2010
A lto p i a n o d i P i n é e Va l l e d i C e m b r a
A LTO P I A N O D I P I N É E VA L L E D I C E M B R A
S p o n s o r te c n i co
Progetto ideato e curato
dall’ Ufficio Editoria di Trentino Turismo e Promozione
Collaborazione
di Daniele Lira
Testi
di Lorenza Biasetto
Coordinamento editoriale, creatività e grafica
di Alexander Debiasi e Daniele Benedetti
Pubblicazione edita da
© 2013 - Trentino Turismo e Promozione
Stampa: la grafica - Mori (Tn)
Isbn 978-88-97402-23-7
A LTO P I A N O D I P I N É E VA L L E D I C E M B R A
Immagine e immagini del Trentino nel mondo
La fotografia è un’arte relativamente giovane, ma quanto mai efficace per fissare un momento, un’atmosfera, delle situazioni emozionali.
Riesce insomma a restituire a distanza accadimenti, sensazioni vissute in altri posti, a veicolare nel mondo visi e luoghi, con le loro
prerogative più caratteristiche ed affascinanti.
Con il progetto “Fototrekking Obiettivo Trentino” l’organizzazione turistica del Trentino si è proposta proprio questo scopo: immortalare
la nostra terra, quell’ambiente di cui giustamente andiamo fieri, per esportarlo e farlo conoscere ancora di più all’esterno, convinti che
spesso un’immagine possa dire molto più di mille parole.
Il “ Fototrekking”, dopo aver interpretato, a partire dal 2005, il lago di Garda, Rovereto, la Vallagarina, le Valli di Fiemme e Fassa, Comano
con il Bleggio e il Lomaso, è sbarcata nel 2010 sulle rive dei laghi dell’Altopiano di Piné e della Valle di Cembra, continuando a registrare,
nelle pellicole virtuali delle fotocamere, le immagini di località generose di bellezze naturali ed inclini all’ospitalità. Si tratta quindi di una
modalità di comunicazione strategica, che fa del notevole patrimonio paesaggistico, monumentale e culturale del Trentino il suo punto di
forza, rafforzando il legame tra il nostro territorio e la fotografia d’autore.
L’iniziativa nasce dalla sinergia tra gli Enti preposti alla promozione del Trentino e la Federazione Italiana delle Associazioni Fotografiche, dal
cui ricco vivaio provengono gli artisti selezionati per il laboratorio artistico. Una decina di giovani emergenti nel panorama della fotografia
italiana, già dotati di un proprio percorso professionale degno di nota, hanno – in questo caso – trascorso una settimana sull’Altopiano di
Piné e in Valle di Cembra, lavorando a fianco di Alex Majoli, fotoreporter di fama internazionale.
Questo libro fa parte di una collana che toccherà, uno alla volta, tutti i territori trentini, un tour per immagini che contribuirà a far conoscere
la nostra terra, la bontà dei suoi prodotti e la qualità delle sue proposte culturali.
L’Assessore all’Agricoltura, Foreste, Turismo, Promozione, Caccia e Pesca
della Provincia autonoma di Trento
Tiziano Mellarini
Fototrekking Obiettivo Piné Cembra
L’iniziativa “Fototrekking Obiettivo Trentino” è unica nel suo genere: da un lato guarda al Trentino, alla ricerca di luoghi e spunti originali, da
studiare attraverso una focale inedita e, dall’altra, stabilisce una doppia relazione con il mondo, attingendo al prestigioso Circuito Portfolio
Italia per la recluta dei partecipanti e, soprattutto, esportando ovunque le immagini qui realizzate.
È quindi un’opportunità mediatica formidabile, di carattere culturale, felice strumento per leggere e far conoscere eventi, realtà, territorio.
Per questo motivo anche l’Altopiano di Piné e la Valle di Cembra hanno fortemente voluto una tappa del “tour fotografico” ideato dal
principale Ente di promozione turistica provinciale.
Anzi, la convinzione dell’Azienda per il Turismo che oggi rappresento, è proprio che il territorio di Piné Cembra possa quanto mai prestarsi
ad una ricerca di situazioni autentiche ed originali, piccole perle del paesaggio, dell’architettura e della tradizione, che il tempo ha
salvaguardato, proteggendone l’integrità dagli effetti del turismo di massa.
La selezione degli oltre quattromila scatti realizzati dai dieci fotografi italiani nutre la promozione del nostro territorio, immettendo il
germe dell’arte nella comunicazione turistica ed integrando quindi la mera veicolazione di informazioni con la dimensione emozionale
dell’esperienza. Quest’ultima è il vero segreto di una valorizzazione efficace del nostro patrimonio territoriale, che comprende l’ambiente
naturale, ma anche, e soprattutto, la storia, la cultura e il vivere quotidiano di una comunità aperta a dare e ricevere.
Presidente dell’Azienda per il Turismo Altopiano di Piné e Valle di Cembra
Ugo Faccenda
Un racconto di racconti
In poco più di un lustro, per i fotografi italiani, il “Fototrekking Obiettivo Trentino” è diventato un atteso ed ambìto appuntamento, da
vivere come palestra professionale e da inserire come esperienza nel curriculum artistico, quale momento formativo qualificante, a fianco
di un testimonial d’eccellenza.
