○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Cultura La “tomba di Stesicoro” nascosta nel convento Lo storico inglese Roger J.A. Wilson quasi in conclusione del suo intervento, parlò di un particolare edificio funebre di età romana. Lo studioso lo definì “poco conosciuto” in quanto, disse, “giace inaccessibile” in una caserma in piazza Carlo Alberto, e subito dopo affermò che di esso sopravviveva “solo l’angolo a nord est”. Wilson si riferiva evidentemente a quello spicchio di monumento che è comunemente ed erroneamente ricordato come la tomba di Stesicoro e i cui resti, costituiti da due muri rivestiti da conci lavici, si possono ancora osservare nel chiostro dell’ex convento carmelitano della Vergine Maria SS Annunziata. Nell’ex monastero dei Benedettini, sede della Facoltà di Lettere e Filosofia di Catania, nel maggio del lontano 1942, si tenne il congresso della società italiana per lo studio dell’antichità classica (S.I.S.A.C.). Il tema era la storia di Catania, dalle origini sino all’età romana e tardo-antica I catanesi, quel convento, non lo hanno mai chiamato così; poco importa che la chiesa (tra le più grandi e piene di storia della città) sia anche Santuario Mariano e che sia stato il più grande cenobio della città dopo il monastero benedettino di S. Nicolò; per loro il complesso dei padri Carmelitani è sempre stato a Maronna ‘o Càmminu, ma soprattutto il riferimento toponomastico preminente è stato ed è riservato alla grande piazza antistante: a fera ‘o luni. Ma la nostra breve storia ha inizio proprio nel 1992 quando all’interno dell’ex convento, oggi sede del Distretto militare di Catania, venne riportata alla luce, eviden- La parte visibile della cosidetta “tomba di Stesicoro” ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ 32 Catania PROVINCIA Euromediterranea ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Cultura temente all’insaputa di Wilson, un’altra porzione di quello stesso edificio funebre oggetto del suo intervento al convegno. I lavori erano già stati avviati nel 1990 dal Genio militare sotto il controllo della Soprintendenza di Catania ma qualche anno dopo, durante la ristrutturazione interna dei locali della caserma (proprio quelli prospicienti piazza Carlo Alberto), un capomastro individuò, sotto l’intonaco di un muro settecentesco del convento una parete rivestita di conci lavici squadrati; era riemerso il proseguimento della parete già osservata da Wilson, cioè un’altra piccola porzione di quello stesso edificio funebre visibile nel cortile della caserma è già oggetto delle osservazioni dell’archeologo Guido Libertini che nel 1925 portò i resti di tale monumento all’attenzione degli studiosi, mettendoli in relazione (erroneamente) con le notizie delle fonti letterarie antiche connesse al sepolcro del poeta greco Stesicoro e al quale fa riferimento la tradizione anche in merito alla figura del vescovo di Catania, San Leone II il taumaturgo, e in merito alla prima deposizione della patrona della città, Sant’Agata. L’importanza del ritrovamento fu subito chiara: del monumento esisteva ancora un’altra parte, quindi ora si ponevano nuovi interrogativi. Si poteva definire già quella una scoperta, ma fortunatamente un ufficiale in servizio in quella caserma intuì che ci doveva essere dell’altro e decise di intraprendere delle vere e proprie indagini che sono andate oltre quell’iniziale ritrovamento, documentando la successiva individuazione delle altre pareti perimetrali della tomba e del tipo di fondamenta, studiando la tecnica costruttiva di quel che è rimasto della volta e di altri particolari probabilmente attinenti alle successive fasi di riutilizzo. I risultati di tale indagine sono stati, da recente, presentati in un libro del dottor Corrado Rubino, dal titolo “Il sepolcro inaccessibile” e pubblicato dalla Mare Nostrum Edizioni. L’autore del libro è un ufficiale dell’Esercito, studioso di topografia antica e in servizio presso la