aria e della
luce, per evitare lo sviluppo di patologie.
Concimazione
Il fagiolo riesce positivamente in terreni naturalmente dotati di sostanza
organica, mentre è poco opportuno eseguire una letamazione diretta. Risulta
invece conveniente seminare il fagiolo dopo una coltura abbondantemente
letamata in modo che possa risentire positivamente della fertilità residua
lasciata nel suolo. Se è necessario integrare la fertilità del terreno con concimi minerali, sarà bene intervenire con concimi a base di fosforo. La concimazione potassica sarà fatta solo nel caso di terreni effettivamente carenti di
quest’elemento, cosa che nelle nostre zone accade piuttosto di rado. Essendo
il fagiolo capace di procurarsi da solo l’azoto, è poco indicato apportarne per
mezzo di fertilizzanti chimici od organici. Benché in alcune regioni con terreni particolarmente sciolti e poveri di questo elemento, e in caso di prima
coltura seminata in una fase piuttosto anticipata, sia in uso effettuare una leggera concimazione azotata al momento della semina, in linea generale viene
sconsigliata perchè, pur accelerando le prime fasi di crescita, ha l’inconveniente di ostacolare lo sviluppo del Rizobium e quindi dei tubercoli radicali.
Operazioni colturali
Soprattutto durante le prime fasi di crescita, quando le piantine di fagiolo
hanno ancora uno sviluppo estremamente ridotto e la porzione di
terreno lasciata scoperta è piuttosto alta, risulta di estrema importanza mettere in atto un’efficace
lotta contro le erbe infestanti che
potrebbero facilmente prendere il
sopravvento, a causa di una crescita iniziale più rapida, o ospitare
all’interno della loro vegetazione
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degli afidi o altri parassiti. Per evitare l’uso di sostanze chimiche si consiglia
di effettuare almeno due sarchiature leggere quando le infestanti sono piccole, per non danneggiare l’apparato radicale superficiale del fagiolo.
Le piante, nel caso di varietà rampicanti, vanno sostenute con dei tutori che
tradizionalmente sono rappresentati dalle canne o “frasche”, ma si possono
usare anche reti o fili di plastica sostenuti da pali.
Generalmente il fagiolo, soprattutto nelle fasi di germinazione e di fioritura, richiede interventi irrigui per esaltare la produttività e favorire un miglior
riempimento della granella. Indicato, soprattutto per piccoli appezzamenti, è
il sistema a manichetta che non induce la formazione di crosta nelle fasi iniziali e consente di distribuire volumi limitati e costanti di acqua.
Fitopatie e difesa
Molte sono le avversità abiotiche (anormali situazioni termiche e d’illuminazione, carenze nutrizionali e salinità del terreno) e biotiche (virosi, batteriosi, malattie fungine ed attacchi parassitari) che possono colpire il fagiolo
causando sensibili decurtazioni nella quantità e qualità
del prodotto raccolto.
Tra le patologie più diffuse troviamo l’antracnosi, la
ruggine, il virus del mosaico comune, la batteriosi ad
alone ed alcuni parassiti animali, soprattutto afidi ed
acari, che spesso sono i principali veicoli di infezione.
Per la difesa è fondamentale utilizzare della semente
sana e cultivar tolleranti alle principali fitopatie. E’
necessario, inoltre, adottare una rotazione pluriennale,
la disinfezione preventiva del seme e, in caso di infezioni, tempestivi trattamenti antiparassitari o insetticidi.
Raccolta
La raccolta del prodotto fresco si esegue quando i baccelli hanno assunto la
caratteristica colorazione della varietà e le screziature sono ben evidenti. Nel
Fagiolo di Laverino e nel Monachello, come del resto nella generalità delle
varietà a semi bianchi, i baccelli diventano di colore giallo o giallo-verdastro.
Inoltre, si può avvertire che i fagioli sono in via di maturazione sentendo al tatto la loro consistenza
all’interno del baccello e verificando lo spessore sempre minore delle
valve. Questi tipi di verifiche vengono usate dai piccoli produttori;
invece nelle coltivazioni estensive,
destinate alla surgelazione, si pro18
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cede alla raccolta quando i fagioli hanno raggiunto il 50-60% di umidità (granella cerosa).
Se si vuole ottenere del prodotto secco, invece, la raccolta si esegue quando i baccelli hanno iniziato a disseccare. Nel caso di piccole colture si estirpano le piante e successivamente si sgranano i baccelli manualmente, mentre
nelle colture di pieno campo, realizzate essenzialmente con varietà nane, la
raccolta si esegue con normali mietitrebbiatrici opportunamente regolate.
Nelle varietà rampicanti la raccolta può protrarsi anche per un lungo
periodo essendo la fioritura, e quindi la maturazione, di tipo scalare. Durante
questa fase, che nelle piccole superfici viene eseguita a mano, bisognerà porre
la massima attenzione a non strappare la pianta o parte di essa per non compromettere la restante produzione.
