THE VIABLE FIRM IN THE FRAMEWORK OF FITNESS THEORY: THE
ADVANTAGES OF THE VIABLE SYSTEM MODEL
Chiara Demartini
[email protected]
The aim of this paper is to analyze the relationship between the degree of environmental adaptation of
firms – fitness – and the organizational model characterized by planning and controlling mechanisms
similar to those showed by human neural system, as in the Viable System Model (Beer, 1972, 1979, 1984,
1991), to check if viable organizations’ model is more suitable to find best conditions in economic fitness
through an adaptive walk (Kauffman & Levin, 1987).
1 – La teoria del fitness quale teoria dell’evoluzione delle organizzazioni economiche
Le organizzazioni economiche, definite quali sistemi socio-tecnici di trasformazione, sviluppano la
capacità di sopravvivere nell’ambiente grazie alla loro attitudine teleonomica.
La caratteristica della teleonomia consiste nella capacità delle imprese di mantenere un certo grado di
adattamento ambientale, o accoppiamento strutturale nel senso di Humberto Maturana e Francisco Varela
(1998), tale per cui le reciproche perturbazioni, impresa e ambiente, determinano una coevoluzione, tramite
processi di apprendimento, in mancanza della quale l’impresa cessa di funzionare.
A prescindere dalla natura del settore, è necessario che l’impresa sia caratterizzata da condizioni di
efficienza economica, utilmente ed efficacemente descritte da Stafford Beer nel Viable System Model che
interpreta l’organizzazione economica quale sistema vitale (Beer, 1972, 1979, 1984, 1991).
Questo modello è, di fatto, una metafora del funzionamento delle imprese, interpretate alla stregua di un
sistema vivente non elementare, ed in particolare applica meccanismi di funzionamento tipici del sistema
nervoso umano al sistema di controllo d’impresa.
Le motivazioni alla base della scelta del sistema nervoso umano quale modello organizzativo ottimale di
un’impresa sono da ricercare, secondo Beer, nella necessità di gestire le relazioni d’impresa mediante un
sistema caratterizzato da funzioni specializzate e distinguibili in grado di operare con il complicato sistema
di informazioni, operazioni e interazioni che ogni organizzazione economica è chiamata a gestire –
identificabile nel concetto di varietà. Il modello si pone, pertanto, in antitesi con i modelli organizzativi che
impiegano strumenti semplici per risolvere situazioni articolate; quest’ultimo approccio risulta, infatti, poco
appropriato al contesto economico attuale in quanto, secondo la Legge della varietà necessaria di Ross
Ashby, “solo la varietà può assorbire la varietà”41. In contesti economici estremamente dinamici, quindi,
l’ampliarsi della misura della complessità impone la necessità di utilizzare modelli organizzativi
sufficientemente articolati.
Il modello risponde efficacemente al requisito di sopravvivenza delle imprese, nella misura in cui esso
permette di replicare indefinitamente i processi che caratterizzano l’impresa, secondo meccanismi tipici
della selezione naturale.
Ritengo che si possa mutuare dalla teoria del fitness – proposta in biologia evolutiva per rappresentare il
rapporto tra numero di genotipi di una certa classe, riscontrabili nella generazione presente rispetto al
numero della stessa classe di geni individuabili nella generazione precedente – il concetto secondo cui la
selezione naturale degli organismi dipende dal grado di fitness (Wright, 1931, 1932) per definire, anche
per le imprese, un grado di fitness quale espressione dell’attitudine alla rigenerazione (sopravvivenza) dei
processi economici ed organizzativi e, quindi, al mantenimento della struttura nel tempo. Possiamo
estendere la nozione di fitness anche ai modelli d’impresa, come la capacità dei modelli di proporre
soluzioni per far replicare i processi tipici dell’impresa, o un particolare gruppo di imprese42, nel tempo,
tenendo conto della struttura - fertilità - dell’ambiente.43
La teoria del fitness si completa, quindi, con il concetto di fitness landscape (Kauffman, 1993), che si
fonda sulla metafora dell’esistenza di differenti potenziali livelli di fitness per la struttura di
41
L’esatta definizione della Legge della varietà necessaria proposta da Ashby è la seguente «[…] un controller ha il
requisito di varietà – ossia la capacità di mantenere i risultati di una situazione entro un set prestabilito di stati
desiderati – se e solo se ha la capacità di far fronte a tutti i disturbi che potrebbero presumibilmente condurre a
risultati diversi da quelli sperati.» (Ashby, 1971).
