VITA DA GIOVANE RICERCATRICE
da Perugia adAmburgo
tra speranza e nostalgia
ROCCA 15 GENNAIO 2015
Alessandra
Cagnazzo
D
a bambina il mio mondo finiva
alla fontanella in fondo alla strada. Sì certo c’erano la scuola, le
passeggiate e le gite con i miei
genitori, ma dalla porta di casa
alla fontanella potevo correre e
giocare libera dalla presenza degli adulti.
Ora sono adulta e non mi libero di me stessa, ma è una convivenza serena. Ora il mio
mondo si è allargato. Ora vivo ad Amburgo. La città del porto senza mare. L’Anseatica che si affaccia sulla Scandinavia. Sono
lì par fare quello che amo. Sono ricercatrice al centro di ricerca Desy, mi occupo
di fisica teorica. Tento di descrivere la bellezza della natura con la bellezza della matematica e qui in Germania ho trovato un
gruppo di persone che si appassiona ogni
giorno alla ricerca che facciamo. Quelli
come me vengono chiamati Postdoc, perché si trovano nella fase della carriera immediatamente seguente al dottorato. Siamo quelli che si trovano nella zona grigia
tra la fine degli studi ed un posto fisso che
sembra farsi sempre più lontano. Viviamo
in bilico fra l’entusiasmo che la ricerca e
la scoperta di nuovi ambienti di lavoro ci
danno e la nostalgia di casa. Infatti, se
qualcuno intende intraprendere una carriera legata alla ricerca accademica, deve
essere pronto, al giorno d’oggi, a trasferirsi di città in città, di paese in paese ogni
due o tre anni. Il postdoc vuol dire questo,
farsi tanta esperienza in giro per il mondo, con ben poca stabilità. Ma se si riesce
a non farsi prendere dall’angoscia del domani è un lavoro splendido, fatto di viaggi
e conoscenza.
viaggiare per scoprire
Si viaggia tanto nel mio lavoro. Queste parole le sto scrivendo su un volo AmburgoOslo. Ho avuto occasione di conoscere tante realtà di ricerca e tantissimi scienziati.
Ho la possibilità di collaborare con persone in tutto il mondo ed in tutto ciò la possibilità di viaggiare in un’Europa dai confini
aperti gioca un ruolo fondamentale.
Mi sono trasferita ad Amburgo, dopo aver
vissuto a Perugia, la mia città natale, Padova e Stoccolma. La prima volta che ho
visto Amburgo dal finestrino dell’aereo mi
è sembrata immensa.
Per non parlare dei primi giorni passati lì,
mi sentivo una piccolissima perugina. Arrivavo costantemente in ritardo a tutti gli
appuntamenti, un po’ perché il concetto
di puntualità, si sa, è vissuto in modo molto
diverso da italiani e tedeschi, un po’ perché non ero abituata a muovermi in una
città così grande. Lo so che Amburgo non
è una megalopoli ed i miei colleghi di Mosca ridono ogni volta che chiamo Amburgo una grande città, a loro sembra solo una
cittadella. Io però son cresciuta nella medievale Perugia. Le strade della mia infanzia sono tutte non più larghe di due metri.
Ed ora tutti i giorni attraverso i vialoni
della vasta città tedesca.
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matematica e bellezza
La mia è, però, una vita in Germania solo
per un quarto. La maggior parte della mia
giornata passa all’interno dell’istituto di
ricerca di Desy. Dopo il «moin», il saluto
della gente del nord della Germania, che
la guardia all’ingresso mi rivolge ogni mattina, fino al «tschüss» (ciao) che della stessa guardia alla sera, mi dimentico di essere in Germania. Entro in una dimensione
internazionale, in cui la lingua comune è
l’inglese. Potrei trovarmi in qualsiasi altro posto della terra, le uniche due cose
che mi ricordano che sono in Germania
sono le conversazioni delle cassiere della
mensa e la pioggia frequente fuori dalla
finestra. Per il resto è come trovarsi in un
paese fantastico in cui tutto ruota intorno
alla voglia di scoprire ed il mio equipaggiamento, per questa esplorazione, è costituito da formule matematiche. Ogni
giorno siamo lì, io ed i miei colleghi, in un
luogo che non si sa bene dove sia e tentia-
mo di capire la teoria delle stringhe e la teoria dei campi. Ogni giorno queste teorie
ci parlano di bellezza ed in queste ritroviamo un po’ della bellezza della natura.
Col nostro lavoro tentiamo di descrivere
cosa avviene all’interno della materia,
come avvengono le più fondamentali delle interazioni. Cerchiamo una descrizione
che rispecchi e rispetti i fenomeni attraverso cui la fisica della natura si svela. Il
poter far questo in uno dei centri di ricerca più prestigiosi d’Europa, circondata da
gente esperta e tanti, tantissimi giovani ricercatori, mi riempie di gioia.
Ogni tanto però la nostalgia di casa mi
prende. Ogni tanto penso al mio futuro ed
al futuro della ricerca in Italia e mi prende lo sconforto. Quando questo accade,
chiudo gli occhi e mi immagino lì, tra la
porta di casa mia e la fontanella. Perché
so che allora, come adesso, dietro alla finestra, ci sono, ben nascosti, i miei genitori che mi osservano. So che la mia esperienza e la mia educazione mi danno la
forza e la competenza per andare avanti
ed accettare attivamente ciò che sarà.
Sogno il giorno in cui fare ricerca sarà
possibile non solo grazie alla forza di volontà dei singoli, ma anche grazie alla presa di coscienza delle istituzioni nazionali
ed internazionali che, in molti casi, spacciano la precarietà fine a se stessa per eccellenza e necessaria esperienza.
ROCCA 15 GENNAIO 2015
Trovo che la gente di Amburgo sia un po’
un ossimoro: fredda e calda allo stesso
tempo. Parlare con loro mi fa uno strano
effetto. Sono tedeschi e sanno ben aderire
allo stereotipo del tedesco, ben organizzati, categorici. Al contempo però ti danno l’impressione di essere aperti e malleabili, ovviamente quando non si parla di burocrazia, come la gente di mare e di confine sa essere.
Alessandra Cagnazzo
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