Gianfranco Paris
Ugo Fangareggi
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LE CASTE
DELLE CASTE
Appunti per una
biografia d’autore
“UNA RAGIONE PER
VIVERE...”
Julio César Chávez Jr.
Pugilato antico per un
giovane campione
- pag. 4 -
ANNO XXVII
n° 1
Genn.-Febb.-Mar. 2012
- pag. 14 -
- pag. 5 -
MONDO SABINO
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Il Giornale del Centro Italia - Periodico Indipendente
Solo una Rieti Virtuosa può sconfiggere il
Cemento... cemento, sempre più cemento!
L’ultima trasmissione intitolata Presa
diretta, in onda domenica scorsa su
RAI TV3 mi fornisce lo spunto per riparlare della politica urbanistica del
comune di Rieti.
Il conduttore ha preso in esame tre
esempi in campo nazionale: l’isola
d’Ischia, la città di Cosenza e la città di Reggio Emilia. Tre esempi emblematici di come la politica urbanistica posta in essere dai comuni italiani sia analoga in tutto il territorio nazionale, sia se governato da amministratori che si dichiarano di appartenere al centro destra che da quelli del centro sinistra.
Cambiano gli strumenti, ma la musica è sempre la stessa!
L’isola d’Ischia è un caso da raccapriccio. Una delle perle del Mediterraneo, celebrata da poeti e frequentata fin dai tempi degli antichi romani per le sue acque salutari, vede ridotte le sue coste ad un agglomerato
di cemento, in molti casi incompiuto,
che deturpa gli angoli più belli delle
sue coste, con case che in alcuni casi
occupano addirittura la spiaggia e
che, quando arriva l’alta marea, l’acqua
salmastra
inonda
il
RIETI - P.LE MELVIN JONES 1-2-3
0746.204026 - 270314 - 80219
Un provvedimento dal termine improprio
«SVUOTACARCERI»
RADIOGRAFIA DEL LUNGO E TRAVAGLIATO PARTO
a cura di Valeria Centorame
La Camera ha confermato la fiducia al governo sul decreto legge 'svuotacarceri' con 420 sì, 78 no
e 35 astenuti. Idv e Lega hanno
confermato il no, via libera da
parte di Pd, Pdl e Udc. Il ricorso al
voto di fiducia era stato annunciato
ieri dal governo in Aula: una scelta determinata dai tempi stretti per
la conversione, che rischiavano di
far scadere il decreto (il termine era
il 20 febbraio) e dall'ostruzionismo
messo in atto dalla Lega che già
da martedì aveva costretto l'aula a
una seduta notturna per il gran nu-
- segue a pagina 2 -
pianterreno e gli scantinati.
In uno degli scantinati di un albergo
è stato sistemato l’archivio del comune di Forio che raccoglie tutte le
domande dei condoni, regalati dal
Parlamento italiano agli abusivi, che
attendono di essere prese in considerazione per la sanatoria. Migliaia
di domande che non possono essere evase per mancanza di personale e anche perché l’architetto che le
deve esaminare subisce periodicamente delle minacce.
Ma non basta. Un abusivo, interrogato dal cronista, per difendersi ha riferito che proprio sopra la sua casa
c’era una villetta, indicandola alle telecamere, costruita da un
[email protected]
Prefetto della Repubblica, accanto
alla quale ce n’è un’altra costruita da
un familiare di Mastella.
Sono rari i luoghi delle tantissime coste dell’isola immuni da brutture e incompiute di ogni tipo.
A Cosenza le cose sono ancora
peggiori. Cosenza è la città dove
completò il suo ministerio ecclesiastico l’arcivescovo Trabalzini, dopo
aver lasciato da vescovo la città di
Rieti.
Qui è stata posta in essere una politica tesa a favorire lo spopolamento del centro storico a favore della valorizzazione urbanistica della periferia
che, da agricola, è stata trasformata da zona urbana ad alta intensità
[email protected]
abitativa.
Ma non solo, è stata consentita la
realizzazione di un grosso centro
commerciale con annessi dell’indotto sotto una collina ad alto rischio di
frane perché situata in una zona di
facile accesso.
