SCREENING Se la prevenzione primaria non è possibile, il riconoscimento della malattia in fase precoce e il conseguente trattamento consentono spesso di risolvere il processo patologico senza conseguenze a lungo termine (prevenzione secondaria). E’ perciò importante identificare i soggetti colpiti dal processo patologico già in fase asintomatica. Un SAGGIO DI SCREENING viene impiegato per separare da un gran numero di persone apparentemente sane, quelle che hanno un’elevata probabilità di presentare la malattia considerata, in modo che tutte siano sottoposte ad un controllo diagnostico e, se risultano ammalate, siano opportunamente curate. Lo SCREENING è una procedura rapida per identificare i probabili malati. NON è quindi un test diagnostico in senso stretto (la diagnosi andrà fatta con procedure più approfondite sui positivi allo screening). LE CARATTERISTICHE DI UN TEST DI SCREENING COMPRENDONO: 1) LA SUA VALIDITÀ (SENSIBILITÀ E SPECIFICITÀ); 2) LA SUA RIPRODUCIBILITÀ O AFFIDABILITÀ; 3) LA QUANTITÀ POPOLAZIONE. DI MALATTIA IDENTIFICATA NELLA 1 VALIDITA’ È LA CAPACITÀ DI INDICARE CHI HA LA MALATTIA E CHI NO. LE COMPONENTI DELLA VALIDITÀ SONO LA SENSIBILITÀ E LA SPECIFICITÀ. SENSIBILITÀ = CAPACITÀ DI IDENTIFICARE CORRETTAMENTE QUELLI CHE HANNO LA MALATTIA. SPECIFICITA’ = CAPACITÀ DI IDENTIFICARE CORRETTAMENTE QUELLI CHE NON HANNO LA MALATTIA # Capacità di individuare i soggetti SANI # Proporzione dei sani che risultano negativi al test (VN) # Probabilità che un sano risulti negativo al test Test VP/(VP+FN) P N MALATTIA S M VP FP FN VN VN/(FP+VN) Test # Capacità di individuare i soggetti AMMALATI # Proporzione dei malati che risultano positivi al test (VP) # Probabilità che un malato risulti positivo al test P N MALATTIA S M VP FP FN VN I concetti di VERA POSITIVITÀ e VERA NEGATIVITÀ sono basati sulle procedure diagnostiche definitive adottate dopo l’applicazione del test di screening. 2 TEST DIAGNOSTICO IDEALE: 100% sensibilità e 100% specificità (PRATICAMENTE IMPOSSIBILE) Sensibilità e specificità sono solitamente inversamente correlate: incrementando l’una diminuisce l’altra SENSIBILITÀ Persone con la malattia risultate positive al saggio di screening Numero totale delle persone sottoposte allo screening e risultate veramente ammalate x 100 O ANCHE SENSIBILITÀ SPECIFICITÀ VERI POSITIVI x 100 VERI POSITIVI + FALSI NEGATIVI Persone senza la malattia risultate negative al saggio di screening Numero totale delle persone sottoposte allo screening e risultate esenti dalla malattia x 100 O ANCHE SPECIFICITÀ VERI NEGATIVI VERI NEGATIVI + FALSI POSITIVI x 100 3 Esempio: Relazione tra glaucoma e aumento della pressione intraoculare: NUMERO DI OCCHI Zona di sovrapposizione Livello di screening posto qui: BUONA SENSIBILITA’, BASSA SPECIFICITA’ Livello di screening posto qui: BASSA SENSIBILITA’, BUONA SPECIFICITA’ OCCHI NON GLAUCOMATOSI 14 OCCHI GLAUCOMATOSI 16 18 20 22 24 26 28 30 32 34 36 38 40 42 PRESSIONE INTRAOCULARE (mmHg) Il numero dei soggetti con occhi normali è più elevato e ha pressione intraoculare variabile da 14 a 27 mmHg. I soggetti con occhi glaucomatosi, meno numerosi, hanno pressione intraoculare tra 22 e 42 mmHg. Esiste pertanto una “zona di sovrapposizione” tra le pressioni intraoculari di sani e malati. 4 Se il livello soglia del test per la determinazione della pressione intraoculare è posto a 27 mm Hg, tutti gli occhi non glaucomatosi saranno chiamati negativi o normali (100% di specificità), ma la sensibilità sarà bassa, ricadendo tra i negativi anche quegli occhi glaucomatosi in cui la pressione intraoculare è compresa tra 22 e 27 mmHg. Il contrario (100% di sensibilità, bassa specificità) si verifica se il livello soglia è posto a 22 mmHg. In pratica, solitamente, si sceglie un livello soglia intermedio, così che né la sensibilità né la specificità sono pari al 100%. In ogni caso, la decisione se privilegiare la sensibilità o la specificità dipende da considerazioni quali il costo di test diagnostici per i falsi positivi, l’importanza di non perdere un possibile “caso”, la probabilità che la popolazione sia sottoposta a un nuovo screening in tempi brevi, la prevalenza della malattia. TEST SENSIBILE POCHI FALSI NEGATIVI TEST SPECIFICO POCHI FALSI POSITIVI LA VALIDITà DEL TEST È INFLUENZATA ANCHE DALLO STADIO E DALLA GRAVITÀ DELLA MALATTIA E DALLA PRESENZA DI ALTRE CONDIZIONI. (es. Malattie del collageno sifilide). falsa positività test per 5 VALORE PREDITTIVO DI UN TEST DI SCREENING LA CAPACITÀ DI PREDIRE LA PRESENZA O L’ASSENZA DI MALATTIA DA PARTE DEI RISULTATI DEL TEST DIPENDE DALLA PREVALENZA DELLA MALATTIA NELLA POPOLAZIONE SAGGIATA, DALLA SENSIBILITÀ E DALLA SPECIFICITÀ DEL TEST STESSO. PIÙ ALTA È LA PREVALENZA, PIÙ È PROBABILE CHE UN RISULTATO POSITIVO AL TEST SIA PREDITTIVO DI MALATTIA. VALORE PREDITTIVO DEI RISULTATI POSITIVI VERI POSITIVI VERI POSITIVI + FALSI POSITIVI x 100 VALORE PREDITTIVO DEI RISULTATI NEGATIVI VERI NEGATIVI VERI NEGATIVI + FALSI NEGATIVI x 100 VALORE PREDITTIVO (%) 100 Relazione tra prevalenza della malattia e valore predittivo, con sensibilità e specificità mantenute costanti al 95% entrambe 80 60 40 20 0 0 20 40 60 80 PREVALENZA DELLA MALATTIA (%) 100 6 Il VALORE PREDITTIVO DI UN TEST indica la capacità di un test di segnalare come malato un individuo malato e come sano un individuo sano. Il valore predittivo positivo è rappresentato dalla proporzione di malati tra i positivi al test. Il valore predittivo negativo è rappresentato dalla proporzione di sani tra i negativi al test VP/(VP+FP) # Proporzione dei soggetti positivi al test che risultano malati # Proporzione dei soggetti negativi al