ANALISI DELL’INSTALLAZIONE DI PALI A SPOSTAMENTO DI TERRENO CON IL METODO AGLI ELEMENTI DISCRETI Francesca Valentino, Alessandro Mandolini Dipartimento di Ingegneria Civile, Design, Edilizia e Ambiente - Seconda Università di Napoli [email protected], [email protected] Francesco Calvetti Dipartimento di Ingegneria Strutturale – Politecnico di Milano [email protected] Sommario È ben noto che l’installazione di pali di fondazione modifica significativamente le proprietà del terreno circostante il palo, influenzandone quindi il comportamento durante la fase di carico. Questo è particolarmente vero con riferimento a pali caricati assialmente, in quanto la resistenza laterale e la resistenza alla base del palo dipendono principalmente dalle proprietà assunte dal terreno posto nelle sue immediate vicinanze. In questa nota si illustrano alcuni risultati di analisi numeriche relative all’installazione di pali a spostamento in terreni granulari. Le analisi sono state svolte con il Metodo agli Elementi Discreti, implementato nel software di calcolo Particle Flow Code 3D (Itasca); vista la dimensione del problema da studiare, sono stati condotti numerosi studi preliminari finalizzati al raggiungimento di un ragionevole equilibrio tra oneri computazionali e accuratezza della soluzione. 1. Introduzione Il comportamento del complesso palo-terreno è fortemente dipendente dalla combinazione tra la natura dei terreni attraversati (per i terreni granulari: granulometria, stato di addensamento e stato tensionale) e la tecnologia di esecuzione dei pali (pali ad asportazione di terreno, PAT; pali a spostamento di terreno, PST). Le numerose ricerche condotte sull’argomento hanno chiaramente evidenziato che le modifiche prodotte nel terreno dalla specifica tecnologia esecutiva sono tanto più marcate quanto maggiore è la propensione del terreno a subire deformazioni volumetriche nel corso dell’installazione. Il problema è estremamente complesso e, dal punto di vista delle pratiche applicazioni, ha portato allo sviluppo di numerosi metodi di progetto di natura empirica o semi-empirica elaborati sulla base di dati sperimentali raccolti durante prove di carico spinte fino a rottura. Questo modo di procedere, certamente utile dal punto di vista applicativo, chiaramente non consente una attenta disamina dei meccanismi tensio-deformativi che si determinano nel terreno durante l’installazione dei pali. A questo scopo sono state eseguite analisi 3D con un modello agli elementi distinti DEM, implementato nel software di calcolo Particle Flow Code 3D (PFC3D, ITASCA), con le quali si è simulato il processo di installazione di un palo tubolare in acciaio a punta chiusa infisso in un terreno granulare. La scelta di ricorrere ad un modello DEM è dovuta alla considerazione che, attesa la sua natura particellare, questo sia lo strumento più adeguato per riprodurre in maniera realistica un processo a geometria variabile nel corso del quale il terreno granulare subisce spostamenti molto elevati, aspetti particolarmente critici da trattare con i consueti modelli FEM. Prima di procedere nelle analisi di infissione dei pali, è stato necessario eseguire numerosi studi finalizzati a definire nel miglior modo possibile i parametri geometrici e meccanici del modello tali da ottenere soluzioni sufficientemente accurate. Incontro Annuale dei Ricercatori di Geotecnica 2013- IARG 2013 Perugia, 16-18 settembre 2013 2. Richiami di meccanica del discreto Con il Modello agli Elementi Discreti è possibile descrivere il terreno come un insieme di singoli elementi (particelle) in contatto tra loro e dotate di massa ed inerzia propria; esse possono avere diverse forme (dischi, sfere, ellissi, forme poligonali). Le particelle in contatto possono sovrapporsi con un grado di