SCREENING
Se la prevenzione primaria non è possibile, il riconoscimento
della malattia in fase precoce e il conseguente trattamento
consentono spesso di risolvere il processo patologico senza
conseguenze a lungo termine (prevenzione secondaria). E’
perciò importante identificare i soggetti colpiti dal processo
patologico già in fase asintomatica.
Un SAGGIO DI SCREENING viene impiegato per separare da
un gran numero di persone apparentemente sane, quelle
che hanno un’elevata probabilità di presentare la malattia
considerata, in modo che tutte siano sottoposte ad un
controllo diagnostico e, se risultano ammalate, siano
opportunamente curate.
Lo SCREENING è una procedura rapida per identificare i
probabili malati. NON è quindi un test diagnostico in senso
stretto
(la
diagnosi
andrà
fatta
con
procedure
più
approfondite sui positivi allo screening).
LE
CARATTERISTICHE
DI
UN
TEST
DI
SCREENING
COMPRENDONO:
1)
LA SUA VALIDITÀ (SENSIBILITÀ E SPECIFICITÀ);
2)
LA SUA RIPRODUCIBILITÀ O AFFIDABILITÀ;
3)
LA
QUANTITÀ
POPOLAZIONE.
DI
MALATTIA
IDENTIFICATA
NELLA
1
VALIDITA’
È LA CAPACITÀ DI INDICARE CHI HA LA MALATTIA E CHI NO.
LE COMPONENTI DELLA VALIDITÀ SONO LA SENSIBILITÀ E LA
SPECIFICITÀ.
SENSIBILITÀ =
CAPACITÀ DI IDENTIFICARE CORRETTAMENTE
QUELLI CHE HANNO LA MALATTIA.
SPECIFICITA’ =
CAPACITÀ DI IDENTIFICARE CORRETTAMENTE
QUELLI CHE NON HANNO LA MALATTIA
#
Capacità
di
individuare i soggetti
SANI
# Proporzione dei sani
che risultano negativi al
test (VN)
# Probabilità che un
sano risulti negativo al
test
Test
VP/(VP+FN)
P
N
MALATTIA
S
M
VP FP
FN VN
VN/(FP+VN)
Test
#
Capacità
di
individuare i soggetti
AMMALATI
#
Proporzione
dei
malati
che risultano
positivi al test (VP)
# Probabilità che un
malato risulti positivo al
test
P
N
MALATTIA
S
M
VP FP
FN VN
I concetti di VERA POSITIVITÀ e VERA NEGATIVITÀ sono basati
sulle
procedure
diagnostiche
definitive
adottate
dopo
l’applicazione del test di screening.
2
TEST DIAGNOSTICO IDEALE:  100% sensibilità e 100%
specificità  (PRATICAMENTE IMPOSSIBILE)
Sensibilità e specificità sono solitamente inversamente correlate:
incrementando l’una diminuisce l’altra
SENSIBILITÀ
Persone con la malattia risultate
positive al saggio di screening
Numero totale delle persone
sottoposte allo screening e
risultate veramente ammalate
x 100
O ANCHE
SENSIBILITÀ
SPECIFICITÀ
VERI POSITIVI
x 100
VERI POSITIVI + FALSI NEGATIVI
Persone senza la malattia risultate
negative al saggio di screening
Numero totale delle persone
sottoposte allo screening e
risultate esenti dalla malattia
x 100
O ANCHE
SPECIFICITÀ
VERI NEGATIVI
VERI NEGATIVI + FALSI POSITIVI
x 100
3
Esempio:
Relazione tra glaucoma e aumento della pressione
intraoculare:
NUMERO DI OCCHI
Zona di
sovrapposizione
Livello di screening posto qui:
BUONA SENSIBILITA’,
BASSA SPECIFICITA’
Livello di screening posto
qui:
BASSA SENSIBILITA’,
BUONA SPECIFICITA’
OCCHI NON
GLAUCOMATOSI
14
OCCHI GLAUCOMATOSI
16 18 20 22 24 26 28 30 32 34 36 38 40 42
PRESSIONE INTRAOCULARE (mmHg)
Il numero dei soggetti con occhi normali è più elevato e ha
pressione intraoculare variabile da 14 a 27 mmHg.
I soggetti con occhi glaucomatosi, meno numerosi, hanno
pressione intraoculare tra 22 e 42 mmHg.
Esiste pertanto una “zona di sovrapposizione” tra le pressioni
intraoculari di sani e malati.
4
Se il livello soglia del test per la determinazione della pressione
intraoculare è posto a 27 mm Hg, tutti gli occhi non
glaucomatosi saranno chiamati negativi o normali (100% di
specificità), ma la sensibilità sarà bassa, ricadendo tra i
negativi anche quegli occhi glaucomatosi in cui la pressione
intraoculare è compresa tra 22 e 27 mmHg.
Il contrario (100% di sensibilità, bassa specificità) si verifica se
il livello soglia è posto a 22 mmHg.
In pratica, solitamente, si sceglie un livello soglia intermedio,
così che né la sensibilità né la specificità sono pari al 100%. In
ogni caso, la decisione se privilegiare la sensibilità o la
specificità dipende da considerazioni quali il costo di test
diagnostici per i falsi positivi, l’importanza di non perdere un
possibile “caso”, la probabilità che la popolazione sia
sottoposta a un nuovo screening in tempi brevi, la prevalenza
della malattia.
TEST SENSIBILE
POCHI FALSI NEGATIVI
TEST SPECIFICO
POCHI FALSI POSITIVI
LA VALIDITà DEL TEST È INFLUENZATA ANCHE DALLO STADIO E
DALLA GRAVITÀ DELLA MALATTIA E DALLA PRESENZA DI ALTRE
CONDIZIONI.
(es. Malattie del collageno
sifilide).
falsa positività test per
5
VALORE PREDITTIVO DI UN TEST DI SCREENING
LA CAPACITÀ DI PREDIRE LA PRESENZA O L’ASSENZA DI
MALATTIA DA PARTE DEI RISULTATI DEL TEST DIPENDE DALLA
PREVALENZA
DELLA
MALATTIA
NELLA
POPOLAZIONE
SAGGIATA, DALLA SENSIBILITÀ E DALLA SPECIFICITÀ DEL TEST
STESSO.
PIÙ ALTA È LA PREVALENZA, PIÙ È PROBABILE CHE UN
RISULTATO POSITIVO AL TEST SIA PREDITTIVO DI MALATTIA.
VALORE PREDITTIVO
DEI RISULTATI POSITIVI
VERI POSITIVI
VERI POSITIVI + FALSI POSITIVI
x 100
VALORE PREDITTIVO
DEI RISULTATI NEGATIVI
VERI NEGATIVI
VERI NEGATIVI + FALSI NEGATIVI
x 100
VALORE PREDITTIVO (%)
100
Relazione
tra
prevalenza
della malattia e
valore predittivo,
con sensibilità e
specificità
mantenute
costanti al 95%
entrambe
80
60
40
20
0
0
20
40
60
80
PREVALENZA DELLA MALATTIA (%)
100
6
Il VALORE PREDITTIVO DI UN TEST indica la capacità di un test di
segnalare come malato un individuo malato e come sano un
individuo sano.
