La perizia psichiatrica in tema di imputabilità e pericolosità sociale: problematiche e metodo Luca Cimino Lamberto di Saint-Omer, Liber Floridus, 1121 ca. 2 “La discussione sul metodo è la più essenziale e la più profonda” A. Murri (1841-1932) 3 La perizia psichiatrica /1 Uno dei temi centrali della psichiatria forense è rappresentato dalla perizia psichiatrica che costituisce anche la sua principale attività pratica. La perizia consiste in un parere tecnico motivato che l’esperto fornisce a specifici quesiti aventi rilevanza giuridica. Il termine “parere” esprime il fisiologico ed inevitabile grado di soggettività che qualsiasi risposta professionale, per quanto possa essere obiettivamente ancorata al rispetto dello “stato dell’arte” della disciplina, non può non esprimere. La qualificazione di “tecnico” attiene alla specifica competenza scientifico-professionale che deve essere versata nell’elaborazione del parere, sulla base di quelle regole scientifiche e procedurali che fondano e qualificano l’elaborato peritale come tale. Il termine “motivato” sottende il dovere del perito ad esplicitare chiaramente il percorso logico che ha portato a quelle specifiche conclusioni, in modo da renderle verificabili in ogni parte dai vari fruitori dell’elaborato peritale. 4 La perizia psichiatrica /2 La perizia psichiatrica non serve mai a provare che un fatto sussiste o non sussiste, ma serve ad accertare quale sia lo stato di mente di un individuo nel momento in cui è avvenuto il fatto (reato) per cui egli è imputato. La perizia psichiatrica non è utilizzata a provare se un soggetto ha commesso un fatto previsto come reato, ma serve ad accertare attraverso quale dinamismo mentale un soggetto ha commesso il fatto al quale si conferisce la qualifica di reato. L’oggetto di indagine della perizia psichiatrica è un individuo che deve essere esaminato in rapporto alle sue condizioni fisicopsichiche e nell’ambito dell’evento criminoso ascrittogli, in quanto il proprio comportamento/stile di condotta ha suscitato l’ipotesi o la congettura della presenza di una condizione psicopatologica. 5 La perizia psichiatrica /3 1. 2. 3. 4. Nel nostro ordinamento giuridico la perizia è ricompresa fra i mezzi di prova. Le norme distinguono quattro diverse categorie: le prove: ovvero gli elementi raccolti dinanzi al giudice, in contraddittorio fra le parti, e posti a base delle decisioni (es. dichiarazione rese dal teste in dibattimento); i mezzi di prova: ovvero gli strumenti attraverso i quali le prove sono portate alla conoscenza del giudice (es. la perizia; la testimonianza ammessa al dibattito); i mezzi di ricerca della prova: ovvero gli atti investigativi consentiti alle parti nel corso delle indagini preliminari per acquisire le fonti di prova (es. le indagini svolte dalla polizia giudiziaria); le fonti di prova: ovvero gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari che consentono alle parti di richiedere l’ammissione delle prove che si formano poi dinnanzi al giudice, attraverso i mezzi di prova (es. i verbali di sommarie informazioni rese dalla persona alla polizia giudiziaria, al p.m. o al difensore). 6 La perizia psichiatrica /4 La materia è regolata dagli artt. 220 e ss. del c.p.p., che ammettono o escludono l’affidamento peritale. Art. 220 c.p.p. (Oggetto della perizia) “La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche. Salvo quanto previsto ai fini dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza, non sono ammesse perizie per stabilire l’abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell’imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche”. 7 La perizia psichiatrica /5 La perizia consiste, dunque, nell’acquisizione di un parere tecnico da parte di un esperto che, nominato dal giudice tra soggetti qualificati dalle particolari conoscenze richieste nel caso di specie, risponde ai quesiti che gli vengono posti, previo esame dei fatti. Sebbene il legislatore faccia riferimento a dati tecnici, va sottolineato che la perizia non è una prova vincolante, nel senso che il valore delle risposte fornite dal perito non è sottratto alla libera valutazione del giudice. E‘ possibile infatti discostarsi, motivando sul punto, dalle conclusioni del perito, in quanto il giudice è peritus peritorum. Le parti sono chiamate ad interloquire nel corso della perizia, nominando propri consulenti che possono contestare le risposte del perito. 8 La perizia psichiatrica /6 La perizia può essere disposta: 1. Nella fase di cognizione, dal Giudice per le indagini preliminari (Gip) o dal pubblico ministero (PM); 2. Nella fase dibattimentale, dal Giudice per l’udienza preliminare (Gup) o dal Giudice del dibattimento; 3. Nella fase di esecuzione della pena, dal Magistrato di sorveglianza. 9 La perizia psichiatrica /7 Pertanto: La perizia è un mezzo di prova che deve essere disposto dal giudice, mentre la consulenza è rimessa alla libera valutazione di ciascuna parte che ha facoltà di porre quesiti ad un tecnico di propria fiducia, al fine di ricostruire i fatti oggetto dell’indagine. La consulenza è dunque uno strumento riconosciuto alle parti per acquisire un parere tecnico che può entrare negli atti del processo attraverso una memoria depositata dalla medesima parte ovvero attraverso la testimonianza del consulente. Va sottolineato che se il giudice ha nominato un solo perito ciascuna parte può nominare un solo consulente, per cui se ne ha già nominati due dovrà poi indicare il consulente che parteciperà allo svolgimento della perizia. La legge sulle indagini difensive (L. 07/12/2000, n. 397) ha espressamente previsto e disciplinato la facoltà del consulente nominato da una parte privata, il quale può essere autorizzato dal magistrato procedente ad esaminare beni in sequestro ed effettuare ispezioni. 10 La perizia psichiatrica /8 Il secondo comma dell’art. 220 c.p.p. rimarca il divieto di effettuare perizie sul carattere, sulla personalità e sulle qualità psichiche, indipendenti da cause patologiche dell’imputato (cd. “perizia psicologica e/o criminologica”). Confermando la scelta già attuata dall’ art. 314 c.p.p. del 1930 il legislatore ha disposto che solo le condizioni psichiche patologiche dell’imputato possono riguardare profili concernenti il merito della punibilità e della determinazione della pena. Pienamente ammissibile è pertanto solo la perizia di natura psichiatrica e/o medico-legale, intesa come accertamento tendente a stabilire la presenza o meno di un’infermità mentale in un soggetto maggiorenne. 11 La perizia psichiatrica /9 In ossequio al divieto di perizia psicologica/criminologica ex art. 220 c.p.p. non sono ammesse indagini relative alle caratteristiche psicologiche attinenti alla personalità, al carattere, alla probabilità di recidiva, salvo quanto previsto ai fini dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza; tale elemento, nuovo rispetto al codice abrogato, fa salvi i contributi della psicologia, della criminologia o delle scienze affini in sede esecutiva, laddove, intervenuto ormai l’accertamento del fatto, si determina il trattamento più adeguato ai particolari bisogni del condannato o dell’internato sulla base dell’osservazione scientifica della personalità (artt. 1 e 13 L. 354/75). Pertanto la previsione di indagini peritali sulle qualità psichiche dell’autore di reato indipendentemente da cause patologiche è stata esclusa in fase istruttoria e processuale, ed ammessa soltanto ai fini dell’ esecuzione della pena o della misura di sicurezza, riservando lo studio psicologico della personalità dell’autore di reato solamente per il momento successivo alla sua colpevolezza ed alla definizione della sanzione penale da irrorare. 12 La perizia psichiatrica /10 La perizia psicologica/criminologica, oltre ad essere consentita nell’ambito delle attività del Tribunale e del Giudice di Sorveglianza in materia di esecuzione della pena o della misura di sicurezza (art. 678 c.p.p.), può essere richiesta dal PM e dal Giudice nel processo penale minorile (art. 9 dpr 488/88), i quali possono infatti incaricare degli esperti a condurre indagini sulla personalità del minore (ex art. 98 c.p.). Per quanto attiene alla scelta dei periti ed all’espletamento della perizia: “Il giudice nomina il perito scegliendolo tra gli iscritti negli appositi albi o tra persone fornite di particolare competenza nella specifica disciplina (…). Il giudice affida l’espletamento della perizia a più persone quando le indagini e le valutazioni risultano di notevole complessità ovvero richiedono distinte conoscenze in differite discipline (…)” (art. 221, c. 1, 2, c.p.p.). 13 La perizia psichiatrica /11 Il perito ha l’obbligo di prestare il suo ufficio (art. 221, c. 3, c.p.p.), a meno che non sussistano motivi di incapacità, di incompatibilità, astensione o ricusazione (artt. 222 e 223 c.p.p.), ad es. chi sia stato interdetto o inabilitato, anche temporaneamente, sospeso dall’albo professionale, sottoposto a misura di sicurezza, nominato consulente tecnico nello stesso procedimento o in un procedimento connesso, etc. Il Giudice conferisce l’incarico peritale secondo le formalità di legge, avvisando il perito degli obblighi e delle responsabilità morali e giuridiche connesse allo svolgimento della sua attività. Il perito è invitato a dichiarare che adempirà al suo ufficio “senz’altro scopo che quello di far conoscere la verità” e “di mantenere il segreto su tutte le operazioni peritali”; a questo punto il Giudice formula i quesiti (art. 226 c.p.p). Sia il PM che le parti private hanno facoltà di nominare propri periti che sono chiamati “consulenti tecnici” (art. 225 c.p.p.). 