caserma “Santangelo Fulci”. L’efficace titolo del suo volume fa riferimento alla particolare collocazione del monumento in quanto si trova proprio nel cortile interno della caserma intitola○ ○ ○ ta alla Medaglia d’Oro catanese “Antonio Santangelo Fulci” e quindi la sua fruizione, nonostante la piena disponibilità sempre dimostrata da parte dei vertici militari, non è certamente immediata (ma del resto, a Catania, neanche i monumenti cosiddetti aperti al pubblico sono facilmente visitabili). È l’annosa storia dei beni culturali che ricadono in aree di proprietà private o in aree di demanio militare. L’autore del libro vuole contribuire a rendere “meno sconosciuto” ai catanesi questo grande monumento e a fornire agli studiosi, che lo hanno identificato come tomba romana, gli elementi per poterlo inserire nei contesti topografico, archeologico e storico della città. Purtroppo, la natura episodica delle notizie sulle aree di necropoli attorno alla città antica, la loro non omogeneità e la persistenza dell’insediamento urbano moderno su quello antico, sono stati fattori negativi per gli studi archeologici e topografici che appaiono ardui anche per altre aree del tessuto urbano. Proprio in quest’area, a nord-est di piazza Stesicoro, gli interventi urbanistici ed infrastrutturali della città sono stati di notevole entità sia per la grande superficie interessata che per la profondità. Lo studio di questo grande monumento funerario della Catania romana è stato affrontato con metodi moderni, il più possibile basati su criteri di oggettività documentaria. In questo ambito particolarmente importante è il rilievo completo e l’analisi tecnica del monumento, prima mai realizzati, che costituiscono la base di uno studio che amplia il campo di indagine, prendendo in considerazione l’intero settore nordorientale della città antica e considerando i rapporti tra necropoli ed area urbana. L’accurato studio della tecnica edilizia consente inoltre di avanzare ipotesi sulla tipologia e sulla discussa cronologia del monumento, di cui viene proposto un inquadramento cronologico nell’ambito della metà/seconda metà del II secolo d.C., (cioè tra gli imperatori Marco Aurelio e Settimio Severo) rigettando finalmente e conclusivamente qualsiasi riferimento all’età arcaica ed al poeta Stesicoro, vissuto circa 560 anni prima della morte di Cristo. M.P. ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ 33 ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ si tratta di uno dei monumenti sepolcrali più grandi e meglio conservati della città, che tradizionalmente viene identificato come tomba del poeta greco ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Catania PROVINCIA Euromediterranea ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Cultura Sul palcoscenico la lingua siciliana La seconda Rassegna teatrale contemporanea in lingua siciliana è stata un successo, con venti compagnie e associazioni che hanno portato in scena i testi classici del repertorio in lingua siciliana: da “U sapiti com’è” a “San Giovanni decollato”, da “Mprestimi a to muggheri” a “L’eredità dello zio canonico”, tanto per citare alcune opere che vengono riproposte sempre con successo da decenni da compagnie amatoriali e di attori professionisti. Non si è trattato solo dell’offerta di un cartellone teatrale ma di una operazione culturale a tutti gli effetti che ha evidenziato, soprattutto alle nuove generazioni, l’importanza del patrimonio linguistico siciliano e, quindi, di una peculiarità culturale e storica dell’Isola del Sole. Una manifestazione, quella allestita dall’assessorato provinciale alle Politiche culturali, che ha registrato il pubblico delle grandi occasioni, con circa mille spettatori per ognuna delle 28 serate in calendario: un ottimo viatico perciò, verso la valorizzazione di un teatro sottovalutato e spesso emarginato, ma che ha confermato gli altissimi indici di gradimento di pubblico e critica. Un teatro