Le opportunità di crescita e visibilità rappresentate dal “Fototrekking” sono tanto più preziose, quanto rare nel mondo della fotografia di
oggi, che favorisce poco i giovani e spesso discrimina la progressione professionale in base a criteri che spesso poco hanno a che fare con
la meritocrazia. Il Circuito Portfolio Italia, nel quale questi ragazzi vengono selezionati, è davvero un grande vivaio democratico: chiunque
può liberamente mostrare e discutere i propri lavori, confrontandosi con i nomi della grande Fotografia e ricevendo indicazioni da lettori
esperti, photoeditor, docenti universitari e giornalisti.
Anche i partecipanti alla sesta edizione del “Fototrekking” si sono fatti le ossa sulle pedane di lettura delle manifestazioni più accreditate e
possono vantare oggi percorsi di ricerca diversi, caratterizzati da momenti espositivi e pubblicazioni di pregio: Daniela Bazzani, Nazzareno
Berton, Sergio Carlesso, Daniele Cinciripini, Francesco Comello, Paola Fiorini, Daniele Lira, Graziano Panfili, Stefano Parrini, Massimiliano
Pugliese, i quali, insieme al famoso fotoreporter Alex Majoli, hanno fotografato l’Altopiano di Piné e la Valle di Cembra, fornendone ognuno
una propria interpretazione, inedita e spesso sorprendente.
Proprio l’eterogeneità del gruppo, coeso nella comune ricerca fotografica territoriale, ha fatto emergere l’anima del territorio, sviscerandone
gli aspetti più sottili e individuando luoghi, persone e cose sfuggenti all’occhio assuefatto del fotografo locale. L’affiatamento è stato
immediato, mentre l’entusiasmo nulla ha tolto alla massima professionalità nella realizzazione dei lavori fotografici.
Accanto ad una vastissima produzione di scatti singoli, che diventa propellente per la moderna ed efficiente macchina della promozione
del Trentino, ciascuno dei partecipanti al “Fototrekking” ha scelto un proprio percorso, incentrato su un aspetto distintivo dei luoghi, e
sviluppato con metodo e creatività fino ad ottenerne un racconto organico, dotato di vita autonoma. Una decina di racconti, da infilare
come perle in una collana, sempre più lunga, che abbraccia il Trentino fissando le luci e i colori della natura, della storia e della vita.
A guidare la cinquantina di autori che si sono cimentati nell’esplorazione del Trentino, si sono avvicendati sei grandi maestri dello scatto di
cronaca: da Francesco Cito a Gianni Berengo Gardin, da Francesco Zizola a Stefano De Luigi, da Alex Majoli a Pietro Masturzo. Ciascuno con
il proprio bagaglio esperienziale, unico ed autorevole, da condividere con una decina di boccheggianti fotografi non proprio in erba, ma
comunque pronti ad assorbire gli input tecnici ed umani che naturalmente derivano dalla vicinanza di un professionista celebre. Comune
denominatore dei maestri l’occhio per la cronaca, il dna del fotoreporter, lo spirito della narrazione. Ognuno con il proprio stile, fotografico
e personale.
Se i primi quattro testimonial del “Fototrekking”, hanno preferito una lettura del territorio attraverso immagini singole, in grado ciascuna
di condensare un mondo in uno scatto, sull’Altopiano di Piné e in Valle di Cembra, Alex Majoli ha optato per un vero e proprio racconto.
Significativa la scelta del tema, quello religioso, in una zona del Trentino che lega il proprio nome a uno dei siti mariani storicamente più
noti del nord Italia.
Il Santuario di Piné ha rappresentato nei tre secoli successivi all’apparizione settecentesca della Madonna alla pastorella Domenica
Targa di Montagnaga un punto di riferimento imprescindibile sulla mappa dei luoghi di devozione, con una frequentazione di pellegrini
provenienti da tutta Italia e non solo. La tradizione religiosa del santuario di Piné nel tempo ha trovato inoltre ulteriori collegamenti e
sviluppo fino a comprendere una vera e propria rete di antiche pievi e chiese di montagna, edicole religiose, antiche mulattiere e cammini
tracciati dai pellegrini.
Proprio intorno a questi centri di interesse si è sviluppata una prima forma di turismo organizzato, che, accanto alle vacanze della casa
asburgica in Valsugana e sul Lago di Garda e alle prime importanti salite dolomitiche, a partire da fine ottocento, ha trasformato il Trentino
da una regione prettamente agricola a meta di scalatori, pellegrini e villeggianti.
Alex Majoli, fra i tanti spunti di un territorio famoso per i laghi ed i vigneti, ha colto con passione la suggestione religiosa, cui ha dedicato
dieci intensi giorni di ricerca. Un lavoro inedito il suo, a prima vista sorprendente rispetto ad un curriculum professionale che vede il
fotografo impegnato da oltre vent’anni nel reportage sociale e nella documentazione dei conflitti mondiali, prima della Jugoslavia, del
Kosovo e dell’Albania, poi in Afghanistan ed Iraq.
