Provincia di Bergamo
Assessorato Urbanistica e Agricoltura
ALLA SCOPERTA DELLE
PIANTE OFFICINALI
2-3 <
Coordinamento editoriale:
Giuseppe Epinati - Dirigente del Settore Urbanistica e Agricoltura
Coordinamento
Coordinamentotecnico:
editoriale:
Giuliano
Oldrati
Giuseppe
Epinati - Dirigente del Settore Urbanistica e Agricoltura
Autori
testi:
Coordinamento
tecnico:
Giovanni
Giuliano Albrici
Oldrati- Asl Bergamo
Andrea Besana - Provincia di Bergamo
Antonio
Vitali - Asl Bergamo
Autore testi:
Stefania Savardi
Realizzato in collaborazione con:
Asl
Dipartimento Prevenzione
Veterinario
Un Bergamo
particolare- ringraziamento
ai tecnici del Settore
Urbanistica e Agricoltura:
Federica Crespi, Carla Ravasio, Diego Compagnoni, Angela Bosio
Un particolare ringraziamento ai tecnici del Settore Urbanistica e Agricoltura:
Federica
Crespi, Giuseppe Benaglio, Giulio Campana, Graziano Cancelli
Foto:
Stefania Savardi, Giorgio Lottici
Progetto grafico:
Si ringrazia l’Azienda
Agricola
In Collina di Esmate di Solto Collina (BG).
Giovanzana
F.lli - Cisano
Bergamasco
Progetto grafico e Stampa:
Stampa:
StamperiaEditrice
EditriceCommerciale
Commerciales.r.l.
s.r.l.--Bergamo
Bergamo
Stamperia
Stampato: Dicembre 2010
Stampato: Dicembre 2010
Realizzatocon
conililcontributo
contributodel:
del:
Realizzato
Premessa
Nell’ambito delle iniziative di conoscenza e valorizzazione del comparto agricolo
provinciale che il Settore Agricoltura sta portando avanti da diversi anni, grazie anche
ai finanziamenti del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013, si inserisce la realizzazione del presente opuscolo tecnico-divulgativo “Alla scoperta delle piante officinali”,
con l’intento di fornire utili informazioni circa le caratteristiche della produzione delle
erbe officinali spontanee e/o coltivate del territorio bergamasco.
Le piante officinali possono diventare un’integrazione di reddito. Il motivo principale che può spingere un agricoltore a coltivare erbe officinali è la possibilità di sfruttare
anche terreni marginali di estensioni limitate, precedentemente incolti, con colture ad
alto reddito che sfociano in un mercato di nicchia, quello dell’alimentazione salutistica, sempre più in espansione.
Offrire agli agricoltori uno strumento di crescita colturale e professionale è per noi
molto importante.
Auspichiamo che si possa vedere in futuro l’incremento di superficie coltivata con
queste essenze, con il coinvolgimento in particolare di giovani generazioni.
Enrico Piccinelli
Assessore
Urbanistica e Agricoltura
Ettore Pirovano
Presidente
della Provincia di Bergamo
3
piante officinali
1. Le piante officinali
1.1 Introduzione
Secondo quanto stabilito dalla normativa
in materia (L. 99/1931), le piante officinali
sono un grande ed eterogeneo gruppo di specie vegetali inserite negli elenchi specifici e
nelle Farmacopee dei singoli paesi. Comprendono tre sottogruppi, i cui elementi possono
intersecarsi fra loro: le piante medicinali, le
aromatiche e quelle denominate da profumo.
Nel linguaggio comune gli aggettivi officinale e medicinale vengono spesso considerati sinonimi, ma in realtà si tratta di terColtivazione di piante officinali
mini sostanzialmente differenti. Mentre il primo identifica un’accezione legale, il secondo definisce una specie in base alle sue proprietà medicamentose. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è una pianta medicinale qualunque organismo vegetale che contiene, in uno dei suoi organi, sostanze che possono essere utilizzate a
fini terapeutici o che sono precursori di emisintesi di specie farmaceutiche. Le piante
aromatiche, invece, sono specie contenenti sostanze di odore gradevole e ricche di
oli essenziali. Infine, le piante da profumo, sono specie ricche di essenze odorose,
selezionate ed estratte in laboratorio per un loro utilizzo cosmetico.
Attualmente solo il 30% del fabbisogno nazionale di erbe officinali viene prodotto
in Italia. La maggior parte del mercato è coperta da prodotto importato da paesi terzi,
principalmente Est Europeo, Estremo Oriente e America Latina. In questi paesi, tuttavia, si privilegia la raccolta spontanea a discapito della coltivazione. Questo apre la
strada a numerose problematiche relative alla qualità delle erbe quali la contaminazione ad opera di metalli pesanti, micotossine o radiazioni.
All’interno dell’Unione Europea, il paese che ha meglio sviluppato nell’economia
agricola il comparto officinale è sicuramente la Francia. Anche in questo caso la coltura delle erbe non è diffusa in tutto il paese, ma principalmente nel dipartimento della Provenza, che ha fatto della coltivazione della lavanda e del lavandino un simbolo
culturale e un’attrazione turistica, oltre che una ricchezza agricola.
1.2 Le piante officinali nella bergamasca
La raccolta delle erbe officinali spontanee è una pratica legata alle tradizioni locali e le modalità e gli scopi per cui utilizzarle sono conoscenze tramandate di generazione in generazione. In alcune aree, solitamente zone montane o collinari, si è assistito negli ultimi anni al tentativo di razionalizzare questa pratica, passando dalla raccolta di piante spontanee alla loro coltivazione. Gli enti locali spesso sostengono lo
sviluppo di queste attività innovative, almeno per quanto riguarda il loro stadio iniziale, investendo in progetti pilota di studio e ricerca, in modo da assistere gli agricoltori
nella fase critica dell’avviamento colturale.
4
In provincia di Bergamo è partito nel 2006 un progetto pilota relativo alla coltivazione di piante officinali, con il sostegno del Settore Agricoltura della Comunità Montana Alto Sebino (ora inglobata nella Comunità Montana dei Laghi Bergamaschi). Lo scopo è stato quello di raccogliere dati e informazioni per fornire consulenza tecnica ai produttori di piante officinali, finalizzata al miglioramento quantitativo e qualitativo delle
produzioni erbacee e dei prodotti trasformati, lungo tutta la filiera produttiva, dalla scelta delle cultivar più adatte alle condizioni ambientali locali, fino alla raccolta e alla trasformazione. Il fondo individuato per la sperimentazione era localizzato presso un’azienda agricola in comune di Solto Collina. Lo studio ha dimostrato che, come atteso, le
specie presenti spontaneamente nelle aree circostanti ben si adattano alla coltivazione. Tuttavia, anche erbe non autoctone (alloctone), ma originarie di zone con caratteristiche pedo-climatiche simili, si sviluppano
bene: è il caso, ad esempio, della menta coreana o delle echinacee. Lo studio del microclima è molto importante, in particolar
modo per una provincia, come quella bergamasca, caratterizzata da ambienti molto variegati: una valletta laterale particolarmente
fredda, o un avvallamento fra le colline estremamente umido, devono essere valutati con
attenzione, perché possono modificare so- Fiore di monarda
stanzialmente le caratteristiche di un sito.
Dalle prove è emerso che alcune specie alloctone come la monarda, originaria del Nord
America, mal sopporta un suolo pacciamato, e come alcune cultivar, tra cui la lippia,
vegetano meglio se ricoverate in serra per la stagione fredda. Si è visto inoltre come la
melissa, pur essendo una specie perenne, è meglio che venga sostituita dopo due o
tre anni, per evitare importanti attacchi fungini, e come la malva della Mauritania, in un
clima poco piovoso, resista bene alla ruggine, che in genere è un grave problema per
questa specie.
