IN VIAGGIO CON PARMIGIANINO nel mondo di ERMETISMO e ALCHIMIA a cura di Alessandra Ruffino 1 Prima di partire…. …che cosa si intende coi termini ALCHIMIA ed ERMETISMO? Per orientarsi almeno un po’ nell’affascinante, ma insidiosa ed oscura selva delle SCIENZE ARCANE, sarà utile mettere in chiaro il significato di qualche termine ‘tecnico’ che ricorrerà durante questo viaggio: ALCHIMIA (dall’arabo al-kîmiyâ che indica ‘la pietra filosofale’ o ‘il reagente universale’) conoscenza iniziatica che aspira ad ottenere una Armonia tra gli opposti, simboleggiata dalla unione (coniunctio) di polarità contrarie: Sole/Luna, Uomo/Donna, Adamo/Eva, Notte/Giorno ecc. Essa ha una parte FILOSOFICA e MISTICA e una parte PRATICA e SPERIMENTALE: l’arte dei metalli che – attraverso una sequenza di fasi e col fuoco come agente di trasmutazione – distilla le proprietà dei quattro elementi (Terra, Acqua, Aria, Fuoco) nella Quintessenza (o Elixir o Pietra filosofale) e nobilita i metalli vili e deperibili, come il piombo, in metalli puri, come l’oro. Come il metallo vile viene fatto morire nel crogiolo (o Fornello o Athanor o Vas hermeticum) per poter rinascere purificato in metallo perfetto e immortale, così – sul piano morale – l’alchimista persegue un processo di morte e purificazioni spirituali per riconquistare la perfezione dell’uomo edenico. CABBALÀ: con la parola ebraica qabbalah (‘ricezione’) si indica la tradizione segreta del misticismo giudaico e in particolare il movimento di pensiero di connotazione esoterica che prese avvio in Europa a partire dal sec. XII-XIII. Traendo spunto dalla Sacra Scrittura, i testi cabbalistici illustravano come ogni parte del Creato rispondesse a una segreta armonia del disegno trascendente. Fin dalle sue origini essa volle essere anzitutto un approfondimento spirituale, o derek ha-emet “il cammino della verità”. ERMETISMO: dottrina filosofica del I sec. d.C. attribuita ad Hermes Trismegisto (Mercurio, padre dell’alchimia e protettore delle scienze occulte) che riconduce la filosofia greca a quella egizia, difendendo il paganesimo dagli attacchi della religione cristiana. Alla fine del sec. XV la traduzione del cosiddetto Corpus Hermeticum, per mano di Marsilio Ficino, rilanciò negli ambienti più raffinati delle corti europee la Filosofia Ermetica. ESOTERISMO: tendenza di alcune dottrine filosofiche e religioni a riservare una parte della verità a pochi iniziati. Nella sua etimologia greca (Esoterikós = ‘più interno, destinato al segreto’) si contrappone a Exoterikós (= ‘destinato al pubblico, essoterico’). FILOSOFIA OCCULTA: disciplina che studia le virtù segrete delle cose e degli esseri, nella convinzione che, tramite la conoscenza delle forze naturali, sia possibile mettere in opera una trasformazione dello stato di cose esistente. Ultima raccomandazione, prima di mettersi in cerca degli indizi ermetici ed alchemici disseminati nei capolavori di Parmigianino: si ricordi che nel Rinascimento non necessariamente l’interesse per l’alchimia e quello per la magia ermetica coincidevano, e viceversa. 