La scelta del percorso è stata solo apparentemente inaspettata, perché Alex Majoli è una figura timida e schiva. Il lavoro è stato condotto
in maniera solitaria e discreta; lo stile minimale sposa perfettamente le atmosfere di questi luoghi di silenzio e preghiera, dove la presenza
umana, la liturgia della parola, i sacramenti della confessione e della penitenza sono evocati mediante semplici elementi degli arredi
sacri. Cosicché i luoghi rappresentati nelle immagini di Majoli si riempiono di fragranze di legno antico e d’incenso, volti e storie di grazie
ricevute, armonie d’organo e passi rispettosi, in un’epoca in cui un crescente bisogno di spiritualità sta contrastando gli effetti di un
capitalismo consumistico e di uno sfrenato individualismo.
Il lavoro di Majoli rappresenta, ai massimi livelli, la possibilità di offrire una lettura del territorio che risente fortemente di una spiccata
personalità, ma ciò avviene anche nei lavori dei suoi nove “discepoli trentini”, sguinzagliati sull’Altopiano e in Valle di Cembra, alla ricerca di
temi cui appassionarsi. E le occasioni non scarseggiano: trascorrere alcune giornate con le campionesse mondiali di tiro con l’arco significa
per Daniela Bazzani l’opportunità di raccontare, con una sensibilità tutta femminile, le fatiche e le gioie di una vita dedicata allo sport; Sergio
Carlesso e Nazzareno Berton creano delle installazioni momentanee, nei boschi e nei laghi, per stimolare una riflessione concettuale sul
rapporto uomo-ambiente; Massimiliano Pugliese indaga le motivazioni e i sogni di una generazione di giovani, attraverso l’esperienza
del gruppo rock di successo “Bastard Sons of Dioniso”; Francesco Comello esplora il mondo dei cavalli, ritrovando nei ranch del Trentino
i “topoi” di tanta letteratura cinematografica americana; Paola Fiorini offre un delicatissimo ritratto di pattinatrici in erba; Daniele Lira
racconta l’esperienza di una banda di paese che si fa orchestra, insieme ai migliori musicisti italiani; Daniele Cinciripini studia le produzioni
di piccoli frutti, a partire dai modernissimi impianti-laboratorio; Stefano Parrini respira le atmosfere rarefatte di una casa contadina d’altri
tempi; Graziano Panfili accompagna le guardie forestali nelle attività di routine per la salvaguardia del patrimonio boschivo e faunistico.
Un altro capitolo di un racconto per immagini: il sesto del “Fototrekking Obiettivo Trentino”, ma non ultimo, perché il Trentino regalerà
ancora tante felici occasioni per essere interpretato e restituire un’immagine attuale della bellezza della nostra terra.
Alex Majoli
Il bosco non è terra di nessuno. Appartiene a se stesso e alla comunità, che lo vive come spazio da condividere con
gli animali selvatici ed i propri simili.
A farsi garanti della buona gestione delle ampie zone boschive del Trentino sono il Corpo Forestale della Provincia
Autonoma di Trento e i Custodi Forestali, istituzioni profondamente radicate nella storia e nel vivere quotidiano
delle comunità di montagna, percepite come un tutt’uno con il territorio e, in particolare, con gli spazi alberati.
In un reportage fresco e moderno, Graziano Panfili, cittadino di pianura, coglie immediatamente nella penombra
delle pinete dell’altopiano la presenza umana, silenziosa e discreta, efficiente ed efficace.
Uomini e donne, seri e capaci, impegnati nella custodia e nelle difesa del patrimonio comune.
Li segue nei monitoraggi di routine, occupati nel censire la distribuzione degli ungulati, a controllare lo stato delle
acque dolci, a definire le porzioni di legna da assegnare ai capifamiglia e i lotti di legname oggetto dei tagli, piuttosto
che a verificare possibili abusi.
Ne esce un Trentino consapevole che i propri boschi sono un patrimonio irrinunciabile, fonte primaria di vitalità ed
ossigeno, per i polmoni dell’ecosistema naturale, ma anche per bellezza del paesaggio, per un’economia che trova
ancora nelle risorse boschive, direttamente e indirettamente, un’interessante fonte di reddito, per un mondo a
venire fatto di energie rinnovabili e di sempre maggiore sensibilità ambientale.
I custodi del bosco
Graziano Panfili
La macchina schiaccia-sassi dei media, televisivi e web, investe tutto e tutti, marciando spedita verso mete che
non conosciamo. Evitarne l’effetto travolgente è pressoché impossibile, visto che ogni aspetto della nostra vita
quotidiana risente dei messaggi virtuali provenienti da un sistema mediatico pervasivo, che vede oggigiorno ogni
italiano impegnato su internet, tv e telefonino, per una media di cinque ore giornaliere.
Eppure qualcuno si è ribellato, sfruttando le stesse armi del nemico “grande fratello”. Tre ragazzi di montagna, un
giorno improvvisamente catapultati dal caso sul palcoscenico del teatro televisivo, davanti a milioni di telespettatori,
si sono opposti eroicamente al rullo delle grandi multinazionali dello spettacolo, che tentava di fagocitarne la
creatività e l’immagine, per trasformarle nell’ennesima gallinella dalle uova d’oro.