1.3 Perché coltivare piante officinali
La coltivazione di queste specie può rappresentare sicuramente una valida integrazione al reddito per un agricoltore, permettendogli di sfruttare con colture ad alto reddito anche quei piccoli terreni marginali che difficilmente potrebbe valorizzare in altri modi. Questo tipo di colture ben si adatta alle zone di montagna e collina,
territori che caratterizzano buona parte della provincia di Bergamo. Molto spesso,
infatti, gli appezzamenti coltivati si estendono per circa 1000 m2, e si affiancano ad
altre attività svolte in azienda, di coltivazione o allevamento. Questo prodotto consente all’agricoltore di inserirsi in un mercato del benessere tuttora in espansione.
La coltivazione in aree poco popolate, lontane da siti industriali e da vie molto trafficate, ma anche da colture intensive, potrebbe garantire produzioni di elevata qualità, con un alto contenuto di principi attivi e prive di pesticidi, metalli pesanti o altre
molecole tossiche.
Tuttavia, i problemi che si pongono a chiunque decida di avvicinarsi a queste colture non devono essere sottovalutati. La manodopera che richiede un campo di pian-
5
piante officinali
te officinali è notevole, soprattutto nei periodi di maggiore raccolta, e la meccanizzazione non è di semplice attuazione, sia
per la delicatezza delle erbe, sia per la difficoltà di accedere ai fondi adibiti a tale coltura. Inoltre, è necessario che l’azienda sia
dotata di un essiccatoio di dimensioni adeguate per evitare possibili contaminazioni
fungine e preservare il più possibile i principi attivi, che sono molecole estremamente sensibili agli effetti di luce e sole nel vegetale tagliato. Infine, l’agricoltore deve teBox essiccatoio
nere presente che le piante officinali non rientrano nelle Organizzazioni Comuni di Mercato, e di conseguenza non beneficiano
di premi comunitari.
Il prodotto locale non può competere sullo stesso piano con quello importato
dall’estero, il cui prezzo è inferiore sia a causa dei volumi prodotti che dei minori costi
sostenuti per la produzione: l’agricoltore italiano non deve puntare sulle quantità, ma
sulla qualità, e investire in tal senso. Tutte le specie citate sono coltivabili in provincia
di Bergamo con buoni risultati.
1.4 I principi attivi
Il principio attivo è la sostanza che caratterizza una specie o una varietà, quella
che l’uomo ricerca in ogni particolare pianta e la cui produzione, con appropriate scelte e tecniche colturali, si cerca di massimizzare in coltivazione.
I principi attivi sono prodotti del metabolismo secondario della pianta, ciò significa che
non sono strettamente necessari alla sopravvivenza stessa del vegetale. Sono sostanze
molto concentrate, e la loro tossicità le rende meno appetibili agli erbivori, con una conseguente maggiore diffusione della specifica varietà.
Spesso i principi attivi entrano in gioco nel processo riproduttivo: alcuni, infatti, attirano gli insetti e favoriscono l’impollinazione anche delle specie circostanti. È il caso, ad esempio, delle sostanze ricercate nella
melissa, nell’anice o nell’issopo. In altri casi, svolgono
la funzione contraria, quella di allontanare gli insetti fitofagi, come nel caso del basilico, della menta o della
salvia, o di difesa dagli erbivori. Possono essere stimolanti del metabolismo vegetale, conferire alla pianta una
resistenza più elevata nei confronti di fattori biotici o
abiotici, o svolgere funzione di difesa allelopatica nella competizione con altre specie.
Esiste una grande variabilità intraspecifica nella qualità e quantità dei principi attivi: piante della stessa specie, se coltivate in ambienti diversi, mostrano differenze anche marcate, che è bene considerare al momento della piantumazione.
Issopo
6
1.5 La scelta della specie
Quando si decide di iniziare la coltivazione di piante officinali è importante scegliere
attentamente la specie. Coltivare lamiacee
tipo menta o lavanda nel territorio bergamasco significa avere piante meno ricche di olio
essenziale rispetto a quelle coltivate nell’Italia meridionale: la loro destinazione non sarà quindi quella dell’industria profumiera, ma
quella alimentare, dove la quantità di olio è
meno importante ma sufficiente a rendere il
gusto gradevole.
Camomilla in fiore
Aziende agricole di montagna, dove le primavere sono fredde, preferiranno la coltivazione della camomilla, i cui principi attivi vengono stimolati da questo clima, mentre le aziende di pianura, dove i mesi primaverili registrano temperature più elevate, si
orienteranno verso la lavanda, che ama queste condizioni. E ancora, fondi situati in alta montagna valuteranno la coltivazione dell’assenzio, scartato a priori da quelle di collina, perché in quota la sintesi di tujoni, sostanze altamente neurotossiche, diminuisce
notevolmente. Anche il tipo di suolo è fondamentale: aziende situate in quota che hanno a disposizione terreni acidi potranno scegliere l’arnica, mentre quelle di pianura e
collina con suoli alcalini potranno orientarsi su camomilla, lavanda o salvia. Infine,
aziende situate in aree caratterizzate da climi molto piovosi, soprattutto in primaveraestate, escluderanno dalla rosa delle specie coltivabili tutte quelle cultivar che accumulano gli oli essenziali nei loro organi esterni, quali i peli ghiandolari: in questi fondi
non si dovranno coltivare menta o melissa.
Una volta individuate le specie che meglio si adattano al sito che si ha a disposizione, la filiera che porta alla vendita del prodotto finito si compone di tre momenti
principali: la coltivazione della pianta, la raccolta della droga, la trasformazione del vegetale o l’estrazione del suo principio attivo.
2. La tecnica colturale
2.1 I lavori preparatori
Sebbene una prima indicazione di
massima sulle caratteristiche pedo-climatiche della zona d’interesse ci siano
già date dall’analisi della fascia fitoclimatica e dalla vegetazione spontanea,
un nuovo impianto di erbe officinali non
può prescindere da analisi del suolo.
Schemi di campionamento, a croce e a zig-zag,
per analisi del suolo
7
piante officinali
Le caratteristiche che una corretta analisi deve indagare sono sia di tipo fisico che
chimico-microbiologico. Nella prima categoria rientrano la tessitura, la struttura, la
porosità, la tenacità, l’adesività e la plasticità del suolo. Alla seconda appartengono il
pH, il potere adsorbente, l’umificazione, la quantità di sostanza organica e il rapporto
carbonio/azoto. Infine, per apportare al terreno una corretta concimazione, è indispensabile conoscere gli elementi chimici di fertilità: azoto, fosforo e potassio innanzitutto,
oltre ai principali microelementi quali calcio, magnesio e sodio, e la capacità del suolo di cederli agli organismi vegetali.
In base a questi dati si procede con i lavori di preparazione del fondo.
Autunno/Inverno
Primavera
Suolo nudo Pacciamatura
Fresatura
Estirpatura malerbe
o residui colturali
Rullatura
Erpicatura
Concimazione
minerale
Aratura
Letamazione di fondo
Scelta suolo nudo
o pacciamatura
Sarchiatura
Vantaggi:
- no malerbe
- meno manodopera
- limita l’escursione termica
-mantiene alto il grado di
umidità
Svantaggi:
-eccessivo riscaldamento in
periodi molto caldi
-possibile eccessiva
limitazione della traspirazione
- costo d’impianto
2.2 L’impianto
In funzione delle caratteristiche del sito e della singola specie, si rende necessario
scegliere quale tipologia di semina o d’impianto fare: pieno campo, semenzaio, oppure stoloni o talee di rami. Qualunque sia la modalità scelta, le sementi devono essere
di varietà certificata, privi di terra, sabbia, semi di altre specie o contaminanti di diverso genere, e di germinabilità elevata.
