Associazione
Ires
Lucia Morosini
ANALISI CONGIUNTURALE DEL SISTEMA DEL CREDITO LOCALE IN PIEMONTE
Luglio 2013
Coordinamento: Francesco Montemurro
Davide Riccardi
A cura di Francesco Montemurro e Cristian Roner
INDICE
Il mercato del credito
1. La situazione della domanda
1.1. Andamento e volume del credito alla produzione
1.2. Il credito alle famiglie consumatrici
2. La situazione dell’offerta
2.1. La raccolta diretta: i depositi
2.2. La qualità del credito
3. Il costo e la remunerazione del credito
4. Alcuni aspetti del comparto bancario locale
5. Conclusioni. Nonostante la crisi è possibile migliorare l'accesso al credito?
Riferimenti
-1-
-1-1-1- 13 - 16 - 16 - 19 - 21 - 25 - 28
- 34 -
Il mercato del credito
La recessione che ancora coinvolge l’economia mondiale ha trovato innesco nei mercati
finanziari e si è estesa anche all’economia reale. Proprio per lo stretto legame con la parte reale del
sistema economico, assume particolare importanza l’osservazione delle dinamiche nel mercato del
credito bancario, particolarmente a livello locale, in quanto le piccole e medie imprese che formano
il tessuto produttivo in Italia tendono a stabilire rapporti di finanziamento soprattutto con gli istituti
bancari (data una preferenza per il finanziamento bancario dopo quello attraverso le risorse interne)
e, tra questi, con quelli che sono geograficamente più prossimi, se non altro per ridurre i costi
espliciti e impliciti connessi con la gestione del rapporto bancario. Questa nota congiunturale
delinea la situazione creditizia in Piemonte considerando dapprima alcuni indicatori dal lato della
domanda per passare poi alla valutazione dell’offerta bancaria e non bancaria. In conclusione
vengono formulate alcune considerazioni riguardanti aspetti strutturali specifici dell’industria
creditizia nella regione.
1. La situazione della domanda
1.1. Andamento e volume del credito alla produzione
Proprio per la criticità assunta dai canali di finanziamento delle attività produttive soprattutto
durante la presente recessione è opportuno prendere in considerazione per prima cosa proprio gli
impieghi bancari verso le imprese e le famiglie produttrici. 1 La figura 1 consente di individuare, a
partire dal II trimestre 2011, un andamento decrescente del valore nominale impiegato, una
tendenza che sembra interrompersi a partire dal IV trimestre del 2012 ma che può in qualche misura
essere imputata ad una variazione corrispondente alla variazione della domanda (e della
produzione) di carattere stagionale, in corrispondenza degli ultimo tre mesi dell’anno. Anche il
valore nominale al primo trimestre di quest’anno non sembra tuttavia molto lontano rispetto alla
fine dell’anno scorso. La variazione congiunturale (calcolata sul trimestre precedente) del valore
degli impieghi relativa agli ultimi tre mesi del 2012 non arriva comunque all’1% fermandosi infatti
allo 0,5%, mentre lo stesso indicatore calcolato per i primi tre mesi del 2013 indica una sostanziale
stasi congiunturale (-0,03%). Fra il III trimestre del 2011 e il III trimestre dell’anno successivo tutte
le variazioni congiunturali trimestrali hanno segno negativo, raggiungendo una variazione minima
pari al -1,1% nel IV trimestre 2011 e nel II trimestre del 2012.
1
Gli impieghi sono definiti dalla Banca d’Italia come “finanziamenti erogati dalle banche a soggetti non bancari
calcolati al valore nominale (fino a settembre 2008 al valore contabile) al lordo delle poste rettificative e al netto dei
rimborsi.”. L’aggregato esclude le operazioni pronti contro termine. Tra le famiglie produttrici sono incluse le società
semplici, le società di fatto e le imprese individuali aventi un numero di addetti fino a cinque unità, la cui funzione
principale consiste nel produrre beni e servizi non finanziari destinabili alla vendita.
L’andamento delle variazioni tendenziali del valore nominale degli impieghi (calcolate sul
corrispondente trimestre dell’anno precedente) sono altrettanto indicative di una tendenza alla
diminuzione dei volumi negoziati nel mercato del credito locale, già per altro rilevata nell’ultima
nota congiunturale di novembre. Nel 2012 si registra infatti una percentuale media tendenziale
trimestrale pari al -2,0%, mentre nel solo II trimestre dello stesso anno si registra un calo
tendenziale ancora inferiore al dato medio e pari al -2,8%. In termini nominali medi, l’ammontare
complessivo delle somme impiegate durante il 2012 è stato inferiore a quello dell’anno precedente
nella misura di circa 1 miliardo e 287 milioni di Euro. La variazione tendenziale calcolata per il
primo trimestre del 2013 rimane negativa e pari a -1,0%: si tratta comunque della diminuzione
minore registrata dall’inizio del 2012.
Figura 1 – Ammontare nominale degli impieghi bancari verso le imprese e le famiglie
produttrici in Piemonte.
63.500
63.000
62.500
Milioni di Euro
62.000
61.500
61.000
60.500
60.000
59.500
59.000
II trim
2010
III trim
2010
IV trim
2010
I trim
2011
II trim
2011
III trim
2011
IV trim
2011
I trim
2012
II trim
2012
III trim
2012
IV trim
2012
I trim
2013
Nota: I valori dal II trimestre 2011 compreso includono anche gli impieghi della Cassa Depositi e Prestiti. I dati riportati si
riferiscono a tutte le attività produttive (ATECO 2007, esclusa la sez. U “Organizzazioni ed organismi extraterritoriali”).
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
La riduzione tendenziale del valore nominale degli impieghi bancari fin qui illustrata a livello
regionale è in linea con una generalizzata diminuzione del valore nominale dei finanziamenti
erogati sia nelle ripartizioni nord-occidentale e orientale del Paese sia a livello nazionale. In
particolare, se si confrontano gli andamenti tendenziali dell’ultimo anno si può osservare (Tabella
1) che la diminuzione percentuale sperimentata in Piemonte è spesso inferiore, in valore assoluto, a
-2-
quella registrata nelle altre aree considerate (ad eccezione del I trimestre 2012 nel confronto con
Nord-Est e Italia e del II trimestre dello stesso anno nel confronto con il dato nazionale). È utile
tenere presente che il valore dei finanziamenti concessi dagli istituiti bancari nel Nord-Ovest
rappresenta da solo più di un terzo (35,8%) dell’ammontare concesso a livello nazionale nel corso
del 2012. Considerando anche il Nord-Est questa proporzione sale al 62,3%. Al Piemonte nello
stesso periodo è ascrivibile una percentuale pari al 6,3% del valore nazionale e al 17,7% di quello
registrato nel Nord-Ovest. Nel primo trimestre dell’anno in corso sembra da ravvisare un
miglioramento alquanto deciso per il solo Nord-Ovest.
Tabella 1 – Andamento tendenziale del valore degli impieghi bancari verso le imprese e le
famiglie produttrici (valori percentuali).
2012-2013
Piemonte
Nord-Ovest
Nord-Est
Italia
I trimestre
-1,5
-1,7
-1,2
-0,6
II trimestre
-2,8
-3,4
-3,1
-2,5
III trimestre
-2,8
-4,0
-4,4
-4,4
IV trimestre
-1,1
-3,5
-3,0
-3,5
I trimestre
-1,0
-2,8
-3,1
-3,4
Nota: I numeri riportati si riferiscono a dati relativi a tutte le attività produttive (ATECO 2007, esclusa la sez. U “Organizzazioni ed
organismi extraterritoriali”).
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
Se si esamina l’andamento tendenziale degli impieghi ripartito secondo il settore di attività della
clientela a livello regionale (Tabella 2) si può osservare che alla fine del 2012 il settore estrattivo ha
registrato la diminuzione tendenziale maggiore degli impieghi (-14,5%), seguito dal comparto dei
trasporti e magazzinaggio (-8,5%), dai servizi di alloggio e ristorazione (-6,9%), dalle attività
finanziarie ed assicurative (-6,1%) e dal commercio (-3,2%). All’inizio di quest’anno la
diminuzione maggiore si registra nel settore della fabbricazione di articoli in gomma e plastica (21,2%) e a seguire nelle attività manifatturiere residuali2 (-12,4%), la fabbricazione di computer,
elettronica ed ottica (-11,4%), trasporto e magazzinaggio (-10,1%), attività finanziarie e assicurative
(-9,5%) e telecomunicazioni (-9,3%), queste ultime in netta controtendenza rispetto al più ampio
settore dei servizi di informazione e comunicazione che registra invece un aumento pari al 15,7%.
Le attività manifatturiere registrano nello stesso periodo una contrazione del livello degli impieghi
del 3,1% rispetto al I trimestre 2012, si tratta comunque di un miglioramento rispetto alle
percentuali calcolate per i trimestri precedenti. Se si considerano le singole divisioni di questo
comparto, oltre alle già citate diminuzioni nelle attività residuali, nella fabbricazione di articoli in
2
Queste comprendono l’industria del legno, altre industrie manifatturiere e la riparazione, manutenzione ed
installazione di macchine ed apparecchiature.
-3-
gomma e in quella di computer, si devono registrare i cali della lavorazione di minerali non
metalliferi (-4,5%), della fabbricazione di macchinari ed apparecchi n.c.a. (-5,2%), di mobili (0,6%), di prodotti in metallo (-4,5%), di prodotti chimici (-6,5%), di prodotti tessili e abbigliamento
(-7,4%). I cambi nel segno della variazione si segnalano nel caso delle attività professionali, nelle
attività di estrazione di minerali, nella fabbricazione di apparecchi elettrici, nella fornitura di acqua,
mezzi di trasporto e prodotti alimentari. Da notare il consistente aumento tendenziale per il settore
del coke e derivati del petrolio. La diminuzione degli impieghi non sembra concentrarsi solo in
alcuni settori ben precisi e pertanto non è possibile, nemmeno in via ipotetica, attribuire alla
diminuzione degli impieghi una causa peculiare ad un dato settore, come ad esempio l’aumento
della rischiosità percepita dai prestatori di fondi.
Tabella 2 – Andamento tendenziale del valore degli impieghi bancari verso le imprese e le
famiglie produttrici per settore di attività nel 2012 in Piemonte (valori percentuali).