Tutte le colline circostanti, bellissime
dal punto di vista paesaggistico,
sono state invase da migliaia di
case che ne hanno snaturato la bellezza e la funzione.
Il discorso del centro storico merita
una particolare riflessione.
Il centro storico di Cosenza, come la
maggior parte dei centri storici delle città italiane, come ad esempio
Rieti, è molto bello e rappresenta la
memoria storica dello sviluppo della nostra cultura.
In qualunque parte d’Europa ci si rechi, i centri storici delle città sono oggetto di particolari cure e rappresentano una forte occasione di sviluppo dell’economia turistica.
Quando nel 1970 fu approvata la legge sui suoli, la cosiddetta legge del
repubblicano Bucalossi, essa pre
- segue a pagina 3 -
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2
ATTUALITÀ
MONDO SABINO
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
«SVUOTACARCERI»
a cura di Valeria Centorame
mero di iscritti a parlare.
Questa norma, che estende il tempo
dai precedenti 12 mesi a 18, "si calcola che interesserà 3.500 detenuti
che dovrebbero lasciare il carcere,
solo dopo una decisione del giudice
che valuterà la pericolosità sociale".
Vediamo allora di capire meglio e più
approfonditamente di cosa si tratta e
quali saranno gli effetti di questo decreto legge, partendo dalla sua nascita.
La storia inizia da molto lontano, con
la presentazione da parte dei radicali
di una mozione sulle carceri approvata dalla Camera dei Deputati in
data 12 Gennaio 2010 che riporto qui
nella parte in cui «impegna il Governo a» e per la cui attuazione l'On.
Rita Bernardini ha effettuato insieme
ad altri un lungo sciopero della fame.
Tra i vari punti la mozione sulle carceri presentata alla Camera dei Deputati dalla radicale Rita Bernardini
ha impegnato il Governo ad attuare
una profonda riforma delle norme sulla esecuzione delle pene prevedendo, tra l’altro:
1) l’applicazione della detenzione
domiciliare quale strumento centrale nell’esecuzione penale relativa a
condanne di minore gravità anche attraverso l’attivazione di serie ed efficaci misure di controllo a distanza dei
detenuti;
2) il rafforzamento delle sanzioni penali alternative alla detenzione intramuraria, a partire dalla estensione
dell’istituto della “messa alla prova”,
previsto dall’ordinamento minorile,
anche nel procedimento penale ordinario, prevedendone l’applicabilità
non solo alle pene edittali minime”.
Entrambi questi passaggi della mozione, come gli altri sono stati approvati a larghissima maggioranza sia
alla Camera che al Senato, previo parere favorevole espresso dal Governo, da tutti i gruppi parlamentari
(Lega, Pdl, Udc, Italia dei Valori e Pd).
Dopodichè il Governo presenta il disegno di legge A.C. 3291 (Disposizioni relative all’esecuzione presso il
domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno e sospensione del
procedimento con messa alla prova).
Il provvedimento governativo, nella
sua formulazione originaria, sposava (in linea di massima) le citate disposizioni contenute nella mozione
sulle carceri radicale.
Sebbene il DDL non facesse altro
che tradurre in norme di legge gli impegni assunti da maggioranza ed opposizione con l’approvazione della
mozione sulle carceri, appena approdato in Commissione Giustizia
della Camera (8 aprile 2010) il disegno di legge viene sottoposto ad un
fuoco incrociato di critiche da parte
della Lega, dell’Italia dei Valori, del
Partito Democratico e di una parte
consistente del Popolo della Libertà,
i quali si oppongono con forza alla richiesta del Governo di trasferire
l’esame del provvedimento in sede
legislativa.
Contro questo atteggiamento ostruzionistico Rita Bernardini decide di intraprendere, insieme ad altri compagni e dirigenti radicali, un secondo
sciopero della fame durato quasi un
mese. L’iniziativa non violenta dei radicali non riesce purtroppo ad evitare il mancato trasferimento del disegno di legge alla sede legislativa, passaggio che avrebbe invece comportato un suo più spedito esame ed una
sua più celere approvazione.
