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gazione di energia, acqua e vapore proprio
per la diminuzione della produzione degli
impianti ricadenti nel suo sito.
Esiste un problema anche per la CFP
(Caffaro Flexible Packaging) – quasi 100
dipendenti –, che ha chiesto di accedere ai
benefici del contratto di localizzazione per
Ottana in Sardegna e ciò, nonostante le
assicurazioni formulate da parte del sottosegretario Valducci nel corso dello svolgimento di interrogazione a risposta immediata in Commissione attività produttiva, non sgombra il campo da eventuali
disimpegni dal sito di Pisticci, su cui si
esprimono preoccupazioni da parte dei
lavoratori e dei sindacati.
Noi chiediamo di fare in modo che
quell’investimento possa essere destinato a
Pisticci, considerato che si tratta della
stessa tipologia di produzione.
La crisi descritta si riverbera sull’indotto. È il caso della società OMCM che si
occupa di manutenzione degli impianti del
sito e che ha posto in mobilità 16 dipendenti.
In questo contesto, si inserisce la vicenda del contratto Nuova Valsud (è una
vicenda paradossale). È dal dicembre 2003
che, all’indomani della crisi Dow Chemical
e Nylstar, presso il Ministero delle attività
produttive si è costituito un tavolo finalizzato ad attivare un contratto di programma con 4 aziende, pronte ad investire
in Valbasento. Si tratta di una serie di
investimenti che avrebbero dovuto dare
risposta occupazionale ai quasi 200 lavoratori attualmente in mobilità e con scadenze degli ammortizzatori sociali già superate, come nel caso del calzaturificio
Valbasento e della PNT.
Apprendiamo in una delle ultime risposte presso la Commissione attività produttiva che sarebbero cambiate le regole
del gioco e che i processi di reindustrializzazione sarebbero affidati in base al
decreto sulla competitività all’azione di
Sviluppo Italia.
È del tutto evidente che, di fronte a due
anni di lavoro, dire che era tutto sbagliato
e tutto da rifare costituisce un problema
grave che rischia di pregiudicare ogni
volontà di delocalizzare in Valbasento.
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Se questa è la volontà di aiutare il
Mezzogiorno come inizio del nuovo Governo non c’è male. Voglio qui affermare,
con i colleghi sottoscrittori, con il collega
Boccia, che il contratto di programma va
finanziato con risorse aggiuntive e non con
qualche partita di giro che andrebbe a
sottrarre altri investimenti già destinati
alla Valbasento.
Allora, quali sono le intenzioni del
Governo in merito a questo contratto di
programma ? Chiediamo di sapere se è
possibile costituire un tavolo di confronto
permanente a livello di ministero sulla
Valbasento e sul suo rilancio.
Vogliamo sapere se il Governo, attraverso lo strumento dei contratti di localizzazione, intenda sperimentare in Valbasento, area infrastrutturalmente dotata, la
possibilità di promuovere una ricerca di
investimenti da delocalizzare; investimenti
multinazionali dai grandi numeri, perché
quel sito ha bisogno di essere saturato per
gli impianti che vi sono e che ora costituiscono diseconomie a causa della loro
sottoutilizzazione.
Le variabili in grado di favorire investimenti non mancano e gli investimenti
previsti anche in materia energetica costituiscono un’occasione per il territorio.
Pertanto, chiediamo risposte certe e
definitive al Governo, perché non possiamo decretare la chiusura della principale area industriale lucana, le cui ripercussioni negative avrebbero effetti socialmente devastanti.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di
Stato alla Presidenza del Consiglio dei
ministri, senatore Ventucci, ha facoltà di
rispondere.
COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di
Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, parte delle notizie comunicate dall’onorevole Molinari suscitano sconforto in un comparto esiziale
per la serenità del vivere civile, quando si
evidenzia che un lavoratore perde il sostentamento per la propria famiglia o per
se stesso. Mi auguro dunque che la risposta che mi accingo a fornire possa ali-
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mentare, oltre alla speranza, anche la
certezza dell’avviamento di soluzioni positive.
La proposta di contratto di programma
denominato Nuova Valsud è stata oggetto
di una prima istruttoria conclusasi con
esito positivo. Il progetto presentato prevede la realizzazione nell’area Valbasento
della regione Basilicata di 4 iniziative
industriali nel settore dei materiali plastici
ed una iniziativa relativa ad una struttura
in grado di fornire servizi alle imprese
consorziate con laboratori di prove dei
materiali e di formazione, oltre a servizi di
consulenza ed elaborazione dati.
Gli investimenti risultati ammissibili
sono di 80.891.000,00 euro, le agevolazioni
massime
concedibili
sono
pari
a
52.282.500,00 euro e, nel complesso, prevedono una occupazione di 282 unità, di
cui 189 provenienti dalle liste di mobilità
di dipendenti delle aziende in crisi della
zona (tra le quali la Nylstar).
La regione Basilicata ha dichiarato la
sua disponibilità a cofinanziare il contratto di programma con un importo doppio rispetto a quanto già deliberato dalla
giunta del 24 novembre 2004, che risultava
essere, in origine, nel limite del 10 per
cento del contributo cedibile.
Per quanto riguarda il restante finanziamento del contributo pubblico, secondo
quanto dichiarato dal soggetto proponente,
questo non graverebbe sulle risorse stanziate per i contratti di programma, in
quanto la proposta era inserita tra quelle
previste dalla delibera CIPE n. 120/99
(Economie dell’Accordo Valbasento) e
nella conseguente intesa istituzionale di
programma sottoscritta il 5 gennaio 2000
tra il Governo e la regione Basilicata.
Sulla base di tale affermazione, è stata
avviata una interlocutoria con le amministrazioni interessate, dalla quale non è
risultato alcun perfezionamento sottoscritto di detto intento che consenta di
attribuire alla proposta la copertura del
finanziamento pubblico, né tanto meno un
eventuale carattere di priorità rispetto alle
altre molteplici iniziative in istruttoria e in
attesa di definizione (l’istanza in questione, infatti, è stata presentata in data 23
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giugno 2004 e, secondo l’ordine cronologico di presentazione, – requisito base per
la trasparenza della nuova procedura a
tutela degli altri soggetti proponenti –
occupa il settantasettesimo posto).
Si informa, come risulta da una nota
del Ministero dell’economia e delle finanze
che, in un incontro tenutosi a Palazzo
Chigi nei primi giorni di marzo ultimo
scorso, per interventi situati negli undici
comuni, tra i quali si configura anche il
comune di Pisticci, dov’è localizzata la
proposta del consorzio Nuova Valsud, sarebbe stata individuata una soluzione possibile, da approfondire con la Ragioneria
generale dello Stato, di prevedere una
dotazione a carico della prossima legge
finanziaria da utilizzare attraverso la legge
n. 181 del 1989 e/o altri strumenti.
PRESIDENTE. L’onorevole Boccia ha
facoltà di replicare.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente,
ringrazio il sottosegretario Ventucci; tuttavia, dichiararsi soddisfatti è pressoché
impossibile. Infatti, nonostante il sottosegretario abbia dimostrato tutto il suo rammarico per le circostanze riguardanti i
lavoratori interessati – quindi comprendo
che, dal punto di vista umano e personale,
vi sia tutta la sua solidarietà –, la risposta
fornita agli interpellanti non assicura una
risoluzione della questione.
Sostanzialmente, avevamo posto alcuni
problemi di cui il primo, immediato, riguardava il contratto Nuova Valsud.
In proposito, il ministro Marzano e la
struttura speciale, guidata dal dottor Ruta,
hanno ben operato nell’istruire tale intervento. In effetti, sia la quantificazione
dell’investimento, sia la quantificazione del
contributo, sia l’alta percentuale di lavoratori coinvolti (nuova collocazione per
189 lavoratori in mobilità) costituiscono
oggettivamente un buon risultato ed un’ottima prospettiva.
A noi era anche giunta notizia che il
Ministero delle attività produttive aveva
trasmesso il progetto al CIPE e che esisteva una graduatoria. Tuttavia, è anche
noto che sono state concesse deroghe in
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presenza di situazioni urgenti ed emergenti. Allora, l’ipotesi di un rinvio che
rimanderebbe il problema alla prossima
legge finanziaria ci rende totalmente insoddisfatti.