I
IV
trimestre trimestre
2013
2012
Settore ATECO
III
trimestre
2012
Agricoltura, silvicoltura e pesca
2,2
2,0
Servizi alloggio e ristorazione
-3,8
-6,9
Attività finanziarie e assicurative
-9,5
-6,1
Attività professionali, scientifiche e tecniche
-1,0
12,1
Attività immobiliari
-1,4
-0,3
Attività manifatturiera residuale (Divisioni 16, 32, 33)
-12,4
-6,2
Attività residuali (Sezioni O, P, Q, R, S, T)
0,2
0,1
Attività manifatturiere
-3,1
-3,8
Carta, articoli di carta, stampa ed editoria
-9,3
-11,4
Commercio ingrosso e dettaglio; riparazione auto- e motoveicoli
-2,9
-3,2
Costruzioni
2,1
0,0
Estrazione minerali da cave e miniere
2,2
-14,5
Fabbricazione computer, elettronica, ottica
-11,4
-12,0
Fabbricazione altri prodotti da lavorazione minerali non metalliferi
-4,5
-3,8
Fabbricazione apparecchi elettrici
3,2
-5,4
Fabbricazione articoli in gomma e plastica
-21,2
-21,4
Fabbricazione coke e derivati petrolio
377,2
7,0
Fabbricazione macchinari ed apparecchi n.c.a.
-5,2
-5,2
Fabbricazione mobili
-0,6
-4,5
Fabbricazione prodotti in metallo
-4,5
-5,0
Fornitura acqua, reti fognarie; gestione rifiuti
-1,3
2,5
Fornitura energia elettrica, gas, vapore e aria cond.
13,7
5,5
Metallurgia
12,1
1,1
Mezzi di trasporto
-2,5
0,1
Noleggio, agenzie viaggio, servizi alle imprese
18,5
10,1
Prodotti alimentari, bevande e tabacco
-2,1
12,6
Prodotti chimici
-6,5
-8,4
Prodotti tessili e abbigliamento
-7,4
-5,3
Servizi di informazione e comunicazione
15,7
23,0
Telecomunicazioni
-9,3
-13,6
Trasporto e magazzinaggio
-10,1
-8,5
Totale ATECO
-1,0
-1,1
Nota: Le percentuali successive al I trimestre 2012 comprendono anche gli impieghi della Cassa Depositi e Prestiti.
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
-4-
3,2
-4,5
-8,5
0,8
-1,3
-7,6
-0,9
-5,4
-10,1
-4,5
-2,7
-14,9
-16,2
4,4
-2,4
-3,0
18,5
-6,9
-0,4
-9,1
5,5
19,5
-5,3
-2,3
-0,4
-2,1
-6,6
-6,4
20,1
56,0
-8,9
-2,8
II
trimestre
2012
1,7
-11,4
-10,9
19,6
-2,8
-7,4
-0,4
-5,4
-7,6
-3,2
-2,5
-13,6
-12,4
5,2
-6
2,2
21,9
-7,1
-4,8
-6,6
10,6
19,5
-13,6
-1,3
-9,4
-3,6
-6,2
-8,9
4,2
57,7
-8,1
-2,8
Da un punto di vista puramente macroeconomico (Tabella 3), il Piemonte non si distingue tra le
regioni per le quali l’ammontare dei fondi prestati dal settore bancario (compresa la Cassa Depositi
e Prestiti) assume notevole importanza in rapporto alle dimensioni dell’economia locale
(approssimate dal PIL): la percentuale relativa calcolata sugli ultimi dati disponibili è infatti molto
inferiore a tutte quelle delle macroripartizioni, delle regioni comparabili a quella piemontese e alla
percentuale nazionale. Ad ogni modo si conferma ancora una volta, anche a livello di sistema, la
diminuzione o la stagnazione dei fondi prestati a famiglie produttrici ed imprese che interessa le più
importanti aree produttive del Paese ancora nel corso del 2011 rispetto all’anno precedente.
Tabella 3 – Consistenza degli impieghi sul PIL nominale (anno 2011) e relativa variazione
tendenziale (valori percentuali).
Impieghi/PIL
Piemonte
Nord-Ovest
Lombardia
Nord-Est
Veneto
Italia
Var. tendenziale
49,1
70,2
81,1
72,9
71,8
62,8
-0,1
0,3
0,0
-0,5
-0,3
1,0
Nota: La variazione è calcolata tra il valore 2011 (comprese banche e Cassa Depositi e Prestiti) e il valore 2010 (comprese solo le
banche). Gli impieghi considerano tutte le attività ATECO (eccetto sez. U) e si riferiscono a famiglie produttrici ed imprese.
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica. Istat, Conti economici regionali, novembre 2012.
Anche la tendenza tra le province del Piemonte è generalmente negativa per quanto riguarda gli
impieghi verso imprese e famiglie produttrici (Figura 2). Asti registra la variazione negativa minore
rispetto alle altre province (-0,5%) dopo le consistenti diminuzioni nei primi tre trimestri dello
scorso anno (-3,5% nel I trimestre 2012). Alessandria e Biella mostrano invece le variazioni
tendenziali negative più consistenti (-7,3% e -7,7% rispettivamente) a chiusura di un anno
costantemente caratterizzato dal segno meno per la variazione tendenziale degli impieghi in queste
due province (Biella soprattutto).
-5-
Figura 2 – Andamento tendenziale degli impieghi bancari verso le società non finanziarie e le
famiglie produttrici nelle province piemontesi (I trimestre 2013, valori percentuali).
2
1
0,7
0,5
0
-0,5
-1
-1,2
-1,5
-2
-3
-4
-4,3
-5
-6
-7
-7,3
-8
-7,7
-9
TORINO
ALESSANDRIA
ASTI
BIELLA
CUNEO
NOVARA
VCO
VERCELLI
Nota: I valori dal II trimestre 2011 compreso includono anche gli impieghi della Cassa Depositi e Prestiti. I dati riportati si
riferiscono a tutte le attività produttive (ATECO 2007, esclusa la sez. U “Organizzazioni ed organismi extraterritoriali”). VCO –
Verbano-Cusio-Ossola
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
Anche Novara, Vercelli e Verbano-Cusio-Ossola continuano a mostrare una diminuzione
tendenziale degli impieghi bancari proseguita per tutto il 2012. Il capoluogo novarese in particolare
ha mostrato in questo gruppo le diminuzioni percentuali maggiori. Queste considerazioni circa gli
andamenti non possono ignorare le eccezioni rappresentate da Torino e Cuneo, province per le quali
si registrano le uniche, sebbene non notevoli, percentuali tendenziali positive (0,7% e 0,5%
rispettivamente): per queste due province durante il 2012 solamente il III e il II trimestre hanno
segnato una percentuale negativa di poco superiore all’1%. Per quanto riguarda le consistenze degli
impieghi, ancora Torino e Cuneo sono, nell’ordine, le province che sono destinatarie di un notevole
ammontare (28,8 miliardi e 11,0 miliardi rispettivamente le consistenze in essere all’inizio del
2013), seguono con importi decrescenti Alessandria e Novara (6,8 e 6,3 miliardi rispettivamente),
Asti (2,7 miliardi), Biella (circa 2,1 miliardi), Vercelli (circa 1,8 miliardi) e Verbano-Cusio-Ossola
(1,7 miliardi).
-6-
Figura 3 – Andamento tendenziale degli impieghi bancari totali e del loro valore nominale
unitario nelle province piemontesi (anno 2012, valori percentuali).
20,0
15,1
15,0
10,0
5,2
4,9
5,0
3,8
2,5
0,4
0,6
1,2
0,4
0,9
0,0
-2,3
-5,0
-4,3
-5,2
-5,9
-6,9
-10,0
-8,7
TORINO
ALESSANDRIA
ASTI
BIELLA
Impieghi totali
CUNEO
NOVARA
VCO
VERCELLI
Valore nominale unitario
Nota: Il valore nominale unitario è stato ottenuto dividendo l’ammontare degli impieghi totali provinciali per il numero di rapporti
bancari (c/c e altri in essere). VCO – Verbano-Cusio-Ossola
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
La Banca d’Italia fornisce dati riguardanti anche il numero di rapporti bancari attraverso i quali
vengono concessi i finanziamenti alla clientela (conti correnti ma anche altre forme) classificati a
seconda della localizzazione provinciale degli sportelli. Disponendo del valore nominale degli
impieghi totali è dunque possibile calcolare il valore unitario medio dei finanziamenti bancari
concessi a livello provinciale e il loro andamento, quest’ultimo risultato è illustrato nella figura 3.
La stagnazione, quando non la diminuzione, è l’aspetto dominante anche per quanto riguarda gli
impieghi totali in quasi tutte le province considerate: Biella e Torino (-6,9% e -5,9%
rispettivamente) registrano le diminuzioni tendenziali maggiori per il 2012 nella consistenza degli
impieghi totali ma anche nel valore unitario medio degli stessi (-5,2% e -8,7% rispettivamente),
segnalando quindi una notevole diminuzione del credito estesa sia al numero sia all’ammontare dei
finanziamenti concessi. Verbano-Cusio-Ossola rappresenta invece una eccezione sia per una decisa
variazione positiva degli impieghi bancari totali (1,2%) sia per il loro ammontare unitario (15,1%).
-7-
Tabella 4 – Andamento tendenziale percentuale degli impieghi vivi (situazione al 30/04/2013)
Imprese e famiglie produttrici
Clientela ordinaria residente
(Totale ATECO escl. sez. U)
Totale ATECO
Industria
(escl. sez. U)
Servizi
Costruzioni
Torino
-1,5
-2,1
-0,2
-3,5
-1,7
Alessandria
-8,3
-11,6
-14,5
-13,1
-4,8
Asti
-1,0
-2,8
-6,6
-0,6
-4,4
Biella
-7,5
-10,5
-10,0
-11,2
-14,0
Cuneo
-1,7
-1,0
-0,6
-2,4
-0,5
Novara
-3,7
-3,5
-4,3
-2,8
-5,9
VCO
-2,1
-3,8
2,0
-2,9
-14,9
Vercelli
-3,8
-5,2
-8,9
-6,0
-0,5
Piemonte
-2,7
-3,6
-3,5
-4,4
-2,9
Nota: Banche e Cassa Depositi e Prestiti.