amatoriale, a volte ingiustamente considerato minore, al centro di una vera e propria “operazione dignità”, grazie alla quale le rappresentazioni in lingua siciliana e, in generale, le tradizioni culturali della provincia etnea hanno riconquistato un posto di primissimo piano. Nell’ambito del cartellone, anche una iniziativa particolare dell’assessorato alle Politiche culturali che ha voluto promuovere e valorizzare l’arancia rossa, uno dei prodotti tipici locali maggiormente rappresentativi: in un tripudio di gusto e profumo di agrumi, all’ingresso del padiglione C1 del- Ci vediamo a teatro! Ni viremu o tiatru! Questo l’invito che l’Amministrazione provinciale ha rivolto al grande pubblico che segue con affetto e attenzione le manifestazioni al Centro Le Ciminiere, confermatosi davvero come la “casa degli artisti” provenienti da tutto il territorio provinciale. ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ le Ciminiere, l’invito a “nutrirsi” non solo di cultura ma anche dei sapori del territorio etneo, baciato dalla natura in termini di produzioni di eccellenza. E, al termine della rassegna, attestati di partecipazione per le compagnie e le associazioni impegnate nella riscoperta della lingua e della tradizione siciliana. In ordine, hanno proposto spettacoli l’associazione Suggestioni Ansonica (Catania) “L’aceddu ‘nda jaggia”; Tre Fontane (Piedimonte) “U sapiti com’è”; associazione Caf (Aci Catena) “Liolà” di Luigi Pirandello; compagnia Capuana (Paternò) “A famigghia difittusa”; Dolci e Gabbati (Catania) “Che sera stasera”; La casa di creta (San Pietro Clarenza) “I cunti de ciancianeddi”; gruppo teatrale Magma (Catania) “A ricchizza di Peppe Nappa”; Città teatro (Biancavilla) “I turchi” di Pippo Marchese; Ars Comediaque (Aci S. Antonio) “Dyscolos” di Menandro; Anspi Odeon (Gravina) “Giovedì dalle dieci a mezzodì”; Cgs Karol (S. Gregorio) “Glauco” di Luigi Pirandello; Animosa e Ambrosiana (castiglione) “I due gemelli” di Plauto; gruppo Campagna (Catania) “L’isola del sole”; Dimensione Scena (Catania) “Cuntu di la Sicilia”; Res Nova (Aci Castello) “I promessi sposi” adattamento di Aldo Lo Castro; associazione Pennino (Calatabiano) “Cercasi jennuru disperatamente”; associazione Musco (Fiumefreddo) “Mprestimi a to muggheri”; Sotto il tocco (S. Giovanni La Punta) “Tuoni, fulmini e saette” di Carlo Mangiù; Girovaghi (Giarre) “Il fumo negli occhi”; Filodrammatica Grasso (Aci Catena) “L’eredità dello zio canonico” di Russo Giusti; associazione Parisi (Macchia di Giarre) “A caccia du cumpari”; associazione Gli Etnei (Catania) “ Miseria e nobiltà”. La seconda edizione della Rassegna teatrale contemporanea in lingua siciliana ha previsto anche momenti dedicati ai bambini, con spettacoli e animazioni pensati proprio per loro: la variegata offerta è stata premiata con una ottima affluenza di pubblico che ha conosciuto o ritrovato sul palco delle Ciminiere gli attori più o meno famosi che calcano le scene in giro per i centri della Sicilia. Un modo nuovo e diverso anche per questi ultimi per dialogare con il pubblico e stabilire un legame che, per i contenuti e il valore intrinseco, rappresenta un innovativo patto artistico e culturale. M. P. di S. ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ 34 Catania PROVINCIA Euromediterranea ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Cultura Il fascino del cantastorie custodito in un museo Una Sicilia dimenticata e per certi versi sconosciuta alle nuove generazioni, la Sicilia cioè dei Cantastorie, torna prepotentemente alla ribalta grazie a due iniziative di pregio portate avanti con lungimiranza dalla Provincia di Catania tramite l’assessorato alle Politiche culturali. Due operazioni strategiche: vediamole nel dettaglio. La prima ha portato all’acquisizione delle opere del maestro Francesco Trincale, originario di Militello Val di Catania, ma conosciuto dal grande pubblico soprattutto per la sua attività artistica a Milano, dove