167-168 2007 “Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Milano” Calabria Polistena città fortificata. Campania I Castelli di Baia, Montesarchio, Caiazzo, Taurasi, Roccadaspide. Emilia Romagna La Rocca di Brisighella. Lombardia La cascina fortificata di Celpenchio e i Castelli di Cozzo, Fagnano Olona, Pagazzano, Sirmione, Chiavenna. Marche Le mura di Corinaldo. Friuli-VeneziaGiulia Da Còrmons a Cividale del Friuli Molise La famiglia dei Monforte e i Castelli di Boiano, Pescolanciano. Lazio La chiesa di Sant’Eligio degli orefici. Puglia Il Castello di Ugento e Morciano di Leuca. Liguria Il Castello di Compiano. Sardegna Il Castello Malaspina di Bosa. Sicilia I Castelli Ursino, Paternò, Sant’Angelo, Spadafora. Toscana La Rocca di Staggia e la Fortezza di Montecarlo. Trentino Castel Nanno. Umbria Castello di Capecchio. EN / IBI 1 Cronache Castellane ommario Editoriale 3 L’eterno miracolo. Quante cose può diventare un castello? Attività dell’Istituto 4 Verbale della commissione giudicatrice del concorso scolastico “Il castello diventa...”. Attività delle Sezioni 6 Calabria Polistena, città fortificata in epoca Bizzantina. 6 Campania Visite guidate ai castelli di Baia, Montesarchio, Caiazzo, Taurasi, Roccadaspide. Il borgo fortificato di Villincino, e la basilica romanica di Sant’Eufemia. I castelli della provincia di Cremona. Il castello di Sirmione e la sua darsena. Le fortificazioni di Casolate e Bisnate. Dal castello Gemino di Chiavenna alla collina di Santa Caterina di Gordona. 17 Marche Le mura di Corinaldo e il parco archeologico di Suasa. 20 Molise La famiglia feudale dei Monforte e la figura emblematica del conte Cola. Il castello di Civita Superiore di Boiano. Il castello D’Alessandro di Pescolanciano. 22 Puglia Il castello di Ugento e di Morciano di Leuca. 23 Sardegna Castelli e signori: i Malaspina a Bosa. 8 Emilia Romagna La Rocca di Brisighella. 9 Friuli-Venezia Giulia Da Còrmons a Cividale del Friuli. 9 Lazio Rocca, Turris, Munitio. La chiesa di Sant’Eligio degli Orefici. 10 Liguria Il castello di Compiano e il suo Borgo. 12 Lombardia La cascina fortificata di Celpenchio e il castello di Cozzo. Il castello di Fagnano Olona e i suoi affreschi. Il castello Visconteo di Pagazzano, convegno e visite guidate. 24 Sicilia Catania, castello Ursino. Licata, castello Sant’Angelo. Cefalù, duomo, Osterio Magno. Messina, il forte Gonzaga e il castello di Spadafora. Il castello normanno di Paternò. 26 Toscana La rocca di Staggia Senese e la fortezza di Montecarlo. 27 Trentino Visita a castel Nanno. 27 Umbria Il castello di Capecchio. 40 anni di amicizia castellana. Cronache Castellane Fondatore Vittorio Faglia Direttore Flavio Conti Redattore Mariarosa Fonio Collaboratori Francesca Albani Mila Antonietti Anna Caroli Luisella Rosti Progetto grafico Maria Rosa Fonio Impaginazione Luisella Rosti Il castello di Monselice (PD). Redazione Via San Galdino, 6 20154 Milano Tel./Fax 02.33.61.15.97 e-mail: [email protected] Stampa Interlinea sas - Via Biseo, 39 25128 Brescia ISTITUTO ITALIANO DEI CASTELLI ONLUS. Fondato da Piero Gazzola nel 1964. Organizzazione internazionale sotto gli auspici dell’Unesco e del Consiglio d’Europa. Associato a Europa Nostra, Federazione paneuropea del Patrimonio. Il presente notiziario, stampato in 3.000 copie, è una circolare interna di informazione per i soci dell’Istituto Italiano dei Castelli. Autorizzazione del tribunale di Monza n. 147 del 23.4.1968. I testi possono essere riprodotti previa autorizzazione e citando la fonte. Sede legale: Castel Sant’Angelo, Roma Sede Operativa: Via G.A. Borgese, 14 20154 Milano Tel./Fax 02.34.72.37 e-mail: [email protected] www.castit.it Cronache Castellane 3 ditoriale L’eterno miracolo Com’è ormai tradizione, questo numero di “Cronache” è totalmente dedicato alle Giornate Castellane del settembre scorso. E, regolarmente, corriamo il rischio di ripeterci, e di essere insopportabilmente noiosi. Eppure, non possiamo farne a meno. Il rinnovarsi, anno dopo anno, dell’eterno miracolo che, con le nostre sole forze, in assoluto e gratuito volontariato, riusciamo a realizzare nella varie regioni della Penisola, è un tonico inebriante, un vento rinfrescante che spazza via la sempiterna lamentela – a cui noi stessi ci siamo più volte abbandonati – dell’Istituto invecchiato, sfiduciato, ritirato su se stesso, conservatore, poco attraente per i giovani. È vero il contrario. Scorrendo le manifestazioni che, nell’arco di pochi giorni, dal Trentino alla Sicilia, ogni sezione è riuscita a impostare e condurre in porto emerge la realtà di un Istituto vivo, radicato nella società, capace di ben presentare le sue realizzazioni e di coinvolgere nei suoi temi molte altre persone. Ecco: il coinvolgimento è il risultato di cui, a nostro parere, c’è più da essere fieri. Riuscire a portare decine e decine, spesso centinaia, in alcuni casi diverse migliaia, di persone a visitare, capire e apprezzare castelli, forti, rocche, borghi fortificati, vuol dire non solo essere capaci di impostare, coordinare e portare a compimento operazioni complesse e, anche solo fisicamente, spossanti, ma anche e soprattutto avvicinare alle nostre tematiche e problematiche individui e organizzazioni che nemmeno sospettavano questa loro capacità. Non è poco. Anzi, in prospettiva è moltissimo. Come sempre, ci sono state sezioni che hanno fatto di più (grazie anche alla presenza di delegazioni provinciali alle quali è stato demandato gran parte del lavoro sul territorio) e altre che hanno concentrato i loro sforzi su uno o due obiettivi. Ma non è il caso di fare graduatorie. Ogni azione è correlata – e spesso condizionata – dal contesto in cui si opera. E tutte hanno risposto ai nostri fini, spesso con risultati ben al di là delle aspettative elaborate a tavolino. Se c’è un rammarico per chi scrive è di non aver potuto, per impossibilità fisica, essere presente a ognuna di queste manifestazioni: la celebrazione di 40 anni di amicizia castellana dell’Umbria, la scoperta calabrese di Polistena, le visite guidate ai castelli campani, friulani, emiliani, lombardi. Ma quelle a cui abbiamo partecipato hanno mostrato entusiasmo, partecipazione, interesse. Abbiamo, credo, ben seminato. Attendiamo con fiducia i frutti. Quante cose può diventare un castello? Il 30 ottobre scorso si è riunita, presso la sede della segreteria generale, a Milano, la giuria del concorso scolastico “Il castello diventa..” La selezione dei lavori è stata lunga e complessa, perché parecchi erano i lavori degni di interesse (e qualcuno persino vagamente impressionante, come le grandi figure di castellani – uomini e donne – indossanti abiti d’epoca, di una scuola ligure). Ma soprattutto ha sorpreso, affascinato e talvolta entusiasmato la giuria la capacità inventiva e l’originalità dei lavori. Una nota di merito che va a tutti: insegnanti e scolari. È stata un’eloquente dimostrazione come infinita sia la capacità dell’architettura fortificata di ispirare, suggestionare, mobilitare fantasie e intelligenze. Noi lo sospettavamo. I ragazzi ce l’hanno dimostrato. Flavio Conti 4 Cronache Castellane ttività dell’Istituto i castelli Nella pagina accanto: alcuni esempi di elaborati eseguiti dai ragazzi della scuola media “Colozza” di Campobasso, vincitori del 1° premio. Il gruppo di lavoro ha “trasformato” il castello Monforte di Campobasso in una serie di elaborati realizzati con tecniche diverse, vetro, ceramica, rame, cartoncino ispirandosi a diversi protagonisti dell’arte moderna. abitano da sempre la fantasia di adulti e bambini. Essi sono stati teatro delle più belle favole con le quali sono cresciute intere generazioni, costruzioni grandiose in grado di suscitare emozioni profonde ed affascinare in modo straordinario. Ma i castelli non sono solo questo. I castelli sono la testimonianza viva e tangibile della storia di un luogo, di una famiglia, di una comunità. Quasi ogni città italiana vanta, spesso in posizione dominante sull’abitato, il “suo” castello che “parla” attraverso le sue pietre. Spesso questi monumenti sono vittime dell’incuria e dell’abbandono, altre volte, VERBALE DELLA COMMISSIONE GIUDICATRICE DEL CONCORSO SCOLASTICO “IL CASTELLO DIVENTA … ” I l giorno 30 ottobre 2007 si è riunita a Milano, presso i locali della segreteria generale dell’Istituto Italiano dei Castelli, la giuria del concorso scolastico “Il castello diventa…”. Constatata la validità della convocazione e della riunione, i lavori vengono aperti alle ore 15,00. Sono arrivate presso la segreteria dell’Istituto 29 lavori provenienti da 8 regioni. Dopo approfondita analisi e discussione, la giuria assegna i seguenti premi: 1° premio alla Scuola media “Colozza” di Campobasso, per la completezza e validità dei lavori presentati e per l’adesione allo spirito del concorso, volto a far capire come i monumenti fortificati del passato possano essere integrati nel flusso della vita moderna. 2° premio all’Istituto comprensivo “Centola” di Palinuro (SA), per la gradevolezza dei lavori e per la comprensione del tema, rapportato alle esigenze del presente. 3° premio alla Scuola media statale “U. Fraccacreta” di invece, sono oggetto di recuperi intelligenti e razionali che mirano alla loro rivitalizzazione attraverso un uso in armonia con il passato e le esigenze della vita contemporanea. il concorso si rivolge ai docenti e agli alunni delle scuole secondarie di primo grado che, operando attraverso modalità interdisciplinari e in armonia con i programmi ministeriali, vogliano fare una riflessione su un castello o un’architettura fortificata presente sul loro terrirtorio di residenza, proponendo la conoscenza, la tutela, la valorizzazione e il possibile riuso. Bari Palese, per l’originalità di alcune delle realizzazioni e per l’evidente adesione all’argomento. La giuria ha inoltre deliberato di assegnare un attestato di segnalazione, per l’interesse presentato dai loro lavori, alle seguenti scuole: Scuola “Montessori” di Somma Vesuviana (NA) per la ricerca abbinata alla proposta progettuale. Scuola media statale di Longiano (FC) per la buona articolazione concettuale ed espressiva delle realizzazioni. Scuola media “Guido Corsi” di Trieste (TR) per l’efficace multidisciplinarietà del progetto. Istituto comprensivo Valtrebbia “G. Mazzini” di Torriglia (GE) per l’originalità di ricerca sul tema. Scuola media “N. Tommaso” di Busto Arsizio (VA) per la dettagliata analisi del progetto. Istituto comprensivo “A. Vespucci” di Catania per l’originalità dell’approccio. Scuola media statale di Balsorano (AQ) per il valore progettuale della proposta. Il presidente dell’Istituto Flavio Conti Cronache Castellane 5 6 Cronache Castellane ttività delle sezioni Calabria POLISTENA, CITTÀ FORTIFICATA IN EPOCA BIZZANTINA a sezione Calabria in concomitanza con le “Giornate Nazionali dei Castelli” che si celebrano in tutta l’Italia, il 29-30 settembre, ha organizzato una visita a Polistena (RC). Polistena si ipotizza esistesse già all’epoca della colonizzazione magno-greca. Si riscontrano indizi di insediamenti dell’epoca romana e fu certamente città fortificata in epoca bizantina. Distrutta dal terremoto del 1783 fu ricostruita su un nuovo sito, pur persistendo l’impianto urbano di matrice medievale. Il quartiere tardosettecentesco presenta tutt’oggi numerose chiese al cui interno si custodiscono testimonianze del passato e splendidi palazzi signorili, con pregiati portali opera di scalpellini serresi. Giovanni Russo, direttore della Biblioteca civica comunale ha guidato il gruppo nella visita iniziando dal Municipio dove il sindaco prof. Giovanni Laruffa ha cortesemente dato in omaggio alcuni testi legati alla storia locale. È seguita la ricognizione attraverso il centro storico, con visita alla chiesa della Trinità, bellissima ricostruzione del settecento con cupola in embrici maiolicati, alla cappella di S. Anna, alla grotta basiliana e alla chiesa madre di S. Marina, che conserva molte opere artistiche provenienti dall’antica chiesa madre tra cui la Pala della deposizione, il coro ligneo, l’ultima cena opera di F. Jerace e l’antico fonte battesimale. Proseguendo da via Michele Valensise il gruppo ha percorso le antiche vie della città della ricostruzione tardosettecentesca, via Conte Milano, via Annunziata, dove si apre la cappella di Palazzo Jerace, oggi chiesa dell’Annunziata, via f.lli Scerbo su cui prospetta il giardino di Villa Rodinò di Miglione, piazza del popolo, su cui prospettano i palazzi Avati, oggi sede di un’istituto di credito, e palazzo Riario-Sforza. Infine le chiese di S. Francesco di Paola e del Rosario, esempio di tardivo stile barocco, con opere di rifiniture interne di valenti maestranze locali. Siamo poi stati gentilmente accolti dalla Duchessa Donna Gunn Riario Sforza per ammirare la cappella di S. Maria degli Angeli annessa al palazzo già Milano Franco d’Aragona e passato, per successione femminile L Roccadaspide (SA). Il castello è collocato alla sommità dell’antico nucleo abitato, a dominio dell’alta valle del fiume Calore. L’aspetto attuale è attribuibile all’epoca angioina. napoletana, agli attuali proprietari per il matrimonio di Giulia Milano con Giovanni Riario Sforza. Il palazzo fatto ricostruire, dopo il terremoto, da Giacomo V Milano conserva il monumento funebre marmoreo di Giovanni Domenico Milano e la statua in marmo del citato Giacomo V. Al termine, Riunione conviviale presso il ristorante Donna Nela seguita da un incontro a Palazzo Valensise dove la nostra gentile socia arch. Francesca Valensise ci ha accolto per un caffè. I soci hanno poi visitato la cappella di S. Domenico con reperti dell’antica chiesa del convento domenicano, la statua del cristo risorto dei f.lli Morani e la tela su sinopia del XVIII secolo. Il palazzo fu ricostruito per volere di Michele Maria Valensise dall’arch. Biagio Scaramuzzi nel 1797 sulle rovine del convento domenicano, di cui oggi sono ancora visibili i muraglioni cinquecenteschi e l’antica scala granitica. Rosalbino Fasanella d’Amore Campania VISITE GUIDATE AI CASTELLI DI BAIA, MONTESARCHIO, CAIAZZO, TAURASI, ROCCADASPIDE a nona edizione delle Giornate Nazionali dei Castelli, organizzata dalla sezione Campania dell’Istituto Italiano dei Castelli con le collaborazioni degli enti locali interessati, ha previsto una serie di interessanti manifestazioni dedicate alla promozione, alla sensibilizzazione ed alla conoscenza di alcune tra le più significative architetture difensive della Campania: il castello di Baia, il castello di Montesarchio, il castello di Caiazzo, il castello di Roccadaspide ed il castello di Taurasi. Nella prima delle due giornate dedicate alle architetture fortificate, è stata programmata, con la collaborazione della competente Soprintendenza di Napoli, una conferenza presso la sala dell’accoglienza del castello di Baia dal titolo: Il castello di Baia: storia, restauro e valorizzazione. Alla conferenza, curata dal Soprintendente arch. Enrico Guglielmo, è seguita una visita guidata al castello di Baia, condotta dallo stesso arch. Guglielmo, che ha mostrato alcuni tra i più suggestivi ed inediti ambienti restaurati del