sovrapposizione piccolo rispetto al loro diametro (piccolezza degli spostamenti), mentre le deformazioni al di fuori dell’area di influenza del contatto vengono totalmente trascurate: per questo motivo le particelle vengono definite “rigide”. Gli spostamenti particellari sono definiti con una legge forza-spostamento: applicato il disturbo alla particella questa muta la sua posizione aggiornando il set di contatti; le forze di contatto cui essa è soggetta quindi variano e da questo scaturisce un nuovo spostamento, da cui discende un nuovo ciclo di calcolo. Le forze di contatto sono calcolate introducendo delle molle virtuali nei punti di contatto in direzione longitudinale e trasversale; l’equazione che definisce il legame forza-deformazione per ogni molla è definito “modello costitutivo del contatto”, le cui equazioni sono (Cundall & Strack, 1979): in cui KS e KN sono rispettivamente le rigidezze tangenziale e normale dei contatti, le quali sono funzione delle rigidezze delle singole particelle che formano il contatto stesso; ΔUS e ΔUN sono le sovrapposizioni nelle due direzioni. Definite le componenti fn ed fs delle forze di contatto come rapporto tra le forze normali e tangenziali e l’area di contatto, queste sono tra loro legate dal criterio di resistenza di Mohr-Coulomb, per cui si ha che , dove µ = tgφµ è il coefficiente di attrito inter-particellare. 3. Calibrazione del modello alla scala dell’elemento di volume Per la modellazione di un terreno granulare con il metodo agli elementi discreti, alla luce di quanto riportano nel paragrafo precedente, è necessario assegnare al “terreno DEM” opportune proprietà indice e di stato, quali forma delle particelle, curva granulometrica, rigidezze di contatto K S e KN, porosità n ed angolo di attrito interparticellare φµ. Considerando in primo luogo i singoli granelli, il PFC3D permette di conferire loro qualsivoglia forma il che rende possibile riprodurre la forma reale delle particelle in sito; tuttavia nei problemi ricorrenti è consueto considerare geometrie semplici, quali ad esempio le sfere, in quanto l’onere computazionale cresce al crescere del livello di particolarità delle forme scelte. Questa semplificazione dà chiaramente luogo ad una sottostima della resistenza a taglio dell’assemblaggio alla quale si ovvia bloccando parzialmente o totalmente la rotazione delle particelle stesse. Per quanto concerne la granulometria è possibile scegliere il grado di dettaglio con il quale riprodurre la curva granulometrica del laboratorio: se questa ha un rapporto d60/d10 (coefficiente di uniformità) prossimo all’unità, è ragionevole schematizzare la curva con un unico diametro; d’altro canto, maggiore è l’assortimento del terreno, invece, maggiore deve essere il grado di dettaglio con il quale riprodurre la curva affinché si abbia una granulometria del modello realistica. I parametri micromeccanici KN, KS e φµ del contatto non sono grandezze fisiche misurabili in laboratorio; è pertanto necessario procedere alla loro valutazione calibrando i risultati delle analisi rispetto ai risultati di prove di laboratorio. Attraverso una procedura per tentativi si può così giungere ad una determinazione dei parametri interparticellari a cui corrisponde un comportamento dell’elemento di volume (in termini di resistenza e rigidezza) sovrapponibile a quello sperimentalmente osservato. In Figura 3.1 si riportano, a titolo di esempio, le riproduzioni di analisi di calibrazione di prove triassiali DEM sulla sabbia densa di Hostun svolte da Calvetti (2003); il modello ha porosità n=0.42, diametro medio delle particelle d50=0.0003m e dimensioni 4.5 x 4.5 x 4.5 mm3: Valentino F., Calvetti F. e Mandolini A. 500 500 450 450 400 400 350 350 300 300 q (kPa) q (kPa) Incontro Annuale dei Ricercatori di