2 Parmigianino ALCHIMISTA: chi lo ha detto? La testimonianza più nota sul Parmigianino alchimista è quella di GIORGIO VASARI (nelle due edizioni delle Vite, 1550 e 1568), poi ripresa dallo storico parmigiano ANGELO MARIA EDOARI DA ERBA nel suo Compendio copiosissimo dell’origine, antichità, successi e nobiltà della città di Parma (ms. 1572 ca. Parma, Biblioteca Palatina, Ms. Parm. n. 922, p. 234, ove Parmigianino è detto “alchimista peritissimo”), nonché da GIOVAN BATTISTA ARMENINI (“Giovane di bello, et vivace ingegno, e tutto gentile, et cortese […] ma non contento di così largo favore caduto dal cielo, che vedendo per vitio dell’età prevalere alle virtù l’oro, gli entrò nel capo di voler attendere all’Alchimia, si lasciò corrompere di maniera a questa pazzia, che si condusse a pessimo disordine di vita, et dell’honore, e di molto gratioso che egli era, divenne bizzarrissimo et quasi stolto”, De’ veri precetti della pittura, Ravenna 1587, p. 16). Benché animato a tratti da intenti moralistici, il ritratto vasariano passerà alla Storia: “…il cervello, che aveva a continovi ghiribizzi di strane fantasie, lo tirava fuor de l’arte: potendo egli guadagnare quello oro, che egli stesso avrebbe voluto: con quello che la natura nel dipignere, e ’l suo genio gli avevano insegnato. Et volse con quello, che non potè mai imparare, perdere la spesa e il tempo, et farsi danno alla propria vita. Et questo fu ch’egli stillando cercava l’archimia dell’oro, et non si accorgeva lo stolto, ch’aveva l’archimia nel far le figure...” (Le Vite, ed. 1550). Per quanto dovute a qualche importante letterato del tempo, a niente varranno le isolate smentite della diceria di un Parmigianino alchimista (cfr. LODOVICO DOLCE, Dialogo della pittura intitolato l’Aretino, Venezia 1557: “il Parmigianino fu incolpato a torto ch’egli attendesse all’alchimia…”). L’interesse del pittore per l’alchimia risale al periodo dell’incarico per i lavori nella Chiesa della Steccata a Parma (“…si tolse a fare alla Madonna della Steccata [...] In questo tempo si diede all’alchimia, et pensando in breve arricchirne, tentava di congelare il Mercurio...” (VASARI, Le Vite, ed. 1568). Tale interesse divenne così esclusivo che “…cominciò Francesco a dismettere l’opera della Steccata, o almeno a fare tanto adagio, che si conosceva che v’andava di male gambe; e questo avveniva, perché avendo cominciato a studiare le cose dell’alchimia, aveva tralasciato del tutto le cose della pittura, pensando di dover tosto arricchire, congelando mercurio; [...] e non avendo altra entrata, e pur bisognandogli anco vivere, si veniva così consumando con questi suoi fornelli a poco a poco” (Le Vite, ed. 1568). Dopo la lite coi fabbriceri della Steccata, il pittore fugge a Casal Maggiore e là “avendo per sempre l’animo a quella sua alchimia, […] essendo di delicato e gentile, fatto con la barba e chiome lunghe e malconce, quasi un uomo salvatico ed un altro da quello che era stato, fu assalito, essendo mal condotto e fatto malinconico e strano, da una febbre grave e da un flusso crudele, che lo fecero in pochi giorni passare a miglior vita...”. ) PARMIGIANINO, Autoritratto (1538 - Parma, Galleria Palatina) 3 Il PARMENSE terra di magia? Parrebbe proprio che l’interesse di Parmigianino per l’alchimia (tutt’altro che raro nell’élites culturali del sec. XVI) potesse essere in parte propiziato da una tradizione che nel Parmense aveva radici profonde. Senza stare a scomodare Dante e la sua condanna del mago Asdente, “lo calzolaio di Parma” (Convivio IV, XVI, 6; Inf. XX, 118-119) o il fatto che la zona dell’attuale Emilia Romagna pareva particolarmente ben disposta allo studio delle scienze arcane (si pensi a Pico della Mirandola, fondatore della Cabala Cristiana, ma anche – in area ferrarese – all’attività di pittori come Cosmè Tura, Del Cossa, Dosso Dossi ecc.): gli umori e le suggestioni di questa raffinata