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
La tabella 4 sintetizza ancora più compiutamente la situazione nelle province piemontesi sulla base
degli ultimi dati disponibili in merito agli impieghi al netto delle sofferenze. 3 L’ammontare delle
somme concesse dal sistema bancario (compresa la Cassa Depositi e Prestiti) conferma la
generalizzata diminuzione tendenziale, già segnalata, sia nei confronti della clientela ordinaria
residente sia del sottoinsieme delle imprese e delle famiglie consumatrici. La provincia di
Alessandria in particolare si distingue per la diminuzione percentuale maggiore in termini relativi
verso entrambe queste categorie di clientela (-8,3%), con una diminuzione pari all’11,6% a carico
delle attività produttive: la riduzione maggiore degli impieghi al netto delle sofferenze in questa
area del Piemonte interessa i comparti dell’industria (-14,5%) e dei servizi (-13,1%), mentre le
costruzioni sono meno coinvolte dal fenomeno, sebbene quest’ultimo settore abbia registrato, a
livello provinciale, diminuzioni tendenziali consecutive anche superiori al 7% a partire dalla
seconda metà del 2012. Anche per la provincia di Biella si registrano percentuali in diminuzione
notevole soprattutto nelle costruzioni (-14,0%) e, a seguire, nei servizi (-11,2%) e nell’industria (10,0%), ma anche a livello generale per quanto riguarda la produzione (-10,5%). La provincia
Verbano-Cusio-Ossola, insieme a quelle di Cuneo, Asti e Torino, mostra variazioni tendenziali
migliori rispetto al risultato regionale. Per questa stessa provincia si può altresì segnalare l’unica
crescita sostanziale degli impieghi nel comparto propriamente industriale (2,0%). Asti rappresenta
invece la situazione migliore (sebbene negativa) nel settore dei servizi per il quale si calcola una
3
Cosiddetti “impieghi vivi” cioè gli impieghi depurati dai crediti in stato di insolvenza o ad esso assimilabile. Per una
discussione dei crediti in sofferenza si veda il paragrafo 2.2.
-8-
diminuzione tendenziale degli impieghi pari a 0,6%. Cuneo si distingue per le variazioni tendenziali
negative più contenute e generalizzate a tutte le categorie (ad eccezione dei servizi), andamento che
ha probabilmente contribuito a contenere anche la diminuzione verso la clientela residente (-1,7%).
Per quanto riguarda la provincia di Torino è da segnalare solamente la variazione negativa
contenuta nelle attività industriali (-0,2%), mentre gli impieghi diminuiscono notevolmente nei
servizi (-3,5%). Vercelli vede gli impieghi diminuire sensibilmente nell’industria (-8,9%) e nei
servizi (-6,0%). Per sintetizzare, Alessandria, Biella, Novara e Vercelli mostrano diminuzioni
tendenziali degli impieghi vivi verso la clientela ordinaria residente superiori alla percentuale
regionale e, egualmente (esclusa la provincia di Novara ed inclusa quella del Verbano-CusioOssola), se si considerano invece gli impieghi verso le attività produttive. Tra queste ultime
Alessandria, Asti, Biella, Novara e Vercelli si distinguono per le diminuzioni superiori alla
percentuale regionale nel comparto industriale e, di nuovo (escluse le province di Asti e Novara), se
si considerano i servizi. Nel settore delle costruzioni Alessandria, Asti, Biella, Novara e VerbanoCusio-Ossola evidenziano percentuali peggiori di quella regionale.
Se si considerano i prenditori di fondi impegnati nella produzione di beni e servizi classificati
secondo la dimensione non solo si osserva che per tutto il 2012 è proseguita la tendenziale e
generale diminuzione degli impieghi vivi (Figura 4), ma risulta anche evidente che proprio all’inizio
dello scorso anno si è aperto un divario costante tra il livello di impieghi verso le imprese mediograndi e quello verso le piccole imprese, per le quali inoltre la diminuzione degli impieghi è
progredita più rapidamente rispetto alle aziende medio-grandi e questo divario sembra inoltre
ampliarsi nei primi mesi di quest’anno rispetto alla fine del 2012. 4 Ad aprile di quest’anno le
imprese medio-grandi hanno registrato una flessione del3,0% rispetto allo stesso mese del 2012,
mentre la medesima percentuale per le piccole imprese e le famiglie produttrici raggiunge il 5,5%.
4
L’ utilizzo del numero indice a base fissa permette di prescindere dal fatto che l’ammontare di impieghi concessi alle
grandi imprese sia sempre maggiore rispetto a quello accordato alle piccole imprese (in media 3,2 volte più grande nel
periodo e per le unità qui considerati), se non altro perché i fabbisogni finanziari sono in buona misura correlati alle
dimensioni d’impresa.
-9-
Figura 4 – Andamento mensile degli impieghi vivi in Piemonte (giugno 2011 = 100).
102
100
Numero indice
98
96
95,5
94
92
90,8
90
6
7
8
9
10
11
12
1
2
3
4
2011
5
6
7
8
9
10
11
12
2012
Società con almeno 20 addetti
1
2
3
4
2013
Meno di 20 addetti e famiglie produttrici
Nota: Sono escluse le società finanziarie. I numeri utilizzati comprendono le somme prestate dalla Cassa Depositi e Prestiti.
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
Nonostante, per chiarezza espositiva, siano stati collocati in questo paragrafo dedicato all’esame
della domanda, i valori degli impieghi fin qui osservati sono in realtà quelli di equilibrio, per questo
non è possibile distinguere tra la situazione della domanda e quella dell’offerta imputando le
variazioni osservate all’una o all’altra. L’analisi della dinamica dei finanziamenti per cassa permette
comunque di ottenere qualche indicazione in merito, fornendo contemporaneamente una base per la
valutazione delle condizioni del credito a breve termine. I finanziamenti per cassa, infatti, sono
costituiti dai crediti concessi al netto delle sofferenze e comprensivi delle modalità di finanziamento
a breve quali, ad esempio, le operazioni pronti contro termine. Tutte le province piemontesi
riportano una diminuzione generalizzata del credito a breve che ha interessato tanto le cifre
accordate dagli istituti di credito quanto l’ammontare effettivamente utilizzato dalle attività
produttive (Tabella 5). In particolare la diminuzione percentuale nella seconda metà dello scorso
anno rispetto allo stesso periodo del 2011 è particolarmente rilevante per tutte le province, la metà
delle quali mostra poi a fine periodo un andamento peggiore rispetto a quello regionale
nell’andamento dei finanziamenti accordati. Nei primi tre mesi di quest’anno la diminuzione
raggiunge livelli peggiori rispetto alla percentuale regionale nel caso di cinque province (Torino,
Alessandria, Asti, Novara e Vercelli).
- 10 -
Tabella 5 – Andamento tendenziale dei finanziamenti per cassa a breve termine concessi a
società non finanziarie e a famiglie produttrici (valori percentuali, 2012-2013).
I trimestre
IV trimestre
III trimestre
II trimestre
Torino
Accordato
Utilizzato
Utilizzo*
-8,4
-4,5
54,2
-9,6
-3,1
55,5
-9,1
-7,5
53,0
-6,3
-5,5
52,9
Accordato
Utilizzato
Utilizzo
-13,8
-6,0
54,5
-11,7
-5,7
52,8
-7,6
-3,3
51,4
-7,7
-2,0
51,6
Accordato
Utilizzato
Utilizzo
-9,7
-2,5
60,2
-8,4
0,8
61,6
-6,0
-4,1
56,6
-4,7
-1,8
57,1
Accordato
Utilizzato
Utilizzo
-6,0
-5,5
42,9
-6,8
-2,9
42,6
-7,0
-8,2
42,4
-5,3
-9,4
44,2
Accordato
Utilizzato
Utilizzo
-1,8
3,5
49,3
-5,0
9,2
51,0
-6,9
-5,6
48,3
-3,0
-2,5
46,1
Accordato
Utilizzato
Utilizzo
-10,0
-10,7
49,1
-9,8
-10,6
47,9
-11,0
-19,7
44,7
-5,5
-16,2
44,8
Accordato
Utilizzato
Utilizzo
-3,0
3,9
53,6
-4,1
9,1
55,6
-6,2
-5,6
50,3
-8,4
-11,9
49,5
Accordato
Utilizzato
Utilizzo
-10,5
-8,7
43,8
-9,9
-5,6
43,5
-8,7
-10,6
43,1
-3,7
0,8
46,4
Accordato
Utilizzato
Utilizzo
-7,8
-3,7
52,2
-8,7
-1,6
52,9
-8,4
-7,7
50,5
-5,6
-5,5
50,3
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
VCO
Vercelli
Piemonte
Nota: Il riferimento è costituito da tutte le attività produttive ATECO esclusa la sez. U. Gli enti segnalanti sono banche, finanziari e e
veicoli segnalanti alla Centrale dei Rischi. *Calcolato come rapporto percentuale tra il valore del credito utilizzato e quello
contrattualmente concesso.
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
La distinzione tra credito contrattualmente accordato dagli istituti di credito e credito utilizzato dalle
imprese costituisce un primo, semplice indicatore delle condizioni sul mercato in quanto può gettare
luce sulle componenti attribuibili alla domanda, e quindi alle imprese, o all’offerta, e quindi agli
istituti di credito. Come già sottolineato dall’IRES nella nota congiunturale di novembre 2012 e da
uno studio della Banca d’Italia (2010), la generalizzata diminuzione dell’attività nel mercato del
credito nazionale è riconducibile sia al calo della domanda da parte delle imprese che
ridimensionano tanto le attività produttive quanto i piani di investimento, sia al calo dell’offerta da
- 11 -
parte dei datori di fondi che risentono probabilmente di diversi fattori quali ad esempio l’aumento
del rischio sistematico, l’aumento dei costi della raccolta e la variazione del costo-opportunità a
favore di investimenti meno rischiosi e più facilmente liquidabili (si vedano i paragrafi 2 e 3). Se si
esaminano nuovamente le percentuali riportate nella tabella 5 si può in effetti osservare che
l’accordato tende generalmente a diminuire di più rispetto all’utilizzato (eccezioni: Cuneo, VCO e
Novara), sintomo di una erogazione di fondi sempre meno abbondante da parte dei prestatori;
sussiste altresì una componente legata alla domanda in quanto la componente utilizzata tende
anch’essa a diminuire sebbene a ritmo più lento soprattutto negli ultimi mesi dello scorso anno.
Figura 5 – Andamento tendenziale del numero di affidati (finanziamenti per cassa) in
Piemonte per classi di fido globale accordato (valori percentuali).
6,0
4,0
2,0
0,0
-2,0
-4,0
-6,0
-8,0
-10,0
30mila/75mila
75mila/125mila
125mila/250mila 250mila/500mila
2010
500mila/1mln
2011
1mln/2,5mln
2,5mln/5mln
5mln/25mln
2012
Nota: Il riferimento è costituito dalla clientela ordinaria residente escluse le istituzioni finanziarie monetarie.