Del resto, cosa ci si poteva aspettare da dei “figli bastardi” inneggianti al dio Bacco? Non certo supina sottomissione
e inconsapevole compiacenza. Il gruppo rock TBSOD avrebbe potuto assecondare le esigenze di marketing della
discografia, ma ciò avrebbe comportato l’abbandono del percorso compiuto fino a quel momento, il tradimento della
propria musica, delle proprie idee. Così Jacopo, Federico e Michele hanno preferito seguire la loro strada, convinti
che la fama non vale quanto la propria passione e l’impegno per un “mondo sano / senza inganni né ingiustizie /
solo pregi e nessun vizio /nessun crimine commesso / solo gente di buon senso”.
Massimiliano Pugliese ha ritratto i tre giovani musicisti, a casa loro, nel primo concerto importante dopo i
palcoscenici internazionali, fissandoli negli occhi e studiandone la persona, piuttosto che i personaggi. Ne è uscita
una metafora, tutt’altro che scontata, di una gioventù dotata di carattere e coscienza, di creatività e coraggio, di
valori e impegno contro il “mostro dell’indifferenza”.
Figli bastardi
contro l’apparenza
Massimiliano Pugliese
U
na banda musicale è un collettivo spontaneo, un insieme osmotico di esperienze e suoni che brillano come fiori
di un bouquet. E nei nostri paesi le bande fioriscono da sempre, per celebrare l’amore per la musica, con spirito
orgoglioso e disinteressato.
Nelle valli alpine, soprattutto nei paesi più piccoli, far parte della banda, prima ancora che esibirsi sul palco e nelle
parate, significa andare settimanalmente a prove, fare i turni per le pulizie della “sede”, pianificare concerti e
trasferte, contribuire alla gestione dei bilanci economici, mediante l’organizzazione di feste e lotterie. Un insieme
di attività che coinvolge generazioni diverse, coniugando il vigore della giovinezza alla forza dell’esperienza e
diventando esempio di condivisione e trasmissione di cultura. La banda è al contempo espressione e metafora di
una comunità viva e salubre, dove la partecipazione di ciascuno acquista forza e significato nell’insieme: ognuno è
chiamato a fare la sua parte, ma il risultato è frutto del lavoro di tutti.
Il corpo musicale di Albiano è uno degli esempi più edificanti della centenaria tradizione bandistica trentina: si tratta
di una vera e propria orchestra, che ha saputo rinnovarsi nei decenni con progetti culturali all’avanguardia, come
quello che negli anni scorsi l’ha vista suonare con alcuni fra i maggiori musicisti italiani, quali Antonella Ruggiero e
Tosca.
Daniele Lira ha raccontato questa esperienza, ritraendo i ragazzi di celeste vestiti nel proprio paese, tra i portici
medioevali dell’Albiano antica, ai margini delle profonde cave di porfido, sulle rive lussureggianti del Lago di Santa
Colomba, come a testimoniare che la storia del gruppo bandistico è un tutt’uno con quella del suo territorio. Visi di
appassionati giovani e meno giovani, donne e uomini, riempiono i fotogrammi, mani sapienti impugnano ottoni e
clarinetti, in pose dinamiche che emanano energia. Nella realtà, e così nelle immagini, la banda è arrivata, come uno
stormo di uccelli colorati, a saturare l’aria frizzante di note allegre, portando via la malinconia, come nella canzone
di Mina.
E la banda passò
Daniele Lira
Piné e Cembra sono famosi per il ghiaccio, quello veloce dei tanti record mondiali e quello lento del curling, ma
anche il pattinaggio di figura fa parte integrante dell’immagine dell’Altopiano, con i suoi atleti e le sue competizioni.
Il ricordo delle giovani pattinatrici che fin dagli anni Cinquanta si libravano nei mesi più freddi sulla superficie vetrata
del Lago di Serraia si è piano piano affievolito, superato dall’organizzazione professionale dello stadio del ghiaccio
di Miola di Piné, che, a partire dal 1985, ha già formato più di una generazione di sportivi di buon livello atletico.
La più femminile delle discipline degli sport invernali ha coinvolto, ad oggi, qualche migliaio di bambine pinetane,
regalando loro salute e grazia, senso della disciplina e forza di carattere. Non poco nella scuola della vita.
Un’esperienza formativa che aiuta la crescita, fisica e morale, e predispone ad affrontare meglio le prove che la vita
ci riserva.
Paola Fiorini, da donna, incontra tante piccole donne, già temprate da severi allenamenti e qualche competizione,
tante volte cadute sul ghiaccio granitico ed altrettante rialzate con piglio determinato. Il tema è trattato con la
lievità caratteristica di questa età, ma, al contempo adombra la durezza degli allenamenti e la sottrazione al gioco
di tanto tempo libero; i ritratti sono teneri e insieme decisi; i colori pastello bilanciati dalla dinamicità di tagli obliqui;
Fiorini realizza un reportage fatto di leggerezza e profondità.
Toe-loop: piccole
pattinatrici crescono
Paola Fiorini
L’arte, nel suo significato più antico, comprende quelle attività umane, frutto di abilità innate, accorgimenti tecnici
ed esperienza, che portano a forme creative di espressione estetica, rappresentando appieno i valori sociali e
morali della propria epoca storica.