test che risultano sani # Probabilità che un soggetto negativo al test sia sano Test P VP FP N FN VN VN/(FN+VN) Test # Probabilità che un soggetto positivo al test sia malato MALATTIA M S MALATTIA M S P VP FP N FN VN 7 Esempio: Malattia con prevalenza del 2%, test con sensibilità del 90% e specificità del 95% applicato su 1.000 persone. Avremo (PREVALENZA 2%) 20 malati e 980 sani = 1.000 Applicando i risultati dei test per i malati e per i non malati avremo: SENSIBILITÀ: FALSI NEGATIVI: (0.90) x (20) = 18 20 – 18 = 2 SPECIFICITÀ: (0.95) x (980) = 931 FALSI POSITIVI: 980 – 931 = 49 I dati così ottenuti possono essere utilizzati per costruire una TABELLA 2 X 2: MALATTIA NON MALATTIA TOTALE POSITIVO 18 49 67 NEGATIVO 2 931 933 TOTALE 20 980 1.000 RISULTATO DEL TEST VALORE PREDITTIVO DEI RISULTATI POSITIVI 18 18 + 49 18 67 VALORE PREDITTIVO DEI RISULTATI NEGATIVI 931 931 + 2 931 933 27% 99,2% 8 Se consideriamo lo stesso campione (1.000 persone) con un test di uguale sensibilità e specificità (90% e 95%) ma con una malattia e prevalenza 1% invece che 2% otteniamo MALATTIA NON MALATTIA TOTALE POSITIVO 9 49,5 58,5 NEGATIVO 1 940,5 941,5 TOTALE 10 990 1.000 RISULTATO DEL TEST VALORE PREDITTIVO DEI RISULTATI POSITIVI 9 9 + 49,5 9 58,5 14,5% ABBASSANDOSI LA PREVALENZA, IL VALORE PREDITTIVO DEI RISULTATI POSITIVI SI ABBASSA. PERCIÒ ANCHE UN TEST MOLTO VALIDO DÀ RISULTATI POSITIVI SCARSAMENTE PREDITTIVI SE LA PREVALENZA È BASSA. 9 Esempio numerico RISULTATO DEL TEST PRESENTE MALATTIA ASSENTE POSITIVO (VP) 215 (FP) 16 NEGATIVO (FN) 15 (VN) 114 (FN+VN) 129 (VP+FN) 230 (FP+VN) 130 (VP+FP) 231 (VP+FP+FN+VN) 360 SENSIBILITÀ indica la capacità del test di segnalare come positivo un individuo che lo sia davvero (vero positivo). SPECIFICITÀ indica la capacità del test di segnalare come negativo un caso che lo sia davvero (vero negativo) Sensibilità: Specificità: VP/(VP+FN) x100 = VN/(FP+VN) x100 = 215/230 x100 = 93% 114/130 x100 = 88% Valore predittivo positivo: Valore predittivo negativo: VP/(VP+FP) x100 = VN/(FN+VN) x100 = 215/231 x100 = 90% 114/129 x100 = 88% Il VALORE PREDITTIVO DI UN TEST indica la capacità di un test di segnalare come malato un individuo malato e come sano un individuo sano. Il valore predittivo positivo è rappresentato dalla proporzione di malati tra i positivi al test. 10 Il valore predittivo negativo è rappresentato dalla proporzione di sani tra i negativi al test AFFIDABILITÀ DI UN TEST DI SCREENING UN TEST È AFFIDABILE SE DÀ GLI STESSI RISULTATI QUANDO VIENE ESEGUITO DALLO STESSO SOGGETTO PER PIÙ VOLTE NELLE STESSE CONDIZIONI. I FATTORI CHE CONDIZIONANO LA RIPETIBILITÀ SONO LA VARIABILITÀ INERENTE AL METODO E GLI ERRORI DELL’OSSERVATORE STABILITÀ DEI REAGENTI FLUTTUAZIONI DELLA SOSTANZA MISURATA VARIABILITÀ TRA OSSERVATORI DIVERSI VARIABILITÀ DELLO STESSO OSSERVATORE 11 QUANTITÀ DI MALATTIA NON ANCORA DIAGNOSTICATA SVELATA DALLO SCREENING È INFLUENZATA DA DIVERSI FATTORI: 1) PREVALENZA DI MALATTIA NON ANCORA RICONOSCIUTA DIPENDE DAL LIVELLO DI CURE MEDICHE DI UN PAESE (scarsa diagnosi pregressa di malattia screening molto utile) 2) SENSIBILITÀ DEL TEST DEVE ESSERE ELEVATA PERCHÉ IL TEST SIA UTILE 3) SCREENING MULTIFASICO È TALVOLTA CONVENIENTE APPLICARE PIÙ TEST DI SCREENING PER DIVERSE MALATTIE NELLA STESSA VISITA 4) FREQUENZA DELLO SCREENING LA FREQUENZA IDEALE VARIA DA MALATTIA A MALATTIA 5) PARTECIPAZIONE ALLO SCREENING E AL FOLLOW-UP LA MALATTIA SOTTO STUDIO DEVE ESSERE PERCEPITA DALLA POPOLAZIONE DA SOTTOPORRE ALLO SCREENING COME UNA SERIA MINACCIA ALLA SALUTE PERSONALE, MINACCIA CHE PUÒ ESSERE ANNULLATA DALLA PARTECIPAZIONE AL PROGRAMMA DI SCREENING È FONDAMENTALE CHE SIA POSSIBILE INTRAPRENDERE UN’AZIONE APPROPRIATA (TERAPIA) IN RISPOSTA AI RISULTATI DEL TEST DI SCREENING. 12 REQUISITI PER POTER EFFETTUARE UN TEST DI SCREENING 1) La condizione studiata dovrebbe importante problema di salute 2) Ci dovrebbe essere un trattamento accettato per i pazienti con malattia riconosciuta 3) Dovrebbero essere disponibili diagnosi e il trattamento per la 4) Ci dovrebbe essere una fase latente o sintomatologia iniziale facilmente riconoscibile di 5) Ci dovrebbe essere un test adatto 6) Il test dovrebbe popolazione 7) La storia naturale della malattia (incluso lo sviluppo dalla fase latente a quella conclamata) dovrebbe essere adeguatamente compresa 8) È necessario un consenso su chi sia necessario trattare come paziente 9) Il costo per un caso identificato (inclusa la diagnosi e il trattamento) dovrebbe essere bilanciato economicamente in relazione alla possibile spesa per la cura medica in complesso essere essere strutture accettabile per un la 10) La ricerca dei casi dovrebbe essere un processo continuo e non un progetto fatto “una volta per 13 tutte”. IDENTIFICAZIONE DEI VALORI “NORMALI” IL CONCETTO DI NORMALITÀ DESCRIVE UNA CONDIZIONE IN CUI UN VALORE NON È CORRELATO AD UN RISCHIO AUMENTATO DI MALATTIA DAL PUNTO DI VISTA STATISTICO, SOLITAMENTE SI UTILIZZA LA DISTRIBUZIONE NORMALE O “GAUSSIANA” DEI “NORMALI” VALORI I DEVIAZIONI RISULTATI DEL TEST, IDENTIFICATI STANDARD. IN TALE CONSIDERANDO DALLA MEDIA INTERVALLO 2 RICADE SOLITAMENTE IL 95% DELLA POPOLAZIONE. Va inoltre considerato come i VALORI “NORMALI” siano variabili in funzione del sesso e dell’età, tanto che alcuni preferiscono usare percentili sesso-età specifici. Per PERCENTILE o CENTILE si intende il livello di misura al di sotto del quale cade una determinata percentuale della distribuzione La curva di distribuzione normale (o simmetrica o gaussiana) è un modello che si adatta a fenomeni naturali. Ha aspetto “a campana” ed è simmetrica rispetto alla media In una gaussiana Individui “anormali” In medicina è comune assumere come LIMITI DI NORMALITÀ il 2,5° e il 97.5° percentile della distribuzione 14 dei dati di una popolazione sana. MEDIA +/- 2s METODOLOGIA EPIDEMIOLOGICA APPLICATA ALLE MALATTIE INFETTIVE I primi dati storici riguardanti l’epidemiologia delle malattie infettive si riferiscono al numero di decessi dovuti ad epidemie. Es.: ◄ XIV secolo PESTE IN EUROPA 25 milioni di morti su una popolazione totale di 100 milioni ◄ 1520 AZTECHI metà della popolazione deceduta per vaiolo Lo storico degli aztechi, Jacques Soustelle, scrive che la vittoria degli spagnoli sugli aztechi fu determinata da tre fattori: 1. Il primo fattore fu quello religioso: Montezuma fu convinto per molto tempo che Cortès fosse un Dio azteco. 