Novena di Natale
NOVENA DI NATALE
Ogni giorno, dal 16 al 24 dicembre,
una storia per riflettere,
una breve meditazione
ed una preghiera
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Novena di Natale
Primo giorno – 16 dicembre
UNA STORIA PER RIFLETTERE
Alla fine dei tempi, miliardi di persone furono portate su di una grande pianura
davanti al trono di Dio. Molti indietreggiarono davanti a quel bagliore. Ma alcuni
in prima fila parlarono in modo concitato. Non con timore reverenziale, ma con
fare provocatorio.
"Può Dio giudicarci? Ma cosa ne sa lui della sofferenza?", sbottò una giovane
donna. Si tirò su una manica per mostrare il numero tatuato di un campo di
concentramento nazista. "Abbiamo subìto il terrore, le bastonature, la tortura e la
morte!". In un altro gruppo un giovane nero fece vedere il collo. "E che mi dici di
questo?", domandò mostrando i segni di una fune. "Linciato. Per nessun altro
crimine se non per quello di essere un nero". In un altro schieramento c'era una
studentessa in stato di gravidanza con gli occhi consumati. "Perché dovrei
soffrire?", mormorò. "Non fu colpa mia". Più in là nella pianura c'erano centinaia
di questi gruppi. Ciascuno di essi aveva dei rimproveri da fare a Dio per il male e
la sofferenza che Egli aveva permesso in questo mondo.
Come era fortunato Dio a vivere in un luogo dove tutto era dolcezza e splendore,
dove non c'era pianto né dolore, fame o odio. Che ne sapeva Dio di tutto ciò che
l'uomo aveva dovuto sopportare in questo mondo? Dio conduce una vita molto
comoda, dicevano.
Ciascun gruppo mandò avanti il proprio rappresentante, scelto per aver sofferto
in misura maggiore. Un ebreo, un nero, una vittima di Hiroshima, un artritico
orribilmente deformato, un bimbo cerebroleso.
Si radunarono al centro della pianura per consultarsi tra loro. Alla fine erano
pronti a presentare il loro caso. Era una mossa intelligente. Prima di poter essere
in grado di giudicarli, Dio avrebbe dovuto sopportare tutto quello che essi
avevano sopportato. Dio doveva essere condannato a vivere sulla terra. "Fatelo
nascere ebreo. Fate che la legittimità della sua nascita venga posta in dubbio.
Dategli un lavoro tanto difficile che, quando lo intraprenderà, persino la sua
famiglia pensi che debba essere impazzito. Fate che venga tradito dai suoi amici
più intimi. Fate che debba affrontare accuse, che venga giudicato da una giuria
fasulla e che venga condannato da un giudice codardo. Fate che sia torturato.
Infine, fategli capire che cosa significa sentirsi terribilmente soli. Poi fatelo
morire. Fatelo morire in un modo che non possa esserci dubbio sulla sua morte.
Fate che ci siano dei testimoni a verifica di ciò".
Mentre ogni singolo rappresentante annunciava la sua parte di discorso,
mormorii di approvazione si levavano dalla moltitudine delle persone riunite.
Quando l'ultimo ebbe finito ci fu un lungo silenzio.
Nessuno osò dire una sola parola, perché improvvisamente tutti si resero conto
che Dio aveva già rispettato tutte le condizioni.
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Novena di Natale
MEDITAZIONE
Dell'amore di Dio in farsi uomo
Consideriamo l'amore immenso che Iddio ci dimostrò in farsi uomo per ottenere
a noi la salute eterna. Pecca Adamo il nostro primo padre, e ribellandosi a Dio
vien discacciato dal paradiso e condannato alla morte eterna con tutti noi suoi
discendenti. Ma ecco il Figlio di Dio che vedendo perduto l'uomo, per liberarlo
dalla morte si offre a prendere carne umana ed a morire giustiziato in croce. Ma,
Figlio, par che allora gli dicesse il Padre, pensa che in terra dovrai fare una vita
umile e penosa. Dovrai nascere in una grotta fredda ed esser posto in una
mangiatoia per bestie. Dovrai bambino fuggire in Egitto per scampare dalle mani
di Erode. Ritornato dall'Egitto dovrai vivere in una bottega da umile garzone,
povero e disprezzato. Finalmente, a forza di dolori, dovrai lasciar la vita sopra
una croce, svergognato ed abbandonato da tutti. Padre, non importa, risponde il
Figlio, di tutto mi contento, purché si salvi l'uomo. Che si direbbe mai se un
principe, avendo compassione d'un verme morto, volesse diventare egli verme, e
facendo un bagno del suo sangue, morisse per dar la vita al verme? Più di questo
ha fatto per noi il Verbo Eterno, ch'essendo Dio ha voluto farsi verme come noi e
morire per noi, affin di acquistarci la vita perduta della grazia divina. Vedendo
egli che con tanti doni a noi fatti non aveva potuto guadagnarsi il nostro amore,
che fece? Si fece uomo e ci diede tutto se stesso. L'uomo disprezzando Dio, dice S.
Fulgenzio, si parti da Dio; ma Iddio amando l'uomo, venne dal cielo a ritrovare
l'uomo. E perché venne? Venne affinché l'uomo conoscesse quanto Dio l'amava e
così almeno per gratitudine l'amasse. Anche le bestie che ci vengono appresso si
fanno amare; e noi perché siamo così ingrati con un Dio che scende dal cielo in
terra per farsi da noi amare? Un giorno, dicendosi da un sacerdote quelle parole
della Messa E il Verbo si fece carne, un uomo ivi presente, non fece alcun atto di
riverenza; allora il demonio gli diede un grande schiaffo, dicendogli: Ah ingrato!
Se Dio avesse fatto tanto per me quanto ha fatto per te, io starei sempre colla
faccia per terra a ringraziarlo.