14 La perizia psichiatrica /12 Il termine concesso per lo svolgimento delle operazioni peritali, quando non è possibile dare immediata risposta ai quesiti, o sia indispensabile presentare una relazione scritta, è di non oltre 90 giorni dal conferimento dell’incarico. Questo termine può essere prorogato per periodi non superiori a 30 gg, fino ad un massimo di sei mesi “quando risultano necessari accertamenti di particolare complessità” (art. 227 c.p.p.). Il perito è tenuto a fissare il giorno, l’ora e il luogo in cui darà inizio alle operazioni peritali e a darne comunicazione alle parti presenti (art. 229 c.p.p.). Per quanto attiene all’esame dei periti e dei consulenti tecnici (CT) nella fase dibattimentale “si osservano le disposizioni sull’esame dei testimoni, in quanto applicabili“ (art. 501 c. 1, c.p.p.) e quindi devono prestare giuramento, fornire le proprie generalità ed essere sottoposti all’esame incrociato (cross examination) delle parti, secondo l’ordine fissato dall’art. 498 c.p.p.. Il perito ed il consulente, tuttavia, a differenza dei testimoni, per rispondere alle domande “hanno in ogni caso facoltà di consultare documenti, note scritte e pubblicazioni, che possono essere acquisite anche d’ufficio” (art. 501, c. 2, c.p.p.). 15 Perizia psichiatrica: ambito penale /1 1. 2. 3. 1. Imputabilità e pericolosità di un soggetto (artt. 88, 89 e 203 c.p.) “Accerti il perito (o il CT) se il Sig … si trovasse, all’epoca dei fatti, in stato di infermità di misura tale da escludere totalmente o scemare grandemente le sue capacità di intendere o di volere”. “Accerti se lo stesso si trovi attualmente in stato di infermità e in quale misura”. “Accerti se il Sig …, se infermo di mente, sia persona socialmente pericolosa”. Capacità di partecipare coscientemente al processo (artt. 70, 71, 72 e 73 c.p.p.) “Accerti il perito (o il CT) se il Sig … sia affetto da infermità mentale e se la stessa gli impedisca di partecipare coscientemente al processo”. 16 Perizia psichiatrica: ambito penale /2 Accertamento sulle vittime di reato - Circonvenzione di incapace (art. 643 c.p.) 1. - “Accerti il perito (o il CT) se il Sig … sia affetto da infermità o deficienza psichica attualmente ed in riferimento al periodo … (periodo in cui si sono verificati i fatti di rilevanza giuridica)”. Vittime di abusi sessuali (art. 609 bis c.p.) “Accerti il perito (o CT) se la persona … fosse capace di intendere o di volere ovvero non fosse in grado di resistere a causa d’infermità o delle proprie condizioni d’inferiorità psichica”. (In tal caso l’indagine peritale tende ad accertare se un eventuale consenso ad un rapporto sessuale fosse valido oppure viziato da infermità di mente). 1. 17 Perizia psichiatrica: ambito penale /3 1. Accertamento sulla capacità di testimoniare “Accerti il perito (o CT) se la persona … in riferimento alle dichiarazioni rese nei riguardi del fatto per cui si procede, abbia o meno l’idoneità mentale a rendere testimonianza, ovvero se quanto da lui riferito possa essere considerato attendibile”. In questo caso l’indagine peritale tende ad accertare se quanto riferito dal testimone non derivi da un qualunque disturbo psicopatologico che possa inficiare la testimonianza resa. 18 Perizia psichiatrica: ambito civile Anche in ambito civilistico il Giudice può farsi assistere, se lo ritiene necessario, da uno o più consulenti in possesso di particolari competenze tecniche. La perizia in tale ambito è denominata “consulenza tecnica d’ufficio” (C.T.U.) ed è regolata dagli articoli 61, 63, 64, 191, 192, 193, 195, 196, 197 e 201 del C.p.c. Analogamente a quanto previsto in materia penale il CT ha l’obbligo di prestare il suo ufficio e di comunicare alle parti il giorno, l’ora e il luogo d’inizio delle operazioni peritali. I quesiti classici in tale ambito sono quelli inerenti l’ interdizione e l’inabilitazione (artt. 414 e 415 c.c.). Il giudice può richiedere una CT d’ufficio in tutti i casi nei quali debba essere accertata l’esistenza o meno di una infermità mentale tale da inficiare la capacità di agire di un soggetto (es. capacità di testare, di disporre per donazione, di stipulare contratti, etc.). 19 Imputabilità: cenni storici /1 Il principio secondo il quale il “malato di mente” debba essere considerato meno o per nulla responsabile dei propri atti è principio di antica data e quasi di universale accettazione: Nel Diritto romano, in aderenza alla dottrina ippocratica, i "furiosi" e i "fatui“ che si fossero resi responsabili di reati andavano esenti da punizioni. La fatuitas era pressoché assimilabile al difetto di intelligenza; nel furor si ricomprendevano tutte le forme di follia. • Nella legislazione Giustinianea vediamo arricchirsi il vocabolario "nosografico“ con le categorie di "dementia", "insania", "fatuitas", "mania", "amentia": tutte situazioni che comportano impunità per l'eventuale delitto. Pure gli intensi gradi delle passioni erano considerati atti a escludere la responsabilità. L'ubriachezza "derubricava" il reato da doloso a colposo. 20 Imputabilità: cenni storici /2 Il diritto penale germanico è l'unico che fa eccezione alla regola universale: tale diritto, infatti, avendo riguardo esclusivo all'elemento oggettivo del danno, non si cura dell'elemento soggettivo e considera responsabili anche i malati di mente. Il diritto penale canonico escludeva l'imputabilità per coloro a cui facessero difetto il discernimento e la volontà libera, cioè i dementi e i furiosi, comprendendosi anche le situazioni di furore improvviso e transitorio; ma si assimilavano alle malattie mentali anche la febbre violenta, il sonno, il sonnambulismo, l'ira subitanea, il dolore intenso, in quanto appunto suscettibili di incidere sulla consapevolezza e sulla libertà dell'azione. Stesso dicasi per l'ubriachezza. Tutto ciò non riguardò l'epoca del potere dell'Inquisizione, in cui considerazioni di politica criminale prevalsero, e poco importò che i folli fossero o meno responsabili perchè tanto la malattia mentale era considerata effetto di stregoneria o di influenza diabolica. 21 Imputabilità: cenni storici /3 • Intanto si erano cominciati a consultare i medici: Johann Weyer, nel XVI secolo, è considerato il primo psichiatra medico-legale; Paolo Zacchia, medico pontificio, è reputato il fondatore della psicopatologia forense italiana (allora "psicologia forense") con le sue Questiones medico-legales della prima metà del XVII secolo. Costui descrive i malati con delirio parziale, e distingue tra forme di origine organica, di origine psichica, di natura reattiva. Il Codice napoleonico del 1810, articolo 64: "Non esiste né crimine né delitto allorché l'imputato trovavasi in stato di demenza al momento dell'azione, ovvero vi fu costretto da una forza alla quale non poté resistere". Si chiarisce nei lavori preparatori che l'azione è imputabile con il concorso simultaneo di cognizione, volontà e libertà, e che: "E' demente colui che soffre una privazione di ragione; che non conosce la verità; che ignora se ciò che fa sia bene o male; e che non può affatto adempiere i doveri più ordinari della vita civile. Un uomo posto in questo stato è un corpo che ha soltanto figura e ombra di uomo; il suo reato è tutto fisico, poichè moralmente non esiste nulla". Si chiarisce altresì da parte della Dottrina francese dell'epoca che la demenza comprende la follia furiosa, l'idiozia o l'imbecillità, la monomania o l'allucinazione: sono evidenti gli influssi della psichiatria dell'epoca in particolare nel concetto di monomania di 22 Esquirol e Georget. Imputabilità: cenni storici /4 In Italia nei c.d. Codici Pre-Unitari rimase non solo il principio generale, ma anche le espressioni usate dal codice napoleonico, in quanto essi rispecchiavano lo stato dell’arte della psichiatria dell’epoca. - Regno Lombardo-Veneto (esclusa la responsabilità quando “l’autore è totalmente privo della ragione”) - Regno Lombardo Veneto, Regno delle Due Sicilie, Stati di Parma e di Piacenza, Stati del Re di Sardegna, Stato Estense (vi si trova il riferimento alla “forza irresistibile” che esclude responsabilità); - Regno delle due Sicilie (esclusione responsabilità in caso di “demenza” e “furore”); etc. Con l'Unità venne esteso all'Italia il Codice penale per gli Stati di S.M. il Re di Sardegna del 1859 che, a proposito dell'imputabilità, così stabiliva: "Art. 94 - Non vi è reato se l'imputato trovavasi in istato di assoluta imbecillità, di pazzia, o di morboso furore quando commise l'azione, ovvero se vi fu tratto da una forza alla quale non poté resistere"; "Art. 95 - Allorchè la pazzia, l'imbecillità, il furore o la forza non si riconoscessero a tal grado da rendere non imputabile affatto l'azione, i Giudici applicheranno all'imputato, secondo le circostanze dei casi, la pena del carcere estensibile anche ad anni dieci, o quella della custodia, 23 estensibile anche ad anni venti". Imputabilità: cenni storici /5 Dal Codice Zanardelli del 1889: "Art. 46 - Non è punibile colui che, nel momento in cui ha commesso il fatto, era in tale stato di infermità di mente da togliergli la coscienza o la libertà dei propri atti "; "Art. 47 - Quando lo stato di mente indicato nell'articolo precedente era tale da scemare grandemente l'imputabilità senza escluderla, la pena stabilita per il reato commesso è diminuita"; "Art. 51 - Colui che ha commesso il fatto nell'impeto d'ira o d'intenso dolore, determinato da intensa provocazione, è punito con la reclusione non inferiore ai venti anni, se la pena stabilita per il reato commesso sia l'ergastolo, e negli altri casi con la pena stabilita per il reato commesso diminuita di un terzo. Se la provocazione sia grave, all'ergastolo è sostituita la detenzione da dieci a venti anni, e le altre pene sono diminuite dalla metà ai due terzi, sostituita alla reclusione la detenzione". Scompare la previsione dell'appartenenza al sesso femminile come causa minorante l'imputabilità. Un primo progetto di nuovo Codice Penale, redatto da una commissione di cui faceva parte tra gli altri il Ferri e ispirato ai principi positivistici non ebbe buona sorte; invece la fortuna arrise all'attuale Codice Penale (1930) che prende il nome dal Guardasigilli dell'epoca, Arturo Rocco, esponente della Scuola Tecnico-Giuridica, i cui principi traspose nelle nuove norme, pur con qualche 24 concessione alla Scuola Positiva. Imputabilità e malattia mentale /1 1. 2. 