42
Si pensi ad esempio ai distretti industriali, in cui le imprese appartenenti al distretto si succedono, pur sopravvivendo
le loro conoscenze, quindi le caratteristiche peculiari delle imprese che hanno cessato di esistere.
43
La scienza economica ha tradotto il concetto di fitness in una teoria evolutiva (Nelson & Winter, 1982) secondo cui
organizzazioni eterogenee sono selezionate sulla base della loro capacità di sviluppare differenti livelli di fitness con il
territorio in cui operano.
152
un’organizzazione – rappresentata in un conveniente modello – in relazione alla struttura dell’ambiente,
con ‘picchi’, ‘avvallamenti’ e ‘spianate’ di potenziale fitness, cui corrispondono differenti livelli di
performance delle organizzazioni ivi stanziate.
La capacità mostrata dalle organizzazioni che hanno saputo mantenere elevati livelli di fitness nel tempo è
certamente da ricercare nell’attitudine ad apprendere, come già indicato da Peter Senge nel concetto di
apprendimento adattivo (Senge, 1990) e di rimodulare la struttura delle conoscenze e delle competenze,
capacità riscontrata nella teoria delle dynamic capabilities (Teece, Pisano and Shuen, 1997)44 che si traduce
nel concetto di knowledge landscapes (Roos & Oliver, 1999). Tra i molteplici modelli di impresa proposti
in Letteratura, il modello che descrive l’impresa quale sistema vitale sembra mostrare maggiori potenzialità
per descrivere efficacemente l’attitudine delle imprese a ricercare, nonostante il modificarsi degli scenari
micro e macroeconomici, un livello potenziale di fitness adeguato per la sopravvivenza.
2 - Il modello d’impresa quale Viable System Model (VSM)
Il modello d’impresa quale sistema vitale garantisce, da un lato la possibilità di realizzare cambiamenti
innovativi, grazie alla modularità della sua architettura che favorisce l’interazione diretta tra sub-sistemi ed
ambiente, favorendo la ricerca dei migliori percorsi evolutivi di ogni singola funzione ed ottimizzando il
percorso adattivo, o adaptive walk (Kauffman & Levin, 1987); dall’altro di rilevare prontamente i livelli di
potenziale fitness tra il sistema e l’ambiente al fine di anticipare, o al limite di poter reagire efficacemente,
i cambiamenti che l’ambiente può mostrare nel tempo.
Da considerazioni sistemiche, nonché da presupposti cibernetici, prende avvio l’elaborazione del modello
di impresa offerto da Stafford Beer. Tale modello, proposto sin dalla fine degli anni ’60, ebbe e tuttora
presenta un notevole interesse in quanto, pur senza prendere in esame specifici meccanismi organizzativi di
controllo e di coordinamento, riesce a dimostrare, con rigore scientifico, quali caratteristiche generali
debbano possedere le organizzazioni per mantenere condizioni di teleonomia (o, nell’accezione di Beer,
vitalità) nel tempo.
L’aggettivo viable, infatti, indica l’‘attitudine a mantenere un’esistenza separata’, riproducendo i processi
del viable system in modo autonomo ed indipendente.