Il tiro al bersaglio aperto da maggioranza e opposizione (con l’ovvia
esclusione dei radicali) contro il provvedimento governativo, spinge il Presidente del Consiglio dei Ministri a
preannunciare, con dichiarazione datata 16 aprile 2010, la presentazione
di un decreto legge per sbloccare la
situazione di stallo che si è venuta a
creare in Commissione Giustizia.
Il ddl svuota-carceri, duramente criticato dalla Lega e dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni, cambia volto: il governo praticamente lo riscri ve in toto presentando tre emendamenti in commissione Giustizia alla
Camera che cancellano l’automatismo per cui ai detenuti a cui resta un
anno di pena è concesso di scontarla
a domicilio.
A decidere quindi se consentire la
detenzione domiciliare sarà il magistrato di sorveglianza.
Il disegno di legge Alfano, impropriamente definito “svuota-carceri”,
viene svuotato nei suoi contenuti essenziali.
Grazie anche a questa modifica il
provvedimento sarà quindi destinato ad avere un impatto limitatissimo
sui drastici numeri del sovraffollamento carcerario, in quanto saranno
esclusi dal suo raggio di operatività
tutti quei condannati (soprattutto extracomunitari) sprovvisti di domicilio
“idoneo” o di collegamenti con il territorio o tutti quei detenuti comunque
ritenuti socialmente pericolosi dal
magistrato di sorveglianza perché
magari recidivi (e saranno moltissimi).
Difatti dalla sua attuazione la legge
199, chiamata impropriamente
«svuotacarceri» dell'allora Guardasigilli Alfano ha prodotto questo risultato.
Fonte «Senato.it» al 31/12/2010 il numero totale dei detenuti era pari a
67.961, il 31/12/2011 era pari a
66.897.
E siamo quindi arrivati al parto del
nuovo provvedimento sul quale il Governo ha oggi chiesto ed ottenuto la
fiducia.
Ma ci sono gli stessi paletti e non
molte differenze con il precedente,
tranne per il fattore tempo. Si è aumentata da 12 a 18 mesi la parte finale della pena da poter scontare agli
arresti domiciliari. E si è ridotto da 96
a 48 ore il tempo che un presunto reo
deve attendere prima che un giudice decida se in carcere deve andarci oppure no, in attesa del processo.
Il decreto prevede, tra i punti qualificanti, il ricorso prima ai domiciliari, in
seconda istanza alle camere di sicurezza e solo in maniera residuale
in carcere, per gli arrestati in flagranza
per reati di competenza del giudice
monocratico (con l’esclusione di furto in appartamento, scippo, rapina ed
estrorsione semplici) ed entro le 48
ore dal fermo, in attesa dell’udienza
di convalida; il prolungamento da 12
a 18 mesi del fine pena che si può
scontare ai domiciliari, e la chiusura,
entro il 31 marzo del 2013, degli
Ospedali psichiatrici giudiziari.
Si stima che con questo provvedimento usciranno dai 3 ai 4.000 detenuti in un anno.
I detenuti in esubero sono invece oltre 20.000 ad oggi (e si continuerà ad
arrestare nel frattempo).
Ora ci si chiede: Perchè si chiama
«svuotacarceri» se di fatto non svuota proprio nulla?
Perchè viene fatta demagogia parlando di «resa dello Stato"? se di fatto è lo stesso Stato a non rispettare
le leggi ed a trattenere illegalmente
più persone di quanto sia possibile
per legge?
Le prigioni italiane in realtà potrebbero ospitare non più di 45.654 reclusi, quindi anche una riduzione di
circa 4 mila detenuti non riuscirà né
a modificare né a migliorare sensibilmente la situazione di intollerabile sovraffollamento.
Proprio ieri l’Italia è stata condannata
dal Tribunale dei diritti dell’uomo a risarcire con 10 mila euro un detenuto nel carcere di Parma, malato di
cancro alla prostata: costui, ha denunciato in aula la deputata radicale Rita Bernardini, “non solo non viene curato per il male che lo aggredisce, ma vive intrappolato nella sua
sedia a rotelle perché inevitabilmente circondato da barriere architettoniche”.