3. Nel XIX secolo con la redazione dei primi codici penali si è andato ovunque generalizzando il principio giuridico della non imputabilità dei folli e/o quello della ridotta imputabilità per i casi meno gravi di malattia mentale. I codici moderni affrontano tale questione secondo tre indirizzi principali: Metodo puramente psicopatologico (o biologico puro): non sono punibili malati che abbiano commesso un reato se sono affetti da determinate malattie mentali specificate dai codici (es. psicosi, ritardo mentale, demenza). Criterio esclusivamente nosografico. Metodo esclusivamente normativo (o puramente psicologico): per non aversi imputabilità è sufficiente che, al momento del fatto, il soggetto sia stato giudicato incapace di intendere e di volere, prescindendo dall’identificazione di una precisa malattia di mente. Metodo psicopatologico-normativo (o biologico-psicologico misto): Richiede il ricorso di una infermità di mente e poi la valutazione della sua incidenza sulla capacità di intendere e di volere al momento del delitto. E’ il metodo seguito dalla maggior parte dei paesi compreso il nostro. 25 Imputabilità e malattia mentale /2 Le M’Naughten Rules inglesi del 1843, tutt’ora utilizzate in parte degli Stati Uniti, non considerano né l’elemento volitivo né quello affettivo ai fini dell’imputabilità, ma il solo elemento cognitivo. Esse sottolineano che se il soggetto ha agito per effetto di una convinzione delirante (delusion), ma non è affetto da altro disturbo, dev’essere considerato responsabile come se il fatto oggetto della convinzione delirante fossero reali (cd. “guilty but mentally ill”) Tale sistema restrittivo fa sì che la irresponsabilità venga riconosciuta in un numero limitato di casi, comportando però la presenza in carcere di soggetti infermi di mente anche gravi. Il sistema attualmente più diffuso negli USA è quello dell’ American Law Institute (ALI) che afferma che “una persona non è responsabile per la sua condotta criminale se al momento di tale condotta questa era il risultato di una malattia o di un deficit mentale, o se la persona mancava di sostanziale capacità di apprezzare la criminalità della sua condotta o di conformare il proprio comportamento alle richieste di legge”. 26 Art. 42 c.p. (Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva) (Titolo III - Del Reato; Capo I – Del reato consumato e tentato) “Nessuno può essere punito per un’azione od omissione prevista dalla legge come reato, se non l’ha commesso con coscienza e volontà (…)” 27 Art. 85 c.p. (Capacità di intendere e di volere) (Titolo IV - Del reo e della persona offesa dal reato; Capo I – Della imputabilità) “Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere.” 28 Imputabilità (o capacità di diritto penale): condizione psichica nella quale si deve trovare un soggetto per essere sottoposto alla sanzione penale; essa è requisito individuale legato al possesso della capacità di intendere e di volere. Capacità di intendere e di volere è il requisito necessario per essere imputabili ed entrambe le facoltà devono essere presenti. Intendere: discernere rettamente il significato ed il valore, nonché le conseguenze morali e giuridiche di atti e fatti. Rappresenta la capacità di apprezzamento e di previsione della portata delle proprie azioni od omissioni, sia sul piano giuridico che su quello morale. Volere: libero autodeterminismo in vista di uno scopo, ovvero esercitare in modo autonomo le proprie scelte secondo motivi coscienti. La prospettazione di un atto è un processo decisionale che implica elementi intellettivi (motore logico) e componenti affettive (motore timico) La capacità di volere richiede tanto l’integrità dell’intelletto, quanto l’assenza di turbamenti morbosi dell’affettività. 29 Caratteristica del metodo psicopatologico-normativo è una sorta di compromesso fra la rigidità medico-nosografica del metodo puramente psicopatologico e la criteriologia solo legale del metodo esclusivamente normativo. Il poter conciliare queste due visioni ha comportato, nella nostra giurisprudenza alternanza di indirizzi, prevalendo talvolta il principio di più rigida osservazione delle categorie diagnostiche della psichiatria e talaltra, interpretazioni più duttili ed estensibili del concetto di infermità. Allo stato attuale prevale il principio dell’individualizzazione: esistono singoli malati, con variabili gradi di compromissione, e non malattie come entità ontologicamente date, secondo cui ad una data diagnosi debba obbligatoriamente corrispondere un giudizio di incapacità di intendere e di volere. Si tratta in concreto di apprezzare se la malattia sia intervenuta nella genesi del fatto delittuoso, privando il malato di ogni grado di libertà di scelta, se abbia influito solo parzialmente o se non abbia giocato alcun ruolo. 30 Pertanto: In tema di imputabilità non possono mai valere indicazioni a carattere generale, mentre si deve indagare caso per caso, con criterio clinico, sulla personalità e sui meccanismi psichici e psicopatologici messi in atto al momento del commesso reato Diagnosi psicopatologica forense = analisi clinica e dinamico-funzionale. 31 Vizio totale e parziale di mente Art. 88 c.p. (Vizio totale di mente): “Non è imputabile Art. 89 c.p. (Vizio parziale di mente): “Chi, nel momento chi, nel momento in cui ha commesso il fatto era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o di volere”. in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita”. Per aversi vizio di mente totale o parziale secondario ad infermità è sufficiente, rispettivamente, l’ abolizione o la grande riduzione anche solo di una delle due funzioni. 32 Infermità /1 Il concetto di infermità è più ampio di quello di malattia, nel senso che non si limita esclusivamente alle vere e proprie malattie mentali esattamente inquadrabili nella nosologia psichiatrica, ma comprende più estensivamente, qualsiasi condizione patologica che sia stata in grado di interferire sulla capacità di intendere o di volere anche solo transitoriamente, ovvero quei disturbi che abbiano “significato e valore di malattia”. Configura uno stato di infermità non solo un disturbo psichico nosograficamente definibile, ma qualsiasi altra condizione che produca effetti psichici paragonabili a quelli conseguenti ad uno stato morboso idoneo ad interferire sulla capacità di intendere e di volere. “Malattia” e “Valore di malattia” sono due nozioni non necessariamente intercambiabili e non reciprocamente identificabili. 33 Infermità /2 L’esistenza di una infermità al momento del fatto delittuoso non comporta necessariamente un giudizio di non imputabilità venendo richiesta dal codice penale anche una valutazione di carattere quantitativo 1. Se l’infermità è tale da comportare la completa perdita della capacità di intendere o di volere, si realizza il vizio totale di mente e il reo non è imputabile (art. 88 c.p.). 2. Se l’infermità è di grado minore e la capacità di intendere o di volere è grandemente scemata ma non abolita, si realizza il vizio parziale di mente (c.d. seminfermità) e il reo è imputabile, ma la pena è ridotta (art. 89 c.p.). 3. Se il grado di interferenza dell’infermità sulla capacità di intendere e di volere è trascurabile, l’imputabilità rimane piena. 34 Diagnosi sull’imputabilità 1. Il giudizio sull’imputabilità va riferito al momento della commissione del fatto delittuoso (criterio cronologico). 2. Deve essere presente un rapporto di causalità fra il disturbo mentale e il delitto (criterio di causalità): i motivi del delinquere devono ricondursi ai meccanismi psichici morbosi. Non basta la presenza di una qualsivoglia ancorché grave infermità, ma essa deve presentare caratteristiche tali da aver partecipato alla genesi e alla dinamica di quel particolare reato - valore di malattia del fatto-reato (valutazione psichiatrica/criminologica). La malattia mentale non sempre e non necessariamente investe tutta la personalità 35 Significato di malattia /1 “Nell’ambito ristretto della psichiatria forense, costituiscono vizio parziale o totale di mente solo quei disturbi che importano alterazioni patologiche delle funzioni dell’Io, a loro volta esprimentesi sintomaticamente nell’atto criminale, che in tal modo assume “significato e valore di malattia”. In assenza di ciò (…) anche un malato di mente può essere ritenuto imputabile ” (Fornari, 1987/a). Le alterazioni patologiche delle funzioni dell’Io “sono tali solo quando iscrivibili nella nosografia psichiatrica a tutti nota” (Fornari, 1987/a). 1. 2. 3. 4. Possono dunque avere rilevanza ai fini dell’imputabilità, costituendo “significato di malattia”: le insufficienze mentali gravi e medie; le psicosi; i gravi disturbi di personalità; le c.d. “reazioni abnormi” (disturbi mentali transitori, discontrollo episodico, raptus, etc.) qualora si caratterizzino per frattura evidente rispetto allo stile di vita del soggetto, sproporzione fra avvenimento e intensità e tipologia risposta, compromissione dello stato di coscienza, amnesia o dismesia dello stesso, disturbi dispercettivi e/o deliranti, ricca partecipazione affettiva, durata relativamente breve della reazione in riferimento al fatto delittuoso. 36 Significato di malattia /2 Secondo Fornari (2004) il vizio totale di mente può essere attribuito solo: “(…) a quei rari casi il cui reato è sintomatico di un grave scompenso psicopatologico acuto o di una consistente compromissione della personalità da deterioramento o da destrutturazione psicotica cronica … pena la possibilità per quasi tutti i soggetti affetti, ad es. da disturbi d personalità, di essere inclusi nella categoria delle persone affette da “vizi di mente” essendo il comportamento abnorme parte integrante della nozione stessa di personalità abnorme”. 37 Cass. Pen. sez. Unite, sentenza n. 9163/2005 “Anche i “disturbi di personalità”, come quelli da nevrosi e psicopatie, possono costituire causa idonea a escludere o grandemente scemare, in via autonoma e specifica, la capacità di intendere e di volere del soggetto agente ai fini degli articoli 88 e 89 c.p., sempre che siano di consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali da concretamente incidere sulla stessa; per converso, non assumono rilievo ai fini dell’imputabilità le altre “anomalie caratteriali” o gli “stati emotivi e passionali”, che non rivestano i suddetti connotati di incisività sulla capacità di autodeterminazione del soggetto agente; è inoltre necessario che tra il disturbo mentale e il fatto di reato sussista un nesso eziologico, che consenta di ritenere il secondo causalmente determinato dal primo”. 