La saggezza è la capacità di effettuare la scelta migliore, valutando le proprie azioni alla luce di parametri che
intravedono scenari futuri favorevoli ai più, anche a scapito del proprio interesse personale e del consenso popolare,
che, infatti, attribuisce tale dote alle persone più anziane, in virtù della loro prudenza e maturità.
C’è una perla in Valle di Cembra. Di arte e di saggezza. È un piccolo museo a cielo aperto che la famiglia Pellegrini ha
saputo creare, salvando l’antica casa rurale dalla sistematica distruzione di architetture, arredi e paesaggi causata
negli scorsi decenni dal cosiddetto benessere.
Così, mentre ovunque, nelle vallate trentine, vecchi masi e nuclei storici di origine medioevale venivano
progressivamente rimpiazzati da anonime palazzine e villette in cemento, a Palù di Giovo qualcuno ha difeso con
coraggio e lungimiranza la dimora di famiglia, preservandone l’integrità della struttura, degli interni, ma anche
della funzionalità, coltivando i campi e i vigneti circostanti, continuando a riempire periodicamente le “caneve”,
cioè le cantine, di nosiola, patate e granaglie, e offrendo ospitalità ad agrituristi ante-litteram, già a partire dal
primo dopoguerra.
Stefano Parrini ha interpretato l’anima de “El Volt”, filtrando, attraverso la sua sensibilità, quella degli artefici di
questo luogo speciale, dove il tempo è rimasto sospeso. Una sorta di documentario intimo, che ripropone l’atmosfera
rarefatta degli ambienti, la silenziosa piacevolezza di un ritorno ad originarie memorie e valori, soffermandosi sui
dettagli che, come sempre, danno senso all’insieme e ne confermano l’autenticità.
Antiche memorie
Stefano Parrini
Il paesaggio per definizione accademica è “umano”, cioè risente della presenza e dell’intervento dell’uomo, il
quale nei secoli e nei millenni, ha contribuito a plasmare le forme della natura, modificandone la vegetazione o
addirittura l’orografia. Il concetto di natura incontaminata è quindi del tutto astratto, perché, sulla faccia della
terra, e tanto meno nel nostro Trentino, pochi sono i territori che non recano alcuna traccia, diretta o indiretta,
dell’antropizzazione.
La ricerca fotografica sul paesaggio, condotta con metodo e perseveranza da Sergio Carlesso e Nazzareno Berton,
nasce proprio dall’idea di un’interazione simbolica uomo-natura, laddove i luoghi della natura cessano di esistere di
per sé, per rivivere una nuova vita attraverso gli occhi, e le mani, di chi li osserva e li fa propri.
I due fotografi veneti sono convinti che l’arte possa farsi carico di rendere possibile e comunicare la propria
necessità, fortemente etica, di stabilire relazioni con l’ambiente, di percepirne l’essenza e le peculiarità, di farne
fisicamente parte; per questo i lavori di Carlesso e Berton sono quasi delle performance, dove lo scatto fotografico
è solo l’ultimo atto di un processo di immersione nel luogo: l’avvicinamento, l’osservazione, la realizzazione con
materiali semplici, spesso reperiti in loco, delle proprie installazioni sono semplicemente mezzi per ampliare le
proprie possibilità di scoperta.
L’interpretazione che i due fotografi hanno dato dell’Altopiano di Piné e della Valle di Cembra va in direzione
fortemente concettuale, associando alla piacevolezza estetica delle immagini una più profonda riflessione sull’agire
dell’uomo nella natura, perché, se vogliamo godere appieno e a lungo di quest’ultima, i nostri comportamenti
dovranno essere improntati, sempre più e quanto mai, al riconoscimento della sua bellezza e al conseguente,
indispensabile rispetto che le è dovuto.
Natura umana
Sergio Carlesso
Nazzareno Berton
“Il tiro con l’arco è una pratica, come dire, zen, più di testa che di muscoli” – spiega Jessica Tomasi, campionessa
mondiale di tiro con l’arco – “Ti porta ad essere molto lucida e concentrata. Richiede metodo, sia nell’organizzazione
del tempo, sia nella sequenza di tiro. L’arco ti dà autocontrollo e ti insegna a relativizzare”.
Il tutto è poi favorito dal contesto in cui si pratica questo sport: nel caso particolare del Gruppo Arcieri di Piné, gli
addestramenti avvengono in un ambiente salutare, rilassante ed energizzante allo stesso tempo. Se il tempo è
brutto si tira lo stesso, ad eccezione di quando grandina o c’è tempesta, perché, mentre l’arco è di alluminio, le
frecce sono di carbonio e potrebbero attirare i fulmini. Il vento invece, come il controluce, è un bell’“avversario”: si
deve calibrare l’effetto che avrà sulla freccia. Esercizi questi che portano a interpretare la variabilità di un ambiente.