Conservazione
Il seme non conserva a lungo la facoltà germinativa ed ha un pericolosissimo nemico che lo attacca sia in campo che in magazzino: il tonchio
(Acanthoscelides obctectus). Esso depone le uova all’interno dei legumi ormai
maturi, le larve penetrano nei semi non ancora completamente secchi e vi
compiono il loro ciclo biologico. Gli adulti sparfallano all’esterno del seme
attraverso il caratteristico foro circolare ed il ciclo si ripete rapidamente in
magazzino: in un anno si possono avere da tre a sei generazioni. La lotta di
tipo biologico in campo si basa essenzialmente su
un ritardo delle semine per cui i fagioli maturano
in un periodo in cui i voli degli adulti sono già terminati. Per quanto riguarda i semi essi possono
essere disinfestati con prodotti chimici o con
metodi alternativi come le polveri inerti a base di
Diatomee (alghe unicellulari) o di zeoliti (minerali silicei di origine vulcanica), o l’impiego di temperature estreme, alte (55-60 °C per 30 minuti) o
basse (-15-18 °C per 48 ore), che non danneggiano nè la facoltà germinativa né le caratteristiche
organolettiche.
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IL PROGETTO
Il GAL Sibilla, nell’ambito dell’iniziativa comunitaria LEADER PLUS, ha
affidato al CERMIS la realizzazione del progetto biennale “Sperimentazione
e recupero di produzioni agricole ed agroalimentari”. Gli obiettivi principali
sono la valorizzazione del territorio e la salvaguardia della biodiversità attraverso la realizzazione di produzioni tipiche, economicamente sostenibili,
legate ad elementi di interesse storico, culturale e sociale.
L’attività programmata per il fagiolo, analogamente a quanto stabilito per
le altre specie, è quella di individuare, raccogliere, documentare, moltiplicare, conservare e valorizzare il germoplasma delle varietà locali un tempo diffusamente coltivate nell’area di azione del Gal Sibilla. Infatti, fino agli anni
’60-‘70 ogni agricoltore marchigiano, per soddisfare le esigienze culinarie
della famiglia, allevava nell’orto almeno 2-3 varietà di fagiolo e conservava
parte del seme per la stagione successiva. Attualmente, la coltivazione del
fagiolo per l’autoconsumo è ancora molto diffusa, ma solo pochi tra gli agricoltori più anziani conservano la
granella per la semina, mentre la
maggior parte preferisce acquistare la semente di varietà commerciali direttamente sul mercato. Nella regione Marche, ed in
particolare nell’area di azione del
GAL Sibilla, esiste quindi un elevato numero di varietà locali di
fagiolo da recuperate e valorizzate rapidamente, prima che scompaiano per sempre.
ATTIVITA’ REALIZZATA
Il processo che conduce alla realizzazione dei suddetti obiettivi prevede le
seguenti fasi operative:
• uno studio di mercato per valutare gli sbocchi e le prospettive commerciali delle specie studiate;
• il reperimento di popolazioni e varietà locali unitamente alla documentazione sugli aspetti socio-culturali e storici;
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• la caratterizzazione morfologica, agronomica e qualitativa del materiale
genetico reperito;
• la moltiplicazione e la realizzazione di campi sperimentali per individuare
le aree vocate e un’adeguata tecnica colturale;
• l’informazione e la sensibilizzazione degli agricoltori realizzando degli opuscoli informativi.
STUDIO DI MERCATO
In collaborazione con l’Osservatorio Agroambientale delle Marche, è stato
realizzato uno studio di mercato per individuare le peculiarità dei fagioli prodotti in regione e le possibilità di sviluppo economico. I risultati di questa
indagine sono stati suddivisi in tre sezioni:
A. analisi micro-economica in generale per prodotti tipici – Un prodotto
tipico, per definirsi tale, deve presentare alcune caratteristiche peculiari
che vanno dalla sua collocazione all’interno della tradizione e della cultura locale, alla localizzazione geografica dell’area di produzione, alla qualità della materia prima e alle tecniche di produzione. La tipicità caratterizza un universo molto ampio e complesso di produzioni di cui i prodotti
attualmente coperti da certificazioni d’origine regolamentati dalla
Comunità Europea ne rappresentano solo una minima parte; essa consente di sfuggire alla logica del mercato concorrenziale e, attraverso
opportune politiche di marketing, assumere vere e proprie forme monopolistiche recuperando spazi di mercato e conseguendo appropriati margini economici.
B. analisi micro-economica in particolare per prodotto – Per ciascun prodotto è stata elaborata un’analisi: dell’offerta (identificazione varietale,
produzione, aree vocate, utilizzazione), della domanda (consumi, prezzi,
luoghi di acquisto e distribuzione, opportunità commerciali), delle caratteristiche commerciali del prodotto finito (confezionamento e canali distributivi) e delle fasi di produzione (operazioni colturali, di raccolta e di
confezionamento).
C. fattibilità economica – questa analisi, eseguita per singoli prodotti, tiene
conto dei costi di produzione e dei prezzi di mercato.
Dall’indagine è emerso che il fagiolo era, ed è tuttora, prodotto un po’ su
tutta l’area, principalmente per soddisfare le necessità alimentari della famiglia. Questo legume, infatti, era definito con l’appellativo di “carne dei poveri” perché utilizzati come principale fonte proteica dalla popolazione contadina nel XX secolo. In genere era coltivato nell’orto o in consociazione con il
mais, solo poche aree (Laverino nel comune di Fiuminata, Rotelli nel comune di Pollenza e Serravalle del Chienti), naturalmente vocate, divennero specializzate nella produzione di questo legume che, grazie alle peculiari caratte21
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ristiche organolettiche, era molto apprezzato e richiesto dal mercato. In alcune di queste zone è stata avviato un piano di valorizzazione del prodotto locale che, si pone come primo obiettivo, quello di identificare ed incentivare la
coltivazione delle varietà tradizionali.