Le cultivar meno delicate, che fin dai primi stadi di sviluppo sono in grado di affrontare con successo la competizione con le altre erbe che popolano il campo, possono essere seminate direttamente nel terreno. Per la maggior parte delle specie la
semina si effettua tra la fine di aprile e la prima metà di maggio, con le dovute eccezioni, come nel caso dell’iperico che preferisce la semina autunnale. Il procedimento
richiede tempo e manualità, poiché il rispetto dei sesti d’impianto corretti è fondamentale per il buon sviluppo della pianta. Dopo la semina è utile rullare il suolo per interrare i semi, mettendoli nelle condizioni migliori per una buona germinazione. Alcune delle specie che meglio si adattano alla semina diretta in pieno campo sono la camomilla, l’anice e la calendula.
Nel caso la specie che si intende seminare sia più delicata, poco competitiva con
le malerbe, soprattutto nei primi stadi di sviluppo, oppure sia particolarmente costosa, si preferisce ricorrere a un semenzaio. Il semenzaio può essere anche piuttosto
rustico, ad esempio si possono utilizzare delle cassette di polistirolo suddivise in pic-
8
cole celle, riempite con terriccio smosso e
ben umido poste in un luogo riparato dal
vento e dal freddo, luminoso ma non in pieno sole, dove le temperature siano sufficientemente miti rispetto all’esterno. In questo
modo le piantine possono svilupparsi per
le prime settimane nelle condizioni pedoclimatiche migliori, senza dover competere
con le erbe più rustiche per l’approvvigionamento dell’acqua e degli elementi nutritivi. In tal caso la semina va anticipata a
Piantine in semenzaio “casalingo”
marzo-aprile. Fra aprile, maggio e giugno,
in base alla specie, quando le piantine in semenzaio hanno raggiunto un buon grado
di sviluppo, si può procedere al trapianto in campo. Le cultivar che necessitano del
semenzaio sono, tra le altre, l’achillea, l’arnica, l’iperico e l’elicriso.
Alcune specie preferiscono la riproduzione tramite stolone o talea, fra queste la
menta è l’esempio più diffuso, ma anche lavanda, monarda e molte altre. Per queste
specie si prelevano gli stoloni in autunno, verso ottobre, oppure all’inizio della primavera, a marzo, e si interrano nella nuova area destinata alla coltivazione.
Qualunque sia la tipologia di impianto scelta, è fondamentale adottare i giusti sesti d’impianto. Distanze troppo strette possono favorire il disseccamento delle foglie
basali, troppo larghe una scarsa concentrazione di principio attivo. Piante che restano di dimensioni ridotte, come ad esempio la camomilla, hanno bisogno di poco spazio, e distanze di 20 cm sono sufficienti. Erbacee di medio accrescimento, come la calendula o la melissa, necessitano di spazi maggiori, ed è meglio non affollare il suolo
con più di 6-7 piante/m2. Specie che si sviluppano notevolmente, come la malva silvestre della Mauritania, esigono ampie superfici, ed è meglio non superare le 2-3 piante/m2. Inoltre, è fondamentale prevedere anche gli spazi vuoti necessari per muoversi
sul campo per controllare le singole file, individuare
precocemente eventuali piantine malate, effettuare i
trattamenti contro i parassiti e le concimazioni, e soprattutto raccogliere il prodotto che ha raggiunto il momento balsamico. È bene considerare una fila vuota
di 50 cm ogni due metri di piantine.
Ogni volta che si procede a una nuova semina o a
un nuovo impianto, bisogna tenere in considerazione
quali essenze vi erano coltivate prima. Infatti, per evitare problemi legati all’allelopatia, è fondamentale non
porre a dimora piante della stessa specie, o della stessa famiglia, nel medesimo luogo e per almeno 2 - 3
anni prevedere una rotazione all’interno del campo.
Achillea millefoglie
9
piante officinali
2.3 Le cure colturali
Le cure colturali principali che bisogna praticare alla coltivazione sono l’irrigazione e la concimazione.
Se al momento dell’impianto si sono scelte specie adatte alle condizioni del luogo, l’irrigazione non si rende sempre indispensabile, ad eccezione di eventuali irrigazioni di soccorso in stagioni particolarmente secche, o nei momenti di maggiore richiesta. Queste andrebbero fatte utilizzando gocciolatori, in modo da bagnare il suolo senza danneggiare la pianta, ma nel caso l’impianto non fosse presente si può ricorrere
alla classica irrigazione a pioggia, avendo cura di operare la mattina presto oppure la
sera tardi, quando le temperature sono calate, per evitare danni da ustione.
Per quanto riguarda la fertilizzazione, se all’impianto si è fatta un’adeguata concimazione fosfo-potassica, per alcuni anni è generalmente sufficiente intervenire solo
con concimazioni azotate frazionate in diversi momenti. Fosforo e potassio sono stabili nel terreno mentre l’azoto è facilmente dilavabile e nelle zone molto piovose, come è facile in collina e in montagna, ciò costituisce un problema che può diventare anche molto rilevante ai fini produttivi. È necessario adeguare la fertilizzazione alle condizioni del luogo in cui si opera e alle richieste delle specifiche cultivar. Ogni specie necessita dell’apporto di azoto in periodi diversi, ma solitamente i momenti più adatti alla concimazione durante il periodo vegetativo sono quelli immediatamente successivi al taglio, in modo che venga favorito il ricaccio. Anche i quantitativi di fertilizzante
da distribuire sono molto vari, in funzione delle singole specie, ma in linea generale le
specie di cui si raccolgono le foglie, come salvia, melissa o menta, richiedono maggiori di quantità di azoto rispetto alle specie delle quali si raccolgono i fiori: questo avviene perché l’azoto spinge la produzione fogliare a discapito di quella fiorale.
Nel caso il campo non sia pacciamato, durante l’anno bisognerà intervenire periodicamente con l’estirpazione delle malerbe sulle fila e tra le fila. L’estirpazione dovrà
essere effettuata più volte nel corso della stagione, ogni qualvolta le malerbe si sviluppano nelle interfila, con particolare attenzione alla tarda primavera e all’estate, per evitare che le infestanti entrino in competizione con le coltivate per l’approvvigionamento di acqua e sostanze nutritive.
2.4 Fisiopatologie e danni alle colture
Fra gli insetti più dannosi a livello agrario troviamo rincoti, tripidi, lepidotteri, coleotteri e ditteri. Alcuni sottraggono linfa ai vegetali, riducendo
lo sviluppo della pianta e conseguentemente le rese; alterano i tessuti provocando deformazioni e
necrosi con l’iniezione della saliva fitotossica; depositano melata sulle erbe; possono trasmettere
molti virus attraverso la loro puntura. Altri sono fitofagi, si nutrono di foglie, e più raramente di gemFoglia di malva della Mauritania
me, fiori, frutti, e talvolta anche xilofagi, mentre aldanneggiata da limacce
tri ancora si alimentano con polline o nettare. I danni più evidenti sono rappresentati dalle galle, escrescenze sviluppate dal vegetale in
seguito alla puntura degli insetti.
10
I nematodi sono estremamente pericolosi per le radici. Tuttavia, le lavorazioni del
terreno e l’assenza di ristagni idrici ne riducono notevolmente la presenza.
Per quanto riguarda i molluschi, chiocciole e limacce rappresentano sicuramente
gli organismi più dannosi. Il loro passaggio in campo si traduce nella distruzione dell’apparato fogliare, di cui si nutrono voracemente. La stessa tipologia di danno può essere causato da centopiedi e millepiedi.