castello. Dopo i saluti del presidente della sezione Campania dell’Istituto Italiano dei Castelli, arch. Fabio Pignatelli della Leonessa e la presentazione da parte dell’arch. Luigi Maglio, responsabile delle attività scientifiche dell’Istituto, la parola è stata presa dall’arch. Guglielmo che ha provveduto a fornire all’attenta platea dettagliate informazioni sulla storia ed il restauro del castello. Il Castello di Baia, la cui componente archeologica è prevalente sulle altre, è frutto di una eccezionale e millenaria stratificazione che inizia a partire dal I secolo a.C. che lo accomuna a tutta l’area dei Campi Flegrei. Dalle terrazze di esso, infatti, è possibile scorgere senza sforzo alcune tra le più straordinarie testimonianze archeologiche di questo tratto del Golfo di Napoli: il Tempio di Augusto sul Rione Terra ed L il Macellum di Pozzuoli, i resti delle ville marittime, le Terme di Baia, l’acropoli di Cuma ed altro ancora. La costruzione del castello iniziò, infatti, solo nel 1490 proprio sui resti di un’antica villa romana, a protezione della costa flegrea e della capitale del Regno. Il castello di Baia, che si staglia su di un promontorio naturale, ad un’altezza di 94 metri s.l.m., venne munito di mura, torri, fossati e ponti levatoi che lo rendevano praticamente inviolabile. La realizzazione delle opere difensive fu affidata al celebre architetto militare Francesco di Giorgio Martini. L’ultimo grande evento eruttivo dei Campi Flegrei, datato 1538, che determinò tra l’altro la nascita del più giovane vulcano d’Europa, il “Monte Nuovo”, provocò devastanti danni ad una vasta area comprendente anche il Castello. Il vicerè don Pedro de Toledo fece ricostruire le parti crollate e ampliò considerevolmente la fabbrica originaria che assunse la configurazione di un grandioso forte bastionato con impianto planimetrico irregolare a causa delle caratteristiche molto accidentate del sito. La fortezza venne dotata, successivamente, di opere di protezione avanzata, tra cui un piccolo ma ben armato forte a mare destinato a fronteggiare le offese navali. Dopo l’annessione allo Stato sabaudo, iniziò un periodo di lento ed inesorabile oblio per il castello che, nel 1887, venne escluso dalle fortezze di stato venendo successivamente, nel secondo dopoguerra, adibito ad orfanotrofio per accogliere gli orfani di guerra. Soltanto negli ultimi decenni è stata data al Castello una destinazione d’uso adeguata alla sua importanza: quella di Museo Archeologico dei Campi Flegrei. È tuttora in corso un elaborato ed esteso intervento di restauro diretto dallo stesso arch. Guglielmo al fine di ampliarne gli spazi espositivi. Sempre nella giornata di sabato 29 settembre si è proceduto alla visita guidata del Castello di Montesarchio e del Museo Nazionale del Sannio Caudino in collaborazione con la Soprintendenza per i beni Archeologici delle provincie di Salerno, Avellino e Benevento. Questo Castello, di fondazione longobarda, ci è pervenuto nelle forme dovute alla ricostruzione aragonese risalente alla fine del XV secolo ed agli adeguamenti ascrivibili al secolo successivo. Nonostante l’antico impianto sia stato quasi del tutto perso, qualche traccia dell’opera originaria rimane nel basamento di grandi blocchi di pietra squadrata e nelle aperture a”bocca di lupo” poste alla base della cerchia esterna. Molto interessante è anche il baluardo avanzato a protezione dell’ingresso, dotato di “doppio ordine di fuoco” in casamatta nonché di troniere scoperte. Il Museo, che occupa il primo piano del Castello, raccoglie le testimonianze più significative dei principali insediamenti delle valli Caudina e Telesina. Il nucleo principale dell’attuale esposizione è costituito dai corredi funerari della Necropoli di Montesarchio, datati tra l’Età del Ferro e l’epoca Sannitica (IV-III sec. a.C.) e dalle ceramiche di produzione corinzia e greco - orientale. Il giorno successivo, domenica 30 settembre, in collaborazione con la Pro Loco di Caiazzo e grazie all’ospitalità del proprietario del Castello, sig. Ferdinando De Angelis, è stata organizzata una visita guidata del Castello. La fortezza presenta delle torri cilindriche ed un mastio quadrangolare più antico, risalente al periodo normanno-svevo. Nel 1229, sotto la dominazione sveva, Caiazzo fu liberata, per intervento diretto di Federico II, da un assedio portato dalle truppe pontificie guidate da Giovanni di Brienne. L’imperatore stesso soggiornò nel Castello ed ebbe molto in considerazione la stessa città. Contemporaneamente, a Roccadaspide, il consocio dott. Ettore Giuliani, proprietario del castello, ha fatto gli onori di casa ospitando tra le mura del castello quanti lo volessero visitare. Il Castello, collocato alla sommità dell’antico nucleo abitato, in una posizione che domina l’alta valle del fiume Calore, anticamente costituito da un’unica torre, probabilmente ubicata nell’attuale parte centrale della struttura, deve la sua trasformazione alla dominazione normanno-sveva, che ne ampliò la struttura con tre torri a base quadrangolare. Le cortine erano caratterizzate da merlature e da muri verticali atti alla difesa piombante. L’attuale configurazione è comunque da attribuire all’epoca angioina. Gli elementi tipicamente angioini sono le cinque torri a base circolare che servivano ad attuare una difesa di fiancheggiamento in aggiunta a quella frontale, esercitata dall’alto dalle cortine merlate ed integrata dalla difesa piombante, estesa a tutto il perimetro del Castello e resa possibile dalle caditoie disposte su aggetti costituiti da mensole di pietra. Durante i secoli XVII e XVIII il Castello ha subito ulteriori trasformazioni, tuttora visibili, con l’ apertura di finestre e balconi. Infine a Taurasi, con la collaborazione dell’Amministrazione Comunale, sono state aperte le porte del castello, il cui restauro è in fase di ultimazione. Taurasi fu un centro di grande importanza nel medioevo, anche se le sue origini sono ben più antiche, essendo stata abitata fin dalla preistoria. Il Castello, noto anche come Palazzo Marchionale, ha subito nel tempo varie trasformazioni. La forma attuale di epoca aragonese si sovrappone all’impianto normanno del XII secolo con un donjon a pianta quadrata, che a sua volta venne fondato su preesistenze longobarde del VII sec. e più anticamente romane. Singolare esempio di architettura militare, il castello di Taurasi conserva al suo interno una pregevole corte, l’imponente “sala della corte” con il suo camino monumentale, la cappella di S. Pietro a Castello ed all’interno del mastio la pregevole scala elicoidale in pietra. La visita è stata guidata dalla dott.ssa Sandra Lo Pilato, della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino e Benevento. Preziose notizie sugli interventi di recupero sono state fornite anche dal direttore dei lavori, ing. Franco Rozza, mentre l’assessore comunale Martiniello, che guidava una delegazione locale, ha illustrato l’importante ruolo che il castello, di proprietà comunale, con la sua destinazione a centro enologico regionale, svolgerà per la valorizzazione del territorio e del centro storico di Taurasi. Dell’antica cinta muraria urbana sopravvivono ampi tratti di cortina muraria, soprattutto lungo il lato sud del nucleo urbano, inglobati in fabbricati civili ed a tre porte. Domenico Tirendi Un’immagine del castello di Roccadaspide (SA), trasformato durante la dominazione normanno-sveva, che ne ampliò la struttura con tre torri a base quadrangolare. 8 Cronache Castellane ttività delle sezioni Emilia Romagna LA ROCCA DI BRISIGHELLA L Sopra la pianta della rocca trapezoidale, con due torrioni cilindrici ad est ed una cortina angolata ad ovest. Il mastio è cilindrico, ma i vani interni quadrati suggeriscono che abbia inglobato una torre quadrata. Brisighella (RA). La rocca attuale fu iniziata nel 1310 da Francesco Manfredi, ricostruendo un fortilizio precedente. Tra il 1457 ed il 1476 i Manfredi edificarono la rocca attuale, sotto la spinta di più efficaci metodi di assedio. I veneziani tra il 1504 e il 1509 rafforzarono la rocca. e Giornate Nazionali dei Castelli del 29 e 30 settembre 2007 in Emilia Romagna si sono svolte alla Rocca di Brisighella, un suggestivo borgo collinare della provincia di Ravenna situato sulla antica strada romana che partendo dalla Via Emilia, a Faenza, conduce a Firenze attraverso uno dei passi che valicano l’Appennino Tosco Romagnolo. Il castello è stato restaurato di recente, e l’amministrazione comunale ha acconsentito con entusiasmo ad organizzarvi la manifestazione. In passato la rocca ha ospitato per molti anni un museo della civiltà contadina, ma per permettere i lavori è stata svuotata di tutto o quasi e riaperta alle visite senza riallestire al suo interno quella raccolta. Senza entrare nel merito di quale futuro utilizzo del monumento possa essere migliore, non c’è dubbio che per servirsene come terreno di istruzione dei visitatori, onde introdurli alla conoscenza dell’architettura militare del periodo della Transizione, si è potuto agire nelle condizioni ottimali. Come negli anni passati infatti le guide hanno curato soprattutto la spiegazione dei dettagli costruttivi, delle tecniche difensive e dell’arte militare quattro-cinquecentesca, accennando molto di sfuggita alla storia del castello e del territorio circostante; lo hanno fatto principalmente per sfatare con argomenti circostanziati la credenza, da tempo radicata, che siano stati i Veneziani a compiere l’ultimo importante ciclo di lavori, e a dare alla Rocca di Brisighella l’ aspetto attuale. In realtà il mastio è senza dubbio della seconda metà del XV secolo, un esempio paradigmatico di torre cilindrica della Transizione, con bombardiere dalla scudatura in pietra a toppa di chiave rovesciata, e passaluce che si fingono bombardiere, per creare falsi bersagli per le artiglierie nemiche. Sia nelle torri che nelle cortine ci sono bombardiere alla francese, databili ai primi anni del XVI secolo, ma si tratta certamente di aggiunte, forse gli unici interventi veramente attribuibili ai Veneziani, che del castello hanno avuto il possesso per pochissimi anni, dal 1503 al 1509. Non ha senso pensare che il mastio sia stato edificato durante l’effimero dominio della Serenissima con tecniche costruttive ormai obsolete. Per queste ragioni le nostre guide del Gruppo Giovani hanno attribuito con convinzione la committenza della rocca che vediamo oggi ai Manfredi, la famiglia che ha dominato a lungo Faenza e la valle del fiume Lamone. Essa aveva ancora un completo controllo di Brisighella negli anni in cui sono documentati importanti lavori di costruzione del castello, realizzati fra il 1457 e il 1476. Benché il testo più amato dagli storici locali (la Storia di Brisighella di Antonio Metelli) accrediti la versione della costruzione del mastio sotto i Veneziani, tutto lascia pensare che non sia affatto così. Anche il lato occidentale del castello è di epoca manfrediana. Costituito da una cortina angolata al centro, ha alla sua estrema sinistra un’originalissima difesa fiancheggiante, protesa in avanti e posta al livello più basso di un fossato oggi solo in parte visibile, che un tempo doveva esser protetto verso l’esterno da un terrapieno. Alla base della cortina una grande scarpa inclinata termina con un tratto verticale. All’interno di questo,dallo spessore di circa otto metri, è ricavata una galleria con sei feritoie, che permettevano il tiro frontale nel fossato. Dall’alto della cortina si poteva effettuare il tiro a maggior distanza. Se il resto della fortificazione non offre nulla di diverso da ciò che si trova in molte rocche della seconda metà del XV secolo, questa cortina rappresenta qualcosa di unico, forse un esperimento, un passo verso il forte bastionato del secolo successivo. Alla descrizione di questo interessantissimo settore difensivo della rocca le guide hanno dedicato molto impegno. Poi hanno spiegato la compartimentazione, destinata a prolungare i tempi di resistenza, senza dimenticare di far comprendere al pubblico le condizioni di vita della guarnigione attraverso l’osservazione critica degli ambienti interni. Ai visitatori, che nelle due giornate sono stati più di cinquecento, è stato distribuito un pieghevole realizzato appositamente. Di esso è autore l’Ing. Palloni. Ha riscosso grande apprezzamento, e ha molto facilitato sia l’esposizione da parte delle guide, che la comprensione da parte del pubblico. La stampa locale ha dato un buon risalto alla manifestazione, e le belle giornate hanno contribuito al successo. Domenico Emiliani Zauli Naldi F r i u l i - Ve n e z i a G i u l i a DA CÒRMONS A CIVIDALE DEL FRIULI I n occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, la sezione Friuli-Venezia Giulia sabato 29 settembre ha aperto le manifestazioni in località monte Quarin presso la chiesa della Beata Vergine del Soccorso. Dopo il saluto del sindaco Luciano Patat, è seguito un dibattito sul caso del castello di Còrmons con l’intervento dei rappresentanti dell’Amministrazione Cittadina, dell’Istituto Italiano dei Castelli e dell’Associazione Fulcherio Ungrispach. Domenica 30 settembre sono state organizzate visite guidate al castello di Còrmons e alla chiesa della Beata Vergine del Soccorso. In chiusura il prof. Roberto Tirelli ha tenuto la conferenza su Massimiliano, signore di Còrmons. Sabato 29 settembre sono stati visitati gli scavi presso il castello di Artegna guidati dall’archeologo, dott. Luca Villa. È seguita la visita al Forte di Osoppo, una delle maggiori fortificazioni a difesa della Serenissima. Le manifestazioni sono riprese domenica 30 settembre a San Vito al Tagliamento per visitare il centro storico, il castello dei Conti Panciera di Zoppola. Nel pomeriggio sono seguite le visite guidate a Cividale del Friuli. Dopo i saluti del Sindaco, dott. Attilio Vuga, l’architetto Giuliano Quendolo ha tenuto una visita guidata attraverso le preesistenze romane, tardo medioevali e medioevali delle mura, con illustrazione dei disegni esplicativi della storia del sistema fortificato cividalese. È seguita la visita al Monastero di Santa Maria in Valle aperto in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio. A chiusura delle Giornate Nazionali dei Castelli, l’arch. Alessandra Quendolo, presidente dell’Istituto Nazionale dei Castelli, sezione Friuli-Venezia Giulia, ha tenuto una relazione riassuntiva sulle numerose manifestazioni svoltesi il 29-30 settembre. Lazio ROCCA, TURRIS, MUNITIO N ella giornata di Venerdì 25 maggio 2007 si è svolto presso la sede dell’Associazione Civita in Roma il convegno dal titolo Rocca, turris, munitio. L’origine dell’architettura fortificata tra residenza e difesa. Il caso del Lazio nel panorama europeo, promosso dalla Sezione con la collaborazione scientifica della Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti dell’Università di Roma La Sapienza. Oltre alla partecipazione dei rappresentanti dell’Istituto dei Castelli e di Civita (per la quale erano presenti l’On. Antonio Meccanico e il Presidente Gianfranco Imperatori), l’incontro si è arricchito degli interventi dell’Assessore alla Cultura della Regione Lazio, Giulia Rodano, e del Professor Giovanni Carbonara, dell’Ing. Luciano Marchetti, Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio, la Prof. J. Steriotou, che ha tracciato alcune linee di continuità tra l’architettura italiana e greca. Allo studio storico-critico si sono affiancati temi d’interesse più generale, come la conservazione delle strutture fortificate secondo i più attuali orientamenti nel campo del restauro. La comprensione e la lettura di questi ultimi sono infatti volte a cogliere le “vocazioni”, spesso “istituzionali”, che contraddistinguono oggi i castelli e le rocche. Non è un caso, a tal proposito, che alcune rocche, castelli o sedi amministrative di governi locali abbiano conservato ancora oggi la carica simbolica e la destinazione d’uso a luogo di rappresentanza di comunità e spazi d’uso pubblico. La giornata di lavori ha visto la partecipazione di oltre 300 persone, che hanno potuto apprezzare la qualità propositiva degli interventi, nei quali si è sviluppato un confronto tra il mondo accademico e quello istituzionale, animati da interessi diversi ma convergenti nell’attenzione alla conservazione delle architetture fortificate. Il Convegno si è articolato in due fasi: la prima è stata rivolta all’inquadramento generale del tema dell’architettura fortificata e alla distinzione fra i diversi tipi di insediamenti fortificati, con contributi su temi specifici relativi a castelli in Europa; la seconda parte ha riguardato, nello specifico, alcuni significativi e peculiari esempi di architetture fortificate in area laziale. Nel corso del Convegno è stata presentata anche una Artegna (UD). Nel medioevo sorsero due castelli in località San Martino, numerosi reperti archeologici, testimoniano che il colle fu sede di un insediamento romano. Sul finire del XIII secolo, il castello superiore cadde in rovina, mentre i d’Artegna si insediarono in quello inferiore. San Vito al Tagliamento (PN). Città fortificata situata nella bassa pianura friulana. Attualmente la cittadella custodisce ancora numerosi elementi delle antiche fortificazioni; sono bene conservate la torre Raimonda, la torre Alta, un torrione cilindrico e resti delle mura. Nella foto la Porta Grimana. 