Il valore predittivo positivo è rappresentato dalla proporzione di
malati tra i positivi al test.
Il valore predittivo negativo è rappresentato dalla proporzione di
sani tra i negativi al test
VP/(VP+FP)
# Proporzione dei soggetti
positivi al test che risultano
malati
# Proporzione dei soggetti
negativi
al
test
che
risultano sani
# Probabilità che un
soggetto negativo al test
sia sano
Test
P
VP
FP
N
FN
VN
VN/(FN+VN)
Test
# Probabilità che un
soggetto positivo al test sia
malato
MALATTIA
M S
MALATTIA
M
S
P VP FP
N
FN
VN
7
Esempio:
Malattia con prevalenza del 2%, test con sensibilità del 90% e
specificità del 95% applicato su 1.000 persone.
Avremo (PREVALENZA 2%)  20 malati e 980 sani = 1.000
Applicando i risultati dei test per i malati e per i non malati
avremo:
SENSIBILITÀ:
FALSI NEGATIVI:
(0.90) x (20) = 18
20 – 18 = 2
SPECIFICITÀ:
(0.95) x (980) = 931
FALSI POSITIVI:
980 – 931 = 49
I dati così ottenuti possono essere utilizzati
per costruire una TABELLA 2 X 2:
MALATTIA
NON MALATTIA
TOTALE
POSITIVO
18
49
67
NEGATIVO
2
931
933
TOTALE
20
980
1.000
RISULTATO
DEL TEST
VALORE PREDITTIVO
DEI RISULTATI POSITIVI
18
18 + 49
18
67
VALORE PREDITTIVO
DEI RISULTATI NEGATIVI
931
931 + 2
931
933
27%
99,2%
8
Se consideriamo lo stesso campione (1.000 persone) con un
test di uguale sensibilità e specificità (90% e 95%) ma con una
malattia e prevalenza 1% invece che 2% otteniamo
MALATTIA
NON MALATTIA
TOTALE
POSITIVO
9
49,5
58,5
NEGATIVO
1
940,5
941,5
TOTALE
10
990
1.000
RISULTATO
DEL TEST
VALORE PREDITTIVO
DEI RISULTATI POSITIVI
9
9 + 49,5
9
58,5
14,5%
ABBASSANDOSI LA PREVALENZA, IL VALORE PREDITTIVO DEI
RISULTATI POSITIVI SI ABBASSA.
PERCIÒ ANCHE UN TEST MOLTO VALIDO DÀ RISULTATI POSITIVI
SCARSAMENTE PREDITTIVI SE LA PREVALENZA È BASSA.
9
Esempio numerico
RISULTATO
DEL TEST
PRESENTE
MALATTIA
ASSENTE
POSITIVO
(VP)
215
(FP)
16
NEGATIVO
(FN)
15
(VN)
114 (FN+VN) 129
(VP+FN) 230
(FP+VN) 130
(VP+FP) 231
(VP+FP+FN+VN)
360
SENSIBILITÀ indica la capacità del test di segnalare come
positivo un individuo che lo sia davvero (vero positivo).
SPECIFICITÀ indica la capacità del test di segnalare come
negativo un caso che lo sia davvero (vero negativo)
Sensibilità:
Specificità:
VP/(VP+FN) x100 =
VN/(FP+VN) x100 =
215/230 x100 = 93%
114/130 x100 = 88%
Valore predittivo positivo:
Valore predittivo negativo:
VP/(VP+FP) x100 =
VN/(FN+VN) x100 =
215/231 x100 = 90%
114/129 x100 = 88%
Il VALORE PREDITTIVO DI UN TEST indica la capacità di un test di
segnalare come malato un individuo malato e come sano un
individuo sano.
Il valore predittivo positivo è rappresentato dalla proporzione di
malati tra i positivi al test.
10
Il valore predittivo negativo è rappresentato dalla proporzione di
sani tra i negativi al test
AFFIDABILITÀ DI UN TEST DI SCREENING
UN TEST È AFFIDABILE SE DÀ GLI STESSI RISULTATI QUANDO
VIENE ESEGUITO DALLO STESSO SOGGETTO PER PIÙ VOLTE NELLE
STESSE CONDIZIONI.
I FATTORI CHE CONDIZIONANO LA RIPETIBILITÀ SONO LA
VARIABILITÀ
INERENTE
AL
METODO
E
GLI
ERRORI
DELL’OSSERVATORE
STABILITÀ DEI REAGENTI
FLUTTUAZIONI DELLA
SOSTANZA MISURATA
VARIABILITÀ TRA
OSSERVATORI DIVERSI
VARIABILITÀ DELLO
STESSO OSSERVATORE
11
QUANTITÀ DI MALATTIA NON ANCORA
DIAGNOSTICATA SVELATA DALLO SCREENING
È INFLUENZATA DA DIVERSI FATTORI:
1)
PREVALENZA DI MALATTIA NON ANCORA RICONOSCIUTA
DIPENDE DAL LIVELLO DI CURE MEDICHE DI UN PAESE
(scarsa diagnosi pregressa di malattia  screening
molto utile)
2)
SENSIBILITÀ DEL TEST
DEVE ESSERE ELEVATA PERCHÉ IL TEST SIA UTILE
3)
SCREENING MULTIFASICO
È TALVOLTA CONVENIENTE
APPLICARE
PIÙ TEST DI
SCREENING PER DIVERSE MALATTIE NELLA STESSA VISITA
4)
FREQUENZA DELLO SCREENING
LA FREQUENZA IDEALE VARIA DA MALATTIA A MALATTIA
5)
PARTECIPAZIONE ALLO SCREENING E AL FOLLOW-UP
LA MALATTIA SOTTO STUDIO DEVE ESSERE PERCEPITA
DALLA POPOLAZIONE DA SOTTOPORRE ALLO SCREENING
COME UNA SERIA MINACCIA ALLA SALUTE PERSONALE,
MINACCIA
CHE
PUÒ
ESSERE
ANNULLATA
DALLA
PARTECIPAZIONE AL PROGRAMMA DI SCREENING
È
FONDAMENTALE
CHE
SIA
POSSIBILE
INTRAPRENDERE
UN’AZIONE APPROPRIATA (TERAPIA) IN RISPOSTA AI RISULTATI
DEL TEST DI SCREENING.
