“Un confessore si confessa” I DESIDERANTI Il mistero dell'Incarnazione di Gesù, che si celebra nella solennità del Santo Natale, fa memoria della sua persona e della sua storia. Una storia fatta di gravidanze e di parti, all'inizio, e conclusa tra legno e chiodi, per finire in una tomba, da cui però fu rotolata via una pietra... Umori e sangue segnano la vita di tutti, dalla nascita alla fine. Gesù però, nato tra noi e vissuto come uno di noi, sapeva amare come nessun altro di noi; perciò il Padre, dopo avergli chiesto la vita in dono, gliel'ha restituita: un amore come il suo non poteva finire! Anche la nostra fede – che è fede in una persona e nella sua storia – si fa vera perché diventa pane spezzato, cioè corpo dato, e sangue versato. Afferma Origene, grande esegeta: “Dio prima patì e poi si incarnò”. Patì vedendo l'uomo che lottava contro il male e soccombeva, vedendo il dolore di cui è intriso ogni granello di terra. “Prima patì e poi s'incarnò”, perché amare vuol dire soffrire per chi ami. L'amore è patimento e passione. Dio viene, ci dicono i Vangeli dell'infanzia. Viene nel tempo delle stelle, in silenzio, senza rumore e clamore, senza apparenza; non prende niente, e dona tutto. Si accorgono di lui i “desideranti”, simili a coloro che – come riferisce Giulio Cesare – attendevano vegliando sotto le stelle i compagni non ancora rientrati all'accampamento dopo la battaglia. Lo vedono e lo adorano coloro che vegliano in punta di cuore, al lume delle stelle, le persone dagli occhi profondi e trasparenti, che sanno vedere Dio incamminato nel mondo. Anche Lui - a ben vedere - è un “desiderante”: infatti aspetta che lo andiamo ad incontrare, ad offrirgli i nostri doni e a chiedergli perdono dei nostri peccati, perché abbiamo compreso e vogliamo ricambiare a modo nostro il Dono che è lui, il nostro Salvatore. In un libro di Jorge Mario Bergoglio, intitolato “E' l'amore che apre gli occhi”, si legge: “Sono trascorsi duemila anni dalla nascita di Gesù. Settecento anni prima di Cristo il profeta Isaia aveva annunciato che sarebbe nato un bambino e si sarebbe chiamato Emanuele, Dio-con-noi. Un Dio che vuol essere da sempre un Dio con tutti... Egli continua ad affidarsi fiducioso alle nostre mani nel gesto di abbandono dell'Eucaristia. Nel suo silenzio dal sapore di pane, è come se ripetesse senza sosta: “Io sono il Diocon-voi”. 'Dio-con-noi' è un bellissimo appellativo di Dio... Il suo nome proprio è Gesù, ma il suo cognome è Dio-con-noi”. La straordinaria pedagogia di Dio si manifesta mirabilmente anche nel sacramento della confessione. Ne ha parlato papa Francesco in una delle sue udienze generali: “Quando noi confessiamo davanti al fratello prete, i nostri peccati come sono alla presenza di Dio, sempre sentiamo quella grazia della vergogna. Vergognarci davanti a Dio è una grazia”. Se non mi vergogno, è perché, confessando i miei peccati, cerco di trovare delle scuse, vado in cerca di qualche giustificazione..., ma solo il Signore ci può giustificare, nel senso di “rendere giusti”. Perdonandoci, ci rende leggeri e allegri, anche dopo la confessione più pesante, ma sincera. La legge umana di fronte al reo confesso al massimo fa uno sconto di pena; invece il nostro Dio, il Misericordioso, perdona totalmente e il suo sorriso diventa... il nostro! Notiziario della Parrocchia di S.Maria del Monte – 0332.229.223 La Città sul Monte [email protected] – www.sacromontedivarese.it [69] domenica nell'Ottava di Natale – 28 dicembre 2014 Siamo qui ad onorare te, o Madonna, nel santuario che rappresenta il culto della Chiesa cattolica a te, Maria Santissima. Il pensiero che sorge in tutti più spontaneo è quello di raccomandare a te, o Madre così buona e potente per tua intercessione, i nostri bisogni, i nostri dolori, le nostre speranze. Questo facciamo qui; ciascuno per sé, ciascuno per tutti. Fra le grandi aspirazioni che ti presentiamo ora, perché ti degni di appagarle, ci sono la Chiesa e la pace. Ottieni alla Chiesa la grazia di ben profittare del Concilio celebrato, dando seguito al vero spirito del Concilio, e dando applicazione fedele alle prescrizioni che esso ci ha lasciate. E poi ti invochiamo per ottenere la pace, dove tuttora è ferita, turbata e minacciata. E offriamo qualche buona promessa: di imitarti nella tua innocenza, da veri tuoi figli devoti. PAOLO VI – nella Basilica Liberiana (8.12.1966) « L'arte costituisce un ponte gettato verso l'esperienza religiosa. In quanto ricerca