10 Cronache Castellane ttività delle sezioni proposta operativa che la sezione Lazio dell’Istituto italiano dei Castelli ha intenzione di promuovere nel prossimo futuro: il progetto di un catalogo generale dei luoghi fortificati del Lazio, in collaborazione con la Facoltà di Architettura Valle Giulia e con la Scuola di Specializzazione in Restauro dei Monumenti dell’Università di Roma La Sapienza. Dott.ssa Olga Caputi LA CHIESA DI SANT’ELIGIO DEGLI OREFICI i annida in fondo ad uno dei vicoli più suggestivi del Centro Storico. Per la maggior parte dei Romani è soltanto una piccola facciata, dal portale di marmo, sempre chiusa. Molti sanno che si tratta di una delle rare architetture ideate da Raffaello Sanzio, pochi, pochissimi, l’hanno potuta ammirare dall’interno. Sabato 29 settembre, in occasione della nona Giornata Nazionale dei Castelli, i battenti della Chiesa di Sant’Eligio degli Orefici sono stati aperti in via straordinaria alle visite guidate organizzate dalla Sezione Lazio con la collaborazione del Nobil Collegio degli Orefici, che ha sede presso la chiesa. Gli oltre 200 visitatori intervenuti hanno potuto ammirare le forme pure e le soluzioni geniali elaborate dal maestro urbinate, che ha lasciato un segno di grande raffinatezza negli edifici adiacenti la strada prediletta da Papa Giulio II della Rovere. Fu il pontefice nel 1509 ad autorizzare “li diletti figlioli dell’Università delli Orefici in Roma di costruire ed edificare et di far fabbricare una chiesa, ovvero cappella, sotto detta invocazione di Sant’Eligio, in strada Giulia e in loco che per tale effetto si trovasse più comodo”. Per facilitare l’approvazione del progetto, fu invitato uno degli artisti più illustri del momento, che raccolse la sfida di lavorare su una scala molto ridotta, dove poter costruire un piccolo tempio dalle forme antiche e dalle proporzioni perfette. Dopo i recenti restauri, Sant’Eligio presenta in modo ancora più evidente i caratteri del suo equilibrio tra S Roma. La chiesa di Sant’Eligio degli Orefici, situata nel centro storico di Roma, è una delle rare architetture ideate da Raffaello Sanzio. Il recente restauro ha messo in risalto le fasce grigie che disegnano l’architettura. Sopra, un particolare dei tre altari affrescati dai pittori più apprezzati dell’epoca. pareti bianche e fasce grigie che ne disegnano l’architettura, sulla quale si aprono tre altari, affrescati dai pittori più attivi dell’epoca, come Federico Zuccari. Protagonista della decorazione è Sant’Eligio, (590 – 665 d.C.) orefice, maestro di zecca, Vescovo di Noyon e consigliere dei sovrani merovingi, che venne assunto a protettore degli orafi oltre che per la sua alta professionalità e onestà, per aver fondato alcuni conventi dove il lavoro manuale, e in particolare modo le tecniche legate all’oreficeria e all’argenteria, venivano studiate, applicate con maestria e diffuse nel mondo cattolico. Il Nobil Collegio ebbe il compito di controllare il mercato orafo; fino al 1870 imperava, infatti, il divieto assoluto di esercitare l’arte orafa od aprire una bottega senza l’autorizzazione della Corporazione che, dopo un attento esame rilasciava una licenza denominata “Patente”. Tra i membri più illustri annoveriamo Benvenuto Cellini e Giuseppe Valadier, il celebre architetto autore del progetto di Piazza del Popolo. L’iniziativa ha dato il via al programma di appuntamenti culturali della Sezione, che ha organizzato successivamente una visita al Castello Giustiniani-Odescalchi di Bassano e alla Venaria Reale a Torino. Costantino D’Orazio Liguria IL CASTELLO DI COMPIANO E IL SUO BORGO. arrivederci dei soci prima delle ferie estive, giustamente meritate, è avvenuto nel giugno 2007 con una superescursione a Villa Isola del Garda, in San Felice di Benaco (Brescia), dove, oltre ad un’accoglienza a dir poco squisita, i partecipanti hanno potuto trascorrere una giornata veramente speciale, Dopo aver ammirato il centro antico di Salò, noto non solo storicamente ma anche per l’urbanistica e l’architettura che lo contraddistinguono, salito sul battello in riva al lungolago, entro una ventina di minuti il gruppo si è trovato immerso in un parco di insospettabile vegetazione, per rigoglio e varietà: piante locali ed esotiche, esemplari unici di infiorescenze, agavi, magnolie, limoni, ulteriori specie rarissime. E nel cuore, fra pini, cipressi, acacie, ecco prorompere le linee in stile neogotico-veneziano di un raffinato palazzo dei primi novecento, quando l’eleganza era fatto ambito, alle cui falde facevano bella mostra di sé terrazze e giardini all’italiana, fino all’acqua del lago stesso. Il preludio all’estate, avendo conosciuto manieri e fortezze d’ogni tipo durante le stagioni autunno-inverno, non sarebbe potuta essere più appropriata. Il sopraggiunto settembre, in ogni caso, non ha fatto dimenticare un impegno che il sodalizio genovese aveva già pattuito; una puntata a …….”Un castello ghibellino nei boschi dell’Appennino”: ciò è quanto si legge ne “I borghi più belli d’Italia” (pgg. 173 e sgg.) quando si parla di Compiano (PR). Sono stati testimoni, gli Amici della Sezione Liguria, della possanza delle sue mura, della postazione dominante a salvaguardia di persone ed interessi: gli hanno dedicato, quindi, proprio la domenica 30 settembre, posticipando la manifestazione per le Giornate Nazionali dei Castelli. Cronache Castellane La cinta fortificata, a racchiudere il borgo a mo’ di difesa, mostra palesi segni di vestigia d’epoca carolingia (la prima rocca potrebbe risalire addirittura all’814); attorno all’anno mille la storia ci racconta che vi si stanziarono i potenti, intraprendenti Malaspina, di cui i Soci genovesi hanno precedentemente seguito le orme dapprima a Fosdinovo, in Lunigiana, poi in Valtrebbia: i documenti li dichiarano presenti perfino a Torriglia, antico sito montano (Genova), tanto per citarne alcuni. Dopo l’appartenenza al comune di Piacenza, verso la metà del XIII secolo, Ubertino Landi, di parte ghibellina, ne sarà signore, perpetuando il governo della famiglia per cinque secoli, circa; sarà proprio Carlo V a proclamare principato Compiano, Bardi e Borgo Val di Taro; i Landi, raffinati nonché munifici Signori, dei quali la Nostra Sezione ha già ammirato i destini, perdentesi nella notte dei tempi, durante una visita d’un giorno a Rivalta sul Trebbia, assisteranno alla fine della loro grandezza a Bardi e a Compiano nel 1630 quando Federico Landi, senza prole maschile, consegnerà i territori alla figlia Polissena Landi, moglie di Gian Andrea Doria di Genova. Ancora dalla storia apprendiamo che, dopo i fasti legati ai Landi, quando Compiano ebbe perfino una propria moneta, inaugurò scuole pubbliche e toccò l’apice della gloria, sotto i Farnese, nel ‘700, iniziò a declinare; il 1738 fu la data fatidica che segnò la fine giuridica dei feudi Landi. Sotto Maria Luigia, figlia di Francesco I d’Austria, andata sposa a Napoleone nel 1810, l’antico e prestigioso maniero fu trasformato in una prigione, in cui relegare i carbonari rivoltosi, attivi nei moti del 1821. Nel 1944 divenne territorio libero dell’Alta Val di Taro e, successivamente, acquistato dalla marchesa Lina Raimondi, andata sposa all’imprenditore Gambarotta, produttore dell’amaro, noto in ispecie negli anni cinquanta, sessanta. Il paesaggio sull’Alta Val di Taro, che si gode dalle finestre del castello, non può che suscitare ammirazione per la posizione, di chiara “lettura”: la forza delle mura permette al visitatore di comprendere che la primaria fun- 11 zione della struttura fu difensiva nonché, contemporaneamente, di offesa; più tardi, come è ovvio capiti, venne adibita ad abitazione, aggiungendo quei comfort, oltre agli ornamenti, che i secoli susseguentisi (oltre al gusto dei proprietari), hanno richiesto. Le tappezzerie in tessuto, gli arredi, gli stucchi, i tendaggi rispecchiano il gusto degli abitatori oltre che di un’epoca: l’aspirazione a sottolineare l’opulenza è alla base di alcune scelte; altre sono invece spinte dal rispetto per una tradizione perché non si perda attraverso i secoli. Non si può rimanere insensibili davanti ad alcune poltroncine particolarmente eleganti, ai tendaggi d’epoca, allo spirito orientaleggiante espresso in un altare in prezioso e leggero bambù dorato, con porticine atte a celare un’immagine sacra di Budda; per trasformarsi in un baule, inaspettatamente, chiudendone due grandi ante. Ispezionando abitazioni architettonicamente composite, smisurate rispetto ai canoni odierni, non si può, purtroppo, trattenere nella memoria ogni particolare, nonostante la buona volontà; tutto quanto esposto costituisce oggi un museo, lasciato dalla marchesa, nel 1987, al Comune, per essere oculatamente conservato. Dal luglio 2002 il Museo Massonico Internazionale “Orizzonti Massonici” è ospitato in tre sale, dove è possibile ricostruire, attraverso cimeli di vario tipo, da preziosi collari a onorificenze, il simbolismo della Massoneria inglese; nella sala 33, invece, sono stati sistemati esemplari di provenienza italiana. Tale iniziativa ha preso corpo in seguito alla donazione di Flaminio Musa in collaborazione con il Grande Oriente d’Italia di Palazzo Giustiniani. La passeggiata nel borgo non è stata da meno per suggestione e abilità architettonica nel restauro. Lungo le caratteristiche vie, a memoria di un passato feudale, si è giunti al belvedere, per affacciarsi su una vallata nella quale l’occhio umano si perde, per ampiezza, respiro nonché per dovizia di vegetazione. Mistica, nella piazza, la chiesa di San Giovanni Battista, del pari per imponenza, la facciata del Municipio con balcone seicentesco. Nella strettoia, verso il maniero, colpisce la fantasia del visitatore la sagoma di un grande orso, simbolo degli Orsanti, a introdurre dentro il museo omonimo, aperto su istanza della signora Maria Teresa Alpi; il mistero legato ai girovaghi, gente in condizioni di indigenza, accompagnati nei loro percorsi da donne, bambini, talvolta venditori ambulanti, talvolta saltimbanchi (si diffusero anche in Europa) rievoca una realtà remota, a dir poco romanzesca. Compiano rimane un centro attivissimo al giorno d’oggi; il P.E.N. Club italiano ha inaugurato, nel 1991, un premio letterario da tenersi in loco ogni anno, nella prima metà di settembre, rivolto a poeti, saggisti, narratori. Da tale iniziativa hanno acquisito ulteriore notorietà numerosi autori apprezzati dal pubblico e dalla critica: dal ligure Francesco Biamonti a Mario Rigoni Stern, da Giuseppe Pontiggia a Susanna Tamaro ed Emilio Tabucchi. Ma non è finita qui: nella piazza di Compiano si svolge, in concomitanza, la mostra d’un importante artista che abbia pubblicato anche opere di letteratura: Salvatore Fiume, Enrico Baj e tanti, tanti altri. Compiano: un borgo dinamico ed intrepido, che non dimentica un passato solido, inserendosi, con iniziative intelligenti, nel mondo contemporaneo. Il rientro a Genova è avvenuto attraverso il Passo di A lato una delle poderose torri del castello di Compiano (PR), assegnabile alla seconda metà del sec. XV. Il castello, interamente in pietra, è coronato da un’interrotta serie di beccatelli in pietra. 