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
Medesima dinamica si può riscontrare a livello regionale. Notevoli eccezioni sono da segnalare per
i casi di Novara, per la quale durante tutto l’anno la componente utilizzata è diminuita in maniera
più rapida e consistente rispetto all’accordato, e le province di Verbano-Cusio-Ossola e di Cuneo
per le quali è da rilevare invece un consistente aumento dell’utilizzato al quarto trimestre. A
conferma di una restrizione del credito strutturale in capo ai prestatori di fondi è da osservare anche
l’andamento del rapporto di utilizzo che mostra una tendenza all’aumento sia a livello provinciale
(Torino, Alessandria, Asti, Cuneo e VCO in particolare) sia a livello regionale, con conseguente
riduzione della liquidità disponibile. La riduzione dei fondi prestati e con essa quella della liquidità
- 12 -
complessiva a disposizione delle attività produttive sembra interessare nel 2012 tutte le classi di
fido accordate (Figura 5) con una riduzione tendenziale del numero di affidati via via maggiore
all’aumentare degli importi accordati a partire dai 250 mila euro. La diminuzione generalizzata non
risparmia però nemmeno le cifre accordate più basse (-2,6% tra i 30 mila e i 75 mila Euro) con
ripercussioni tanto a sfavore delle piccole e medie imprese quanto delle famiglie (consumatrici e
produttrici). Per quanto riguarda la dinamica, il peggioramento rispetto alle condizioni del 2010
risulta abbastanza evidente.
Anche in Piemonte permane dunque una situazione di restrizione generalizzata del credito verso le
attività produttive le cui cause possono essere ricondotte sia in capo alla domanda, stante la
congiuntura recessiva attuale, sia in capo all’offerta. Il ritardo con il quale solitamente il mercato
del credito reagisce alla situazione economica generale e il mancato miglioramento di quest’ultima
inducono a credere che questo scenario possa estendersi anche alla prima metà dei quest’anno a
meno che misure di politica economica quali lo sblocco dei crediti della pubblica amministrazione
alle imprese o forme di credito ancora poco utilizzate quali leasing e factoring non arrivino a
costituire per queste ultime un temporaneo ma valido sostituto del credito bancario più tradizionale
nel breve e nel lungo termine rispettivamente.
1.2. Il credito alle famiglie consumatrici
Anche i fondi concessi alle famiglie consumatrici sono coinvolti nella riduzione generale del
mercato del credito. Le variazioni tendenziali alla fine di aprile di quest’anno sono tutte di segno
negativo o comunque vicine allo 0% rispetto allo stesso periodo del 2012 (Figura 6). Si distinguono
in particolare le diminuzioni della provincia di Biella (-4,1%) e di quella di Vercelli (-3,6%), e di
quella di Alessandria poco lontano (-3,2%) a queste si aggiunge Novara (-2,8%): tutte al di sotto
della variazione regionale (-1,8%). Torino è invece in linea con il dato piemontese (-1,7%). Asti è
l’unica eccezione in quanto registra una variazione sia tendenziale sia congiunturale (rispetto a
marzo 2013) positiva, sebbene poco lontana dallo zero. Verbano-Cusio-Ossola raggiunge invece
una percentuale congiunturale positiva (0,3%) ma una variazione tendenziale negativa (-0,3%). A
livello congiunturale si può osservare una diminuzione degli impieghi o una stasi nell’erogazione
degli stessi. Nell’interpretazione di questi risultati, come di quelli presentati finora, si deve tenere
comunque presente che il mercato del credito reagisce con qualche ritardo alle condizioni
economiche contestuali e dunque non si potrebbe comunque osservare immediatamente una ripresa
dei fondi erogati qualora il sistema economico dovesse cominciare la ripresa.
- 13 -
Figura 6 – Andamento tendenziale degli impieghi vivi verso le famiglie consumatrici (valori
percentuali, situazione al 30/04/2013).
0,0
Piemonte
-1,8
-0,1
Vercelli
-3,6
0,3
VCO
-0,3
-0,3
Novara
-2,8
0,0
Cuneo
-0,8
-0,2
Biella
-4,1
0,1
Asti
0,2
-0,1
Alessandria
-3,2
0,0
Torino
-1,7
-5
-4
-4
-3
-3
-2
Var. tendenziale
-2
-1
-1
0
1
Var. congiunturale
Nota: Banche e Cassa Depositi e Prestiti. Il riferimento include le famiglie consumatrici, le istituzioni sociali private e dati non
classificabili.
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
Tra gli impieghi alle famiglie consumatrici si deve considerare anche il credito al consumo cioè i
finanziamenti destinati a finanziare la spesa corrente degli individui. Per sua natura quindi questa
componente è strettamente legata alle condizioni della domanda di beni e servizi. Secondo i dati
dell’Istat nel 2011 questo tipo di credito rappresentava in Piemonte l’11,7% degli impieghi concessi
alle famiglie consumatrici, una percentuale in linea con l’11,9% rilevato a livello nazionale. Anche
il valore di questo tipo di finanziamenti mostra una flessione tendenziale in tutte le province
piemontesi con la sola eccezione di Asti (Tabella 6). Alessandria, Biella, Novara, VCO e Vercelli
registrano in particolare una diminuzione tendenziale peggiore rispetto a quella regionale (-1,6%, 2,0%, -1,7, -1,6% e -1,3% rispettivamente). Rispetto ai tre mesi precedenti, l’ultimo trimestre dello
scorso anno Biella mostravano la diminuzione maggiore (-0,9%) e peggiore della percentuale
regionale, mentre per Asti, Alessandria e Cuneo si calcolavano gli unici valori positivi (0,8%, 0,6%
e 0,9% rispettivamente).
- 14 -
Tabella 6 – Andamento del credito al consumo alle famiglie consumatrici (valori percentuali, I
trimestre 2013).
Var. tendenziale
Var. congiunturale
Torino
-1,1
-0,6
Alessandria
-1,6
-1,0
0,9
0,4
Biella
-2,0
-0,8
Cuneo
-0,4
-0,6
Novara
-1,7
-0,9
VCO
-1,6
-0,8
Vercelli
-1,3
-1,0
Piemonte
-1,1
-0,6
Asti
Nota: Il riferimento è costituito dalla clientela residente di banche e società finanziarie ex art. 107 T.U.B.
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
Un’altra importante componente dei finanziamenti alle famiglie consumatrici è sicuramente quella
dei mutui finalizzati all’acquisto di immobili ad uso abitativo. Purtroppo non sono disponibili dati
pubblici a livello regionale o provinciale, ma sulla base dei dati della Banca d’Italia si può calcolare
per la ripartizione Nord-Occidentale del Paese una diminuzione tendenziale di questo tipo di prestiti
pari allo 0,4% al IV trimestre dello scorso anno e una ulteriore diminuzione dello 0,2% su base
congiunturale. Questa stasi corrisponde probabilmente a quella rilevabile sul mercato immobiliare
locale.
Tabella 7 – Le compravendite nel settore residenziale (valori percentuali, IV trimestre 2012).
Var. tendenziale
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
Torino
VCO
Vercelli
Piemonte
Var. congiunturale
-42,9
-28,9
-34,4
-36,2
-28,0
-31,0
-27,6
-43,4
-33,1
9,9
37,7
26,5
28,8
20,3
22,1
37,4
12,3
22,9
Fonte: elaborazione su dati Osservatorio del mercato immobiliare, Agenzia del Territorio.
Se, rispetto al trimestre precedente, gli ultimi tre mesi dello scorso anno si chiudono con un deciso
aumento del volume delle compravendite di immobili residenziali in tutte le province piemontesi
(Tabella 7), la situazione rispetto allo stesso periodo del 2011 è invece quella di una notevole
diminuzione tendenziale delle compravendite che si registra ovunque con percentuali che superano
- 15 -
anche il 40% come nelle province di Alessandria e Vercelli. Secondo le elaborazioni pubblicate
nella nota trimestrale dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia del Territorio (giugno
2013), nel caso della città Torino si deve inoltre registrare una diminuzione del 10,1% rispetto al
primo trimestre 2012, peggiore della percentuale riferita alle altre maggiori aree metropolitane del
Paese (-7,2%). La provincia del capoluogo regionale piemontese arriva poi ad una diminuzione pari
al 16,9%. Questo scenario si realizza inoltre in un contesto di prezzi immobiliari (residenziali) in
diminuzione a livello regionale e provinciale (Tabella 8), sebbene in quest’ultimo caso sia da
segnalare l’eccezione in controtendenza di Vercelli (8,6%).
Tabella 8 – Andamento del prezzo medio per gli immobili residenziali destinati alla vendita
(giugno 2013, valori percentuali).
Var. tendenziale
Torino
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
VCO
Vercelli
Piemonte
-2,7
-1,5
-0,3
-4,4
-1,9
-4,9
-5,1
8,6
-3,0
Fonte: www.immobiliare.it/mercato-immobiliare
Quest’andamento congiunto delle compravendite e dei prezzi del comparto immobiliare
residenziale può contribuire a spiegare da un lato la diminuzione dei mutui erogati, 5 e dall’altro
anche il più generale calo dei prestiti concessi, in quanto se diminuisce il valore di mercato degli
immobili, che costituiscono spesso collaterali a garanzia, diminuisce verosimilmente anche
l’ammontare concesso dai prestatori di fondi.
2. La situazione dell’offerta
2.1. La raccolta diretta: i depositi
Secondo i dati della fondazione “Istituto Tagliacarne” la propensione al risparmio in Piemonte,
stimata in percentuale del reddito disponibile, è inferiore a quella nazionale e del Nord-Ovest
(11,5% contro 12,6% e 12,2% rispettivamente, stima 2010). Nonostante questo, i depositi presso gli
istituti di credito mostrano un andamento tendenziale positivo al termine dei primi quattro mesi di
quest’anno in tutte le province della regione (Tabella 9).6 Torino in particolare presenta un ritmo di
5
Secondo operatori di mercato, la città di Torino ad esempio ha sperimentato a fine 2012 una diminuzione tendenziale
pari al 46,8% delle erogazioni finalizzate all’acquisto dell’abitazione (Elaborazione Ufficio studi Tecnocasa - sezione
mediazione creditizia su dati Banca d’Italia).
6
I depositi sono definiti dalla Banca d’Italia come “raccolta da soggetti non bancari effettuata dalle banche sotto
forma di: depositi (con durata prestabilita, a vista, overnight e rimborsabili con preavviso), buoni fruttiferi, certificati di
- 16 -
crescita superiore a quello regionale per quanto riguarda l’ammontare depositato dalla clientela
ordinaria (16,2%) e dalle famiglie consumatrici (9,4%), IN quest’ultimo caso si aggiungono le
province di Cuneo (9,8%) e Novara (9,5%). Altre eccezioni nel caso delle imprese private rispetto
al livello regionale si riscontrano poi nei casi di Alessandria (22,3%), Asti (11,6%), Biella (11,6%),
Novara (13,6%) e Vercelli (13,0%).
Tabella 9 – Andamento dei depositi bancari (aprile 2013, valori percentuali tendenziali).