Principali aree e varietà di fagiolo individuate
FAGIOLO DI PASSO TREIA
FAGIOLO DI LAVERINO
CENERINO DEL LAGO DI COLFIORITO
MONACHELLO
INDIVIDUAZIONE E RECUPERO
Indagine degli aspetti socio-culturali e storici
L’obiettivo, in questa fase, era far emergere il legame inscindibile fra le
varietà locali di fagiolo e il territorio maceratese per dimostrarne la tipicità.
L’indagine, i cui risultati sono ampiamente illustrati in questo libro, ha esaminato diversi elementi: l’origine e la diffusione sul territorio, le varietà e la
tecnica colturale adottata, la trasformazione e l’utilizzazione tradizionale.
La ricerca è stata realizzata presso biblioteche locali (Accademia Georgica
di Treia, Biblioteca Egidiana di Tolentino, Biblioteca Comunale di
Macerata “Mozzi Borsetti”, Biblioteca Statale di Macerata, Biblioteca
Università di Macerata, Dipartimento di Scienze Storiche, Biblioteca
Università Politecnica delle Marche-Facoltà di Economia, Biblioteca
Università Politecnica delle Marche-Dipartimento di Scienze Sociali,
Biblioteca Comunale di Camerino) ed archivi locali (Archivio della
Fondazione Giustiniani Bandini, Archivio di Stato Macerata, Archivio di
Stato Camerino), consultando riviste specializzate ed Internet e con interviste alla popolazione più anziana.
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Recupero e classificazione del materiale genetico collezionato
Per la ricerca dei semi sono stati seguiti principalmente due itinerari: collaborazione con Istituti regionali, nazionali ed internazionali e ricerca sul territorio in collaborazione con operatori e tecnici del settore.
Attualmente la collezione comprende 91 accessioni di cui: 39 provengono
dalla banca di germoplasma del DIBIAGA dell’Università Politecnica delle
Marche, 10 dalla banca del germoplasma di S. Pietroburgo (Vavilov) e 42
sono state recuperate direttamente nell’area dal personale del Cermis e dai
tecnici del Progetto “Agricoltura Sostenibile del Parco dei Monti Sibillini”.
Gran parte di queste varietà (73) appartengono alla specie Phaseolus vulgaris
o fagiolo comune, ma è abbastanza diffuso anche Phaseolus coccineus o fagiolo di Spagna che, nel territorio del GAL Sibilla, viene generalmente chiamato ciavattone o fagiolo turco. Sono state inserite nella collezione anche 2 accessioni di fagiolino dall’occhio (Vigna unguilata) ed una di fagiolo lima (phaseolus lunatus), malgrado non fossero state recuperate direttamente nell’area,
perché dalla ricerca bibliografica risultavano comunque coltivate nella zona.
VALUTAZIONE MORFO-FISIOLOGICA E AGRONOMICA
E’ stata realizzata una caratterizzazione delle accessioni collezionate mediante l’esame delle caratteristiche morfologiche che consente una prima differenziazione dei biotipi. Nel biennio 2003-2004, è stato allestito un campo-catalogo, nel 2003 a Pollenza e nel 2004 a Tolentino, con parcelle non replicate
della superfice di 2 m2. Sinteticamente il calendario delle operazioni colturali
effettuate è il seguente: semina manuale tra fine maggio ed i primi di giugno
su terreno ben preparato e livellato, irrigazione a goccia, ripetute scerbature
manuali per il controllo delle infestanti, impianto di canne come tutori per le
varietà a sviluppo indeterminato, ed infine, raccolta manuale delle diverse
entrate da settembre a dicembre.
Lo scopo della prova è stato soprattutto quello di caratterizzare, con l’ausilio di un set di variabili usate come descrittori (tabella 1), tutte le accessioni
collezionate come riportato nella tabella 2. Per questo le piante, 8 per ogni
accessione, sono state allevate singolarmente e osservate, con frequenti ed
accurati rilievi durante tutto il ciclo colturale. Gli aspetti rilevati sono di tipo
morfologico (portamento della pianta, forma, dimensione e colore di foglie
fiori e frutti), biologico (precocità) ed agronomico (resa, resistenza alle fitopatie). Dall’analisi dei risultati emerge che molte accessioni sono simili e potrebbero essere raggruppate in base ad alcuni caratteri della granella, in particolare forma e colore, da cui dipende anche il valore merceologico attribuito alle
diverse partite. Inoltre, per approfondire la caratterizzazione, sulla granella
raccolta, oltre ai principali caratteri morfologici sono stati rilevati anche quelli biochimici mediante l’elettroforesi delle proteine di riserva (faseoline).