PREGHIERA
O Figlio di Dio, tu ti sei fatto uomo per farti amare dagli uomini, ma dov'è l'amore
che gli uomini ti portano? Tu hai dato il sangue e la vita per salvare le anime
nostre, e perché poi ti siamo noi così sconoscenti che, in vece d'amarti, ti
disprezziamo con tanta ingratitudine? Ed ecco, Signore, io sono stato uno che più
degli altri ti ho maltrattato così. Ma la tua Passione è la speranza mia. Deh per
quell'amore che ti fece prendere carne umana e morire per me sopra la croce,
perdonami tutte le offese che ti ho fatte. Ti amo, o Verbo Incarnato, ti amo, mio
Dio, ti amo, bontà infinita; e mi pento di quanti disgusti ti ho dati, vorrei morirne
di dolore. Dammi, Gesù mio, il tuo amore, non mi far vivere più ingrato all'affetto
che mi hai portato. Io ti voglio sempre amare. Dammi la santa perseveranza. O
Maria, Madre di Dio e madre mia, impetrami tu dal tuo Figlio la grazia di amarlo
sempre, sino alla morte.
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Novena di Natale
Secondo giorno – 17 dicembre
UNA STORIA PER RIFLETTERE
C'era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio, la bottega di un
falegname. Un giorno, durante l'assenza del padrone, tutti i suoi arnesi da lavoro
tennero un gran consiglio. La seduta fu lunga e animata, talvolta anche veemente.
Si trattava di escludere dalla onorata comunità degli utensili un certo numero di
membri. Uno prese la parola: "Dobbiamo espellere nostra sorella Sega, perché
morde e fa scricchiolare i denti. Ha il carattere più mordace della terra". Un altro
intervenne: "Non possiamo tenere fra noi nostra sorella Pialla: ha un carattere
tagliente e pignolo, da spelacchiare tutto quello che tocca". "Fratel Martello protestò un altro - ha un caratteraccio pesante e violento. Lo definirei un
picchiatore. E' urtante il suo modo di ribattere continuamente e dà sui nervi a
tutti. Escludiamolo!"
"E i Chiodi? Si può vivere con gente così pungente? Che se ne vadano! E anche
Lima e Raspa. A vivere con loro è un attrito continuo. E cacciamo anche
Cartavetro, la cui unica ragion d'essere sembra quella di graffiare il prossimo!".
Così discutevano, sempre più animosamente, gli attrezzi del falegname.
Parlavano tutti insieme. Il martello voleva espellere la lima e la pialla questi
volevano a loro volta l'espulsione di chiodi e martello, e così via. Alla fine della
seduta tutti avevano espulso tutti. La riunione fu bruscamente interrotta
dall'arrivo del falegname. Tutti gli utensili tacquero quando lo videro avvicinarsi
al bancone di lavoro. L'uomo prese un asse e lo segò con la Sega mordace. Lo
piallò con la Pialla che spela tutto quello che tocca. Sorella Ascia che ferisce
crudelmente, sorella Raspa dalla lingua scabra, sorella Cartavetro che raschia e
graffia, entrarono in azione subito dopo.
Il falegname prese poi i fratelli Chiodi dal carattere pungente e il Martello che
picchia e batte. Si servì di tutti i suoi attrezzi di brutto carattere per fabbricare
una culla. Una bellissima culla per accogliere un bambino che stava per nascere.
Per accogliere la Vita.
Questa storia ci permette di comprendere come la ricchezza del dono di ciascuno
è soprattutto data dall'insieme dei doni di tutti. Ancora non sappiamo riconoscere
l'altro in quanto altro, perchè guardiamo troppo a noi stessi e abbiamo paura
dell'altro, anziché vederlo per il dono che è per l'umanità stessa. Ciascuno ha un
talento prezioso da offrire e da ricevere dagli altri. E' nella gioia del frutto che è
possibile entrare nella gioia del Signore: il desiderio di Dio infatti è che cresca e si
sviluppi l'umanità ed in essa tutto ciò che è vero, giusto, bello, buono. E'
nell'accogliere l'altro, nel metterlo in condizione di esprimere il suo "talento", nel
permettergli di dare frutto, che siamo accolti dal Signore e partecipiamo alla
pienezza della sua gioia.
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Novena di Natale
MEDITAZIONE
Dell'amore di Dio in nascere bambino
Poteva il Figlio di Dio nel farsi uomo per nostro amore comparire al mondo in età
d'uomo perfetto, come comparve Adamo quando fu creato; ma perché i bambini
sogliono maggiormente tirarsi l'amore di chi li guarda, perciò egli volle comparire
in terra da bambino, e da bambino il più povero e spregiato che mai tra bambini
sia nato. Scrisse S. Pier Crisologo: Cosi volle nascere il nostro Dio, perché così
voll'essere amato. Avendo già predetto il profeta Isaia che il Figlio di Dio doveva
nascer bambino e così darsi tutto a noi per l'amore che ci portava: Un bambino è
nato per noi, ci è stato dato un figlio (Is 9, 5).
Gesù mio, mio sommo e vero Dio, e chi mai dal cielo ti ha tirato a nascere in una
grotta, se non l'amore che porti agli uomini? Chi dal seno del Padre ti ha indotto a
collocarti in una mangiatoia? Chi dal regnare sopra le stelle ti ha posto a giacere
sopra la paglia? Chi da mezzo ai cori degli angeli ti ha ridotto a startene tra due
animali? Tu infiammi di santo fuoco i serafini, ed ora tremi di freddo in questa
stalla? Tu dai il moto ai cieli ed al sole, ed ora per muoverti hai bisogno di chi ti
prenda in braccio? Tu provvedi di cibi gli uomini e le bestie, ed ora hai bisogno
d'un poco di latte per sostentarti la vita? Tu sei l'allegrezza del cielo, ed ora come
ti sento piangere e vagire? Dimmi, chi ti ha ridotto a tante miserie? S. Bernardo
dice che l'ha fatto l'amore che tu porti agli uomini.
PREGHIERA
O mio caro Bambino, dimmi che sei venuto a fare in questa terra? Dimmi che vai
cercando?
Ah già t'intendo: tu sei venuto a morire per me, per liberarmi dall'inferno. Sei
venuto a cercare me pecorella perduta, affinché io non fugga più da te e t'ami. Ah
Gesù mio, mio tesoro, mia vita, mio amore, mio tutto, e se non amo te chi voglio
amare? Dove posso trovarmi un padre, un amico, uno sposo più amabile di te e
che più di te mi ha voluto bene? Ti amo, caro mio Dio, ti amo unico mio bene.
