Tratto VICOVARO - VARCO SABINO
Vicovaro Orvinio
Da Vicovaro a Orvinio
Chi percorre l’autostrada A 24 da Roma verso l’Abruzzo e volge
lo sguardo a destra appena prima dell’uscita di Vicovaro, percepisce uno scorcio di rara bellezza: un complesso di antichi edifici
religiosi adagiati su una rupe di travertino a strapiombo sull’Aniene.
È il Convento di S. Cosimato, che merita una sosta per la visita
delle cavità rupestri in cui vivevano i primi eremiti o per addentrarsi nei meandri dell’antico acquedotto Claudio, possibilmente
con una torcia. L’arrivo dei visitatori è sempre bene accetto e la
struttura è attrezzata per ricettività e ristorazione. Nel chiostro
sono esposti dei pannelli, realizzati dai gruppi speleologici, con le
mappe di tutte le cavità della zona.
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Vicovaro Orvinio
L’insediamento di Vicovaro (Varia) fu fondato dagli
Equi, di cui restano tracce nelle antiche mura poligonali. Dopo la conquista da parte dei romani nel 304 a.C. il villaggio divenne un importante centro fortificato di età repubblicana.
Il suo ruolo strategico nei secoli successivi è
sempre stato legato alla posizione lungo la
via Valeria, luogo “naturale” di sosta o incontro per sovrani, pontefici, condottieri, uomini di fede.
Nel centro cittadino, affacciato sulla piazza principale, il Tempietto di
S. Giacomo a pianta ottagonale
rappresenta, nel contempo, un bellissimo esempio di architettura gotico - rinascimentale e una celebrazione dei fasti della famiglia Orsini.
Attorno ad esso, girando per il nucleo storico, si può sentire il profumo delle pagnotte appena sfornate,
autentico vanto cittadino, o della
“pizza di pane” che ne rappresenta
la “prova di cottura”.
Da Vicovaro l’ingresso nella valle del torrente Licenza (o valle “Ustica”) è accompagnato da una sequenza di appezzamenti
irregolari di olivi, che ammantano i pendii fino alle massime
quote consentite dall’adattabilità di questo generoso albero
mediterraneo.
La strada Licinese corre lungo il fondovalle, ma dopo circa due
chilometri è necessario girare a sinistra per salire lungo i tornanti
verso Roccagiovine.
Il paese appare piccolo, con le case addossate le une alle altre,
tutte raccolte attorno al castello e alla chiesa di S. Nicola di Bari
del XVII secolo, che conserva una “pala” d’altare della scuola del
Perugino. Sulla piazza da poco restaurata il silenzio è interrotto
dal rumore dell’acqua della fontana dedicata alla dea Vacuna. In
epoca imperiale il culto di questa benevola divinità rurale, para-
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gonabile alla dea Vittoria dell’Olimpo romano e cantata da Orazio, Ovidio e Varrone, era molto praticato nei dintorni, probabilmente anche in un santuario appositamente consacratole.
A causa dell’estrema e perdurante essenzialità della vita e delle
consuetudini locali, Roccagiovine ha mantenuto un aspetto sostanzialmente immutato
nei secoli, riuscendo ad
evitare la moderna e impattante proliferazione dei
nuovi edifici. Il suo territorio comunale (di circa
18 chilometri quadrati) ricade interamente nel Parco dei Monti Lucretili. Ad
oggi, un terzo è utilizzato per scopi agricoli (seminativi e pascoli), mentre i restanti due terzi sono coperti da boschi: di roverella, carpino e orniello alle quote più basse, castagneti da frutto
intorno all’abitato e formazioni miste di acero, cerro e faggio sui
versanti delle aree più elevate.
Da Piazza Vacuna lungo la strada intercomunale verso Licenza,
dopo circa due km si incontra sulla sinistra il seicentesco Ninfeo
degli Orsini, una fontana nei boschi costruita come una scenografia rinascimentale e alimentata da una cascatella artificiale. Si
tratta di un’opera creata per convogliare le acque sorgive di quella che si ritiene fosse l’antica Fonte Bandusia, cantata dal poeta
latino Orazio e che alimentava la sua villa posta poco più a valle.
Oh sorgente più tersa della cristallina purezza di quella di Bandusia (...)
tu porgi l’amabile frescura ai tori stanchi dell’aratro ed al gregge errabondo. (Orazio - Odi)
Le incrostazioni calcaree che ricoprono la struttura e la fitta vegetazione di muschi, capelvenere e farfaraccio, favorita dal vapore acqueo, non
consentono di cogliere alcuni particolari architettonici originari dell’opera, quali il timpano e le
colonnine.