Infine, non devono essere trascurati i mammiferi. Sia gli erbivori domestici che
quelli selvatici possono causare gravi danni alle colture in poche ore: i bovini, gli ovicaprini e gli equini allevati in azienda e gli ungulati e i cinghiali che popolano i boschi,
rappresentano seri problemi. Se la coltivazione si trova in territori a rischio, è bene proteggere l’area in maniera adeguata, mediante steccati di legno o recinzioni elettrificate a basso voltaggio.
Le patologie più difficili da prevenire prima e da combattere poi, sono quelle causate dagli agenti fungini, in primo luogo ruggini e oidio. Lo sviluppo dei funghi dipende perlopiù dalle condizioni atmosferiche e dalle tecniche di coltivazione. L’unico modo per prevenire un attacco è evitare i ristagni idrici, e limitare l’umidità preferendo la
coltivazione su suolo nudo anziché su pacciamato per le cultivar più delicate. Inoltre,
è buona norma rinnovare con maggior frequenza le piante più soggette a sviluppare
funghi, come la malva o la melissa. Distanze sulla e tra le fila non troppo ridotte, irrigazione a goccia e non a pioggia nelle ore più fresche e solo se necessario, sono ulteriori accorgimenti che possono essere adottati per limitare la comparsa della malattia. Infine, se una o poche piante iniziano a manifestare i segni dell’attacco, è necessario rimuovere immediatamente le foglie colpite, o nel caso di attacco più serio l’intera piantina, bruciandole a distanza dal campo in modo da distruggere il fungo ed evitare il contagio.
2.5 La raccolta
La raccolta delle erbe rappresenta una
fase molto delicata: insieme alla successiva essiccazione, è lo stadio più sensibile
dell’intera filiera. È sufficiente tagliare la coltura con qualche giorno di ritardo o di anticipo, o nel momento della giornata sbagliato, per compromettere sensibilmente e senza alcuna possibilità di correzione la qualità del lavoro di un intero anno.
Ogni specie immagazzina i principi attivi in maniera differente nei suoi organi. AlMelissa al momento balsamico
cune piante, come la melissa e la menta, li
accumulano in maggior quantità nelle foglie, altri, come la camomilla o la calendula, soprattutto nel fiore. Altri ancora, come
l’echinacea, li immagazzinano nella radice, oppure nella bacca, come nel caso della
rosa canina, o ancora nella corteccia, come avviene nel castagno. L’organo della pianta in cui è massimo l’accumulo di principio attivo in ogni determinata specie prende il
nome di droga, termine scientifico che non ha quindi nessuna accezione negativa.
11
piante officinali
Per massimizzare quantità e qualità dei principi attivi, ogni pianta officinale ha un
suo particolare momento di raccolta, detto periodo balsamico, che varia in base alla specie e alla parte della pianta da raccogliere:
Fiori
Parti aeree
Gemme
Completamente
Non completamente
sviluppate, in genere
sbocciati
prima della fioritura
Foglie
Prima o durante la
fioritura
Inizio primavera, prima
che si schiudano
Cortecce
Semi
Radici, rizomi e tuberi
Piena maturazione,
prima della caduta
spontanea
Tardo autunno o inizio
primavera, durante il
riposo vegetativo
Frutti
Primavera, quando i
rami sono ricchi di
Piena maturazione
linfa
Anche il tipo e il momento della giornata in cui si effettua la raccolta sono importanti per un’ottima raccolta. I giorni più adatti sono quelli asciutti e poco ventosi, e generalmente le ore più indicate sono quelle del mattino, dopo l’evaporazione della rugiada.
La meccanizzazione delle operazioni di raccolta non è sempre fattibile. Molte specie, come la melissa, sono estremamente delicate, e il semplice contatto con una lama
metallica può essere causa di danni importanti che compromettono la qualità del prodotto finale. La defogliazione manuale limita anche il trauma subito dalla pianta, favorendone il ricaccio precoce, che al contrario viene inibito dal taglio netto del fusto. La
raccolta manuale permette inoltre di selezionare le erbe migliori, evitando le specie diverse da quella mirata e tralasciando altre parti vegetative della stessa pianta che vengono escluse dalle norme della Farmacopea Ufficiale per le loro caratteristiche meno
buone, come fusti troppo sviluppati o foglie troppo piccole. Nel caso si scelga invece di
meccanizzare le operazioni di taglio, lo stesso lavoro di selezione deve essere fatto in
laboratorio. Ovviamente la raccolta manuale può essere valutata esclusivamente nel caso di piccoli appezzamenti, dove le produzioni sono quantitativamente ridotte.
2.6 Coltivazione con metodo biologico
L’agricoltura biologica ha conquistato negli ultimi anni una fetta di mercato sempre più ampia. Sono sempre più numerosi, infatti, i consumatori che prediligono un
prodotto coltivato e trasformato in modo naturale, senza l’utilizzo di pesticidi o prodotti di sintesi. L’agricoltura biologica è disciplinata a livello europeo da due regolamenti, Reg. 834/2007/CE e Reg. 889/08/CE, che definiscono in modo chiaro come
condurre l’attività. Le limitazioni imposte da questo tipo di coltivazione sono notevoli,
ma il valore aggiunto che il prodotto biologico raggiunge sul mercato è importante, soprattutto per un settore come quello delle piante officinali che rientra nell’area dell’alimentazione salutista e del benessere.
I principi specifici su cui si basa l’agricoltura biologica sono il mantenimento della fertilità del suolo, l’utilizzo di risorse rinnovabili, il riciclo dei rifiuti come fattori di produzione per le colture e l’allevamento, e il mantenimento dell’equilibrio ecologico locale quando si operano le decisioni produttive. La rotazione delle colture, con l’alternanza di specie diverse nel medesimo appezzamento, riduce il rischio di attacchi fungini e
d insetti, previene i problemi di allelopatia, un fenomeno di antagonismo radicale che
12
interviene spesso nella competizione intraspecifica e interspecifica, per cui una specie secerne nel terreno sul
quale è coltivato delle sostanze che inibiscono la crescita
e lo sviluppo di piante concorrenti, spesso anche quelle
della stessa specie se reimpiantate in successione. Inoltre, consente un corretto utilizzo dei principi nutritivi del
suolo. A questo si aggiungono i vantaggi della consociazione favorevole, un’altra pratica di grande importanza nel
biologico, cioè la coltivazione sullo stesso terreno di specie differenti, che stimolano vicendevolmente lo sviluppo
reciproco. Ad esempio, il coriandolo coltivato vicino all’anice ne rende più intenso l’aroma.
L’uso di concimi e ammendanti è concesso solo se
questi rientrano nella lista di quelli consentiti, in generale
è possibile utilizzare concimi naturali di origine animale,
mentre è vietato l’uso di fertilizzanti di sintesi.
Verga d’oro in fiore
Filari di alberi e siepi proteggono il campo da possibili contaminazioni provenienti
da fondi vicini lavorati con tecniche di agricoltura convenzionale, e una fascia di prato stabile non sfalciato che circonda il campo attira gli insetti utili, come le coccinelle,
che aiutano a tenere naturalmente sotto controllo quelli dannosi. Solo nel caso le fasce di protezione e le lavorazioni del terreno non siano sufficienti a prevenire le patologie, e si verifichino gravi rischi per le colture, è possibile utilizzare prodotti fitosanitari, ma esclusivamente quelli espressamente autorizzati in agricoltura biologica.
Macchinari e attrezzature devono essere riservati a uso esclusivo delle colture officinali biologiche oppure devono essere puliti accuratamente prima di ogni utilizzo o
ingresso in campo, secondo quanto specificato dalla normativa.
