Azioni contro oggetti, il ruolo del sistema motorio I pazienti SLA hanno difficoltà con i verbi delle azioni, perché? 7 novembre 2014 Secondo molti scienziati il fatto che i pazienti SLA (oltre ai gravi disturbi motori) mostrino evidenti e maggiori difficoltà linguistiche con i verbi che descrivono azioni rispetto ai nomi degli oggetti, dipende dal loro deficit motorio. L’idea è che il sistema motorio abbia un ruolo nella codifica semantica di queste parole. Un nuovo studio a cui ha partecipato anche la SISSA mette alla prova quest’ipotesi e suggerisce un ruolo importante per la “funzione esecutiva”. La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una malattia molto grave che colpisce principalmente il sistema motorio. Al centro dell’attenzione pubblica negli ultimi mesi grazie a una campagna virale (ricordate l’Ice Buket Challenge di quest’estate?), la SLA porta a una progressiva paralisi che causa la morte. Uno dei sintomi meno noti della malattia sono i deficit cognitivi, che possono arrivare fino a delle vere demenze. Uno di questi deficit è la difficolta selettiva nel comprendere e usare i verbi che descrivono le azioni, che per questi pazienti risultano molto più ostici dei nomi degli oggetti. Gli scienziati hanno ipotizzato che la difficoltà con questa classe di vocaboli dipenda dal danno al sistema motorio, che influenzerebbe la codifica semantica di queste parole. Un nuovo studio, al quale hanno partecipato alcuni scienziati della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, però non trova dati a sostegno di questa ipotesi. “La nostra idea è stata di confrontare la prestazione dei pazienti SLA – e di soggetti sani -‐ per i verbi riferiti ad azioni non con quella per nomi di oggetti qualsiasi, ma di oggetti che implicano la stessa azione dei verbi utilizzati nei test (es: “lavarsi i denti” e “spazzolino”), e questo non era stato fatto prima”, spiega Liuba Papeo, neuroscienziata del CIMeC di Trento e prima autrice della pubblicazione, che ha iniziato la ricerca alla SISSA durante il suo dottorato. “Gli studi precedenti avevano infatti usato verbi e oggetti completamente scorrelati”. Se infatti il problema con i verbi deriva dal deterioramento del sistema motorio, allora nei test si dovrebbero osservare difficoltà anche per i nomi di oggetti che implicano l’azione. “Nei nostri test abbiamo trovato il vantaggio nell’elaborazione dei nomi rispetto ai verbi. Questo ci fa pensare che i deficit motori e la difficoltà con i verbi sono due aspetti distinti, non vi è cioè una relazione causale diretta del primo sul secondo”, racconta Raffaella Rumiati, neuroscienziata della SISSA che ha coordinato la ricerca. Che cosa causa allora il deficit linguistico? “Va sottolineato che questo tipo di difficoltà non è probabilmente specifica dei pazienti SLA. In loro è certamente più evidente, ma riflette una tendenza generale della popolazione sana, così come della maggior parte delle sindromi neurologiche che riguardano le funzioni cognitive. In pratica, si sa, i verbi sono più difficili dei nomi”, continua Papeo. “I nostri test e risultati mostrano che c’è un collegamento con la ‘funzione esecutiva’ che è proprio la funzione cognitiva che fa i conti, tra le altre cose, con la difficoltà dei compiti”. La funzione esecutiva nel nostro cervello coordina e pianifica l’esecuzione di azioni complesse: i pazienti SLA oltre al deficit motorio puro mostrano anche questo tipo di problema. “I nostri test hanno evidenziato che i pazienti SLA falliscono nel ricostruire la sequenza logico/funzionale degli eventi motori che costituiscono un’azione complessa e finalizzata”. È proprio questo tipo di disturbo che potrebbe essere alla base del deficit linguistico dei pazienti SLA. “Servono ora nuovi studi per approfondire sia la disfunzione esecutiva nei pazienti SLA, sia il ruolo di questa nella codifica semantica dei verbi delle azioni”, conclude Rumiati. “La ricerca cognitiva sulla SLA può avere un vero e proprio impatto clinico,” spiega Papeo. “I deficit cognitivi molte volte si manifestano prima di quelli motori e dunque potrebbero aiutare in una diagnosi precoce, per migliorare per quanto possibile la qualità di vita dei pazienti. Se poi la ricerca dovesse portare a progressi nel trattamento della malattia, per ora incurabile, la diagnosi anticipata potrebbe diventare assolutamente determinante”. Alla ricerca, pubblicata sulla rivista Cortex, hanno collaborato anche l’Azienda Ospedaliero Universitaria “Santa Maria della Misericordia” di Udine e L’Azienda Ospedaliera “Ospedali Riuniti” di Trieste. Nel team della SISSA oltre a Rumiati ha lavorato anche Cinzia Cecchetto. LINK UTILI: • Paper originale su Cortex: http://goo.gl/i3XXKM IMMAGINE: • Crediti immagine: Peter Kirkeskov Rasmussen -‐ http://goo.gl/Zb5SDK Contatti: Ufficio stampa: [email protected] Tel: (+39) 040 3787644 | (+39) 366-‐3677586 via Bonomea, 265 34136 Trieste Maggiori informazioni sulla SISSA: www.sissa.it