2. Il secondo fattore fu una terribile epidemia di vaiolo che colpì gli aztechi. 3. Il terzo fattore consiste nel fatto che la guerra degli spagnoli non fu soltanto la loro guerra ma quella di numerosi popoli e stati coalizzati contro gli aztechi a cui gli spagnoli fecero da guida ◄ 1918-21 RUSSIA 2.5 milioni di decessi per tifo ◄ 1919 MONDO 20 milioni di morti per influenza 15 LA PESTE NERA IN EUROPA (1348) La peste ebbe origine in oriente, con ogni probabilità in Cina, e si diffuse con grande rapidità, raggiungendo nella primavera del 1347 la prima città europea: si trattava di Caffa in Crimea, che a quel tempo era un centro di commercio dei Genovesi. Si stima che nel 1348 sia morta una percentuale compresa tra il trenta e il cinquanta per cento della popolazione. 1347 1348 1349 1350 1351 1352 Frequenza del contagio 1348-1537 in Italia ogni 2-3 anni Napoli, 1400 9 volte Milano, XVI sec. 18 volte 16 1478,1481,1493,1495\7 ogni 2 anni fino al 1528 ogni 4 anni fino al 1550 LO SCAMBIO DI MICROBI TRA I DUE MONDI: LA SIFILIDE, IL VAIOLO E LA SINDROME INFLUENZALE. sifilide Vaiolo influenza Il confronto con la popolazione spagnola illustra alcuni aspetti chiave dell’indagine epidemiologica: - base genetica della resistenza; - pressione selettiva applicata dagli agenti patogeni sulle comunità umane; - la nozione di immunità acquisita. 17 La diminuzione della mortalità globale in Europa e in Nord America negli ultimi tre secoli, con un incremento dell’attesa di vita alla nascita da 25-30 anni nel 1700 a circa 70-75 anni nel 1970, è ascrivibile principalmente al DECLINO DELLE MORTI CAUSATE DA INFEZIONI BATTERICHE E VIRALI. Le ragioni di tali cambiamenti sono in sintesi: - migliori standard igienici - migliori standard di nutrizione - mutazione genetiche dell’uomo - mutazioni genetiche dei patogeni Nonostante il calo della mortalità globale in Europa, la frequenza e la grandezza delle epidemie é aumentata durante il 18° e 19° secolo a causa di: - cambiamenti dei “pattern” sociali - crescita di grandi centri urbani L’inversione di questa tendenza osservata nei Paesi sviluppati nell’ultimo secolo é legata ALLO SVILUPPO E ALLA DIFFUSIONE DELLE VACCINAZIONI. I principali successi delle vaccinazioni di massa consistono nell’eradicazione del vaiolo e nella notevole diminuzione dell’incidenza di difterite e poliomielite paralitica in Europa. 18 POLIOMIELITE Morbosità per poliomielite in Europa dal 1938 al 1953 19 Da Donle Weltseuchenatlas POLIOMIELITE MODALITÀ DI TRASMISSIONE Serbatoio di infezione: uomo Sorgente di infezione: malato e portatore Veicoli: reflui urbani, acqua ed alimenti Modalita' di trasmissione: prevalentemente oro-fecale Soggetti a rischio: non vaccinati Salk Sabin 20 FATTORI SPECIFICI MALATTIE Eventi sociali : crescita demografica Introduzione dell’HIV; e migrazioni (movimenti da zone diffusione dell’HIV e di altre rurali alle città); guerre o conflitti civili; infezioni a trasmissione abitudini sessuali; tossicodipendenza sessuale; L’HIV ha, al momento attuale, un notevole impatto epidemiologico ed emotivo, con milioni di infetti e centinaia di migliaia di morti. L’attenzione rivolta all’infezione da HIV fa spesso dimenticare molte infezioni batteriche e virali, come morbillo e pertosse, che rappresentano le principali cause di morte nei Paesi in via di sviluppo. Queste patologie, insieme ad altre quali malaria e dissenteria di origine batterica o virale, svolgono un ruolo fondamentale sulla mortalità umana età-specifica del mondo. 21 MICRORGANISMI • SAPROFITI HABITAT Ambiente naturale (sostanze organichein decomposizione, acque, suolo) • COMMENSALI Organismi viventi ai quali non provocano danno; vivono sui tegumenti (pelle; mucose; apparato respiratorio, digerente, genito urinario; congiuntive; ecc.) • PARASSITI Organismi viventi a cui provocano danno • PATOGENI OPPORTUNISTI Ambiente naturale; organismi viventi Pseudomonas aeruginosa; Escherichia coli; Staphylococcus epidermidis; Candida I PATOGENI OPPORTUNISTI possono essere responsabili di processi infettivi quando vengono meno le normali barriere difensive che impediscono loro di penetrare nell’ospite in condizioni ordinarie (ipoalimentazione, immunodeficienza, grave patologia debilitante). Le infezioni da microrganismi patogeni opportunisti costituiscono oggi un grave problema soprattutto in ambiente ospedaliero per una serie di fattori: • impiego di trattamenti immunosoppressori • impiego di cateteri che raggiungono cavità normalmente sterili (cuore, vescica, trachea, ecc…) 22 • reparti per ustionati, politraumatizzati, immaturi. MICROFLORA ABITUALMENTE RESIDENTE NELL’UOMO Costituiscono la microflora residente i microrganismi costantemente presenti in un dato distretto corporeo ad una data età dell’individuo. OCCHIO Sulla congiuntiva Neisseria spp., si trovano bacilli Streptococcus Gram-negativi. epidermidis, La microflora congiuntivale