12
REQUISITI PER POTER EFFETTUARE UN TEST DI SCREENING
1)
La condizione studiata dovrebbe
importante problema di salute
2)
Ci dovrebbe essere un trattamento accettato per i
pazienti con malattia riconosciuta
3)
Dovrebbero essere disponibili
diagnosi e il trattamento
per
la
4)
Ci dovrebbe essere una fase latente o
sintomatologia iniziale facilmente riconoscibile
di
5)
Ci dovrebbe essere un test adatto
6)
Il test dovrebbe
popolazione
7)
La storia naturale della malattia (incluso lo sviluppo
dalla fase latente a quella conclamata) dovrebbe
essere adeguatamente compresa
8)
È necessario un consenso su chi sia necessario
trattare come paziente
9)
Il costo per un caso identificato (inclusa la diagnosi
e il trattamento) dovrebbe essere bilanciato
economicamente in relazione alla possibile spesa
per la cura medica in complesso
essere
essere
strutture
accettabile
per
un
la
10) La ricerca dei casi dovrebbe essere un processo
continuo e non un progetto fatto “una volta per
13
tutte”.
IDENTIFICAZIONE DEI VALORI “NORMALI”
IL CONCETTO DI NORMALITÀ DESCRIVE UNA CONDIZIONE IN
CUI UN VALORE
NON È CORRELATO
AD UN RISCHIO
AUMENTATO DI MALATTIA DAL PUNTO DI VISTA STATISTICO,
SOLITAMENTE SI UTILIZZA LA DISTRIBUZIONE NORMALE O
“GAUSSIANA”
DEI
“NORMALI”
VALORI
I
DEVIAZIONI
RISULTATI
DEL
TEST,
IDENTIFICATI
STANDARD.
IN
TALE
CONSIDERANDO
DALLA
MEDIA
INTERVALLO

2
RICADE
SOLITAMENTE IL 95% DELLA POPOLAZIONE.
Va inoltre considerato come i VALORI “NORMALI” siano
variabili in funzione del sesso e dell’età, tanto che alcuni
preferiscono usare percentili sesso-età specifici.
Per PERCENTILE o CENTILE si intende il livello di misura al di
sotto del quale cade una determinata percentuale della
distribuzione
La curva di distribuzione normale (o simmetrica o gaussiana) è un modello che si adatta a
fenomeni naturali. Ha aspetto “a campana” ed è simmetrica rispetto alla media
In una gaussiana
Individui
“anormali”
In medicina è comune assumere come LIMITI
DI
NORMALITÀ il 2,5° e il 97.5° percentile della distribuzione
14
dei dati di una popolazione sana. MEDIA +/- 2s
METODOLOGIA EPIDEMIOLOGICA APPLICATA
ALLE MALATTIE INFETTIVE
I primi dati storici riguardanti l’epidemiologia delle
malattie infettive si riferiscono al numero di decessi dovuti
ad epidemie.
Es.: ◄ XIV secolo PESTE IN EUROPA
25 milioni di morti su una popolazione totale
di 100 milioni
◄ 1520
AZTECHI
metà della popolazione deceduta per vaiolo
Lo storico degli aztechi, Jacques Soustelle, scrive che la
vittoria degli spagnoli sugli aztechi fu determinata da
tre fattori:
1.
Il primo fattore fu quello religioso: Montezuma fu
convinto per molto tempo che Cortès fosse un Dio
azteco.
2.
Il secondo fattore fu una terribile epidemia di vaiolo
che colpì gli aztechi.
3.
Il terzo fattore consiste nel fatto che la guerra degli
spagnoli non fu soltanto la loro guerra ma quella di
numerosi popoli e stati coalizzati contro gli aztechi a
cui gli spagnoli fecero da guida
◄ 1918-21
RUSSIA
2.5 milioni di decessi per tifo
◄ 1919
MONDO
20 milioni di morti per influenza
15
LA PESTE NERA IN EUROPA (1348)
La peste ebbe origine in oriente, con ogni probabilità in Cina, e si
diffuse con grande rapidità, raggiungendo nella primavera del
1347 la prima città europea: si trattava di Caffa in Crimea, che a
quel tempo era un centro di commercio dei Genovesi.
Si stima che nel 1348 sia morta una percentuale compresa tra il
trenta e il cinquanta per cento della popolazione.
1347
1348
1349
1350
1351
1352
Frequenza del
contagio
1348-1537 in Italia
ogni 2-3 anni
Napoli, 1400
9 volte
Milano, XVI sec.
18 volte
16
1478,1481,1493,1495\7
ogni 2 anni fino al 1528
ogni 4 anni fino al 1550
LO SCAMBIO DI MICROBI TRA I DUE MONDI:
LA SIFILIDE, IL VAIOLO E LA SINDROME
INFLUENZALE.
sifilide
Vaiolo
influenza
Il confronto con la popolazione spagnola illustra
alcuni aspetti chiave dell’indagine epidemiologica:
- base genetica della resistenza;
- pressione selettiva applicata dagli agenti
patogeni sulle comunità umane;
- la nozione di immunità acquisita.
17
La diminuzione della mortalità globale in Europa e in Nord
America negli ultimi tre secoli, con un incremento dell’attesa di
vita alla nascita da 25-30 anni nel 1700 a circa 70-75 anni nel
1970, è ascrivibile principalmente al DECLINO DELLE MORTI
CAUSATE DA INFEZIONI BATTERICHE E VIRALI.
Le ragioni di tali cambiamenti sono in sintesi:
- migliori standard igienici
- migliori standard di nutrizione
- mutazione genetiche dell’uomo
- mutazioni genetiche dei patogeni
Nonostante il calo della mortalità globale in Europa, la
frequenza e la grandezza delle epidemie é aumentata durante
il 18° e 19° secolo a causa di:
- cambiamenti dei “pattern” sociali
- crescita di grandi centri urbani
L’inversione di questa tendenza osservata nei Paesi sviluppati
nell’ultimo secolo é legata ALLO SVILUPPO E ALLA DIFFUSIONE
DELLE VACCINAZIONI.
I principali successi delle vaccinazioni di massa consistono
nell’eradicazione del vaiolo e nella notevole diminuzione
dell’incidenza di difterite e poliomielite paralitica in Europa.
18
POLIOMIELITE
Morbosità per poliomielite in Europa dal 1938 al 1953
19
Da Donle Weltseuchenatlas
POLIOMIELITE
MODALITÀ DI TRASMISSIONE
 Serbatoio di infezione: uomo
 Sorgente di infezione: malato e portatore
 Veicoli: reflui urbani, acqua ed alimenti
 Modalita' di trasmissione: prevalentemente oro-fecale
 Soggetti a rischio: non vaccinati
Salk
Sabin
20
FATTORI SPECIFICI
MALATTIE
Eventi sociali : crescita demografica
Introduzione dell’HIV;
e migrazioni (movimenti da zone
diffusione dell’HIV e di altre
rurali alle città); guerre o conflitti civili;
infezioni a trasmissione
abitudini sessuali; tossicodipendenza
sessuale;
L’HIV
ha,
al
momento
attuale,
un
notevole
impatto
epidemiologico ed emotivo, con milioni di infetti e centinaia di
migliaia di morti.