Lo stesso Beer asserisce che un sistema può essere definito vitale se è «Capace di mantenere un’esistenza
separata. Il sistema vitale è un sistema che sopravvive, rimane unito ed è integrale; è omeostaticamente
equilibrato sia internamente che esternamente e possiede inoltre meccanismi e opportunità per crescere e
apprendere, per svilupparsi e adattarsi, e cioè per diventare sempre più efficace nel suo ambiente.» (Beer,
1991: 63).
Da questa definizione è possibile individuare le potenzialità date dall’implementazione del modello del
VSM alle organizzazioni economiche, e alle imprese in particolare:
1. il sistema impresa concepito quale sistema vitale presenta caratteristiche di autonomia, essendo in
grado di organizzare i propri processi in funzione di una continua interazione tra le parti
componenti del sistema, affinché ciascuna di esse possa svolgere le funzioni specializzate
garantendo il raggiungimento di un obiettivo comune, in funzione della prospettiva di continuo
adattamento con l’ambiente, quindi della ricerca di picchi di fitness potenziale all’interno del
fitness landscape. Il requisito dell’autonomia garantisce, quindi, la caratteristica dell’individualità,
ossia della separazione tra sistema e ambiente;
2. il sistema, pur essendo composto da parti specializzate in funzioni differenti, sviluppa una rete di
relazioni tra sub-sistemi determinando un comportamento risultante profondamente differente
dalla “somma” dei comportamenti delle singole componenti; il comportamento del sistema vitale
scaturisce, pertanto dall’interdipendenza e dall’effetto dei comportamenti delle singole parti, in
funzione della struttura e delle relazioni che l’intero sistema determina e da cui risulta costituito45;
3. il sistema vitale inoltre, possiede meccanismi di controllo interno ed esterno che permettono di
modulare costantemente il comportamento delle singole funzioni - quindi dell’intera struttura - al
fine di prevenire errori o comportamenti non programmati; in questo consiste il concetto
44
Il concetto di apprendimento adattivo può essere assimilato al concetto di adaptive walk (Kauffman & Levin, 1987),
dove quest’ultimo rappresenta la dinamica delle mosse di un agente alla ricerca di aree del fitness landscape
caratterizzate da maggiori livelli di fitness (compatibilmente con la struttura dell’agente), mediante tentativi di
spostamento verso le aree limitrofe. L’agente decide di spostarsi dalla posizione iniziale se, e solo se, la posizione
successiva presenta, per la sua struttura, un livello di fitness maggiore o uguale all’attuale, viceversa non attua
modifiche alla propria posizione, secondo un procedimento di apprendimento dall’esperienza (Schut, 2001).
45
Tale concetto può essere meglio compreso alla luce dell’affermazione di Raul Espejo, «When a collective is
constituted as a Viable System its members are not only creating but also producing collective meanings.» (Espejo,
2003: 6)
153
dell’omeostasi, ovvero nel bilanciamento dei differenti livelli di varietà che devono essere gestiti
dalle funzioni nelle loro interazioni interne e nelle interazioni con la varietà ambientale46;
4. la capacità di condurre un’esistenza separata tipica del viable system risulta favorita dalla
attitudine ad apprendere e, per questa via, ad adattarsi all’ambiente;
5. la ricorsività, ovvero l’esistenza di meccanismi di feedback che modificano gli output della
struttura ad ogni trasformazione. Il Viable System Model inoltre, presenta caratteristiche di
ricorsività anche nella presenza di relazioni verticali con altre strutture, attribuendo al modello
base del Viable System una dimensione tridimensionale ottenibile sviluppando la struttura
elementare a differenti livelli di osservazione, infatti: «In a recursive organizational structure, any
viable system contains, and is contained in, a viable system» (Beer, 1979: 118)47.
La struttura di un viable system risponde, inoltre, alle esigenze di continuo adattamento del sistema al
contesto in cui opera, grazie ad organismi percettori, amplificatori ed attenuatori, in grado di modulare i
processi attuati dal sistema in funzione del livello di complessità da gestire. La gestione della complessità
risulta di supporto a tutte le funzioni, ma garantisce particolare efficienza alla funzione atta al
coordinamento tra impresa ed ambiente, ovvero alla funzione di intelligence.