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Tabella 1- CARATTERI RILEVATI (sintesi della metodologia UPOV e Comunitaria)
PIANTA
• tipo di germinazione: ipogea o epigea
• colorazione antocianica dell’ ipocotile:
assente – presente
• tipo di accrescimento: determinato o
indeterminato (nana o rampicante)
• tipo di pianta: determinata cespugliosa,
indeterminata eretta cespugliosa, indeterminata prostrata con ramificazioni laterali, indeterminata rampicante
• altezza pianta: cm da terra (SOLO PER I
TIPI NANI)
FOGLIA
• colore verde: molto chiaro…..molto scuro
• rugosità: debole, media, forte
• forma della punta: triangolare, rotondeggiante, quadrangolare
FIORE
• Epoca di fioritura: precoce, media, tardiva (data inizio: quando il 50% delle piante ha almeno un fiore aperto)
• Colore vessilo o stendardo: bianco, verdastro, lilla, bianco contorno lilla, bianco striato lilla, lilla scuro contorno porpora, lilla
scuro con punti porpora, rosso carminio,
porpora (rosa, giallo, viola, lilla, rosso vivo)
• Colore ali: bianco, verdastro, lilla, bianco
striato rosso carminio, lilla scuro con venature rosse, da rosso chiaro a lilla scuro, lilla
con venature lilla scuro, porpora (bianco,
rosa, giallo, viola, lilla, rosso vivo)
• Presenza di venature nel vessillo: presenti
o assenti (bianche, rosa, viola)
BACCELLO
• Posizione sulla pianta: base, centro, apice,
tutta (base, centro e apice)
• Lunghezza: corto, medio, lungo
Larghezza: stretto, medio, largo
• forma sezione (spessore): appiattita, ellittica o tondeggiante
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• Colore principale: giallo, verde viola Intensità del colore principale: chiaro,
medio, scuro
• Colore secondario (Pigmentazione):
assente, presente
• Colore pigmentazione: rosso, viola
Densità della pigmentazione o colore
secondario: sparsa, media, fitta
• Filo: assente, presente
• curvatura: dritto, leggermente curvo,
molto curvo
• forma della parte finale: acuta, acuta e
troncata, troncata
• tessitura della superfice esterna: liscia,
mediamente rugosa, rugosa
• Strozzature a maturazione: assenti, leggere, medie, pronunciate, molto evidenti
SEME
• Peso: leggero….pesante (peso 1000 semi g)
• Forma sez. longitudinale mediana: circolare, circolare-ellittica, ellittica, reniforme
• SOLO PER I SEMI RENIFORMI –
Grado di curvatura: leggero, medio, forte
• Forma della sezione trasversale: piatto,
leggermente ellittico, ellittico, ellittico
largo, circolare
• Ampiezza della sezione trasversale: stretta,
media, larga
• Numero di colori presenti: 1, 2, 3
• Colore pricipale: bianco, verde, grigio,
giallo, marrone chiaro, marrone, rosso,
viola, nero
• Distribuzione predominante del colore
secondario: intorno all’ileo, striature,
mezzo seme, a macchia
• Venature: debole, media, forte - Colore
contorno ileo: come il seme, diverso dal
seme.
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Immagine dei semi delle dieci accessioni Vavilov
Principali tipologie di semi presenti nella collezione del Cermis
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SELEZIONE CONSERVATIVA E MOLTIPLICAZIONE DEL SEME
Il campo catalogo, illustrato nel capitolo precedente, è stato realizzato con
un duplice scopo: caratterizzare morfo-fisiologicamente la collezione e moltiplicare il seme per le successive fasi del progetto. Questa scelta è stata inevitabile perché per alcune accessioni la quantità di seme disponibile era talmente limitata da non consentire la realizzazione di più prove. Tra l’altro,
l’andamento climatico
dell’estate 2004, insolitamente siccitosa e
calda, ha fortemente
penalizzato la coltura
per cui i quantitativi di
granella
disponibile
sono tuttora contenuti.
CONTROLLO DELLE TECNICHE COLTURALI IMPIEGATE
Per questa specie, ancora coltivata e molto conosciuta nell’area del Gal
Sibilla, si è preferito incentrare il lavoro, più che sull’individuazione di una
particolare tecnica colturale, sul recupero di varietà locali e sulla ricerca di
aree vocate. Tra le aree individuate, come già accennato, le più significative
sono: Rotelli nel Comune di Pollenza, Serravalle del Chienti e Laverino nel
Comune di Fiuminata. Quest’ultima area, in particolare, situata in corrispondenza delle sorgenti del fiume Potenza a circa 650 m slm, è sempre stata
nota per la produzione di fagioli di ottima qualità, tradizione che purtroppo,
negli ultimi anni si era persa. Recentemente, grazie anche all’attività di valorizzazione promossa dal Comune di Fiuminata, è stata riscoperta e rappresenta un buon esempio di come un solido legame tra agricoltore, territorio e
varietà locale può dare origine ad un sistema aziendale alternativo economicamente sostenibile. Per questi motivi è stata intrapresa una collaborazione
con l’Amministrazione Comunale e realizzata una prova, a Laverino, di caratterizzazione morfo-fisiologica delle diverse accessioni recuperate. Altre due
prove di adattabilità delle principali tipologie di fagiolo sono state realizzate
a Pievetorina e a Serravalle del
Chienti. Le tre aziende, situate in
differenti località dell’area montana con terreni diversi per giacitura,
esposizione, altitudine e caratteristiche fisico chimiche, hanno fornito importanti indicazioni circa la
capacità di adattamento delle
diverse varietà. Cultivar tardive,
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come il Fagiolo di Laverino, il Ciavattone, il Monachello e il Fagiolo “de li
Rotelli”, hanno scarsa resistenza alle alte temperature e necessitano di una elevata disponibilità idrica. Invece, il fagiolo della Regina basso (varietà che
generalmente si consociava con il mais) ed il Cenerino del lago di Colfiorito
sono più adattattabili e forniscono produzioni soddisfacenti anche in coltivazioni non irrigue.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Per i fagioli, in generale, sono emerse interessanti prospettive, non preventivate, che portano a dover rivedere le strategie di intervento e pianificare, volendo dare un seguito alle esperienze fin qui condotte, una politica di intervento
che può essere interpretata come logica prosecuzione del presente progetto.