Mi dispiace d'essere stato tanti anni al mondo e non averti amato, anzi di averti
offeso e disprezzato. Perdonami, amato mio Redentore, che io mi pento d'averti
così trattato, me ne dispiace con tutta l'anima mia. Perdonami e dammi la grazia
che io da te più non mi separi e ti ami sempre nella vita che mi resta.
Amor mio, a te tutto mi dono; accettami e non mi rifiutare come io meriterei.
Maria, tu sei l'avvocata mia, tu con le tue preghiere ottienimi quanto desideri da
questo Figlio; pregalo che mi perdoni e mi dia la santa perseveranza fino alla
morte.
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Novena di Natale
Terzo giorno – 18 dicembre
UNA STORIA PER RIFLETTERE
C'era una volta, tanto tempo fa, in un piccolo villaggio, la bottega di un
falegname. Un giorno, durante l'assenza del padrone i pastori che erano stati alla
stalla di Betlemme a onorare il Bambino Gesù tornavano a casa. Erano arrivati
tutti con le braccia cariche di doni, e ora se ne partivano a mani vuote. Eccetto
uno. Un giovane pastore aveva portato via qualcosa dalla stalla santa di
Betlemme. Una cosa che teneva stretta nel pugno. Gli altri lì per lì non ci avevano
fatto caso, finché uno di essi non disse: "Che cos'hai in mano?". "Un filo di
paglia", rispose il giovane pastore, "un filo di paglia della mangiatoia in cui
dormiva il Bambino". "Un filo di paglia!", sghignazzarono gli altri. "È solo
spazzatura. Buttalo via!". Il giovane pastore scosse il capo energicamente. "No",
disse. "Lo conservo. Per me è un segno, un segno del Bambino. Quando tengo
questa pagliuzza nelle mie mani, mi ricordo di lui e quindi anche di quello che
hanno detto di lui gli angeli". Il giorno dopo, gli altri pastori chiesero al giovane:
"Che ne hai fatto della tua pagliuzza?". Il giovane la mostrò. "La porto sempre con
me". "Ma buttala! ". "No. Ha un grande valore. Su di essa giaceva il Figlio di Dio".
"E con questo? Il Figlio di Dio vale. Non la paglia!"."Avete torto. Anche la paglia
vale tanto. Su che altro poteva stare il Bambino, povero com'era? Il Figlio di Dio
ha avuto bisogno di un po' di paglia. Questo mi insegna che Dio ha bisogno dei
piccoli, dei senza-valore. Sì, Dio ha bisogno di noi, i piccoli, che non contiamo
molto, che sappiamo così poco".
Con il passare dei giorni sembrò che il filo di paglia diventasse sempre più
importante per il giovane pastore. Durante le lunghe ore al pascolo lo prendeva
spesso in mano: in quei momenti ripensava alle parole degli angeli ed era felice di
sapere che Dio amava tanto gli uomini da farsi piccolo come loro. Ma un giorno
uno dei suoi compagni gli portò via il filo di paglia dalle mani, gridando: "Tu e la
tua maledetta paglia! Ci hai fatto venire il mal di testa con queste stupidaggini".
Stropicciò la pagliuzza e la gettò nella polvere.
Il giovane pastore rimase calmo. Raccolse da terra il filo di paglia, lo lisciò e lo
accarezzò con la mano, poi disse all'altro: "Vedi, è rimasto quello che era: un filo
di paglia. Tutta la tua rabbia non ha potuto cambiarlo. Certo, è facile fare a pezzi
un filo di paglia. Pensa: perché Dio ci ha mandato un bambino, mentre ci serviva
un salvatore forte e battagliero? Ma questo Bambino diventerà un uomo, e sarà
resistente e incancellabile. Saprà sopportare tutte le rabbie degli uomini,
rimanendo quello che è: il Salvatore di Dio per noi".
Il giovane sorrise, con gli occhi luminosi. "No. L'amore di Dio non si può fare a
pezzi e buttare via. Anche se sembra fragile e debole come un filo di paglia".
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Novena di Natale
MEDITAZIONE
Della vita povera che comincio a fare Gesù fin dalla sua nascita
Dispose Iddio che nel tempo in cui nacque il suo Figlio in questa terra, uscisse
l'ordine dell'imperatore che ognuno andasse a iscriversi nel luogo della sua
origine. E così avvenne che dovendo andare Giuseppe con la sua sposa in
Betlemme a farsi iscrivere secondo l'editto di Cesare, giunta l'ora del parto ed
essendo stata Maria discacciata dalle altre case ed anche dall'ospizio comune dei
poveri, fu ella costretta a starsene in quella notte in una grotta, ed ivi partorì il Re
del cielo. Se Gesù fosse nato in Nazareth, è vero che ancora sarebbe nato da
povero, ma almeno avrebbe avuta una stanza asciutta, un poco di fuoco,
pannicelli caldi ed una culla comoda. Ma no, egli volle nascere in quella grotta
fredda e senza fuoco; volle che una mangiatoia gli servisse di culla, ed un poco di
paglia pungente gli servisse di letto per più patire.
Entriamo per tanto nella spelonca di Betlemme, ma entriamo con fede. Se ci
entreremo senza fede, altro non vedremo che un povero bambino che ci muove a
compassione in rimirarlo così bello, che trema e piange per il freddo e per la
paglia che lo punge. Ma se entreremo con fede e penseremo che questo bambino è
il Figlio di Dio, che per nostro amore è venuto in terra e tanto patisce per pagare i
nostri peccati, come sarà possibile non ringraziarlo e non amarlo?
PREGHIERA
Dolce mio Bambino, come io, sapendo quanto hai patito per me, ho potuto esserti
tanto ingrato con darti tanti disgusti? Ma queste lacrime che spargi, questa
povertà che hai eletta per mio amore, mi fanno sperare il perdono delle offese che
ti ho fatte. Mi pento, Gesù mio, di quante volte ti ho voltato le spalle e ti amo
sopra ogni cosa. Mio Dio, da oggi innanzi tu hai da essere l'unico mio tesoro ed
ogni mio bene. Ti dirò con sant'Ignazio di Loyola: Datemi l'amor vostro, datemi la
vostra grazia, e son ricco abbastanza. Niente più voglio, niente desidero, tu solo
mi basti, Gesù mio, vita mia, amore mio.