12 Cronache Castellane ttività delle sezioni Campiano (PR). Il castello appartiene storicamente al territorio piacentino, a pochi chilometri dal confine con la Liguria. La pianta ha forma di trapezio con tre semitorri poste quasi all’estremità dei lati del castello. L’ingresso si trova sulla fronte sudovest protetto da un rivellino semianulare. Centocroci, strada di collegamento fra Parma e Sestri Levante; la via è godibile soprattutto nelle giornate luminose, proprio come la domenica appena trascorsa. I monti impervi alternantisi a zone ricche di vegetazione arborea, a verdeggianti prati, a pianure recintate da strutture lignee, ove pascolano serafiche mucche fulve ingorde d’erba, costituiscono la unicità di una strada estraniata dal mondo convulso del duemila. “…E il valico di Centocroci! Un tempo quel monte si chiamava monte Lamba. Di là passava la strada che univa la valle di Vara a quella del Taro. Lassù, nella lunare nudità degli alti pascoli, molte persone erano cadute vittime di branchi di lupi e di furiose bufere di neve. Le loro sepolture, segnate appena da rozze croci, avevano fatto mutare il nome del monte in quello di Centocroci. Sul valico era sorto poi un eremo dove erano andati a vivere alcuni monaci pronti ad aiutare i viandanti e a dar ricovero ai pellegrini, ottenendo, per questa loro opera, molte elemosine e generose donazioni. Ma l’avidità di denaro li allontanò dalla retta via spingendoli ad uccidere i viaggiatori per derubarli. I corpi venivano poi gettati in un profondo pozzo scavato non lontano dal valico. La criminale attività fu scoperta grazie ai cani che, salendo al monte con le greggi, si fermavano latrando accanto a quella maleodorante voragine. I pastori denunciarono la scoperta e sollecitarono l’arresto dei colpevoli ma questi, prima che la giustizia umana li raggiungesse riuscirono a fuggire per andare a godersi altrove le loro ricchezze, se mai glielo consentì la giustizia divina”. (Ronco A., Luigia Pallavicini e Genova napoleonica, De Ferrari Editore, Genova 1995, pgg. 29.30). Una visita particolare non poteva mancare in questo inizio d’autunno, trattandosi di un avvenimento eccezionale: domenica 14 ottobre, presso la sede della Cassa di Risparmio, un gruppetto di soci ha visitato una mostra d’arte del maestro Giovanni Berio, soprannominato Ligustro, nato a Oneglia. La tecnica da lui usata è quella della xilografia giapponese, Nishiki-e (pittura di Broccato), assai antica. I soggetti sono preziosi e raffinati. Il giorno 18 ottobre, nella Sala dei Chierici della Biblioteca Berio, alle ore 17, a sostegno di quanto l’Istituto Italiano dei Castelli mette in opera costantemente, è stata sviluppata una tematica dal Prof. Stefano Emanuele Monti-Bragadin, docente di Sociologia Politica presso l’Università degli Studi di Genova, il cui titolo è stato: ”Castelli e guerrieri”; l’argomento gli è stato particolarmente congeniale, vista la sua competenza storica applicata a ricerche e dibattiti. Il successo è risultato pieno, il pubblico numeroso, gli interventi mirati ed attenti. di Raffaella Saponaro Monti-Bragadin Lombardia LA CASCINA FORTIFICATA DI CELPENCHIO E IL CASTELLO DI COZZO abbinamento di Celpenchio e Cozzo per le Giornate Nazionali dei Castelli guardava da una parte al monumento vivente nell’oggi (“cascina fortificata” divisa in quattro proprietà e circondata da terreni e impianti agricoli funzionanti), dall’altra alla situazione, per la parte edilizia, in un certo senso bloccata fin dall’epoca del restauro, che ne ha individuato importanti vocazioni e funzioni (ristorante nelle cantine, scrigno di tesori di famiglia nell’elevato, ambiente esterno adatto a funzioni collettive anche culturali grazie ad un prato circondato dagli appartamenti del fattore e da un recinto con portone). Accomunate dall’appartenenza alla famiglia di feudatari Gallarati Scotti, le due realtà castellane pavesi venivano egregiamente illustrate dall’Arch. Paola Spaltini, che compiva qualche anno fa importanti studi sulle strutture murarie di Celpenchio. Qui si osservava la compresenza di elementi di fortificazione, come la planimetria in origine chiusa e le garitte pensili arricchite dalla decorazione a dente di sega, uniti ad elementi tipici della villa di delizie, come il raro giardino pensile e il loggiato ora tamponato, in cui fu trasformato il complesso nel corso delle sue vicende costruttive. L’ospitalità e la disponibilità degli attuali proprietari permetteva l’accesso e la visita anche alle cantine e ad altri ambienti interni, solitamente chiusi al pubblico, soddisfacendo in tal modo la curiosità dei numerosi convenuti. A Cozzo si prendeva atto della necessità di qualche intervento di restauro (in stato precario gli intonaci graffiti dello splendido cortile) e si coglieva in sintesi l’importanza storica del monumento in un periodo tormentato, quello del passaggio del Ducato di Milano ai Francesi (1499- 1512), ma non se ne poté vedere il documento principale, l’affresco monocromo raffigurante l’apparato dell’ospitalità data dal castellano a Luigi XII. La duplice visita, mattinale e pomeridiana, ai due castelli fu completata da un “itinerario musicale castellano” tenutosi a Celpenchio dalla Sezione dell’AMIS (Antiquae Musicae Italicae Studiosi) di Piacenza (organo e cembalo Mario Genesi, soprani Eleonora Alberici e Claudia Gazzola Castelli) in collaborazione con la Sezione dell’AMIS di Milano. L’evento interdisciplinare offriva ai soci e ai convenuti tutti la possibilità di Cronache Castellane 13 dei visitatori, ha offerto l’opportunità a tutti di conoscere a fondo questo monumento del patrimonio castellano del territorio varesino finora misconosciuto. A noi dell’Istituto Italiano dei Castelli la piacevole sorpresa di avere avuto un pubblico così numeroso che ha superato le più rosee aspettative, attento, partecipe, entusiasta sia del castello che della giornata. Marco Tamborini Delegazione di Varese Fagnano Olona (VA), castello Visconteo. Nell’immagine la parte cinquecentesca del castello con l’ingresso principale rivolto verso il paese e preceduto da un ampio fossato. IL CASTELLO VISCONTEO DI PAGAZZANO, CONVEGNO E VISITE GUIDATE N vivere” un castello in modo differente da quelli tradizionali, ma assai consoni alla sensibilità di oggi. Il livello dell’esecuzione fu degno dell’accoglienza offerta dalla proprietà e premiò l’attenzione dei numerosi presenti. Broglia, Dallera, Timossi Delegazione di Pavia, Milano IL CASTELLO DI FAGNANO OLONA E I SUOI AFFRESCHI N ell’ambito delle Giornate Nazionali dei Castelli che l’Istituto organizza ogni anno, la delegazione varesina della sezione Lombardia ha proposto per il 2007 la visita guidata al castello visconteo di Fagnano Olona per scoprirne la storia e la struttura della fortificazione, ma anche per conoscere le pregevoli decorazioni ad affresco quattrocentesche, all’interno e all’esterno dell’edificio, oggetto di recenti lavori di recupero, assieme ai restauri delle facciate e del cortile interno. Complice la giornata che ha concesso qualche occhiata di sole e la buona pubblicizzazione della manifestazione, le visite sono state seguite da 500 persone, suddivise in due tornate. Nel corso della visita, della durata ognuna di due ore, esperti del settore si sono alternati nella descrizione dell’edificio: il dr. Marco Tamborini e l’arch. Michela Fior ne hanno illustrato la storia, la struttura architettonica e le decorazioni parietali del castello, l’arch. Alessandra Grazia, dello studio dell’arch. Paola Bassani che ha curato i recenti restauri, si è soffermata sulle tecniche e le varie fasi del restauro recentemente concluso alle sue strutture e agli affreschi. Il castello visconteo di Fagnano Olona, attualmente di proprietà del Comune fagnanese e sede del Municipio, con questi ultimi lavori di conservazione e restauro ha ricevuto nuovi stimoli per la sua conoscenza, affidandoci nuove pagine della sua storia ancora in parte da scoprire e indagare. La visita proposta nelle Giornate Nazionali dei Castelli, che ha ricevuto nel Comune di Fagnano Olona entusiastica e disponibile adesione, coadiuvato dalla Pro Loco che ha messo a disposizione dei figuranti con magnifici costumi rinascimentali che curavano l’accoglienza ell’ambito delle Giornate Nazionali dei Castelli, la delegazione di Bergamo, supportata dall’arch. Gian Maria Labaa, ha promosso una iniziativa di studio e di conoscenza al Castello di Pagazzano. I membri del gruppo di lavoro hanno avuto affidamenti chiari, con relative specifiche responsabilità ed oneri. Chi la comunicazione, chi la preparazione delle guide, chi il reperimento delle risorse, chi i rapporti con le istituzioni, ecc. Soprattutto ritenevamo molto importante che l’iniziativa fosse targata esclusivamente Istituto Italiano dei Castelli, nel senso che l’ideazione, la gestione e la conduzione dell’evento dovesse far riferimento in prima persona all’Istituto, solo così si potevano avere risultati a noi positivi. Alla buona riuscita dell’iniziativa hanno contribuito: 15 passaggi sui media; risultato 22 passaggi tra cui un articolo con foto sul “Corriere della Sera” e un servizio al “TG3”, ma anche un’intera pagina sul più importante quotidiano locale e un articolo di 12 pagine (e copertina dedicata) sulla “Rivista di Bergamo”. Nell’ambito dei due giorni si puntava alle 1.000 presenze, a condizione che il tempo fosse stato clemente. La situazione atmosferica non è stata benevola, nonostante ciò sono state contate circa 1.600 persone, ma Veduta del “mastio” del castello Visconti di Brignano a Pagazzano (BG). Il castello che sorge all’esterno del paese, fu edificato tra il 1450 e il 1475. L’elemento più significativo è la presenza dell’acqua nel fossato, che tra i castelli di pianura si trova in soli pochi altri esempi. 14 Cronache Castellane ttività delle sezioni IL BORGO FORTIFICATO DI VILLINCINO, E LA BASILICA ROMANICA DI SANT’EUFEMIA Pagazzano (BG), castello Visconti di Brignano. Torre d’ingresso e di guardia munita di ponte levatoio e di ponticella pedonale sul fossato. Caratteristico è l’apparato a sporgere con slanciati beccatelli in mattoni di scuola sforzesca. Pizzighettone (CR). La torre del Guado è la più importante testimonianza dell’imponente castello visconteo che sorgeva in fregio all’Adda. L non solo, l’onda lunga della manifestazione ha interessato anche i giorni e le settimane successive, con richieste di visita perfino dalla Marche. Possiamo pertanto, con ragionevole approssimazione, ritenere che globalmente l’iniziativa ha portato al castello di Pagazzano quasi 2.000 visitatori. Come sempre l’indicatore più chiaro e convincente, relativamente al successo di un’iniziativa, è il riscontro in richieste di iscrizione all’Istituto, che si stanno concretando. Sabato 29 - Giornata di studio e confronto. In mattinata il convegno: “Il Castello visconteo di Pagazzano: novità, scoperte e proposte”, con interventi di: Gabriele Medolago: Il castello di Pagazzano nelle carte dell’archivio Crivelli Erminio Gennaro: Francesco Petrarca a Pagazzano? Gian Maria Labaa: Novità e conferme da un restauro Sara Biffi, Emanuele Panzeri: Tra borgo e castello, una piazza Riccardo Riganti: Un riuso ottimale: gli archivi storici della pianura bergamasca nel Castello di Pagazzano. Dopo il pranzo (offerto), la tavola rotonda: “Pagazzano, il territorio, il borgo e il suo castello: ieri, oggi, … domani”; con interventi di: Riccardo Caproni, Graziella Colmuto Zanella, Gian Maria Labaa, Raffaele Moriggi, Barbara Oggionni, Giuseppe Pezzoni, Francesco Rampinelli, Lidia Villa. È seguita una visita guidata e riservata al Castello, la chiusura ufficiale della manifestazione e la votazione della mozione dell’Istituto Italiano dei Castelli. Domenica 30 - Visite guidate al Castello Per tutta la giornata ogni 30 minuti prendeva avvio una visita guidata al Castello. Sono state altresì allestite, nel castello, due mostre in tema e uno stand promozionale/informativo sull’Istituto. Anche lo sforzo economico è stato rilevante, tuttavia l’intera iniziativa si è autogestita. Gian Maria Labaa Delegazione di Bergamo e iniziative proposte per le Giornate Nazionali dei Castelli di domenica 30 settembre 2007 che interessavano l’area di Erba, con la possibilità di visitare la Grotta naturale denominata Buco del Piombo fortificata nell’altomedioevo e ora musealizzata e la visita guidata al borgo fortificato di Villincino (Erba) e alla basilica romanica di Sant’Eufemia, hanno riscosso buon interesse di pubblico. Maggior riscontro di pubblico ha avuto la visita nel paese di Erba. L’appuntamento è stato uno solo, alle ore 15 della domenica, anche perché la sera precedente, in occasione dell’iniziativa promossa dall’Assessorato Culture, Identità e Autonomie della Regione Lombardia, chiamata “Una notte al Museo”, il Museo Civico di Erba aveva proposto un programma intitolato “Piccola incursione nel Medioevo: vita quotidiana, usi e costumi”. La visita della domenica si ricollegava quindi idealmente a questa iniziativa. Più di 60 sono stati comunque i partecipanti, provenienti non solo dal territorio, ma anzi per lo più da zone più distanti, il milanese, Monza, Lecco, Como. Erano presenti anche alcuni giovani e parecchi hanno lasciato il loro indirizzo postale o mail per essere informati di altre iniziative. Si sono dimostrati molto contenti della qualità della visita, guidata dalla dott.ssa Barbara Cermesoni, Conservatore del Civico Museo di Erba, e dalla sottoscritta che portava a conoscenza del pubblico i dati degli scavi archeologici effettuati alcuni anni fa dal Museo di Como dinanzi alla Basilica di S. Eufemia dove si trovava l’antico Battistero di S. Giovanni demolito nel 1600. Una breve indagine svolta tra i partecipanti ha dimostrato che il veicolo più importante di divulgazione delle iniziative è stato l’articolo pubblicato sul Corriere della Sera, pagine della Lombardia e il trafiletto sulla Provincia di Como (che purtroppo però non indicava esattamente il punto di ritrovo). Marina Uboldi Delegazione di Como I CASTELLI DELLA PROVINCIA DI CREMONA opo che per anni le manifestazioni delle Giornate Nazionale dei Castelli sono avvenute a Crema, Castelverde, Pandino, Pizzighettone e Soncino quest’anno è stato deciso di iniziare le manifestazioni da Cremona. Lo scopo di tale scelta è stato di rimarcare l’importanza della ventennale collaborazione tra la Provincia e l’Istituto Italiano dei Castelli e di presentare con una mostra una sintesi delle attività editoriali e della pubblicistica finalizzata alle diverse forme di turismo, nonché la presentazione degli esiti di un progetto di tracciato ciclopedonale steso alle principali emergenze castellate della provincia, al fine di porre le basi per una concreta fase progettuale volta al completamento della rete di percorsi già realizzati, che hanno riguardato per ora la parte settentrionale del territorio provinciale. Il 21 settembre, contestualmente all’inaugurazione di una mostra documentaria, si è svolto un convegno al quale sono intervenuti i seguenti relatori: D l’On. Giuseppe Torchio, presidente della Provincia di Cremona, la Sig.ra Fiorella Lazzari, Assessore alla Programmazione ed allo Sviluppo Turistico della provincia di Cremona. Il Prof. Guido Scaramellini, presidente Regionale dell’Istituto Italiano dei Castelli, l’Arch. Luca Rinaldi, Sovrintendente per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle provincie di Brescia, Cremona e Mantova, il Dott. Ferrigno, presidente della Pro Loco di Crema e socio fondatore dell’Associazione delle Città Murate e Castellate, la Dott.ssa Barbara Manfredini, Responsabile del Servizio Promozione Turistico della Provincia di Cremona, il Prof. Luciano Roncai, Delegato provinciale dell’Istituto Italiano dei Castelli, e l’Arch. Elisabetta Bondioni, studiosa delle architetture fortificate. Nel corso del dibattito sono poi stati segnalati gli sforzi congiunti di Provincia, Comuni, Associazioni che, con l’Istituto Italiano dei Castelli, hanno ottenuto importanti risultati nella promozione turistica delle località interessate non solo in occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, che hanno avuto una nutrita affluenza di visitatori, complessivamente in numero di 6-7000, ma anche con cospicue presenze nel corso dell’anno. Il programma degli eventi è poi proseguito nelle altre località secondo un fitto calendario: A Castelverde venerdì 21 è avvenuta l’inaugurazione della mostra allestita nel Palazzo Comunale intitolata “Opportunità di riutilizzo funzionale delle cascine con tracce di difese presenti nel territorio di Castelverde” accompagnato da interventi del Prof. Carmine Lazzarini, Sindaco di Castelverde e dell’Arch. Michele De Crecchio e Marco Turati. Nella giornata di sabato 22 e Domenica 23 si sono svolte le visite guidate agli aspetti ambientali e culturali del territorio. A Crema secondo