Torino
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
VCO
Vercelli
Piemonte
Clientela ordinaria
16,2
8,1
4,6
4,0
7,7
8,1
3,6
7,5
12,2
Famiglie consumatrici
9,4
7,8
5,3
6,2
9,8
9,5
6,3
7,9
8,9
Imprese private
11,3
22,3
11,6
11,6
0,7
13,6
11,0
13,0
11,3
Nota: Depositi presso banche e Cassa Depositi e Prestiti. Clientela ordinaria residente e non residente al netto delle istituzioni
finanziarie monetarie.
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
La distribuzione per provincia dell’ammontare dei depositi così come riportata nella figura 7
conferma l’intuizione che ad aprile 2013 la maggior parte delle somme depositate risulta ascrivibile
alla provincia di Torino (58,3%), seguita a un certa distanza da quelle di Cuneo (12,7%),
Alessandria (8,7%) e Novara (7,6%).
Figura 7 – Distribuzione dell’ammontare dei depositi per provincia (aprile 2013).
2,4%
3,4%
7,6%
12,7%
3,2%
58,3%
3,8%
8,7%
Torino
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
VCO
Vercelli
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
deposito, e conti correnti.” Include i conti correnti di corrispondenza, i depositi cauzionali costituiti da terzi e gli assegni
bancari interni.
- 17 -
La situazione dell’attività creditizia può essere ulteriormente evidenziata considerando l’andamento
e la consistenza delle attività di pura intermediazione e cioè valutando il legame tra la raccolta del
risparmio privato e la concessione di fondi da parte degli istituiti di credito. Un indicatore adatto ad
approssimare proprio questa connessione funzionale è la semplice differenza tra impieghi e depositi
(funding gap). L’andamento tendenziale di questa grandezza all’inizio di quest’anno segnala, per la
clientela ordinaria e le imprese private, una diminuzione del divario tra somme impiegate e somme
raccolte (Tabella 10) e con esso delle pressioni a carico degli istituti di credito a cercare di colmare
questo gap tramite altri strumenti (raccolta indiretta, ricorso al mercato interbancario ecc.).7
Tabella 10 – Andamento del funding gap (% tendenziale e valore assoluto, aprile 2013).
Torino
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
VCO
Vercelli
Piemonte
Clientela ordinaria
€ (milioni)
%
3.852
-69,4
2.036
-39,8
1.079
-14,3
1.155
-27,0
3.089
-25,2
2.684
-23,9
828
-11,7
-96
-142,4
14.628
-47,0
Famiglie consumatrici
€ (milioni)
%
-15.935
27,3
-3.640
18,4
1.961
0,3
-1.205
18,7
-5.882
18,6
-2.601
28,3
-734
19,0
-1.625
17,6
-32.900
23,1
Imprese private
€ (milioni)
15.507
3.879
1.549
1.065
5.677
4.132
1.061
974
33.603
%
-2,8
-16,0
-1,7
-15,1
1,9
-5,0
-2,1
-6,1
-4,6
Nota: Depositi presso banche e Cassa Depositi e Prestiti. Clientela ordinaria residente e non residente al netto delle istituzioni
finanziarie monetarie.
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
La riduzione tendenziale di questo divario è da ricondurre verosimilmente alla diminuzione degli
impieghi (si veda paragrafo 1) e all’aumento contemporaneo dei depositi (si veda sopra). Nel caso
delle famiglie consumatrici il divario invece aumenta. Il segno algebrico dell’ammontare dello
squilibrio tra raccolta e impieghi conferma inoltre che i soggetti in surplus strutturale sono le
famiglie consumatrici che continuano (o dovrebbero continuare) a finanziare gli agenti in deficit
strutturale cioè le imprese private attraverso gli intermediari finanziari. A livello provinciale, il
divario maggiore si riscontra nella provincia di Torino, a seguire la provincia di Cuneo.
L’ammontare minore invece si rileva nel Verbano-Cusio-Ossola (famiglie consumatrici) e a
Vercelli (imprese private). Ad Asti, invece, sia le famiglie consumatrici sia le imprese private
presentano un ammontare degli impieghi maggiore rispetto a quello dei depositi. Questi andamenti
dipendono in qualche misura anche dalla massa di risparmio strutturalmente disponibile in ogni
provincia. Da notare a tal proposito che secondo le stime dell’“Istituto Tagliacarne” la provincia di
Cuneo è quella che presenta la maggiore propensione al risparmio a livello regionale (12,1% del
reddito disponibile) nel 2010, nello stesso anno le famiglie di Torino e del Verbano-Cusio-Ossola
7
L’indicatore funding gap andrebbe più propriamente calcolato su scala nazionale oppure considerando la situazione di
specifici istituti di credito.
- 18 -
arrivano a risparmiare l’11,5% del reddito, mentre Biella si distingue per la più bassa propensione al
risparmio (9,6%). Asti mostra una percentuale identica a quella del capoluogo piemontese e della
provincia VCO, vale a dire l’11,5% del reddito disponibile.
2.2. La qualità del credito
Dato l’effetto negativo che la prolungata difficile situazione congiunturale verosimilmente esercita
sulle condizioni di solvibilità di famiglie e imprese, può essere utile fornire qualche informazione
proprio sull’andamento dei crediti in sofferenza. In effetti come si vede nella tabella 11 è da rilevare
ancora un tendenza all’aumento sia dell’importo unitario medio in sofferenza sia del numero di
affidati in difficoltà.
Tabella 11 – Andamento dei crediti in sofferenza per importo medio e numero di creditori
segnalati alla Centrale dei Rischi (situazione al 31/03/2013).
Importo unitario medio*
(Euro)
Torino
Var. tendenziale
Importo unitario(%)
Var. tendenziale
Creditori in sofferenza (%)
77.432,31
10,6
8,5
115.301,17
4,9
11,4
83.963,28
5,9
6,4
Biella
137.625,88
2,4
2,9
Cuneo
104.207,30
12,8
10,1
Novara
117.889,53
2,2
10,6
VCO
111.423,97
3,1
7,4
Vercelli
77.126,88
5,6
6,0
Piemonte
92.146,32
7,8
8,7
Alessandria
Asti
Nota: *utilizzato netto. Unici enti segnalanti sono le banche. Il riferimento è la clientela ordinaria residente escluse le istituzioni
finanziarie monetarie.
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
All’inizio del 2013 l’importo medio unitario maggiore dei crediti in sofferenza si rileva nella
provincia di Biella, mentre la variazione tendenziale maggiore di questo importo rispetto allo stesso
periodo del 2012 si registra nella provincia di Cuneo (12,8%), mentre il capoluogo di regione
piemontese si ferma al 10,6%. Come si vede si registra però ovunque un aumento tendenziale degli
importi medi unitari in sofferenza. Per quanto riguarda il numero di affidati non regolarmente
solvibili l’aumento tendenziale maggiore si rileva per la provincia di Alessandria (11,4%), seguita
da Novara (10,6%), Cuneo (10,1%) e Torino (8,5%), mentre Vercelli chiude la classifica con un
aumento del 6,0%. Anche per quanto riguarda la variazione tendenziale del numero dei creditori in
- 19 -
sofferenza non si possono registrare casi in controtendenza dato che in tutte le province è da
ravvisare un aumento. I dati forniti dalla Banca d’Italia permettono inoltre di fornire ulteriori
dettagli circa l’andamento tendenziale dei crediti in sofferenza sulla base dell’importo unitario degli
stessi e del numero di affidati con problemi di solvibilità. Come si vede (Tabella 12), la tendenza
generale al primo trimestre di quest’anno è quella di un aumento rispetto allo stesso periodo
dell’anno precedente sia dell’importo unitario in sofferenza sia del numero degli affidati. Per quanto
riguarda le famiglie consumatrici, l’importo unitario delle sofferenze aumenta in tutte le province e,
nel caso di Alessandria (13,9%), Verbano-Cusio-Ossola (9,9%) e Vercelli (12,9%), l’aumento è
superiore alla percentuale regionale (7,6%); il numero di affidati aumenta più del dato regionale ad
Alessandria (10,6%), Cuneo (9,3%) e Novara (9,9%).
Tabella 12 – Andamento tendenziale dei crediti in sofferenza (valori percentuali, I trimestre
2013).
Società non finanziarie
Famiglie
consumatrici
Importo
unitario
TO
AL
AT
BI
CN
NO
VCO
VC
PIE
6,9
13,9
7,1
6,2
4,7
2,6
9,9
12,9
7,6
Numero
affidati
8,0
10,6
5,5
1,5
9,3
9,9
5,4
4,3
8,0
Famiglie
produttrici
Importo
unitario
6,7
0,2
0,1
6,5
7,8
3,4
4,6
8,5
5,0
Numero
affidati
9,0
13,4
5,6
4,3
8,5
11,0
8,1
7,0
9,2
Attività
industriali
Importo
unitario
6,9
2,3
3,0
-8,9
-0,2
-3,6
-12,3
2,2
0,9
Numero
affidati
6,9
5,6
9,6
5,7
12,0
12,1
12,4
5,0
7,8
Servizi
Importo
unitario
8,8
6,1
7,8
13,2
14,4
6,5
12,0
-3,6
8,9
Costruzioni
Numero
affidati
9,9
12,3
10,0
5,7
14,8
13,3
18,1
20,7
11,3
Importo
unitario
23,7
-4,6
2,7
5,1
34,1
0,4
-7,4
-19,3
11,5
Numero
affidati
16,0
23,0
17,6
15,8
22,1
14,5
8,0
13,6
16,8
Nota: Famiglie consumatrici, istituzioni soc. private e dati non classificabili. Famiglie produttrici (Totale ATECO al netto sez. U).
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
Tra le famiglie produttrici (cioè società e quasi società con meno di 5 addetti) l’importo unitario in
sofferenza aumenta più che a livello regionale nelle province di Torino (6,7%), Biella (6,5%),
Cuneo (7,8%) e Vercelli (8,5%); il numero di affidati supera la soglia regionale solo nei casi di
Alessandria (13,4%) e Novara (11,0%). Adottando una prospettiva regionale, tra le società non
finanziarie, quelle impegnate nel settore delle costruzioni mostrano le percentuali di aumento
maggiori sia dell’importo unitario (11,5%) sia del numero di affidati (16,8%): in questo stesso
comparto Alessandria, Asti e Cuneo registrano percentuali di aumento notevolmente superiori a
quelle regionali nel numero di affidati, mentre Torino e Cuneo superano notevolmente il dato
regionale per quanto riguarda l’importo unitario. Nel settore dei servizi si possono segnalare le
percentuali di Biella, Cuneo e del Verbano-Cusio-Ossola per gli importi unitari e quelle di
Alessandria, Cuneo, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli per il numero di affidati. Per le
attività propriamente industriali Torino, Alessandria Asti e Vercelli superano la tendenza regionale
- 20 -
per gli importi unitari, mentre Asti, Cuneo, Novara e Verbano-Cusio-Ossola si distinguono per
l’andamento del numero degli affidati con problemi di solvibilità. Da notare infine che lo stesso
settore delle attività industriali conta il maggior numero di province che registrano una tendenza alla
diminuzione degli importi unitari in sofferenza (Biella, Cuneo, Novara, Verbano-Cusio-Ossola). A
livello regionale l’aumento tendenziale minore si registra proprio negli importi unitari in sofferenza
nelle attività industriali. Le altre percentuali negative si notano negli importi unitari dei servizi
(Vercelli) e delle costruzioni (Alessandria, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli).