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Novena di Natale
Quarto giorno – 19 dicembre
UNA STORIA PER RIFLETTERE
C'era una volta una pecora diversa da tutte le altre. Le pecore, si sa, sono bianche;
lei invece era nera, nera come la pece. Quando passava per i campi tutti la
deridevano, perché in un gregge tutto bianco spiccava come una macchia di
inchiostro su un lenzuolo bianco: "Guarda una pecora nera! Che animale
originale; chi crede mai di essere?". Anche le compagne pecore le gridavano
dietro: "Pecora sbagliata, non sai che le pecore devono essere tutte uguali, tutte
avvolte di bianca lana?". La pecora nera non ne poteva più, quelle parole erano
come pietre e non riusciva a digerirle.
E così decise di uscire dal gregge e andarsene sui monti, da sola: almeno là
avrebbe potuto brucare in pace e riposarsi all'ombra dei pini.
Ma nemmeno in montagna trovò pace. "Che vivere è questo? Sempre da sola!", si
diceva dopo che il sole tramontava e la notte arrivava.
Una sera, con la faccia tutta piena di lacrime, vide lontano una grotta illuminata
da una debole luce. "Dormirò là dentro", pensò, e si mise a correre. Correva come
se qualcuno la attirasse. "Chi sei?", le domandò una voce appena fu entrata.
"Sono una pecora che nessuno vuole: una pecora nera! Mi hanno buttata fuori dei
gregge". "La stessa cosa è capitata a noi! Anche per noi non c'era posto con gli
altri nell'albergo. Abbiamo dovuto ripararci qui, io Giuseppe e mia moglie Maria.
Proprio qui ci è nato un bel bambino. Eccolo!".
La pecora nera era piena di gioia. Prima di tutte le altre poteva vedere il piccolo
Gesù. "Avrà freddo; lasciate che mi metta vicino per riscaldarlo!".
Maria e Giuseppe risposero con un sorriso. La pecora si avvicinò stretta stretta al
bambino e lo accarezzò con la sua lana. Gesù si svegliò e le bisbigliò nell'orecchio:
"Proprio per questo sono venuto: per le pecore smarrite!". La pecora si mise a
belare di felicità. Dal cielo gli angeli intonarono il "Gloria".
MEDITAZIONE
Della vita umile che comincio a fare Gesù fin da bambino
Tutti i segni che l'angelo diede ai pastori per ritrovare il Salvatore già nato, furono
segni di umiltà. Questo sia il segno, disse l'angelo, per rinvenire il nato Messia: lo
ritroverete bambino involto tra poveri pannicelli, dentro una stalla e posto sulla
paglia in una mangiatoia d'animali (cf. Lc 2, 72).
Cosi volle nascere il Re del cielo, il Figlio di Dio, mentre veniva a distruggere la
superbia che era stata causa di far perdere l'uomo.
Già predissero i Profeti che il nostro Redentore dovea esser trattato come l'uomo
più vile della terra e saziato d'obbrobri. Quanti disprezzi non ebbe a soffrire Gesù
dagli uomini! Fu trattato da ubbriaco, da mago, da bestemmiatore e da eretico.
Quante ignominie poi nella sua Passione! Fu abbandonato dagli stessi suoi
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Novena di Natale
discepoli, anzi uno lo vendè per trenta danari ed un altro nego d'averlo
conosciuto; fu condotto per le strade legato come un ribaldo, flagellato da
schiavo, trattato da pazzo, da re di burla, schiaffeggiato, sputato in faccia, e
finalmente fu fatto morire appeso ad una croce in mezzo a due ladri, come il
peggior malfattore del mondo. Dunque, dice S. Bernardo, il più nobile di tutti è
trattato come il più vile di tutti! Ma, Gesù, mio, soggiunge poi il santo: "Quanto
più voi mi comparite avvilito e disprezzato, tanto vi rendete a me più caro ed
amabile".
PREGHIERA
O mio dolce Salvatore, tu hai abbracciato tanti disprezzi per amor mio, ed io non
ho potuto sopportare una parola d'ingiuria, che subito ho pensato a
vendicarmene! lo che tante volte ho meritato d'esser calpestato dai demoni
nell'inferno! Mi vergogno di comparirti avanti, peccatore e superbo! Signore, non
mi discacciare dalla tua faccia, come io meriterei. Tu hai detto di non sapere
disprezzare un cuore che si pente e si umilia. Mi pento di quanti disgusti ti ho
dato. Perdonami, Gesù mio, chè io non voglio offenderti più. Tu per amor mio hai
sofferto tante ingiurie: io per amore tuo voglio soffrire tutte le ingiurie che mi
saran fatte. Ti amo, Gesù mio disprezzato per me, ti amo, mio bene sopra ogni
bene. Dammi l'aiuto per sempre amarti, e per soffrire ogni affronto per tuo
amore.
O Maria, raccomandami al tuo Figlio, prega Gesù per me.
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Novena di Natale
Quinto giorno – 20 dicembre
UNA STORIA PER RIFLETTERE
Il postino suonò due volte. Mancavano cinque giorni a Natale. Aveva fra le
braccia un grosso pacco avvolto in carta preziosamente disegnata e legato con
nastri dorati. "Avanti", disse una voce dall'interno. Il postino entrò. Era una casa
malandata: si trovò in una stanza piena d'ombre e di polvere. Seduto in una
poltrona c'era un vecchio. "Guardi che stupendo pacco di Natale!" disse
allegramente il postino. "Grazie. Lo metta pure per terra", disse il vecchio con la
voce più triste che mai. "Non c'è amore dentro" Il postino rimase imbambolato
con il grosso pacco in mano. Sentiva benissimo che il pacco era pieno di cose
buone e quel vecchio non aveva certo l'aria di passarsela male. Allora, perché era
così triste? "Ma, signore, non dovrebbe fare un po' di festa a questo magnifico
regalo?". "Non posso... Non posso proprio", disse il vecchio con le lacrime agli
occhi. E raccontò al postino la storia della figlia che si era sposata nella città
vicina ed era diventata ricca. Tutti gli anni gli mandava un pacco, per Natale, con
un bigliettino: "Da tua figlia Luisa e marito". Mai un augurio personale, una
visita, un invito: "Vieni a passare il Natale con noi". "Venga a vedere", aggiunse il
vecchio e si alzò stancamente. Il postino lo seguì fino ad uno sgabuzzino. il
vecchio aprì la porta.