A causa di quanto imposto dai regolamenti, è più facile ottenere prodotti di prima qualità se le superfici da seguire sono di limitata estensione, come d’altronde avviene quasi sempre con questo tipo di coltura. La problematica principale che può
interessare le coltivazioni biologiche è la contaminazione da micotossine, prodotte
da agenti fungini più o meno potenti, sia in campo che durante la fase successiva
della conservazione, il cui sviluppo non è tenuto sotto controllo dai fitofarmaci, come accade in agricoltura convenzionale. Le più importanti per quanto riguarda le
specie officinali sono le aflatossine, alcune
delle quali sono fortemente epatotossiche e
mutagene. Per evitare la contaminazione bisogna porre particolare attenzione a tutte le
fasi di filiera, ed evitare tutte le condizioni ambientali che ne possono incrementare lo sviluppo, come l’umidità eccessiva o, al contrario, condizioni di stress idrico, temperature di
conservazione troppo alte, siti di stoccaggio
contaminati e, in generale, condizioni igienico-sanitarie precarie. L’eventuale sviluppo di
micotossine è facilmente individuato da opportune analisi microbiologiche.
Arnica
13
piante officinali
3. La trasformazione e l’utilizzo
3.1 Essiccazione
Per assicurare una corretta condizione igienica dei vegetali anche a distanza dal
momento della raccolta, è necessario ricorrere a pratiche che ne impediscano l’alterazione ad opera di microrganismi.
Sebbene esistano diversi modi per conservare il prodotto, quali la liofilizzazione, il
congelamento, l’aggiunta di eventuali sostanze chimiche e la sterilizzazione, il metodo di conservazione in assoluto più diffuso e di più semplice attuazione anche in azienda agricola è l’essiccazione. Questa pratica è di origine antica, e consiste nell’eliminare l’acqua libera presente nei tessuti vegetali, in modo tale che l’attività enzimatica sia
ridotta al minimo, almeno per quanto riguarda il breve periodo. In base alle modalità
di essiccazione, il prodotto finale ha un’umidità residua che può variare fra il 5% e il
25%, con una conseguente durata di conservazione che può andare da pochi mesi a
due anni. Per essiccare nel modo migliore possibile, è necessario preservare il raccolto dalle alte temperature e dalla luce. Temperature alte, intorno ai 60°C, favoriscono una rapida essiccazione e limitano l’azione di enzimi e microrganismi, ma distruggono molti principi attivi. A temperature più basse, di circa 25 - 30°C, le erbe necessitano di tempi più lunghi per seccare, con il rischio che eventuali microrganismi presenti si moltiplichino esponenzialmente peggiorando la qualità del prodotto. Per coniugare gli aspetti positivi delle due tecniche, limitando quelli negativi, bisogna intervenire modificando l’umidità dell’aria, cercando di raggiungere il giusto equilibrio fra
velocità di essiccazione e conservazione dei principi attivi. Bisognerà utilizzare macchinari realizzati a tal scopo, oppure inserire un deumidificatore apposito in un box.
È utile anche inserire un termometro e un igrometro da parete per monitorare costantemente lo stato dei parametri.
Il processo di essicazione ha una durata che varia da 6 -7 giorni per i petali più leggeri, a circa 20 giorni per le bacche.
All’interno di un’azienda agricola che coltiva piante officinali, si rende necessario
disporre di un essiccatoio aziendale di dimensioni adeguate alle richieste produttive.
Alcune specie, infatti, sono talmente delicate e di facile ossidazione, che anche le po-
Fiordaliso in fiore in pieno campo
14
Fiordaliso dopo una corretta essiccazione
che ore di stoccaggio del prodotto fresco che intercorrono fra la raccolta in campo e
la consegna all’essiccatoio più vicino possono far avviare alcune reazioni chimiche e
microbiologiche, che peggiorano notevolmente la qualità delle erbe fino a renderle, nei
casi peggiori, completamente inutilizzabili.
Un facile indice della qualità del processo di essiccazione, valutabile anche da un
occhio poco esperto, è il mantenimento nel secco dello stesso colore del prodotto fresco: un vegetale essiccato correttamente perde la lucentezza data dall’acqua, ma preserva il colore, mentre il calore eccessivo di un procedimento mal svolto disintegra, oltre al principio attivo, anche le molecole cromatiche.
Rese secco/fresco dopo essiccazione da 1 kg di prodotto fresco
Fiori
Foglie
Gemme
Cortecce
Rami
Radici,
rizomi e bulbi
11%
13-15%
50%
50%
40%
30%
3.2 Utilizzo in ambito alimentare
La realtà alimentare è senza dubbio quella che offre gli spunti maggiori e di facile
realizzazione: si va dal classico taglio tisana per infusi, decotti o macerati, alla panetteria dolce e salata, dall’industria dolciaria a quella liquoristica, passando attraverso
le trattorie con cucina tipica, alla costante ricerca dei sapori del passato che spesso
coinvolgono le erbe, fino ai ristoranti più moderni, dove chef creativi danno vita a innovativi piatti fioriti. Sempre più locali, infatti, sperimentano nuovi sapori e insoliti abbinamenti floreali.
Anche nelle cucine casalinghe le erbe possono arricchire i pranzi di tutti i giorni,
conferendo ai cibi una nota raffinata oppure, al contrario, casereccia. Negli orti o sui
balconi si possono trovare erbe aromatiche molto diffuse, e basta un tocco di inventiva per scoprirne nuovi usi da affiancare alle ricette più conosciute: il basilico, oltre che per preparare il tradizionale pesto alla
genovese, può essere utilizzato per aromatizzare il burro; il rosmarino può insaporire patate e arrosti, ma tritato si può unire all’impasto del pane per ottenere dei
filoncini profumati; l’origano può caratterizzare la pizza, ma può anche dare una nota particolare a un arrosto di agnello o maiale. Ci sono poi moltissime varietà di aromatiche meno diffuse, ma altrettanto semplici da coltivare: i semi di coriandolo possono aromatizzare l’olio extravergine di oliva, l’erba cipollina può
chiudere dei fagottini di pasta ripiena, il crescione è
ottimo in zuppa.
Non solo i piatti salati, anche i dolci possono essere valorizzati grazie alle erbe aromatiche: le foglie di
sanguisorba arricchiscono la macedonia, i semi di fi-
Salvia in fiore
15
piante officinali
nocchio o di anice trasformano un tradizionale dolce alle spezie, quelli di cumino profumano torte e biscotti.
Anche le bevande possono trarre grande giovamento dall’utilizzo delle erbe aromatiche: le foglie di melissa esaltano la limonata, quelle di menta aromatizzano il the
freddo, i fiori di monarda impreziosiscono
un anonimo aperitivo.
Alcune piante, invece, sono molto utilizzate nell’industria liquoristica. La radiCoriandolo
ce di genziana è la base di molti amari diffusi sull’arco alpino, mentre l’achillea moscata e un particolare tipo di artemisia sono
fra i principali ingredienti del noto Genepi. Anche i più comuni aperitivi alcolici e analcolici sono a base di erbe aromatiche, il cui effetto è di stimolare l’appetito.
3.3 Utilizzo in ambito cosmetico
In ambito cosmetico, le piante officinali trovano impiego nella produzione di creme,
saponi solidi o liquidi, essenze profumate e molto altro. La cura del corpo è un’abitudine che ha accompagnato la vita dell’uomo fin dall’antichità. Le donne dell’Antico Egitto, di Babilonia, della Cina, della Grecia Classica e della Roma Antica, ma anche delle
civiltà pre-colombiane del Centro America erano grandi esperte nell’utilizzo dei prodotti della natura per migliorare la propria bellezza. Molte erbe hanno numerose proprietà cosmetiche, che possono accentuare l’elasticità della pelle, rendere più lucidi i capelli, sgonfiare mani e piedi, attraverso l’accurata preparazione di impacchi, tisane e
bagni. La camomilla aiuta a schiarire i capelli, la salvia a sbiancare i denti, la lavanda a
controllare la produzione di sebo della cute. I cosmetici di origine industriale attingono
molto spesso dalla natura.