La situazione carceraria è obiettivamente drammatica: secondo i radicali, che da tempo propongono come
- segue dalla prima pagina unica soluzione possibile il ricorso all’amnistia, nel 90% delle prigioni
l’affollamento è letteralmente insopportabile. I reclusi in media sono costretti a vivere, per oltre 23 ore al giorno, in una superficie di circa due metri quadrati in media a testa. I suicidi sono stati 65 nel 2011, cui si sono
aggiunti altri 1.137 tentativi di suicidio; gli atti di autolesionismo sono stati 5.703. I morti in cella per suicidio
negli ultimi 10 anni sono stati 1.023
in totale, per il 63% detenuti in attesa di giudizio.
Sappiamo da dati certi che «"il detenuto che sconta la pena con una
misura alternativa ha un tasso di recidiva molto basso (circa il 28%),
mentre chi la sconta in carcere torna a delinquere con una percentuale del 68%»
Quindi sappiamo anche che il carcere non crea sicurezza.
Uno dei dati più sconcertanti inoltre
è che per il 42% i detenuti nelle nostre carceri sono in attesa di giudizio
e la metà di loro verrà riconosciuta
INNOCENTE.
Questi ultimi non avendo una pena
definitiva, non potranno neanche
usufruire del pannicello caldo chiamato «Svuotacarceri», che risposta
siamo in grado di dare noi alle migliaia di innocenti dietro le sbarre?
MONDO SABINO
Periodico
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nª 1 dell’11/02/1986
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Gianfranco Paris
Redattore Capo
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Stampato il 22 - 02 - 2012
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
ATTUALITÀ
MONDO SABINO
3
Solo una Rieti Virtuosa può sconfiggere il
Cemento... cemento, sempre più cemento!
- segue dalla prima pagina -
vedeva che tutti i comuni si dotassero
di un piano regolatore prima e di un
piano particolareggiato poi per mettere mano ad una intensa campagna
di potenziamento del patrimonio urbanistico cittadino.
Questa norma è stata totalmente, o
quasi, disattesa e anche quando è
stato redatto il piano regolatore non
è stato fatto il piano particolareggiato che avrebbe dovuto stabilire nei
dettagli come intervenire.
Ho vissuto direttamente questa tragedia urbanistica a Rieti dove, pur essendo stato affidato l’incarico di redigere il piano particolareggiato, non
fu redatto perché i sindaci che vennero dopo quella amministrazione
preferirono bloccare la città a favore
dei tanti palazzinari iscritti ai vari partiti, ed in qualche caso finanziatori,
che invece avevano comprato i terreni circostanti il perimetro cittadino.
Così il centro storico di Cosenza oggi
è in pieno abbandono. A Cosenza
l’amministrazione è appannaggio
del centro destra. Il sindaco, una donna, ha mostrato molta insofferenza
alle domande del cronista. Abbiamo
visto delle immagini veramente
squallide e vie completamente abbandonate, senza abitanti e senza
vita.
Di recente ho rivisto Palermo dopo
50 anni, stessa situazione, anzi peggio perché a Palermo niente è concesso se non si fa parte di certi ambienti. Sembra impossibile che dopo
tanto tempo nulla sia accaduto.
Il centro storico di Rieti ha subito la
stessa sorte, ma si è salvato (si fa per
dire) a causa del terremoto che ha
messo in moto un processo di ristrutturazione a prescindere dal piano particolareggiato e per via di
qualche piano di ristrutturazione pilotato sempre dagli stessi palazzinari,
mentre ai privati non viene concesso niente.
Il risultato è comunque lo stesso perché da punto di vista della vita economica e sociale il centro storico di
Rieti è praticamente quasi morto.
Non ci sono più negozi, né attività artigianali che erano l’anima pulsante
della Rieti dello scorso secolo, molte le case disabitate e abbandonate.
Il terzo esempio trattato da Presa diretta è quello di Reggio Emilia, amministrazione comunale guidata dal
centro sinistra.
Anche qui stessa situazione. Abbiamo sentito il sindaco dichiarare
che è bene consentire a chi vuole abbandonare la coltivazione dei terreni di trasformarli in terreni da urbanizzare per due motivi, primo perché
si crea lavoro e secondo perché i palazzinari portano soldi al comune con
gli oneri di urbanizzazione.