una ricca consuetudine sono state realizzate numerose ed interessanti manifestazioni. Sabato 22 visite guidate a diversi palazzi storici, a giardini di alcune località del Cremasco settentrionale illustrate dall’Arch. Edoardo Edallo, particolarmente efficaci sono stati i sopralluoghi alle ville Obizza di Castelgabbiano e Stringa da Vidolasco. Domenica 23, a cura dell’Associazione Guido “Il Ghiro”, si è svolta la visita guidata alle mura cremasche. Sabato 29, a cura della Biblioteca Civica di Crema, è stata inaugurata la mostra “Le fortificazioni venete di terraferma nei disegni di Francesco Tensini, architetto militare cremasco” allestita nella sala ex biblioteca conventuale del Centro Culturale S. Agostino. A Pandino Sabato 22 è stata inaugurata, nei locali affrescati del piano superiore del castello, una mostra di foto d’epoca e documenti di archivio in occasione del 60° anniversario dell’acquisto del castello da parte del Comune. A Pizzighettone, come ormai pluriennale consuetudine, Sabato 22 e Domenica 23 più di mille visitatori hanno potuto eseguire il sopralluogo alle mura spagnole di Gera e delle settecentesche casematte. L’ultimo sabato del mese (il 29) è stata inaugurata nella Sala Consiliare del Palazzo Comunale la mostra sulle difese idrauliche di Pizzighettone e Gera nei sec. XIX e XX. A Soncino, la più nota delle città murate e castellate del Cremonese, sabato 22 e domenica 23 la Rocca Sforzesca, il Borgo medievale e la Stamperia ebraica sono state gratuitamente accessibili. Castelverde (CR). Veduta generale del castello Trecchi. L’edificio residenziale si compone di un unico corpo lineare con due torri laterali appena rilevate dal piano della facciata. Pregevoli bassorilievi in terracotta ornano gli stipiti delle finestre. Luciano Roncai Delegazione di Cremona-Mantova IL CASTELLO DI SIRMIONE E LA SUA DARSENA omenica 30 settembre 2007 si è svolta presso il Castello di Sirmione la nona edizione delle Giornate Nazionali dei Castelli della Provincia di Brescia. L’evento, inserito nelle iniziative delle Giornate Europee del Patrimonio, è stato organizzato in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Architettonici e del Paesaggio della Provincia di Brescia, Cremona e Mantova che si occupa della gestione, conservazione e manutenzione del Castello di Sirmione di proprietà demaniale. La domenica mattina, a partire dalle ore 9, sono stati accolti i visitatori per i quali erano a disposizione, nella zona d’ingresso, dei pannelli illustranti le trasformazioni edilizie ancora leggibili nel castello, alcuni fatti storici legati alle dominazioni dell’area, una breve nomenclatura castellana e del materiale illustrativo sull’Istituto. D La rocca sforzesca di Soncino (CR). Nell’immagine, veduta di insieme del lato sudoccidentale, con l’ampio fossato e il ponte di accesso al rivellino. 16 Cronache Castellane ttività delle sezioni LE FORTIFICAZIONI DI CASOLATE E BISNATE L Sirmione (BS). Il castello o rocca scaligera è uno dei più famosi castelli italiani e uno dei pochissimi muniti di darsena fortificata. Il cortile trapezoidale è difeso da tre torri e dal mastio interno. Durante la mattinata e nel pomeriggio sono state svolte visite guidate gratuite (da parte dagli arch. Giusi Villari, Barbara Scala, Valeria Grezzi e dalla Dott. Anna Villari), con prenotazione in loco, ogni mezzora, per un massimo di cinquanta partecipanti alla volta. La visita era svolta in due fasi: in un primo tempo ci si è recati nella sala maggiore del castello, collocata al piano primo e solitamente chiusa al pubblico, in cui si è proiettato un breve filmato illustrante una serie di mappe storiche, atte a chiarire il rapporto della penisola Sirmionese con il lago e il territorio, la posizione strategica della Rocca durante le dominazioni avverse, il suo rapporto con le altre fortificazioni del promontorio, la situazione dei confini in questo luogo particolarmente ambito. La seconda parte della visita è stata svolta nei cortili interni del castello soffermandosi ad osservare gli elementi architettonici originali ancora conservati la cui individuazione ha contribuito alla ricostruzione delle fasi costruttive. Ha concluso l’itinerario di visita un breve excursus riguardante i successivi restauri del castello, a partire da quelli di primo ‘900, che hanno cancellato i segni della storia dei riusi militari della struttura, fino a quelli più recenti volti a garantire la visitabilità della Rocca. Per le zone non accessibili, quali ad esempio la darsena, sono stati predisposti altri pannelli illustrativi con immagini. L’iniziativa è stata molto partecipata ed ha avuto una buona affluenza di pubblico infatti i biglietti d’ingresso consegnati ai visitatori dai responsabili della Soprintendenza, anche se con ingresso gratuito, hanno attestato oltre 2000 presenze di cui circa 400 hanno usufruito della visita guidata. Barbara Scala Delegazione di Brescia a mattina di sabato 29 settembre si è tenuta la prima visita guidata a cura dell’Istituto ai resti delle fortificazioni nelle località di Casolate e Bisnate, in comune di Zelobuonpersico (LO). Il luogo ha da sempre rivestito grande importanza dal punto di vista militare poiché questi due piccoli ed antichi borghi sono prossimi all’Adda ed al limite della relativa scarpata geomorfologica, ai piedi della quale si trovava la strategica zona di guado, fondamentale per la difesa di Milano (il primo ponte di legno è del 1815). Prima della visita ai luoghi si è svolta, quale premessa indispensabile, una breve introduzione sulle caratteristiche e specificità del territorio anche con l’ausilio di apposite mappe. La visita ha permesso di conoscere, specialmente a Casolate, un insieme di edifici di epoca medioevale, rinascimentale e barocca di grande interesse e per nulla conosciuti, formanti un contesto urbanistico ancora integrato ed armonico in un’ambiente naturale di grande pregio e certamente meritevole di maggior tutela. Di questo piccolissimo borgo, antichissima sede religiosa e nobiliare, fanno parte una serie di recinti murari con carattere fortificatorio tra i quali è possibile distinguere anche altre architetture di pregio: la chiesa settecentesca dall’elegante verticalismo dell’abside, due ville nobiliari (sec. XV-XVI), un’antico convento (sec. XVII-XVIII su preesistenze), una struttura a cascina forte con torre angolare ed altre costruzioni civili tardo medievali. A Casolate si sono potute visitare bene le parti superstiti, opportunamente restaurate, di uno dei recinti fortificati all’interno della Cascina Convento, appositamente aperta al pubblico, ma purtroppo si è anche accertata la condizione di degrado di quasi tutte le costruzioni antiche al di fuori di questo complesso torre tre-quattrocentesca, mura, altre strutture tardo medioevali. A Bisnate è stato tristemente possibile solo visitare dall’esterno i resti del castello ed altri resti di antiche architetture. Tutte ormai sembrerebbero destinate alla volontaria rovina. La speranza di chi scrive si fonda sull’ipotesi che anche l’organizzazione della visita a questi luoghi susciti un minimo di interesse per degli ambienti e delle architetture antiche, alle porte di Milano ed ai margini, ma all’esterno, del Parco dell’Adda Sud che certamente meritano di essere salvate. Andrea Doniselli Quattrini Delegazione di Lodi DAL CASTELLO GEMINO DI CHIAVENNA ALLA COLLINA DI SANTA CATERINA DI GORDONA ue appuntamenti hanno caratterizzato le Giornate Nazionali dei Castelli 2007 in provincia di Sondrio, entrambi in Valchiavenna. Sabato 22 si è iniziato con la visita guidata alla rocca del castello gemino di Chiavenna, a cui hanno partecipato alcune centinaia di persone. Nominato la prima volta nel X secolo, sorgeva sui colli di San Giorgio, più noto come Paradiso, e su quello di Santa Maria o Castellaccio, divisi da un profondo taglio del monte, originato da una cava romana di pietra ollare, detta la Caurga. Il primo D Cronache Castellane aveva al proprio culmine una torre di avvistamento verso sud, mentre il secondo, più alto, ospitava il castello, in posizione ideale per controllare i Grigioni, che fino agli inizi del ’500 costituirono la più grave minaccia ai confini della valle. Quindi se ne impadroniranno, rimanendovi per quasi tre secoli. Proprio durante la loro dominazione si arrivò nel 1639 allo smantellamento delle più importanti difese sia in Valchiavenna che nell’adiacente Valtellina, per cui oggi anche del castello di Chiavenna rimangono solo ruderi e avanzi delle murature di base. Dalla metà del ’900 le rocche sono aperte al pubblico come parco archeologico-botanico e, in occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, la delegazione dell’Istituto ha ottenuto l’ingresso libero dall’ente gestore, che è il Museo della Valchiavenna, istituito nell’ambito della Comunità montana. Gli intervenuti sono stati guidati nella visita dal prof. Guido Scaramellini, in qualità di presidente della sezione Lombardia, di delegato per Sondrio dell’Istituto italiano dei castelli, oltre che di presidente del Centro di studi storici valchiavennaschi, che ha collaborato all’iniziativa insieme al Comune di Chiavenna. Affiancato dal dottor Alberto Dolci, direttore del Museo della Valchiavenna, egli ha ripercorso le principali tappe della fortificazione, soffermandosi su alcuni reperti e sui notevoli avanzi delle mura sforzesche, costruite attorno al borgo sul finire del ’400 per difendersi dai Grigioni. È seguita nella suggestiva forra della Caurga la presentazione della recente pubblicazione di Cristian Copes su “Il palazzo Balbiani di Chiavenna”, sede fortificata del feudatario nel ’400. Nello stesso spazio è stata allestita per l’occasione una mostra sul tema. Il sabato successivo ci si è spostati qualche chilometro più a sud, a Gordona, nel piano di Chiavenna, dove esiste l’unico colle di fondovalle in provincia di Sondrio, scelto verso il 1350 come sede di un castello da parte di Bonifacio Boccabadati, più noto come Bonifacio da Modena, vescovo di Como. Oggi sopravvive integra solo la chiesetta di Santa Caterina, che conserva in facciata una lapide trecentesca a ricordo della costruzione di chiesa e castello, passato quest’ultimo nel periodo rinascimentale in proprietà privata e smantellato nel ’600. A chiusura della giornata, a cui ha partecipato un folto pubblico locale e non, si è tenuto un concerto di musica classica. Cristian Copes Delegazione di Sondrio Marche LE MURA DI CORINALDO E IL PARCO ARCHEOLOGICO DI SUASA S abato 29 settembre 2007, in occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, la sezione ha riunito soci ed alcuni ospiti a Corinaldo nell’imponente settecentesco palazzo comunale del Ciaraffoni, dove nel salone principale a nostra disposizone ci ha accolto con un breve saluto l’assessore alla Cultura e Turismo De Jasi, in rappresentanza del sindaco Scattolini. 17 In un primo momento i soci si sono riuniti in assemblea per eleggere il nuovo consiglio direttivo della sezione. I nominativi dei soci eletti per il prossimo triennio sono: Federica Battaglia Sogaro, Matilde Catenacci Anelli, Paolo Cruciani, Rossana Danielli Gentili, Daniele Diotallevi, Pietro Fenici, Marco Grandi, Alberto Mazzacchera, Gaetano Selandari, Fabio Mariano fa parte del consiglio di diritto, in quanto vicepresidente del consiglio scientifico nazionale. In un secondo momento Fabio Mariano ha intrattenuto i soci e gli ospiti con una relazione sulla evoluzione storico- architettonica di Corinaldo. La città possiede ancora quasi intatti oltre 800 m. di mura con porte e torrioni . Abbiamo poi tutti affrontato a piedi il percorso delle mura, che si sono sviluppate dal ‘300 al ‘600. Siamo transitati in parte sul cammino di ronda, in parte all’esterno, soffermandoci in corrispondenza di porte, di torrioni e di tutti i particolari architettonici più salienti. Abbiamo inoltre visitato il teatro ottocentesco, oggi restaurato in modo non del tutto felice, ed anche l’ex convento seicentesco delle monache, perfettamente inserito in modo armonico nelle mura, ed oggi ben restaurato dal proprietario dott. Bettini che lo ha trasformato in hotel-ristorante. L’ex convento contiene una grande cisterna rinascimentale in perfette condizioni. Dopo un aperitivo offertoci dal dott. Bettini ci siamo trasferiti a casa del neo-consigliere Marco Grandi, che ci ha accolto con la sig.ra Paola nella sua villa e ci ha offerto una ottima colazione in giardino. Nel pomeriggio con un breve trasferimento ci siamo recati al parco archeologico di Suasa, un insediamento romano sviluppatosi dal III secolo a.c. fino alla tarda antichità. Gli scavi hanno riportato alla luce solo una piccola parte della città, che aveva un anfiteatro, un teatro (individuato nel 2003 ma ancora interrato), un importante foro commerciale, terme, abitazioni. Infine abbiamo visitato la “Domus dei Coiedii”, una grande villa in massima parte del II secolo d.c. , con splendidi mosaici ancora in loco e pitture parietali in buona parte trasferite al vicino museo di Castelleone di Suasa. Pietro Fenici Le mura di Corinaldo (AN). La città di Corinaldo possiede ancora quasi intatta circa ottocento metri di mura edificate tra il 300 e il 600. Il tracciato è interrotto da numerose porte, tra cui spicca il cosiddetto Sperone di San Francesco. Nell’immagine il torrione Affiancato alla porta di sotto. Si notino le feritoie orizzontali per il tiro con artiglierie semiportanti e archibugi. Antonio Canova, Ritratto di Paolina Borghese - Roma, Galleria Borghese Servizi e prodotti nel settore delle arti grafiche dall’ideazione alla stampa. Libri d’arte Riviste Cataloghi Stampati promozionali Manifesti e locandine Listini, annual report Calendari e agende interlinea > arti grafiche 25128 brescia - via biseo 39 - tel. 030.3389539 - fax 030.3389539 - cell. 349.2900325 - e-mail: [email protected] Situato in splendida posizione collinare con vista mozzafiato sulla Valdichiana, si trova il casale "Il Ciliegio". Il Ciliegio è un'antica casetta in pietra serena costruita su due piani collegati da una caratteristica scala in legno ed esternamente da una scalinata in pietra serena. Il Ciliegio è parte di un club ippico privato con possibilità di lezioni personalizzate, escursioni a cavallo e passeggiate in carrozza. Il centro ippico e la clubhouse sono raggiungibili a piedi o in macchina in circa 5 minuti. Un soggiorno presso il casale "Il Ciliegio" vi permetterà di passare una vacanza indimenticabile immersi nel verde della collina cortonese, a contatto con la natura incontaminata, a soli 5 km dal centro storico di Cortona, facilmente raggiungibile anche percorrendo un antico sentiero romano che permette agli appassionati di trekking di raggiungerla in soli 20 minuti. Per informazioni e prenotazioni: loc. Teccognano • 5 2 0 4 4 C o rto n a (A R ) t e l : 0 5 7 5 - 6 0 5 2 8 7 ( c hi e de r e d i vi tto ri o ) • ce l . : 3 4 7 -6 2 2 7 0 8 3 e-mail: [email protected] • sito web in costruzione www.coldileccio.it 20 Cronache Castellane ttività delle sezioni Molise LA FAMIGLIA FEUDALE DEI MONFORTE E LA FIGURA EMBLEMATICA DEL CONTE COLA ell’ambito delle Giornate