risulta tuttavia limitata dal flusso delle lacrime che contengono lisozima. APPARATO URINARIO Bacillus, coliformi, Proteus, stafilococchi, streptococchi, difteroidi APPARATO RESPIRATORIO Alla nascita naso, faringe laringe, trachea e bronchi sono sterili, ma già dopo 24 ore risultano colonizzati da streptococchi e altri batteri. Nell’adulto le mucose del nasofaringe rappresentano un ambiente adatto allo sviluppo di molte specie microbiche aerobie ed anaerobie APPARATO DIGERENTE 23 Esiste una microflora residente in ogni tratto di questo apparato BARRIERE DELL’OSPITE L’ospite oppone tutta una serie di difese fin dal primo contatto con il parassita. DIFESE ASPECIFICHE FATTORI GENERALI Igiene personale; età; razza; fattori etnici (comportamentali); stato nutrizionale; condizioni fisio-patologiche. BARRIERE FISICHE Cute e mucose BARRIERE CHIMICHE Secrezioni e sostanze antibatteriche: lacrime; saliva; urine; lisozima; acidi grassi; sistema del complemento; interferoni; bacteriocine prodotte dai batteri commensali presenti in molte mucose in grado di inibire lo sviluppo di batteri patogeni. DIFESE BIOLOGICHE Microflora indigena; fagocitosi; opsonizzazione; infiammazione; cellule natural killer (NK) sottopopolazione dei linfociti in grado di uccidere direttamente le cellule bersaglio DIFESE SPECIFICHE 1. Immunità umorale dovuta a linfociti B 2. Immunità cellulo-mediata dovuta ai linfociti T 24 LE “ARMI” DEI MICRORGANISMI • • • • Rapido tempo di riproduzione Scambio genico / Mutazione dell’assetto antigenico Imitazione molecolare (“molecular mimicy”) Infezione latente / Integrazione nel genoma dell’ospite LE “ARMI” DELL’UOMO • Resistenza di specie • Difese aspecifiche (es. fagocitosi) • Sistema immunitario • Cervello 25 STORIA NATURALE DI UNA MALATTIA Il ciclo-tipo di una malattia può essere suddiviso in diverse fasi, alcune delle quali possono sovrapporsi: 1. ESPOSIZIONE: è l'evento iniziale che dà origine all’infezione; 2. PERIODO DI INCUBAZIONE: tempo che intercorre tra l'esposizione e la comparsa di sintomi clinici. Per le malattie non trasmissibili esso è detto periodo di latenza. Questo periodo varia ampiamente in rapporto al tipo di agente, all'ospite ed a numerosi altri fattori; 3. PERIODO PRODROMICO: periodo di transizione tra lo stato di salute e quello di malattia, caratterizzato dai primi sintomi (spesso non specifici della malattia); 4. MALATTIA CLINICA: in questo periodo i sintomi della malattia raggiungono la loro massima evidenza; se la malattia è grave, può provocare la morte dell'ammalato; 5. REGRESSIONE: periodo in cui i sintomi si fanno meno intensi; spesso la regressione è dovuta alla reazione dell'ospite (es. produzione di anticorpi). Tuttavia, è possibile che l'ospite non riesca a guarire completamente, e quindi la malattia entra in una fase detta di «cronicizzazione», cioè acquisisce i caratteri della «malattia cronica»; 6. CONVALESCENZA E GUARIGIONE: in questa fase si ha il ristabilimento completo delle funzioni dell'organismo, che ritorna in stato di salute. Notare che alcune malattie provocano lesioni permanenti e quindi inibiscono una guarigione perfetta; 7. STATO DI PORTATORE: in questa fase, che in molti casi NON si verifica, nell’individuo alberga l'agente (ed è capace di trasmetterlo ad individui recettivi), senza manifestare alcun segno di malattia. Il «portatore» è in stato di infezione 26 subclinica o di infezione latente. Tutte le persone infette, incluse quelle con solo colonizzazione, sono potenziali fonti di infezione per altri. Un PORTATORE é una persona infetta che non ha malattia conclamata ma che é, ciononostante, una potenziale fonte di infezione per altri. Il termine PORTATORE include persone la cui infezione rimane inapparente (ASINTOMATICO) per tutta la sua durata, come soggetti per i quali lo stato di portatore precede o segue la malattia conclamata (PORTATORE IN INCUBAZIONE E CONVALESCENTE). TIPO DI PORTATORE ESEMPI INAPPARENTE Virus polio, meningococco, virus epatici IN INCUBAZIONE Virus della varicella, morbillo e virus epatici CONVALESCENTE C. diphteriae, virus dell’epatite B, salmonelle CRONICO Un soggetto S. typhi, virus dell’epatite B con infezione inapparente non é necessariamente un portatore (Es. la maggior parte dei tubercolino-positivi tubercolari). non dissemina attivamente 27 bacilli In senso lato, si possono riconoscere diversi tipi di portatore, in rapporto all’evento “malattia”: 1. PORTATORE ASINTOMATICO o INAPPARENTE: soggetto che si infetta ed elimina l’agente patogeno senza sviluppare la malattia; 2. PORTATORE IN INCUBAZIONE: soggetto che si trova nel periodo di incubazione di una malattia e che può diffondere l’agente patogeno anche prima del manifestarsi della malattia stessa; 3. PORTATORE CONVALESCENTE: soggetto che ha superato la malattia e che si trova nel periodo di convalescenza e continua ad eliminare l’agente patogeno dopo la guarigione clinica per un tempo variabile in rapporto al tipo di agente ed all’ospite; 4. PORTATORE CRONICO: soggetto che continua ad eliminare l’agente patogeno dopo la guarigione clinica per periodi molto lunghi o per tutta la vita. 28 L’UOMO COME SERBATOIO: CASI E PORTATORI Quando un agente penetra e si stabilisce in un ospite, si possono verificare una serie di evenienze. Ad un livello minimo, l’agente può essere presente sulla superficie del corpo e propagarsi ad un tasso sufficiente a mantenere la sua numerosità senza produrre alcuna reazione nell’ospite. Tale fenomeno viene definito COLONIZZAZIONE (Es. Stafilococco aureo nella mucosa nasale). Al livello successivo si ha INFEZIONE INAPPARENTE (INFEZIONE SUBCLINICA). In questo caso l’organismo non