Così anche nella “civilissima” padania si applicano gli stessi metodi del
resto d’Italia e il processo di cementificazione assorbe implacabilmente terreni agricoli seminando il
panorama paesaggistico d’Italia di
brutture e degradando i centri storici e i terreni.
A Rieti l’opera di cementificazione è
stata recentemente potenziata dal
consiglio comunale con la delibera di
approvazione dei Piani Integrati, fortissimamente voluta dall’assessore
all’urbanistica, che sarà probabilmente il prossimo candidato sindaco del centro destra reatino alla carica di sindaco. Con la scusa di sanare le tre zone ex industriali degradate del centro cittadino, la delibera consente la presentazione di
progetti di cementificazione di tutte
le altre poche zone cittadine distribuite a macchia d’olio intorno al
centro. Ma mentre le zone ex industriali dovranno essere prima bonificate, e quindi molto probabilmente rimarranno così come sono per altri
decenni in attesa di tempi per maggiori facilitazioni, le altre zone verranno a brevissimo invase da case e
negozi destinati a rimanere sfitti, atteso che la città di Rieti, anziché aumentare la popolazione, la diminuisce.
Per fortuna che in Italia non la pensano tutti così. C’è qualcuno che si
oppone non a parole ma con i fatti,
come documentato sempre da Presa diretta. Infatti il sindaco di Colorno Marco Boschini che, insieme al
sindaco di Cassinetta Domenico Finiguerra, ha costituito l’Associazione dei comuni virtuosi, ha deciso di
non concedere terreni agricoli alla urbanizzazione del cemento, convinto che il vero bene dei suoi amministrati si fa conservando il patrimonio
naturale alla collettività rifiutando il
finto benessere della cementificazione.
Seguendo esempi di questo genere,
Fara Virtuosa prima, e Rieti Virtuosa
dopo, sono nate sullo slancio di
queste idee e per realizzare le premesse perché nella pubblica amministrazione prevalgano a breve, o a
lunga scadenza, queste linee di
azione politica concreta.
Una ragione di più perché i cittadini
si organizzino a difesa dei loro beni
naturali contro ogni effimera speculazione che porta utili solo a pochi e
danni a tutta la collettività.
Gianfranco Paris
4
ATTUALITÀ
MONDO SABINO
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
LE CASTE DELLE CASTE
di Gianfranco Paris
Considerazioni a margine del decreto sulle liberalizzazioni
Foto mepradio
C’è in atto in Italia una guerra al governo Monti da parte degli Ordini
professionali per l’abolizione della
tariffe professionali previste dalla
“tariffe” approvate dagli Ordini stessi. Si tratta di una norma che tende a sottrarre le parcelle al semilibero arbitrio che le determina in
base a minimi e massimi di ampia
fascia discrezionale e al controllo
dei membri dei consigli degli ordini che quantificano il valore dell’opera svolta con valore di definitività.
C’è poi nel decreto un’altra norma
fortemente innovativa. Essa prevede che il professionista debba rilasciare a richiesta un preventivo
della attività che andrà a svolgere
indicandone la complessità e quantificando in denaro la prestazione
che andrà a percepire, e le modalità dello incasso a cominciare dall’anticipo. Questa norma ha il chiaro scopo di sottrarre l’utente della
prestazione dal rischio, molto spesso reale, di spiacevoli sorprese di
fronte alle quali non ha difesa alcuna.
Per gli enti pubblici che conferiscono parcelle c’è l’obbligo di richiedere almeno tre preventivi, ma
la cosa non pare ancora definitiva.
Nell’art. 9 del D.L. 24/1/2012 n. 1 ci
sono altre modifiche, ma per ora mi
limito ad esaminare solo queste
due grandi novità.
Sono iscritto all’Albo degli avvocati dal 1965 e scrivo per esperienza
vissuta. I miei colleghi vedono
come fumo negli occhi queste due
innovazioni. Io dissento profondamente da loro.
La selezione degli avvocati in questi ultimi anni soffre di un tentativo
massiccio di sbarramento da parte
di coloro che sono già iscritti agli
albi. Tale sbarramento viene esercitato con ferreo controllo attraverso gli esami che sono diventati
difficilissimi per coloro che, pur
avendo predisposizione e capacità,
non hanno santi nel paradiso delle varie baronie sparse in tutta Italia.