Nazionali dei Castelli e delle Giornate del Patrimonio indette dal Consiglio d’Europa, in collaborazione con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Molise e l’Archivio di Stato di Campobasso, si è tenuta il 29 settembre 2007 presso la Sala Gencarelli dell’Archivio di Stato di Campobasso la conferenza della Dott.ssa Gabriella Di Rocco, archeologa e socia della sezione Molise dell’Istituto Italiano dei Castelli, dal titolo “La famiglia feudale dei Monforte”. Nel corso dell’incontro è stata descritta l’intera vicenda storica della casata dei Monforte-Gambatesa, relativa al periodo compreso fra il Trecento e il Quattrocento. Di particolare rilievo è la figura del conte Nicola Monforte Gambatesa Molise de Cabannis, detto il Campobasso o più semplicemente conte Cola. L’origine dei Monforte è dibattuta, ma la tesi più accreditata dagli storici, in primis da Benedetto Croce, è che si tratti di nobiltà locale di origine longobarda o normanna. Da Guglielmo di Molise discende Nicola II conte di Campobasso, meglio noto come il conte Cola (14231478?). Questi nasce probabilmente a Napoli nel 1423 quando il Regno di Napoli era conteso tra gli Angioini e gli Aragonesi. Divenuto ben presto valoroso capitano di ventura, Nicola II si inserisce a pieno titolo negli scontri per la conquista del Regno. Il 21 novembre del 1450 nel castello di Civitacampomarano, Cola Monforte sposa Altabella di Sangro, figlia di quel Paolo di Sangro che ebbe come ricompensa da Alfonso d’Aragona il suddetto feudo per aver abbandonato gli Angioini guidati da Antonio Caldora nella battaglia di Sessano del 1442, passando al campo degli Aragonesi e determinando, in tal modo, la conquista da parte di questi ultimi del Regno di Napoli. Alla morte di N Castello di civita Superiore di Boiano (IS). I ruderi della fortificazione si trovano nella parte alta della Civita,isolati dal nucleo abitato medioevale. Sotto ricostruzione urbanistica di Bovianum proposta dal dott. Daniele Mucilli. Alfonso nel 1458 Cola si porta presto a Napoli pronto a giurare fedeltà al nuovo sovrano, Ferrante I. Intanto Giovanni d’Angiò, tentando di riconquistare il Regno, sbarca alla foce del Volturno: è in questo periodo che il conte di Campobasso inizia a meditare la defezione e il riavvicinamento agli Angioini nell’intenzione di crearsi un proprio stato indipendente. Nell’autunno del 1462 l’esercito aragonese, movendo dalla Puglia, invade i feudi del Monforte compresi tra la costa adriatica del Molise e la Campania nord-orientale. Il 28 ottobre le truppe reali, entrando nei feudi del conte Cola, raggiungono Fragneto dell’Abate e di lì a quattro giorni assediano il castello di Pontelandolfo dove il conte aveva posto un grosso presidio militare. Pontelandolfo viene presa, bruciata e saccheggiata; il Monforte perde tutti i suoi possedimenti ed è costretto ad espatriare. Quando Giovanni d’Angiò torna in Provenza da suo padre Renato il conte lo segue riprendendo il suo ruolo di capitano di ventura presso la corte angioina lasciando la famiglia a Mantova. Alla morte di Giovanni d’Angiò nel 1470, il conte di Campobasso passa al servizio di Carlo il Temerario, che ha in mente di crearsi uno stato indipendente resuscitando l’antico Regno di Borgogna. Di successo in successo, il Temerario entra vittorioso nella città di Nancy con i suoi fidi cavalieri al seguito, ma il 5 gennaio del 1477 gli uomini di Renato di Lorena con l’appoggio delle milizie elvetiche assaltano il campo del duca di Borgogna: per quest’ultimo è la disfatta e la morte. Il conte Cola comprende l’impossibilità di restare al di là delle Alpi e accetta l’invito della Repubblica di Venezia di guidare le truppe della Serenissima come successore del defunto Bartolomeo Colleoni. Nel 1478 o 79 Nicola Monforte Gambatesa conte di Campobasso muore improvvisamente, colpito con ogni probabilità dalla peste che dilagava nel Veneto. Scrive di lui Benedetto Croce: “Chiudeva così una lunga vita faticosa e amara, di affanni e di delusioni, quando pareva che gli si riaprisse la buona fortuna nella terra d’Italia; una vita piena di tristezza, che non meritava, in verità, di essere fatta allegro bersaglio all’obbrobrio e al ludibrio dei posteri sfaccendati”. Agli inizi del Cinquecento gli ultimi discendenti dei Monforte di estinsero in terra di Francia. Giovanna Greco IL CASTELLO DI CIVITA SUPERIORE DI BOIANO A nticipando le Giornate Nazionali dei Castelli, la sezione Molise dell’Istituto Italiano dei Castelli, con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Boiano (CB), il 22 settembre ha organizzato un incontro di studio dal tema “Sistemi insediativi e fortificazioni nell’alta valle del Biferno” svoltosi presso il Palazzo Colagrosso di Boiano. Protagonisti della manifestazione due giovani studiosi, l’Archeologo Dott. Daniele Muccilli e l’Architetto Dott.ssa Mariapia Carlone sapientemente coordinati dalla Presidente della Sezione Molise, Prof.ssa Onorina Perrella Cavaliere e dalla Segretaria della medesima Sezione, Prof.ssa Isabella Astorri. Cronache Castellane Il Dott. Muccilli ha riscosso il plauso dei presenti con un’ampia relazione sui sistemi insediativi dell’alta valle del Biferno ponendo particolare risalto al ruolo di Bovianum tra l’età sannitica e la crisi della romanità: “l’alta valle del Biferno - ha detto Muccilli - nonostante abbia da sempre ricoperto una rilevante funzione di raccordo tra le più importanti aree di etnia osco-sabellica, è stata poco frequentemente oggetto di studi specifici”.. Con la sua puntuale ricerca storico-topografica il Dott. Muccilli ha proposto la ricostruzione urbanistica di Bovianum, capitale del Sannio Pentro e il suo rapporto con il territorio circostante, in particolare con il grande tratturo Pescasseroli-Candela, la romana via Minucia. La Dott.ssa Carlone ha appassionato il pubblico con una relazione sulla fortificazione di Civita Superiore, frutto degli studi e delle ricerche svolti per la tesi di laurea recentemente discussa presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi G. D’Annunzio di Chieti-Pescara, le cui tavole sono state esposte al pubblico a conclusione dell’incontro. Come è noto il castello di Civita Superiore di Boiano, tra tutte le fortificazioni molisane, rappresenta un unicum sia sul piano storico, pensiamo alle vicende legate allo scontro tra Federico II di Svevia e Tommaso da Celano, che su quello archeologico-architettonico con la sua caratteristica articolazione planimetrica in ricetto, palatium e corte alta. La Dott.ssa Carlone ha coraggiosamente intrapreso lo studio della complessa struttura dichiarando che il castello di Civita è uno dei meno conosciuti del Molise e per questo motivo ho voluto approfondirne le ricerche. Avvalendosi di un cospicuo corpus cartografico digitalizzato, la Carlone ha mostrato ai presenti il risultato dei suoi studi con la proiezione delle immagini delle planimetrie e delle assonometrie in 3D della fortificazione di Civita. Aderiamo con forza alle parole della Dott.ssa Carlone, profondamente convinti che la fortificazione di Civita di Boiano, come tutte quelle presenti sul territorio molisano, sia parte della memoria storica di una nazione, nonché preziosa testimonianza del passato, nel quale soltanto è possibile programmare il futuro e, pertanto, meritevole di maggior attenzione da parte di quegli organi istituzionali, spesso poco accorti alla valorizzazione del nostro patrimonio culturale che è patrimonio della collettività. IL CASTELLO D’ALESSANDRO DI PESCOLANCIANO omenica 30 settembre, nell’ambito delle Giornate Nazionali dei Castelli, la sezione Molise dell’Istituto Italiano dei Castelli ha organizzato visite guidate di alcune tra le più emblematiche fortezze della regione, tra le quali il castello d’Alessandro di Pescolanciano in provincia di Isernia. L’Arch. Biagio Del Matto, alla presenza del sindaco di Pescolanciano Dott. Domenico Padula e coadiuvato dalla Presidente della Sezione Molise, Prof.ssa Onorina Perrella Cavaliere, ha illustrato ai numerosi intervenuti le vicende storiche e architettoniche del castello e del territorio circostante, un territorio che ancora conserva intatte le preziose testimonianze del suo passato. D 21 Il nucleo più antico del maniero risale al X-XI secolo, quando, cioè, i monaci benedettini attuarono una massiccia opera di ripopolamento di questa porzione del Molise caratterizzata dalla presenza del fiume Trigno e del tratturo Castel di Sangro-Lucera. Nell’impianto attuale del castello, verso sud-est, si riconosce il grosso mastio con base a scarpa eretto su un picco calcareo naturalmente difeso attorno al quale era un muro di recinzione che inglobava la cisterna, i magazzini e i locali per la guarnigione. Fu sotto i Carafa, detentori del feudo dal 1274 al 1550, che l’edificio subì i cospicui ampliamenti che ancora oggi caratterizzano il castello: la struttura venne ingrandita con la realizzazione di locali seminterrati, ambienti residenziali e un terzo livello con i vani per la servitù. Proprio lungo il terzo livello venne costruito il camminamento di ronda in aggetto sui beccatelli che sorreggevano le mensole per le caditoie. Con la famiglia dei d’Alessandro, che tenne il feudo sino all’eversione della feudalità, la fortezza divenne bella residenza signorile: nell’edificio, al secondo piano, fu costruita una cappella gentilizia, completata nel 1628; il lato meridionale del fortilizio fu arricchito da un loggiato di quindici fornici ad arco ribassato, realizzato sul precedente camminamento di ronda. All’inizio del Settecento i duchi d’Alessandro, invitando i migliori artigiani di Capodimonte, installarono una fabbrica di ceramiche andata distrutta in un incendio pochi anni dopo. L’Amministrazione Provinciale di Isernia, proprietaria di una buona parte del castello, ha recentemente avviato il restauro dell’edificio ritenendo opportuno non iniziare i lavori dal rifacimento del tetto, cosa peraltro assolutamente necessaria, ma si è preoccupata, e questo ci addolora profondamente, di non conservare alcune delle strutture architettoniche del maniero sostituendo volte, solai, infissi con materiali per nulla conformi all’antico impianto, elementi che hanno stravolto irrimediabilmente l’intero assetto del castello. Gabriella Di Rocco Pescolanciano (IS). Il castello è situato nella parte più alta del costone roccioso ed è raggiungibile attraverso un ponte levatoio. Si trova in una posizione strategica per il controllo del tratturo castel di Sagro-Lucera. Sopra, Stemma nobiliare della famiglia ducale dei D’Alessandro. 22 Cronache Castellane ttività delle sezioni Puglia IL CASTELLO DI UGENTO E DI MORCIANO DI LEUCA n coerenza con i principi statutari ed in occasione della nona edizione delle Giornate Nazionali dei Castelli si è registrato un risultato realmente concreto in tema di salvaguardia e valorizzazione dei manufatti fortificati: è stato finalmente riaperto al pubblico il castello di Ugento in provincia di Lecce, evento non comune vista la comproprietà privata e comunale; non a caso l’edificio è stato scelto come icona per il manifesto nazionale della manifestazione. È risaputo che il castello è appartenuto prima ai Colonna, quindi ai Pandone ed ai Vaaz ed, infine, dal 1643 alla famiglia di origine fiorentina dei d’Amore: nel 1649 Filippo IV re di Spagna istituì il marchesato di Ugento, poi trasformato in principato con l’acquisizione dei feudi vicini e sancito dal diploma sottoscritto a Madrid dal re Carlo II nel 1695. Il nostro past-president nazionale, principe Bino Fasanella d’Amore, ne è ancora legittimo proprietario. Il castello sorge a pochi chilometri dal mare su un’altura di un centinaio di metri e rientra nella rete di controllo e difesa del territorio immediatamente a ridosso del circuito delle torri costiere, come i numerosi altri presenti nel Salento tra cui quelli di Morciano, Copertino ed Acaya. Non è esclusa la presenza di una fortificazione preesistente di età preclassica, ravvisata l’origine messapica di Ugento, testimoniata anche dal circuito megalitico, in parte conservato, e la successiva fondazione di un municipium romano (Ausentum). Il manufatto, di origine duecentesca, si presenta a pianta trapezoidale irregolare con torrioni agli spigoli, due dei quali perduti, e risente delle sostanziali modifiche apportate nel Settecento con la trasformazione in residenza nobiliare tanto da avere, oggi, una facies non I Ugento (LE). Il castello, di origine duecentesca, è situato su di una altura a pochi chilometri dal mare. Ha una pianta trapezoidale irregolare con quattro torrioni angolari di cui due scomparsi. immediatamente leggibile: al piano nobile è presente l’appartamento del feudatario dotato di ampi saloni voltati a padiglione ed affrescati, mentre sui prospetti interni ed esterni sono presenti ampie logge. L’ingresso principale è segnato da colonne tuscaniche e la presenza di una lunga balconata e di un cortile con doppio ordine di arcate enfatizzano il carattere aulico della fabbrica. Conclusa la manifestazione alla presenza del sindaco, nella quale è stata sottolineata la difficoltà del riutilizzo di questi manufatti, e la virtuale riappropriazione dell’edificio concesso in comodato, la Giornata è proseguita con la visita al vicino castello di Morciano di Leuca ospitato in una cittadina inadeguata alla vastità della fabbrica. Sorge anch’esso su un altopiano, la Serra Fallitte, e domina il settore compreso fra mar Jonio e capo. Le analogie strutturali della pianta quadrata con i coevi manieri federiciani di Sicilia risaltano immediatamente, soprattutto se riferite al Castel Ursino di Catania o quello d’Ortigia di Siracusa. Il castello di Morciano, dalla volumetria compatta e serrata da torri circolari agli angoli (una di dimensioni maggiori e due minori), ha subito le prime modifiche all’impianto originario nel periodo angioino e quelle più sostanziali sotto la signoria di Gualtiero di Brienne dal 1335 in poi: imponente, bellissimo, fa rimanere perplessi per la robustezza della sua mole, per le sue alte mura merlate, per il suo poderoso torrione. La facciata principale è rivolta sulla attuale Piazza S. Giovanni Elemosiniere e delle quattro torri angolari originarie, nel 1507 il barone Rodolfo Sambiasi demolì quella di nordovest per consentire la costruzione della attigua chiesa dei Carmelitani. Il secondo torrione, l’unico superstite nella sua struttura originaria, ha pareti verticali, senza scarpata a testimonianza del carattere piombante della difesa: all’interno si presenta suddiviso in tre livelli di piano. Il prospetto ha il primo ordine diviso dal secondo da un cordone perimetrale mentre il terzo da una serie di beccatelli: il coronamento presenta una maggiore ricchezza di particolari e di elementi architettonici quali bertesche, feritoie, ecc. Gli altri due torrioni angolari superstiti del prospetto posteriore si presentano parzialmente incamiciati dalla nuova muratura perimetrale esterna, al punto da aver perso del tutto l’originaria fisionomia. Gli attuali paramenti murari posteriori sostituirono le mura originarie intorno alla metà del Cinquecento per esigenze di ampliamento: in ogni caso, ad un occhio attento, le sovrastrutture sono mentalmente enucleabili in quanto le cuciture della murazione, particolarmente evidenti sul lastrico, mostrano chiaramente la pianta originaria del maniero. Le cortine originarie erano alte metà dei torrioni e su di esse correvano i cammini di ronda collegati alle stesse: tale caratteristica ha fatto ipotizzare che il castello sia un anello di transizione fra l’architettura castrense normanna e la successiva. Altro elemento architettonico di rilievo del castello è costituito dai merli della cortina di coronamento impostati, nel caso della torre, su un tamburo leggermente aggettante impostato su archetti sostenuti da beccatelli più piccoli: la loro forma è quella del giglio di Francia, emblema della casa angioina utilizzato come credenziale da Gualtiero VI di Brienne, conte di Lecce e duca d’Atene, dopo le nozze con Beatrice d’Angiò, figlia del principe di Taranto. Le analogie formali del torrione principale con le torri isolate leccesi realizzate fra XIV e Cronache Castellane 23 XV secolo, per esempio quelle di Belloluogo e del Parco, sono evidenti: la struttura interna, invece, differisce per la migliore fattura delle torri rispetto al castello e per le volte realizzate a costoloni con calotta lievemente a sesto acuto. Il portale d’ingresso al castello è singolare per la doppia caditoia riccamente decorata che lo sovrasta e per gli stemmi gentilizi collocati al di sotto. Superato l’ingresso si accede in una grande corte sulla quale prospettano i locali del piano terra e del piano nobile, i primi destinati alle attività della vita curtense, gli altri a residenza gentilizia. Le vicende del feudo rientrano a pieno titolo nella storia maggiore dopo l’eroica morte sul campo di Gualtiero VI di Brienne nella battaglia di Poitiers nel 1356, in seguito alla quale tutta la contea di Lecce passò ai d’Enghien. Dopo alterne vicende che videro il frazionamento del feudo, solo nel 1584 i Castromediano riuscirono a ricomporne l’unitarietà per rimanere sino ad oggi tra le proprietà di famiglia. attraverso i loro interventi, corredati da una interessante serie di diapositive, hanno fatto conoscere gli ultimi studi sul castello di Bosa, sui suoi affreschi e sulla presenza dei Malaspina, sovrani di un piccolo stato feudale nella Sardegna settentrionale. Al termine della serata, i soci della Delegazione si sono ritrovati a tavola, nel ristorante Mariò, ospitato nelle sale dello storico palazzo De Candia, ricco di mobili d’epoca. La mattina del giorno 30 è stata dedicata ad approfondire la conoscenza di alcuni aspetti della vita del quartiere Castello e, in particolare, un folto gruppo di soci e simpatizzanti, guidati dal Presidente ha visitato il Palazzo Regio. L’edificio, uno dei più antichi del quartiere, attualmente si presenta nelle forme neoclassiche che i restauri, portati a termine tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, gli hanno fatto assumere. A partire dal 1323 è stato il simbolo del governo e, nel corso dei secoli, ha ospitato i vicerè e alcuni re di Sardegna. Il prof. Floris nella sua introduzione si è soffermato in particolare ad illustrare la vita del palazzo durante il soggiorno a Cagliari della dinastia dei Savoia e ha condotto i presenti attraverso le diverse sale, ricche di opere d’arte e di prestigiosi pezzi di arredamento. Terminata la visita, i partecipanti sono stati guidati alla scoperta della cripta del Duomo, dove si trovano le tombe dei Savoia morti a Cagliari e, subito dopo, guidati dalla direttrice del Museo Diocesano, ospitato in un palazzo Cinquecentesco adiacente allo stesso Duomo, hanno potuto ammirare le raccolte di argenti, paramenti, quadri e reliquie e ripercorrere così la storia della Chiesa cagliaritana tra il XIII e il XIX secolo. Le raccolte, modernamente disposte nelle sale del palazzo, sono leggibili e godibili in uno scenario meraviglioso; infatti il palazzo che ospita le raccolte si affaccia su uno splendido panorama dal quale si può godere la visione del porto e delle lagune della città. Gaetano Cataldo Francesco Floris Sardegna CASTELLI E SIGNORI: I MALASPINA A BOSA L a Delegazione di Cagliari e Oristano della Sezione Sardegna, in occasione delle Giornate nazionali dei Castelli, ha dato vita ad alcune manifestazioni che hanno visto la partecipazione di circa 60 soci e coinvolto l’ opinione pubblica e la stampa locale. Per evitare la coincidenza con la Settimana della cultura organizzata dalla Soprintendenza ai beni Ambientali e culturali, cui peraltro la Sezione ha aderito, le manifestazioni castellane si sono svolte nei giorni 28 e 29 Settembre 2007. In particolare, il giorno 29, nei locali della Fondazione storica Siotto, ospitata nell’omonimo palazzo situato nel cuore del quartiere di Castello, i professori Alessandro Soddu e Franco Campus dell’Università di Sassari hanno svolto due relazioni sul castello di Bosa e sulla presenza dei Malaspina in Sardegna. Nella splendida sala secentesca i relatori, due tra i giovani ricercatori più promettenti dell’Ateneo sassarese, A lato le poderose mura del castello di Ugento (LE), al cui interno si possono ammirare ampi saloni con volte a padiglione affrescate. Castello dei Malaspina o di Serravalle (NU). È un grande complesso del quale restano i muri perimetrali e le torri. Fu edificato dai Malaspina a partire dal 1112. Al primo castello dotato di torri quadrate si aggiunse, in epoca aragonese, una seconda cinta con torri quadrate e poligonali. 24 Cronache Castellane ttività delle sezioni Sicilia CATANIA, CASTELLO URSINO I Castello Ursino (CT). Veduta aerea del castello a pianta quadrata con torri angolari tonde e quattro torri rompitratta semicilindriche. L’interno del castello ha subito numerosi rimaneggiamenti che hanno danneggiato l’aspetto originario. l 29 settembre 2007, in occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, sono state organizzate visite guidate ai castelli etnei in collaborazione con l’Unione Nazionale Proloco d’Italia e la Ferrovia Circumnea. A Catania è stato aperto al pubblico il castello Ursino con visite guidate al monumento con suoni, voci e immagini. Come molte delle più importanti fortificazioni del Mezzogiorno, anche il castello catanese fu opera di Federico II: un anello fondamentale della catena di dimore pesantemente fortificate che l’imperatore stese dalla Sicilia fino all’Abruzzo. È un complesso difensivo poderoso, intimidente, adatto a reggere assalti o assedi anche assai severi. Tuttavia non era solo – e nemmeno principalmente, forse – un edificio militare. Come tutti i castelli federiciani, era anche uno strumento politico e culturale: un mezzo per diffondere la cultura imperiale e consolidare il prestigio del sovrano non meno che per controllare la città e il territorio. L’impianto, è spiccatamente geometrico, secondo un gusto che deriva forse dall’oriente islamico e bizantino e che ha, molto probabilmente, anche significati esoterici: un quadrato costituito da quattro corpi di fabbrica a moduli quadrati, con torri angolari tonde e quattro torri rompitratta minori, semicilindriche, sulla mezzaria dei lati. La costruzione è massiccia, tutta in pietra da taglio, eseguita con cura meticolosa, superiore alla norma. I lavori, su progetto redatto (o supervisionato) da Riccardo da Lentini, cominciarono nel 1239 e terminarono una decina d’anni dopo. Ne nacque un edificio di notevole unità stilistica, in grado di svolgere una forte funzione di controllo sulla città. La sua situazione è tuttavia profondamente mutata nel corso dei secoli. Nato in riva al mare, a protezione del porto, il castello si trovò dopo il terremoto del 1693 e la successiva ricostruzione cittadina che cambiò completamente la topografia dell’insieme urbano, al centro abitato. Inoltre, la colata lavica ha cancellato il fossato e le difese esterne, alterando il rapporto tra l’architettura e l’intorno. L’aspetto attuale della fortificazione deriva dai restauri effettuati negli anni Trenta e nel dopoguerra, che hanno consolidato quanto ancora sopravviveva e hanno liberato il castello da molte sovrastrutture accumulatesi nel tempo. LICATA, CASTELLO SANT’ANGELO l castello Sant’Angelo di Licata, edificato sulla cima del colle omonimo che sovrasta la città, fu costruito tra il 1615 ed il 1640, domina a sud l’accesso al porto ed a nord la pianura circostante. Si sviluppa irregolarmente attorno ad un torrione quadrangolare preesistente, di probabile fondazione tardocinquecentesca. L’opera si è fortunatamente conservata in buono stato grazie anche ad un restauro condotto nello scorso decennio dalla Soprintendenza di Agrigento. Le indagini e gli scavi archeologici negli spazi circostanti hanno messo alla luce interessanti reperti e poderose strutture residenziali, che testimoniano l’importanza e lo sviluppo economico del sito nel periodo tardo ellenistico. Attualmente assieme al complesso archeologico il castello è visitabile. Negli ambienti a piano terra è sistemata un’esposizione di beni etnoantropologici ed alcuni reperti archeologici. In una sala sono raccolti alcune testimonianze che ricordano la destinazione originaria del castello. L’occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli ha consentito alla città ed al territorio di riscoprire ed apprezzare il forte militare ed il suo ruolo nel sistema difensivo di Licata e del territorio dal tardo medioevo al Seicento. La visita è stata guidata dal prof. Eugenio Magnano di San Lio, che ha presentato il contesto storico, il ruolo e le funzioni del forte ai visitatori, provenienti sia da Licata che dai centri limitrofi. Tra questi è stato determinante la partecipazione degli studenti delle scuole superiori, con un folto gruppo proveniente da Canicattì. I Giuseppe Ingaglio CEFALÙ, DUOMO, OSTERIO MAGNO l nome Osterio significa palazzo fortificato secondo la tradizione l’Osterio Magno sarebbe stato la residenza di Ruggero. Appartenne alla casata dei Ventimiglia dal 1300 e ne divenne la residenza invernale. L’Osterio, offre la visione di una splendida trifora trecentesca sul corso Ruggero. Recentemente l’Osterio è stato sottoposto a lavori di restauro e rifunzionalizzazione, l’area interessata è stata quella della torre e del palazzetto cosiddetto “bicromo”. In seguito a tali restauri sono state trovate testimonianze di un complesso abitativo di età ellenistica orientato come altre I Cronache Castellane 25 Il castello fu edificato, quasi in riva al mare, alla fine del XVI sec., sotto il regno di Filippo I di Sicilia, dall’arch. Camillo Camilliani il quale eseguì alcune fortificazioni costiere a salvaguardia delle incursioni di pirati che in quel tempo, al comando del corsaro Drahut, depredavano le coste dell’isola. Dagli Spadafora, principi di Venetico, pervenne ai duchi Ascenso di S. Rosalia ed attorno al cinquecentesco castello, anticamente detto «palazzo baronale», si andò formando l’attuale paese le cui prime origini sono attribuite a Pier Guttier Spadafora Ruffo. La sua semplice e quadrata struttura è arricchita da originalissimi, bassi torrioni triangolari sporgenti dai quattro angoli e formanti acutissimi spigoli sopra dei quali sono ancora visibili piccole garitte create un tempo per la guardia degli armati. Gli ambienti interni sono stati accuratamente restaurati dagli attuali proprietari, signori Samonà ai quali pervenne per successione e che vi soggiornano parte dell’anno. Cefalù (PA). Il duomo è preceduto da un ampio terrazzo detto “turniali”. La facciata è inquadrata da due possenti torri, alleggerite da eleganti bifore e monofore. L’interno è a croce latina diviso in tre navate da colonne di recupero con basi e capitelli del secondo secolo d.C. Delegazione di Messina IL CASTELLO NORMANNO DI PATERNÒ strutture della Cefalù di epoca ellenistica. Oggi l’Osterio è stato restituito al pubblico attraverso la funzione di spazio espositivo ed assegnato ai fini di un pieno utilizzo turistico e culturale all’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Cefalù, che vi organizza mostre di libri, di arte contemporanea insieme ad altre iniziative culturali. Il duomo di Cefalù edificato per espressa volontà di Ruggero II, fu costruito tra il 1131 e il 1240. La facciata, inquadrata da torri a pianta quadrata presenta un corpo centrale diviso in due livelli dal portico rifatto nel XV secolo dall’architetto lombardo Ambrogio da Como. L’interno è arricchito da bellissimi mosaici su fondo oro che ornano la parte presbiteriale della chiesa. Nella Parte alta del catino absidale troneggia una grandiosa immagine di Cristo Pantocratore. MESSINA, IL FORTE GONZAGA E IL CASTELLO DI SPADAFORA n occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, la delegazione di Messina dell’Istituto presieduta da Micaela Marullo Stagno d’Alcontres, ha organizzato la visita guidata al Forte Gonzaga accompagnati dal Dott. Franz Riccobono, socio dell’Istituto e noto storico del territorio. L’imponente struttura difensiva, dalla pianta stellare con sei grandi bastioni angolari sorge sulla cima del Colle del Tirone. Venne fatta costruire da Don Ferrante Gonzaga Viceré di Sicilia tra il 1537 e il 1544 su suggerimento dell’Imperatore Carlo V d’Asburgo che visitò la Città nel 1535. La progettazione della fortezza è attribuibile all’architetto militare Ferramolino da Modena e al matematico messinese Francesco Maurolico. Il perimetro del Forte è circondato da fossati, la parte esterna è caratterizzata dai baluardi con spigoli rivestiti di blocchi di calcare. Contemporaneamente è stata organizzata la visita guidata al castello di Spadafora. I a giornata di apertura del castello di Paternò è stata realizzata con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Paternò, di alcuni Istituti Scolastici, presenti con numerosi alunni, dell’Associazione Musicale di Paternò che ha eseguito brani di musica classica e medievale nella sala principale con il duo di Fabio Coniglio e del gruppo d’arte dei costumi medioevali con la presenza del Giullare Cantastorie che ha illustrato ai partecipanti la storia del castello. Sono intervenuti nel corso della lunga giornata di apertura del castello l’assessore Gianfranco Romano che ha illustrato i progetti previsti dal comune per il castello in collaborazione con l’Istituto Italiano dei Castelli sezione Sicilia e la professoressa Ciraldo in rappresentanza degli Istituti scolastici di Paternò. Oltre a numerosi visitatori attratti dalle suggestioni della musica classica armonizzata e diffusa dalla splendida acustica nelle sale del castello medioevale. Ha visitato la rocca anche il gruppo di turisti castellani in tour intorno all’Etna con la Circumetnea che ha fatto tappa a Paternò. Alberto Di Gaetano L Pianta del primo piano del castello di Paternò (CT). Castello di Paternò (CT). Fu edificato nel 1072 sopra un’altura come avamposto fortificato. Ha l’aspetto di un grosso parallelepipedo di 24,30 metri per 34 di altezza. La muratura è in pietrame lavico con grossi conci in pietra calcarea nei cantonali. 