38 Analisi funzionale dell’Io /1 Io: Infrastruttura psichica che si definisce attraverso le sue funzioni (Fornari, 2005) Funzioni percettivo-memorizzative: percezione delle situazioni per quelle che sono (interne o esterne al soggetto: percezione formale); attenzione; memoria. Funzioni organizzative: analisi, comprensione e conferimento di significato alle stesse (attribuzione di senso). Funzioni previsionali: progettazione, previsione e valutazione delle possibili conseguenze delle risposte che possono essere emesse (analisi, critica e giudizio). Funzioni decisionali: scelta tra adeguatamento, evitamento o rifiuto (attivo o passivo) nei confronti della situazione stimolo (la decisione di agire o di non agire). Funzioni esecutive: emissione della risposta scelta in vista dell’obiettivo che si vuole e si può raggiungere in quel particolare contesto relazionale (comportamento organizzato o disorganizzato; condotta logica o emotiva). 39 Analisi funzionale dell’Io /2 L’autonomia funzionale dell’Io consiste nella possibilità attiva che l’Io ha di emettere attraverso il Sé risposte adeguate ed adattate, ovvero di rispondere in maniera adeguata e funzionale alle sollecitazioni molteplici e variate che provengono dall’ambiente. Essa è garantita dall’integrità di tutte le funzioni sopra elencate e tra loro intimamente e dinamicamente connesse. Di conseguenza valore di malattia può essere riconosciuto solo a quei delitti sintomatici di disturbi psicopatologici che rientrano in una nosografia con caratteristiche evolutive e di acuzie, incompatibili con un funzionamento dell’Io unitario e stabile nel tempo (c.d. “quid novi”, “quid pluris”). Ecco allora che il criterio nosografico-psicopatologico (individuazione del o dei disturbi psichici in atto) e quello dinamico-strutturale (loro incidenza sul funzionamento dell’Io) trovano una reciproca ed armonica possibilità di integrarsi fra loro. 40 In conclusione: Il giudizio sulla responsabilità non può effettuarsi alla luce della sola etichettatura diagnostico-nosografica. Ogni caso deve essere valutato singolarmente tenendo conto della natura del disturbo mentale, delle caratteristiche clinichepsicopatologiche del singolo caso, della specificità del delitto e del suo collegamento dinamico con l’affezione morbosa. Al criterio medico-psichiatrico (il classificare) dovrà essere integrato quello psicopatologico-comportamentale (il comprendere), onde valutare se l’atto criminale è un sintomo del funzionamento patologico psichico, proprio di quel preciso e codificato disturbo mentale grave. Per l’accertamento dell’esistenza del vizio di mente occorrono quindi non solo competenze cliniche, ma anche una dimensione “criminologica” e “medico-legale” dell’indagine che “supera di gran lunga la dimensione psichiatrica propriamente detta” (De Fazio, 1981). Nessun automatismo dunque fra vizio di mente ed incapacità 41 Inquadramento diagnostico nosografico (criterio 1: il classificare) Conferimento di “valore di malattia” (infermità) all’azione commessa (criterio 2: il valore di malattia dell’atto) Traduzione della valutazione psicopatologica-clinica in giudizio quanti-qualitativo (criterio 3: il valutare) 42 Da quanto finora evidenziato appare chiaro come: L’accertamento della capacità di intendere e/o di volere di un soggetto maggiorenne al momento di un fatto reato è sicuramente una delle valutazioni tecniche più complesse che si possano compiere in ambito legale. 43 Cause di esclusione e diminuzione imputabilità 44 Imputabilità conservata Art 90 c.p.: stati emotivi e passionali. Art 92 c.p.: ubriachezza volontaria o colposa. Art 93 c.p.: fatto commesso sotto l’azione di sostanze stupefacenti. 45 Pericolosità sociale /1 “Quando uno psichiatra si accinge a formulare un giudizio di pericolosità ha le stesse probabilità di successo di una persona che si affidi al lancio di una moneta per prendere una decisione”. Ennis e Litwack (1974) 46 Pericolosità sociale /2 E’ necessario definire lo stato di mente dell’imputato nel momento in cui si eseguono le indagini attinenti la perizia psichiatrica in quanto la presenza di disturbi psichici che configurano un’infermità tale da influire sulla capacità di intendere o di volere, può essere l’elemento su cui si fonda un giudizio sul comportamento futuro e quindi sulla eventuale pericolosità sociale. Il concetto di pericolosità si sostanzia nella probabilità che un autore di reati commetta altri reati e nel caso dell’indagine psichiatrica/criminologica, che essi siano in rapporto con un’infermità, ovvero dipendenti da cause patologiche. 47 Pericolosità sociale del malato di mente/1 Nei primi decenni di questo secolo la nozione di pericolosità sociale, propria del diritto penale, ed il concetto di “pericolosità”, proprio delle scienze psichiatriche, risultavano sostanzialmente sovrapponibili (visione deterministica). Con la legge 180/78 ripresa ad ampliata dalla 833/78 è stato introdotto il concetto che gli interventi in favore del sofferente psichico devono essere unicamente determinati da necessità terapeutiche e non da istanze di controllo e di esclusione sociale basate sul parametro della ”pericolosità”. In tal modo si è concretizzata una disparità fra percezione e trattamento del malato di mente non autore di reato e quello autore di reato che è stato continuato ad essere valutato secondo il principio della “pericolosità” ed internato in istituzioni manicomiali giudiziarie (OPG) con prevalente funzione custodialistica. Tale situazione attualmente è stata attenuata dalla sentenza 253/2003 della Corte Costituzionale, che ha parzialmente giudicato come anticostituzionale l’art. 222 c.p. (Ricovero in ospedale 48 psichiatrico giudiziario). Pericolosità sociale dei malati di mente /2 Art. 203 c.p. (Pericolosità sociale): “Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell’articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati. La qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanza indicate nell’articolo 133”. La pericolosità sociale si può quindi definire come la probabilità (e non la mera possibilità) che un soggetto che ha già commesso un reato realizzi in futuro altri comportamenti preveduti dalla legge come reati. 49 Pericolosità sociale dei malati di mente /3 La pericolosità del reo deve essere accertata dal giudice caso per caso, sulla base di un giudizio prognostico, cioè in virtù di una valutazione concreta della pericolosità dell’autore del reato e, a tal fine hanno rilievo i criteri elencati all’art. 133 c.p. Art. 133 c.p. (Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena): “Nell’esercizio del potere discrezionale indicato nell’articolo precedente il giudice deve tener conto della gravità del reo, desunta: 1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità d’azione; 2) dalla gravità del danno o dal pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; 3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa. Il giudice deve tener conto altresì della capacità a deliquere del colpevole desunta: 1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; 2) dai precedenti penali e giudiziari e in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato; 3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato; 4) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo”. 50 Pericolosità sociale dei malati di mente /4 L’accertamento della concreta pericolosità sociale dell’autore di reato da parte del magistrato comporta l’applicazione di “misure di sicurezza” notevolmente differenziate nella loro durata e nella loro strutturazione, a seconda della imputabilità o non imputabilità del reo. Mentre la pena ha un obiettivo di carattere eminentemente sanzionatorio e repressivo e corrisponde alla gravità del reato commesso, la misura di sicurezza risponde soprattutto a finalità di difesa sociale, centrate su di una previsione di recidiva. 51 Pericolosità sociale dei malati di mente /5 Nel nostro ordinamento giuridico la recidiva è una condizione personale del reo e identifica ”Chi dopo essere stato condannato per un reato ne commette un altro” (art. 99 c.p.). Chi commette un reato e ha precedenti penali è definito come un recidivo generico, mentre chi commette un reato ed ha precedenti penali per lo stesso tipo di reato, è definito recidivo specifico. Ponti (1999) definisce il recidivismo come “… non tanto come la semplice successione cronologica di più reati, ma piuttosto come l’espressione del persistere nel tempo di motivazioni, di aspetti della personalità, di stile di vita, di condizioni ambientali per i quali un dato individuo tende a perseverare nella condotta delittuosa, talchè i successivi reati risultano essere l’espressione di una continuità di condizioni agenti in senso criminogenetico e di persistenti scelte, programmi e progetti delinquenziali”. 52 Pericolosità sociale dei malati di mente /6 In Italia il quesito sulla pericolosità è posto congiuntamente a quello sull’imputabilità e, pertanto, se il Perito ha escluso il vizio di mente non deve rispondere al quesito circa la pericolosità sociale. Esempio di quesito: “In caso del riconoscimento di un vizio parziale o totale di mente dica il perito se, in dipendenza dell’infermità riscontrata, il periziando sia attualmente da considerare persona socialmente pericolosa ex art. 203 c.p.” La valutazione della pericolosità, a differenza di quanto previsto per l’imputabilità, prevede che sia riferita al momento dell’indagine peritale e non a quella del reato per cui si procede. 53 Applicazione pene e misure di sicurezza /1 1. 2. 3. 4. 5. Gli esiti dell’accertamento sull’imputabilità e sulla pericolosità sociale sono: Presenza di vizio totale di mente e giudizio di pericolosità sociale: proscioglimento e ricovero in Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG) fino alla sussistenza del giudizio di pericolosità (misura di sicurezza ex art. 222 c.p.); Presenza di vizio totale di mente e giudizio di non pericolosità sociale: proscioglimento e archiviazione del caso; Presenza di vizio parziale di mente e giudizio di pericolosità sociale: pena diminuita di un terzo e successivamente internamento in Casa di Cura e Custodia (misura di sicurezza ex art. 219 c.p.); Presenza di vizio parziale di mente e giudizio di non pericolosità sociale: pena ridotta di un terzo e non sono applicate le misure di sicurezza; Soggetto considerato imputabile: misura penale. 