Dal lavoro d’indagine si è potuti risalire al collegamento fra diverse varietà
di fagioli con altrettante zone dell’Appennino maceratese. Tali varietà ancora
persistono, pur se in quantità limitate, grazie al lavoro di conservazione originato dalla coltivazione per uso familiare e, a quanto pare, per un mercato,
seppur di nicchia, alimentato da pochi conoscitori delle particolari proprietà
organolettiche di questi prodotti, ormai perse nelle varietà cosiddette industriali. Per queste produzioni
di nicchia è ipotizzabile
un’azione di valorizzazione
commerciale comune, essendo tutte coltivate nell’Alto
Maceratese, anche se con
nette caratteristiche di riconoscibilità. I forti legami
con la tradizione locale, possono rappresentare la spinta
basilare per la coltivazione in
piccole aziende.
SCHEDE DESCRITTIVE
Per ogni accessione, è stata elaborata una scheda descrittiva dove sono riassunte le principali caratteristiche morfo-fisiologiche e si evidenzia il legame
con il territorio di origine. Nelle pagine successive sono riportate quelle relative alle varietà tradizionalmente coltivate nelle aree maggiormente vocate
(Laverino, Rotelli, Cenerino del Lago di Colfiorito) e alle tipologie più diffuse
(Monachello, Ciavattone, F. della regina alto e basso).
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FAGIOLO DI LAVERINO
SPECIE:
Phaseolus vulgaris L.
CENNI STORICI:
Già nel 1811 si parlava delle particolari caratteristiche culinarie dei fagioli prodotti nell’area di Fiuminata.
PROVENIENZA:
Laverino
ZONA TIPICA
DI PRODUZIONE:
Laverino e zone limitrofe
AZIONI DI
PROMOZIONE
GIA’ IN ATTO:
Il Comune di Fiuminata stà incentivando la produzione da
parte degli agricoltori della zona con contributi economici, e promuovendo una manifestazione incentrata sugli
aspetti culinari di questo particolare prodotto.
TECNICA
AGRONOMICA
TRADIZIONALE:
A Laverino, frazione del comune di Fiuminata a 650 m
slm, esiste un’area, denominata “le canapine”, dove tradizionalmente si coltivano fagioli. La semina si esegue dopo
il 18 maggio ( S. Venanzo) a postarella (4-5 semi), ed il
tutore utilizzato è una “frasca di orniello”.
DESCRIZIONE
MORFOLOGICA:
IL FAGIOLO DI LAVERINO è caratterizzato da un seme
bianco medio-piccolo leggermente allungato e da una
pianta a portamento indeterminato (può raggiungere
anche i 2-3 m), e con un ciclo mediamente tardivo. Il fiore
è bianco ed il baccello medio-largo.
CARATTERISTICHE
TECNOLOGICOORGANOLETTICHE:
Il sapore delicato e la buccia sottilissima lo rendono particolarmente pregiato e di rapida cottura.
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CENERINO DEL LAGO DI COLFIORITO
SPECIE:
Phaseolus vulgaris L.
CENNI STORICI:
Da testimonianze orali è stato accertato che dalla metà del
1900 questo fagiolo è stato coltivato (con un’estenzione
più o meno significativa) nell’area di Serravalle.
PROVENIENZA:
Serravalle del Chienti
ZONA TIPICA
DI PRODUZIONE:
Porzione marchigiana del’altopiano di Colfiorito.
AZIONI DI
PROMOZIONE
GIA’ IN ATTO:
Un’azienda dell’area lo ha inserito, da circa due anni, nella
sua offerta di vendita diretta.
TECNICA
AGRONOMICA
TRADIZIONALE:
Il fagiolo viene seminato molto presto, con una seminatrice pneumatica, e vengono effettuate solo irrigazioni di soccorso. A maturazione il baccello viene raccolto a mano e
l’essiccazione completata su grate di legno.
DESCRIZIONE
MORFOLOGICA:
IL CENERINO DEL LAGO DI COLFIORITO è caratterizzato da un seme marrone-verde con ileo più scuro,
medio-piccolo allungato e da una pianta a sviluppo determinato con un ciclo mediamente precoce. Il fiore è bianco
ed il baccello stretto e lungo.
CARATTERISTICHE
TECNOLOGICOORGANOLETTICHE:
Caratteristiche di rilievo sono la buccia fine, bassi tempi di
cottura, sapore delicato, polpa farinosa e compatta.
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MONACHELLO
SPECIE:
Phaseolus vulgaris L.