Eleonora Strobbe, l’altra campionessa pinetana di tiro con l’arco nudo, spiega che “la grande fortuna è stata avere
Aldo Maccarinelli come allenatore. Il rapporto con il coach è fondamentale. Nel vivaio di Maccarinelli sono cresciuti
molti atleti che hanno avuto successo. Aldo non è solo un team manager: è un padre, uno chauffeur, un carpentiere,
un elettricista… lui ha creato il campo, dal niente. Ha trovato i prati, li ha sistemati, seminati e da anni li tiene come
un giardino. Ha dedicato la sua vita al tiro con l’arco e ci segue dappertutto, ogni giorno dell’anno…”.
Daniela Bazzani trascorre alcune giornate con gli atleti di Maccarinelli: accompagna le bambine ai corsi per
principianti e osserva le ragazze che muovono i primi passi nelle competizioni, segue i loro allenamenti nei boschi
dell’altopiano e poi conosce le campionesse mondiali Tomasi e Strobbe.
In un lavoro tenero e garbato, ripercorre con le prime le tappe fatte di studio e perseveranza, gli stessi che hanno
consentito alle seconde di raggiungere il successo, le intense gioie e le indicibili soddisfazioni che una disciplina già
degli dèi sa riservare.
Artemidi di Maccarinelli
Daniela Bazzani
Qui ci sono fragole, mirtilli, ribes e tutti gli altri piccoli frutti di cui sono piene le leggende di boschi e gnomi.
Quelle succose bacche colorate si trovano nei racconti per bambini oppure nascono nell’atmosfera rarefatta di
modernissimi impianti agricoli.
L’Altopiano di Piné si vanta delle copiose produzioni di piccoli frutti, agevolate da un’altitudine sul livello del mare,
da un’acqua e da terreni speciali che surclassano la pianura. Coltivazioni che includono nella propria filiera, oltre
agli impianti per la produzione vera e propria e la raccolta, anche i vivai più evoluti al mondo, per tecnologia di
piantagione, irrigazione e monitoraggio della crescita.
Daniele Cinciripini, la cui fotografia si espande spesso ai confini della pittura, prediligendo silenziose riflessioni sul
senso delle cose, offre una lettura minimale di uno dei settori principali dell’economia dell’Altopiano, concentrandosi
su una delle specializzazioni della produzione e rendendola metafora di un nuovo modo di fare agricoltura.
Cinciripini rifugge l’idea nostalgica di cartoline con rubiconde contadine che raccolgono turgide fragole: preferisce
registrare il gesto delle donne che diradano il semenzaio, smistando scientificamente le piantine in base alla
dimensione; evita i colori chiassosi della natura al solleone ed opta per immagini pastellate che seguono tutte le
declinazioni del bianco dei teli di nylon, dei vapori mattutini, delle garze antigrandine; offre insomma una visione
disincantata, stilisticamente suggestiva ed equilibrata di questi laboratori naturali.
Green Life
Daniele Cinciripini
I
cavalli imparano a riconoscere più parole di qualsiasi altro animale. Anche più del cane. Sono bestie molto
intelligenti. Lo si capisce subito dagli occhi. E, mediante lo sguardo, prima ancora che attraverso i comandi vocali,
comunicano con chi li conosce e li ama.
Un ranch, come la GD Farm di Piné o l’Happy Ranch di Cembra, sono un mondo a se stante, un ecosistema di uomini
e animali che interagiscono procurandosi vicendevolmente soddisfazione, in un equilibrio perfetto di poteri. Con i
cavalli, infatti, l’autorità non vale, conta semmai l’autorevolezza, che il cavaliere si conquista sul campo ed esercita
nella misura in cui l’animale più nobile al mondo gliela riconosce.
C’è una sorta di democrazia in un ranch: ognuno fa la sua parte e contribuisce, sette giorni su sette, a far funzionare il
sistema. Ogni forma di gerarchia è rimpiazzata da una rete aperta di relazioni personali, tra gli addetti allo stallaggio,
gli istruttori, gli avventori grandi e piccoli vogliosi di cavalcare e gli animali, veri protagonisti di giornate che iniziano
all’alba e terminano col buio.
Francesco Comello gode di queste situazioni, perché da sempre fotografa occhi e lo fa con una lunga sapienza di
reporter ed una spiccata sensibilità, tutta sua. Riecheggiano nel suo lavoro citazioni dalla letteratura cinematografica
dei migliori western, non senza una punta di ironia nella drammatizzazione dei tagli obliqui. La scelta del bianco e
nero e della pellicola non fanno poi che acuire la potenza primordiale dei muscoli animali e la determinatezza del
gesto umano. E così sgorga a piene mani tutta la passione che nutre da millenni il rapporto uomo-cavallo.
Sussurri di cavalli
Francesco Comello
Autori
1. DANIELA BAZZANI
Classe 1972, vive e lavora in provincia di Modena. Si avvicina alla fotografia quasi 6 anni fa per caso. Il crescente interesse per la fotografia l’ha portata a
conseguire l’Italian Master of Photography con Edoardo Agresti. Con il trascorrere del tempo, ha sviluppato una maggiore affinità per il reportage sociale
inteso come approfondimento di tematiche specifiche frequentando alcuni workshop con Francesco Zizola, Antonin Kratochvil, Anders Petersen, Alex
Majoli, Franco Pagetti, Erica McDonald e Andrew Sullivan. 2009 - Premio TPW, Savignano sul Rubicone (FC) con il portfolio “Nomen Omen” 1° premio e.e.