Ci stiamo occupando di quattro grandi
aziende che non operano soltanto nei
servizi, settore piuttosto collaterale rispetto al vero investimento, ma agiscono
nel comparto dei materiali plastici, in
continua evoluzione. Se esaminiamo le
domande presentate all’inizio del procedimento, si può verificare che il progetto va
avanti da circa due anni. Allora, se i
quattro imprenditori, determinati ad investire nel Mezzogiorno, sono costretti ad
aspettare quattro anni prima di poter
operare, è evidente che corrono il fortissimo rischio di andare fuori mercato, sia
dal punto di vista tecnologico che da
quello della domanda del prodotto. Tuttavia, questi imprenditori hanno resistito e
sono pronti ad investire in proprio, continuando a nutrire fiducia sulla produttività dell’operazione. È però anche vero
che, nel momento in cui si dice loro che
per il momento non se ne parla, si mette
a rischio la loro volontà di continuare.
Non si può, da una parte, dichiarare –
come avverrà nei prossimi giorni – che
occorre rilanciare lo sviluppo, accrescere
la competitività, mettere in campo iniziative per il Mezzogiorno, stanziare risorse
con nuovi meccanismi di investimento e,
allo stesso tempo, avere una situazione
pronta, definita, giudicata positiva in fase
di istruttoria, che aspetta solo l’inoltro al
CIPE per ottenere ciò che, in sede di
quantificazione, è stato ritenuto corretto
concedere, senza procedere ulteriormente.
Esiste una contraddizione nei comportamenti strategici del Governo.
Allora, la risposta risulta insoddisfacente, non solo per la delusione in merito
al procedimento, ma anche perché il problema resta irrisolto ed anzi corre il
rischio di aggravarsi. Infatti, se la soluzione in questione salta, diventa poi difficile individuarne altre. Tra l’altro, stiamo
parlando di risorse che in qualche modo
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sono già disponibili da tempo per quell’area. Infatti, si tratta di risorse che erano
già disponibili per la Valbasento.
Quindi, devo francamente osservare
che vi erano tutte le condizioni per una
deroga: l’emergenza, l’urgenza, la necessità
di sistemare 189 lavoratori in mobilità, le
risorse, che si sarebbero potute reperire
da vecchi finanziamenti riprogrammati.
Non si capisce, dunque, perché non si vada
avanti. Ho qualche dubbio, che ritenevo
potesse essere chiarito dalla risposta del
Governo, in ordine a possibili « scavalcamenti », nel senso che forse sono stati
giudicati più urgenti altri interventi e dunque è possibile che una deroga sia intervenuta per altre situazioni. Se cosı̀ fosse, il
nostro giudizio sarebbe ancora più negativo.
Esprimiamo quindi la nostra delusione
per la risposta, della quale non siamo
certamente soddisfatti. Intendo tuttavia
approfittare di questa occasione per valutare se sia possibile modificare la situazione rispetto alle informazioni fornite dal
sottosegretario. Nel caso contrario, non
sussiste tanto il problema della nostra
insoddisfazione, quanto quello della situazione di questa povera gente e del rilancio
della Valbasento. Su tale aspetto, vi è la
delusione più forte, in quanto la regione
Basilicata si è fatta carico di affrontare la
questione anche mettendoci del proprio, e
non è una prassi ordinaria che le regioni
meridionali concorrano in contratti di
programma per l’industrializzazione.
Vi è stata dunque buona volontà e
concreta disponibilità, poiché la Valbasento rappresenta un’area strategica per il
Mezzogiorno e soprattutto per la Basilicata. Auspico vi sia la possibilità, da parte
del nuovo ministro, di convocare un tavolo
di confronto con il consorzio industriale,
con la regione Basilicata, con i sindaci di
Matera, Ferrandino e Pisticci, vale a dire
dei maggiori comuni che insistono su quell’area, e con la struttura speciale, in modo
da valutare congiuntamente quali misure
possano essere adottate per evitare di
vanificare questa operazione, che era nella
sua fase conclusiva.
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Ritengo che debba essere compiuto
qualche sforzo in tal senso, per non correre il rischio di innescare in una situazione di difficoltà un processo negativo
destinato a moltiplicarsi e che, raggiunta
quella che si può definire una soglia
minima, rischia di mettere in crisi l’intero
sistema. Dunque, non soltanto non si risolve un problema che era sul punto di
essere risolto, ma viene dato un segnale
negativo alla rete che si è realizzata,
correndo il rischio di mettere in crisi un
sistema e rendendo molto più complesso il
recupero della situazione.
Ribadendo dunque l’insoddisfazione
per la risposta, desidero invitare il sottosegretario a dare un segnale per promuovere un’iniziativa che consenta almeno di
fare il punto della situazione con la regione e di studiare le possibili soluzioni.
Altrimenti, si predica bene e si razzola
male, e tra un anno il centrosinistra
erediterà guai da tutte le parti e dovrà
porre rimedio anche agli errori compiuti
in questi ultimi nove mesi.
(Presunta abnormità di un’ordinanza
emessa dai giudici del tribunale di Bologna – n. 2-01549)
PRESIDENTE. L’onorevole Emerenzio
Barbieri ha facoltà di illustrare l’interpellanza Volontè n. 2-01549 (vedi l’allegato A
– Interpellanze urgenti sezione 6), di cui è
cofirmatario.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, rinuncio ad illustrarla e mi riservo
di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Sta bene.
Il sottosegretario di Stato per la giustizia, senatore Giuliano, ha facoltà di
rispondere.
PASQUALE GIULIANO, Sottosegretario
di Stato per la giustizia. Signor Presidente,
gli onorevoli interpellanti, nel premettere
che già in data 6 aprile 2005 vi erano stati
episodi di occupazione e di atti vandalici
ai danni dei centri di permanenza tem-
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poranea per stranieri in alcune città italiane, pongono l’accento su quanto accaduto presso la sede della confraternita
della Misericordia di Modena. Infatti, essi
riferiscono che « (...) furono arrestati e
subito rimessi in libertà dal GIP, che ne
ordinò l’obbligo di dimora, un uomo ed
una donna con l’accusa di danneggiamento
di strutture di pubblica utilità ». Il successivo 26 aprile, il tribunale di Bologna ha
annullato il provvedimento del GIP.
Gli interpellanti, dopo aver sinteticamente riportato i passi salienti della motivazione, chiedono al signor ministro se
non consideri detta ordinanza abnorme e,
in caso positivo, quali iniziative intenda
adottare.
Al riguardo, si fa presente che le competenti articolazioni ministeriali hanno
immediatamente acquisito il testo integrale dell’ordinanza del tribunale distrettuale della libertà di Bologna, a firma del
dottor Libero Mancuso, in qualità di presidente estensore.
Dalla disamina della stessa, si evince
che la misura dell’obbligo di dimora venne
annullata – quanto all’indagato Pannarelli
Vincenzo – poiché non risultava essergli
stato attribuito alcuno specifico atto di
danneggiamento e, comunque, nessuna
delle condotte indicate nel capo di imputazione, mentre – in relazione alla posizione della coindagata Federica Guggia –
la misura venne revocata per cessate esigenze cautelari. Ciò a fronte di un dispositivo normativo che, in tali casi, prevede
che il tribunale della libertà « annulla,
riforma o conferma ». Gli altri autori del
danneggiamento non furono invece identificati.
Va premesso che, come è noto, il giudizio sul merito del provvedimento è naturalmente precluso in questa sede, atteso
che l’attività giudiziaria è insindacabile da
parte del Ministero della giustizia. Salvo il
caso di abnormità del provvedimento, che
è ritenuto sussistente dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione e
della sezione disciplinare del Consiglio
superiore della magistratura, allorquando
al magistrato incolpato possa attribuirsi
un preordinato proposito di disapplicare
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la legge, oppure possa attribuirsi una grave
e macroscopica negligenza nell’esame e
nella risoluzione delle questioni giuridiche,
ovvero nella rilevazione dei presupposti
fattuali di problemi giuridici che si pongano alla sua attenzione. E, nella specie,
non ricorre alcuna di queste situazioni.
La lettura dell’ordinanza del tribunale
del riesame di Bologna può prestare il
fianco – per la verità –, nella parte
menzionata dagli onorevoli interroganti, a
talune osservazioni, laddove sembra riportare una corrente ideologica che criticherebbe in maniera severa, giustificandone le
reazioni, queste sı̀ a volte abnormi, la
istituzione di quelli che sono stati definiti,
anche questi sicuramente in maniera abnorme e direi provocatoria, luoghi di detenzione e non di permanenza temporanea.