cultura esoterica dureranno ancora, in pieno Seicento, nella Bologna del giovane Guercino. A noi converrà comunque restare nei più stretti dintorni del nostro Pittore. Il già ricordato Edoari da Erba documenta a Parma la presenza di tre grandi occultisti: Biagio Pelacani (citato tra l’altro da G. B. NAZARI, Della trasmutatione metallica sogni tre, in un importante testo alchemico edito nel 1572), il medico Giorgio Anselmi senior (nato a Parma nel 1386, la cui opera era nota anche a Cornelio Agrippa) e Andrea Bianchi detto l’Albio Parmigiano, per il quale Parmigianino eseguì la Conversione di San Paolo (Vienna, Kunsthistorisches Museum). Davvero un terreno fertile, dunque, il Parmense per studiosi e praticanti di scienze arcane… PARMA - Santa Maria della Steccata Insieme alla stupenda e travagliata realizzazione parmigianinesca degli affreschi nell’arcone di CHIESA DELLA STECCATA (che poi vedremo) il ‘triangolo magico’ dell’esoterismo parmense tocca FONTANELLATO e SORAGNA. Alla ROCCA MELI LUPI DI Soragna il Manierismo del Parmigianino è reinterpretato da Nicolò dell’Abate (Modena 1509/12 – Fontainebleau 1571), figura chiave, insieme ad altri pittori manieristi ed ‘ermetici’ come Rosso Fiorentino e il Primaticco, dell’Ecole de Fontainebleau, nel ciclo di affreschi dedicati alle Fatiche di Ercole (tema di noto significato alchemico sia perché legato al mito dei pomi aurei del Giardino delle Esperidi, sia perché rappresenta un lavoro di sublimazione per fasi analogo all’Opus Magnum). Per saperne di più sul PERCORSO NEL MANIERISMO PARMENSE FRA ERMETISMO E MISTERO link to: www.roccadisoragna.com www.museocostantinianodellasteccata.it SORAGNA – Rocca Meli Lupi 4 Temi e cifre ermetiche nell’arte del Parmigianino: DOVE? Tra i temi esoterici di più suggestiva e lunga tradizione vi è lo SPECCHIO, simbolo lunare, simbolo dello sdoppiamento e simbolo della discesa in se stessi (cioè, alla lettera, di quel tipo di riflessione propria dei temperamenti speculativi e di coloro in cui prevale l’umor melanconico di Saturno). Parmigianino lascia ai posteri una indimenticabile traccia del suo interesse per questo oggetto simbolico tanto importante nel celebre Autoritratto allo specchio, ma anche nello specchio posto al centro della volta del Camerino di Diana nella Rocca Sanvitale di Fontanellato, accompagnato dal motto “RESPICE FINEM” (Attendi la fine), non un’opera dipinta, bensì il sigillo dell’opera, posta al centro del cielo chiuso del Camerino, lì ad indicare proprio il compimento della Grande Opera di trasmutazione perpetrata dall’Alchimia (e dall’Arte). PARMIGIANINO, Autoritratto allo specchio (1524 - Vienna, Kunsthistorisches Museum) FONTANELLATO - Specchio al centro della volta del Camerino di Diana Un itinerario fra gli indizi ermetici dell’arte di Parmigianino non può che prevedere una lunga sosta nella chiesa di SANTA MARIA DELLA STECCATA (Parma), dove il pittore – con tumultuose vicissitudini – realizzò gli affreschi dell’arcone, liberamente interpretando la parabola evangelica delle Vergini Savie e delle Vergini Folli. La tradizione connessa alla parabola delle Dieci Vergini è complessa e non omogenea; quattro le principali linee interpretative: 1) la parabola evangelica in sé, 2) l’interpretazione simbolica data dalla Patristica, 3) la tradizione teatrale, 4) la tradizione figurativa non molto ampia, ma significativa (si vedano il Codice Purpureo di Rossano, f. 4; gli affreschi del Castello di Appiano, secc. XII-XIII; il mosaico della facciata di Santa Maria in Trastevere a Roma). La Vergine centrale dei gruppi è alternativamente la Regina del Giorno e la Regina delle Tenebre. Le Vergini Savie si ricollegano all’attributo mariano di “Virgo prudentissima”. Nella realizzazione di Parmigianino la connotazione positiva o negativa delle Vergini è data solo dalle lampade accese o spente. 