3. Il costo e la remunerazione del credito
L’andamento dei tassi di interesse rientra tra le variabili che gli agenti nel mercato del credito
prendono in considerazione per formulare le decisioni in merito all’impiego o alla richiesta di fondi.
Per quanto riguarda la categoria dei finanziamenti per cassa concessi alle attività produttive, il
Piemonte è, insieme alla Valle d’Aosta, la regione del Nord-Italia nella quale si registra il tasso di
interesse più elevato a carico dei finanziamenti a medio-lungo termine (oltre 5 anni), mentre per le
altre categorie di durata considerate, la situazione piemontese è sostanzialmente in linea con l’area
settentrionale del Paese. Le percentuali riportate nella tabella 13 confermano comunque che i
finanziamenti per cassa in Piemonte sono concessi a tassi identici o superiori a quelli registrati in
regioni simili, nella macroripartizione Nord-Ovest o a livello nazionale per tutte le categorie di
durata. Il credito a breve e a lungo termine si conferma quindi costoso in Piemonte.
Tabella 13 – Tasso di interesse dei finanziamenti per cassa al settore produttivo secondo la
durata (valori percentuali, 2011).
Fino a 1 anno
Piemonte
Lombardia
Veneto
Nord - Ovest
Italia
Da 1 a 5 anni
3,9
3,7
3,8
3,7
3,9
Oltre 5 anni
3,7
2,9
3,7
3,0
3,3
5,1
4,3
4,4
4,4
4,8
Nota: Media dei quattro trimestri.
Fonte: Istat.
Ulteriori utili indicazioni riguardanti i saggi di interesse possono essere formulate esaminando
l’andamento del differenziale tra i tassi attivi effettivi applicati dalle banche sui finanziamenti per
cassa (rischi a revoca) concessi alle attività produttive e il contemporaneo valore del tasso Euribor a
tre mesi, il quale costituisce un indicatore del costo della raccolta bancaria (per lo meno della
raccolta “derivata” sul mercato interbancario). La figura 8 permette di individuare anzitutto un
“corridoio” definito da un lato dalla provincia di Verbano-Cusio-Ossola, nella quale il differenziale
risulta sempre più elevato che nelle altre province (10,6% la differenza a dicembre 2012), e
dall’altro dalla provincia di Cuneo, per la quale invece i tassi attivi applicati sono sempre più vicini
- 21 -
all’Euribor (6,7% la differenza a dicembre 2012). Quest’ultima provincia è anche quella che
presenta un divario percentuale inferiore al Piemonte e al Nord-Ovest. Solo Torino scende al di
sotto del livello della macroripartizione a dicembre 2012 e segue da vicino la dinamica regionale. Si
tratta di una situazione sostanzialmente immutata rispetto a quella individuata nella nota
congiunturale di novembre 2012. È poi interessante notare che dal terzo trimestre 2011 il
differenziale comincia ad ampliarsi ovunque, probabilmente in coincidenza con le incertezze
riguardanti i conti pubblici e la sostenibilità del debito pubblico in Italia. Da notare invece
l’andamento nella provincia di Biella con un picco raggiunto a marzo 2012 ed una eccezionale
tendenza alla diminuzione nei mesi successivi.
Figura 8 – Differenziale tra i tassi attivi effettivi-rischi a revoca su fin. per cassa a società non
finanziarie e famiglie produttrici ed Euribor a tre mesi (valori percentuali).
12
11
10
9
8
7
6
5
4
dic-08 mar-09 giu-09 set-09 dic-09 mar-10 giu-10 set-10 dic-10 mar-11 giu-11 set-11 dic-11 mar-12 giu-12 set-12 dic-12
Torino
Piemonte
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
VCO
Vercelli
Nord-Ovest
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica e Banca centrale finlandese.
L’ampliamento di questo differenziale è coerente con una diminuzione del livello di credito,
riconducibile al deterioramento del rischio di credito degli affidati e/o ad una restrizione delle
condizioni di offerta da parte delle banche, e alla contemporanea diminuzione della domanda di
credito delle imprese, dovuta all’aumento del costo-opportunità connesso al finanziamento bancario.
Il divario crescente tra i tassi applicati e il costo (approssimato) della raccolta sottende altresì un
aumento dei margini di profitto delle banche sui prestiti in essere. Il costo-opportunità dei prestiti
effettuati dalle banche è ben rappresentato poi dal differenziale calcolato tra i tassi attivi effettivi
- 22 -
applicati (rischi a revoca) e il contemporaneo rendimento medio di un paniere formato da titoli di
stato italiani, così come calcolato dalla Banca d’Italia (“Rendistato”). 8 Tale differenza è anche
un’utile approssimazione del premio al rischio. 9 Come si vede nel grafico riportato nella figura 9,
dopo una lenta tendenza alla diminuzione del differenziale, a partire da dicembre 2011 il divario
comincia ad ampliarsi, forse soprattutto a causa del maggior rischio percepito dai prestatori, per poi
tornare a diminuire, sebbene senza raggiungere i livelli precedenti. Da notare di nuovo le
particolarità già evidenziate a proposito delle province di Verbano-Cusio-Ossola, Cuneo e Biella.
Figura 9 – Differenziale tra i tassi attivi effettivi-rischi a revoca su fin. per cassa a società non
finanziarie e famiglie produttrici e Rendistato (valori percentuali).
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
dic-08 mar-09 giu-09 set-09 dic-09 mar-10 giu-10 set-10 dic-10 mar-11 giu-11 set-11 dic-11 mar-12 giu-12 set-12 dic-12
Torino
Novara
Piemonte
VCO
Alessandria
Vercelli
Asti
Nord-Ovest
Biella
Cuneo
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
Per quanto riguarda la situazione dei finanziamenti alle famiglie consumatrici, si nota subito che
l’andamento del differenziale con l’Euribor (Figura 10) risulta meno disperso a livello delle singole
province rispetto a quello relativo a società e famiglie produttrici, si passa infatti da una differenza
del 6,1% per Asti (dicembre 2012) ad una pari al 3,7% per Novara, con aree quasi equamente divise
tra valori superiori (Asti, Vercelli, Cuneo, Alessandria, Torino) e valori inferiori (Biella, VerbanoCusio-Ossola, Novara) al livello regionale e del Nord-Ovest. Asti, Alessandria, Biella e Novara si
8
“Il paniere su cui si calcola il Rendistato è composto da tutti i Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) quotati sul MOT e
aventi vita residua superiore ad un anno. Sono esclusi i BTP indicizzati all’inflazione dell’area euro.” Da Il rendimento
medio dei titoli pubblici. Guida informativa. Banca d’Italia, pag. 5.
9
Una migliore misura di questa grandezza si otterrebbe esaminando il differenziale con titoli di stato associati ad un
minore rischio di default quali i Bund decennali emessi dalla Repubblica federale tedesca.
- 23 -
distinguono poi per un andamento decrescente alla fine del 2012. Anche in questo caso si registra
una tendenza generalizzata all’aumento del differenziale tra il terzo ed il quarto trimestre del 2011,
particolarmente evidente nei casi di Asti, Vercelli, Cuneo e Torino ma anche a livello regionale e
della macroripartizione nord-occidentale. Dunque anche il credito concesso dalle banche alle
famiglie consumatrici tende a diventare più costoso con un contemporaneo aumento dei margini di
profitto a favore delle banche sui finanziamenti in essere.
Figura 10 – Differenziale tra i tassi attivi effettivi-rischi a revoca su fin. per cassa a famiglie
consumatrici ed Euribor a tre mesi (valori percentuali).
7,0
6,5
6,0
5,5
5,0
4,5
4,0
3,5
3,0
dic-08 mar-09 giu-09 set-09 dic-09 mar-10 giu-10 set-10 dic-10 mar-11 giu-11 set-11 dic-11 mar-12 giu-12 set-12 dic-12
Torino
Novara
Piemonte
VCO
Alessandria
Vercelli
Asti
Nord-Ovest
Biella
Cuneo
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
Ancora più stretto è il corridoio definito dalle province piemontesi con riguardo all’andamento del
differenziale con il Rendistato (Figura 10). 10 A dicembre 2012 l’estremo superiore è definito dalla
provincia di Asti (2,6% la differenza), mentre l’estremo inferiore è rappresentato dalla provincia di
Novara (0,2%). In questo caso la tendenza alla diminuzione a partire dalla fine del 2008 è ancora
più evidente rispetto agli altri casi finora considerati. Questo andamento decrescente si interrompe
tra la fine del 2011 ed il marzo 2012 per poi diminuire e tornare a crescere nuovamente dopo la
metà del 2012. L’aumento del differenziale è indice di un crescente costo-opportunità dei prestiti
concessi alle famiglie consumatrici da parte delle banche. Da notare poi che nei casi di Asti, Biella,
Verbano-Cusio-Ossola e Novara, oltreché Piemonte e Nord-Ovest, nel terzo trimestre 2011 e di
10
Probabilmente a causa di un rischio percepito come inferiore rispetto al caso dei prestiti concessi alle attività
produttive.
- 24 -
Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Nord-Ovest nel secondo trimestre 2012 il costoopportunità per le banche diventa negativo: in altri termini risultava allora più remunerativo per le
banche l’investimento in un paniere di titoli di stato piuttosto che la concessione di finanziamenti
alle famiglie consumatrici. A fine 2012 il differenziale torna su valori positivi in tutte le aree
considerate.
Figura 10 – Differenziale tra i tassi attivi effettivi-rischi a revoca su fin. per cassa a famiglie
consumatrici e Rendistato (valori percentuali).
6,0
5,5
5,0
4,5
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
-0,5
-1,0
-1,5
-2,0
dic-08 mar-09 giu-09 set-09 dic-09 mar-10 giu-10 set-10 dic-10 mar-11 giu-11 set-11 dic-11 mar-12 giu-12 set-12 dic-12
Torino
Novara
Piemonte
VCO
Alessandria
Vercelli
Asti
Nord-Ovest
Biella
Cuneo
Fonte: elaborazione su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
4. Alcuni aspetti del comparto bancario locale
Un esame sommario di alcuni indicatori di carattere strutturale relativi al comparto locale delle
aziende di credito permette di concludere che la recessione ha colpito anche il settore bancario nella
sua componente più propriamente industriale (dipendenti e strutture della produzione).