L’attenzione rivolta all’infezione da HIV fa spesso dimenticare
molte infezioni batteriche e virali, come morbillo e pertosse,
che rappresentano le principali cause di morte nei Paesi in via
di sviluppo.
Queste patologie, insieme ad altre quali malaria e dissenteria
di origine batterica o virale, svolgono un ruolo fondamentale
sulla mortalità umana età-specifica del mondo.
21
MICRORGANISMI
• SAPROFITI
HABITAT
Ambiente naturale (sostanze
organichein decomposizione, acque,
suolo)
• COMMENSALI
Organismi viventi ai quali non
provocano danno; vivono sui
tegumenti (pelle; mucose; apparato
respiratorio, digerente,
genito urinario; congiuntive; ecc.)
• PARASSITI
Organismi viventi a cui provocano
danno
• PATOGENI
OPPORTUNISTI
Ambiente
naturale;
organismi
viventi Pseudomonas aeruginosa;
Escherichia coli; Staphylococcus
epidermidis; Candida
I PATOGENI OPPORTUNISTI possono essere responsabili di processi
infettivi quando vengono meno le normali barriere difensive che
impediscono loro di penetrare nell’ospite in condizioni ordinarie
(ipoalimentazione,
immunodeficienza,
grave
patologia
debilitante).
Le infezioni da microrganismi patogeni opportunisti costituiscono
oggi un grave problema soprattutto in ambiente ospedaliero per
una serie di fattori:
• impiego di trattamenti immunosoppressori
• impiego di cateteri che raggiungono cavità normalmente
sterili (cuore, vescica, trachea, ecc…)
22
• reparti per ustionati, politraumatizzati, immaturi.
MICROFLORA ABITUALMENTE RESIDENTE NELL’UOMO
Costituiscono la microflora residente i microrganismi
costantemente presenti in un dato distretto corporeo ad una
data età dell’individuo.
OCCHIO
Sulla
congiuntiva
Neisseria
spp.,
si
trovano
bacilli
Streptococcus
Gram-negativi.
epidermidis,
La
microflora
congiuntivale risulta tuttavia limitata dal flusso delle lacrime
che contengono lisozima.
APPARATO URINARIO
Bacillus,
coliformi,
Proteus,
stafilococchi,
streptococchi,
difteroidi
APPARATO RESPIRATORIO
Alla nascita naso, faringe laringe, trachea e bronchi sono sterili,
ma già dopo 24 ore risultano colonizzati da streptococchi e altri
batteri. Nell’adulto le mucose del nasofaringe rappresentano
un ambiente adatto allo sviluppo di molte specie microbiche
aerobie ed anaerobie
APPARATO DIGERENTE
23
Esiste una microflora residente in ogni tratto di questo apparato
BARRIERE DELL’OSPITE
L’ospite oppone tutta una serie di difese fin dal primo contatto
con il parassita.
DIFESE ASPECIFICHE
FATTORI GENERALI
Igiene personale; età; razza; fattori etnici (comportamentali);
stato nutrizionale; condizioni fisio-patologiche.
BARRIERE FISICHE
Cute e mucose
BARRIERE CHIMICHE
Secrezioni e sostanze antibatteriche:
lacrime; saliva; urine; lisozima; acidi grassi; sistema del
complemento; interferoni; bacteriocine prodotte dai batteri
commensali presenti in molte mucose in grado di inibire lo
sviluppo di batteri patogeni.
DIFESE BIOLOGICHE
Microflora
indigena;
fagocitosi;
opsonizzazione;
infiammazione; cellule natural killer (NK) sottopopolazione
dei linfociti in grado di uccidere direttamente le cellule
bersaglio
DIFESE SPECIFICHE
1. Immunità umorale dovuta a linfociti B
2. Immunità cellulo-mediata dovuta ai linfociti T
24
LE “ARMI” DEI MICRORGANISMI
•
•
•
•
Rapido tempo di
riproduzione
Scambio genico /
Mutazione dell’assetto
antigenico
Imitazione molecolare
(“molecular mimicy”)
Infezione latente /
Integrazione nel genoma
dell’ospite
LE “ARMI” DELL’UOMO
• Resistenza di specie
• Difese aspecifiche
(es. fagocitosi)
• Sistema immunitario
• Cervello
25
STORIA NATURALE DI UNA MALATTIA
Il ciclo-tipo di una malattia può essere suddiviso in diverse fasi,
alcune delle quali possono sovrapporsi:
1.
ESPOSIZIONE: è l'evento iniziale che dà origine all’infezione;
2.
PERIODO DI INCUBAZIONE: tempo che intercorre tra
l'esposizione e la comparsa di sintomi clinici. Per le malattie
non trasmissibili esso è detto periodo di latenza. Questo
periodo varia ampiamente in rapporto al tipo di agente,
all'ospite ed a numerosi altri fattori;
3.
PERIODO PRODROMICO: periodo di transizione tra lo stato di
salute e quello di malattia, caratterizzato dai primi sintomi
(spesso non specifici della malattia);
4.
MALATTIA CLINICA: in questo periodo i sintomi della malattia
raggiungono la loro massima evidenza; se la malattia è
grave, può provocare la morte dell'ammalato;
5.
REGRESSIONE: periodo in cui i sintomi si fanno meno intensi;
spesso la regressione è dovuta alla reazione dell'ospite (es.
produzione di anticorpi). Tuttavia, è possibile che l'ospite
non riesca a guarire completamente, e quindi la malattia
entra in una fase detta di «cronicizzazione», cioè acquisisce
i caratteri della «malattia cronica»;
6.
CONVALESCENZA E GUARIGIONE: in questa fase si ha il
ristabilimento completo delle funzioni dell'organismo, che
ritorna in stato di salute. Notare che alcune malattie
provocano lesioni permanenti e quindi inibiscono una
guarigione perfetta;
7.
STATO DI PORTATORE: in questa fase, che in molti casi NON si
verifica, nell’individuo alberga l'agente (ed è capace di
trasmetterlo ad individui recettivi), senza manifestare alcun
segno di malattia. Il «portatore» è in stato di infezione
26
subclinica o di infezione latente.
Tutte le persone infette, incluse quelle con solo colonizzazione,
sono potenziali fonti di infezione per altri.
Un PORTATORE é una persona infetta che non ha malattia
conclamata ma che é, ciononostante, una potenziale fonte di
infezione per altri.
Il termine PORTATORE include persone la cui infezione rimane
inapparente (ASINTOMATICO) per tutta la sua durata, come
soggetti per i quali lo stato di portatore precede o segue la
malattia
conclamata
(PORTATORE
IN
INCUBAZIONE
E
CONVALESCENTE).