5 PARMIGIANINO, Le vergini folli, part. (Parma, Santa Maria della Steccata) PARMIGIANINO, Le vergini savie, part. (Parma, Santa Maria della Steccata) Una curiosità: Il tema delle donne con vasi sul capo, connesse ai simboli dei quattro elementi, sarà ripreso da Johannes Mylius nel testo ermetico Philosophia reformata, Francoforte 1622) Nell’arcone della Steccata si possono individuare diversi simboli riconducibili al repertorio iconografico dell’Alchimia: • gli EMBLEMI dei QUATTRO ELEMENTI (componenti essenziali del mondo i cui rapporti e combinazioni determinano la trasformazione della materia e il passaggio da uno stato dell’essere all’altro) • la personificazione, attraverso la raffigurazione di Adamo ed Eva, del dualismo sulla cui tensione si fonda l’Armonia del Mondo 6 • • il simbolismo della LUCE (il vaso che produce inlustratio, la illuminazione del sapiente) il ricorrente motivo del VASO, che certo risponde, come voleva san Paolo, all’idea di corpo = vaso dell’anima (Romani, 9, 21), è sviluppato alla Steccata in una serie di tre coppie di vasi nelle quali per due volte è descritto un contenuto nero, per due volte uno bianco e per due volte uno rosso, secondo una precisa simbologia cromatica che trova corrispondenza nelle fasi del processo di distillazione dell’elisir attraverso la fase nera di putrefazione della materia prima (Nigredo), la successiva fase ‘bianca’ (Albedo) e la fase conclusiva della Rubedo, allorché il rosso – colore araldico della resurrezione – segnala il compimento dell’opus alchemicum (vedi E. Fadda, in Parmigianino e la pratica dell’alchimia, p. 46). I Quattro Elementi sono evocati attraverso alcuni emblemi: il granchio, crostaceo marino, rappresenta l’Acqua; la colomba, volatile, è rappresenta l’Aria; gli ortaggi (ma anche le teste di ariete) rappresentano la Terra. A rappresentare il Fuoco, invece, i 14 rosoni in bronzo dorato che scandisono l’intradosso dell’arco. Ma prima di squadernare alla Steccata il libro della Natura con tanta stupefacente maestria pittorica e originalità inventiva, Parmigianino aveva già lasciato qualche indizio di un suo interesse per i simboli ermetici nel Ritratto di Galeazzo Sanvitale (1524), altri ne lascerà nella Madonna dal collo lungo (1534 – Firenze, Uffizi), nel Cupido che fabbrica l’arco (1533-34 – Vienna, Kunsthistorisches Museum), nella Madonna col Bambino, san Zaccaria, la Maddalena e san Giovannino (Firenze, Uffizi) e così via… 7 PARMIGIANINO, Ritratto di Galeazzo Sanvitale (1524 - Napoli, Museo di Capodimonte) Elegante in abito alla francese alle spalle armatura, elmo e mazza ricordano il suo status di condottiero, sul copricapo riluce un medaglione ornato di caduceo (attributo di Mercurio, patrono dell’Alchimia e delle scienze ermetiche); tra le dita guantate il principe regge una moneta con il NUMERO 72… …che cosa indica questo numero? Ecco le principali interpretazioni: • secondo la Cabbalà 72 è la cifra che racchiude la chiave segreta del nome ineffabile di Dio • secondo le corrispondenze numeri/pianeti/metalli stabilite dalla Occulta Philosophia il 7 e il 2 rappresentano il numero