○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Rubriche La Regia Basilica della Collegiata ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Storie di Pietre Le tre grandi navate sono divise da otto pilastri. Nella navata settentrionale vi sono tre altari dedicati rispettivamente a S. Apollonia, a S. Euplio e a S. Agata, con grandi tele realizzate per i primi due santi da Sozzi, mentre la terza è del Gramignani. L’altare maggiore ha al centro due putti di marmo molto belli, così com’è, del resto, l’acquasantiera tutta in marmo bianco artisticamente lavorato. Nel presbiterio vi è un grande coro con 36 stalli a grandi spalliere. Sulle pareti laterali vi sono due grandi pitture dello Sciuti, una che rappresenta la chiesetta di Maria SS. dell’Elemosina, e l’altra il Papa Eugenio IV che lascia la bolla nel 1446 a Pietro Geremia, con la quale elevò la chiesa a Collegiata. Alle spalle dell’altare maggiore vi è un imponente organo a canne. Sulla volta della cupola è dipinta l’Assunzione col coro di angioletti dello Sciuti, che dipinse gran parte della volta del tempio. La navata meridionale ha, in fondo la cappella del SS. Sacramento. Nei tre altari di questa navata vi sono altrettante grandi tele che rappresentano S. Giovanni Nepomuceno, la Sacra Famiglia e S. Francesco di Sales. La Collegiata è sorta dove, nel 1382, esisteva un’edicola dedicata a Maria Santissima dell’Elemosina, che a sua volta era stata costruita sulle rovine del tempio della Dea Proserpina. L’edicola aveva il suo prospetto sul Piano della Fera, oggi piazza Università, a Catania. Nel 1396 per volere di re Martino divenne Real Cappella. Ma l’attuale Basilica, realizzata dall’architetto Antonio Amato su progetto del gesuita Angelo Italia, ricostruita dopo il terribile terremoto del 1693 che devastò la città, con la facciata principale sull’attuale via Etnea, porta la data del 1768, come si legge in una lapide, posta sulla porta centrale, con la seguente epigrafe (scritta in latino): “ La Regia Cappella degli Aragonesi, distrutta dal terremoto, per cura del Capitolo fu riedificata. D. Giovanni Francesco cantore Lullo la decorò di molti fregi interiormente, del tutto esteriormente, l’anno della Vergine partoriente 1768”. Il prospetto è imponente: ha sei colonne che dividono i tre ingressi, quello principale e le due porte laterali. In apposite nicchie, in pietra calcare, vi sono le statue degli apostoli Pietro e Paolo e quelle delle sante Agata e Apollonia. Il nicchione centrale è sormontato da un’aquila con stemma coronato. Antonio Di Paola ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Cultura L’acqua nel Paniere L’intensa attività religiosa, non impedisce a frate Attilio, dell’ordine dei Cappuccini di Catania, di dedicarsi alla grande e antica passione: la scrittura. L’ultima sua opera “L’acqua nel paniere, è dedicata a San Felice di Nicosia, canonizzato il 23 ottobre del 2005 da papa Benedetto XVI. Al giovane Felice i superiori avevano ordinato di portare in un paniere (il recipiente certo meno indicato) dell’acqua per soddisfare le esigenze dei suoi confratelli, certi che non sarebbe riuscito a compiere questo servizio. Il giovane Felice, però, sorretto dalla fede e chiedendo aiuto a Dio, riuscì a trasportare l’acqua senza farne cadere ○ ○ ○ una goccia: fu il suo primo miracolo. Il libro è una raccolta di poesie che evidenziano la grande sensibilità artistica di frate Attilio, la cui originalità si manifesta anche nella scelta del formato della pubblicazione: stretto e lungo per simboleggiare un tratto di strada, quella che ognuno di noi dovrebbe percorrere ispirato dai valori della carità cristiana e della fede in Dio. Frate Attilio dal 1968 ad oggi ha scritto una quindicina di libri, alcune racolte di poesia, altre di narrativa. Da “Rosario di misteri”, a “Non voglio un Cristo dagli occhi di gatto”, ai più recenti “Gangi, il mio paese”, “Catania, la mia e la tua villa” e infine “Pace dalla roccia”. ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ 47 ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Catania PROVINCIA Euromediterranea ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Rubriche Riofreddo Libri in Vetrina ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Lì si insediò una cartiera che per anni inquinò, con i suoi scarichi, uno degli specchi d’acqua più belli della costa. Lì, a due passi dalla riserva naturale di Fiumefreddo, forse l’unico habitat naturale dell’isola per la flora nordica. Giannetto, che ha una buona capacità affabulatoria, ricostruisce la vicenda con toni ironici e farseschi, facendo venir fuori tutti i difetti dei siciliani di fronte al miraggio della nuova fabbrica di proprietà del commendatore settentrionale di turno. L’insediamento di agglomerati energetici e inquinanti hanno per sempre trasformato oasi naturalistiche siciliane in immondezzai post-moderni. La Sicilia “pattumiera d’Italia” diventa attuale anche in questi giorni, con l’arrivo di carichi di rifiuti dalla Campania. Allora merita attenzione il libro di Isidoro Giannetto (“Il Commendatore in Sicilia”, L’Autore Libri Firenze, 18,00 euro) che sotto forma di romanzo rievoca una microstoria di degrado ambientale nella provincia etnea, nella riviera ionica, in un immaginario Riofreddo (Fiumefreddo). ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Domenico Trischitta ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Sapori di Sicilia Arrosto alla Melagrana “Punica granatum” è il nome scientifico e ne denuncia l’origine mediorientale; il “verde melograno dai bei vermigli fior” che ci dona, da ottobre a dicembre i suoi deliziosi frutti saturi di rossi chicchi succosi. Da sempre simbolo di fertilità, come tutti i frutti ricchi di semi, la melagrana è legata all’idea di fecondità, di prosperità, nei culti più antichi. Le giovani spose romane andavano al matrimonio con il capo cinto da rami di melograno, in India le donne ne bevevano il succo per combattere la sterilità e in Vietnam un proverbio diceva che “la melagrana si apre e lascia venire cento bambini”. Proprio per aver conosciuto il frutto caro ad Afrodite e Era, Persefone, nella mitologia greca, perdette se stessa e fu costretta a rimanere per sempre negli Inferi. In Shri Lanka, la mela- La Ricetta 800 gr di polpa di vitello in un solo pezzo (filetto, noce o anche polpa di maiale, pollo, tacchino) 1 cipolla intera, pelata 1 spicchio d’aglio “vestito” (facoltativo) 1 ciuffetto di aromi (salvia, rosmarino, ecc.) 1 chiodo di garofano 1 bicchiere di vino rosso (facoltativo) i chicchi di 2 melagrane 1 noce di burro 4 cucchiai di olio extravergine di oliva, sale, pepe. grana si fa essiccare e si conserva, senza mai gettarla perché regala ricchezza a tutta la famiglia. Anche la chiesa cattolica rappresenta spesso il Cristo con una melagrana in mano, simbolo della rigenerazione della terra e - quindi - della resurrezione. Gli antichi egizi attribuivano al suo succo capacità magiche e anche gli Ebrei ne consumavano il prezioso nettare. E se nulla nasce per caso, gli antichi probabilmente avevano intuito le proprietà nutritive del frutto, ricco di sostanze antiossidanti e polifenoli, presenti in quantità superiore a quelle contenute nel vino rosso e nel tè verde. Nella cucina siciliana si utilizza crudo, nelle insalate, per esempio insieme con fettine di arancia, finocchio e cipollina nuova, o per decorare dolci, o come succo, o sciroppo, la dissetante, vermiglia granatina. Anche nei grandi arrosti dei “monsù” lo ritroviamo, non solo come elemento decorativo ma parte integrante proprio della ricetta, cui conferisce quel tantino di asprigno che serve a esaltarne i sapori. Nei miei ricordi d’ infanzia, il melograno del giardino di mia nonna di cui aspettavamo con ansia prima la bellissima fioritura che ci riempiva di meraviglia, poi i benefici frutti che la nonnina ci faceva gustare mescolati con una crema leggermente profumata al vino vecchio: buonissima. Eleonora Consoli Legate il tocco di carne con uno spago e fatelo rosolare, in un tegame, con il burro, l’olio, la cipolla, lo spicchio d’aglio (facoltativo), il chiodo di garofano e con il ciuffetto di aromi. Appena sarà ben dorato da tutti i lati, irroratelo – se vi piace - con il vino e fate sfumare per qualche istante, poi salate e pepate. Aggiungete poca acqua, coprite e fate cuocere, sempre a fiamma moderata, per un’ ora abbondante, rigirando la carne di tanto in tanto e aggiungendo –se necessario – ancora qualche cucchiaiata d’acqua. Frattanto, ricavate i chicchi dalle melagrane. A fine cottura, fate riposare l’ arrosto per qualche minuto, poi affettatelo, sistematelo sul piatto di portata, copritelo e tenetelo in caldo. Filtrate (o frullate)il fondo di cottura, rimettetelo nel tegame, su fuoco moderato, e aggiungete una metà dei chicchi, rimescolando per qualche istante. Versate il sughetto ben caldo sulle fettine, aggiungete qua e là gli altri chicchi di melagrana e servite l’ arrosto, subito. ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ 48 Catania PROVINCIA Euromediterranea ○ ○ ○ ○ ○