TIPO DI PORTATORE
ESEMPI
INAPPARENTE
Virus polio, meningococco, virus
epatici
IN INCUBAZIONE
Virus della varicella, morbillo e
virus epatici
CONVALESCENTE
C. diphteriae, virus dell’epatite B,
salmonelle
CRONICO
Un
soggetto
S. typhi, virus dell’epatite B
con
infezione
inapparente
non
é
necessariamente un portatore (Es. la maggior parte dei
tubercolino-positivi
tubercolari).
non
dissemina
attivamente
27
bacilli
In senso lato, si possono riconoscere diversi tipi di portatore, in
rapporto all’evento “malattia”:
1.
PORTATORE ASINTOMATICO o INAPPARENTE: soggetto che si
infetta ed elimina l’agente patogeno senza sviluppare la
malattia;
2.
PORTATORE IN INCUBAZIONE: soggetto che si trova nel
periodo di incubazione di una malattia e che può diffondere
l’agente patogeno anche prima del manifestarsi della
malattia stessa;
3.
PORTATORE CONVALESCENTE: soggetto che ha superato la
malattia e che si trova nel periodo di convalescenza e
continua ad eliminare l’agente patogeno dopo la
guarigione clinica per un tempo variabile in rapporto al tipo
di agente ed all’ospite;
4.
PORTATORE CRONICO: soggetto che continua ad eliminare
l’agente patogeno dopo la guarigione clinica per periodi
molto lunghi o per tutta la vita.
28
L’UOMO COME SERBATOIO: CASI E PORTATORI
Quando un agente penetra e si stabilisce in un ospite, si
possono verificare una serie di evenienze.
Ad un livello minimo, l’agente può essere presente sulla
superficie del corpo e propagarsi ad un tasso sufficiente a
mantenere la sua numerosità senza produrre alcuna reazione
nell’ospite.
Tale fenomeno viene definito COLONIZZAZIONE
(Es. Stafilococco aureo nella mucosa nasale).
Al livello successivo si ha INFEZIONE INAPPARENTE (INFEZIONE
SUBCLINICA). In questo caso l’organismo non solo si
moltiplica nell’ospite, ma causa anche una reazione
misurabile che, comunque, non é rinvenibile clinicamente.
Quando l’infezione porta a una malattia clinica (apparente)
con sintomi, segni fisici o entrambi, si parla di MALATTIA
INFETTIVA.
OSPITE PARASSITA
COLONIZZAZIONE
MALATTIA INFETTIVA
INFEZIONE INAPPARENTE
29
SERBATOI
I serbatoi possono essere definiti come gli organismi viventi o la
materia inanimata (Es. il suolo) in cui un agente infettivo
normalmente vive e si moltiplica, in cui ha il suo habitat naturale
e da cui può essere trasmesso ad ospiti recettivi.
Perciò i serbatoi di infezione possono consistere in esseri umani,
animali e sorgenti ambientali.
Il serbatoio è componente essenziale del ciclo per mezzo del
quale un agente infettivo si mantiene e si perpetua.
- Nel ciclo più semplice, il serbatoio è umano e si può
schematizzare come segue:
UOMO  UOMO  UOMO
(Es. Malattie respiratorie batteriche
stafilococciche e streptococciche, ecc.)
e
virali,
infezioni
- Altre malattie sono acquisite da diverse specie animali (Es. TBC
bovina dalle mucche, brucellosi da mucche e capre, ecc.).
Tali malattie sono conosciute come ZOONOSI = infezioni
trasmissibili, in condizioni naturali, da animali vertebrati all’uomo.
In tali patologie l’uomo non è elemento essenziale (serbatoio
usuale) del ciclo vitale dell’agente. Perciò:
ANIMALE  ANIMALE
ANIMALE
UOMO
- Alcune infezioni, poi, sono caratterizzate da cicli più complessi
come serbatoi multipli, diversi stadi di sviluppo dell’agente. 30
(Es. Infestazioni da vermi, schistosomiasi, malaria, ecc.)
COMPONENTI DEL PROCESSO INFETTIVO
AGENTE INFETTANTE
Molti organismi viventi possono provocare malattie nell’uomo,
dai virus più piccoli a complessi organismi multicellulari.
Molte caratteristiche degli agenti infettanti sono INTRINSECHE
ALL’AGENTE STESSO, non dipendendo dall’interazione con un
ospite.
Tra di esse vi sono:
- MORFOLOGIA
- DIMENSIONI
- CARATTERISTICHE CHIMICHE
- ANTIGENI
- ESIGENZE NUTRITIVE
- CAPACITA’ DI SOPRAVVIVERE IN VARI VEICOLI
- ESIGENZE DI TEMPERATURA E UMIDITA’
- SPETTRI DI OSPITI
- CAPACITA’ DI PRODURRE TOSSINE
- CAPACITA’ DI ACQUISIRE RESISTENZA AGLI ANTIBIOTICI
- CAPACITA’ DI ACQUISIRE INFORMAZIONI GENETICHE
(plasmidi).
31
PATOGENICITA’
Capacità propria di un microrganismo parassita di causare un
danno all’ospite; si misura attraverso la VIRULENZA che viene
definita grazie ad alcuni parametri:
• CARICA MICROBICA INFETTANTE: numero minimo di
microrganismi necessario per dare inizio all’infezione;
• VELOCITÀ DI RIPRODUZIONE
• INVASIVITÀ capacità di moltiplicarsi in vivo (alcuni m.o.
invadono tutto l’organismo come il virus del morbillo e della
rosolia, altri invadono organi bersaglio come il virus dell’epatite;
i m.o. non invasivi possono restare localizzati nel sito di impianto
come i cocchi piogeni)
• TOSSINOGENICITÀ capacità di elaborare tossine (alcuni
microrganismi non invasivi possono provocare danni a distanza
dal sito di penetrazione producendo esotossine con specifiche
azioni lesive)
Sia i microrganismi patogeni invasivi che quelli non invasivi
possono produrre o liberare per disfacimento diverse altre
sostanze (metaboliti tossici, esoenzimi, endotossine) responsabili
di lesioni a livello locale e generale.
INFETTIVITA’
Capacità di un microrganismo patogeno
attecchire e moltiplicarsi all’interno dell’ospite.
di
penetrare,
CONTAGIOSITA’
Capacità di un microrganismo patogeno di passare da un
32
soggetto recettivo ad un altro a seguito della sua eliminazione
all’esterno dell’ospite nel corso del processo infettivo.
La comprensione delle caratteristiche intrinseche può essere
fondamentale per comprendere l’epidemiologia e le
modalità di trasmissione di un agente. Diversi ceppi
dell’agente correlati ad esempio ad epidemie o alla
diffusione in certe aree geografiche possono differire in
alcune caratteristiche intrinseche.
Molte proprietà attribuite agli agenti infettivi in realtà
dipendono dall’ INTERAZIONE TRA L’AGENTE E L’OSPITE.