A tal riguardo non può ignorarsi che la
finalità primaria della legge è quella di
apprestare un’idonea protezione degli
stranieri in attesa di essere rimpatriati.
Certamente censurabile appare la giustificazione riportata dal tribunale, ma per
la verità attribuita – come si legge testualmente nel provvedimento in questione –
ad un « vasto movimento di idee », secondo
cui dovrebbero ritenersi plausibili forme
di critica e di protesta, non disgiunte da
atti di violenza, nei confronti di questi
luoghi che sono di raccolta, e non già di
reclusione, di cittadini stranieri destinati
ad essere rimpatriati.
Anche se, per ragioni di obiettività, va
sottolineato che l’ordinanza scrutinata fa
salva la giusta punizione di tutti coloro
che, pur nell’ambito della protesta di cui
sopra, si abbandonano – come si legge
sempre nel suddetto provvedimento – « ad
incivili atti di distruzione di impianti e di
quanto si trovi all’interno degli edifici ».
In conclusione, non sembrano, allo
stato, sussistere nel caso di specie le condizioni per l’adozione dei provvedimenti
invocati dagli interpellanti.
PRESIDENTE. L’onorevole Emerenzio
Barbieri ha facoltà di replicare.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, devo dire con grande franchezza,
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tenendo conto del fatto che, come il sottosegretario sa, sono un deputato non
dell’opposizione ma della maggioranza,
che non mi ritengo particolarmente soddisfatto, non per le cose che il Governo ha
detto in risposta all’interpellanza dell’UDC,
ma perché alla base non vi è una valutazione a mio giudizio obiettiva di ciò che si
è verificato, fatto e prodotto con questa
ordinanza.
Il sottosegretario, in modo assolutamente corretto, dice che nel nostro Stato,
e tenendo conto dell’ordinamento vigente,
il Governo non può esprimere giudizi sulle
sentenze e sulle ordinanze. È purtroppo
vero che non vi è reciprocità, perché
alcuni giudici ed alcuni magistrati esprimono giudizi sull’operato del Parlamento e
dei partiti, facendone una ragione che
giustifica le loro prese di posizione.
Libero Mancuso, che è il presidente di
questo collegio, nei giorni a cavallo di tale
sentenza partecipava – lo dico perché so
che, oltre all’attenzione del Governo, vi è
anche quella del Presidente Biondi, sempre molto sensibile a tali questioni – ad
un convegno a Modena, dal titolo « Libertà
di parola in Italia non c’è » (ed è già
significativo il titolo stesso del convegno),
nel corso del quale affermava: « Si stanno
stravolgendo i princı̀pi della Costituzione ».
Un magistrato ha la facoltà di esprimere
un giudizio sull’operato del Parlamento. Il
Governo ha testè detto che, purtroppo,
non vi è la possibilità per i parlamentari
di esprimere giudizi sull’operato dei magistrati.
Aggiunge sempre Libero Mancuso: « Se
ci fosse stata un’informazione corretta » (e
questo nella lingua italiana vuol dire che
in Italia non vi è un’informazione corretta;
dico questo, Presidente, a proposito del
fatto che Berlusconi ha il « dominio » di
tutti i mezzi televisivi privati e pubblici)
« credo non sarebbe stato possibile portare
avanti una riforma tanto pericolosa per la
democrazia ». Un magistrato dice che la
riforma della Carta costituzionale, approvata da questa Camera e dal Senato e che
tornerà in quest’aula, è pericolosa per la
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democrazia ! A noi, invece, non è consentito criticare le ordinanze di Libero Mancuso !
Sottosegretario, vi è una disparità cui
occorre porre rimedio. Ciò che è consentito al magistrato deve essere consentito
anche al parlamentare ed al politico.
« Se leggiamo » – è sempre Mancuso
che parla – « il piano di rinascita democratica » (e ovviamente si riferisce a Gelli
e alla P2) « si parla del tentativo di isolare
la CGIL, di delegittimare la magistratura,
di comprare pezzi di partiti, di mortificare
la televisione nazionale, proclamando la
libertà di antenna » (vorrei che i cittadini
italiani si rendessero conto che hanno a
che fare anche con magistrati di questo
genere: la libertà d’antenna è diventata la
mortificazione della RAI !) « di comprare
giornali, riviste e periodici, di modificare
l’ordinamento giudiziario ». A noi non è
consentito, secondo l’interpretazione di Libero Mancuso, di modificare l’ordinamento giudiziario ! « È tutto quanto sta
avvenendo ora ». Poi aggiunge, perché questo, signor sottosegretario, è l’humus culturale in cui matura questa ordinanza:
« L’opera di revisione della Costituzione
inizia a partire dalla lotta di liberazione »
– siamo al sessantesimo anniversario e
Berlusconi non vi ha mai preso parte, ma
lo sport che si pratica più volentieri in
questo paese è quello di tirare le palle di
stoffa, sperando che siano sempre e solo di
stoffa nei confronti di Berlusconi; uno
sport diventato largamente condiviso e, da
alcune parti politiche, fortemente sollecitato –, « eppure De Gasperi, al termine del
conflitto, fece leva proprio sulla presenza
in Italia di una lotta popolare e di parte
di un esercito che lottava contro i nazifascismi ». A prescindere dal fatto che
Libero Mancuso cita De Gasperi in modo
assolutamente spropositato, mi preme
porre in rilievo l’humus in cui matura
l’ordinanza che testé abbiamo commentato.
Ma qual è l’aspetto grave di questa
ordinanza ? A mio giudizio, è incredibile;
difatti, se noi la leggiamo, essa finisce per
avallare comportamenti vandalici contro le
organizzazioni di volontariato. Questo è
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ciò che legittima questa ordinanza. Organizzazioni di volontariato che, nella fattispecie, hanno una sola responsabilità:
quella di collaborare con lo Stato. Mi pare
quindi che questa ordinanza sia dettata
proprio da una fortissima ideologia politica perché pregiudizialmente non sta
dalla parte degli offesi, ma dalla parte di
chi ha commesso gli atti vandalici per
ragioni di carattere politico.
Signor sottosegretario, come si fa a
scrivere in un’ordinanza che i centri di
permanenza temporanea sono impropriamente definiti di permanenza temporanea ? Ma che cosa vuol dire « impropriamente definiti » ? Il magistrato, nella fattispecie Libero Mancuso, vuole venirci a
spiegare che termini dobbiamo usare
quando approviamo le leggi ? È una cosa
incredibile ! Egli dice, nella sostanza, che
la legge è sbagliata ! Ma non può essere
riconosciuta ad un magistrato la facoltà di
dire che il Parlamento approva leggi sbagliate ! Se tale facoltà è riconosciuta al
magistrato, allora, allo stesso modo, deve
essere riconosciuta a noi la facoltà di dire
che le ordinanze sono sbagliate.
In tale ordinanza, inoltre, si stabilisce:
« Nella medesima legge ci sarebbero delle
lacune costituzionali che non consentirebbero l’esistenza di tali luoghi ». Ma ci
rendiamo conto della gravità della questione ?
Ecco perché, signor sottosegretario, ho
detto che mi ritengo parzialmente soddisfatto della sua risposta, proprio perché lei
ha spiegato, in modo assolutamente corretto, le ragioni per le quali non c’è
possibilità di intervento. Ma io, in forza
del fatto di rappresentare uno spicchio di
sovranità popolare (un seicentotrentesimo
di sovranità popolare), voglio dirle che mi
ribello all’imposizione per la quale a noi,
eletti dal popolo, non può essere consentito di criticare duramente le ordinanze,
che giudichiamo sbagliate, emesse da magistrati come Libero Mancuso.
Il rammarico finale è che noi, nel corso
di questi quattro anni, avremmo dovuto
occuparci di più per riformare alla radice
la giustizia di questo paese, evitando cosı̀
il continuo perpetrarsi di una situazione
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nella quale a noi, parlamentari, non è
consentito di criticare pesantemente ordinanze di questo genere.
PRESIDENTE. Il sottosegretario Giuliano avrebbe manifestato l’intenzione di
intervenire per fornire un’ulteriore precisazione, ma il regolamento purtroppo non
glielo consente.
PASQUALE GIULIANO, Sottosegretario
di Stato per la giustizia. Ne prendo atto.