Il Parco Regionale dei Monti Lucretili
C
omprende le montagne alle porte di Roma, le cui sagome familiari si vedono dalle tangenziali, dal Gianicolo,
da Monte Mario. Rilievi modesti ma sorprendentemente ricchi di natura e paesaggi, attraversati da una fitta rete di percorsi a tutto vantaggio degli escursionisti più
Faggio
esigenti.
Per la loro vegetazione varia e particolare i Lucretili sono da secoli oggetto di attenti studi
botanici. Qui infatti, le notevoli diversità climatiche hanno contribuito a far vivere insieme, in
una sorta di “mosaico” verde, gruppi di piante di origini mediterranee, centroeuropee e balcaniche. Il più tipico rappresentante di
queste ultime è lo storace, un arbusto il cui fiore bianco è simbolo dell'area protetta.
Gli ambienti più caratteristici del Parco sono i vasti pratoni carsici d'altura circondati da boschi di faggio, paAquila reale
scolati da mandrie brade di cavalli e vacche maremmane e frequentati da lepri
e coturnici. Non mancano tuttavia gli ambienti rupestri, ideali
per alcuni rapaci come il falco
pellegrino e l'aquila reale (che qui nidifica ormai da parecchi anni).
Le testimonianze dell'influenza dell'uomo sul territorio
sono molte e diffuse. Dai borghi e dai luoghi di culto abbandonati ai centri storici dei 13 comuni del Parco, disposti
quasi tutti a raggiera intorno al suo perimetro, ciascuno con un
nucleo fortificato ed una lunga storia da raccontare. I resti della
grande Villa di Orazio a Licenza fanno inoltre capire che l'area
esercitava una notevole attrattiva
fin dai tempi dei romani, probabilmente anche in virtù della sua
vicinanza con l'Urbe.
Ricco e vario è il calendario delle
manifestazioni. Gli appuntamenti
più importanti sono la Sagra delle
Cerase di Palombara Sabina (prima o seconda domenica di giugno), l'Infiorata del Corpus Domini di Poggio Moiano e la Sagra
delle Sagne di Farro a Licenza (terza domenica di novembre).
Tra i sapori più autentici di queste terre il primo è quello dell'olio
extravergine di oliva della Sabina (DOP), leggerissimo e saporito, derivante da olive raccolte a mano in piccoli appezzamenti distribuiti lungo diverse fasce pedemontane. Nelle aree collinari che
guardano la campagna romana sono coltivate, ormai da quasi due
secoli, le ciliegie “Ravenne”, grandi, tardive e dalla polpa consistente. Il farro, antichissimo cereale coltivato dall'uomo, ha trovato discrete “aree rifugio” sui Lucretili, dove non è stato soppiantato da altre colture più redditizie riuscendo a sopravvivere e a costituire la base per ottime produzioni artigianali di pasta e dolci.
The Lucretili Mountains Regional Park
Due to notable climatic differences, the Lucretili mountains have a varied and particular vegetation, as a sort of green “mosaic” that consists of groups of plants with
Mediterranean, Middle European and Balkan origins. The most typical example of
this latest variety is the storax, a shrub whose white flower is the symbol of the protected area. The Park is run through by a dense net of pedestrian trails. Its most
characteristic environments are the high ground grasslands, surrounded by beech
woods, where the cattle graze around and one finds hares and rock partridges. The
rock cliffs are ideal places for birds of prey such as the peregrine and the golden eagle (that nests by since several years). The Park has 13 main villages, set with a radial arrangement around its perimeter, each one with a fortified historical core and
a long story to tell. Many festivals are connected to the local agricultural products,
like the Fair of the Cerase (cherries) in Palombara Sabina (on the first or
second Sunday of June) and the Fair of the Spelt Pasta in Licenza (on the third Sunday of November). Anyway the most authentic flavour of this area belongs to the Sabina extra virgin olive oil, very light, coming out from a olive hand-harvest in small plots of land spread on the slopes of the mountains.
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Come qualsiasi raccolta d’acqua, ferma o corrente, la vasca semicircolare del Ninfeo rappresenta un’opportunità di vita per molte specie di piccoli animali invertebrati. Oltre a Plecotteri, Tricotteri ed Efemerotteri, la cui presenza
indica una buona qualità dell’acqua,
vi si possono trovare, ad esempio,
anche le sanguisughe, vermi acquatici con due ventose alle estremità. Utilizzati nella medicina
popolare per i salassi fino agli anni ’50 – ’60,
questi animali venivano raccolti nei fossi dai cosiddetti “mignattari”, che immergevano le gambe nude nell’attesa che essi vi si attaccassero.