CENNI STORICI:
Da testimonianze orali è stato accertato che dalla metà del
1900 questo fagiolo è stato coltivato (con un’estenzione
più o meno significativa) nell’area dei Sibillini.
PROVENIENZA:
Castelsantangelo sul Nera
ZONA TIPICA
DI PRODUZIONE:
Area del Parco dei Sibillini.
AZIONI DI
PROMOZIONE
GIA’ IN ATTO:
Un’azienda agrituristica dell’area lo ha inserito, nel suo
menù, mentre altre vendono direttamente il prodotto
essiccato.
TECNICA
AGRONOMICA
TRADIZIONALE:
Nelle zone montane si semina in aprile-maggio a postarella con file distanti 80-100 cm. I tutori generalmente utilizzati sono canne o frasche.
DESCRIZIONE
MORFOLOGICA:
IL MONACHELLO è caratterizzato da un seme mediopiccolo leggermente allungato, bianco con una macchia
nera, più o meno estesa, che parte dall’ileo. La pianta è a
sviluppo indeterminato e con ciclo medio-tardivo.
CARATTERISTICHE
TECNOLOGICOORGANOLETTICHE:
Caratteristiche di rilievo sono la buccia fine ed i bassi
tempi di cottura.
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FAGIOLI “DE LI ROTELLI”
SPECIE:
Phaseolus coccineus L.
CENNI STORICI:
Negli ’50-‘60 questo fagiolo era molto coltivato lungo il
corso del fiume Potenza nell’area di Passo di Treia e nella
frazione Rotelli di Pollenza.
PROVENIENZA:
Rotelli (Pollenza)
ZONA TIPICA
DI PRODUZIONE:
Rotelli (Pollenza) - Passo Treia (Treia)
AZIONI DI
PROMOZIONE
GIA’ IN ATTO:
Nessuna
TECNICA
AGRONOMICA
TRADIZIONALE:
Si seminava a metà giugno (dopo il grano), in solchi precedentemente irrigati utilizzando del seme messo a bagno la
sera prima. Il seme, da reimipiegare l’anno successivo, viene
raccolto solo dal palco (cavallo) migliore. Il prodotto viene
utilizzato prevalentemente secco, ma anche fresco.
DESCRIZIONE
MORFOLOGICA:
IL F. DI ROTELLI è caratterizzato da un seme bianco
reniforme e grande. La germinazione è ipogea e la pianta a
sviluppo indeterminato con ciclo tardivo. Il fiore è bianco
ed il baccello largo e fibroso.
CARATTERISTICHE
TECNOLOGICOORGANOLETTICHE:
Caratteristiche di rilievo sono il sapore delicato e la polpa
farinosa e compatta.
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CIAVATTONE O FAGIOLO TURCO
SPECIE:
Phaseolus coccineus L.
CENNI STORICI:
Molti anziani agricoltori ricordano che il seme era stato
loro consegnato dai genitori.
PROVENIENZA:
Sono stati recuperati diversi ecotipi in tutta l’area.
ZONA TIPICA
DI PRODUZIONE:
Tutta l’area del Gal Sibilla.
AZIONI DI
PROMOZIONE
GIA’ IN ATTO:
Nessuna
TECNICA
AGRONOMICA
TRADIZIONALE:
Generalmente si semina da fine aprile alla metà di giugno,
in funzione del prodotto che si vuole raccogliere (granella
fresca o secca). Essendo la varietà tardiva e particolarmente sensibile alle alte temperature, è consigliabile evitare di
far coincidere la fase di fioritura con il forte caldo.
DESCRIZIONE
MORFOLOGICA:
IL CIAVATTONE è caratterizzato da un seme bianco reniforme e grande. La germinazione è ipogea e la pianta a sviluppo indeterminato con ciclo tardivo. Il fiore è bianco ed
il baccello largo e fibroso.
CARATTERISTICHE
TECNOLOGICOORGANOLETTICHE:
Caratteristiche di rilievo sono il sapore delicato e la polpa
farinosa e compatta.
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FAGIOLO DELLA REGINA ALTO
SPECIE:
Phaseolus vulgaris L.
CENNI STORICI:
Molti anziani agricoltori ricordano che il seme era stato
loro consegnato dai genitori.
PROVENIENZA:
Sono stati recuperati diversi ecotipi in tutta l’area.
ZONA TIPICA
DI PRODUZIONE:
Tutta l’area del Gal Sibilla.
AZIONI DI
PROMOZIONE
GIA’ IN ATTO:
Nessuna
TECNICA
AGRONOMICA
TRADIZIONALE:
Generalmente si semina a postarella da fine aprile ai primi di
giugno, in funzione del prodotto che si vuole raccogliere (granella fresca o secca). L’allevamento delle piante tipico è a
“capannina” (per ogni postarella si sua una canna che poi si
uniscono, mediante legatura dell’apice, in gruppi di quattro).
DESCRIZIONE
MORFOLOGICA:
IL FAGIOLO DELLA REGINA è caratterizzato da un
seme tipo borlotto più o meno screziato. La germinazione
è epogea e la pianta a sviluppo indeterminato con ciclo
medio-precoce. Il fiore è di colore lilla più o meno intenso
ed il baccello mediamente largo e striato.
CARATTERISTICHE
TECNOLOGICOORGANOLETTICHE:
Caratteristiche di rilievo sono il sapore delicato e la polpa
farinosa e compatta.