Possono essere impiegate direttamente come erbe
essiccate, oppure ne possono essere utilizzati i derivati, come gli estratti acquosi o alcolici e gli oli essenziali.
Per ottenere pochi millilitri di olio essenziale sono
necessari diversi chilogrammi di prodotto fresco, per
cui un’azienda che decide di orientarsi su questa tipologia di produzione deve avere a disposizione alcuni ettari di terreno, e individuare una sola specie da coltivare. Si tratta di una scelta estrema, realizzabile generalmente più in pianura che in montagna, che presuppone un acquirente certo ancora prima di iniziare la piantumazione per evitare investimenti economici elevati e
incerti.
Alcune delle essenze più indicate per l’industria cosmetica che possono ben adattarsi al territorio della
pianura e collina bergamasca sono i fiori di camomilla,
rosa, lavanda, calendula o malva, le foglie di menta,
16
Lavanda in fiore
melissa o salvia, i legni di rosmarino. Nelle aree montane, ipotizzando di avere fondi
sufficientemente estesi, la scelta si orienterà più sui fiori di achillea o di iperico, le foglie di menta, di ortica o di alchemilla, le radici di genziana maggiore e i frutti di rosa
canina.
3.4 Utilizzo in ambito medicinale ed erboristico
Ricorrere alle piante per curare le malattie è una pratica arcaica, talmente antica
che il primo testo scritto sulla medicina con le piante è rappresentato da una serie di
tavolette di argilla di origine sumera, risalente al 3000 a.C. Al giorno d’oggi, il desiderio di ricorrere a cure cosiddette dolci viene riscoperto da un numero sempre maggiore di persone: l’idea di utilizzare principi naturali, invece che a prodotti di derivazione
chimica, affascina il paziente, dandogli l’idea di curarsi in modo meno aggressivo.
I prodotti erboristici sfusi possono essere venduti solamente nelle farmacie e nelle erboristerie, a seconda che siano venduti come farmaci o come prodotti non aventi attività farmaceutica, da personale specializzato quali erboristi laureati o farmacisti.
Questa normativa ha lo scopo di tutelare il consumatore.
Infatti ci sono numerose specie, erbacee, arbustive o arboree, che hanno effetti nocivi: il veratro attacca il sistema nervoso, il colchico autunnale è talmente tossico che il solo sfioramento può causare
asfissia, mentre la digitale è tanto potente che sono sufficienti 30 g di foglie fresche per causare il blocco cardiaco e la
conseguente morte del soggetto che la ingerisce. Nei nostri giardini si possono trovare comunissime piante tanto belle quanEchinacea in piena fioritura
to velenose, sia per l’uomo che per gli animali domestici. Il maggiociondolo e l’oleandro agiscono negativamente sul sistema nervoso, la peonia è abortiva, il mughetto può causare aritmie. Le piante che possono provocare più facilmente danni sono quelle che si utilizzano in cucina. In questo caso i motivi che possono portare
ad un’intossicazione più o meno grave sono i più disparati. Ad esempio, i problemi
possono essere dovuti all’utilizzo della pianta intera invece che solamente di alcuni suoi organi, l’impiego della pianta in un momento sbagliato del suo sviluppo vegetativo, oppure, più semplicemente, essere ricondotti alla confusione di una specie commestibile con una simile, ma tossica.
Se l’agricoltore coltiva specie prettamente medicinali, quali arnica o rodiola, i suoi
clienti saranno le stesse erboristerie o industrie farmaceutiche, mai il consumatore finale.
17
piante officinali
3.5 Confezionamento e conservazione
Il prodotto essiccato deve essere conservato in contenitori di vetro scuro, per evitare che la luce ne provochi il deterioramento. Deve essere evitato il contatto con materiali come plastica, legno, polivinilcloruro, polietilene o polipropilene, poiché questi
materiali assorbono la materia grassa, come gli oli essenziali. I contenitori devono essere conservati in luogo buio, fresco e asciutto. Una bassa umidità relativa è di grande importanza per la conservazione di tutte le specie, ma diventa fondamentale per le
essenze ricche di mucillagini, come la malva silvestre, che tendono ad assorbirla
dall’esterno rigonfiandosi.
È bene non sminuzzare l’essiccato troppo tempo prima del confezionamento, soprattutto se la droga contiene olio essenziale o tannini, che essendo sostanze estremamente volatili risentono negativamente della maggiore superficie a contatto con
l’aria derivante dal taglio.
Prodotti confezionati
Per un prodotto di nicchia come le erbe officinali, la vendita diretta rappresenta
certamente un’importante fetta di mercato. Se il prodotto destinato a laboratori di
trasformazione, alimentari, cosmetici o erboristici, può essere venduto sfuso, nel caso in cui il cliente sia il consumatore finale
le essenze essiccate devono essere adeguatamente confezionate. Sia che si tratti
di erbe aromatiche che di specialità per taglio tisana, il confezionamento del prodotto essiccato diventa quindi una fase indispensabile.
Il confezionamento del prodotto pronto per la vendita avviene in sacchetti di cellophane idoneo al contatto con gli alimenti, possibilmente ricoperti sullo strato esterno da una pellicola colorata che protegga il contenuto dalla luce, oppure in contenitori di vetro scuro. È consigliabile non eccedere nel quantitativo di prodotto confezionato, per evitare che il contenuto resti a lungo a contatto con l’aria.
3.6 Etichettatura
Su ogni confezione messa in
commercio è necessario apporre
un’etichetta che evidenzi le specifiche del prodotto e del produttore.
The di Oswego
Ingredienti: Monarda didyma
Prodotto e confezionato da: Az. Agr. xxxxx
nella sede di xxxxx
Peso all’origine: 20 g
Confezionato: Luglio 2010
Da consumarsi preferibilmente entro: Luglio 2011
Nell’etichetta possono comparire altre indicazioni facoltative, come ad esempio la natura spontanea
o coltivata della pianta e la modalità di utilizzo, spesso molto utili. Non devono in alcun modo essere presenti riferimenti di tipo terapeutico: questo dettaglio trasformerebbe il prodotto alimentare in una
specialità erboristica, la cui vendita non può essere fatta dall’agricoltore.
18
3.7 Norme sanitarie
La corretta raccolta, trasformazione e conservazione delle erbe, previene la contaminazione da parte di microrganismi patogeni. Così come nel caso degli altri alimenti, anche per quanto riguarda le piante officinali, i microrganismi che rappresentano la
più diffusa causa di inquinamento sono lo Staphylococcus aureus, lo Streptococcus
spp, il Clostridium perfringens, l’Escherichia coli, i batteri coliformi, la Salmonella spp
e la Pseudomonas aeruginosa. È evidente quanto sia fondamentale il rispetto delle basilari norme igieniche.
Gli alimenti devono essere trasformati
in ambienti che rispettino le norme imposte
dalle ASL. I locali dove le piante officinali
vengono lavorate e conservate devono essere puliti, asciutti, sufficientemente areati,
correttamente illuminati dove si lavora e al
riparo dalla luce dove si conserva.