54 Applicazione pene e misure di sicurezza /2 In relazione alla misura di sicurezza ex art. 222 c.p. la Corte Costituzionale con sentenza n. 253 del 18 luglio del 2003 ha dichiarato “costituzionalmente illegittimo l’art. 222 del codice penale (Ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario) nella parte in cui non consente al giudice, nei casi ivi previsti, di adottare in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell’infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale”. Anche per i soggetti dichiarati totalmente infermi di mente, con pericolosità presente, ma modesta e possibilità di cura anche in ambito non detentivo, potrà, quindi, essere disposta la misura della libertà vigilata. 55 Applicazione pene e misure di sicurezza /3 Con il disposto di questa sentenza che elimina il denunciato automatismo (pericolosità sociale derivata dall’infermità di mente = OPG) l’autore di reato malato di mente prosciolto e socialmente pericoloso non può più essere semplicisticamente internato in un manicomio criminale, ma è possibile graduare l’applicazione della misura di sicurezza da quella estrema (OPG) a situazioni alternative (Casa di Cura o Custodia; libertà vigilata) a secondo del livello di pericolosità sociale. Ricordiamo che il giudizio di pericolosità psichiatrica è relativo a quanto osservato al momento dell’applicazione della misura di sicurezza psichiatrica: è necessario cioè che la pericolosità persista; qualora ne vengano meno i presupposti psicopatologici, la misura è trasformabile o revocabile anticipatamente, attraverso un provvedimento del Magistrato di sorveglianza. 56 Aspetti critici della pericolosità /1 Il problema della valutazione della pericolosità sociale è uno dei problemi più aperti ed insoluti della psichiatria forense. La scientificità della nozione di pericolosità è aleatoria e i fattori di predittività clinici di volta in volta indicati dai vari autori sono, presi isolatamente, arbitrari e privi di alcun valore predittivo. Gli psichiatri utilizzano per le loro “previsioni” prevalentemente elementi di tipo non psichiatrico, quali precedenti penali. Essi sono inclini a sovrastimare la pericolosità, comportandosi, di fatto, come agenti di controllo sociale. Chi si accinge a pronunciare un giudizio di pericolosità ha le stesse probabilità di successo di chi si affida al lancio di una monetina per prendere una decisione. 57 Aspetti critici della pericolosità /2 Un approccio scientificamente valido alla pericolosità sociale deve orientarsi verso la ricerca di fattori che per la loro costanza definiscono un’area di maggiore attendibilità circa l’evoluzione del fenomeno. Il giudizio d pericolosità sociale deve essere inteso come categoria pratica ed operativa nella cui definizione devono rientrare parametri di ordine clinico, psicopatologico, criminologico, sociale. La valutazione che deve tener conto della interazione tra evento e personalità, ovvero dello stretto embricarsi in un momento del percorso esistenziale di un individuo tra disturbo mentale, relazioni interpersonali, ambiente e del significato assunto da esperienze recenti nell’economia psicologica del soggetto (c.d. “situazione”). 58 Indicatori clinici di pericolosità sociale /1 Compito affidato al perito, dunque, è quello di valutare presenza e persistenza della pericolosità sociale psichiatrica sotto il profilo eminentemente clinico. A tal fine possono essere utili i seguenti indicatori (Fornari, 2008): Indicatori interni 1. Presenza e persistenza di una sintomatologia psicotica florida e riccamente partecipata a livello emotivo, alla luce della quale il reato ha assunto “valore di malattia”; 2. Assente consapevolezza di malattia (insight); 3. Non accettazione delle terapie prescritte; 4. Mancata o inadeguata risposta a quelle praticate (purché adeguate sotto il profilo qualitativo e del range terapeutico ed effettivamente somministrate); 5. Presenza di segni di disorganizzazione cognitiva e di impoverimento ideo-affettivo e psicomotorio che impediscano un compenso in tempi ragionevoli. 59 Indicatori clinici di pericolosità sociale /2 1. 2. 3. 4. 5. Poiché genesi e dinamica della malattia mentale sono di tipo multifattoriale, adeguata attenzione dovrà essere posta anche ai fattori esterni. Indicatori esterni: Caratteristiche dell’ambiente familiare e sociale di appartenenza (accettazione, rifiuto, indifferenza); Esistenza ed adeguatezza dei servizi psichiatrici di zona; disponibilità e capacità di formulare progetti terapeutici da parte degli stessi; Disponibilità di reinserimento lavorativo; Tipo, livello e grado di accettazione del rientro del soggetto nell’ambiente in cui viveva prima del fatto reato; Opportunità alternative di sistemazione logistica. 60 Valutazione pericolosità sociale /1 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. La pericolosità sociale psichiatrica potrà essere esclusa quando ci si troverà in presenza di: Spegnimento o sensibile attenuazione della sintomatologia psicotica florida che ha determinato il passaggio all’atto; Ripristino di una consapevolezza di malattia; Recupero di capacità di analisi, di critica e di giudizio adeguate; Possibilità di ottenere da parte del paziente una spontanea ed attendibile accettazione degli interventi terapeutici con buona compliance terapeutica; Disponibilità di servizi psichiatrici, case di cura e quant’altro a prendersi effettivamente cura del soggetto; Adeguate prospettive di rientro in famiglia o di assegnazione a strutture adeguate; Reperimento o ripresa di una attività lavorativa e di altra attività utili per una possibile reintegrazione. 61 Valutazione pericolosità sociale /2 Il perito non deve conferire peso determinante agli uni o agli altri indicatori, singolarmente o separatamente considerati, ma deve tenere conto di tutti questi indicatori per formulare un giudizio clinico, senza che necessariamente essi siano presenti o assenti nella loro globalità. Tali indicatori, tra l’altro, servono anche per decidere il tipo, i tempi e le modalità di intervento sociosanitario da attuare, che devono essere sottoposti a periodiche verifiche. 62 Valutazione pericolosità sociale /3 Assenza di pericolosità sociale in atto: la patologia psichiatrica è in stato di buon compenso psicopatologico; il paziente è seguito dai servizi psichiatrici del territorio e con essi collabora; la famiglia ha assunto un atteggiamento positivo e collaborativo nei suoi confronti; il lavoro e l’ambiente svolgono una funzione favorevole. Pericolosità sociale persistente attenuata: la sintomatologia psicotica è andata incontro ad una graduale, progressiva, ma per ora non completa e soddisfacente remissione; il paziente partecipa al programma terapeutico in atto; è presente una parziale consapevolezza di malattia; le abilità sociali non sono compromesse; i contatti con l’ambiente esterno sono positivi e favorevoli. 63 Valutazione pericolosità sociale /4 Pericolosità sociale persistente elevata: il paziente presenta persistenza di sintomatologia psicotica florida, segni di disorganizzazione cognitiva e/o sensibile compromissione delle abilità sociali; assenza di insight; non accettazione delle terapie; le caratteristiche socioambientali risultano negative; non esistono adeguati servizi sul territorio che ne possano garantire una presa in carico a medio-lungo termine; le possibilità di reinserimento lavorativo e sociale sono pressoché assenti. Un paziente è più o meno ad alto rischio non solo perché portatore di disturbi patologici psichici, ma spesso per la povertà di risorse del contesto e per l’assenza di un sistema che garantisca un continuum terapeutico ed assistenziale. 64 Tuttavia I portatori di disturbo mentale non mostrano una volta commesso il reato una maggiore probabilità di recidiva. Una visione unicamente clinica del problema rischia, pertanto, di scotomizzare le problematiche socio-generali e il senso che il comportamento antigiuridico può avere nella rete complessa dei rapporti interpersonali. Analisi della SITUAZIONE quale evento-sintomo espressione dell’interazione fra fattori clinici, demografici, dell’ambiente sociale e del contesto 65 Variabili per la valutazione clinica della pericolosità La valutazione di un paziente finalizzata ad una corretta prognosi del comportamento violento, dovrebbe avvalersi di una griglia di analisi in cui sono esaminati i molteplici aspetti concernenti la “multifattorialità” che sottende al comportamento violento stesso. Dati obiettivi criminologici Dati obiettivi vittimologici Dati obiettivi anamnestici Fattori statici Fattori situazionali Fattori dinamici Aspetti biologici Aspetti psichiatrici Il migliore indicatore per la previsione di un possibile comportamento criminale è una pregressa condotta criminale 66 Indicatori di predittività Temporalità: le previsioni di pericolosità più attendibili sono quelle che si riferiscono al tempo prossimo di durata breve o medio-breve; Specificità dei reati: è più probabile che una persona incorra in un reato identico o analogo a quello già commesso; Specificità di situazioni: qualora si ripresentassero situazioni analoghe a quelle che hanno giocato un ruolo nell’effettuazione del reato è più probabile che si verifichi un ulteriore reato simile; Condizioni psichiche: se il reato è strettamente connesso alla patologia mentale è plausibile che se il disturbo mentale sarà stato adeguatamente trattato o avrà subito una evoluzione favorevole l’accadere di un nuovo reato sarà meno probabile. 