(Emergenza ambientale nella Valle del
Sacco – n. 2-01538)
PRESIDENTE. L’onorevole Coluccini
ha facoltà di illustrare la sua interpellanza
n. 2-01538 (vedi l’allegato A – Interpellanze
urgenti sezione 7).
MARGHERITA COLUCCINI. Signor
Presidente, con questa interpellanza urgente si invita il Governo ad affrontare la
grave situazione ambientale presente nella
Valle del Sacco, che comprende una parte
della provincia di Roma e una parte della
provincia di Frosinone.
Le aziende zootecniche di questo territorio si trovano ad affrontare una pesantissima crisi causata dalla presenza,
riscontrata prima nel latte prodotto da
alcune aziende e poi nelle acque del fiume
Sacco, di una sostanza pesticida fortemente tossica, il betaesaclorocicloesano.
Gli allevatori della zona sono stati
sottoposti al blocco delle movimentazioni e
delle macellazioni degli animali ed alla
distruzione del latte prodotto, senza alcuna certezza rispetto al danno subito ed
agli sviluppi futuri in ordine alla sopravvivenza delle loro aziende.
Il betaesaclorocicloesano fa la sua
prima apparizione ufficiale nel dicembre
del 2004, quando il servizio veterinario
dell’ASL Roma G dispone il prelevamento
di un campione di latte bovino in
un’azienda locale ed il campione risulta
positivo. Segue una serie di atti ed eventi.
Il 20 marzo 2005 il servizio veterinario
dell’ASL competente dispone la distru-
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zione del latte prodotto e viene posto sotto
sequestro un silos contenente 60 mila chili
di mais della produzione agricola del 2004
risultato positivo al controllo. Il 30 marzo
2005 viene disposto il divieto di movimentazione e di macellazione degli animali,
ordine che viene esteso anche ad altre
aziende e, quindi, coinvolge anche altri
comuni della provincia di Frosinone.
L’ARPA, l’azienda regionale che effettua i
controlli sulla qualità ambientale, dispone
il controllo delle acque del fiume Sacco,
riscontrando che la concentrazione di betaesaclorocicloesano è particolarmente
elevata.
La mappa che si ricostruisce seguendo
la dislocazione delle aziende coinvolte ed
il percorso del fiume Sacco lascerebbe
dedurre che il problema sia generato dalle
acque reflue provenienti dalla zona industriale di Colleferro, sulla quale, peraltro,
la provincia di Roma ha da subito istituito
un’unità di crisi per l’emergenza ed ha
ordinato controlli al fine di verificare la
situazione delle tre discariche presenti
nella stessa zona.
A questo punto, bisogna fare un po’ di
cronistoria.
Quindici anni fa circa, durante alcuni
controlli effettuati in un terreno non lontano dal fiume Sacco, nel territorio del
comune di Colleferro, fu riscontrata la
presenza, insieme ad altri agenti chimici
inquinanti, di una quantità elevata di
betaesaclorocicloesano. Quei prelievi portarono alla scoperta di una discarica,
estesa per circa 5 ettari, nella quale furono
rinvenuti fusti interrati e scarti delle lavorazioni della Snia Bpd, proprietaria del
terreno, la quale operava, all’epoca, prevalentemente nella produzione di armi e
munizioni e nel settore chimico (per la
produzione di pesticidi ed altro).
Nel 1993, il tribunale di Velletri ordinava alla Snia Bpd la messa in sicurezza
e la bonifica dell’area. A sua volta, la Snia
Bpd affidava alla Secosvim, immobiliare
del gruppo, i lavori di bonifica del sito.
A questo punto, la Secosvim, che pure
aveva ottenuto la valutazione di impatto
ambientale dalla regione e, quindi, era in
condizione di procedere, presentava al
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Ministero dell’ambiente un progetto relativo non più alla messa in sicurezza del
sito e, quindi, alla sua bonifica, ma alla
realizzazione di una discarica destinata a
rifiuti tossici, contravvenendo, in tal modo,
al provvedimento del tribunale e cercando,
in maniera incomprensibile, di trasformare il problema in un affare di cui la
città ed il territorio di Colleferro non
sentivano – e non sentono – la necessità.
Per fortuna, il progetto veniva affossato in
sede di conferenza di servizi.
Nel 1999, la giunta Baldoni, allora al
governo della regione Lazio, si fece carico
di approvare un progetto per la bonifica
del sito, con la volontà precisa non soltanto di evidenziare le deficienze e le gravi
responsabilità manifestate anche dall’autorità locale, ma soprattutto per dare una
risposta ad una questione che pesa come
un macigno sulla testa delle migliaia di
cittadini che vivono e lavorano a Colleferro e nelle zone limitrofe.
Devo aggiungere che la giunta Storace,
che ha governato la regione Lazio dalla
primavera del 2000, non soltanto non ha
ripreso quel progetto – eppure, doveva
essere un atto necessario –, ma ha completamente abbandonato un’iniziativa che
potesse portare alla soluzione del problema.
Questo è, in sintesi, il quadro generale.
L’improvvisa ricomparsa della sostanza
nociva nel dicembre del 2004 ha fatto
scattare nuovamente l’allarme ed appare
riconnessa alla presenza di quei famigerati
fusti interrati. Infatti, il Corpo forestale
dello Stato afferma in un suo comunicato
che l’origine del grave inquinamento ambientale, causa di tanta preoccupazione e
di tanti danni economici, è verosimilmente
da attribuire alla presenza di quei fusti
tossici in un’area che attende una seria ed
urgente opera di bonifica.
Ma torniamo ad oggi. La mobilitazione
che, in questi ultimi tempi, ha visto in
testa sindaci caricarsi sulle spalle il problema, dando voce alle istanze e alle
preoccupazioni degli allevatori, dei cittadini e delle decine di aziende messe sul
lastrico e senza alcuna prospettiva, è segno
importante, che racconta la grande preoc-
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cupazione che esiste. A questa grande
preoccupazione ha corrisposto da subito
da parte del Governo una manifesta incomprensione di quanto stava per accadere e una presa di posizione che oggi
appare nella sua dimensione di vere e
propria beffa.
Dico questo, perché il ministro Alemanno, prima ha rimandato l’incontro
chiesto dai sindaci, fissato per il 19 aprile
– probabilmente, perché, in quei giorni,
era troppo preso dalla crisi di Governo e
dalla crisi del suo stesso partito – poi si
è presentato a Colleferro in soccorso del
sindaco Moffa, nonché suo collega di partito, nonché sottosegretario del primo e del
secondo Governo Berlusconi. In tale occasione – peraltro recentissima –, il ministro si è impegnato a stanziare 10 milioni di euro in favore delle aziende danneggiate da reperire nel famigerato « decreto sulla competitività ». Ma nel
maxiemendamento, approvato ieri attraverso il voto di fiducia che Berlusconi ha
imposto ai senatori del centrodestra, non
c’è traccia. Non viene destinato neanche
un centesimo a quel territorio e a quelle
aziende. In compenso, dalla riunione dell’unità di crisi, che si è svolta lunedı̀ scorso
presso il Dipartimento della protezione
civile, si è materializzato quello scenario
che comuni e provincia di Roma, sin
dall’inizio, volevano scongiurare, ossia che
l’emergenza nella Valle del Sacco sarà
commissariata. Ci sarà, quindi, una gestione che passa sulla testa dei cittadini e
degli amministratori locali. Vorrei porre le
seguenti domande: chi sarà il commissario ? Perché non delegare alla regione, al
presidente Marrazzo pieni poteri ? Queste
domande si aggiungono a quelle che chiedono di sapere quali saranno le misure
urgenti indifferibili che si vogliano adottare per contrastare e limitare i danni che
si sono già prodotti, quali protocolli di
interventi si intendano adottare e quali
risposte in termini di risorse saranno
fornite per fare in modo che venga offerta
la possibilità alle aziende di riprendere da
subito il loro lavoro. Infine, quali iniziative
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si intendano mettere in cantiere per portare a compimento, anzi per iniziare, la
bonifica dell’area inquinata.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di
Stato per le politiche agricole e forestali,
onorevole Delfino, ha facoltà di rispondere.
TERESIO DELFINO, Sottosegretario di
Stato per le politiche agricole e forestali.