solo si moltiplica nell’ospite, ma causa anche una reazione misurabile che, comunque, non é rinvenibile clinicamente. Quando l’infezione porta a una malattia clinica (apparente) con sintomi, segni fisici o entrambi, si parla di MALATTIA INFETTIVA. OSPITE PARASSITA COLONIZZAZIONE MALATTIA INFETTIVA INFEZIONE INAPPARENTE 29 SERBATOI I serbatoi possono essere definiti come gli organismi viventi o la materia inanimata (Es. il suolo) in cui un agente infettivo normalmente vive e si moltiplica, in cui ha il suo habitat naturale e da cui può essere trasmesso ad ospiti recettivi. Perciò i serbatoi di infezione possono consistere in esseri umani, animali e sorgenti ambientali. Il serbatoio è componente essenziale del ciclo per mezzo del quale un agente infettivo si mantiene e si perpetua. - Nel ciclo più semplice, il serbatoio è umano e si può schematizzare come segue: UOMO UOMO UOMO (Es. Malattie respiratorie batteriche stafilococciche e streptococciche, ecc.) e virali, infezioni - Altre malattie sono acquisite da diverse specie animali (Es. TBC bovina dalle mucche, brucellosi da mucche e capre, ecc.). Tali malattie sono conosciute come ZOONOSI = infezioni trasmissibili, in condizioni naturali, da animali vertebrati all’uomo. In tali patologie l’uomo non è elemento essenziale (serbatoio usuale) del ciclo vitale dell’agente. Perciò: ANIMALE ANIMALE ANIMALE UOMO - Alcune infezioni, poi, sono caratterizzate da cicli più complessi come serbatoi multipli, diversi stadi di sviluppo dell’agente. 30 (Es. Infestazioni da vermi, schistosomiasi, malaria, ecc.) COMPONENTI DEL PROCESSO INFETTIVO AGENTE INFETTANTE Molti organismi viventi possono provocare malattie nell’uomo, dai virus più piccoli a complessi organismi multicellulari. Molte caratteristiche degli agenti infettanti sono INTRINSECHE ALL’AGENTE STESSO, non dipendendo dall’interazione con un ospite. Tra di esse vi sono: - MORFOLOGIA - DIMENSIONI - CARATTERISTICHE CHIMICHE - ANTIGENI - ESIGENZE NUTRITIVE - CAPACITA’ DI SOPRAVVIVERE IN VARI VEICOLI - ESIGENZE DI TEMPERATURA E UMIDITA’ - SPETTRI DI OSPITI - CAPACITA’ DI PRODURRE TOSSINE - CAPACITA’ DI ACQUISIRE RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI - CAPACITA’ DI ACQUISIRE INFORMAZIONI GENETICHE (plasmidi). 31 PATOGENICITA’ Capacità propria di un microrganismo parassita di causare un danno all’ospite; si misura attraverso la VIRULENZA che viene definita grazie ad alcuni parametri: • CARICA MICROBICA INFETTANTE: numero minimo di microrganismi necessario per dare inizio all’infezione; • VELOCITÀ DI RIPRODUZIONE • INVASIVITÀ capacità di moltiplicarsi in vivo (alcuni m.o. invadono tutto l’organismo come il virus del morbillo e della rosolia, altri invadono organi bersaglio come il virus dell’epatite; i m.o. non invasivi possono restare localizzati nel sito di impianto come i cocchi piogeni) • TOSSINOGENICITÀ capacità di elaborare tossine (alcuni microrganismi non invasivi possono provocare danni a distanza dal sito di penetrazione producendo esotossine con specifiche azioni lesive) Sia i microrganismi patogeni invasivi che quelli non invasivi possono produrre o liberare per disfacimento diverse altre sostanze (metaboliti tossici, esoenzimi, endotossine) responsabili di lesioni a livello locale e generale. INFETTIVITA’ Capacità di un microrganismo patogeno attecchire e moltiplicarsi all’interno dell’ospite. di penetrare, CONTAGIOSITA’ Capacità di un microrganismo patogeno di passare da un 32 soggetto recettivo ad un altro a seguito della sua eliminazione all’esterno dell’ospite nel corso del processo infettivo. La comprensione delle caratteristiche intrinseche può essere fondamentale per comprendere l’epidemiologia e le modalità di trasmissione di un agente. Diversi ceppi dell’agente correlati ad esempio ad epidemie o alla diffusione in certe aree geografiche possono differire in alcune caratteristiche intrinseche. Molte proprietà attribuite agli agenti infettivi in realtà dipendono dall’ INTERAZIONE TRA L’AGENTE E L’OSPITE. Le più importanti sono INFETTIVITA’, PATOGENICITA’, VIRULENZA E IMMUNOGENICITA’. Condizioni ambientali, dose e via di infezione possono mutare tali proprietà dell’agente infettante. Lo stesso patogeno ottenuto da fonti diverse può differire in queste quattro proprietà. L’ETA’, LA RAZZA, LO STATO NUTRIZIONALE possono notevolmente condizionare la capacità di infettare, di provocare una malattia modesta o grave, o di immunizzare un ospite o una popolazione di ospiti. L’INFETTIVITA’ è definita come la capacità di un agente di invadere e moltiplicarsi in un ospite. Dal punto di vista sperimentale, l’infettività è considerabile come il numero minimo di agenti necessario a provocare l’infezione nel 50% di un gruppo di ospiti della stessa specie (ID50). Tale numero varia in funzione dell’agente, via di somministrazione, sorgente, età e razza dell’ospite. Es.: INFEZIONE AD ELEVATA INFETTIVITA’ MORBILLO INFEZIONE A BASSA INFETTIVITA’ LEBBRA 33 L’infezione sperimentale non è applicabile per motivi etici. Per valutare l’infettività ci si avvale di studi sulla velocità con cui un agente si diffonde in una popolazione, la proporzione di contatti stretti che divengono infetti (TASSO DI ATTACCO SECONDARIO) e studi sieroepidemiologici dopo le epidemie per determinare la proporzione di persone recentemente infettate. La PATOGENICITA’ è definita come la capacità di produrre una malattia clinicamente manifesta. Se esistono metodiche di laboratorio sensibili e specifiche, si può determinare la proporzione di infezioni che da’ luogo a malattia. La patogenicità è influenzata da fattori ambientali e propri dell’ospite, dalla dose, via d’entrata e sorgente di infezione. La VIRULENZA è definita come la proporzione di casi clinici che danno luogo a manifestazioni cliniche gravi (comprese le sequele). Uno dei modi per misurare la virulenza è la letalità. Anche la virulenza è influenzata dalla dose, via di infezione, età e razza (Es: il bacillo della peste è più virulento se inalato che se iniettato ad un’estremità). 