Geotecnica 2013- IARG 2013 Perugia, 16-18 settembre 2013 250 200 200 µ=030 µ=035 150 250 α=0.50 α=0.25 150 α=0.125 µ=040 100 100 FC-µ=030 FC-µ=035 50 FC-α=0.50 FC-α=0.25 50 FC-µ=040 KN=200kN/m, α=0.5 FC-α=0.125 KN=100kN/m, µ=0.35 0 0 0.00 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08 e dev (-) 0.09 0.00 0.10 0.02 0.03 0.04 0.05 0.07 0.08 0.09 0.10 c) 0.010 0.000 0.000 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08 0.09 0.10 0.00 -0.010 -0.020 -0.020 evol(-) -0.010 -0.030 -0.040 µ=030 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 -0.040 µ=040 FC-µ=035 b) Figura 3.1. Calibrazione modello sabbia di Hostun e dev (-) 0.09 0.10 α=0.125 FC-α=0.5 -0.060 FC-µ=040 KN=200kN/m, α=0.5 0.08 α=0.25 -0.050 FC-µ=030 -0.060 0.07 α=0.5 µ=035 -0.050 0.06 evol(-) 0.00 -0.070 0.06 e dev (-) a) 0.010 -0.030 0.01 FC-α=0.25 KN=100kN/m, µ=0.35 -0.070 FC-α=0.125 e dev (-) d) Nei grafici a) e c) sono riportate le leggi di variazione del deviatore con le deformazioni assiali e in b) e d) le variazioni delle deformazioni assiali con quelle volumetriche, per diversi valori dell’angolo di attrito interparticellare e del rapporto α tra rigidezza normale e tangenziale del contatto; la rotazione delle particelle è stata posta nulla. Da questi si evince che, con riferimento al comportamento del campione in termini di resistenza, il valore ottimale del coefficiente di attrito, è µ=0.35 ossia φµ=19°. Tale valore è più basso di quello che ci si attende per una sabbia (φcv = 35° per la sabbia di Hostun); ciò è da attribuire al fatto che le analisi sono state condotte bloccando la rotazione dei grani. Per quanto concerne la variazione del rapporto tra le rigidezze, questo non influenza significativamente la resistenza né la rigidezza del terreno DEM. Infine, come atteso, a bassi livelli di deformazione la rigidezza del campione non dipende dagli specifici valori assunti per il coefficiente di attrito. 4. Calibrazione del modello alla scala dei problemi al finito Una volta calibrato il modello di terreno sulla scorta dei risultati di prove di laboratorio, il passo successivo è estendere tali risultati a problemi al finito. A tale scopo sono stati svolti due set di analisi, il primo con riferimento a prove CPT in camera di calibrazione, il secondo all’infissione di un palo, di cui a seguito i risultati sono sinteticamente riportati e commentati. 4.1 Prove CPT in camera di calibrazione virtuale L’infissione di un palo nel terreno dà luogo ad una risposta del modello discreto che dipende dai seguenti parametri geometrici e meccanici: laddove Dc ed Hc sono rispettivamente diametro ed altezza del contenitore, dp ed Lp il diametro e la lunghezza dell’oggetto intruso nel terreno, d50, KN, n e φµ i parametri micromeccanici del DEM. La dipendenza della risposta del palo in fase di installazione da fattori adimensionali fa sì che il Valentino F., Calvetti F. e Mandolini A. Incontro Annuale dei Ricercatori di Geotecnica 2013- IARG 2013 Perugia, 16-18 settembre 2013 problema possa essere studiato facendo riferimento a modelli in scala. Questo aspetto è fondamentale in relazione alla fattibilità delle analisi. Si pensi che infatti volendo anche solo riprodurre con il DEM una prova triassiale (di diametro della cella 38mm ed altezza della cella 76mm), considerando il d50 reale di una qualunque sabbia ed una porosità media, si avrebbero all’incirca 3 milioni di particelle, un numero impossibile da computare per qualsiasi macchina disponibile al momento. Ciò premesso, nel seguito sono presentati i risultati di alcune analisi svolte al fine di riprodurre i risultati di prove penetrometriche eseguite in camera di calibrazione da Arroyo et al. (2011). Le analisi riportate dagli Autori sono state in primo luogo riprodotte al fine di verificare il