"Ma ... " fece il postino. Lo sgabuzzino traboccava di regali natalizi. Erano tutti
quelli dei Natali precedenti; intatti, con la loro preziosa carta e i nastri luccicanti.
"Ma non li ha neanche aperti!" esclamò il postino allibito. "No", disse
mestamente il vecchio. "Non c'è amore dentro".
MEDITAZIONE
Della vita tribolata che comincio a far Gesù fin dalla nascita
Poteva Gesù Cristo salvare l'uomo senza patire e senza morire; ma no, per farci
conoscere quanto ci amava volle scegliersi una vita tutta tribolata. Perciò il
profeta Isaia lo chiamo uomo di dolori, perché la vita di Gesù Cristo doveva
essere una vita tutta piena di dolori. La sua Passione non cominciò nel tempo
della sua morte, ma fin dal principio della sua vita.
Eccolo che appena nato è collocato in una stalla, dove per Gesù tutto è tormento.
E' tormentata la vista col mirare non altro in quella grotta che mura rozze e nere.
E' tormentato l'odorato con la puzza del letame delle bestie che vi stanno. E'
tormentato il tatto colle punture delle paglie che gli servono di letto. Poco dopo
essere nato è costretto a fuggire in Egitto, ove visse più anni nella sua fanciullezza
povero e disprezzato. Poco dissimile fu poi la vita vissuta in Nazareth. Finalmente
termina la vita in Gerusalemme, morendo sopra una croce a forza di tormenti.
Sicché il vivere di Gesù fu un continuo patire, anzi un doppio patire, avendo
sempre avanti agli occhi tutte le pene che dovevano affliggerlo sino alla morte.
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Novena di Natale
Suor Maria Maddalena Orsini, lamentandosi un giorno col Crocifisso, gli disse:
"Ma Signore, voi per tre ore steste in croce, io sono più anni che patisco questa
pena". Ma Gesù gli rispose: "Ah ingrata, che dici? Io sin dall'utero di mia Madre
soffrii tutte le pene della mia vita e della mia morte". Non tanto pero afflissero
Gesù Cristo tutte quelle pene, perché quelle voll'egli volontariamente patirle;
quanto l'afflisse il vedere i nostri peccati e la nostra ingratitudine a tanto suo
amore. S. Margherita di Cortona non si saziava di piangere le offese fatte a Dio,
onde un giorno le disse il confessore: "Margherita, finiscila, non piangere più,
perché Dio già t'ha perdonata". Ma ella rispose: "Ah Padre, come ho da cessare di
piangere, sapendo che i miei peccati tennero afflitto Gesù Cristo mio in tutta la
sua vita?".
PREGHIERA
Dunque, dolce amor mio, io con i peccati miei ti ho tenuto afflitto in tutta la tua
vita? Ma, Gesù mio, dimmi quel che ho da fare, affinché tu possa perdonarmi, che
io tutto voglio farlo.Mi pento, o sommo bene, di quante offese ti ho fatte. Mi
pento e ti amo più di me stesso. Sento in me un gran desiderio d'amarti; questo
desiderio tu me lo doni: dammi dunque forza di amarti assai. E' giusto che ti ami
assai chi assai ti ha offeso. Deh ricordami sempre l'amore che mi hai portato,
acciocché l'anima mia arda sempre per te d'amore, a te sempre pensi, te solo
desideri ed a te solo cerchi di piacere. O Dio d'amore, io che un tempo sono stato
schiavo dell'inferno, ora tutto a te mi dono. Accettami per pietà e legami col tuo
amore. Gesù mio, d'oggi innanzi, sempre amandoti voglio vivere ed amandoti
voglio morire. O Maria, madre e speranza mia, aiutami ad amare il tuo e mio caro
Dio; quest'una grazia ti cerco e da te la spero.
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Novena di Natale
Sesto giorno – 21 dicembre
UNA STORIA PER RIFLETTERE
C'erano una volta, in un paese di questo mondo, due sposi il cui amore non aveva
smesso di crescere dal giorno del loro matrimonio.
Erano molto poveri, ma ciascuno sapeva che l'altro portava nel cuore un desiderio
inappagato: lui possedeva un orologio da tasca d'oro, ereditato dal padre, e
sognava di comprare una catena dello stesso metallo prezioso, lei aveva dei lunghi
e morbidi capelli biondi, e sognava un pettine di madreperla da poter infilare tra i
capelli come un diadema. Col passare degli anni, lui pensava sempre di più al
pettine, mentre lei aveva quasi dimenticato il pettine, cercando il modo di
comprare la catena d'oro. Da molto tempo non ne parlavano più, ma dentro di
loro nutrivano segretamente il sogno impossibile.
Il mattino del decimo anniversario del loro matrimonio, il marito vide la moglie
venirgli incontro sorridente, ma con la testa quasi rasata, senza i suoi lunghi
bellissimi capelli. "Che cosa hai fatto, cara?", chiese, pieno di stupore. La donna
aprì le sue mani nelle quali brillava una catena d'oro. "Li ho venduti per comprare
la catena d'oro per il tuo orologio". "Ah, tesoro, che hai fatto?", disse l'uomo,
aprendo le mani in cui splendeva un prezioso pettine di madreperla. "Io ho
venduto l'orologio per comprarti il pettine!". E si abbracciarono, senza più niente,
ricchi soltanto l’uno dell'altro.
Esiste nella vita una sola felicità: amare ed essere amati.