FotoConfronti, Bibbiena (AR) con il portfolio “Nomen Omen” Opera segnalata al concorso “Crediamo ai tuoi occhi”, Bibbiena (AR) con il portfolio “Nomen
Omen” Menzione speciale al LuccaDigitalPhotoContest, Lucca con il portfolio “Nomen Omen” Finalista al PremioFotografico 2009, TAU Visual con il
portfolio “Nomen Omen” 2010 - 1° premio Julia Margaret Cameron Award, Sezione Documentary and Editorial, Non professional, York (UK) con il portfolio
“Nomen Omen” Finalista al Jacob Riis Award con il portfolio “Nomen Omen” Menzione speciale IPA International Photography Awards, categoria Editorial:
Photo Essay Non-Pro con il portfolio “Nomen Omen” Menzione speciale Fotoconfronti 2010, Bibbiena con il portfolio “Butterflies” 2009. Partecipa
a numerose mostre collettive. Pubblicazioni Riflessioni, Un anno di portfolio 2010, CIFA Rivista FotoIT, mese di settembre 2010, CIFA Volume Vite di
quartiere, copertina + 5 pagine, dicembre 2010, Artegenti, Edizioni Artestampa Articolo Vivomodena n. 403 dell’8 dicembre 2010 Annuario FIAF 2010.
2. DANIELE CINCIRIPINI
Daniele Cinciripini nasce a San Benedetto del Tronto, la passione per la fotografia si fa sentire fin da giovanissimo. Appassionato di fotografia in bianco
e nero impara le antiche tecniche stampa attraverso il Gruppo Rodolfo Namias di Parma. Come autore specializzato conduce periodicamente corsi di
“Platinotipia e Digitale”. Ha partecipato ai workshop di “SIN_TESIS”, Rinko Kawauchi e Cristina Nunez. Dal 2011 è photo editor della rivista PrimaPersona,
semestrale della Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano (AR). Tra i numerosi riconoscimenti e pubblicazioni ricordiamo quelli di
Autore dell’anno 2010 (FIAF Regione Marche), Fotoleggendo Roma 2011 e Portfolio della Strega Sassoferrato 2011. Dal 2012 docente di Laboratorio di
Fotografia all’Università di Teramo. Attualmente è stato selezionato per Format13 International Photography Festival, con il lavoro Ten Minutes, che si
svolgerà dall’ 8 marzo al 7 aprile a Derby, UK. Da qualche anno Daniele considera il self publishing il mezzo più congeniale per creare e veicolare i propri
progetti. Periodicamente conduce corsi sull’argomento auto-pubblicazione dal titolo Printyourself!
3. GRAZIANO PANFILI
Graziano Panfili è nato a Frosinone nel 1971. Ha studiato reportage presso la Scuola permanente di fotografia Graffiti a Roma e ha frequentato seminari
e workshop con molti professionisti. Numerosi sono i progetti che ha realizzato finora e che gli hanno fruttato prestigiosi riconoscimenti. Attualmente
è testimonial della casa nipponica Ricoh per le fotocamere digitali e tiene seminari e workshop in tutta l’Italia. Sue foto sono state pubblicate in diversi
quotidiani e periodici su carta e online, libri e copertine CD. Attualmente fa parte dell’agenzia fotogiornalistica Onoff Picure.
4. SERGIO CARLESSO
E’ nato a Bassano del Grappa nel 1959; di professione architetto, risiede a Romano d’Ezzelino. L’interesse per il mezzo fotografico nasce negli anni ’80:
da quel momento la sua ricerca si indirizza prevalentemente verso il paesaggio, interpretato, spesso, con l’utilizzo di tecniche espressive sperimentali;
è particolarmente interessato alle relazioni fra la fotografia e gli altri settori dell’arte. Nel 2012 è stato insignito dell’onoreficenza AFI dalla Federazione
Italiana delle Associazioni Fotografiche. Con “Istint-anee” nel 2003 è risultato migliore autore nella 5° edizione del premio “Crediamo ai tuoi occhi” a
Bibbiena (AR); è stato inoltre premiato nella stessa manifestazione nel 2007 con “Ri-Flessioni” e nel 2009 con “On Line. Ha pubblicato “Il Grappa – Dall’
Olimpo Veneto” (Biblos Edizioni, 2002) e “Istint-anee” (Edizioni Fiaf, 2003), ed ha fatto parte degli autori selezionati per il volume “Immagini del Gusto/I
presidi Slow Food” (Edizioni Fiaf, 2005) e per la mostra “La magia della Polaroid” presso il Centro Italiano della Fotografia d’Autore nel 2009.
Dal 2003, grazie all’interessamento del fotografo Nino Migliori, una selezione di sue immagini fa parte della collezione del Centro Studi e Archivio della
Comunicazione dell’Università di Parma (CSAC).