Signor Presidente, l’interpellanza dell’onorevole Coluccini pone l’accento sull’emergenza ambientale che ha colpito il territorio in prossimità del fiume Sacco, che
scorre attraverso le province di Roma e
Frosinone, sfociando nel Golfo di Gaeta e
le cui acque sono state contaminate da
sostanze clororganiche riversatesi nel
corso d’acqua.
Dai primi accertamenti compiuti, l’inquinamento del fiume sarebbe stato causato dalla percolazione in acqua di agenti
chimici tossici situati in area occupata fino
a trent’anni fa da un’industria chimica
dove ora sono sepolti scorie e residui di
lavorazione; mi riferisco all’area dell’industria chimica ex Snia Bpd, situata a valle
della comune di Colleferro.
Le analisi, infatti, hanno individuato la
presenza di pesticidi (isomeri dell’esaclorocicloesano) nei campioni di latte.
Va subito detto che l’esposizione dei
consumatori al rischio legato alla presenza
di questo metabolita nelle produzioni animali destinate al consumo umano è stato
tempestivamente scongiurato grazie alle
iniziative adottate in tempi brevissimi dai
servizi veterinari.
Infatti, il fenomeno, che risale all’inizio
del mese di marzo, ha visto immediatamente impegnati l’Istituto zooprofilattico
sperimentale di Roma, l’ARPA Lazio, le
ASL competenti territorialmente, i NOE e
i NAS in una vasta attività di indagine ed
in accertamenti tecnici finalizzati all’individuazione delle cause della contaminazione.
A seguito di un incontro tenutosi presso
il Ministero delle politiche agricole e forestali con i rappresentanti delle organizzazioni agricole sulla situazione determi-
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natasi nell’area interessata, il ministro Alemanno ha chiesto l’intervento urgente
della Protezione civile e del Corpo forestale al fine di valutare e prevenire i
possibili rischi per gli allevamenti presenti
in zona e per i terreni utilizzati a pascolo
ed a foraggio.
Il ministro stesso, accompagnato dal
capo della Protezione civile e dal capo del
Corpo forestale, il 28 aprile scorso ha
effettuato un sopralluogo nell’area interessata.
È stato immediatamente disposto l’avvio di una campagna di controlli e di
indagini diretti a monitorare il territorio
dei sette comuni interessati dall’emergenza
– Gavignano, Segni, Anagni, Paliano, Morolo, Sgurgola e Supino – al fine di
individuare le cause e l’estensione delle
aree contaminate da pesticidi.
Un numero consistente di uomini (circa
50 forestali), appartenenti ai nuclei investigativi di polizia ambientale e forestale di
Frosinone e Roma, coordinati dalla struttura centrale del nucleo investigativo centrale ambientale e forestale, con l’ausilio
dei comandi delle stazioni locali, ha provveduto ad effettuare analisi delle acque,
delle sabbie e del terreno in prossimità del
fiume Sacco, con verifiche puntuali sui
foraggi, stoccati e non, e sulle aree coltivate.
Le analisi verranno effettuate dall’Istituto sperimentale per la patologia vegetale,
che fa capo al Ministero delle politiche
agricole e forestali.
Tutti i prelievi verranno georeferenziati
tramite GPS, cosı̀ da delimitare il perimetro dell’area contaminata e contribuire al
ripristino della regolare attività della filiera del latte nelle zone limitrofe, non
colpite dal fenomeno.
Ad ulteriore garanzia della salute pubblica, uomini altamente specializzati del
nucleo agroalimentare forestale stanno
compiendo accertamenti nell’intero comparto zootecnico.
Facendo riferimento a quanto esposto
dall’interpellante, riferisco che il Governo
interverrà a sostegno delle imprese agricole della regione Lazio, che hanno registrato casi di latte contaminato da pesti-
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cidi, con un previsto stanziamento di 10
milioni di euro per l’anno 2005 come
risarcimento temporaneo dei danni; stanziamento che sarà disposto con ordinanza
del Dipartimento della protezione civile.
Quindi, il Governo ha assunto tale impegno e lo manterrà.
Allo stato, l’azione del Governo, che il
2 maggio ultimo scorso ha tenuto una
prima riunione dell’unità di crisi, è incentrata ad accertare che le fonti inquinanti
non siano ancora attive e ad evitare che
l’inquinamento possa estendersi ulteriormente, colpendo le coltivazioni ed impedendo cosı̀ la regolare prosecuzione dell’attività zootecnica ed agricola nella zona
interessata.
Alla riunione, convocata dal capo del
Dipartimento di protezione civile, hanno
preso parte tutti i rappresentanti degli enti
interessati dall’emergenza – quindi, ovviamente, anche la regione –, al fine di
concordare le strategie da sviluppare per
la gestione della situazione ambientale e
sanitaria dell’area del fiume Sacco.
A seguito di tale riunione, è emersa la
necessità di affrontare la situazione di
crisi con l’emanazione di un’ordinanza e
con la contestuale nomina di un commissario governativo per l’emergenza. Quando
l’ordinanza sarà emanata, non escludo che
il Governo possa indicare, come in altre
situazioni di calamità e di emergenza, il
presidente della regione. Oggi, l’ordinanza
non è ancora stata emanata e, quindi, non
possiamo pronunciarci sulla pur giusta
preoccupazione espressa dall’interpellante
su tale questione. Però, ritengo esistano
precedenti fondati che ci inducono a ritenere credibile tale opzione.
L’ordinanza dovrà indirizzare le istituzioni a provvedere immediatamente alla
bonifica dei siti inquinanti già noti presenti nella zona, a proseguire gli accertamenti tecnico-scientifici in modo coordinato, a fornire direttive di carattere tecnico alle aziende che sono risultate interessate dall’inquinamento.
Ciò anche perché non si spiega come
solo quest’anno sia stata riscontrata la
presenza dell’insetticida nel latte, qualora
la fonte inquinante sia quella prospettata
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dall’ARPA, vale a dire l’area dell’industria
chimica ex Snia Bpd, situata a valle del
comune di Colleferro, che da decenni
conterrebbe residui di lavorazione e scorte
di prodotto sotterrate. La contaminazione
degli animali, inoltre, riscontrata con le
analisi effettuate nel decorso mese di
marzo, non può essere imputata all’irrigazione delle colture foraggere, in quanto
il clima piovoso, che ha caratterizzato
l’attuale stagione primaverile, lo escluderebbe.
Peraltro, le analisi nel 2005 sono state
effettuate per la prima volta su latte
concentrato, che ha evidenziato la presenza di residui dell’insetticida in questione; negli anni precedenti, invece, le
analisi venivano effettuate su latte diluito.
Quanto, infine, alla destinazione del
latte raccolto dagli allevamenti non direttamente interessati dalla contaminazione a
latte UHT, l’iniziativa deriva non da un’ordinanza sanitaria, ma dalla strategia commerciale adottata dalle centrali del latte.
Concludendo, vorrei rappresentare che
il Governo ritiene, alla luce dell’episodio
che si è verificato, di aver adottato collettivamente, nell’ambito dell’unità di crisi,
tutti i provvedimenti utili e necessari affinché tale situazione venga non solo monitorata, ma anche indagata nella sua
totalità, al fine di garantire sia, e prima di
tutto, i consumatori e la salute pubblica,
sia la possibilità di proseguire l’attività
agricola in quella zona.
PRESIDENTE. L’onorevole
ha facoltà di replicare.
Coluccini
MARGHERITA COLUCCINI. Signor
Presidente, il problema non è rappresentato dalla mia soddisfazione o meno,
perché mi piacerebbe che i numerosi condizionali adoperati dal sottosegretario Delfino fossero coniugati al tempo indicativo
presente. In primo luogo, infatti, sono
necessari gli stanziamenti per i quali si era
impegnato il ministro Alemanno, i quali
hanno evidentemente cambiato fonte di
reperimento (e mi auguro non abbiano
cambiato anche destinazione). Lei, signor
sottosegretario, adesso ha affermato che le
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risorse verranno reperite attraverso una
posta da individuare nel fondo della protezione civile: verificheremo se ciò avverrà
o meno, e saremo pronti anche a rilevarlo.
Auspico che vada veramente cosı̀, poiché
in quell’area la situazione è veramente
molto grave.