Le più importanti sono INFETTIVITA’, PATOGENICITA’, VIRULENZA
E IMMUNOGENICITA’.
Condizioni ambientali, dose e via di infezione possono mutare
tali proprietà dell’agente infettante.
Lo stesso patogeno ottenuto da fonti diverse può differire in
queste quattro proprietà.
L’ETA’, LA RAZZA, LO STATO NUTRIZIONALE possono
notevolmente condizionare la capacità di infettare, di
provocare una malattia modesta o grave, o di immunizzare
un ospite o una popolazione di ospiti.
L’INFETTIVITA’ è definita come la capacità di un agente di
invadere e moltiplicarsi in un ospite.
Dal punto di vista sperimentale, l’infettività è considerabile
come il numero minimo di agenti necessario a provocare
l’infezione nel 50% di un gruppo di ospiti della stessa specie
(ID50). Tale numero varia in funzione dell’agente, via di
somministrazione, sorgente, età e razza dell’ospite.
Es.: INFEZIONE AD ELEVATA INFETTIVITA’  MORBILLO
INFEZIONE A BASSA INFETTIVITA’  LEBBRA
33
L’infezione sperimentale non è applicabile per motivi etici.
Per valutare l’infettività ci si avvale di studi sulla velocità con
cui un agente si diffonde in una popolazione, la proporzione di
contatti stretti che divengono infetti (TASSO DI ATTACCO
SECONDARIO) e studi sieroepidemiologici dopo le epidemie
per determinare la proporzione di persone recentemente
infettate.
La PATOGENICITA’ è definita come la capacità di produrre una
malattia clinicamente manifesta.
Se esistono metodiche di laboratorio sensibili e specifiche, si
può determinare la proporzione di infezioni che da’ luogo a
malattia.
La patogenicità è influenzata da fattori ambientali e propri
dell’ospite, dalla dose, via d’entrata e sorgente di infezione.
La VIRULENZA è definita come la proporzione di casi clinici
che danno luogo a manifestazioni cliniche gravi (comprese le
sequele).
Uno dei modi per misurare la virulenza è la letalità. Anche la
virulenza è influenzata dalla dose, via di infezione, età e razza
(Es: il bacillo della peste è più virulento se inalato che se
iniettato ad un’estremità).
34
L’IMMUNOGENICITA’ può essere definita come la capacità
dell’infezione di determinare immunità specifica.
Tale immunità può essere primariamente umorale o cellulare,
o un insieme delle due.
L’immunogenicità è influenzata da fattori come l’età, lo stato
nutrizionale, la dose e la virulenza dell’infezione.
Alcuni agenti non invasivi possono determinare produzione di
soli anticorpi locali.
Ogni agente ha inoltre una diversa capacità intrinseca di dare
immunità durevole (Es. il virus del morbillo da immunità per
tutta la vita, mentre il gonococco non ha tale capacità, così
che si possono avere più attacchi di gonorrea).
MECCANISMI PATOGENICI
Gli effetti patogenetici prodotti dagli agenti infettivi possono
essere il risultato di una serie di meccanismi:
1) INVASIONE TISSUTALE DIRETTA
2) PRODUZIONE DI UNA TOSSINA
3) POTENZIAMENTO IMMUNOLOGICO O REAZIONE
ALLERGICA CHE DETERMINA DANNO NELL’OSPITE
4) INFEZIONE PERSISTENTE O LATENTE
5) POTENZIAMENTO DELLA SUSCETTIBILITA’ DELL’OSPITE
A
FARMACI ALTRIMENTI DI MINIMA TOSSICITA’
6) IMMUNOSOPPRESSIONE
35
MECCANISMI DI TRASMISSIONE DELLE INFEZIONI
La trasmissione di un’infezione implica l’uscita dell’agente da
una sorgente o serbatoio, il suo trasporto ad un ospite
suscettibile e l’entrata in quell’ospite.
La trasmissione può essere diretta o indiretta.
1) TRASMISSIONE DIRETTA
immediato trasferimento di un agente infettivo da un ospite
infetto o serbatoio ad una appropriata porta di entrata (es.
trasmissione sessuale, attraverso goccioline (“droplets”),
per contatto con il suolo).
2) TRASMISSIONE INDIRETTA
Trasmissione indiretta
VEICOLI
VETTORI
ARIA
POLVERE DROPLET
NUCLEI
36
TRASMISSIONE INDIRETTA:
1) Attraverso veicoli: contatto con oggetti inanimati
contaminati (lenzuola, giocattoli, ferri chirurgici) o con cibo,
acqua e fluidi iniettabili.
2) Attraverso vettori: l’agente infettivo è veicolato all’ospite da
un artropode
Vettore “PASSIVO”
Trasporto meccanico dell’agente
senza sua moltiplicazione
Vettore “ATTIVO”
L’agente si moltiplica nell’artropode
prima di essere trasmesso
( INCUBAZIONE ESTRINSECA)
3) Attraverso l’aria
POLVERI
(risospensione
di
particelle
depositate su suolo o lenzuola,
particelle sollevate dal suolo da
parte del vento)
DROPLET NUCLEI
(piccole particelle costituite da
residui di goccioline disseccati)
Possono rimanere sospesi a lungo in
aria ed essere inalati e trasportati
negli alveoli ( 1-2 µm)
37
INFEZIONI INAPPARENTI E CONTROLLO DELLE MALATTIE
Molte infezioni inapparenti possono essere trasmesse e
possono causare malattie in altri soggetti.
E’ perciò insufficiente indirizzare procedure di controllo ai soli
casi apparenti.
Per tale motivo l’attenzione, più che alle procedure di
isolamento (ancora valide per alcune malattie), é oggi
indirizzata soprattutto alla diffusione dei microrganismi in una
comunità (es. identificazione e trattamento dei portatori
asintomatici di N. gonorrheae).
INFEZIONI INAPPARENTI E STATISTICHE DI MALATTIA
INFEZIONE
INAPPARENTI
MALATTIA
MITI
CLASSE A
MODERATE
GRAVI
MORTALI
Casi probabilmente visti da un medico:
possono essere registrati
Casi probabilmente ospedalizzati
e registrati
E’ evidente che solo la frazione di infezioni che provoca una
malattia evidente verrà all’osservazione medica, e solo le
forme più gravi saranno registrate in ospedale.
Perciò ci sarà una sottostima del numero di infezioni e una
sovrastima della gravità della malattia.
E’ pertanto importante, quando il rapporto tra infezioni e casi
di malattia é elevato, conoscere il criterio usato per la
diagnosi (molte più infezioni saranno registrate se si utilizzano
38
dati di laboratorio oltre al criterio clinico).
ASPETTI DELLA DIFFUSIONE DELLE INFEZIONI DA PERSONA
TEMPO DI GENERAZIONE (“Generation time”)
Quando la diffusione é interpersonale, l’intervallo tra i casi é
determinato dal tempo di generazione = periodo intercorrente
tra l’entrata nell’ospite dell’agente infettivo e il momento di
massima comunicabilità dello stesso.