Tabella 14 – Gli sportelli bancari per provincia (IV trimestre 2012).
Var. % 2012/2011
Torino
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
VCO
Vercelli
Piemonte
Var. % 2012/2008
-1,4
-5,2
0,0
-2,2
-0,8
-1,9
-3,3
-0,7
-1,7
-3,3
-3,6
2,5
-1,5
1,2
-3,2
-4,4
-1,5
-2,0
Nota: *La var. max è calcolata con riferimento al valore massimo raggiunto nel periodo 31/03/2008-31/12/2012.
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
- 25 -
Var. % max*
-3,6
-5,2
0,0
-2,2
-0,8
-3,6
-5,4
-2,2
-2,3
La struttura dei servizi bancari, pur ancora capillare in Piemonte, sembra infatti essere sottoposta ad
un progressivo ridimensionamento verosimilmente finalizzato alla riduzione dei costi operativi.
Nell’ultimo anno il numero degli sportelli bancari ad esempio diminuisce un po’ in tutte le province
(Tabella 14), con variazioni tendenziali che vanno dal -5,2% di Alessandria allo 0,0% di Asti,
quando a anche livello regionale si registra una diminuzione dell’1,7%. Percentuali peggiori
(eccetto per Asti e Cuneo) si ottengono considerando la variazione intercorsa tra il 2012 e il 2008, e,
ovviamente, quella con il numero massimo di sportelli registrato nello stesso periodo. Quest’ultimo
indicatore rivela che nella maggior parte dei casi il numero massimo di sportelli aperti si è raggiunto
proprio tra il 2008 e il 2009, in coincidenza con la (prima) fase acuta della recessione, per poi
scendere o stabilizzarsi. Quest’ultima osservazione si può replicare anche nel caso del numero dei
bancomat (ATM) attivi e per i quali, ad eccezione delle province di Torino, Asti e Novara, si
registra una diminuzione tendenziale tra il 15,7% nel caso di Verbano-Cusio-Ossola e il 2,8% di
Vercelli (Tabella 15). A livello regionale invece si raggiunge una percentuale positiva pari allo
0,8%.
Tabella 15 – Bancomat (ATM) attivi per provincia.
Var. % 2012/2011
Torino
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
VCO
Vercelli
Piemonte
Var. % max*
1,2
-3,4
0,6
-6,7
0,0
18,6
-15,7
-2,8
0,8
0,0
-5,8
-7,3
-11,1
-18,6
0,0
-18,1
-17,5
-1,4
Nota: *La var. max è calcolata con riferimento al valore massimo raggiunto nel periodo 31/12/2004-31/12/2012.
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
Il processo di aggiustamento strutturale conseguenza della recessione in atto nel settore bancario è
stato evidenziato già nella nota congiunturale di maggio 2012 e risulta nuovamente evidente nei dati
relativi al numero di dipendenti (Tabella 16). Il settore continua ad espellere lavoratori un po’ in
tutte le province piemontesi (con la notevole eccezione del Verbano-Cusio-Ossola): Novara con un
-34,7% e Cuneo con un -0,1% sono gli estremi negativi di questa tendenza. 11 La provincia di Biella
segna invece una percentuale poco sopra lo zero (0,3%). Il Piemonte raggiunge una percentuale
tendenziale negativa rispetto 2011 e pari al 4,3%. In base alla percentuale media annuale di
dipendenti espulsi, calcolata tra il 2008 e il 2012, la situazione provinciale peggiore (esclusa
Novara) è quella del capoluogo regionale che in media ha sperimentato ogni anno una diminuzione
11
La nota congiunturale di maggio 2012 solleva perplessità circa l’attendibilità del dato relativo alla provincia di
Novara e, vista la percentuale notevole, anche in questa occasione si ribadiscono i medesimi dubbi.
- 26 -
del 9,6% nel numero di dipendenti bancari, quando a livello regionale si calcola una percentuale
media negativa pari all’8,1%. Questo scenario medio è confermato anche dal semplice confronto tra
la situazione alla fine del 2012 e quella di quattro anni prima (Figura 11): alla fine dello scorso anno
in Piemonte il numero dei dipendenti bancari era diminuito del 28,6% rispetto ai livelli del 2008 e a
Torino la medesima percentuale arriva ad un -33,2%, unico risultato peggiore rispetto a quello
regionale (esclusa Novara). Come si vede il peggioramento non è tuttavia generalizzabile a tutte le
province piemontesi dato che Vercelli, Verbano-Cusio-Ossola e Biella registrano invece notevoli
variazioni positive (26,6%, 8,4% e 6,8% rispettivamente).
Tabella 16 – Andamento del numero di dipendenti bancari per provincia.
Var. % 2012/2011
Torino
Alessandria
Asti
Biella
Cuneo
Novara
VCO
Vercelli
Piemonte
Var. media annuale 2008-2012
-2,9
-7,0
-10,1
0,3
-0,1
-34,7
48,2
-2,7
-4,3
-9,6
-0,7
-0,9
1,7
-2,1
-24,3
2,0
6,1
-8,1
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
Figura 11 – Variazione del numero di dipendenti bancari rispetto al 31/12/2008.
Piemonte
-28,6
Vercelli
26,6
VCO
8,4
Novara
-67,2
Cuneo
-8,0
Biella
6,8
Asti
-3,5
Alessandria
-2,8
Torino
-33,2
-80
-60
-40
-20
Fonte: elaborazioni su dati Banca d’Italia, Base Informativa Pubblica.
- 27 -
0
20
40
Conclusioni. Nonostante la crisi, è possibile migliorare l’accesso al credito?
La crisi economica si è trasmessa alle imprese principalmente attraverso tre canali: una forte
contrazione dei ricavi, l’allungamento dei tempi di pagamento tra le imprese e da parte delle
pubbliche amministrazioni, la stretta sul credito operata dagli istituti finanziari (Banca d’Italia (a),
ISTAT, 2013). Il rallentamento delle esportazioni avvenuto a partire dagli ultimi mesi del 2011 in
Piemonte, ha contribuito a determinare, per molte imprese, un peggioramento delle condizioni di
operatività e finanziarie.
In seguito all’indebolimento delle prestazioni è peggiorata la qualità della domanda di finanziamenti
esterni delle imprese. Il fabbisogno si è focalizzato di più sulle esigenze di capitale circolante che su
quelle legate all’accumulazione del capitale fisico. Le banche, interessate dai problemi di scarsa
capitalizzazione, hanno respinto con maggior frequenza le richieste di finanziamento provenienti da
aziende con bilanci meno equilibrati. (Banca d’Italia 2012 a), ISTAT, 2013). Si tratta di un
comportamento economico atteso, tuttavia gli esperti non sempre lo ritengono razionale, in quanto,
“in presenza di imprese fragili e molto indebitate con le banche, gli intermediari potrebbero essere
indotti a rinnovare il proprio sostegno finanziario per evitare le perdite patrimoniali connesse con i
fallimenti; eventuali difficoltà di accesso al credito da parte di tali imprese potrebbero infatti avere
effetti non trascurabili sulla stabilità finanziaria delle stesse banche finanziatrici” (Albereto, Finaldi
Russo, pag. 21 – 22, 2012) . D’altra parte, appare razionale che l’attività di prestito, e in particolare
l’utilizzo dell’informazione in tale attività, siano state influenzate dall’accresciuta incertezza del
quadro congiunturale. Alcune tendenze, riguardanti l’utilizzo dei rating e un più marcato
orientamento del processo di lending verso l’informazione codificata, insieme a politiche volte ad
accentrare le decisioni in capo alle sedi centrali, hanno registrato un’accelerazione (Del Prete S.,
Pagnini M., Rossi P., Vacca V., 2013).
Le scelte di razionamento delle banche si sono basate soprattutto sulla valutazione di indicatori di
bilancio mentre gli indicatori alternativi relativi alle prospettive di sviluppo delle aziende sono stati
trascurati. La contrazione del credito ha tuttavia messo in mostra la presenza di un rilevante
irrigidimento dell’offerta da parte delle banche solo in parte riconducibile al peggioramento delle
condizioni finanziarie della clientela; rispetto agli anni immediatamente precedenti, infatti, è
cresciuta in modo considerevole la quota di nuovi finanziamenti negati alle aziende (Albereto,
Finaldi Russo, 2012, Confcommercio, 2012, Ferrando, Griesshaber, 2011, BANCA D’ITALIA,
2013, ISTAT, 2012, 2013.). Gli studi econometrici indicano che la presenza di condizioni di
bilancio deboli si è associata a una probabilità di razionamento del credito molto più elevata della
- 28 -
media, sia prima che durante la crisi; mentre le imprese con adeguate prospettive di crescita –
ritenute tali dagli intermediari finanziari soprattutto sulla base di indicatori di bilancio – hanno
potuto accedere al credito con relativa facilità soprattutto nella fase pre-crisi. Durante gli anni di
crisi, però, il razionamento del credito ha riguardato praticamente la gran parte delle imprese,
risultando meno legato alle prospettive di sviluppo dell’azienda (Albereto, Finaldi Russo, 2012).
Una maggiore selettività delle banche nel concedere prestiti alle imprese si pone come indice di
corretto funzionamento del mercato creditizio in presenza di un deterioramento della profittabilità e
del merito di credito delle imprese; diviene invece un indice di credit crunch quando tale selettività
investe imprese economicamente “sane” (ISTAT, 2012, 2013). A tale proposito, le risultanze di una
recente indagine realizzata dall’ISTAT, condotta su un campione di imprese “solide” e “in
difficoltà” allo scopo di verificare in che misura la maggiore selettività delle banche nel concedere
prestiti investa il primo gruppo di imprese, mostra seri indizi di credit crunch tra la fine del 2011 e
il primo trimestre 2012. In generale, è stato rilevato come la “solidità” dell’impresa abbia un ruolo
significativamente autonomo nel ridurre la probabilità di non ottenere il credito richiesto
indipendentemente dalla dimensione dell’impresa; nei settori manifatturieri e dei servizi la
penalizzazione dovuta alla dimensione non è pienamente compensata dall’essere in buone
condizioni economiche (ISTAT, 2012).