67 Fattori associati alla predizione della pericolosità /1 Fattori disposizionali Demografici 1. Età (-) 2. Sesso (+ maschi in generale; + femmine nella violenza domestica) 3. Etnia (-) 4. Classe sociale (-) Personalità 1. Disturbi di personalità (+) 2. Aggressività (+) 3. Isolamento (+) 4. Impulsività (+) 5. Psicopatia (PCL-R; PPI-R) (+) Cognitivi 1. QI (-) 2. Disturbi neurologici (+) 68 Fattori associati alla predizione della pericolosità /2 Fattori anamnestici Fattori Sociali 1. Storia familiare (insufficienza nell’educare ed accudire il soggetto; vittima di abuso sessuale o di maltrattamenti; devianza familiare) (+) 2. Storia lavorativa (frequente stato di disoccupazione; problemi di lavoro e sul luogo di lavoro) (+); Storia scolastica positiva (-) Fattori legati alla salute mentale 1. Precedenti ricoveri (+) 2. Reazione positiva al trattamento (-) Anamnesi criminale e di comportamenti violenti 1. Precedenti arresti (++) 2. Precedenti condanne (++) 3. Precedenti episodi di violenza eterodiretta (++) 4. Precedenti episodi di violenza contro se stessi (+) 69 Fattori associati alla predizione della pericolosità /3 Fattori contestuali Stress percepito (+) Supporto sociale 1. Isolamento (+) 2. Presenza di attività sociali (-) 3. Supporto esterno percepito (-) 4. Composizione del sistema sociale del soggetto (+/-) 5. Presenza di mezzi offensivi (+) 1. 2. 3. 4. 5. 6. Fattori clinici Deliri (-) Allucinazioni (+/-) Severità dei sintomi (+) Fantasie violente (+) Disturbo di personalità (antisociale) (+) Alcool e tossicodipendenza (+) 70 Valutazione del rischio di commettere un omicidio /1 Caratteristiche cliniche Basso rischio Medio rischio Vita familiare Famiglia affettuosa Famiglia disgregata Persone significative Diversi familiari ed Pochi amici Nessuno Stile di vita Stabile Abbastanza stabile Instabile Medio Basso Licenza media Non ha terminato scuola dell’obbligo Status economico socio Superiore Istruzione Diploma o Laurea Isolamento e ritiro Buone relazioni con Modesto isolamento gli altri, estroverso Uso di alcool e di Occasionale sostanze Storia personale Nessuna violenza storia Ansia Bassa o assente Frequente di Violenza occasionale Occasionale Alto rischio Violenza precoce (abusi fisici e/o psicologici) Vita ritirata solitaria e Cronico Violenza frequente; impulsività Elevata 71 Valutazione del rischio di commettere un omicidio /2 Depressione Bassa o assente Occasionale Grave e cronica Autostima Buona Solitamente buona Scarsa Ostilità Bassa In qualche misura Elevata Controllo degli impulsi Controllo A volte impulsività Scarso controllo Esame di realtà Buono Da poco a moderato Scarso Precedenti arresti Nessuno Pochi Storia di multipli arresti Precedenti Omicidi Nessuno Comportamenti aggressivi ma non fino ad omicidio Presenti Fantasie di omicidio Nessuna Fantasie non progettuali Fantasie frequenti e progettuali Disponibilità di armi Nessuna Si, ma non ne considera uso Si e ne progetta l’impiego Abilità sociale Buone Discrete Insufficienti 72 Pertanto: La prognosi di pericolosità di un paziente psichiatrico, intesa come probabilità di passaggio all’azione violenta, si configura, nella realtà clinica, come un complesso mosaico costituito da innumerevoli tasselli il cui corretto incastro non sempre è obiettivamente agevole. Tuttavia la realtà clinica evidenzia che una minuziosa valutazione delle variabili che intervengono nella genesi di un comportamento violento, incentrate sulla valutazione del singolo soggetto e sulla sua storia di vita, possono costituire, assieme alla conoscenza dei meccanismi controtransferiali (minimizzazione, negazione) che intervengono nella valutazione del paziente stesso, validi elementi per instaurare adeguati interventi preventivi. 73 Metodologia della perizia /1 Nella redazione di una perizia o di una consulenza tecnica, lo psichiatra deve seguire un procedimento metodologico rigoroso che consenta di espletare l’incarico in modo chiaro, comprensibile, con linguaggio accessibile anche ai non esperti in materia e che gli permetta di motivare in maniera adeguata e convincente le conclusioni psichiatrico-forensi a cui perviene (Rudas N. et al. 1999). Bisogna precisare a tale riguardo che esistono notevoli differenze fra contesto clinico e contesto peritale e il perito (o CT), deve ricordare che, pur richiedendosi una approfondita conoscenza delle nozioni proprie della branca specialistica interessata, ogni accertamento peritale deve necessariamente rispondere ai fondamentali parametri afferenti alla disciplina medico-legale ed in particolare alle teorizzazioni ed interpretazioni riguardanti “il nesso di causa” elemento fondamentale della valutazione giudiziaria e, quindi, dello sviluppo logico del ragionamento peritale. De re medica sub specie juris 74 Contesto clinico Vs Contesto peritale Il paziente si rivolge volontariamente al clinico. Il soggetto si sottopone a perizia per decisione altrui e suo malgrado. Il clinico ha come committente il paziente. Il perito ha come committente il giudice, il PM o una delle parti. Il paziente vuole essere curato poiché esprime una sintomatologia fonte di sofferenza e/o disagio. Il periziando spesso non ritiene di aver bisogno di una terapia e non vuole essere curato; può simulare o dissimulare i propri sintomi sulla base di un interesse processuale. Il paziente cerca di essere aiutato e compreso. Il periziando cerca di gestire le impressioni del perito. L’alleanza terapeutica è il pilastro della terapia. Il perito non deve colludere con il periziando. La fonte di informazione principale è rappresentata dal paziente. Il perito deve tener conto di diverse fonti di informazioni, provenienti anche da persone terze rispetto al processo. Il clinico procede per tentativi ed errori, guidato da quanto emerge durante il proseguire del rapporto terapeutico. Il perito deve esprimere il proprio parere entro termini brevi e prestabiliti, sulla base di un numero limitato di incontri (3-4), e non riceve feed-back delle proprie decisioni. Durata temporale “aperta”. Tempo fortemente regolamentato e rigido. Lo psicoterapeuta agisce da solo. Il perito è spesso in contraddittorio con altri 75 colleghi. Metodologia della perizia /2 1. 2. Ogni accertamento psichiatrico esperito in ambito forense è costituito da due componenti: Componente di tipo clinico-diagnostico. Momento della valutazione, ove la situazione clinica riscontrata viene comparata con la fattispecie giuridica di riferimento. Ogni perizia si configura pertanto come una costruzione dotata di due livelli successivi, rappresentati dall’ esame clinico (comprendente tutti gli accertamenti anamnestici, somatici, neurologici, psicodiagnostici, strumentali, etc.) e dalla valutazione dei dati così acquisiti in confronto con i contenuti ed i termini della nozione giuridica espressa nel quesito formulato. Tali momenti debbono essere armonicamente integrati fra di loro: in assenza di ciò viene alterato il significato e la correttezza della perizia le cui conclusioni possono essere fuorvianti e potenzialmente dannose per il periziando, per il procedimento giudiziario e per la credibilità stessa della disciplina. 76 Schema operativo perizia psichiatrica /1 I. Breve introduzione: riferimento all’autorità giudiziaria o all’avvocato che ha dato l’incarico; indicazioni del soggetto da esaminare; quesiti posti; tempo concesso per l’indagine e luogo ove si è svolta. Il quesito peritale è un complesso e delicato momento di congiunzione fra le necessità del giurista che richiede l’accertamento (Giudice, PM) e le incombenze del clinico che deve espletare lo stesso (es. la richiesta di certezze diagnostiche e/o prognostiche che non possono essere raggiunte in sede clinica, oppure di correlazioni causali lineari che non trovano fondamento scientifico). II. Presentazione del caso: dettagli relativi al reato; esposizione della biografia o “storia di vita” del soggetto da esaminare con tutti i dati estratti dai documenti in possesso. 77 Storia di vita Il comportamento di una persona deve essere individuato in base al rapporto fra sue qualità personali (psico-patologiche) ed ambientali (interessi a cui il soggetto deve provvedere) in un dato momento. Il comportamento è la risultante dello stato psichico della persona nel momento considerato (P) e delle caratteristiche dell’ambiente psicologico entro il quale essa si trova (A) riassunto nella formula proposta da Kurt Lewin: C= f (P, A) 78 Schema operativo perizia psichiatrica /2 III. Accertamenti peritali: vengono esposti i risultati dell’esame fisico, neurologico e psichico e le risultanze degli accertamenti psicodiagnostici e/o strumentali. Si può concludere tale parte con una specificazione diagnostica finale. Oltre ad una diagnosi sulle condizioni del soggetto al momento della valutazione peritale è importante sottolineare l’importanza della “diagnosi retrospettiva” che designa la determinazione diagnostica di situazioni psicopatologiche che si sono verificate in epoche trascorse. La diagnosi retrospettiva e la valutazione prognostica rappresentano il presupposto per sostenere o meno l’esistenza di un’infermità al momento del fatto reato e per il giudizio di pericolosità sociale. 79 Colloquio clinico e contesto peritale /1 Il colloquio clinico rappresenta il principale strumento dal quale far derivare la diagnosi e la prognosi del caso, tanto da essere identificato dalla stessa giurisprudenza, come la prioritaria ed indispensabile fonte per l’acquisizione dei dati, legittimando una possibile nullità della consulenza tecnica quando risulti eccessivamente limitato o comunque carente. Il dialogo peritale rappresenta un contesto particolare ed il periziando deve essere subito edotto della motivazione e delle finalità dell’indagine, in modo da non confondere la figura del perito con quella del terapeuta. E’ opportuno che il colloquio peritale si caratterizzi per una modalità “semi-strutturata”, nel contesto del quale il periziando possa esprimere liberamente i propri vissuti e le proprie motivazioni, con la possibilità di acquisire da parte dell’intervistatore in modo ordinato e comprensibile i necessari dati clinico-diagnostici. 80 Colloquio clinico e contesto peritale /2 Il colloquio psichiatrico tende a ricostruire la storia psicologica ed esistenziale della persona (Storia di vita), per poi passare a focalizzarsi sul fatto in oggetto onde cogliere motivi, ragioni, determinazione dell’agire. Successivamente si condurrà l’ esame psichiatrico propriamente detto, ovvero l’insieme delle osservazioni sullo stato mentale dell’intervistato (modalità intellettive, cognitive, emotive, comportamentali, etc.). Il colloquio deve avvenire in ambente tranquillo, tenendo conto delle circostanze. Il perito deve astenersi dal prendere una posizione moralistica su quanto gli viene riferito. Il perito dovrà relazionarsi al periziando con la massima serenità, senza lasciarsi coinvolgere o influenzare dai fatti avvenuti e dal tipo di reato commesso, pur valutando la coscienza di reato, i sentimenti di colpa, le motivazioni addotte dal periziando per giustificare lo stesso. 