Periodo di incubazione (= intervallo tra l’entrata dell’agente
infettivo e comparsa dei sintomi) e tempo di generazione
possono non essere coincidenti.
INCUBAZIONE SINTOMI
LATENTE
INFETTIVO
TEMPO DI GENERAZIONE
GIORNI
Inoltre, mentre il periodo di incubazione può riferirsi solo a
infezioni che causano malattia, il tempo di generazione si
riferisce alla trasmissione dell’infezione, sia apparente che
inapparente.
Il concetto di tempo di generazione é essenziale negli studi
39
sulla dinamica della trasmissione delle infezioni.
IMMUNITA’ DI GREGGE
L’immunità di gregge é stata definita da Fox (1970) come la
resistenza di un gruppo all’invasione e alla diffusione di un
agente infettivo basata sull’immunità di un’elevata proporzione
di membri del gruppo.
PRIMA DELL’EPIDEMIA
DOPO L’EPIDEMIA
Mr. Jones
Mr. Jones
X
GRUPPO A
TUTTI SUSCETTIBILI
Y
Y
Mr. Jones
X
Y
X
Mr. Jones
GRUPPO B
X = IMMUNE
X
Y
Gruppo A: il caso di Mr. Jones ha provocato altri 8 casi di
malattia
Gruppo B: il caso di Mr. Jones ha provocato solo altri 4 casi di
malattia
L’immunità di gregge é un importante fattore nella dinamica
delle malattie diffusive a carattere epidemico e per spiegare la
periodicità di malattie quali varicella e morbillo.
Durante un’epidemia un certo numero di suscettibili si ammala,
con conseguente moltiplicazione delle sorgenti di infezione.
Quando i malati sviluppano immunità, la proporzione di non
suscettibili nella popolazione aumenta, e la probabilità
40 di
contatto tra infetti e suscettibili diminuisce (esaurimento
dell’epidemia).
Con la nascita di nuovi bambini o l’immigrazione di non immuni
all’infezione, il numero di suscettibili gradualmente aumenta
abbastanza da sostenere una nuova ondata epidemica.
Il picco nel numero dei suscettibili precede sempre il picco del
numero dei casi.
Un’altra importante conseguenza dell’immunità di gregge é
che, in generale, non é necessario raggiungere il 100% di
immunità in una nuova popolazione per interrompere
un’epidemia o controllare una malattia.
La densità della popolazione é fondamentale nel determinare
la percentuale di soggetti immuni necessaria ad impedire la
circolazione dell’agente infettivo.
Epidemie possono essere la conseguenza dell’introduzione di
un agente infettivo in una popolazione “vergine”, o
dell’introduzione di grandi numeri di suscettibili in comunità
chiuse (Es. episodi epidemici di meningite e infezioni da
adenovirus in comunità militari).
41
TASSI DI ATTACCO SECONDARI (Secondary attack rates)
Per le malattie che si diffondono attraverso il contagio, sono
importanti i concetti di famiglia, casa o altre comunità chiuse
(Es. caserme) come unità epidemiologiche entro cui l’infezione
tende a disseminarsi.
Il caso che porta una famiglia o un altro gruppo all’attenzione
del medico di Sanità Pubblica é chiamato CASO INDICE.
La diffusione della malattia entro un gruppo é misurata
attraverso il TASSO D’ATTACCO SECONDARIO, definito come il
numero di casi di malattia che si sviluppano durante un
determinato periodo di tempo tra i membri a rischio di un
gruppo chiuso.
N° nuovi casi nel gruppo - caso iniziale
TASSO D’ATTACCO =
SECONDARIO
N° di persone suscettibili nel gruppo - caso
iniziale
Il caso indice va tolto sia dal numeratore che dal
denominatore e così pure i casi co-primari, cioè quei casi così
strettamente correlati nel tempo al caso indice da essere
considerati appartenenti alla stessa generazione di casi.
I tassi di attacco secondari consentono di calcolare il rischio
relativo in una comunità chiusa rispetto alla popolazione
generale per una determinata infezione, e permettono di
comprendere che tipo di membro familiare più facilmente
introduce l’infezione nell’ambito della casa (Es. meningite da
H. influenzae).
42
TIPI DI EPIDEMIE: DA SORGENTE COMUNE O PROPAGATE
Due principali tipi di epidemie possono essere distinti:
1) da sorgente comune
2) propagate o progressive
In generale, i due tipi possono essere distinti facendo il grafico
della distribuzione dei casi in funzione del tempo di comparsa
(CAUSA EPIDEMICA).
LE EPIDEMIE DA SORGENTE COMUNE
Sono causate dalla esposizione di un gruppo di persone ad un
fattore patogeno comune.
Quando l’esposizione é breve ed essenzialmente simultanea
(EPIDEMIA A PUNTO O A SORGENTE PUNTIFORME) i casi risultanti
si sviluppano tutti nell’arco di un periodo di incubazione.
La curva epidemica segue una distribuzione log-normale,
cioè, se la proporzione cumulativa di casi é disegnata in base
al logaritmo del tempo di comparsa, si ottiene una linea retta.
Il TEMPO MEDIANO DI INCUBAZIONE può essere determinato
facilmente considerando il momento nel quale si sono
verificati nel grafico il 50% dei casi. Tale tempo può aiutare ad
identificare l’agente eziologico, dal momento che ciascuno
ha un caratteristico periodo di incubazione.
Se la sorgente dell’epidemia (cibo, acqua, aria) rimane
contaminata, la situazione é più complessa: ci sarà un picco
di casi meno distinto e l’epidemia avrà più lunga durata.
Epidemie a sorgente puntiforme possono anche derivare da
esposizione comune ad agenti non infettivi, come sostanze
43
chimiche ed aria inquinata (Es. grande nebbia di Londra,
Dicembre 1952).
EPIDEMIE PROPAGATE O PROGRESSIVE
Le epidemie propagate o progressive risultano dalla
trasmissione, diretta o indiretta, di un agente infettivo da un
ospite suscettibile ad un altro.
Ciò può avvenire attraverso contatto diretto da persona a
persona o può coinvolgere cicli più complessi in cui l’agente
deve passare attraverso un vettore per essere trasmesso da un
soggetto all’altro (Es. febbre gialla e malaria).
Le epidemie propagate si estendono per la durata di alcuni
periodi di incubazione.
L’andamento in crescita del numero dei casi alla comparsa di
un’epidemia propagata riflette l’aumento progressivo della
probabilità di venire a contatto con uno o più soggetti infetti
che, per un certo tempo, sovrasta il declino del numero di
suscettibili. Successivamente, il numero dei suscettibili cade al
di sotto di un livello critico e il numero di casi diminuisce.
44
I due tipi di epidemie, a sorgente comune e propagate,
mostrano diverse curve temporali.