MEDITAZIONE
Della misericordia di Dio in venire dal Cielo per salvarci colla sua morte
Quando apparve in terra il Figlio di Dio fatt'uomo, allora si vide quanto fosse
grande la bontà di Dio verso di noi. Scrive S. Bernardo che prima era apparsa la
potenza di Dio nel creare il mondo, la sua sapienza nel conservarlo; ma la sua
misericordia allora maggiormente apparve quando egli prese carne umana per
salvare con le sue pene e con la sua morte gli uomini perduti. E qual maggior
misericordia poteva usarci il Figlio di Dio, che assumere sopra di sé le pene da noi
meritate?
Eccolo nato bambino debole e fasciato dentro una mangiatola, che non può da sé
muoversi né cibarsi: ha bisogno che Maria gli porga un poco di latte per
sostentargli la vita. Eccolo poi nel pretorio di Pilato legato ad una colonna con
funi da cui non può sciogliersi, ed ivi è flagellato da capo a piedi. Eccolo nel
viaggio al Calvario che per la debolezza e per il peso della croce che porta, va
cadendo per la via. Eccolo finalmente inchiodato a quel legno infame, dove finisce
la vita a forza di dolori.
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Novena di Natale
PREGHIERA
Ah Redentore mio caro, e dove io starei a quest'ora se tu non mi avesti sopportato
con tanta pazienza, ma mi avesti fatto morire quand'io stavo in peccato? Poiché
dunque mi hai aspettato sinora, Gesù mio, perdonami presto prima che la morte
mi trovi reo di tante offese che ti ho fatto. Mi pento, o sommo bene, d'averti così
disprezzato, vorrei morirne di dolore. Tu non sai abbandonare un'anima che ti
cerca; se per il passato io ti ho lasciato, ora ti cerco e ti amo. Si, mio Dio, ti amo
sopra ogni cosa, ti amo più di me stesso. Aiutami, Signore, ad amarti per sempre
nella vita che mi resta; altro non ti domando; te lo domando e lo spero.
Maria, speranza mia, prega tu per me; se tu preghi, io son sicuro della grazia.
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Settimo giorno – 22 dicembre
UNA STORIA PER RIFLETTERE
Qualche tempo fa un padre domenicano, missionario in Giappone, recitava in
treno il suo breviario. Come segnalibro aveva una bella immagine della Madonna
con il Bambino in braccio. Accanto a lui un passeggero semplice e ancora pagano
fissò a lungo quell'immaginetta, poi, facendosi coraggio, chiese: "E' vostra moglie
quella?"
Il missionario sorrise divertito e rispose: "No, signore, è mia madre!"
L'altro riprese: "Allora questo bel bambino che essa tiene in braccio siete voi,
quand'eravate piccolo".
E il missionario con il medesimo sorriso: "Non precisamente, anche se mi
assomiglia. E' mio fratello maggiore".
Altamente meravigliato quell'uomo restò a lungo in silenzio come se tentasse di
scoprire l'enigma, quando il missionario intervenne: "Ebbene, come trovate voi
mia madre?"
E quegli: "Superbamente bella".
E il missionario: "Infatti assomiglia tutta al figlio; è per questo che è bella".
Quell'uomo semplice sbarrò tanto d'occhi e quasi correggendo, interruppe: "Cioè,
volete dire che il bimbo somiglia a sua madre e non viceversa".
"No continuò il missionario; è la madre che somiglia in questo caso al figlio,
perché il bambino è il Figlio di Dio". E si diede a spiegare il mistero di Cristo e
della sua Madre Maria.
MEDITAZIONE
Del viaggio di Gesù bambino in Egitto
Viene dal cielo il Figlio di Dio per salvare gli uomini, ma appena nato questi
uomini lo perseguitano a morte. Erode, temendo che questo bambino gli tolga il
regno, cerca di farlo morire; per cui S. Giuseppe è avvisato dall'angelo in sogno
che prenda Gesù con la sua Madre e fugga in Egitto.
Giuseppe subito ubbidisce e ne avvisa Maria; egli prende quei pochi ferri del suo
mestiere, che servivano per aver modo di vivere in Egitto insieme colla sua povera
famiglia. Maria da un'altra parte unisce un fardelletto di panni che doveano poi
servire per il santo Bambino; e poi si accosta alla culla e piangendo dice al Figlio
che dorme: O mio Figlio e Dio, tu sei venuto dal cielo per salvare gli uomini, e
questi appena nato ti cercano per toglierti la vita? Lo prende intanto e seguitando
a piangere, nella stessa notte insieme con Giuseppe si mette in viaggio.
Consideriamo quanto dovettero patir questi santi pellegrini facendo un viaggio
così lungo e senza alcuna comodità. Il Bambino non era ancor atto a camminare,
onde a vicenda dovettero portarlo in braccio, ora Maria ed ora Giuseppe. In
passare per il deserto di Egitto in quelle notti, la nuda terra serve loro di letto, in
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Novena di Natale
campagna all'aria aperta. Piange il Bambino per il freddo, e piangono insieme
Giuseppe e Maria per compassione. E chi non piangerebbe in vedere il Figlio di
Dio, che povero e perseguitato va fuggendo ramingo per la terra, per non esser
ucciso dai suoi nemici
PREGHIERA
O caro mio Bambino, tu piangi e ben hai ragione di piangere in vederti così
perseguitato dagli uomini che tu tanto ami. Oh Dio, che anche io un tempo ti ho
perseguitato con i miei peccati; ma sappi che ora ti amo più di me stesso e non ho
pena che più m'affligga quanto il ricordarmi di aver così disprezzato te, mio
sommo bene. Deh perdonami, Gesù mio, e permettimi che io ti porti con me, nel
mio cuore in tutto il viaggio della vita che mi resta da fare, per entrare insieme
con te all'eternità. Io tante volte ti ho discacciato dall'anima mia con offenderti,
ma ora ti amo sopra ogni cosa e mi pento sopra ogni male d'averti offeso.
Amato mio Signore, io non voglio lasciarti più, ma tu dammi forza di resistere alle
tentazioni; non permettere che io mi separi più da te, fammi prima morire, che io
abbia a perdere un'altra volta la tua grazia.