Seguendo le indicazioni, dopo alcune centinaia di metri si arriva all’ingresso dei ruderi della Villa di Orazio.
Il podere venne donato al celebre poeta da Mecenate nel 33 a.C.
perché potesse godervi ameni giorni di svago lontano dall’Urbe
sovraffollata. L’insieme degli edifici costituiva un grande complesso multifunzionale. Una parte era dedicata alla residenza vera
e propria, con annesso giardino; vi erano poi un settore termale e
uno riservato alle attività agricole del fondo circostante.
Ecco quel che volevo: un pezzo di terra non tanto grande, dove ci fosse un orto e una
fonte di acqua perenne vicina alla casa e un po’ di bosco oltre a questo. Più e meglio
hanno fatto gli dei. (Orazio - Satire)
Si scende fino ad incontrare la S.S. Licinese dove si
prende a sinistra per raggiungere, dopo poco più di
1 chilometro, il borgo di
Licenza.
Situato in posizione rilevata
sopra un dosso affacciato sul
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torrente omonimo, circondato da boschi, oliveti e qualche lembo di pianura, dominato dal Palazzo Baronale che un tempo era
il castello degli Orsini e oggi ospita il Museo Oraziano, il paese
è il più popoloso e dinamico della valle Ustica.
A Licenza gli ultimi decenni hanno portato alla riscoperta di
un cereale molto antico: il farro. Specie pura e resistente alle
malattie, nel corso della storia la sua coltura fu soppiantata
dal frumento, dalla resa sicuramente migliore ma dalle proprietà nutritive decisamente più scarse.
Utilizzando farina di farro, acqua pura di sorgente, trafile in
bronzo e un processo di essiccazione a temperatura ambiente, un locale laboratorio artigianale produce diversi tipi di
pasta, dalle tipiche “sagne” alle tagliatelle, dai rigatoni agli
“strozzapreti”.
Il maestro di pittura di Goethe
Tra i personaggi illustri che hanno soggiornato in questi territori vi è il
famoso incisore e paesaggista tedesco Jacob Philipp Hackert, maestro di
pittura di Goethe, che verso la fine del ‘700 percorse la valle alla ricerca
della villa di Orazio, dipingendovi una serie di suggestivi scorci.
Ammirare una successione delle sue vedute rappresenta un percorso di
lettura unico di questi luoghi, ancora attuale nonostante le trasformazioni degli ultimi due secoli.
Proseguendo lungo la Licinese, dopo qualche centinaio di metri
si gira a sinistra per affrontare i tornanti che si inerpicano verso
Civitella di Licenza.
Prima di giungere nell’abitato può valere la pena soffermarsi qualche istante a contemplare il paesaggio della
valle, sempre più completo
man mano che si sale, o incamminarsi sul Sentiero dell’Aquila, che dalla fonte in
località La Posta conduce di
fronte alle rupi del M. Pellecchia, ad un capanno di osservazione da cui è possibile ve-
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dere il grande nido di una coppia di aquile reali. Per il rispetto che si deve a questi maestosi ed elusivi rapaci e per garantire la loro permanenza nell’area è necessario arrivare al capanno in gran silenzio e non tentare di proseguire oltre, né
di avvicinarsi in altro modo al loro prezioso nido.
Dai 735 metri slm del punto più alto di Civitella si può godere
di un panorama spettacolare a 360 gradi. Verso sud il colle pietroso di Saracinesco, i Monti Ruffi e, in lontananza, i Simbruini.
A nord la dorsale del M. Pellecchia e la parte alta della valle del
Licenza fin oltre Percile.
Il Pellecchia, con i suoi 1368 metri, è il rilievo più alto dei Lucretili e non esistono altre quote paragonabili così vicine a Roma.
Ciò ha determinato, soprattutto negli ultimi secoli, un costante
interesse verso l’utilizzazione delle risorse naturali di questa montagna, e di quelle vicine, che si è sostanzialmente tradotto nella
nascita di due importanti economie parallele: quella del carbone,
per l’inverno, e quella della neve, per l’estate. La prima ha portato ad un notevole sfruttamento dei boschi e alla diffusione della
pratica delle carbonaie, le cui piazzole circolari si possono scorgere come testimonianze residue, ancora ben visibili nel paesaggio
forestale. Il commercio della neve approfittava invece dello spesso manto nevoso invernale, che veniva fatto accumulare in depressioni naturali o artificiali lungo il crinale montuoso (“pozzi
della neve”), con l’accortezza che non si sciogliesse durante la
stagione calda. Fino a quando non iniziarono a diffondersi frigoriferi e congelatori, dalle vette del Pellecchia file di carri portavano la preziosa risorsa a Roma lungo una “via della neve” che passava per Monteflavio e la Salaria.