livello di padronanza dello strumento PFC3D per problemi di questo tipo. Il modello di terreno é costituito da particelle sferiche di dimensioni 50 volte superiori rispetto alle dimensioni reali (d50=0.56mm) e rigidezze di contatto elastiche lineari. Il diametro del cono è stato posto pari a npxd50 (con np=2.7), mentre quello della camera di calibrazione virtuale è pari a 1200mm, ovvero 17 volte il cono. A quest’ultimo è stata applicata una velocità di penetrazione di 10cm/s. I risultati riportati in Figura 4.1.1. si riferiscono a 4 prove, di cui 2 a densità relativa costante e diversi valori delle tensioni medie di confinamento, i rimanenti 2 a tensione media costante e densità relativa variabile. I valori della qc con la profondità sono maggiori di circa il 20% rispetto a quelli ottenuti dagli Autori; per quanto concerne l’andamento, invece, la resistenza alla punta cresce al crescere della densità relativa e del confinamento e, già a partire da modeste profondità i valori oscillano rispetto ad un valore medio praticamente costante con la profondità. Tali oscillazioni sono dovute al basso valore di np, per cui, per ottenere un valore limite della resistenza alla punta sono state tracciate delle funzioni interpolanti. qc (MPa) 10 qc (MPa) 5 10 0 15 5 15 0 20 0.00 0.10 0.10 0.10 0.20 0.20 0.20 0.30 0.30 0.30 z(m) 0.00 0.00 z(m) z(m) 0 0.40 0.40 0.40 0.50 0.50 0.50 qc (MPa) 10 15 5 20 25 qc=16MPa qc=9MPa qc=13MPa 0.60 0.60 0.60 Dr = 75.2% p0 = 60 kPa Dr = 75.2% p0 = 100 kPa qc,Jam=8.12MPa FV Arroyo et al. qc,Jam=14MPa 0.70 0.70 0.70 Dr = 90.7% p0 = 100 kPa qc,Jam=10MPa FV Arroyo et al. FV Arroyo et al. Figura 4.1.1. Risultati prove CPT in camera di calibrazione “virtuale” La qc,lim è stata poi moltiplicata per un coefficiente correttivo CF, suggerito da Jamiolkowski et al. (2003) per prove CPT in sabbie in camera di calibrazione che tiene conto di un eventuale effetto di bordo: , in cui a e b sono coefficienti che dipendono dalla densità relativa e dal rapporto Rd tra il diametro del contenitore e diametro del cono. Il confronto tra il valore corretto di qc,lim e quello calcolato dalla ben nota correlazione di Jamiolkowski et al. (2003) per sabbie in condizioni tensionali sferiche: è assolutamente soddisfacente. Pertanto è possibile asserire che il modello DEM è in grado di Valentino F., Calvetti F. e Mandolini A. Incontro Annuale dei Ricercatori di Geotecnica 2013- IARG 2013 Perugia, 16-18 settembre 2013 riprodurre con attendibilità i risultati delle prove CPT in camera di calibrazione. 4.2 Installazione di un palo Sulla scorta di quanto ottenuto con riferimento alla camera di calibrazione “virtuale”, si è proceduto, in primo luogo a modellare l’installazione di un palo in sito in cui i rapporti geometrici tra contenitore, palo e particelle siano quelli considerati dagli Autori di cui sopra. Tuttavia, se pensiamo alle dimensioni in gioco, si arguisce che il problema del palo è ben più complesso e che non è detto che detti rapporti valgano lo stesso per il modello di sito. Pertanto è necessario in prima istanza determinare le dimensioni geometriche ottimali che diano luogo ad una risposta che sia indipendente da esse. A questo fine sono state svolte analisi parametriche in cui viene installato un palo tubolare cilindrico in acciaio a punta chiusa con una velocità di 1m/s in un terreno mediamente addensato le cui dimensioni delle particelle sono state moltiplicate per un fattore di scala 500 e sono stati variati i rapporti geometrici. A seguito si riporta una tabella riassuntiva dei dati del modello nei vari casi: Caso d50 Scala D50 n µ KN/γD502 Hc / Lp Rd=Dc/Dp np=Dp /d50 (#) (m) (-) (m) (-) (-) (-) (m) (-) (-) 1 0.0003 500 0.15 0.45 0.35 201358 1.25 20 3 2 0.0003 500 0.15 0.45 0.35 201358 1.25 25 3 3 0.0003 500 0.15 