di Giove (= stagno) e quello della Luna (= argento), quest’opinione sostenuta da Maurizio Fagiolo dell’Arco non è del tutto convincente, giacché in tutta l’iconografia alchemica la congiunzione tra principio maschile e femminile è rappresentata dalle nozze mistiche di Sole e Luna (o Apollo e Diana, e non di Giove e Luna). • l’opinione più verosimile pare quella sostenuta da Andrea De Pascalis che il 7 e il 2, siano incisi sulla moneta per alludere, rispettivamente, al numero dei Metalli (sette come i Pianeti maggiori) e al numero dei principi costitutivi della materia metallica al tempo di Parmigianino (Zolfo, polo maschile e igneo, e Mercurio, polo femminile liquido; il terzo elemento della trasmutazione, cioè il principio neutro del Sale, sarà introdotto da Paracelso solo a metà del sec. XVI). Intanto, nel nome dei Sanvitale, ecco che siamo già dritti e filati a FONTANELLATO. È ora di scoprire… 8 Quali sono i SIMBOLI ERMETICI a FONTANELLATO? Aveva appena 21 anni, Francesco Mazzola, quando venne convocato alla Rocca Sanvitale Fontanellato. In un piccolo ambiente segreto al piano terra (chissà perché non al piano nobile?), circondato da locali di servizio affrescò, con vistosi debiti iconografici verso il Correggio della Camera di San Paolo (Parma), lo stupendo “Camerino di Diana”, raffigurandovi la storia tragica di ATTEONE, ma... …che cosa narrava quel mito? DIANA e ATTEONE: mito… …e misteri Due le versioni del mito a noi pervenute: una, tramandata dai mitografi greci Igino e Pausania, e l’altra dal poeta latino Ovidio. La prima racconta che Atteone, appoggiato a una roccia nei pressi di Orcomeno, vide per caso Artemide (Diana) che si bagnava al fiume e restò a guardarla per potersi poi vantare con gli amici di aver visto nuda la dea. Offesa, Artemide si vendicò trasformandolo in cervo e facendolo quindi divorare dalla sua muta di cani. Nella seconda versione del mito, narrata nelle Metamorfosi di Ovidio, il cacciatore Atteone durante una battuta di caccia, si allontana dagli altri cacciatori a cui si accompagnava per addentrarsi solo nella foresta. Nel fare ciò incappa per caso nei segreti recessi dove Diana era intenta a un bagno. La dea, irritata per esser stata sorpresa, spruzza addosso ad Atteone degli schizzi d’acqua e lo trasforma all’istante in cervo, al che – non riconoscendo più il padrone – i cani stessi di Atteone si scagliano contro la preda e la uccidono. Il mito di Diana e Atteone non compare nelle iconografie alchemiche. Assume significati ermetici solo allorché se ne consideri l’aspetto principale della metamorfosi, oppure quando si voglia focalizzare l’attenzione sul particolare del BALNEUM (il bagno che rigenera) o allorché si voglia riprendere la lettura ermetica di quel mito fatta da Giordano Bruno negli Heroici furori (1585). Nel dialogo bruniano la caccia è una venatio sapientiae (ricerca di sapienza), nella quale i cani sono allegorie dei pensieri e del desiderio e “l’amore trasforma e converte nella cosa amata” (G. BRUNO, De gl’heroici furori) in un processo di purissima alchimia morale. 