Le pulizie ordinarie e straordinarie devono essere effettuate con attenzione, in
modo da non contaminare gli alimenti con
residui, terra o polveri. In caso di inquinaFiore di calendula
menti animali o di presenza di residui organici, dopo la pulizia è necessario disinfettare attrezzature e macchinari, strutture di lavoro e immagazzinaggio, mezzi di trasporto e macchine operatrici. Bisogna fare attenzione a non depositare, anche solo temporaneamente, i contenitori con le erbe raccolte vicino ai macchinari o alle taniche di
carburante, per evitare contaminazioni accidentali. Per quanto riguarda i mezzi di trasporto aziendali, è necessario ricorrere alla disinfezione dopo il trasporto di letame o
pollina, mentre in caso di spostamento di fertilizzanti chimici, granella o pietre è opportuno lavare con acqua in pressione, ed è sufficiente rimuovere la polvere dopo la
movimentazione di prodotti confezionati.
Il personale che lavora a contatto con gli alimenti deve essere in buona salute, utilizzare indumenti di lavoro puliti e differenti da quelli indossati al di fuori del centro produttivo, lavarsi le mani spesso e con detergenti adeguati. Nei locali di lavorazione non
è possibile fumare o mangiare. Gli operatori devono essere formati anche frequentando, se è il caso, dei corsi di formazione e aggiornamento sui rischi sanitari.
A norma di legge, ogni coltivatore deve tenere traccia della registrazione delle caratteristiche degli acquisti, dei fornitori e delle vendite, oltre che dell’eventuale ritiro di
prodotti. La normativa dispone che gli agricoltori conservino la registrazione delle misure adottate per la prevenzione dei pericoli igienico-sanitari. La documentazione è
costituita essenzialmente da moduli predisposti dallo stesso imprenditore dove registrare le informazioni relative ai movimenti dei prodotti e l’eventuale utilizzo di fitofarmaci, le fatture o i documenti che accompagnano il trasporto dei prodotti in entrata e
in uscita dall’azienda, i rapporti di analisi, i patentini per l’uso di fitofarmaci, le schede
tecniche delle attrezzature e dei macchinari aziendali, e l’eventuale uso di OGM. Infine, è necessario predisporre anche un registro delle non conformità, ove segnare episodi straordinari che si discostano dalla filiera abituale, sia a causa di problemi interni che di modifiche normative.
19
Glossario
Allelopatia: fenomeno che interviene molto frequentemente nella competizione interspecifica e intraspecifica dei vegetali, per cui una pianta rilascia nel suolo sostanze che
inibiscono la crescita e lo sviluppo di piante concorrenti. Spesso questo fenomeno
rappresenta un serio problema nel caso di reimpianto di essenze della stessa specie di
quella che l’hanno preceduta. È una delle cause che porta alla stanchezza del terreno.
Droga: organo della pianta in cui sono massimi la sintesi e l’accumulo di principi attivi.
Varia in funzione della specie. Può essere rappresentato da radice, rizoma, tubero,
corteccia, legno, foglia, fiore, gemma, frutto, semi, parti aeree in generale o sommità
fiorite. Ogni specie può avere più di una droga es. Malva sylvestris: fiore (Malvae flos) e
foglie (Malvae folium).
Essiccatoio: macchina o box attrezzato ove disporre le piante fresche appena raccolte
per eliminare l’acqua contenuta nel vegetale, fino a un contenuto finale variabile dal 5%
al 25%, mediante tecniche di deumidificazione dell’aria, ventilazione e temperatura
controllate.
Farmacopea Ufficiale: testo normativo compilato da organismi statali di controllo delle
varie nazioni che descrive i requisiti di qualità delle sostanze ad uso farmaceutico, le
caratteristiche che i medicinali preparati debbono avere, suddivisi per categorie, ed
elenca composizione qualitativa e quantitativa nonché, in qualche caso, il metodo di
preparazione di ogni farmaco galenico che le farmacie di quel Paese sono autorizzate
a preparare, oltre a varie tabelle. Ogni Paese del Mondo ha una propria Farmacopea. In
Europa è in corso un processo di armonizzazione sopranazionale dei testi delle principali Farmacopee Ufficiali attraverso la compilazione della Farmacopea Europea (PhEur),
che tuttavia non fa riferimento all’Unione europea, includendo tra i Paesi membri della
relativa commissione anche la Svizzera.
Fascia fitoclimatica: zona geografica, caratterizzata dalla distribuzione di un’associazione vegetazionale specifica (da cui la fascia prende il nome), in relazione ai suoi caratteri ambientali. Le fasce sono quelle del Lauretum, Castanetum, Fagetum, Picetum e Alpinetum, a loro volta suddivise in varie sottozone.
Momento balsamico: periodo del ciclo vegetativo della pianta, in cui è massimo l’accumulo di principi attivi. Varia in funzione della specie e dell’organo considerato.
Principio attivo: sostanza biologicamente attiva. Sono principi attivi gli alcaloidi (es. morfina, nicotina, caffeina...), gli acidi organici (es. acido citrico, ac. acetilsalicilico…), i glicosidi, le gomme, le mucillagini, i principi amari, i tannini, gli enzimi, le resine, i balsami
e le gommoresine, le vitamine e gli oli essenziali.
Semenzaio: luogo protetto e riscaldato dalla luce solare, che contiene vasi o cassette ove
vengono messi a dimora i semi per il loro sviluppo iniziale. Una volta diventati piantine,
queste verranno trapiantate in pieno campo.
Sesti d’impianto: distanza tra una fila piantumata e l’altra, e tra una piantina e la successiva della stessa fila.
Stolone: ramo laterale che spunta da una gemma vicino alla base della pianta, che si allunga scorrendo sul terreno o appena sotto, emettendo radici e foglie dai nodi da cui si
generano nuove piantine.
20
Indice
Premessa 3
1. Le piante officinali
4
1.1 Introduzione 4
1.2 Le piante officinali nella bergamasca
4
1.3 Perché coltivare piante officinali
5
1.4 I principi attivi
6
1.5 La scelta della specie
7
2. La tecnica colturale
7
2.1 I lavori preparatori
7
2.2 L’impianto
8
2.3 Le cure colturali
10
2.4 Fisiopatologie e danni alle colture
10
2.5 La raccolta
11
2.6 Coltivazione con metodo biologico
12
3. La trasformazione e l’utilizzo
14
3.1 Essiccazione
14
3.2 Utilizzo in ambito alimentare
15
3.3 Utilizzo in ambito cosmetico
16
3.4 Utilizzo in ambito medicinale ed erboristico
17
3.5 Confezionamento e conservazione
18
3.6 Etichettatura
18
3.7 Norme sanitarie
19
Glossario
20
Schede tecniche
22
21
Lavanda (Lavanda angustifolia)
Elicriso (Helichrysum italicum)
Camomilla (Chamomilla recutita)
Calendula (Calendula officinalis)
Arnica (Arnica montana)
Achillea (Achillea millefolium)
nome
Mercato di
destinazione
Alimentare
Liquoristico
Erboristico
Farmaceutico
Altezza variabile 40-100 cm in base alla
specie.
Fusti eretti, legnosi e densamente ramificati.
Foglie coriacee, di varie tonalità di verde in
funzione della specie.
Le infiorescenze sono spighe di colore
purpureo-violaceo.
Altezza 25-40 cm.
Fusti legnosi.
Foglie fitte verde-argentato.
Fiori di colore giallo chiaro.
Altezza fino a 60 cm. Portamento ramificato
e fusti striati.
Foglie alterne, le superiori più lanceolate
delle inferiori.
Fiori gialli o giallo-arancio, con diametro
di 3-5 cm, ogni pianta ne può produrre da
20 a 50.
Altezza circa 50 cm.
Fusti eretti e ramificati in alto.
Foglie alterne e filamentose.