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FAGIOLO DELLA REGINA BASSO
SPECIE:
Phaseolus vulgaris L.
CENNI STORICI:
Molti anziani agricoltori ricordano che il seme era stato
loro consegnato dai genitori.
PROVENIENZA:
Sono stati recuperati diversi ecotipi in tutta l’area.
ZONA TIPICA
DI PRODUZIONE:
Tutta l’area del Gal Sibilla.
AZIONI DI
PROMOZIONE
GIA’ IN ATTO:
Nessuna
TECNICA
AGRONOMICA
TRADIZIONALE:
Generalmente si semina in consociazione con il mais da
polenta in marzo e senza interventi irrigui.
DESCRIZIONE
MORFOLOGICA:
IL FAGIOLO DELLA REGINA è caratterizzato da un
seme tipo borlotto più o meno screziato. La germinazione
è epogea e la pianta a sviluppo determinato con ciclo precoce. Il fiore è di colore lilla più o meno intenso ed il baccello mediamente largo e striato.
CARATTERISTICHE
TECNOLOGICOORGANOLETTICHE:
Caratteristiche di rilievo sono il sapore delicato e la polpa
farinosa e compatta.
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IL FAGIOLO IN CUCINA
Del fagiolo si possono consumare sia il legume immaturo (fagiolino o cornetto) sia il seme fresco o secco. Il fagiolo fresco si trova sul mercato da fine
maggio ai primi di novembre mentre secco, surgelato ed in scatola è disponibile tutto l’anno. Accanto a questi prodotti tradizionali sul mercato se ne
stanno affermando dei nuovi, precotti e pronti per il consumo, che contengono un miscuglio di varietà e specie.
Cottura
Se si utilizzano fagioli secchi, prima di cuocerli è necessario lasciarli in
acqua per almeno 6-8 ore o ancora meglio una notte intera. Qualora ci si
dimentichi di eseguire questa operazione si possono porre i semi in acqua, si
portano ad ebollizione per due minuti e quindi si tolgono dal fuoco e si tengono coperti per un’ora. Quest’operazione consente di accorciare i tempi di
cottura e di allontanare o ridurre la presenza di alcuni dei fattori antinutrizionali, quali polifenoli e oligosaccaridi responsabili della flatulenza.
La cottura dei legumi, oltre a
cosentire di raggiungere la
consistenza ottimale per il
consumo, ha la funzione di
degradare i fattori antinutrizionali termolabili (inibitori
delle proteasi e lectine) incrementando la digeribilità delle
proteine e dell’amido. Tuttavia
durante la cottura avvengono
anche dei fenomeni che provocano la perdita di amminoacidi, di minerali e di vitamine.
Uno dei principali inconvenienti presentati dai fagioli in cucina è che
richiedono un lungo tempo di cottura, che però può essere abbreviato con
l’ammollo, aggiungendo all’acqua di cottura del bicarbonato ed evitando di
aggiungere sale o sostanze acide.
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USO DEL FAGIOLO IN ERBORISTERIA
I Fagioli facilitano la diminuzione dell’ipertensione e regolano il metabolismo del colesterolo. Sono utili per i diabetici, nelle carenze nutrizionali, reumatismo, gotta e litiasi renale. Mineralizzante è utile negli affaticamenti, adolescenti, anemici, deperiti, per coloro che
hanno la gotta (al posto della carne) lavoratori manuali, sportivi; non si addice molto a
coloro che soffrono di coliti, obesi, sedentari.
In genere è di lunga digestione, circa 4 ore e mezzo, e
producono meteorismo che può essere evitato riducendoli in purea o bollendoli con bicarbonato di sodio oppure
aggiungendo agli ingredienti della cottura, basilico in
foglie, finocchio in semi, alloro, sedano e pomodori.
Ricerche scientifiche hanno indicato che i bacelli, se
inclusi in una dieta, facilitano la perdita di peso.
L’abbondante presenza, di flavonoidi e di fibre (cellullosa, polisaccaridi) rallentano l’assorbimento dei glucidi
regolando così la secrezione di insulina, l’ormone
responsabile dello stoccaggio dei grassi nelle nostre cellule adipose e quindi dell’aumento di peso.
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LE RICETTE DELLA TRADIZIONE MACERATESE
I fagioli sono immancabili nella cucina tipica della nostra regione, quindi è oramai facilissimo
trovare nei ristoranti piatti che contengono questo ortaggio. I modi di utilizzazione più diffusi e maggiormente radicati nella tradizione della popolazione rurale della nostra provincia sono
due, la pasta e fagioli e i fagioli con le cotiche. Ma in realtà moltissime sono le ricette locali
che prevedono come ingrediente questo prezioso legume, di cui nelle pagine successive sono
riportati alcuni esempi tra i più significativi.
PASTA E FAGIOLI
Ingredienti: fagioli della Regina secchi, pasta corta secca o fresca, cotenna di maiale, cipolla,
carota, sedano, una crosta di formaggio, olio di oliva, sale e pepe nero.