26 Cronache Castellane ttività delle sezioni To s c a n a LA ROCCA DI STAGGIA SENESE E LA FORTEZZA DI MONTECARLO N Fortezza di Montecarlo (LU). Veduta generale della fortezza dominata dalla poderosa torre di nord-ovest. ell’ambito delle Giornate Nazionali dei Castelli, promosse per la valorizzazione e la conoscenza del patrimonio dell’architettura fortificata, la Toscana, con il patrocinio del Ministero per i beni e le attività culturali della Regione Toscana – Assessorato alla Cultura – e con l’apporto culturale e scientifico dei Comuni interessati, di alcune Associazioni locali e dell’Istituto Italiano dei Castelli, sono state aperte al pubblico due straordinarie architetture fortificate: la Rocca di Staggia Senese a pochi chilometri da Poggibonsi e da Siena e la Fortezza di Montecarlo in Lucchesia. La rocca di Staggia, recentemente restaurata, la cui apertura è avvenuta il 28 settembre, è stata visitata oltre che da appassionati e amatori, da numerosissime scolaresche che alla vista di un cosi suggestivo luogo, hanno rivolto moltissime domande per capire soprattutto la vita che si svolgeva all’interno della rocca e sull’antico uso delle armi ossidionali in funzione del sistema difensivo. Erano presenti alcuni soci della Sezione Toscana, il Vicesindaco del Comune di Poggibonsi, la proprietà, il Prof. Domenico Taddei e il Prof. Roberto Corazzi del Consiglio Scientifico dell’Istituto, che nel pomeriggio davanti ad un folto pubblico hanno dibattuto sulla possibilità che Filippo Brunelleschi, nella prima metà del ‘400, fosse intervenuto nella realizzazione della rondella verso Poggibonsi. Questa animata discussione scientifica ha creato molta curiosità in tutte le persone presenti, tanto da concludersi soltanto all’imbrunire al termine della giornata. I giorni successivi di sabato e di domenica, con la collaborazione degli Amici di Staggia, la rocca è rimasta aperta al pubblico con la presenza interessata di mol- tissime persone. All’interno di alcuni locali gentilmente messi a disposizione dalla proprietà è stata allestita una mostra, che illustra lo stato di degrado della Rocca, prima dei restauri e il risultato finale dopo il restauro di risanamento conservativo. Il giorno 29 settembre è stata aperta al pubblico la Fortezza di Montecarlo. In questa occasione, con la collaborazione e il prezioso apporto dei proprietari Sig. Menchini, è stata presentata nei locali della fortificazione, una splendida ricerca scaturita da una recente Tesi di Laurea in Architettura, brillantemente superata, di Alessio Accorroni, classificata prima assoluta nel X Premio Nazionale per tesi di laurea 2007 su argomento castellano, bandito dall’Istituto Italiano dei Castelli, dove è stato presentato il rilievo sistematico di tutto il complesso fortificato, ed esposto alcune proposte di progettazione architettonica in ambito di recupero e restauro. La mattina e ancor più il pomeriggio è intervenuta una grande quantità di pubblico. Sono intervenuti oltre alla proprietà, anche il Sindaco di Montecarlo Dott. Giuseppe Pieretti, l’Assessore alla Cultura e al Turismo Sig. Vittorio Fantozzi, un Consigliere Regionale e il Direttore dell’Archivio di Stato di Lucca Dott. Giuseppe Tori che ha fatto la prolusione principale. Anche in questa occasione la presenza del Prof. Taddei e del Prof. Corazzi ha dato origine ad un dibattito scientifico in quanto hanno spiegato gli stilemi architettonici caratterizzanti il passaggio dal periodo di transizione a quello di radenza presenti nella fortezza. Da Firenze sono arrivati in autobus anche un folto gruppo di soci della Sezione Toscana accompagnati dal Presidente Prof. Enrico Pieragnoli e dal Segretario Dott. Massimo Rosati. La fortezza di Montecarlo è stata aperta al pubblico per tutto il mese di ottobre con la presenza di personale specializzato che ha fatto da guida per spiegare le varie esegesi architettoniche e la storia di questa importante fortificazione giunta a oggi quasi intatta. Giovanna Taddei Cronache Castellane 27 Nel 1838 il castello fu acquistato dal padre di Carlo de Giuliani, valente storico, che ebbe il merito d’effettuare un’approfondita ricerca d’archivio e di identificare le varie fasi di costruzione del castello, lavoro rimasto inedito e conservato presso la Biblioteca comunale di Trento. La giornata è trascorsa nella tranquilla atmosfera del castello e delle campagne circostanti, concludendosi per il gruppo dei soci con un apprezzato rinfresco. A lato, una antica stampa di Castel Nanno caratterizzata dalla originaria cinta muraria. Carlo Andrea Postinger Umbria IL CASTELLO DI CAPECCHIO Tr e n t i n o VISITA A CASTEL NANNO l 23 settembre in occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, la Sezione Trentino ha organizzato l’apertura straordinaria del Castello di Nanno, nell’omonima località della Val di Non. Gli ospiti, con l’apprezzata guida di alcuni soci e simpatizzanti coordinati dal presidente Arch. Roberto Codroico hanno potuto scoprire i contenuti artistici e architettonici dell’edificio. Il castello di Nanno è d’antica origine e da alcuni identificato con “l’Anagnis Castrum” distrutto dai Franchi nel 584-590 d.C., come sostiene Paolo Diacono, e sarebbe ricordato anche nell’ ”Historia” di Secondo da Trento, al tempo del vescovo Agnello (554 d.C). Costruito o ricostruito nel XII secolo quale controllo dell’antica strada romana per Cles, fu feudo dei signori di Denno, che presero il nome del castello. Messo a ferro e fuoco durante gli eventi bellici dei secoli XIV e XV, fu conquistato da Pietro di “Sporro” ma, ritornato ai signori di Nanno, fu ricostruito da Aliprando verso il 1450. Quando poi i Denno-Nanno divennero anche signori di Madruzzo, Giovanni Gaudenzio, che ereditò i beni di entrambi i rami del casato e venne investito dal vescovo di Trento di Castel Madruzzo, acquistò da suo cugino Antonio Castel Nanno e poiché versava in pessimo stato lo ricostruì, dopo aver terminato la sistemazione di Castel Madruzzo. La pianta del’edificio è un quadrato di circa 25 metri per lato, suddivisa a scacchiera di tre quadrati per tre, ad eccezione della sala centrale che occupa lo spazio di tre stanze. Il rigore simmetrico della composizione architettonica è interrotto solo nell’angolo di congiunzione con la torre preesistente. Tra il 1611 e il 1615 fu sede di processi alle streghe, e si ritiene d’identificare la stanza di tali processi nella sala voltata a raggiera al primo piano, mentre le tre crocette incise su di un sasso sporgente dal pavimento ricorderebbero le esecuzioni capitali. Estintasi nel 1656 la famiglia Madruzzo, il castello passò in proprietà della Mensa Vescovile di Trento. I I n occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, che hanno lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica, la stampa e le istituzioni sui problemi e sulle esigenze di un giacimento culturale, la presidente della sezione Umbria, Angiola Bellucci e il Consiglio Direttivo della Sezione stessa, hanno invitato soci e non a visitare gli antichi manieri per attraversare un interessante spazio umano e per un virtuale viaggio nei luoghi della memoria. Il Medioevo di Walter Scott, di Emanuel Viollet-le Duc non può essere confinato entro limiti di tempo, poiché non è soltanto un autentico prodotto dell’immaginazione storica. Nel Medioevo la storia dell’Umbria fu tormentata e dolorosa ed evoca scenari drammatici, perfidi inganni e storie d’amore, spesso tragiche. La fine del castello avvenne dopo l’esaurirsi della sua funzione politica e rimase una manifestazione attenuata di contrapposizione sociale. Il castello non fu soltanto un simbolo, ma lo strumento principale e più efficace del potere feudale. Ottone I di Sassonia nel 962 venne incoronato a Milano Imperatore di Germania e d’Italia e subito creò un gruppo di feudatari fedeli a lui nell’Italia Centrale. Al Conte Arnolfo, tedesco, cortigiano e “famiglio” dell’imperatore, fu assegnata in feudo una parte dell’Umbria, la contea denominata “terra arnolfa”, che comprendeva: Sangemini, Cesi, Acquasparta, Massa, Portaria, Macerino, Castiglione Porziano, Appecano, Acquapalumbo, Balduini, Fogliano, Rapicciano, Cisterna, Collecampo, Scoppio, Fiorenzuola, Messenano, Palazzo, Rivosecco, Villa San Faustino, Azzuano, Casigliano, Montignano, Mezzanelli, Castel del Monte, Configni, Scoiano, Belfiore, Quadrelli, Cicigliano, Avigliano, Montecastrilli, Collesecco, Farnetta. Non è possibile descrivere tutti i castelli o le rocche dell’Umbria assorti nel ricordo del passato e come falchi, appollaiati su difficili alture, che guardano, quasi a vigilare, i paesi e le città. Ricordiamo: Pale, che conserva il suo severo aspetto trecentesco, Petrignano, sulle rive del Chiascio, sta sotto l’occhio grifagno del castello di Sterpeto, San Savino, sulle rive del lago Trasimeno, Castel Rigone, la Rocca di Spoleto, la Rocca di Narni, che stempera la sua durezza nella dolcezza del paesaggio, il castello di Sismano, appartenuto agli Atti di Todi ed acquistato dai Corsini nel 1607, il castello del Poggio di Guardea edificato nel 1304 su una parte della Rocca Bizantina, il Castello di Alviano, trasformato nel cinquecento in dimora gentili- Castel Nanno (TN). Il cinquecentesco Castel Nanno, così chiamato solo perché residenza del principe territoriale, non ha più nulla di architettura fortificata, se non quattro torrette ai vertici della cinta muraria. Sotto l’aspetto attuale del castello. 28 Cronache Castellane ttività delle sezioni Castello di Capecchio (TR). Fu eretto sui resti di un antico fortilizio chiamato torre D’Orlando, feudo della famiglia Landi che si estinse nel XVII secolo. Dopo un periodo di splendore cadde in rovina. Attualmente appartiene alle famiglie Francisci e Santoro che lo anno restaurato. zia da Bartolomeo di Alviano, il famoso condottiero, poi passato ai Pamphili con donna Olimpia Maidalchini Pamphili, cognata di Innocenzo X, il castello di San Pancrazio, il castello di Montignano, la Torre di Loreto di Todi, XIII secolo, il castello di Fiore, prototipo del castello della cinta fortificata di Todi; qui vennero assediati gli Atti e qui morirono. Il castello risale al XII secolo, un tempo era chiamato “Fiore di mezzo”, perché posto tra la Villa San Faustino e la fortezza “Fiore di Mariano”, dal nobile Mariano degli Atti e Il Castello di Capecchio, XIII secolo, della famiglia tuderte dei Landi, feudataria di tutto il territorio circostante. Il Castello di Capecchio, XIII secolo, appartenne alla famiglia tuderte dei Landi, potenti feudatari di tutto il territorio, agli inizi del XVIII secolo divenne proprietà dei conti Morelli di Todi e nell’Ottocento fu acquistato dai Paparini. Il nuovo proprietario, S.E. Giuseppe Santoro ha riportato il castello all’antico splendore ed all’antica ruvida bellezza. Inoltre ha fatto restaurare un artistico dipinto “La Madonna dei Cerri”, così chiamata perché l’immagine fù trovata su un cerro e la gente della contrada le è devota. L’iconografia è stata collocata nella cappella trecentesca del castello e in primavera si svolge una festa per ricordare la pietà popolare, molto sentita. A S.E. Giuseppe Santoro, che ha iniziato anche la ristrutturazione del castello di Castiglione, Castrum Ilione Landi, precedente all’età comunale che non presenta sovrapposizioni, il 29 settembre, in occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, è stata consegnata, dalla presidente della sezione Umbria Angiola Bellucci, la “Targa di riconoscimento” dell’Istituto, per il sapiente restauro che ha riportato il castello all’antico splendore. Per una maggiore conoscenza dell’Umbria, una terra ricca di storia, ricordiamo Tenaglie (in prov. di Terni), antico castello posto sul versante occidentale del monte Croce di Serra, il cui nome si fa derivare dalla gente Tenaglia, proprietà dei Conti Carmano di Baschi, la più potente famiglia del territorio compreso tra Todi e Orvieto. Nel 1413 apparteneva a Ranuccio dei Baschi che con un atto testamentario ordinò di edificare a Tenaglie un ospedale, affidato ai massari del luogo, per i pellegrini e gli infermi. Il figlio Guiccione donò la sua abitazione all’Ospedale della Carità di Todi. Nel 1466 il castello fu venduto a Viccione di Ranuccio dei Conti di Baschi per molti pezzi d’oro che servivano per pagare una rata di un prestito di 1500 ducati d’oro, contratto dal Comune di Todi con Giacomo Spini. Tra il 1473 e il 1513 le rivalità tra i Baschi e i BaschiCarmano si fecero accese e furono segnate da numerosi omicidi. I beni delle famiglie furono alienati da Pio V e affidati (1556-1572) ad Andrea Ancaiani, di Spoleto. Nel 1630 parte del territorio di Tenaglie fu venduta a Paolo Pietro III e a Nicola Monaldeschi della Cervara, dopo vari passaggi, nel 1651 i beni tornarono alla Camera Apostolica. Il palazzo passò al barone Decio Ancaiani nel 1641. Il palazzo maestoso degli Ancaiani domina l’abitato. L’Umbria è densa di tradizioni, di storia e di arte, è una terra di castelli e la legge del castello era la legge della vita e la vita del castello si modellava su quella del falco e del nibbio. Igea Frezza Federici 40 ANNI DI AMICIZIA CASTELLANA a presidente della sezione Umbria, Angiola Bellucci e il Consiglio Direttivo hanno organizzato una manifestazione che riassumesse e divulgasse “i primi 40 anni” della Sezione. Con una preparazione che è durata alcuni mesi e che ha ricostruito con cura e precisione le attività svolte. Sabato 6 ottobre, presso il salone dell’Hotel Brufani in Perugia, sono state presentate al pubblico, un pubblico qualificato, colto e attento, le risultanze di questo studio. La presidente ha ripercorso i tanti incontri e le attività della sezione: conferenze, visite ai castelli dell’Umbria, a Perugia nella formula “Perugia per voi”, i viaggi in Europa e in terre lontane alla scoperta di civiltà affascinanti, la presenza di illustri personaggi come Federico Zeri, Corrado Augias, Vittorio Sgarbi, Monica Maggioni, Umberto Cerroni, per una più profonda conoscenza del nostro patrimonio artistico ed architettonico. Nelle immagini di un film sono scorsi gli anni “di amicizia castellana” e sull’ardesia della memoria hanno riletto i piacevoli ed interessanti appuntamenti. La partecipazione all’Istituto Italiano dei Castelli nella sezione Umbria ha legato e nella condivisione di conoscenze e di esperienze, così che la definizione di “40 anni di amicizia castellana” ha assunto un profondo significato. Nella particolare ed importante occasione sono stati consegnati i premi per tesi di laurea sull’architettura fortificata. In una sala dell’Hotel Brufani è stata allestita la mostra degli elaborati, vincitori del 1°, 2°, 3°, 4° premio. Il presidente nazionale, Arch. Prof. Flavio Conti, presente alla cerimonia, ha espresso il suo vivo apprezzamento, anche nel consegnare i premi per tesi di laurea. Così anche l’arch. Prof. Domenico Taddei, presidente del Consiglio Scientifico dell’Istituto. Era presente la prof.ssa Stefania Giannini, Rettore dell’Università per Stranieri in Perugia che ha consegnato un premio accompagnando il gesto con belle parole. È stato, dunque, un momento di grande rilievo per la Sezione. L Igea Frezza Federici Cronache Castellane egnalazione 29 Brisighella (RA) Castel Nanno (TN) Cefalù (PA) Capecchio (TN