O Maria speranza mia, fammi viver sempre e morire amando Dio.
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Ottavo giorno – 23 dicembre
UNA STORIA PER RIFLETTERE
In un centro di raccolta per barboni, un alcolizzato di nome Giovanni,
considerato un ubriacone irrecuperabile, fu colpito dalla generosità dei volontari
del centro e cambiò completamente. Divenne la persona piu servizievole che i
collaboratori e i frequentatori del centro avessero mai conosciuto.
Giorno e notte, Giovanni si dava da fare, era instancabile. Nessun lavoro era
troppo umile per lui. Sia che si trattasse di ripulire una stanza in cui qualche
alcolizzato si era sentito male, o di strofinare i gabinetti insudiciati, Giovanni
faceva quanto gli veniva chiesto col sorriso sulle labbra e con apparente
gratitudine, perché aveva la possibilità di essere d'aiuto. Si poteva contare su di
lui quando c'era da dare da mangiare a uomini sfiniti dalla debolezza, o quando
bisognava spogliare e mettere a letto persone incapaci di farcela da sole. Una
sera, il cappellano del centro parlava alla solita folla seduta in silenzio nella sala e
sottolineava la necessità di chiedere a Dio di cambiare.
Improvvisamente un uomo si alzò, percorse il corridoio fino all'altare, si buttò in
ginocchio e cominciò a gridare: "Oh Dio! Fammi diventare come Giovanni!
Fammi diventare come Giovanni!". Il cappellano si chinò verso di lui e gli disse:
"Figliolo, credo che sarebbe meglio chiedere: Fammi diventare come Gesù!".
L'uomo guardò il cappellano con aria interrogativa e gli chiese: "Perché, Gesù è
come Giovanni?".
Se qualcuno ti chiede: "Com'è un cristiano?". "Guardami" è l'unica risposta
accettabile.
MEDITAZIONE
Della dimora di Gesù fanciullo in Egitto ed in Nazareth
Il nostro Redentore passa la prima sua fanciullezza in Egitto, menando ivi per
sette anni una vita povera e disprezzata. Ivi Giuseppe e Maria eran forestieri e
sconosciuti, non avendovi né parenti ne amici; per cui appena si sostentavano alla
giornata colle fatiche delle loro mani. Povera era la loro casa, povero il letto e
povero il cibo. In questa casetta Maria slatto Gesù. Prima l'alimentava col petto,
poi l'alimentava con la mano; prendeva con la mano dalla scodella un poco di
pane disfatto in acqua e poi lo poneva nella sacra bocca del Figlio. In questa casa
ella gli fece la prima vesticciuola; lo sciolse dalle fasce e cominciò a vestirlo. In
questa casa comincio Gesù fanciullo a dare i primi passi, ma tremando e cadendo
più volte, come avviene agli altri fanciulli. Ivi comincio a proferir le prime parole,
ma balbettando. O meraviglia! A che si è ridotto un Dio per nostro amore! Un Dio
tremare e cader camminando! Un Dio balbettare parlando!
Non dissimile fu poi la vita povera ed abbietta che fece Gesù ritornato dall'Egitto
nella casa di Nazareth. Ivi fino all'età di trent'anni non fece altro ufficio che di
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semplice garzone di bottega, obbedendo a Giuseppe ed a Maria (cf. Lc 2,51).
Gesù andava a prender l'acqua, Gesù apriva e serrava la bottega, Gesù scopava la
casa, raccoglieva i frammenti dei legni per il fuoco, e faticava tutto il giorno ad
aiutar Giuseppe nel suoi lavori. Oh stupore! un Dio che serve da garzone! Un Dio
che spazza la casa! Un Dio che fatica e suda per dirozzare un legno! Chi? Un Dio
onnipotente che con un cenno ha creato il mondo e può distruggerlo quando
vuole! Ah che un pensiero di questi dovrebbe intenerirci d'amore.
Che dolce cosa poi era l'osservare la devozione con cui Gesù faceva orazione, la
pazienza con cui lavorava, la prontezza con cui ubbidiva, la modestia con cui si
cibava, e la dolcezza ed affabilità con cui parlava e conversava! Ah che ogni
parola, ogni azione di Gesù era così santa che innamorava tutti, ma specialmente
Maria e Giuseppe che sempre lo stavano osservando.
PREGHIERA
O Gesù mio Salvatore, quando penso che tu, mio Dio, ti trattenesti tanti anni per
amor mio sconosciuto e disprezzato in una povera casetta, come posso desiderare
diletti, onori e ricchezze di mondo? Io rinunzio a tutti questi beni e voglio essere
tuo compagno in questa terra, povero come te mortificato come te e come te
disprezzato; così spero di poter godere un giorno poi la tua compagnia in
paradiso. Che regni, che tesori! Tu, Gesù mio, hai da esser l'unico mio tesoro,
l'unico mio bene. Mi dispiace sommamente che per il passato ho tante volte
disprezzato la tua amicizia per soddisfare i miei capricci; me ne pento con tutto il
cuore. Per l'avvenire voglio perdere prima mille volte la vita, che perdere la tua
grazia. Dio mio, non ti voglio offendere più, e ti voglio sempre amare. Dammi tu
l'aiuto per esserti fedele sino alla morte. Maria, tu sei il rifugio dei peccatori, tu
sei la speranza mia.
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Nono giorno – 24 dicembre
UNA STORIA PER RIFLETTERE
Il piccolo e zoppo Matusalemme ed Eliogabalo (detto Gabalo) erano due ragazzi
poveri della città. Avevano sempre vissuto, dalla nascita, nel collegio dei ragazzi
poveri. "Sai che domani è Natale?" chiese Gabalo, un giorno che tutti e due
stavano spalando la neve dall'ingresso dell'istituto. "Ah, davvero?" rispose
Matusalemme. "Spero proprio che la signora Pynchurn non se ne accorga.
Diventa particolarmente antipatica nei giorni di festa!" L'antipatica signora
Pynchum era la direttrice dell'istituto dei poveri, ed era temuta da tutti.
Matusalemme proseguì: "Gabalo, tu credi che Babbo Natale ci sia davvero?".