3 – La struttura del Viable System Model
La struttura dei Viable Systems può essere rappresentata secondo lo schema di Figura 1, e risulta composta
da cinque funzioni (o –sottosistemi) che, interrelate tra loro, producono un flusso di attività strumentale
all’adattamento, quindi alla sopravvivenza, dell’intero sistema.
Figura 1 – Schema della struttura e funzionamento del VSM - Fonte: (Beer, 1984: 15)
CINQUE:
POLICY
MONITORAGGIO
AMBIENTE
OMEOSTASI
T RE-QUATTRO
TOTALE
LP
QUATTRO:
ESTERNO E
FUTURO
AUTO-REFERENZIALE
PIANIFICAZIONE
SIMULAZIONE
FUT URO
T RE:
INTERNO E
PRESENTE
AUTO-ORGANIZZ.
REGOLAZIONE
DUE:
ANTIOSCILLATORIO
AMBIENTE
INTERNO
UNO
AMBIENTE
LOCALE
TRE *
CONTROLLO
SPORADICO
5
3*
4
3
DUE
2
2
1
2
2
UNO
2
5
AMBIENTE
LOCALE
4
3*
3
DUE
2
AMBIENTE
INTERNO
2
1
2
2
2
Le principali funzioni di cui risulta composto un Viable System Model sono compendiate nelle seguenti:
46
Per varietà si intende il numero di possibili stati di un sistema (Ashby, 1971), vale a dire le modalità in cui un
sistema si può presentare e che un agente (osservatore) può osservare con riferimento ad un definito riferimento
temporale. La misura della varietà quantifica, quindi, il numero di tutte le possibili combinazioni di stati possibili dei
diversi elementi distinti del sistema (Beer, 1991: 91).
47
Analogo concetto è riscontrabile nella Teoria Olonica, ed in particolare nella definizione di olone, di Arthur
Koestker secondo cui: «Every holon has the dual tendency to preserve and assert its individuality as a quasiautonomous whole; and to function as an integrated part of a larger whole. This polarity between the Self-Assertive
and Integrative tendencies is inherent in the concept of hierarchic order; an universal characteristic of life.» (Koestler,
1967: 343; citato da Mella, 2007).
154
1.
2.
3.
4.
5.
implementazione, o Sistema Uno, sotto-sistema preposto allo sviluppo delle operazioni che
giustificano l’esistenza dell’intero sistema, chiamate anche attività primarie (Espejo, 2002);
coordinamento, o Sistema Due, composto da unità preposte all’integrazione del valore aggiunto
prodotto da ciascuna attività primaria secondo meccanismi di comunicazione48, al fine di ottenere
relazioni sinergiche tra le unità stesse;
controllo, o Sistema Tre, meccanismo di comunicazione diadica tra sub-sistemi ed il
metasistema49, al fine di ottenere una supervisione dell’intera rete di attività in modo immediato;
intelligence, o Sistema Quattro, la cui azione fondamentale risulta esplicitata dall’analisi e dalla
comprensione della natura e della dinamica dell’ambiente di riferimento;
policy, o Sistema Cinque, il cui principale obiettivo è fornire indicazioni strategiche chiare e
configurare le condizioni per la massima efficacia organizzativa.
4 - L’impresa quale sistema cibernetico e la Fitness Theory: opportunità e limiti
Qualunque sia la tendenza, verso la differenziazione o la conformità delle forme organizzative delle
imprese (Deephouse, 1999), è certo che queste debbano ricercare percorsi competitivi ed evolutivi che
permettano il raggiungimento dei ‘picchi’ nel fitness landscape. Tale obiettivo si configura quale strategia
orientante ai fini della sopravvivenza in un contesto competitivo dinamico e fortemente concorrenziale.