Tornati sulla Licinese si
procede per circa tre chilometri verso nord lungo la
valle che man mano si restringe, fino alle prime case di Percile e ad una grande “peschiera” riempita
dalle acque limpide e veloci del torrente Licenza.
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Vicovaro Orvinio
In questa zona una brevissima deviazione sulla sinistra porta
verso il cimitero; costeggiandone il lato destro si arriva alla
Fonte degli Aliucci da cui sgorga un’acqua leggerissima, oligominerale, usata fin dall’epoca romana e indicata per curare i
calcoli renali o come coadiuvante nelle diete per l’obesità.
In una nota del 1960 su una piccola guida turistica di Percile l’allora parroco scriveva: “un’eventuale industrializzazione dell’acqua
degli Aliucci, nel futuro, e una lottizzazione dei bei prati a scopo di
villeggiatura (...) donerebbero uno sviluppo più ampio ed un tono
più elevato”. Oggi, grazie al parco e ad una consapevolezza ambientale completamente diversa, a poche persone verrebbe ancora in mente di immaginare simili prospettive di sviluppo.
Il nucleo storico del paese, sovrastato dal Palazzo Baronale del
XIII secolo, è molto
raccolto e curato. Sulla
piazza, ripavimentata
di recente, si trova un
punto informativo
fornitissimo di depliant e pubblicazioni
anche sul parco.
Imperdibile e di tutto riposo, fra boschi
di acero, orniello e
albero di Giuda, la passeggiata ai laghetti, o “lagustelli”. Il
più piccolo (Marraone) si vede solo dall’alto perché occupa la
base di una ripidissima depressione circolare. Il maggiore (Fraturno) compare fra gli alberi come una sorta di miraggio inaspettato. Entrambi, essendo di origine carsica, sono privi di
immissari e vengono alimentati solo da sorgenti perenni di
portate molto variabili.
Da Percile a Orvinio la strada diventa più stretta, entra nella
provincia di Rieti e arriva a valicare, in maniera appena percettibile, lo spartiacque fra il bacino idrografico del Licenza e
quello del fiume Turano.
Fino al 1863, anno di ingresso nel Regno d’Italia, Orvinio si
chiamava Canemorto. Secondo alcune fonti l’origine di questo
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Vicovaro Orvinio
bizzarro toponimo è
collegata ad una vittoria degli eserciti di Carlo Magno sui Saraceni
che terrorizzavano le
popolazioni locali, con
uccisione di un loro capo, o “khan”.
Adagiato su un’altura
calcarea, il paese ha un nucleo storico ordinato e pianeggiante con una via principale, quasi un corso
cittadino, che conduce dalla porta di accesso fino al castello. Quest’ultimo, di proprietà dei
marchesi Malvezzi Campeggi, è formato da un
complesso di edifici costruiti in epoche diverse
e ristrutturati ai primi del ‘900, di cui restano
come elementi originari il “maschio” cilindrico e le mura di cinta merlate.
Di Orvinio è il pittore seicentesco
Vincenzo Manenti, la cui fama è stata
recuperata solo agli inizi del ‘900,
ma che ai suoi tempi era un artista
noto e affermato in tutto il centro Italia,
soprattutto presso confraternite ed ordini religiosi. Alcuni
suoi affreschi rivestono le pareti della chiesa di S. Maria dei Raccomandati, il cui esterno presenta una facciata curiosamente
obliqua rispetto al suo asse, aggiunta alla fine del ‘700 per renderla perpendicolare alla principale via d’accesso all’edificio.
Le meteoriti di Orvinio
In un giorno di fine agosto del 1872 uno sciame di meteoriti investì
tutto il Lazio provenendo da sud. Nei dintorni di Orvinio ne caddero
diverse di cui 6 sono state recuperate, per un peso complessivo di circa
3 chili e mezzo. Si tratta di frammenti rocciosi molto pesanti, denominati “orvinite”, ricchi di silicati e leghe di ferro – nichel, probabilmente simili alle rocce che si pensa costituiscano le parti più interne della
Terra. Il campione più grande, oltre 7 etti, è conservato nel Museo di
Mineralogia dell’Università La Sapienza a Roma.