Rapida salita e caduta
nel volgere di un
periodo
di
incubazione
Continuo sviluppo di nuovi
casi oltre il periodo di
incubazione
(talvolta “generazioni” di
casi)
Dalla sola curva epidemica é tuttavia difficile identificare la
natura di un’epidemia.
La tipica curva da sorgente puntiforme può essere influenzata
dallo
sviluppo
di
casi
secondari,
dalla
continua
contaminazione della sorgente, o da un periodo di
incubazione lungo e variabile.
Al contrario, la propagazione di una malattia come l’influenza,
che ha un breve periodo di incubazione ed é altamente
infettiva, può creare un rapido innalzamento e una rapida
caduta della curva epidemica, simile a quella di una
epidemia a sorgente puntiforme.
Comunque, la distribuzione geografica può aiutare a
differenziare i due tipi di epidemie: le epidemie propagate
tendono a mostrare una diffusione geografica con le
successive generazioni di casi.
45
La catena di eventi in un’epidemia a sorgente comune é
semplice: a seguito dell’esposizione a una sorgente comune,
una proporzione degli esposti sviluppa malattia.
I tempi di comparsa dei casi variano nell’ambito del range di
incubazione della patologia.
Le forze che determinano l’estensione e il corso di una
epidemia propagata sono più complesse.
Il tasso di trasmissione dell’infezione da una persona all’altra
dipende da una serie di fattori, specialmente la proporzione di
suscettibili ed immuni nella popolazione.
I vari tentativi di creare modelli matematici per spiegare il
corso delle epidemie propagate rappresentano lo sforzo per
comprendere
in
termini
sistematici
fenomeni
biologici
complessi come la diffusione delle infezioni.
46
MISURE DI PREVENZIONE SPECIFICHE DI MASSA E LIVELLO
DI CONTROLLO DELLE MALATTIE NELLA COMUNITA’
Il livello di controllo comunitario che può essere raggiunto per
una qualsiasi malattia dipende principalmente da:
1. l’efficacia intrinseca della misura preventiva adottata;
2. il
livello
della
sua
applicazione
all’interno
della
comunità o del gruppo posto come obiettivo;
3. la fase della storia naturale di predisposizione alla
malattia in cui viene applicato il provvedimento.
L’esempio più classico di provvedimento di prevenzione
specifico è dato dall’immunizzazione.
Alcuni
agenti
immunizzanti
sono
intrinsecamente
e
biologicamente superiori ad altri nel grado e nella durata della
protezione che conferiscono ad una popolazione.
Associando l’immunità acquisita in modo naturale a quella
ottenuta artificialmente con le vaccinazioni, il livello di
protezione della comunità potrebbe superare la somma di tutti
gli individui che posseggono qualche protezione specifica
contro la malattia.
47
In
altre
parole,
per
determinate
infezioni,
quando
la
percentuale degli immuni di una popolazione supera un
determinato livello, il microrganismo potrebbe non essere in
grado di circolare e di sopravvivere autonomamente e
cesserebbe perciò di essere in quella regione un problema di
sanità pubblica. Tale fenomeno é conosciuto come IMMUNITA’
DI MASSA O DI GREGGE (“HERD IMMUNITY”).
Importante é anche lo studio dell’età alla quale un intervento di
immunizzazione di massa ha la più elevata probabilità di
successo.
Nel caso delle malattie infettive, l’obiettivo dell’Igiene Pubblica
é di eradicare possibilmente il microrganismo prima a livello
locale e successivamente a livello globale.
Con l’eradicazione si cerca di eliminare la causa della
malattia, affinché essa non si ripresenti.
La speranza di realizzare questo obiettivo é possibile per le
malattie
in
cui
l’ospite
umano
é
la
sola
riserva
del
microrganismo.
L’eradicazione incompleta viene a volte detta eliminazione di
una malattia, una condizione nella quale la comparsa di nuovi
casi é resa rara da misure di prevenzione e di controllo a volte
48
favorite da mutamenti ecologici.
LA SORVEGLIANZA EPIDEMIOLOGICA
La SORVEGLIANZA DELLE MALATTIE INFETTIVE é definita come la
regolare raccolta, riassunto e analisi dei dati sui nuovi casi
diagnosticati di malattie infettive allo scopo di identificare i
gruppi ad elevato rischio nella popolazione, comprendere le
modalità di trasmissione della malattia e ridurre o eliminare tale
trasmissione.
Ogni caso dovrebbe essere riportato prontamente.
Le informazioni sul malato dovrebbero includere la diagnosi, la
data di comparsa dei sintomi e dati demografici quali nome,
età, sesso, indirizzo, numero di telefono, fonte della denuncia
(medico di famiglia, medico scolastico, ospedale, ecc.).
L’analisi regolare dei dati di malattia può consentire di
riconoscere tendenze stagionali e, a lungo termine, aree
geografiche di maggiore o minore diffusione, gruppi a rischio
caratterizzati dall’età, sesso, razza, “background” religioso o
socioeconomico, malattie occupazionali.
Esistono due categorie di sorveglianza: passiva e attiva.
La SORVEGLIANZA PASSIVA si riflette a dati ottenuti senza
sollecitazione, intervento o contatto da parte dell’istituzione
sanitaria che opera la sorveglianza.
Per legge devono essere denunciate una lista di malattie
infettive. Per la maggior parte delle malattie la diagnosi
49
laboratoristica é incoraggiata ma non espressamente richiesta.
I dati di sorveglianza passiva forniscono le informazioni di base
necessarie allo studio delle malattie infettive in una data area,
e permettono di riconoscere i problemi che necessitano di
ulteriori indagini.
La SORVEGLIANZA ATTIVA é la raccolta di dati (solitamente su
una specifica malattia) per un tempo relativamente limitato,
ottenuta mediante regolari indagini da parte del personale
dell’istituzione sanitaria.
Personale medico si reca regolarmente (Es. 2 volte alla
settimana,
settimanalmente,
mensilmente)
a
raccogliere
informazioni sulla presenza o assenza di nuovi casi di una
particolare malattia e a registrare dati demografici, date di
comparsa ed altre informazioni rilevanti per quella malattia,
come l’effettuazione di viaggi, le abitudini personali, il
consumo di cibi, ecc.
Anche le informazioni negative (assenza di malattie o di
determinati fattori) vengono riportate.
Questa modalità di raccolta dei dati può essere utilizzata
quando si scopre una nuova patologia, o si vuole indagare su
una nuova modalità di trasmissione; quando si identificano
stagioni o anni ad alto rischio; quando una malattia compare
in una nuova area geografica o in un nuovo sottogruppo di
popolazione;
quando
una
malattia
precedentemente
eradicata, o particolarmente grave, o con una incidenza
pregressa molto bassa improvvisamente ricompare ad un
elevato livello di incidenza.
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Presentazione di PowerPoint