0.45 0.35 201358 1.25 30 3 4 0.0003 500 0.15 0.45 0.35 201358 1.25 35 3 5 0.0003 500 0.15 0.45 0.35 201358 1.25 20 4 6 0.0003 500 0.15 0.45 0.35 201358 1.25 20 6 7 0.0003 500 0.15 0.45 0.35 201358 1.25 20 8 8 0.0003 500 0.15 0.45 0.35 201358 2.25 20 6 In Figura 4.2.1. sono riportati i diagrammi adimensionalizzati della resistenza alla punta e del coefficiente di spinta con la profondità ottenuti durante l’installazione facendo variare Rd e mantenendo costante np=3 e, facendo variare np mantenendo Rd=20. per quanto concerne la resistenza alla punta (rapportata alla tensione litostatica verticale) si nota che i valori oscillano intorno ad un valore medio costa te con la profondità in maniera più ridotta al crescere del valore di R d (np costante) ed np (Rd costante). Per quanto riguarda i coefficienti di spinta (rapportati al coefficiente di spinta a riposo), invece, per Rd variabile, i valori di Kp/K0 ottenuti nei primi 3m dell’installazione differiscono tra loro caso per caso, mentre nei successivi metri lo scarto è minimo; per np variabile, invece, i rapporti Kp/K0 diminuiscono al crescere di np. Alla luce di questi risultati, si ritiene che i rapporti minimi Rd ed np che rappresentano un giusto compromesso tra bontà dei risultati ed onere computazionale siano rispettivamente 20 e 6. Variazione Rd 0 Kp/k0 (-) per zp/dp = 9 p/sigv (-) 100 200 300 400 0 500 1 2 3 4 5 6 7 8 9 0.00 0.00 1.00 2.00 2.00 z/dp (-) Rd=20 Rd=25 6.00 Rd=30 zg / dp (-) 4.00 Rd=20 3.00 Rd=25 Rd=30 Rd=35 Rd=35 4.00 8.00 5.00 10.00 6.00 Con np=3 12.00 Valentino F., Calvetti F. e Mandolini A. 7.00 Incontro Annuale dei Ricercatori di Geotecnica 2013- IARG 2013 Perugia, 16-18 settembre 2013 Variazione np 0 100 200 p (kPa) 300 400 Kp/k0 (-) per zp = 4 500 600 0 700 1 2 3 4 5 6 7 0.00 0.00 1.00 2.00 2.00 z (m) np=3 np=4 6.00 np=6 zg / dp (-) 4.00 np=3 3.00 np=4 np=6 np=8 np=8 4.00 8.00 5.00 10.00 6.00 Con Rd=20 12.00 7.00 Figura 4.2.1. Analisi parametriche geometria modello di palo Si noti, infine, che nel diagramma con np variabile, fissata la granulometria e l’altezza Hc del modello, si risente dell’effetto di bordo alla punta ad una distanza dal bordo di circa un diametro per ogni caso. 5. Conclusioni Nella presente nota sono stati brevemente riportati i risultati di analisi DEM al fine di riprodurre i risultati di prove CPT in camera di calibrazione, così da verificare la capacità del modello discreto di riprodurre i fenomeni fisici che incorrono durante l’infissione del cono. Sulla scorta di queste poi sono state eseguite analisi di simulazione dell’infissione di un palo in un modello di sito. Se ne è dedotto che i rapporti geometrici che sono risultati ottimali per riprodurre le prove CPT, non possono essere utilizzati per studiare il problema dell’infissione di un palo, perché troppo ridotti. Sono in fase di svolgimento analisi di infissione di pali in terreni di diversa porosità e successiva prova di carico a rottura, per approfondire la conoscenza dei meccanismi che influenzano il comportamento dei pali di fondazione a partire dalla “nascita”. Bibliografia Arroyo M, Butlanska J, Gens A, Calvetti F, Jamiolkowski M. (2011). “Cone penetration tests in a virtual calibration chamber”, Géotechnique, 61, 525-531. Calvetti F, Viggiani G, Tamagnini C. (2003). “A numerical investigation of the incremental behavior of granular soils”, Rivista Italiana di Geotecnica, 3, 11-29. Cundall P.A, Strack O.D.L. (1979). “A discrete numerical model for granular assemblies”, Géotechnique, 29, 47-65. Jamiolkowski M, Lo Presti D.C.F, Manassero M. (2003). “Evaluation of relative density and shear strength of sands from CPT and DMT”, Soil behavior and soft ground construction, ASCE Geotechnical Special Publication,119, 201-238. Valentino F., Calvetti F. e Mandolini A.