ha fatto conoscere la tradizione della sua terra attraverso quest’arte popolare e che, proprio recentemente, ha ricevuto il vitalizio straordinario da parte dello Stato. La seconda è l’avvio dell’iter per la costituzione del Museo del Cantastorie a Riposto, grazie ad una sinergia della Provincia con la locale Associazione Il Cantastorie, che ha la sua punta di diamante nel noto cantastorie Luigi Di Pino, e il comune marinaro. L’idea forte, nel primo caso, è quella di realizzare un museo stabile del vasto archivio storico delle opere collezionate dal maestro Trincale durante l’arco di circa 50 anni di attività nel mondo e già acquistate dall’Ente. La collezione comprende i cartelloni dipinti con i protagonisti delle storie narrate, la versione discografica delle ballate che accompagnavano le immagini e la chitarra che le musicava, la documentazione cartacea di elaborazione dei testi, la rassegna stampa sull’opera e l’attività del cantastorie, i supporti sui quali stendeva nelle piazze le tele coloratissime. La storia della Sicilia e dei Siciliani raccontata così attraverso le canzoni e la poesia del maestro Trincale: la tradizione e l’arte popolare diventa uno strumento magnifico per la riscoperta, salvaguardia, tutela e trasmissione alle generazioni future dell’enorme patrimonio culturale. Un aspetto non trascurabile riguarda il linguaggio: Trincale utilizza una costruzione e una impalcatura linguistica sem○ ○ ○ plice, efficace, che arriva direttamente al cuore e, quando utilizza la sua lingua natale, il Siciliano, riesce a trasferire ed evocare tempi e atmosfere ormai entrate nella storia. Un esempio per tutti è la Barunissa di Carini. Negli anni 70 Trincale disegnò un cartello, volendo dimostrare, attraverso uno spettacolo appositamente proposto nelle scuole e nelle Università, non solo la radice storica dei cantastorie siciliani, ma a come essi si richiamavano alle storie leggendarie e passionali. Partendo appunto dal 1600, quando nel feudo di Carini del barone di Palermo Cesare Lanza accadde il fatto, ad oggi, mettendo in “parallelo” questa storia della Barunissa di Carini, con la ballata della principessa Diana, composta da Trincale subito dopo la morte di Diana e Dody Al Fajed, si può vedere come prevalgono gli stessi intrecci e sentimenti, fino ad arrivare alle morti misteriose. La vita e l’opera di Trincale costituiscono un percorso così importante da essere oggetto di tesi di laurea in Lettere da parte di Lorenzo Raimondi, laurea conseguita alla Statale di Milano. Per quanto riguarda il Museo del Cantastorie, esso rappresenta un ottimo punto di partenza per tramandare alle generazioni future i contenuti prestigiosi e ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ 35 ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Il “vecchio” Franco Trincale e il “giovane” Luigi Di Pino, protagonisti di un originale progetto voluto dall’Amministrazione lombardo per dare un futuro ad una tradizione secolare Luigi Di Pino ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Catania PROVINCIA Euromediterranea ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Cultura autorevolissimi di cultura popolare, oggetto di studio e interpretazione da parte dei tanti e bravi cantastorie della fascia jonica. Riposto, culla dell’indimenticato Orazio Strano rende così omaggio all’arte del “cuntare” e ai “cunti” popolari, grazie ad un progetto che vedrà allestire presso il prestigioso Palazzo Cosentino il fondo del nuovo museo, interamente dedicato ai grandi maestri siciliani. Grazie ad un accordo con l’Associazione “Il Cantastorie” che possiede una quantità straordinaria di materiale, la Provincia e il Comune hanno dato vita a questo progetto che permette di conservare nel tempo, anche con una forte valenza didattica, l’epopea narrata dai cantastorie. La complessa operazione, com’è stato già annunciato, parte dalla realizzazione di una mostra permanente per poi approdare allo status di Museo, magari attingendo economicamente anche ai fondi Por 2007-2013. ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ «Faccio appello a quanti hanno delle testimonianze dei cantastorie – ha commentato il cantastorie Di Pino – per eventuali donazioni o prestiti in maniera tale da implementare costantemente questo museo che appartiene alla collettività non solo ripostese, ma di tutta la Sicilia. I cantastorie possono essere richiamati come i veri primi “giornali” dell’epoca con la capacità di trasferire ad un pubblico vasto e popolare fatti e storie che hanno da sempre colpito l’immaginario collettivo». Con queste due percorsi la Provincia Regionale di Catania implementa l’offerta museale nel territorio, grazie ai blasonati musei dello Sbarco e del Cinema, ospitati al Centro Le Ciminiere e agli altri siti espositivi presenti in diversi comuni, sia del Calatino sia dell’area pedemontana. Una Provincia, quella etnea, che si conferma così straordinaria culla culturale nel bacino del Mediterraneo. Marcello Proietto di Silvestro ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ I martiri catanesi del 1837 Si immolarono per la Patria, o, se vogliamo, per quella voglia Autonomia alla quale i siciliani hanno sempre aspirato. Il pensiero corre inevitabilmente verso la storia. I fatti a cui ci riferiamo, riguardano una delle pagine più nere, cruente e controverse ch storia patria ricordi. L’arresto e la fucilazione degli otto patrioti catanesi colpevoli di aver proclamato, nell’agosto del 1837, l’indipendenza della Sicilia dai Borbone. Una storia di tradimenti e contro tradimenti, maturata in pochi mesi: da giugno al settembre del 1837. Alla fine, gli otto martiri pagarono con la loro vita un desiderio di autonomia. Le fucilazioni vennero eseguite in due diversi momenti sotto la facciata est del Palazzo Reburdone: L’8 e il 16 settembre del 1837, come ricorda la lapide fatta apporre in epoca post-unitaria nel luogo dell’eccidio libertà che era stato condiviso e appoggiato da altri; gli stessi che alla fine, per timore, o per bieco opportunismo, si tirarono clamorosamente indietro. Nel corso di questi eventi rivoluzionari, I nobili catanesi ebbero un ruo- A 171 anni dai fatti, è ancora viva la memoria di quell’evento: non soltanto perché in città fu il primo tentativo rivoluzionario a favore del Risorgimento, quanto, invece, per il suo triste epilogo ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ lo di primissimo piano e, purtroppo, in questo caso, per niente positivo. Negli anni dei primi fermenti risorgimentali, anche a Catania si andava diffondendo la carboneria. Nel 1812 era stato concesso ai Siciliani di godere di un proprio Parlamento, ma fu un’esperienza di breve durata. Esponenti della borghesia e nobili, cominciarono così a riunirsi. In particolare, il nobile Salvatore Tornabene nel suo palazzo di via Ogninella, raccolse un gruppo di giovani e professionisti che a vario titolo risultavano inseriti nel tessuto produttivo della città. Frequentarono la casa del Tornabene, tra gli altri: Diego Fernandez, Giovan Battista Pensabene, Salvatore Barbagallo Pittà, Giacinto Gulli Pennetti, Gabriello Carnazza, Giuseppe Caudullo Guarrera. Ogni pretesto risultò buono perché un semplice fermento si trasformasse in rivoluzione. L’occasione giusta capitò allorquando a Palermo scoppiarono i primi casi di colera. Si sparse la voce che erano stati agenti borbonici a infettare volutamente la popolazione. Lo stesso successe a Siracusa. Qui addi- ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ 36 Catania PROVINCIA Euromediterranea ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Cultura rittura, dopo un pubblico manifesto accusatorio firmato del barone Pancali, alcuni soldati borbonici vennero barbaramente trucidati dal popolo, “perché si disse - colti sul fatto”. A nulla valse la istituzione della commissione di vigilanza sanitaria proposta dall’istrionico Intendente della Provincia, principe