del bello, frutto di un'immaginazione che va al di là del quotidiano, essa è una sorta di appello al Mistero » La quarta lunetta delle storie di Maria affrescata da G.M.della Rovere nel 1632 (o 1633) è dedicata alla “fuga in Egitto” (o meglio ai preparativi per quella fuga). Si trova al di sopra del confessionale più vicino al Battistero, presso l'entrata laterale. Giovan Mauro della Rovere (che col fratello veniva denominato il Fiamminghino) affrescò gli spazi delle lunette sui muri perimetrali delle navate liberi da finestre o altri impedimenti. Nella navata di sinistra due date vogliono indicare al pellegrino l'anno convenzionale in cui il Santuario fu ornato come oggi si presenta: il 1636, e nella seconda l'anno della conclusione del primo intervento del Pogliaghi: il 1902. Nella lapide di destra vi è il ricordo della dedicazione dell'altare maggiore da parte del Card. Ferrari nel 1894, lo stesso anno in cui l'artista coi suoi collaboratori, iniziò l'intervento con la ristrutturazione del Battistero. Alla sua creatività riteniamo da attribuire anche le mensole sotto le acquasantiere. I quattro confessionali posti nelle due navate, databili attorno alla metà del XVII secolo, sono in noce con elementi scolpiti. Due di questi, in essenza di noce riccamente intagliati nel massello, sono stati sottoposti di recente ad intervento di restauro ligneo e adeguamento strutturale. 16. La fuga in Egitto La sapienza della Chiesa, riferendosi al Natale, non poteva ignorare la famiglia dove il Figlio di Dio conobbe la sua straordinaria apparizione tra di noi. Cambiava veramente la storia dell'umanità, per sempre. I nostri occhi ora si posano sulla famiglia di Gesù: Maria e Giuseppe. Una famiglia - la 'Sacra' Famiglia - in cui l'unica ricchezza che non chiedeva altra ricchezza per entrare nel mondo della felicità, era Gesù. Difficile anche solo contemplare la gioia della Sacra Famiglia. Per non distaccarsi quasi dalla storia quotidiana delle famiglie comuni della terra, i suoi protagonisti subito vengono a conoscere la difficoltà di esistere tra di noi che mostriamo facilmente il volto delle nostre tante miserie, da quella materiale a quella spirituale. E così Giuseppe e Maria vengono a stretto contatto con l'invidia, la avidità di potere, la paura che qualcuno sia superiore, che prendono forma concreta in Erode. Per sfuggire alla sua furia infanticida sono costretti ad emigrare nella lontana terra di Egitto ed a vivere così come esuli. Il Figlio di Dio, Signore della terra e del cielo, accetta di subire la sorte umiliante di difendersi e di conoscere la sua infanzia da emigrato “fino alla morte di Erode”. Davvero Gesù non si è sottratto alla prova di dolore che tanti uomini oggi conoscono con l'emigrazione, il dover fuggire da esiliati, senza alcuna certezza alle spalle. Ma nulla intacca la gioia della Sacra Famiglia: quel Bambino valeva più di tutto, e non si sottraeva al rifiuto degli uomini. Pensiamo alle nostre famiglie. Le statistiche dicono che tanti uomini e donne hanno paura del matrimonio, considerato una specie di prigione. Come se donarsi totalmente nell'amore per tutta la vita fosse una schiavitù e non un'immensa felicità. Dicono che tanti preferiscono stare insieme senza alcun vincolo definitivo: sono coppie che danno almeno esteriormente l'impressione di una casa senza porte e finestre da cui si può evadere quando si è stanchi l'uno dell'altro. Altri preferiscono un matrimonio civile, escludendo il sacramento del Matrimonio, cioè l'aiuto di Gesù che viene a dimorare in mezzo a noi per assicurare la forza che rende saldi i vincoli. Due coniugi nel sacramento del Matrimonio allorché hanno il dono di figli, davvero possono chiamarsi una "sacra famiglia". E chi ha avuto modo di vivere questa sacralità della famiglia, sa molto bene - per esperienza - come sia bello starci, nonostante le difficoltà che ci possono essere. Ma quando i genitori non solo si amano, ma riversano la saggezza cristiana del loro amore sui figli, la felicità è regina. Però perché oggi tante famiglie sono come allo sbando? Perché tante separazioni mettono a rischio i figli che non sanno più chi è loro padre e loro madre? Forse la spiegazione è nell'assenza di Gesù, che si fa vicino, come guida sicura, nelle difficoltà e sofferenze, e maestro di vita nella necessaria pedagogia dei figli. Davvero la famiglia può essere il meraviglioso focolare che Dio ci ha preparato o... l'assurdo inferno che ci costruiamo noi.