Per quanto concerne il commissariamento, dal momento che l’ordinanza non
è stata ancora emanata, vi invito vivamente a prendere in considerazione la
possibilità di coinvolgere sia la regione
Lazio, sia gli enti locali, i quali, in questa
fase di emergenza, stanno esercitando (in
particolare, i comuni) una funzione importante. Essi, infatti, stanno interpretando anche un ruolo di filtro rispetto alle
numerose preoccupazioni che provengono
dagli allevatori e dai cittadini di quel
territorio, i quali avvertono la sensazione
di vivere quasi su una sorta di « bomba ad
orologeria », che deve essere disinnescata,
evidentemente, con tempestività ed urgenza.
Auspico, pertanto, che gli impegni annunciati vengano realizzati, altrimenti è
chiaro che vi assumereste una responsabilità politica veramente rilevante, della
quale dovrete successivamente rispondere
ai cittadini.
PRESIDENTE. A questo punto, sospendo la seduta, che riprenderà alle
18,15, con lo svolgimento delle restanti
interpellanze urgenti all’ordine del giorno.
La seduta, sospesa alle 15,15, è ripresa
alle 18,15.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi
dell’articolo 46, comma 2, del regolamento,
i deputati Armani, Baldi, Brancher, Gianfranco Conte, Cordoni, Delfino, Giordano,
Moroni, Nesi, Raisi, Saponara, Sgobio,
Tortoli e Valpiana sono in missione a
decorrere dalla ripresa pomeridiana della
seduta.
Pertanto i deputati complessivamente
in missione sono ottantatré, come risulta
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dall’elenco depositato presso la Presidenza
e che sarà pubblicato nell’allegato A al
resoconto della seduta odierna.
Si riprende lo svolgimento
di interpellanze urgenti.
(Iniziative per riaprire i percorsi adottivi
con la Bielorussia – n. 2-01547)
PRESIDENTE. L’onorevole Ruzzante
ha facoltà di illustrare la sua interpellanza
n. 2-01547 (vedi l’allegato A – Interpellanze
urgenti sezione 8).
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente,
per inquadrare il tema contenuto in quest’interpellanza, e prima di introdurre gli
interrogativi che porrò al Governo, attraverso il ministro Prestigiacomo, vorrei fare
una breve premessa. Vi è una grande
amicizia che lega il popolo italiano a
quello bielorusso. Tale amicizia nasce
principalmente in seguito alla tragedia di
Chernobyl del 1986. Tra l’altro, da pochi
giorni è trascorso il diciannovesimo anniversario di tale tragedia. Il fallout radioattivo investı̀ il 70 per cento del territorio
della Bielorussia, che fu il paese più colpito, nonostante la centrale nucleare di
Chernobyl si trovasse nella Repubblica
dell’Ucraina. Il 23 per cento del territorio
bielorusso rimase fortemente contaminato:
sono stati provocati ingentissimi danni alla
salute della popolazione bielorussa; due
milioni e mezzo di cittadini sono stati
colpiti dalle radiazioni e, tra di essi, vi
sono 500 mila bambini, con una incidenza
fino a cento volte superiore per il cancro
tiroideo rispetto al periodo precedente
l’esplosione della centrale di Chernobyl.
Ovviamente, è stata fortemente colpita
anche l’economia nazionale di tale paese:
ancora oggi più del 10 per cento della
spesa pubblica della Bielorussia è impegnata per fronteggiare le conseguenze
della tragedia Chernobyl. A tale tragedia
seguı̀ una grande gara di solidarietà da
parte di tutto il mondo, in particolar modo
dell’Europa. L’Italia è stata ai primi posti
in questa gara di solidarietà, attraverso
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forme di aiuti economici, collaborazioni di
strutture ospedaliere nei confronti degli
istituti per i minori, in particolare da parte
di molti enti locali. Agli aiuti economici è
successivamente seguita un’altra gara di
solidarietà, avente ad oggetto l’ospitalità
dei bambini bielorussi in Italia per periodi
di uno, due o tre mesi. Obiettivo di questa
ospitalità era ridurre l’esposizione alle
radiazioni nucleari per i bambini bielorussi, che erano i più esposti ed i più a
rischio, a causa della presenza di tali
forme di radioattività particolarmente elevate. Anche quest’anno 35 mila bambini
bielorussi saranno ospitati dalle famiglie
italiane per il risanamento.
Le analisi epidemiologiche hanno, infatti, dimostrato l’utilità e l’importanza
della presenza dei bambini, anche per
alcuni mesi, in territori non contaminati
dalle radiazioni.
Negli ultimi 13 anni, l’Italia ha ospitato
più di trecentomila bambini provenienti
dalle zone di Chernobyl: in maggioranza,
si tratta di bimbi di famiglie bielorusse,
ma una notevole percentuale di essi sono
bambini che risiedono negli internati, negli
istituti per gli orfani o per i bambini
abbandonati o sottratti alle famiglie, a
causa dei maltrattamenti ricevuti.
Questa gara di solidarietà ha coinvolto
diversi soggetti: enti locali, comuni, regioni, associazioni di volontariato, organizzazioni economiche ed aziende ospedaliere. Si calcola siano circa tra 2 e 3
milioni i cittadini, residenti in tutte le aree
geografiche del nostro paese, che sono
stati, in qualche modo, coinvolti o compartecipi in questa gara di solidarietà.
Nessun altro paese europeo ha avuto un
livello di coinvolgimento analogo a quello
dell’Italia.
Basti pensare che dal 1991 sono state
circa 2.285 le adozioni di bambini bielorussi in paesi esteri e più della metà di
queste hanno riguardato famiglie italiane.
Questa è la dimostrazione del livello dei
rapporti fra Italia e Bielorussia nel corso
di questi anni.
Questi sono, in sintesi, i motivi che
legano in maniera del tutto particolare il
popolo italiano a quello bielorusso.
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Quando si ospita una bimba o un bimbo
bielorusso – lo affermo anche per esperienza diretta – si crea un legame affettivo
con l’intero popolo bielorusso. Credo che
anche la presenza in quest’aula dell’ambasciatore e del console della Bielorussia
(li ringrazio per essere qui) dimostri il
particolare legame affettivo tra i nostri
paesi.
Fatta questa doverosa premessa, vengo
ad esporre i motivi dell’interpellanza in
esame, sottoscritta non solo da deputati
dell’opposizione, ma anche da alcuni colleghi della maggioranza.
Dal 6 ottobre 2004 (ossia, da circa sette
mesi), si è creata una situazione di stallo
e di rallentamento relativamente alle adozioni internazionali con la Bielorussia.
Oltre 400 domande sono depositate e
molte altre domande nominative sono in
fase di definizione. Tengo a sottolineare al
ministro Prestigiacomo, che conosce bene
la materia delle adozioni, che la gran parte
di queste domande di adozione riguarda
bambini già grandi, di età compresa fra gli
8 e i 14 anni, che da anni risiedono negli
orfanotrofi e che, in alcuni casi, presentano anche problemi di salute. Sono bambini che hanno già costruito, nella stragrande maggioranza, un rapporto solido
con le famiglie italiane.
Vengo ora alle domande che rivolgo al
ministro
Prestigiacomo.
Innanzitutto,
chiedo quali siano le iniziative che il
Governo italiano ha adottato per riaprire
i percorsi adottivi con la Bielorussia.
In secondo luogo, chiediamo – vista la
particolarità dei rapporti, che ho cercato
di descrivere in premessa, di oltre 35 mila
famiglie italiane e relativi comuni e associazioni con bambini, istituti e famiglie
bielorusse – se il Governo non ritenga
opportuno avviare rapporti bilaterali con
la Bielorussia, tesi, da un lato, a garantire
rapporti di più forte collaborazione e di
sostegno alle famiglie ed alle autorità bielorusse, per ridurre od evitare l’abbandono
dei minori, e, dall’altro, ad accelerare le
adozioni con il nostro paese.
Si chiede, poi, se il Governo non ritenga, dopo la visita, effettuata il 16 e 17
dicembre 2004, della presidente della com-
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missione adozioni internazionali, dottoressa Cavallo (visita che aveva riaperto le
speranze, anche se, a distanza di quattro
mesi, nulla purtroppo è successo nella
direzione del rapporto per le adozioni), di
dovere organizzare una visita ufficiale in
Bielorussia, per discutere con le autorità
locali la situazione e stabilire assieme un
percorso di riapertura dei rapporti in
materia di sostegno ai minori e di adozioni.