di Manganelli. Di questo organismo, fecero parte anche il procuratore generale della Gran corte civile Paolo Cumbo, il marchese di Sangiuliano, Diego Fernandez, Gabriello Carnazza e Salvatore Tornabene. Fu l’Intendente in persona a volere inserire anche esponenti civili, e ciò allo scopo di far tacere chi aveva già avviato la caccia all’untore. Bastò la notizia, poi rivelatasi falsa, dell’insurrezione di Messina, per innescare la rivolta (questa volta vera) a Catania. La notte del 29 luglio il marchese di Sangiuliano seguito da un nutrito gruppo di uomini, al bagliore delle fiaccole e delle luminarie accese in ogni angolo delle strade,si recò dal comandate borbonico Santaniello per chiedere la consegna della guarnigione. Lo stesso capo militare venne rinchiuso all’interno del castello Ursino. L’ira popolare si sfogò abbattendo gli stemmi reali dei pubblici edifici e la statua di Francesco I ubicata a piazza degli studi (Odierna piazza dell’Università). Compiuta la prima fase senza eccessivo spargimento di sangue, venne rapidamente costituita una Giunta della quale, oltre a esponenti della nobiltà, fecero parte i liberali più oltranzisti. I rivoltosi tentarono di sollevare anche i comuni vicini, ma la risposta fu alquanto tiepida. Acireale che vantava la massima lealtà alla Dinastia, oppose dura resistenza. Per quanto la situazione fosse ormai sotto controllo dei rivoltosi, nell’aria cominciarono a serpeggiare strani timori. Il primo fu la temuta reazione da parte del sovrano. Ferdinando II seguì con la attenzione l’evolversi della situazione in Sicilia. Poi ci fu da considerare l’enigmatico atteggiamento della nobiltà che se da un lato aveva appoggiato le operazioni d’attacco, dall’altro si mostrò esitante rispetto al totale compimento del progetto rivoluzionario. Un filo conduttore sembrò legare le due questioni, e la risposta non tardò a venire. L’annunzio che il ministro generale della polizia borbonica Del Carretto sta○ ○ ○ va per salpare da Napoli alla volta di Palermo con un nutrito contingente di uomini, gettò il popolo nel panico. Il principe di Reburdone, d’accordo col Manganelli, il marchese di Sangiuliano e altri membri della giunta provvisoria, improvvisamente cambiarono rotta; scesero nuovamente in piazza: questa volta i bersagli furono gli stessi liberali coi quali, appena pochi giorni prima avevano combattuto fianco a fianco contro l’oppressore. Si trattò di un tradimento vero e proprio, che si trascinò dietro la folla di tutti quei cittadini che non avevano mai visto di buon occhio la rivoluzione. I ribelli più oltranzisti vennero ammanettati, torturati e incarcerati. Più tardi, sarebbero stati consegnati alle autorità borboniche nel frattempo riinsediati d’imperio dal Dal Carretto. Il capo della polizia scese da Palermo a Catania senza sparare un colpo, accolto quasi come un “liberatore”. In poco meno di un mese fu imbastito il processo ai rivoltosi che si celebrò nel Reale Collegio Cutelli. Il verdetto fu terribile: Il letterato e noto giornalista Salvatore Barbagallo Pittà, l’avvocato Gaetano Mazzaglia, Giovan Battista Pensabene, Giacinto Gulli Pennetti, Giuseppe Caudullo Amore, e i commercianti Giuseppe Caudullo Guerrera, Angelo Sgroi e Sebastiano Sciuto, vennero condannati alla fucilazione. Per molti altri le pene variarono a diversi decenni di carcere duro. Pochissime le assoluzioni. Alcuni rivoltosi, tra cui il Fernandenz, per salvarsi la vita, furono costretti all’esilio. Santo Privitera ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ 37 ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Le fucilazioni vennero eseguite in due diversi momenti sotto la facciata est del Palazzo Reburdone: L’8 e il 16 settembre del 1837, come ricorda la lapide fatta apporre in epoca post-unitaria nel luogo dell’eccidio ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ Catania PROVINCIA Euromediterranea ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○