9 A riguardo del tema del BAGNO di DIANA, si può notare che il particolare delle ninfe che si bagnano in una vasca nell’affresco di Fontanellato ha qualche interessante analogia con un dettaglio della tavola numero 6 dello Splendor Solis (prezioso manoscritto alchemico del 1532-35 con 22 tavole miniate d’eccellente fattura), miniatura ove si allude al processo di imbiancamento (l’Albedo che succede alla prima fase dell’opus magum: Nigredo e precede le due successive di Citrinitas e Rubedo). Misteriosa, oltre che ambigua, resta nel suo insieme la mitologia di Diana, “in quanto Sagittaria lucifera, dunque spirituale, sembra che la dea investa i tre regni. Il minerale (l’arco d’argento), con cui ha rapporti di segreta affinità, le servirebbe da tramite col regno vegetale (l’olmo e la quercia) e con la bestialità animale (la fiera)…”. Dea terribile, Diana, regina della Notte e sorella del Sole, dea serena e tuttavia capace di ferocia di belva, figura dell’eterno feminino e sfuggente come un ermafrodito…”lei si compiace nell’incertezza perenne di appartenere o non appartenere a un principio virile. L’incertezza è il suo regno, il suo universo” (P. KLOSSOWSKY, Il bagno di Diana). 10 Il CAMERINO di DIANA: monumento funebre, studiolo segreto o boudoir? AD DIANAM / DIC DEA SI MISERUM SORS HUC ACTEONA DUXIT A TE CUR CANIBUS / TRADITUR ESCA SUIS? NON NISI MORTALES ALIQUO / PRO CRIMINE PENAS FERRE LICET: TALIS NEC DECET IRA / DEAS “A Diana. Di’, o dea, perché, se è la sorte che ha condotto qui il misero Atteone, egli è da te dato in pasto ai suoi cani? Non per altro che per una colpa è lecito che i mortali subiscano una simile pena: un’ira tale non si addice alle dee”. Parmigianino iniziò ad affrescare la stanza nell’estate o nell’autunno 1524, all’indomani della morte del piccolo figlio di Galeazzo Sanvitale, fatto che probabilmente determinò la committenza (è il parere di Marzio Dall’Acqua). Si è a lungo discusso sulla vera natura e destinazione di questo luogo: secondo alcuni (Ghidiglia Quintavalle) fu una raffinata saletta da bagno di Paola Gonzaga, sposa di Galeazzo Sanvitale e Signora di Fontanellato, secondo altri (Fagiolo dell’Arco, Mutti) si tratterebbe di una trasposizione pittorica dei motivi alchemici della coniunctio del principio maschile e femminile, con ripresa del tema della vergine (ampiamente trattato da Parmigianino alla Steccata, e si ricordi – poi – che nella mitologia classica la Vergine per eccellenza è proprio Diana), ma anche quello della metamorfosi da uno stato all’altro della materia (Atteone che si trasforma in animale) è eminente archetipo alchemico. C’è anche stato chi (DavittAsmus) ha proposto un’interpretazione che divide la narrazione in tre momenti: la caccia d’amore, la fonte e la morte (che indicano il passaggio dall’amore carnale a quello divino, sulla base dell’identificazione del cervo-Atteone con il sacrificio Cristo). Pare tuttavia, tra tutte, che l’interpretazione più verosimile sia quella secondo la quale il Camerino di Parmigiano a Fontanellato fu una sorta di cappella destinata a celebrare il lutto di Paola Gonzaga per la perdita del figlio con un’allegoria mitologica (e non cristiana) del PARMIGIANINO, tutto coerente con quella rinascita del paganesimo antico che avvenne Presunto ritratto di Paola Gonzaga (1524 – Fontanellato, Rocca Sanvitale) nel Rinascimento. 11 Nell’iscrizione che percorre come un fregio il perimetro del Camerino di Diana spicca quel curioso ACTEONA, un accusativo alla greca che in italiano suona, evidentemente, femminile Mettendo però a confronto Atteone e Atteona non scopriremo forse che sono abbigliati allo stesso modo? Diventa così convincente l’ipotesi che a Fontanellato Parmigianino non abbia tanto (o soltanto) voluto svolgere un tema ermetico, quanto proiettare su sfondo mitico il lutto privato di Paola Gonzaga, raffigurata da Parmigianino con PARMIGIANINO, “Acteona”(1524 – Fontanellato, Rocca Sanvitale) una spiga spezzata in mano (altro simbolo di morte), ingiustamente punita – come l’incolpevole Atteone – con la perdita del figlio. PARMIGIANINO, Atteone che si muta in cervo (1524 – Fontanellato, Rocca Sanvitale) Il viaggio VIRTUALE potrebbe continuare, se non fosse che lo stupore e il piacere di una scoperta DAL VERO non possono essere equiparati da nessun viaggio telematico. Per scoprire questi misteri e tante altre meraviglie, niente di meglio di un viaggio REALE a Fontanellato… raggiungere questa bella corte padana è facile: Parmigianino, Paola e Galeazzo Sanvitale, Atteone, e la temibile signora della Rocca, Diana, vi aspettano! 12 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE EUGENIO BATTISTI, “Ecce Virgo ecce habet lampades”: il Parmigianino alla Steccata, in Santa Maria della Steccata a Parma, a cura di Bruno Adorni, Parma, Artegrafica Silva 1982 GIUSEPPE BERTINI, Parmigianino e i Sanvitale di Fontanellato, in “Iconographica”, 4 (2005), pp. 144-153 GIORDANO BRUNO, De gli eroici furori, in Dialoghi filosofici italiani, a cura di Michele Ciliberto, Milano, Mondadori 2000 GIULIO BUSI, La Qabbalah, Bari, Laterza 1998 MARIO CALIDONI, MARZIO DALL’ACQUA, Fontanellato corte di pianura, Comune di Fontanellato 2004 ANNA CERUTI BURGIO, Le “Metamorfosi” illustrate nelle edizioni a stampa e la saletta del Parmigianino, in “Aurea Parma”, 89 (2005), n. 1, pp. 55-60 CARLO COLOMBO, Il Parmigianino: una rivisitazione, Roma, Carte segrete 1993 MARZIO DALL’ACQUA, GIANNI GUADALUPI, FRANCO MARIA RICCI (a cura di), Fontanellato, 2^ ed. accresciuta, Milano, Franco Maria Ricci 1999 CRISTINA DANTI, Parmigianino a Fontanellato: tecnica e vicende conservative delle Storie di Diana e Atteone, in Parmigianino e il manierismo europeo, Atti del convegno internazionale di studi (Parma 13-15 giugno 2002), a cura di Lucia Fornari Schianchi, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale 2002, pp. 124-129 UTE DAVITT-ASMUS, Fontanellato I: sabatizzare il mondo; Parmigianinos Bildnis des Conte Galeazzo Sanvitale, in “Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”, 27 (1983), n. 1, pp. 3-40 UTE DAVITT-ASMUS, Fontanellato II: la trasformazione dell’amante nell’amato; Parmigianinos Fresken in der Rocca Sanvitale, in “Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz” 31 (1987), n. 1, pp. 3-58 ANDREA DE PASCALIS, Parmigianino e l’alchimia, www.airesis.net ELISABETTA FADDA, Da Parma a Casalmaggiore: Parmigianino ultimo atto, in Parmigianino e la pratica dell’alchimia, catalogo della mostra di Casalmaggiore (9 febbraio-15 maggio 2003), a cura di Sylvia Ferino-Pagden, Francesca del Torre Scheuch, Elisabetta Fadda, Mino Gabriele, Parma, Silvana editoriale 2003, pp. 39-49 ELISABETTA FADDA, Arte e alchimia negli ultimi anni del Parmigianino, in L’art de la Renaissance entre science et magie, a cura di Philippe Morel, Paris, Somogy 2006, pp. 295-324 MAURIZIO FAGIOLO DELL’ARCO, Parmigianino: uno studio sull’Ermetismo del Cinquecento, Roma, Bulzoni 1970 MINO GABRIELE, Alchimia e iconologia, Udine, Forum 1997 AUGUSTA GHIDIGLIA QUINTAVALLE, Il "Boudoir" di Paola Gonzaga Signora di Fontanellato, in “Paragone”, n. 209 (1967), pp. 3-17 PIERRE KLOSSOWSKY, Il Bagno di Diana, traduzione di Giancarlo Marmori. 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Milanesi, Firenze, Sansoni 1981 PER ULTERIORI INFO BIBLIOGRAFICHE CONSULTARE ALLA VOCE “PARMIGIANINO” L’INDIRIZZO WEB: www.opac.khi.fi.it