Infine, si chiede quali iniziative e rapporti bilaterali il Governo italiano stia
realizzando per garantire sulle adozioni
internazionali con la Bielorussia non solo
un percorso di continuità, ma anche tempi
più rapidi, a partire dai bambini più
grandi in termini di età, già legati affettivamente alle famiglie italiane, viste anche
le particolari condizioni di salute e i rischi
connessi all’esposizione alle radiazioni,
che aumentano sensibilmente nei bambini.
Vorrei, infine, rassicurare che su questo
tema, visto che sono in gioco i legami e gli
affetti dei bambini, vi è una piena e totale
disponibilità da parte dell’opposizione a
collaborare. Credo che l’interpellanza in
esame, sottoscritta da parlamentari di entrambi gli schieramenti, ne sia la concreta
dimostrazione. Ritengo che trovare una
positiva e rapida soluzione sia, innanzitutto, interesse dei bambini e risponda ai
criteri sanciti da questo Parlamento nelle
proprie leggi e nelle proprie risoluzioni,
che hanno sempre posto il tema dei bambini al centro della nostra azione politica.
PRESIDENTE. Il ministro per le pari
opportunità, onorevole Prestigiacomo, ha
facoltà di rispondere.
STEFANIA PRESTIGIACOMO, Ministro
per le pari opportunità. In ordine all’interpellanza presentata dall’onorevole Ruzzante e sottoscritta da altri parlamentari,
si rappresenta che l’Italia, cosı̀ come confermava lo stesso onorevole Ruzzante
nella sua illustrazione, ha sempre avuto un
rapporto privilegiato con la Bielorussia. A
differenza degli altri Stati europei, che
subito dopo il disastro di Chernobyl si
aprirono all’accoglienza e poi, con il pas-
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sare degli anni, hanno notevolmente diminuito il flusso di minori accolti (come, ad
esempio, la Spagna e la Germania), il
nostro paese ha mantenuto fermo il flusso
originario, tant’è vero che negli ultimi anni
si rileva una media costante di 28 mila
ingressi.
In ordine a tali flussi, la competenza è
del Ministero del welfare. Questo ministro
ha la delega politica per le adozioni internazionali e, pertanto, ha seguito in
modo ravvicinato l’andamento delle procedure presentate dalle nostre coppie e
sollecitato l’intervento della Commissione
per le adozioni internazionali, al fine della
loro ripresa quando se ne è registrato, nel
novembre 2004, il forte rallentamento,
fino al blocco definitivo del dicembre
2004.
È opportuno premettere che la maggior
parte dei bambini bielorussi adottati sono
bambini precedentemente accolti nell’ambito dei percorsi di risanamento e poi
richiesti in adozione dalle coppie affidatarie. Dalla data di inizio del funzionamento della Commissione per le adozioni
internazionali, il 16 dicembre 2000, a
tutt’oggi, le adozioni dalla Bielorussia sono
state 821 (9 nel 2000, 147 nel 2001, 185 nel
2002, 254 nel 2003 e 226 del 2004). Nel
2005 non è stato autorizzato alcun ingresso. Tutti questi bambini hanno manifestato problemi di salute più o meno seri.
La ragione del blocco risiede nella
nuova politica della Bielorussia in ordine
alle adozioni internazionali. La svolta è
stata segnata dalla presa di posizione del
presidente Lukashenko, il quale, in data 6
ottobre 2004, ha tenuto un discorso molto
chiaro riferendosi ai percorsi di risanamento e a tutti i paesi di accoglienza. Si
tratta, dunque, di una decisione presa al
più alto livello politico e molto forte, che
riguarda tutti gli Stati con i quali, sino a
quella data, la Bielorussia aveva mantenuto rapporti in materia di adozione o
accoglienza umanitaria.
Tale discorso è stato tenuto durante la
cerimonia per la firma della deliberazione
sul referendum repubblicano su « La protezione dei diritti dei bambini e dei giovani ». Il presidente Lukashenko ha dichia-
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rato che « sarebbero state introdotte
norme tese, da una parte, a responsabilizzare maggiormente i genitori nella gestione della potestà parentale e, dall’altra,
a creare una rete di sostegno intorno ai
bambini e ai giovani fino al raggiungimento della maggiore età, perché siano
loro assicurati percorsi di vita sani ed
operosi per una sistemazione lavorativa in
patria, evitando cosı̀ l’inquinante contatto
con l’estero ».
Cito letteralmente le parole del presidente, il quale ha altresı̀ dichiarato che il
fenomeno dei soggiorni per risanamento
avrebbe dovuto azzerarsi e che ogni provvedimento autorizzatorio, sia per l’adozione sia per l’espatrio temporaneo,
avrebbe dovuto recare la firma del ministro della pubblica istruzione, perché i
paesi stranieri hanno reso i bambini in
Bielorussia che hanno sperimentato percorsi di risanamento « dei consumatori
elevati al quadrato ». Egli, rivolgendosi ai
politici stranieri, ha chiesto che, ove davvero vogliano sostenere bambini Bielorussia, portino direttamente in Bielorussia il
loro aiuto.
La missione a Minsk, effettuata il 16
dicembre 2004 dalla presidente della Commissione, consigliere Carmela Cavallo, e
dal consigliere diplomatico Ombretta Pacilio, è stata finalizzata ad accertare, da
una parte, quale futuro sarebbe stato
riservato alle procedure di adozione in
corso e, dall’altra, a rappresentare la particolare disponibilità, nel corso di quasi
vent’anni, dell’Italia in relazione all’accoglienza; tale posizione avrebbe potuto giustificare un diverso orientamento nei confronti del nostro paese.
La viceministro della giustizia, onorevole Kovalova, nell’incontro con la delegazione italiana ha reso noto che erano
allo studio dell’ufficio legislativo del Ministero della pubblica istruzione modifiche
alla normativa sull’adozione e, marginalmente, anche alla legge sul diritto di
famiglia.
Si è appreso cosı̀ che le procedure di
adozione instaurate dalle coppie straniere
– quale che sia il paese di provenienza –
erano state « differite », ovvero bloccate,
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dal 6 ottobre scorso. Esse sarebbero riprese soltanto dopo l’introduzione delle
modifiche
richieste
dal
presidente
Lukashenko.
Quanto rappresentato dalla viceministro ha trovato pieno riscontro negli ingressi autorizzati dalla Commissione per le
adozioni internazionali negli ultimi sei
mesi dell’anno 2004 (41 a luglio, 11 ad
agosto, 16 a settembre, 33 ad ottobre, 10
a novembre, 0 dicembre). Nei primi quattro mesi del 2005 la Commissione non ha
autorizzato alcun ingresso. Si prevedeva
all’epoca come inizio del nuovo corso il
mese di febbraio 2005, ma nulla si è
mosso. È stato comunque assicurato che la
documentazione già presentata dagli aspiranti genitori sarebbe stata fatta salva e
che quindi non andava ripetuta, ma
avrebbe dovuto seguire il diverso percorso
procedurale previsto dalla nuova normativa.
La viceministro ha ulteriormente chiarito che sarebbero stati proposti due percorsi procedurali, a seconda che si tratti di
adozioni nominative (cioè relative al bambino accolto e già noto) o, invece, non
nominative o generiche. La viceministro ha
sottolineato che sarebbero state verificate
le attuali condizioni di vita di tutti i
minori bielorussi adottati all’estero a far
data dal 1991 (si tratta di 2285 bambini).
Sulla situazione di tali minori avrebbe
dovuto essere presentata un’apposita relazione al Consiglio dei ministri bielorusso.
La viceministro ha precisato inoltre che il
ministero
della
pubblica
istruzione
avrebbe controllato ogni procedura di adozione ed avrebbe dato un parere vincolante ed ancora che la permanenza nella
banca dati richiesta per un minore, affinché possa essere dichiarato adottabile,
sarebbe stata non più di sei mesi, ma di un
anno.
In riferimento ai report post-adottivi, la
viceministro ha dichiarato che essi sarebbero stati richiesti per cinque anni, ma
con cadenza annuale e non più semestrale.
È stato altresı̀ ulteriormente precisato che,
ove si fosse trattato di adozioni nominative, la famiglia avrebbe potuto fare una
domanda iniziale al ministero della pub-
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blica istruzione, non corredata da alcun
documento, esclusivamente per conoscere
se il minore si trovi in situazione di
adottabilità e solo nel caso si tratti di
minore abbandonato, e quindi adottabile,
si sarebbe potuta inoltrare la documentazione prevista.