"Certo che c'è". "E allora perché non viene mai qui alla casa dei poveri?". "Beh",
rispose Gabalo, "noi stiamo in una strada tutte curve, lo sai no? Forse Babbo
Natale non riesce a trovarla". Gabalo cercava sempre di mostrare a Matusalemme
il lato bello delle cose, anche quando non c'era! Proprio in quel momento
un'automobile investì un povero cane che cadde riverso sulla neve. Gabalo corse
subito in suo aiuto e vide che aveva una zampa rotta. Fece una stecca e fasciò
strettamente la zampa del cane. Gabalo lesse sul collare che il cane apparteneva al
dottor Carruthers, un medico famoso nella città. Lo prese in braccio e si avviò
verso la casa del dottore. Il dottore aveva una gran barba bianca lo accolse con un
sorriso e gli chiese chi aveva immobilizzato e steccato così bene la zampa del
cane.
"Perbacco, io, signore", rispose Gabalo e gli raccontò di tutti gli altri animali
ammalati che aveva guarito. "Sei un ragazzo davvero in gamba!" gli disse alla fine
il dottor Carruthers guardandolo negli occhi. "Ti piacerebbe venire a vivere da me
e studiare per diventare dottore?".
Gabalo rimase senza parole. Andare lontano dalla signora Pynchum e non essere
più uno "della Casa dei Poveri", diventare un dottore! "Oh, oh s-s-sì, signore! Oh
... ". Improvvisamente la gioia svanì dai suoi occhi. Se Gabalo se ne andava, chi si
sarebbe preso cura del piccolo e zoppo Matusalemme?
"lo... io vi ringrazio, signore" disse. "Ma non posso venire, signore! E prima che il
dottore scorgesse le sue lacrime corse fuori dalla casa". Quella sera, il dottor
Carruthers si presentò all'istituto con le braccia cariche di pacchetti.
Quando Matusalemme lo vide cominciò a gridare: "è arrivato Babbo Natale!". Il
dottore scoppiò a ridere e, mentre consegnava al ragazzo un pacchetto dai vivaci
colori, notò che zoppicava e gli fece alcune domande.
Dopo un attimo, il dottor Carruthers disse: "Conosco un ospedale in città dove
potrebbero guarirti. Hai parenti o amici?". "Oh, sì", rispose subito Matusalemme,
"ho Gabalo!". Il dottore lanciò uno sguardo penetrante a Gabalo. "È per lui che
non hai voluto venire a stare da me, figliuolo."
"Beh, io... io sono tutto quello che lui possiede", rispose Gabalo. Il dottore,
profondamente commosso, disse: "E se prendessi anche Matusalemme con noi?".
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Novena di Natale
Questa volta a Gabalo non importò che tutti vedessero le sue lacrime, e
Matusalemme si mise a battere le mani dalla gioia. Naturalmente non sapeva che
sarebbe guarito e che un giorno Gabalo sarebbe diventato un chirurgo famoso.
Tutto quello che sapeva era che Babbo Natale aveva trovato la strada per la casa
dei poveri e che lo portava via con Gabalo.
MEDITAZIONE
Della nascita di Gesù Bambino nella grotta di Betlemme
Essendo già uscito l'editto dell'imperator di Roma, che andasse ognuno a scriversi
nella sua patria, si parte Giuseppe con la sua sposa Maria per andare a scriversi in
Betlemme. O Dio, quanto dovette patire la Vergine santa in questo viaggio che fu
di quattro giornate, per vie di montagne ed in tempo d'inverno, con freddi, venti e
piogge! Giunti che furono colà, venne il tempo del parto; onde Giuseppe si pose a
cercare per quella città qualche alloggio dove potesse partorire Maria. Ma perché
son poveri, son discacciati da tutti: son discacciati anche dall'osteria, dove gli altri
poveri erano stati accolti. Onde in quella notte uscirono dalla città, e trovando
una grotta, ivi entro Maria. Ma Giuseppe le disse: Sposa mia, come vuoi stare
questa notte in questo luogo così umido e freddo, e qui partorire? Non vedi che
questa è stalla di animali? Ma rispose Maria: Giuseppe mio, è pur vero che questa
grotta è il palazzo reale in cui vuol nascere il Figlio di Dio. Ed ecco già che venuta
l'ora del parto, stando la santa Verginella genuflessa in orazione, vede
tutt'insieme illuminata quella spelonca da una gran luce, abbassa ella gli occhi, ed
ecco che mira già nato in terra il Figlio di Dio, tenero Bambino che trema di
freddo e piange; onde prima l'adora come suo Dio, poi se lo mette in seno e lo
fascia con quei poveri pannicelli che seco avea, e finalmente così fasciato lo
ripone a giacere dentro una mangiatoia sopra la paglia.
Ecco come ha voluto nascere il Figlio dell'Eterno Padre per nostro amore. Diceva
S. Maria Maddalena de' Pazzi che le anime innamorate di Gesù Cristo stando ai
piedi del santo Bambino debbono fare l'officio delle bestie della stalla di
Betlemme, che con i loro fiati riscaldavano Gesù; e così esse devon anche
riscaldarlo con i sospiri d'amore.
PREGHIERA
Adorato mio Bambino, io non avrei ardire di stare ai tuoi piedi, se non sapessi che
tu stesso m'inviti ad accostarmi a te. Io son quello che con i peccati miei ti ho
fatto spargere tante lacrime nella stalla di Betlemme. Ma giacché tu sei venuto in
terra a perdonare i peccatori pentiti, perdona me ancora, mentre mi pento
sommamente di aver disprezzato te, mio Salvatore e Dio, che sei così buono e
tanto mi hai amato. Tu in questa notte dispensi grazie grandi a tante anime,
consola anche l'anima mia. La grazia che voglio è la grazia d'amarti, da oggi
avanti, con tutto il mio cuore; infiammami tutto del tuo santo amore. Ti amo, Dio
mio fatto bambino per me. Deh non permettere che io lasci mai d'amarti.
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O Maria, madre mia, tu tutto puoi con le tue preghiere, altro non ti domando,
prega Gesù per me.
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