34 L’IMMUNOGENICITA’ può essere definita come la capacità dell’infezione di determinare immunità specifica. Tale immunità può essere primariamente umorale o cellulare, o un insieme delle due. L’immunogenicità è influenzata da fattori come l’età, lo stato nutrizionale, la dose e la virulenza dell’infezione. Alcuni agenti non invasivi possono determinare produzione di soli anticorpi locali. Ogni agente ha inoltre una diversa capacità intrinseca di dare immunità durevole (Es. il virus del morbillo da immunità per tutta la vita, mentre il gonococco non ha tale capacità, così che si possono avere più attacchi di gonorrea). MECCANISMI PATOGENICI Gli effetti patogenetici prodotti dagli agenti infettivi possono essere il risultato di una serie di meccanismi: 1) INVASIONE TISSUTALE DIRETTA 2) PRODUZIONE DI UNA TOSSINA 3) POTENZIAMENTO IMMUNOLOGICO O REAZIONE ALLERGICA CHE DETERMINA DANNO NELL’OSPITE 4) INFEZIONE PERSISTENTE O LATENTE 5) POTENZIAMENTO DELLA SUSCETTIBILITA’ DELL’OSPITE A FARMACI ALTRIMENTI DI MINIMA TOSSICITA’ 6) IMMUNOSOPPRESSIONE 35 MECCANISMI DI TRASMISSIONE DELLE INFEZIONI La trasmissione di un’infezione implica l’uscita dell’agente da una sorgente o serbatoio, il suo trasporto ad un ospite suscettibile e l’entrata in quell’ospite. La trasmissione può essere diretta o indiretta. 1) TRASMISSIONE DIRETTA immediato trasferimento di un agente infettivo da un ospite infetto o serbatoio ad una appropriata porta di entrata (es. trasmissione sessuale, attraverso goccioline (“droplets”), per contatto con il suolo). 2) TRASMISSIONE INDIRETTA Trasmissione indiretta VEICOLI VETTORI ARIA POLVERE DROPLET NUCLEI 36 TRASMISSIONE INDIRETTA: 1) Attraverso veicoli: contatto con oggetti inanimati contaminati (lenzuola, giocattoli, ferri chirurgici) o con cibo, acqua e fluidi iniettabili. 2) Attraverso vettori: l’agente infettivo è veicolato all’ospite da un artropode Vettore “PASSIVO” Trasporto meccanico dell’agente senza sua moltiplicazione Vettore “ATTIVO” L’agente si moltiplica nell’artropode prima di essere trasmesso ( INCUBAZIONE ESTRINSECA) 3) Attraverso l’aria POLVERI (risospensione di particelle depositate su suolo o lenzuola, particelle sollevate dal suolo da parte del vento) DROPLET NUCLEI (piccole particelle costituite da residui di goccioline disseccati) Possono rimanere sospesi a lungo in aria ed essere inalati e trasportati negli alveoli ( 1-2 µm) 37 INFEZIONI INAPPARENTI E CONTROLLO DELLE MALATTIE Molte infezioni inapparenti possono essere trasmesse e possono causare malattie in altri soggetti. E’ perciò insufficiente indirizzare procedure di controllo ai soli casi apparenti. Per tale motivo l’attenzione, più che alle procedure di isolamento (ancora valide per alcune malattie), é oggi indirizzata soprattutto alla diffusione dei microrganismi in una comunità (es. identificazione e trattamento dei portatori asintomatici di N. gonorrheae). INFEZIONI INAPPARENTI E STATISTICHE DI MALATTIA INFEZIONE INAPPARENTI MALATTIA MITI CLASSE A MODERATE GRAVI MORTALI Casi probabilmente visti da un medico: possono essere registrati Casi probabilmente ospedalizzati e registrati E’ evidente che solo la frazione di infezioni che provoca una malattia evidente verrà all’osservazione medica, e solo le forme più gravi saranno registrate in ospedale. Perciò ci sarà una sottostima del numero di infezioni e una sovrastima della gravità della malattia. E’ pertanto importante, quando il rapporto tra infezioni e casi di malattia é elevato, conoscere il criterio usato per la diagnosi (molte più infezioni saranno registrate se si utilizzano 38 dati di laboratorio oltre al criterio clinico). ASPETTI DELLA DIFFUSIONE DELLE INFEZIONI DA PERSONA TEMPO DI GENERAZIONE (“Generation time”) Quando la diffusione é interpersonale, l’intervallo tra i casi é determinato dal tempo di generazione = periodo intercorrente tra l’entrata nell’ospite dell’agente infettivo e il momento di massima comunicabilità dello stesso. Periodo di incubazione (= intervallo tra l’entrata dell’agente infettivo e comparsa dei sintomi) e tempo di generazione possono non essere coincidenti. INCUBAZIONE SINTOMI LATENTE INFETTIVO TEMPO DI GENERAZIONE GIORNI Inoltre, mentre il periodo di incubazione può riferirsi solo a infezioni che causano malattia, il tempo di generazione si riferisce alla trasmissione dell’infezione, sia apparente che inapparente. Il concetto di tempo di generazione é essenziale negli studi 39 sulla dinamica della trasmissione delle infezioni. IMMUNITA’ DI GREGGE L’immunità di gregge é stata definita da Fox (1970) come la resistenza di un gruppo all’invasione e alla diffusione di un agente infettivo basata sull’immunità di un’elevata proporzione di membri del gruppo. PRIMA DELL’EPIDEMIA DOPO L’EPIDEMIA Mr. Jones Mr. Jones X GRUPPO A TUTTI SUSCETTIBILI Y Y Mr. Jones X Y X Mr. Jones GRUPPO B X = IMMUNE X Y Gruppo A: il caso di Mr. Jones ha provocato altri 8 casi di malattia Gruppo B: il caso di Mr. Jones ha provocato solo altri 4 casi di malattia L’immunità di gregge é un importante fattore nella dinamica delle malattie diffusive a carattere epidemico e per spiegare la periodicità di malattie quali varicella e morbillo. Durante un’epidemia un certo numero di suscettibili si ammala, con conseguente moltiplicazione delle