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Vicovaro Orvinio
From Vicovaro to Orvinio
The Monastery of S. Cosimato, located on a travertine cliff falling sheer to the
Aniene river, is worth a stop to visit the rupestrian cavities, in which the first hermits used to live, or to venture into the maze of the ancient aqueduct of Claudio.
The complex has accommodation facilities and restoration is offered too.
The settlement of Vicovaro (Varia), funded by the Equi and later conquered by the
Romans in 304 b.C., has always had a historical importance due to its position
along the Via Valeria, a natural stopping place and a meeting point for monarchs,
popes, troop leaders and faithful people. In the centre of the town the small church
of S. Giacomo with an octagonal plan, built by the powerful Orsini family, is a
beautiful example of Renaissance - Gothic architecture.
Starting from Vicovaro the Licinese road runs along the Licenza river valley floor.
Within two kilometres, turning on the left, the little village of Roccagiovine is
reachable. The settlement is small, with the houses leaning one another, all of them
standing around the Castle and the Church of S. Nicola dating to the XVII century. On the square, recently refurbished, the silence is just broken by the water sound
of the fountain dedicated to the Vacuna Goddess. During the Roman Empire the
cult of this benevolent divinity of the fields was very popular in the neighbourhood.
Roccagiovine is surrounded by woods: especially those of oak, flowering ashes and
hornbeams at the lower altitudes, chestnut trees around the built-up areas and
maples, Turkey oaks and beech trees on the highest slopes.
Starting from the square and going along the road across the mountainside towards Licenza, after a couple of Kilometres the seventeenth-century Orsini
Nymphaeum is met on the left side, a fountain in the woods built as a Renaissance scenery and supplied by a small artificial waterfall. As any other aquatic
habitat, the semicircular pool
of the Nymphaeum is a life
opportunity for several species
of small invertebrates. One
finds, for instance, Plecoptera, Tricoptera and
Ephemeroptera insects; their
presence indicates healthy
water.
Following the signs, after a few
hundred metres you can reach
the entrance of Horace’s Villa, given as a gift to the famous Latin poet by Mecenate
in 33 b.C. All the buildings were part of a great complex made of a residential
property with a garden, a thermal unit and a sector for agricultural activities.
Going back to the valley floor on the Licinese road, turning on the left, one gets to
the village of Licenza. Located on top of a hill and surrounded by forests, olive
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Vicovaro Orvinio
groves and some patches of plain, dominated by the Baronial Palazzo (that once
used to be the Orsini Castle), the village is the most populated and dynamic of the
valley. Using spelt flour, an ancient cereal cultivated in this area, spring water and
a traditional drying process, a local workshop produces several types of pasta, from
the typical “sagne” to the “tagliatelle”. Among the renowned figures that stayed for
some time in these territories there is the famous German artist Jacob Philipp
Hackert, Goethe’s painting master, who by the end of the XVIII century went
through the valley painting some charming views.
Going further along the Licinese road, after a few hundred metres it is possible to
turn on the left towards Civitella di Licenza. Along the road, nearby a spring
named La Posta, the Trail of the Eagle starts, leading to a hide from which it is
possible to watch the nest of a couple of golden eagles, built on a cliff of the Pellecchia Mountain. From the highest place of Civitella a spectacular round view can be
seen. In foreground to the north stands the Pellecchia Mountain that, with its 1368
metres, is the highest peak in the surroundings of Rome. Till the half of the past century the woods of these mountains were cut in order to obtain coal. The snow accumulated on their peaks was gathered in specific holes (“snow pits”) and then delivered to Rome during the warm summers.
Once back on the Licinese road, going to the north for about three Kilometres
along the valley you can reach the first houses of Percile. In this area, by the cemetery, there is the Spring of the Aliucci from which gushes out a very light water,
with low mineral content, that was used by the Romans and is indicated for renal diseases.
The historical core of Percile, dominated by the Baronial Palazzo of the XIII century, is quiet and well-kept. Very interesting is a few kilometres walk to a couple of
small lakes of karst origin. The smaller can be seen only from a high position being
on the bottom of a deep circular bowl. The major appears through the trees as a sort
of unexpected mirage.
From Percile one goes on to Orvinio. Until 1863 this village was called Canemorto, probably related to a local victory of the armies of Charlemagne against the
Saracens that used to terrorize the populations, with the killing of one of their leaders, also known as “Khan”. The small town of Orvinio has a tidy-looking and flat
core with a main road, almost a
city “corso”, leading from the entrance door to the castle. The
celebrity in town is the seventeenth century painter Vincenzo
Manenti that, at his time, was a
very popular artist in Central
Italy. Several of his frescoes cover
the walls of the small church of S.
Maria dei Raccomandati.
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