La nuova normativa bielorussa in materia di adozioni internazionali è entrata
in vigore il 14 gennaio scorso. Essa è
ispirata a criteri restrittivi per quanto
riguarda l’adozione internazionale, che assume un più deciso carattere di sussidiarietà, rispetto a quella nazionale, ed è
limitata ai soli casi di minori affetti da
patologie non curabili in patria. Ad oggi,
tuttavia, pur non essendo più le procedure
ufficialmente sospese, permane una situazione non chiara, mentre non vengono
ancora accettate nuove domande di adozione; anche le pratiche avviate prima
dell’entrata in vigore della predetta legislazione sono rimaste bloccate.
In particolare, in risposta a quesiti
posti dall’interpellante, sintetizzo quanto
segue. In primo luogo, circa le iniziative
che il Governo italiano ha adottato per
riaprire i percorsi adottivi con la Bielorussia, si evidenzia che tali iniziative sono
consistite nella richiamata missione a
Minsk svoltasi il 16 dicembre 2004, che ha
avuto una ricaduta positiva in quanto
comunque sono stati chiariti i termini
della questione ed illustrate le nuove procedure. Va segnalato inoltre che la nostra
ambasciata a Minsk ha compiuto negli
ultimi mesi numerosi passi per sensibilizzare il Governo bielorusso sulla situazione
di paralisi che si è venuta a creare e per
gli orientamenti di maggior chiusura che
paiono profilarsi anche in tema di soggiorni di risanamento.
Sono stati inoltre intensificati i rapporti
con l’ambasciata di Bielorussia in Italia.
Approfitto per salutare il console e l’ambasciatore bielorussi, che oggi assistono
dalle tribune ai nostri lavori. Tutto ciò al
fine di ottenere la definizione a breve dei
percorsi procedurali già iniziati. I rapporti
con le autorità bielorusse sono sempre
stati ottimi e si mantengono tali, ma è di
tutta evidenza che non possono superare
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una siffatta decisione politica. Essi assicurano però un’informazione in tempo reale
degli eventi ed una considerazione delle
istanze espresse dal nostro paese. È stata
a più riprese e a vari livelli manifestata la
viva attesa italiana che le procedure di
adozione pendenti possano essere rapidamente portate a conclusione, sulla base di
convergenti considerazioni di giustizia ed
umanitarie – in particolar modo l’interesse dei bambini e le aspettative delle
famiglie italiane –, con un’adeguata valutazione di ordine politico da parte bielorussa, nel quadro più generale delle relazioni tra i due paesi. Si è chiesto pertanto
all’ambasciatore bielorusso in Italia di sottolineare alle autorità competenti la
straordinaria valenza che i rapporti umani
hanno nel contesto delle relazioni bilaterali, e quindi l’importanza di adoperarsi
per preservarli.
In secondo luogo, quanto ai rapporti
bilaterali di collaborazione e di assistenza
in loco con la Bielorussia, si fa presente
che la Commissione per le adozioni internazionali ha sottoscritto con il centro
adozione di Minsk ben tre protocolli per
regolamentare le procedure di adozione
anche in relazione a quelle dei bambini
accolti; ha congruamente finanziato il progetto Zubrenok, finalizzato a riorganizzare
una parte degli edifici della vecchia colonia sovietica ed a realizzare una casa
famiglia adeguatamente attrezzata ad
ospitare 20 bambini, cosı̀ da sottrarli ad
un’istituzionalizzazione protratta ed offrire loro una migliore qualità di vita.
Tale progetto prevede anche programmi di formazione professionale per
ragazzi e giovani madri, sostegno alle
istituzioni locali per programmi di affido
familiare e finanziamento di progetti madre-bambino che consentano di sviluppare
e sostenere la responsabilità delle giovani
madri.
In terzo luogo, per quanto attiene al
quesito posto dall’interpellante in merito
ad una possibile visita ufficiale in Bielorussia, tenuto conto del notevole numero
delle procedure in corso con tale paese
(458, di cui 205 nominative e 253 generiche) e nell’interesse superiore dei bambini
Atti Parlamentari
XIV LEGISLATURA
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DISCUSSIONI
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SEDUTA DEL
accolti, è intenzione di questo ministero
mantenere costante il dialogo con l’autorità politica bielorussa, anche attraverso
una nuova missione, a contenuti non solo
tecnici ma politici, ed ottenere quel riconoscimento che la generosità manifestata
in questi 20 anni dai cittadini italiani, da
sempre attestata a tutti livelli, meriterebbe
rispetto agli altri paesi.
In quarto luogo, quanto ai tempi più
rapidi sollecitati dall’interpellante per le
procedure dei preadolescenti e degli adolescenti, si sottolinea come l’Italia può
soltanto limitarsi a rappresentare alle
competenti autorità bielorusse i lunghi
tempi di attesa, in quanto solo a queste
ultime spetta la valutazione di ogni singolo
caso di adozione.
Infine, sembra a questo ministro doveroso concludere ricordando all’onorevole
Ruzzante il principio fondamentale che
già certamente conosce della Convenzione
de L’Aja, quello di sussidiarietà, in base al
quale l’adozione nei confronti di cittadini
stranieri è l’ultima risposta all’abbandono
del bambino; il paese di origine deve
trovare all’interno del suo territorio le
risorse adeguate per offrire a tutti i suoi
bambini una famiglia sostitutiva in loco,
ove la famiglia naturale non possa essere
sostenuta, cosı̀ da superare le problematiche da cui è attraversata.
Non può non essere, pertanto, condiviso in linea di principio il progetto di vita
che il presidente Lukashenko disegna per
i bambini bielorussi. È però necessario
richiamare l’attenzione da parte della Bielorussia a tenere in considerazione le
esigenze psicofisiche di quei bambini e di
quegli adolescenti che già identificano
nelle rispettive famiglie italiane i loro
riferimenti affettivi e, altresı̀, a considerare
che le modifiche legislative hanno bisogno
di tempo, ma che tale tempo non può
pregiudicare la vita dei bambini. Sarà per
questi bambini e per le famiglie che manifestano disponibilità all’accoglienza che
noi ci batteremo, affinché ogni progetto
familiare, in Bielorussia come in qualsiasi
altro paese, si possa realizzare in tempi
ragionevoli.
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Si rende noto, inoltre, all’onorevole
Ruzzante che la Commissione per le adozioni internazionali ha svolto una proficua
attività di ricerca sulle tematiche adottive
ed è in corso la pubblicazione di un testo
dal titolo: « Da accolto a figlio » che tratta
specificamente, per la prima volta in Italia,
la materia dell’adozione dei bambini accolti nell’ambito dei percorsi di risanamento, presentando il fenomeno dai vari
punti di vista.
Si sottolinea, in conclusione, che l’Italia
in questi ultimi anni ha notevolmente
ampliato il numero di nuovi paesi da cui
provengono bambini e che il numero dei
bambini adottati nell’anno 2004 ha segnato un aumento di circa il 30 per cento
rispetto all’anno 2003 ed, ancora, che non
soltanto è stato realizzato un maggior
numero di adozioni, ma che la loro qualità, in termini di correttezza e trasparenza, ha raggiunto livelli davvero soddisfacenti, come testimoniato dalle autorità
dei paesi di origine alla Commissione per
le adozioni internazionali.
Desidero, infine, ringraziare l’onorevole
Ruzzante per il suo sincero interesse nei
confronti della materia delle adozioni internazionali e mi auguro davvero che
questo approccio, che non divide l’opposizione dalla maggioranza su temi di questo tipo, possa continuare ad essere cosı̀
positivo anche durante l’esame del disegno
di legge che interviene proprio su tale
materia, al fine di rendere ancora più
fluida la procedura delle adozioni internazionali e di dare una risposta, cosı̀ come
afferma la Convenzione de L’Aja, la migliore possibile ad ogni bambino del
mondo.
PRESIDENTE. L’onorevole
ha facoltà di replicare.
Ruzzante
PIERO RUZZANTE. Signor Presidente,
innanzitutto vorrei ringraziare il ministro
Prestigiacomo per la risposta non formale
e per l’attenzione dimostrata rispetto all’interpellanza; in particolar modo, mi riferisco al tema dei rapporti con la Bielorussia, ma più complessivamente anche al
tema delle adozioni internazionali.
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