Fiori piccoli e bianchi.
Alimentare
Profumiero
Cosmetico
Erboristico
Alimentare
Erboristico
Alimentare
Erboristico
Cosmetico
Alimentare
Erboristico
Farmaceutico
Altezza variabile 20-50 cm.
Farmaceutico
Fusto eretto.
Foglie lanceolate.
Capolini di 6-8 cm portati all’apice degli steli
o di ogni ramo, di colore giallo-aranciato, che
compaiono fra giugno e agosto.
Altezza 30-70 cm.
Ramificata all’apice.
Foglie pelose e molto frastagliate.
Fiori piccoli riuniti in infiorescenze compatte
terminali, compaiono da giugno a settembre.
Caratteri botanici
Collina
Bassa montagna
Pianura
Collina
Montagna
Pianura
Collina
Montagna
Pianura
Collina
Montagna
Area
riguardanti le maggiori piante coltivate in provincia di Bergamo
Schede tecniche*
Asciutto
Leggero
Alcalino
Arido
Ben drenato
Preferisce terreni
neutri-alcalini
Tollera terreni salini
Ricco di sostanza
organica
Ben areato
Ben drenato ma mai
secco
Acido – subacido
Ricco di sostanza
organica
Ben drenato
Leggero
Da fresco a secco
Suolo
Fiori
Foglie
Sommità
fiorite
Droga
300-500 kg letame maturo prima
dell’aratura
1° anno: 0,5-0,6 kg N
0,5-0,6 kg P2O5
0,5-0,6 kg K2O
Anni successivi: 0,6-0,7 kg N
0,6-0,7 kg K2O
Anni successivi: 0,3-0,5 kg N
1° anno: 0,3-0,5 kg N
0,8-1 kg P2O5
0,80-1 kg K2O
Fioritura
Inizio
fioritura
Inizio
fioritura
Inizio
fioritura
Momento
balsamico
Fioritura
80-120 kg
Fiori: 70-80 kg
60-100 kg
1° anno: trascurabile
2° anno: 5-10 kg
3° anno: 30-70 kg
4° anno: 09-15 kg
Anni successivi:
150-170 kg
Produzioni
(per 100 m2 )
1° anno: 50 kg
Infiorescenze Fine fioritura Lavanda: 50-70 kg
Sommità
fiorite
Fiori
300 kg letame maturo prima
dell’aratura
0,5 kg N
1 kg P2O5
0,5-1 kg K2O
Eventuale apporto di B, Mo, Z, Mn,
Co che stimolano la fioritura
Fiori
0,4-0,6 kg N
0,6-0,7 kg P2O5
0,5-0,7 kg K2O
Letame all’occorrenza per
apportare sostanza organica
0,8-1 kg N
0,8–1 kg P2O5
1-1,2 kg K2O
300 kg letame maturo prima
dell’aratura
Concimazione (per 100 m2)
* http://www.pianteofficinali.org
Sito a cura del Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura
Unità di ricerca per il Monitoraggio e la Pianificazione forestale, Ottobre 2010
Altezza variabile 50-90 cm. Fusti eretti e
molto ramosi. Foglie dentate e ricche di peli.
Fiori biancastri, appaiono all’inizio dell’estate.
La pianta emette un gradevole aroma di
limone.
Timo (Thymus vulgaris)
Altezza fino a 30 cm,.
Cespo compatto.
Foglie piccole e lanceolate.
Fiori rosei o bianchi, compaiono fra maggio
e luglio.
È una pianta erbacea con rizomi e stoloni
sotterranei, che la aiutano a superare la
stagione rigida.
Fusto lungo 30-100 cm, violetto e molto
ramificato nella parte superiore.
Foglie verde scuro e ricoperte di peli
Menta piperita (Mentha x piperita)
ghiandolari. Infiorescenza violetta.
Altezza fino a 2 m.
Foglie lineari, verde scuro e lucide sulla
pagina superiore, biancastre e pelose su
quella inferiore.
Infiorescenza come spicastro di fiori piccoli
Rosmarino (Rosmarinus officinalis) azzurro-lilla, o più raramente roseo-bianchi.
Altezza fino a 40 cm.
Fusto legnoso e ramificato.
Foglie lanceolate, grigio tomentoso, molto
aromatiche.
Fiori raccolti in una corolla di 5-10, violacea o
più raramente rosa o sbiancata.
Salvia (Salvia officinalis)
Melissa (Melissa officinalis)
Malva (Malva sylvestris)
Altezza 40-50 cm.
Fusto ramificato, qualche volta sin dalla base.
Foglie grigiastre.
Fiori raccolti in spicastri, di colore bianco
quando fioriscono per poi virare al giallastro,
Maggiorana (Majorana hortensis) che compaiono fra luglio e agosto.
La varietà più coltivata è la sottospecie detta
della Mauritania, che raggiunge 150 cm di
altezza. Foglie palmato-lobate.
Fiori di colore violaceo, compaiono fra luglio
e agosto.
Pianura
Collina
Alimentare
Liquoristico
Cosmetico
Pianura
Collina
Pianura
Collina
Alimentare
Profumiero
Cosmetico
Erboristico
Farmaceutico
Alimentare
Pianura
Collina
Alimentare
Liquoristico
Profumiero
Cosmetico
Erboristico
Farmaceutico
Pianura
Collina
Pianura
Collina
Bassa montagna
Alimentare
Erboristico
Alimentare
Liquoristico
Profumiero
Erboristico
Farmaceutico
Pianura
Collina
Alimentare
Cosmetico
Erboristico
Farmaceutico
0,9-1,2 kg N
0,9 kg P2O5
0,9 kg K2O
400-500 kg letame maturo prima
dell’aratura
Anni successivi: 0,4-0,5 kg N
1° anno: 0,6-0,7 kg N
0,6-0,7 kg P2O5
0,6-0,7 kg K2O
Fiori
Foglie
Calcareo
Asciutto
Permeabile
Sassoso
Neutro-alcalino
Arido
Permeabile
Ben areato
Ricco di scheletro
Qualunque tranne
troppo freddi e a
rischio di gelate
invernali
0,7-0,8 kg N
0,5-0,6 kg P2O5
1-1,2 kg K2O
1,5 kg N
1 kg P2O5
1,5 kg K2O
300 kg letame maturo prima
dell’aratura
1° anno: 0,6-0,8 kg N
Anni successivi:
0,6-0,8 kg N 0,6-0,8 kg P2O5
0,8-1 kg K2O
Inizio
fioritura
Prima della
fioritura
Prima della
fioritura
Sommità
fiorite
Foglie
Sommità
fiorite
Foglie
Piena
fioritura
Prima della
fioritura
Fioritura
Infiorescenze Inizio
Foglie
fioritura
Foglie
300 kg letame maturo prima
dell’aratura
1°anno: 0,7 kg N
0,7 kg P2O5
1 kg K2O
2°-3° anno:
0,7 kg di N (suddiviso dopo i tagli)
Qualunque tranne
300 kg letame maturo prima
Foglie
terreni troppo argillosi, dell’aratura
umidi e freddi
d’inverno
0,8-1,2 kg N
0,6-0,8 kg P2O5
1,2-1,4 kg K2O
Fresco, profondo,
permeabile
Leggero
Ricco di sostanza
organica
Sciolto
Ricco di sostanza
organica
40-50 kg
50-80 kg
80-100kg
100-250 kg
2°-3° anno:
2-3 tagli per 250 kg
complessivi
1° anno:
1 taglio per 30-40 kg
Fiori e foglie: 100150 kg
2°-3° anno: 100150 kg
1° anno: 50-100 kg
Scarica

ALLA SCOPERTA DELLE PIANTE OFFICINALI