Il raggiungimento del suddetto fine si realizza mediante una costante ricerca ed organizzazione delle
‘perturbazioni ambientali’ utili alla (ri)configurazione dei processi d’impresa, sia mediante l’introduzione
di innovazioni, sia grazie a miglioramenti all’interno del medesimo contesto organizzativo. La ricerca deve
necessariamente considerare la pianificazione ed il controllo dell’intero sistema impresa e delle singole
funzioni di cui risulta composto.
La sopravvivenza del sistema dipende, quindi, crucialmente dalla capacità dell’impresa di realizzare una
policy efficace, chiara e condivisa, costruita sulla base delle informazioni interne ed esterne che il sistema
di intelligence elabora. La strategia proposta dal sistema di policy viene diffusa a tutte le unità elementari
che svolgono attività primarie, coordinate tra loro e supervisionate dal sistema di controllo, il quale
contemporaneamente raccoglie e fornisce informazioni e istruzioni dal/al metasistema e dalle/alle singole
unità produttive.
L’efficacia dei sub-sistemi di policy e intelligence deriva prevalentemente dalla capacità delle stesse di
apprendere, ovvero di prendere conoscenza, in modo consapevole, dei cambiamenti endogeni ed esogeni
cui l’organizzazione è sottoposta e che, a sua volta, induce. L’apprendimento ed il cambiamento, infatti,
possono essere considerati sinonimi di adattamento in contesti in continuo divenire. Il modello di impresa
vitale, che sfrutta meccanismi di controllo, di apprendimento e di adattamento automatici rappresenta lo
schema dell’impresa performante, in grado di sopravvivere nel tempo.
Il modello organizzativo vitale di impresa favorisce, quindi, da un lato un’efficace ed efficiente attività di
controllo e monitoraggio dell’ambiente esterno e delle azioni svolte all’interno dei confini della struttura,
dall’altro, proprio in forza della prima argomentazione, garantisce al sistema ottimali percorsi di
adattamento, adaptive walk (Kauffman & Levin, 1987), in quanto le interconnessioni tra sub-sistemi non
pregiudicano l’individuale interazione degli stessi con l’ambiente, quindi la possibilità di modulare le
evoluzioni strutturali in funzione di un riorientamento omeostatico.
Certamente l’impostazione del modello di Beer risulta caratterizzata da alcune aree di criticità, soprattutto
in termini di implementazione del modello, tra cui è utile menzionare quelle espresse da Michael C.
Jackson (1991: 117-131):
1. il modello è una metafora di un organismo (o di una macchina), quindi non può essere applicato a
ciò che è costituito da caratteristiche differenti (Ulrich, 1983);
2. il concetto di varietà rappresenta una misura dipendente dall’osservatore; è quindi poco oggettiva;
3. il modello non mostra una rappresentazione completa di un’organizzazione;
48
Raul Espejo, infatti, afferma: «[…] communication is coordination of actions. It refers to the structural coupling of
the participants of an organisation - that is, to their structural adjustments - in a history of recurrent interactions.»
(Espejo, 1999: 644)
49
Il metasistema rappresenta il macro-sistema composto dai sub-sistemi Tre, ovvero controllo, Quattro, ovvero
intelligence e Cinque, ovvero il sistema preposto alla definizione della policy. La definizione di metasistema, secondo
il pensiero di Beer, può essere espressa dalla seguente affermazione: «a system over and beyond a system of lower
logical order, and therefore capable of deciding propositions, discussing criteria, or exercising regultion for systems
that are themselves logical incapable of such decisions and discussions or of self-regulation (because the metalogic is
inaccessible to the system’s logic, or the metalanguage is capable of statements inexpresible in the system’s
language)» (Beer, 1972: 306).
155
4.
il modello non prende in considerazione il ruolo teleologico degli attori all’interno
dell’organizzazione.