5. NAZZARENO BERTON
Nasce ad Asolo in provincia di Treviso nel 1957, vive e risiede a Riese Pio X. Fotografa da oltre vent’anni. L’ambiente ed il territorio sono il primo “naturale”
soggetto verso cui ha rivolto e tuttora rivolge l’interesse e l’obiettivo, ottenendo importanti riconoscimenti in numerosi concorsi in campo nazionale e, in
qualche caso, internazionale. Più recentemente si è dedicato inoltre a ricerche sull’uso di tecniche “non tradizionali” sulla rappresentazione di soggetti
naturali di piccola dimensione.
6. DANIELE LIRA
Guida alpina e fotografo trentino, Daniele Lira da anni cura progetti legati al territorio. Dal 1998 al 2004 ha collaborato con l’Azienda di promozione
turistica del Lagorai al programma Lagorai: natura in libertà, che coniuga ambiente, poesia e fotografia. Nel 2003 ha pubblicato il volume Perché il
silenzio non ha parole - Malghesi e pastori del Lagorai, accompagnato da testi inediti di Mario Rigoni Stern, Alda Merini, Giovanni Raboni, Mario Luzi e
Franco Loi. Insieme a Nino Migliori e Paolo Crepet, nel 2004 ha seguito il progetto Lagorai Immaginato, una rivisitazione sperimentale dell’iconografia
turistica, presentata al Mart di Rovereto. Un altro importante lavoro ha riguardato una ricerca sul tema La ferrovia della Valsugana - Interpretazioni
fotografiche. Nel 2008 ha pubblicato Baldus - Il Monte Baldo, lo spirito e la terra per Marsilio Editore. Nel 2010 espone a Fotografia Europea di Reggio
Emilia. Dal 2007 organizza il festival Rovereto Immagini ed è ideatore del progetto Obiettivo Trentino Fototrekking.
7. PAOLA FIORINI
La formazione di Paola Fiorini passa attraverso corsi di tecnica mai terminati, scambi di idee e visioni, workshop (2008 Elizabeth Opalenik; 2009 con
Stefano de Luigi agence VII /Network ; 2010 Workshop con Alex Majoli/Magnum; 2011 Pietro Masturzo).
Predilige l’uso di fotocamere a pellicola, materia dove si sviluppa gran parte della sua ricerca e sperimentazione stilistica. Ha un’ossessione per le piccole
storie, quelle sussurrate e scoperte per caso. Nel 2009 e nel 2011 si classifica prima assoluta al “Portfolio Italia - Gran Premio Epson - Kiwanis”. Nel 2012
è finalista del premio “Amilcare Ponchielli “.
Espone a Bibbiena, Savignano immagini SIFEST, Fotoleggendo (Roma), presso l’Auditorium Melotti del Mart (RoveretoImmagini), Corigliano Calabro,
Castelnuovo di Garfagnana, Carrara, Galleria NINAPI’ Ravenna, Casa Museo Fraboni (San Pietro In Casale Bologna), Sassoferrato, Rosignano FotoFestival,
Perugia social photo fest, galleria Belvedere (MI), Manege Museum St. Petersburg.
8. STEFANO PARRINI
Nato a Barberino Val d’Elsa (FI) vive a Poggibonsi (SI). Dal 2007 ha partecipato a numerose mostre in tutta Italia, conseguendo diversi premi. Nel 2007
vince il premio “Epson-Le Logge” al Toscana Fotofestival (terzo classificato nel 2010), nel 2008 vince il “Portfolio dell’Ariosto”, nel 2009 menzione d’onore
al LUCCAdigitalPHOTO Contest e vince il premio “A Better World”, nel 2010 ottiene una menzioni d’onore all’IPA International Photography Awards e una
menzione d’onore al Blurb Photography Book Now, nel 2011 vince il SI Fest, nel 2012 selezionato per Descubrimientos PhotoEspana . Espone in varie
citta’ italiane partecipando a varie manifestazioni (Portfolio Italia, Toscana Foto Festival, Confini07, FoFu Phot’art , Musinf, Artefiera OFF) e pubblica
su alcune riviste di settore (Il Fotografo, Fotoit, FotoCult, Gente di Fotografia). Dal 2012 fa parte del progetto Photo Ltd collezionismo d’autore curato
da Daniela Trunfio e partecipa al progetto Reflexions Masterclass sotto la supervisione di Giorgia Fiorio e Gabriel Bauret. E’ cofondatore del collettivo
Synap(see).
9. MASSIMILIANO PUGLIESE
Massimiliano Pugliese Nasce nel 1970 a Roma, dove vive e lavora. Laureato in Scienze Statistiche ed Economiche, dal 2003 frequenta per 2 anni i
corsi dell’istituto Superiore di Fotografia di Roma e successivamente perfeziona la sua formazione attraverso numerosi workshop. Predilige l’utilizzo di
fotocamere analogiche, preferibilmente con pellicole bianconero, per la possibilità di stampare da sé in camera oscura. Espone al Centro Italiano della
fotografia d’autore a Bibbiena, a Fotoleggendo (Roma) e nel 2010 viene selezionato per Descubrimientos – PhotoEspana.
Finito di stampare nel mese di luglio 2013
da la grafica srl - Mori (Tn)
2010
A lto p i a n o d i P i n é e Va l l e d i C e m b r a
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