Preparazione: Mettete a bagno i fagioli la sera prima dell’uso. Lavate la cotenna di maiale e
dopo averla raschiata, scottatela in acqua bollente per qualche minuto. In un capace tegame di
terracotta, mettete i fagioli scolati, la cotenna intera, la crosta di formaggio ben raschiata e
lavata, una cipolla, una carota, un gambo di sedano e coprite con molta acqua salata. Mettete
il tegame sul fuoco e fate cuocere. Quando i fagioli saranno molto teneri, col mestolo forato
raccoglietene poco meno della meta’, scegliendo per primi quelli rotti, e passateli al setaccio.
Versate la purea ottenuta nel tegame e quando riprende a bollire, versate la pasta. Scodellate
quando la pasta e’ cotta, tagliate a pezzi la cotenna e la crosta di formaggio così che ne tocchi
un pezzetto ad ogni commensale; servite la pasta e fagioli tiepida, con una abbondante presa
di pepe nero e, a piacere, un cucchiaio di olio crudo. Invece della cotenna potete usare un
pezzo osso di prosciutto.
FAGIOLI CON LE COTICHE
Ingredienti: Una cipolla, olio d’oliva, fagioli della regina freschi o precedentemente ammollati, cotenna di maiale, passata di pomodoro, sedano, una carota, sale.
Preparazione: Bollite le cotiche in acqua calda finché non diventano tenere. Preparate nel frattempo un soffritto con l’olio d’oliva e la cipolla. Versate le cotiche bollite nel soffritto.
Aggiungete 2 o 3 mestoli di passata di pomodoro, il sedano e la carote a pezzi. Salate e fate
cuocere fino ad ottenere un sugo denso. Aggiungete i fagioli che avrete precedentemente bollito in acqua salata e fate insaporire il tutto per altri 10 minuti
FAGIOLI ALL’UCCELLETTO
Ricetta tradizionale di LAVERINO (Fiuminata)
Ingredienti: fagioli di Laverino secchi, aglio, foglie di salvia, peperoncino, sale ed olio.
Preparazione: Mettere a bagno i fagioli per una notte in acqua tiepida e poi farli bollire fino
per circa mezz’ora (verificare che siano quasi cotti). Una volta lessati, vanno scolati lasciando
un po’ dell’acqua di cottura.
In una padella, dopo aver fatto imbiondire qualche spicchio d’aglio schiacciato insieme a delle
foglie di salvia e peperoncino, aggiungere i fagioli e cuocere lentamente aggiungendo l’acqua
della cottura precedente. E’ possibile aggiungere del passato di pomodoro.
FAGIOLI ALLA PIGNA
Ricetta tradizionale di Rotelli (Pollenza)
Ingredienti: fagioli “de li Rotelli” freschi o precedentemente ammollati per una notte, cipolla,
sedano, pomodoro, sale, pepe e olio.
Preparazione: Tradizionalmente le famiglie più povere mettevano la “pigna” (pentola di terracotta) contenente i fagioli con un battuto di cipolla, sedano, e in alcuni casi del pomodoro,
direttamente sul camino, appoggiata sopra a due ceppi, e facevano cuocere il tutto molto len40
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tamente. Una volta pronti, direttamente nel piatto, si aggiungeva pepe e olio a crudo. In inverno questo piatto si mangiava anche 2 volte la settimana.
FAGIOLI IN INSALATA
Ingredienti: fagioli ciavattoni freschi o precedentemente ammollati per una notte, aglio, prezzemolo, sale e olio.
Preparazione: Lessare i fagioli e scolarli quando sono cotti. Versarli in un’insalatiera e condirli
con l’aglio ed il prezzemolo tritati, sale ed olio. E’ possibile aggiungere anche del tonno o della
cipolla cruda tritata.
FAGIOLINI E PATATE
Ingredienti: fagiolini spuntati e liberati del filo (se necessario), patate novelle, aglio, sale e olio.
Preparazione: Lessare le patate ed i fagiolini in acqua bollente. Una volta cotti, scolarli e condirli con pezzeti d’aglio, sale ed olio.
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INDICE
3
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Presentazione
5
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .IL
5
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Introduzione
FAGIOLO
7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Cenni storici
7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Origini
8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Il Fagiolo nella tradizione locale
10
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Descrizione
13
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Caratteristiche
botanica
15
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Tecnica
nutrizionali
colturale
20 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Il progetto
20 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Attività realizzata
30 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Considerazioni conclusive
30 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Schede descrittive
38 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Il fagiolo in cucina
40 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Le ricette della tradizione maceratese
42
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .Bibliografia
consultata
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Centro Ricerche e Sperimentazione
per il Miglioramento Vegetale
“N. Strampelli”
PROFILO E FINALITÀ
Il Centro, senza alcuna finalità di lucro, ha per scopo il miglioramento
vegetale (genetico e tecnico colturale) delle piante agrarie e la valorizzazione delle sementi, ai fini del potenziamento delle produzioni agricole mediante la promozione, l’attuazione e la fornitura dei servizi di
sviluppo agricolo nel settore della ricerca, della sperimentazione, della
dimostrazione e della divulgazione. Il Centro potrà, inoltre, prestare
assistenza e collaborazione ad Enti, Associazioni private interessati allo
sviluppo agro-industriale ed ambientale … (art.1 statuto Cermis)
ENTI ASSOCIATI
Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Macerata
Fondazione Giustiniani Bandini
Provincia di Macerata
Agroservice S.p.a.
Eurogen s.r.l.
Limagrain Italia S.p.a.
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