Nonostante alcune di queste criticità possano trovare un’adeguata argomentazione a supporto del modello,
ve ne sono altre che non possono essere trascurate nell’analisi dei modelli di impresa. Il sistema vitale
rappresenta, in ogni caso, uno strumento operativo di notevole interesse e la necessità di una ricerca di
metodi e tecniche applicativi più efficaci renderà più diffuso questo modello di impresa.
References
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
Ashby W.R., “An introduction to cybernetics”, Chapman & Hall, London, 1971.
Beer S., “Brain of the firm: the managerial cybernetics of organization”, Allen Lane the Penguin
press, London, 1972.
Beer S., “The heart of enterprise”, Wiley, Chichester, 1979.
Beer S., “The Viable System Model: its provenance, methodology and pathology”, The Journal of
the Operational Research Society, 1984, Vol. 35: 7-25.
Beer S., “Diagnosi e progettazione organizzative: principi cibernetici”, ISEDI, Torino, 1991.
Christensen C.M., “The Innovator's Dilemma: when new technologies cause great firms to fail”,
Collins Business Essentials, London, 1997.
Deephouse D.L., “To be different, or to be the same? It’s a question (and theory) of strategic
balance”, Strategic Management Journal, 1999, Vol. 2, n. 2: 147-166.
Espejo R., “Aspects of identity, cohesion, citizenship and performance in recursive organisations”,
Kybernetes, 1999, Vol. 28: 640-658.
Espejo R., “Systems and the Information Society: requisite organisations and Problem Solving”,
Nature, at http://itsy.co.uk/archive/sisn/Out/SisRops.pdf, 2002.
Espejo R., “The Viable System Model – A briefing about organisational structure”, at
http.//www.syncho.com, 2003.
Jackson M.C., “The origins and nature of critical systems thinking”, Journal of System Practice
and Action Research, (1991), Vol. 4: 131-149.
Kauffman S.A., “The Origins of Order: Self-Organization and Selection in Evolution”, Oxford
University Press, New York, 1993.
Kauffman S.A. and Levin S., “Towards a general theory of adaptive walks on rugged landscapes”,
J. Theor. Biol, 1987, 128: 11–45.
Levins R., “Theory fitness in a heterogenous environment. I. The fitness set and Adaptive
function”, The American Naturalist, 1962, Vol. 96, n. 891, 361-373.
Maturana R.H. and Varela F.J., “The tree of knowledge, revised edition”, Shambala, Boston,
1998.
Mella P., “Reti orgoniche. La prospettiva olonica della produzione di valore”, in Mella P. and
Velo D. (eds.), Creazione di valore, corporate governance e informativa societaria, Giuffrè,
Milano, 2007.
Nelson R.R. and Winter S.G., “An evolutionary theory of economic change”, Belknap Press of
Harvard University Press Cambridge, Mass., 1982.
Roos J. and Oliver D., “From fitness landscape to knowledge landscape”, Systemic Practice and
Action Research, 1999, Vol 12, n. 3: 279-293.
Senge P. M., “The Fifth Discipline, the Art and Practice of the Learning Organization”,
Doubleday Currency, London, 1990.
Teece D.J., Pisano G. and Shuen A., “Dynamic capabilities and strategic management”, Strategic
Management Journal, 1997, Vol. 18: 509-533.
Tushman M.L. and Romanelli, E., “Organizational evolution: A metamorphosis model of
convergence and reorientation”, Research in organizational behavior, 1985, Vol. 7: 171-222.
Ulrich W., “Critical Heuristics of Social Planning. A New Approach to Practical Philosophy”,
Paul Haupt Academic Publishers, Bern, 1983.
Wright S., “Evolution in Mendelian populations”, Genetics, 1931, Vol. 16: 97-159.
Wright S., “The roles of mutation, inbreeding, crossbreeding and selection in evolution”,
Proceedings of VI International Genetics Congress, 1932, Vol. 1: 356-366.
156
Scarica

the advantages of the viable system model