81 Colloquio clinico e contesto peritale /3 Per quanto riguarda la durata del colloquio, sarebbe opportuno frazionarlo in più volte (tre-quattro), anche per cogliere eventuali contraddizioni, deficit mnesici, etc. Il perito è sempre legato oltre al segreto professionale a quello giudiziario per cui non deve riferire nulla di quanto emerso se non al Giudice o al PM e, in questo caso, solo ciò che attiene agli accertamenti richiesti. Il colloquio peritale rappresenta pertanto una realtà complessa, nel contesto della quale il perito deve essere capace di aprire uno spazio di ascolto, di comprensione, di dialogo, tenendo conto delle specifiche limitazioni, caratteristiche e procedure legate al contesto giudiziario in cui si inserisce. 82 Colloquio clinico e contesto peritale /4 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. Principali differenze fra colloquio peritale e colloquio clinico: Diversità di setting; Limiti di tempo; Presenza di altre persone (avvocati, consulenti, guardie penitenziarie, etc.); Relatività del segreto circa le informazioni acquisite; Carattere valutativo del dialogo; Diritto del periziando di riferire unicamente quanto ritenga opportuno ai fini della tutela dei propri interessi; Diritto del periziando di rifiutare esecuzione di colloqui o di test psicodiagnostici senza che questo possa incidere negativamente in sede valutativa; Etc. 83 Schema di raccolta anamnesi psichiatrica /1 1. 2. 1. 2. 3. 1. 2. 3. 4. 5. 6. Dati identificativi Disturbo principale Storia della malattia attuale Esordio Fattori precipitanti Malattie pregresse Psichiatriche Internistiche Storia di abuso di alcool e sostanze Storia personale Prenatale e perinatale Prima infanzia (fino a 3 anni) Seconda infanzia (fra 3 e 11 anni) Tarda infanzia (dalla pubertà all’adolescenza) Età adulta Storia psicosessuale • Storia lavorativa • Storia coniugale e relazioni affettive • Servizio militare • Storia scolastica • Religione • Attività sociali 84 •Attuale situazione di vita Schema per l’esame delle condizioni mentali /2 1. 2. 3. 1. 2. 3. 1. 2. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Descrizione generale Aspetto Comportamento ed attività psicomotoria Atteggiamento nei confronti dell’esaminatore Umore ed affettività Umore Affettività Appropriatezza dell’affettività Linguaggio Contenuto del pensiero e percezione Processo del pensiero Contenuto del pensiero • Allucinazioni • Illusioni Sensorio Vigilanza e livello di coscienza Orientamento e memoria Concentrazione ed attenzione Capacità di leggere, scrivere e calcolo Capacità visuo-spaziali Pensiero astratto Patrimonio di informazioni ed intelligenza Capacità di giudizio ed insight Attendibilità 85 Esami psicodiagnostici in ambito forense /1 In relazione a tale specifica tematica, affinché il perito possa agire in maniera metodologicamente corretta riguardo l’impiego dei test mentali in ambito psichiatrico-forense, riteniamo utile indicare alcune regole minime da seguire (Cimino, 2010): L’esame psichico dovrebbe essere condotto utilizzando più metodiche fra loro integrate, ovvero facendo ricorso sia al metodo della psichiatria clinica, basato sull’anamnesi personale e familiare e sull’esame delle condizioni mentali attraverso il colloquio semistrutturato, sia facendo ricorso a reattivi mentali. Si dovrebbe preferibilmente far uso di una batteria di reattivi che comprenda strumenti di natura diversa, sia proiettivi che psicometrici standardizzati. I test che appaiono più idonei all’impiego in ambito forense risultano il Test delle macchie di Rorschach, il WAIS-R, il PCL-R e soprattutto l’ MMPI-2; a questa batteria ideale potrebbero, a nostro avviso, essere aggiunti anche il reattivo di Realizzazione Grafica di Wartegg o WZT ed il Millon Clinical Multiaxial Inventory (MCMI-III). 86 Esami psicodiagnostici in ambito forense /2 Non riteniamo, invece, proficuo impiegare in ambito forense le molte scale di misurazione di condizioni psicopatologiche (Rating Scale) disponibili, in quanto, tali strumenti self-report, nati da un’esigenza clinica di valutazione in vista di un supporto terapeutico, oltre a non aggiungere, a nostro avviso, alcun sostanziale elemento a quelli già desunti da un’indagine clinico-anamnestica ben condotta, si prestano, per la presenza di items formulati in modo palese, ad un’accentuazione delle risposte di punteggio elevato da parte del soggetto che tende a scegliere, particolarmente se la finalità dell’indagine è di tipo valutativa/risarcitoria, quelle che possano presentare un quadro di maggiore gravità. Per ciascun test utilizzato il perito dovrebbe sempre fornire i motivi della scelta del reattivo impiegato e i costrutti teorici di riferimento dello stesso; i dati relativi all’accuratezza Globale, alla Sensibilità, Specificità ed al valore del cut-off, etc.; i dati relativi agli studi di validità convergente del test (coefficiente di correlazione-r) con particolare riguardo all’ambito forense; i dati relativi agli studi di stabilità temporale del test utilizzato (test-retest). 87 Esami psicodiagnostici in ambito forense /3 I protocolli di tutti integralmente allegati, conclusiva, alla perizia anche dagli altri esperti dell’iter giudiziario. i test somministrati dovrebbero essere assieme alla valutazione psicodiagnostica stessa, in modo da poter essere valutati che potrebbero intervenire nei vari momenti I test possono essere somministrati ed interpretati dallo stesso perito, oppure da un testista di sua fiducia (situazione questa tendenzialmente preferibile, in quanto, particolarmente nella valutazione di test proiettivi, può ridurre eventuali bias che potrebbero derivare da aspettative o ipotesi diagnostiche più o meno esplicitate da parte del perito stesso), ma i dati emersi dalla valutazione psicodiagnostica devono comunque sempre essere elaborati ed integrati nella complessiva valutazione psichiatricoforense da colui che redige la perizia. 88 Esami psicodiagnostici in ambito forense /4 La relazione psicodiagnostica deve essere scritta in un linguaggio chiaro, comprensibile, tenendo sempre presente il quesito per cui si è proceduto all’impiego di reattivi mentali, evidenziando possibili discrepanze, compresi quei dati che comprovano eventuali ipotesi contraddittorie, evitando di fare congetture o di fornire informazioni che possano risultare confondenti. Nei casi in cui l’esaminando sia stato già precedentemente sottoposto a test psicologici, andranno tenute in debita considerazione le indicazioni delle letteratura a proposito dei tempi minimi al di sotto dei quali non può essere somministrato nuovamente lo stesso test, pena un risultato non attendibile, potendo, eventualmente, impiegare test diversi ma con caratteristiche simili dello stimolo, della tipologia di informazioni ricavabili e con un analogo modello teorico di riferimento. 89 Esami psicodiagnostici in ambito forense /5 In tema di valutazione pericolosità sociale i test psicodiagnostici possono solo misurare la “potenzialità aggressiva” di una persona e nulla possono dire sulla probabilità che tale aggressività si traduca in comportamento. In pratica non riescono a discriminare l’aggressività potenziale e latente da quella effettiva, tenuto conto che il reato è interazione, ovvero che l’aggressività effettiva all’origine dell’azione criminosa è sempre frutto di una situazione, cioè dell’interazione fra personalità (forza delle inibizioni, tolleranza alla frustrazione, etc.) ed eventi contingenti. Non si può non ricordare, inoltre, come un’aggressività fantasticata evidenziata ai test, può servire come sfogo e salvaguardia da una sua espressione diretta, fungendo da inibizione dell’impulso aggressivo stesso. 90 Schema operativo perizia psichiatrica /3 IV. Epicrisi psichiatrica-forense: riprendendo la diagnosi finale si passa alla disamina obiettiva e coerente che porterà a formulare un giudizio in tema di imputabilità e/o pericolosità sociale. I dati rielaborati in questa parte devono essere obiettivi ed obiettivabili perché devono resistere alla critica delle parti (cross-examination), attraverso cui si tende a mettere in evidenza i punti deboli e le incoerenze di un elaborato peritale. Nella perizia psichiatrica si richiede di applicare un modello diagnostico di tipo medico (diagnosi nosografica-psicopatologica); solo successivamente si può passare alla fase del “comprendere psicologico/criminologico” (diagnosi strutturale e funzionale) che costituisce il presupposto per un’analisi criminogenetica e criminodinamica dell’evento delittuoso. 91 Schema operativo perizia psichiatrica /4 V. Conclusioni: parte finale caratterizzata dalla risposta ai quesiti; essa rappresenta una sintesi espressiva e significativa di tutta l’attività svolta dal perito. La relazione deve essere caratterizzata da obiettività e logica delle argomentazioni, che devono essere formulate in modo chiaro, comprensibile. Le considerazioni cliniche devono essere confrontate con la fattispecie di rilevanza giuridica previste dal quesito peritale. Viene quindi richiesta una disamina che risponda agli specifici criteri della causalità medico-legale tra gli elementi clinici emersi e l’evento di significato giuridico. 92 Schema operativo perizia psichiatrica /5 La risposta al quesito deve essere sintetica e chiara. In assenza di dati tali da consentire una risposta al quesito ricevuto bisogna evitare di fornire conclusioni di tipo possibilistico, ma è necessario esprimere la propria impossibilità a rispondere in modo motivato. Art. 530 c.p.p. (Sentenza di assoluzione): “(…). 2. Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile. (…)”. Il legislatore quindi prevede (2° comma) che anche in caso di dubbio deve prevalere la soluzione più favorevole all’imputato, in aderenza al principio della presunzione di innocenza fissato dall’art. 27 Cost. 93 Perizia psichiatrica vs perizia psicologica/criminologica /1 Molti psicologi e criminologi sostengono la necessità di un allargamento delle indagini psicopatologiche dell’autore di reato con l’introduzione di quesiti peritali circa la conoscenza di quelle componenti di tipo psicologico che il c.p. (ex art. 133: “[…] Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta: 1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo […]) riserva invece alla esclusiva competenza del magistrato. Attualmente la previsione di indagini peritali sulle qualità psichiche dell’autore di reato indipendenti da cause patologiche è stata esclusa in fase istruttoria e processuale, ma ammessa soltanto ai fini dell’esecuzione della pena o della misura di sicurezza (ex art. 220 c.p.p.). In effetti tale esclusione si basa su importanti considerazioni. 94 Perizia psichiatrica vs perizia psicologica/criminologica /2 1. 2. 3. 4. 5. Rischi perizia psicologica/criminologica 2000): (Bandini, Lagazzi, Labilità degli strumenti scientifici a disposizione, in quanto i criteri inerenti a tale valutazione appaiono più sfumati rispetto a quelli propri della scienza medico-psichiatrica (maggiore “soggettività” dei criteri di valutazione della personalità); Rischio di adeguamento alla mentalità ed alle aspettative dei giudici. Il perito in mancanza di un quadro chiaro di riferimento può finire per adattarsi alle richieste del committente, magari fornendone una copertura pseudoscientifica; Rischio di utilizzare i risultati della perizia criminologica come mezzo e fonte di prova; Difficoltà da parte della difesa e dei consulenti di parte di confrontarsi su elementi di difficile oggettivazione; Etc. 95 Perizia psichiatrica vs perizia psicologica/criminologica /3 Tutto ciò non deve tuttavia significare una rinuncia ad un ampliamento dell’indagine psichiatrica, attraverso l’introduzione di elementi relativi alla “biografia di vita” del periziando al fine di meglio comprendere le soggettive motivazioni e la stessa sofferenza di molti autori di reato. A tale riguardo Fornari (2005) sottolinea come il “comprendere”, ovvero il rispondere alla domanda ”perché lo ha fatto?”, attraverso l’esecuzione di una semplice inchiesta biopsicosociale, tendente a raccogliere dati obiettivi sulla condizione esistenziale del reo (come peraltro richiesto al Giudice ex art. 133 c.p. “[…] dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo”), può contribuire, pur rimanendo entro binari rigorosamente psichiatrici, ad illustrare la criminogenesi e criminodinamica del fatto. Tuttavia nozioni quali disturbi mentale (diagnosi clinica), valore di malattia (diagnosi psicopatologica) e infermità (valutazione normativa) devono essere tenute separate e distinte da ipotesi criminogenetiche e criminodinamiche pena il rischio di incorrere nel 96 divieto di cui all’art. 220, 2 c., c.p.p. Perizia psichiatrica vs perizia psicologica/criminologica /4 Tribunale di Ancona, sent. del 13.02.03 “Si pone ora la questione di chi, in primo luogo, debba accertare la malattia mentale, in ipotesi penalmente rilevante. Il quesito sembrerebbe banale e pedestre, poichè la risposta obbligata è che l’incapacità viene accertata dal giudice sulla scorta delle risultanze processuali ed in primo luogo della perizia psichiatrica. Ma, per l’appunto, deve essere chiaro su quali premesse necessarie deve essere condotta la perizia psichiatrica. E allora, utile conclusione può essere quella secondo la quale la perizia non potrà mai essere affidata ad un esperto nelle discipline psicologiche, perché la psicologia si occupa delle condotte mentali in generale, mentre la psichiatria si occupa della diagnosi (oltre che della cura) della malattia mentale”. 97 Perizia psichiatrica vs perizia psicologica/criminologica /5 La diagnosi psichiatrica rimane il momento fondamentale ed insostituibile per la valutazione dello stato di mente del periziando e del valore di “malattia dell’atto”, non potendo la psicologia clinica/criminologia sostituire il contributo fondamentale e primario della psichiatria. Tuttavia la sola diagnosi psichiatrica risulta insufficiente per orientarsi nei percorsi motivazionali che hanno portato al crimine. La dimensione del comprendere psicologico/criminologico, sebbene debba essere tenuta ben distinta dalla ricostruzione psichiatrica/psicopatologica, può tuttavia fornire un utile supporto alla valutazione di quei percorsi psicodinamici che possono contribuire alla spiegazione dell’atto (il comprendere), divenendo parte integrante dell’elaborato peritale, quando criminogenesi e criminodinamica trovano il loro contenitore formale e sostanziale in un funzionamento patologico psichico di rilevanza forense (Fornari, 2005). 98 Perizia psichiatrica vs perizia psicologica/criminologica /6 Pertanto una valutazione metodologicamente corretta e completa, in particolare in presenza di reati apparentemente incomprensibili o di particolare efferatezza, dovrebbe essere caratterizzata da un’integrazione psichiatrica-criminologica (c.d. perizia psichiatrico-criminologica), al fine di valutare esattamente il singolo caso giudiziario inquadrandolo nella particolare situazione biopsicosociale in cui si è verificato. In tal modo, il capire non solo se esista malattia e se questa abbia influito sulla capacità del soggetto, ma anche il “comprendere” il percorso mentale che lo ha condotto all’ideazione del delitto e alla sua esecuzione, non solo non incrina il divieto di perizia psicologica di cui all’art. 220, c. 2, c.p.p., ma permette anche di assolvere alla natura prettamente medico-legale dell’elaborato peritale, ovvero alla necessità di stabilire l’ esistenza di un nesso eziologico fra fatto reato e patologia mentale, come peraltro ricordato anche dalla sentenza della Corte di Cassazione , S.U., n. 9163/2005: “(…) a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa, per effetto del quale il fatto di reato sia ritenuto causalmente determinato dal disturbo mentale”. 99 Aspetti critici /1 La perizia rappresenta il principale canale di ingresso in Tribunale della prova scientifica. La perizia introdotta in epoca di diritto intermedio è un tipico prodotto della cultura inquisitoria e deriva dalla tradizione canonica medievale. La conservazione della perizia come mezzo di prova elettivo in materia scientifica rappresenta una soluzione eccentrica del codice del 1988, rispetto a quella che doveva essere l’impronta tipicamente accusatoria del nuovo modello processuale. Il perito verrà chiamato a rispondere oralmente ai quesiti posti dalla Corte, risposte a cui segue il vero e proprio esame incrociato, ma poi sarà l’elaborato scritto a rappresentare il fondamento della decisione del giudice. 100 Aspetti critici /2 Gli esperti dovrebbero essere scelti fra quelli inseriti in un pubblico registro e questo dovrebbe garantire la qualità dell’ausiliario della Corte, la cui opinione dovrebbe brillare per autorevolezza ed imparzialità. La perizia viene considerata come uno strumento affidato a persone di eccelsa preparazione, deputata ad introdurre nel processo la verità oggettiva, la verità scientifica inoppugnabile. Non è così ! 101 Aspetti critici /3 Le perizie sono sempre soggettive, opinabili, lacunose, basate sugli assunti teorici condivisi dall’esperto che le redige e che possono essere, con pari legittimità scientifica, disconosciute da altri esperti. La perizia psichiatrica può considerarsi scientifica? Tribunale di Ancona, sent. del 13.02.03 “(…) questo Giudice ritiene rilevante e non manifestatamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 85-88-89-90 in quanto presuppongono una nozione di infermità, nella specie psichica, superata dalle nuove acquisizioni della scienza e in quanto tale, non utilizzabile in alcun modo e pertanto contrastanti con il criterio di ragionevolezza di cui all’art. 3 della Cost. nonché in quanto, utilizzando una nozione di infermità come sopra descritta, precludono al giudice il potere-dovere della motivazione dei suoi provvedimenti giurisdizionali, poiché l’iter logico di tale argomentazione sarebbe irrimediabilmente inficiato dalla incongruità della nozione di infermità comunemente utilizzata”. 102 Aspetti critici /4 1. 2. 3. 4. La perizia psichiatrica ha uno scarsissimo valore scientifico poiché la stessa clinica psichiatrica presenta un ontologica debolezza in quanto: aleatorietà descrittiva e classificatoria delle malattie mentali; deficit di conoscenze sul versante eziologico; Indeterminatezza in merito alla definizione stessa di disturbo/infermità mentale (quali i confini fra normalità e patologia?); incerta la fondatezza del modello psicopatologico di riferimento. Kunh (1978): “Un modello di malattia fondato su paradigmi differenti costituisce un punto di partenza insoddisfacente per la formulazione di teorie feconde”. 103 Conclusioni /1 La perizia psichiatrica rappresenta lo strumento comunemente impiegato per rispondere in modo tecnico ai quesiti posti dalla committenza (Giudice, PM), onde aiutare a comprendere se un determinato comportamento sia stato condizionato da istanze psicopatologiche, quale sia il decorso di tali disturbi e quale prognosi sia possibile formulare. E’ necessario tuttavia conoscerne bene metodologia e limiti La diagnosi e la prognosi di malattia spetta al medico che dovrebbe possedere anche competenze criminologiche, affinché, attraverso la “ricostruzione della storia di vita” e l’analisi delle caratteristiche di personalità che da essa emergono, possa fornire elementi atti a “comprendere” la genesi (criminogenesi) e la dinamica (criminodinamica) del reato. 104 Conclusioni /2 Il contributo della psicologia clinica non può sostituire quello fondamentale e primario della psichiatria (Fornari, 2005). Solamente attraverso l’espletamento di una perizia psichiatricocriminologica metodologicamente rigorosa, il perito potrà assolvere nel modo migliore al compito a lui affidato, nel rispetto sia delle proprie competenze cliniche, che delle istanze normative di riferimento, consentendo al giudice una valutazione più realistica e conforme a giustizia. Principio metodologico fondamentale è non dimenticare il senso del limite insito nella psichiatria forense in merito alla possibilità di arrivare a decodificare la complessità del mondo psichico di un imputato e il rapporto con le sue azioni delittuose. 105 Mens rea aut mens aegra? Bartolomeo Veneto, Ritratto dell’uomo con il labirinto, 1510 ca. 106 Grazie per l’attenzione 107