sorgenti di infezione. Quando i malati sviluppano immunità, la proporzione di non suscettibili nella popolazione aumenta, e la probabilità 40 di contatto tra infetti e suscettibili diminuisce (esaurimento dell’epidemia). Con la nascita di nuovi bambini o l’immigrazione di non immuni all’infezione, il numero di suscettibili gradualmente aumenta abbastanza da sostenere una nuova ondata epidemica. Il picco nel numero dei suscettibili precede sempre il picco del numero dei casi. Un’altra importante conseguenza dell’immunità di gregge é che, in generale, non é necessario raggiungere il 100% di immunità in una nuova popolazione per interrompere un’epidemia o controllare una malattia. La densità della popolazione é fondamentale nel determinare la percentuale di soggetti immuni necessaria ad impedire la circolazione dell’agente infettivo. Epidemie possono essere la conseguenza dell’introduzione di un agente infettivo in una popolazione “vergine”, o dell’introduzione di grandi numeri di suscettibili in comunità chiuse (Es. episodi epidemici di meningite e infezioni da adenovirus in comunità militari). 41 TASSI DI ATTACCO SECONDARI (Secondary attack rates) Per le malattie che si diffondono attraverso il contagio, sono importanti i concetti di famiglia, casa o altre comunità chiuse (Es. caserme) come unità epidemiologiche entro cui l’infezione tende a disseminarsi. Il caso che porta una famiglia o un altro gruppo all’attenzione del medico di Sanità Pubblica é chiamato CASO INDICE. La diffusione della malattia entro un gruppo é misurata attraverso il TASSO D’ATTACCO SECONDARIO, definito come il numero di casi di malattia che si sviluppano durante un determinato periodo di tempo tra i membri a rischio di un gruppo chiuso. N° nuovi casi nel gruppo - caso iniziale TASSO D’ATTACCO = SECONDARIO N° di persone suscettibili nel gruppo - caso iniziale Il caso indice va tolto sia dal numeratore che dal denominatore e così pure i casi co-primari, cioè quei casi così strettamente correlati nel tempo al caso indice da essere considerati appartenenti alla stessa generazione di casi. I tassi di attacco secondari consentono di calcolare il rischio relativo in una comunità chiusa rispetto alla popolazione generale per una determinata infezione, e permettono di comprendere che tipo di membro familiare più facilmente introduce l’infezione nell’ambito della casa (Es. meningite da H. influenzae). 42 TIPI DI EPIDEMIE: DA SORGENTE COMUNE O PROPAGATE Due principali tipi di epidemie possono essere distinti: 1) da sorgente comune 2) propagate o progressive In generale, i due tipi possono essere distinti facendo il grafico della distribuzione dei casi in funzione del tempo di comparsa (CAUSA EPIDEMICA). LE EPIDEMIE DA SORGENTE COMUNE Sono causate dalla esposizione di un gruppo di persone ad un fattore patogeno comune. Quando l’esposizione é breve ed essenzialmente simultanea (EPIDEMIA A PUNTO O A SORGENTE PUNTIFORME) i casi risultanti si sviluppano tutti nell’arco di un periodo di incubazione. La curva epidemica segue una distribuzione log-normale, cioè, se la proporzione cumulativa di casi é disegnata in base al logaritmo del tempo di comparsa, si ottiene una linea retta. Il TEMPO MEDIANO DI INCUBAZIONE può essere determinato facilmente considerando il momento nel quale si sono verificati nel grafico il 50% dei casi. Tale tempo può aiutare ad identificare l’agente eziologico, dal momento che ciascuno ha un caratteristico periodo di incubazione. Se la sorgente dell’epidemia (cibo, acqua, aria) rimane contaminata, la situazione é più complessa: ci sarà un picco di casi meno distinto e l’epidemia avrà più lunga durata. Epidemie a sorgente puntiforme possono anche derivare da esposizione comune ad agenti non infettivi, come sostanze 43 chimiche ed aria inquinata (Es. grande nebbia di Londra, Dicembre 1952). EPIDEMIE PROPAGATE O PROGRESSIVE Le epidemie propagate o progressive risultano dalla trasmissione, diretta o indiretta, di un agente infettivo da un ospite suscettibile ad un altro. Ciò può avvenire attraverso contatto diretto da persona a persona o può coinvolgere cicli più complessi in cui l’agente deve passare attraverso un vettore per essere trasmesso da un soggetto all’altro (Es. febbre gialla e malaria). Le epidemie propagate si estendono per la durata di alcuni periodi di incubazione. L’andamento in crescita del numero dei casi alla comparsa di un’epidemia propagata riflette l’aumento progressivo della probabilità di venire a contatto con uno o più soggetti infetti che, per un certo tempo, sovrasta il declino del numero di suscettibili. Successivamente, il numero dei suscettibili cade al di sotto di un livello critico e il numero di casi diminuisce. 44 I due tipi di epidemie, a sorgente comune e propagate, mostrano diverse curve temporali. Rapida salita e caduta nel volgere di un periodo di incubazione Continuo sviluppo di nuovi casi oltre il periodo di incubazione (talvolta “generazioni” di casi) Dalla sola curva epidemica é tuttavia difficile identificare la natura di un’epidemia. La tipica curva da sorgente puntiforme può essere influenzata dallo sviluppo di casi secondari, dalla continua contaminazione della sorgente, o da un periodo di incubazione lungo e variabile. Al contrario, la propagazione di una malattia come l’influenza, che ha un breve periodo di incubazione ed é altamente infettiva, può creare un rapido innalzamento e una rapida caduta della curva epidemica, simile a quella di una epidemia a sorgente puntiforme. Comunque, la distribuzione geografica può aiutare a differenziare i due tipi di epidemie: le epidemie propagate tendono a mostrare una diffusione geografica con le successive generazioni di casi. 45 La catena di eventi in un’epidemia a sorgente comune é semplice: a seguito dell’esposizione a una sorgente comune, una proporzione degli esposti sviluppa malattia. I tempi di comparsa dei casi variano nell’ambito del range di incubazione della patologia. Le forze che determinano l’estensione e il corso di una epidemia propagata sono più complesse. Il tasso di trasmissione dell’infezione da una persona all’altra dipende da una serie di fattori, specialmente la proporzione di suscettibili ed immuni nella popolazione. I vari tentativi di creare modelli matematici per spiegare il corso delle epidemie propagate rappresentano lo sforzo per comprendere in termini sistematici fenomeni biologici complessi come la diffusione delle infezioni. 