Peraltro, l’accesso al credito nei sistemi economico-produttivi dei principali Paesi europei è ormai
un fenomeno rilevante anche per le piccole imprese e le imprese artigiane. In uno studio condotto
negli anni pre-crisi sulle esperienze realizzate in Francia e in Germania, si è notato come, pur nel
contesto generale in cui le imprese riescono tendenzialmente ad auto-finanziarsi, il ruolo del
finanziamento esterno ha avuto una decisa crescita a partire dagli anni 2000, con tassi di accesso al
credito largamente superiori a quelli rilevati in Italia (Regione Piemonte, 2008). In base ai dati
rilevati, infatti, sono le imprese francesi a fare maggiore ricorso a fonti di finanziamento esterne
(più dei 2/3 di esse, che prediligono soprattutto un utilizzo “misto” di finanziamenti a breve periodo
e medio - lungo periodo). Nel caso tedesco, invece, un’impresa su due fa ricorso a fonti di
finanziamento esterne, ma la percentuale che tende a crescere significativamente all’aumentare del
fatturato dell’impresa (Regione Piemonte, 2008).
Le difficoltà di accesso al credito da parte delle Pmi
Oggi oltre il 60% della valutazione del merito creditizio di un’impresa di piccole dimensioni (al di
sotto dei 10 dipendenti) non si basa su dati economico-finanziari ma principalmente sulla storia
creditizia dell’impresa stessa e del suo legale rappresentante (Crif – Nomisma, 2011). Tale prassi si
pone come anomalia italiana nel contesto dell’Unione Europea.
- 29 -
Le difficoltà riguardano anche il costo dei finanziamenti: stando a quanto riportano le statistiche
della Banca Centrale Europea (BCE), per crediti fino a un milione di euro, da restituire all'interno di
un piano di ammortamento compreso tra uno e 5 anni, a luglio 2012 le aziende italiane dovevano
pagare circa il 6,24%, quelle tedesche solo il 4,04%112 . Dal confronto tra Italia ed altri Paesi
europei emergono inoltre ulteriori svantaggi per le pmi italiane, specie per quelle costituite
prevalentemente da donne. In base a recenti studi effettuati sui seguenti temi, “The access to credit
by female enterprises: Evidence from a survey on European SMEs” e “Do women pay more for
credit? Evidence from Italy”, si è visto come nel nostro Paese esistano infatti differenze strutturali
tra imprese maschili e femminili, in modo particolare per quanto riguarda le relazioni con il sistema
finanziario sia dal lato della domanda sia dal lato dell’offerta (Banca d’Italia, 2012, b).
In genere le imprese femminili tendono a non richiedere credito e a subire un rifiuto più spesso.
Tuttavia, quando il credito viene concesso, il tasso di interesse è più alto e più spesso vengono
richieste garanzie. Inoltre, si è osservato come tale discriminazione raggiunga livelli più alti nei
settori caratterizzati da una bassa concentrazione di imprese femminili. Durante la crisi economica,
poi, la riduzione del credito è più forte per le imprese femminili (Banca d’Italia, 2012, b).
Negli ultimi anni, infine, si confermano alcuni recenti risultati sulla rilevanza, nel nostro Paese,
delle relazioni di clientela nel preservare le imprese dall’irrigidimento dell’offerta del credito (De
Mitri et al. 2010). Uno dei principali risultati di tali analisi riguarda l’influenza delle caratteristiche
delle relazioni bancarie sull’accesso al credito. Durante il periodo di crisi la protezione finanziaria
delle imprese è stata infatti maggiore da parte delle banche più coinvolte nel loro finanziamento,
soprattutto se di piccole dimensioni (Albereto, Finaldi Russo, 2012).
Le fonti informative alternative e non tradizionali.
E’ dunque necessario che banche e imprese attivino nuove forme di sintonia e collaborazione, allo
scopo di continuare a sostenere l’attività e gli investimenti delle imprese, evitando un cortocircuito
del ciclo del credito.
Fonti informative alternative e non tradizionali nel processo valutativo, anche nei confronti dei
piccoli operatori economici, possono generare benefici in particolare in due aree (Crif –nomisma,
2011):
• inclusione creditizia: soprattutto per quanto riguarda le neo imprese e le aziende non in possesso
di dati di referenziazione creditizia, bilanci o altre credenziali di accreditamento da presentare agli
Istituti di credito;
12
1Repubblica,
Economia e Finanza, L'Europa va a due velocità anche nei crediti alle imprese, 4 settembre 2012
- 30 -
• affinamento della valutazione: per le imprese che pur ottenendo credito possono beneficiare di
un’ulteriore e più puntuale valutazione basata su dati non strettamente connessi al credito.
In particolare, tali fonti alternative potrebbero consentire di valutare il merito di credito anche
considerando le scelte gestionali delle imprese mirate ad accrescere le capacità competitive e a
migliorare le prospettive di sviluppo (ad esempio, spese in ricerca e sviluppo, spese per marchi o
brevetti, innovazioni organizzative, di prodotto o di processo). In base ad alcuni studi, le banche in
diversi casi si avvalgono già di ulteriori fonti informative nel processo valutativo delle piccole
imprese, facendo ricorso ai dati di pagamento delle utenze dell’acqua e alle informazioni
commerciali, specie con riferimento alle performance di pagamento di un’impresa verso i propri
fornitori (Criff – Nomisma 2011).
Il problema del razionamento del credito chiama in causa anche l’azione delle pubbliche
amministrazioni. Nell’attuale fase di crisi le policy tentano di facilitare l’accesso al credito delle
imprese captando ingenti risorse pubbliche. Ciò avviene soprattutto attraverso il coinvolgimento dei
Confidi che agiscono come grandi catalizzatori di aiuti di Stato. Un recente studio (Gruppo Impresa,
Unicredit, Fondazione Rosselli) evidenzia che nel decennio 2003-2012 le Amministrazioni
regionali hanno attivato 245 regimi di aiuto per un valore di 2,6 miliardi di euro (esclusi interventi
cofinanziati dallo Stato).
Vi è però la necessità di monitorare adeguatamente la fase di selezione delle imprese da finanziare,
stimolando l’adozione, da parte delle banche, di comportamenti virtuosi. Quando accade che gli
interventi pubblici vengano attuati tramite intermediari, come banche e confidi, questi enti
divengono arbitri del rischio per le risorse pubbliche pur essendo titolari di interessi propri che non
sempre corrispondono alle aspettative e agli interessi pubblici (Vescina, 2013). Proprio al fine di
ridurre le asimmetrie informative nelle relazioni credito-imprese-sviluppo, la P.A. è chiamata a
sviluppare capacità di monitoraggio/valutazione sulla qualità delle scelte allocative degli
intermediari nonché sugli effetti quantitativi del trasferimento dei benefici dal soggetto pubblico
all’impresa, cioè al beneficiario ultimo dell’intervento. In sostanza, le Pa dovrebbero garantire che
le risorse dei cittadini vengano indirizzate soprattutto (o a migliori condizioni) verso gli
intermediari che più di altri contribuiscono a rendere bancabili le imprese meritevoli ma opache,
trasferendo a queste i benefici pubblici (Vescina, 2013).
Un tema, quello del credito alle imprese, che è sempre più pressante anche in Piemonte a causa, da
un lato, della scarsa patrimonializzazione delle imprese, dall’altro, dei vincoli di Basilea a cui sono
sottoposte le banche stesse. Una questione a cui la dimensione regionale non può dare risposte
risolutive e di sistema, anche se può operare (soprattutto in occasione della definizione del nuovo
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Programma operativo regionale per il 2014 – 2020) sia per aumentare il numero delle imprese che
investono se assistite da garanzia, sia per favorire le imprese nella fase iniziale del loro sviluppo,
quando l’accesso al credito è più difficoltoso. Puntando con forza sul potenziamento di due
tipologie di strumenti: fondi rotativi di finanza agevolata, sostegno allo start up e allo sviluppo delle
imprese.
Il problema del razionamento del credito può essere affrontato con misure concrete e di successo
anche a partire dall’azione delle istituzioni centrali. Come è accaduto in Inghilterra, dove, nel
tentativo di ridurre gli effetti della stretta creditizia nel Paese, infatti, la Bank of England (BoE) e il
Ministero del Tesoro inglese hanno introdotto un Fondo denominato "FLS" , con l'obiettivo di
concedere alle banche Inglesi la necessaria liquidità per erogare nuovi e convenienti prestiti a
famiglie e imprese.
Il modello di funzionamento del Fondo FLS è operativo dal 1 Agosto 2012 e consiste in speciali
plafond attraverso i quali le Banche concedono maggiori prestiti a favore di famiglie e imprese. In
cambio, questi Istituti possono accedere a dei contro-finanziamenti a basso costo garantiti dal nuovo
fondo della BoE.
L'utilizzo dell'Fls permette alle banche di sostituire i finanziamenti più costosi con risorse più
economiche della BoE, ma solo a condizione che questi fondi verranno utilizzati per erogare prestiti
a banche e imprese. Per quanto riguarda le garanzie collaterali, le banche potranno ottenere la nuova
liquidità portando in garanzia un'ampia serie di asset, inclusi i portafogli di prestiti a famiglie e
imprese, o titoli di stato a breve. Gli istituti che mantengono invariati o aumentano i prestiti,
pagheranno lo 0,25% sull'ammontare ricevuto alla BoE, mentre le banche che diminuiscono il
credito erogato dovranno far fronte a commissioni maggiori, fino all'1,5%.
Anche l’Unione Europea ha recentemente promosso iniziative sulla scarsa offerta del credito.
Il 6 giugno 2013 il gruppo “Attività diverse” del Comitato economico e sociale europeo ha tenuto
un convegno inteso a proporre soluzioni per spezzare il circolo vizioso che attualmente impedisce di
avviare, far funzionare e far crescere un'impresa e che impedisce ai consumatori di risparmiare in
modo sicuro e produttivo. Si è preso atto che una vasta gamma di soggetti interessati (PMI,
consumatori, famiglie, istituzioni finanziarie alternative, libere professioni, cooperative e
organizzazioni per la tutela dell'interesse pubblico) hanno le stesse esigenze: “più trasparenza, più
assistenza da parte delle organizzazioni settoriali per fare le giuste scelte d'investimento, più
istruzione, nuove modalità di interazione con le istituzioni finanziarie quando si chiedono prestiti,
nuovi modi di ottenere crediti e garanzie, nuovi modi di investire i risparmi aiutando allo stesso
tempo la società a crescere e preservare l'ambiente” (Comitato economico e sociale europeo, 2013).
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Numerose sono state le buone pratiche evidenziate allo scopo di promuovere l’accesso al credito per
ripristinare la fiducia dei mercati e delle istituzioni finanziarie: fondi comuni di garanzia, project
bond, incentivi fiscali, valutazione del merito creditizio personalizzate, educazione finanziaria e
fondi di investimento sostenibili.
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Riferimenti
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