46 MISURE DI PREVENZIONE SPECIFICHE DI MASSA E LIVELLO DI CONTROLLO DELLE MALATTIE NELLA COMUNITA’ Il livello di controllo comunitario che può essere raggiunto per una qualsiasi malattia dipende principalmente da: 1. l’efficacia intrinseca della misura preventiva adottata; 2. il livello della sua applicazione all’interno della comunità o del gruppo posto come obiettivo; 3. la fase della storia naturale di predisposizione alla malattia in cui viene applicato il provvedimento. L’esempio più classico di provvedimento di prevenzione specifico è dato dall’immunizzazione. Alcuni agenti immunizzanti sono intrinsecamente e biologicamente superiori ad altri nel grado e nella durata della protezione che conferiscono ad una popolazione. Associando l’immunità acquisita in modo naturale a quella ottenuta artificialmente con le vaccinazioni, il livello di protezione della comunità potrebbe superare la somma di tutti gli individui che posseggono qualche protezione specifica contro la malattia. 47 In altre parole, per determinate infezioni, quando la percentuale degli immuni di una popolazione supera un determinato livello, il microrganismo potrebbe non essere in grado di circolare e di sopravvivere autonomamente e cesserebbe perciò di essere in quella regione un problema di sanità pubblica. Tale fenomeno é conosciuto come IMMUNITA’ DI MASSA O DI GREGGE (“HERD IMMUNITY”). Importante é anche lo studio dell’età alla quale un intervento di immunizzazione di massa ha la più elevata probabilità di successo. Nel caso delle malattie infettive, l’obiettivo dell’Igiene Pubblica é di eradicare possibilmente il microrganismo prima a livello locale e successivamente a livello globale. Con l’eradicazione si cerca di eliminare la causa della malattia, affinché essa non si ripresenti. La speranza di realizzare questo obiettivo é possibile per le malattie in cui l’ospite umano é la sola riserva del microrganismo. L’eradicazione incompleta viene a volte detta eliminazione di una malattia, una condizione nella quale la comparsa di nuovi casi é resa rara da misure di prevenzione e di controllo a volte 48 favorite da mutamenti ecologici. LA SORVEGLIANZA EPIDEMIOLOGICA La SORVEGLIANZA DELLE MALATTIE INFETTIVE é definita come la regolare raccolta, riassunto e analisi dei dati sui nuovi casi diagnosticati di malattie infettive allo scopo di identificare i gruppi ad elevato rischio nella popolazione, comprendere le modalità di trasmissione della malattia e ridurre o eliminare tale trasmissione. Ogni caso dovrebbe essere riportato prontamente. Le informazioni sul malato dovrebbero includere la diagnosi, la data di comparsa dei sintomi e dati demografici quali nome, età, sesso, indirizzo, numero di telefono, fonte della denuncia (medico di famiglia, medico scolastico, ospedale, ecc.). L’analisi regolare dei dati di malattia può consentire di riconoscere tendenze stagionali e, a lungo termine, aree geografiche di maggiore o minore diffusione, gruppi a rischio caratterizzati dall’età, sesso, razza, “background” religioso o socioeconomico, malattie occupazionali. Esistono due categorie di sorveglianza: passiva e attiva. La SORVEGLIANZA PASSIVA si riflette a dati ottenuti senza sollecitazione, intervento o contatto da parte dell’istituzione sanitaria che opera la sorveglianza. Per legge devono essere denunciate una lista di malattie infettive. Per la maggior parte delle malattie la diagnosi 49 laboratoristica é incoraggiata ma non espressamente richiesta. I dati di sorveglianza passiva forniscono le informazioni di base necessarie allo studio delle malattie infettive in una data area, e permettono di riconoscere i problemi che necessitano di ulteriori indagini. La SORVEGLIANZA ATTIVA é la raccolta di dati (solitamente su una specifica malattia) per un tempo relativamente limitato, ottenuta mediante regolari indagini da parte del personale dell’istituzione sanitaria. Personale medico si reca regolarmente (Es. 2 volte alla settimana, settimanalmente, mensilmente) a raccogliere informazioni sulla presenza o assenza di nuovi casi di una particolare malattia e a registrare dati demografici, date di comparsa ed altre informazioni rilevanti per quella malattia, come l’effettuazione di viaggi, le abitudini personali, il consumo di cibi, ecc. Anche le informazioni negative (assenza di malattie o di determinati fattori) vengono riportate. Questa modalità di raccolta dei dati può essere utilizzata quando si scopre una nuova patologia, o si vuole indagare su una nuova modalità di trasmissione; quando si identificano stagioni o anni ad alto rischio; quando una malattia compare in una nuova area geografica o in un nuovo sottogruppo di popolazione; quando una malattia precedentemente eradicata, o particolarmente grave, o con una incidenza pregressa molto bassa improvvisamente ricompare ad un elevato livello di incidenza. 50