Gli iscritti si tutelano con la tariffazione obbligatoria e con il controllo delle parcelle, senza che fin dall’inizio il cliente possa capire niente di quel che accadrà alle sue tasche nel corso della vertenza.
Quando uno straniero, sia esso
un privato, una assicurazione, un
ente pubblico o privato ecc.. che
debba affrontare la giustizia in Italia ti affida l’incarico, ti chiede regolarmente un preventivo. Conosco
la cosa per esperienza diretta. Il nostro sistema è quasi unico in Europa. Non conosco ciò che accade
nel resto del mondo, ma da quello
che si vede nei film ed è descritto
in letteratura pare che americani, cinesi ecc..siano più vicini agli altri
stati europei che a noi.
A questo punto mi piace spiegare
perché io sono favorevole al governo Monti citando fatti che succedono nel mio Foro, perché solo
con i fatti concreti si può capire
bene la filosofia che le ispirano e
l’impatto concreto di norme astratte come quelle previste dall’art. 9
del D.L. 24/1/2012 n.1.
E’ di questi giorni la notizia, apparsa
su il Messaggero di Rieti, che un
membro del nostro consiglio dell’Ordine ha ottenuto una considerevole somma di denaro dalla Amministrazione provinciale di Rieti per
un ricorso al TAR del Lazio. Non è
mia intenzione mettere bocca sulla somma ricevuta e sul valore
della attività svolta. Non mi riguarda. Mi riguarda invece come cittadino e lavoratore il modo come qui
da noi vengono conferiti gli incarichi ed il sistema di liquidazione che
Monti intende abrogare.
La Provincia di Rieti, come del resto il Comune e gli altri enti locali,
affidano gli incarichi al buio. Deliberano un modesto acconto e poi
attendono la parcella finale. La
parcella finale viene redatta dal professionista e vistata con il parere di
congruità dal consiglio dell’ordine.
Di norma in questi ultimi anni ogni
due anni si sviluppa una lotta serrata tra varie cordate di avvocati per
la conquista del Consiglio dell’Ordine.
Le cordate sono spesso costituite
da colleghi iscritti a partiti politici
che conoscono bene i metodi praticati in quel settore per riuscire ad
entrare nei vari organi direttivi.
Poi nei due anni che seguono molto spesso nelle delibere di incarichi
di Provincia, Comuni, Ater ec..
compaiono nomi di avvocati che
sono membri del consiglio dell’ordine e anche contemporaneamente assessori, consiglieri comunali
ecc..
Nel caso di Berlusconi i partiti della sinistra hanno parlato per quasi
due decenni di conflitto di interessi, nel nostro caso una tale commistione tra politica e incarichi professionali come la vogliamo chiamare? Collusione di interessi?
Il bello è che alcuni di questi oggi
in politica si candidano a rappresentare il nuovo.
Se invece gli enti pubblici dovessero
richiedere tre preventivi per poter
affidare un incarico ad un avvocato, a meno che si verifichino cordate, pur sempre possibili, come
accade negli appalti, si verificherà
comunque una notevole bonifica nel
settore.
E soprattutto si avvierà quella liberalizzazione che consentirà ai più
bravi di emergere e non ai più aggreppiati di ingrassarsi, come accade da una ventina d’anni a questa parte.
Il rumore contro il decreto Monti non
proviene dalla base delle centinaia di migliaia di iscritti, ma da coloro che li controllano attraverso gli
ordini professionali. UNA CASTA
NELLA CASTA.
E’ per questo che queste sovrastrutture vanno abolite come chiedono a gran voce da decenni i Radicali.
Ora mi aspetto che l’Ordine al quale appartengo mi sottoponga a
procedimento disciplinare.
L’ANNIVERSARIO DELLA BATTAGLIA DI NIKOLAJEVA
Anche quest’anno l’anniversario della Battaglia di Nikolajeva
1941- 43 è stato celebrato
come di consueto presso il
Giardino dei Caduti sul fronte
russo sito in Roma sulla via
Cassia (Tomba di Nerone) la
quarta domenica del mese di
gennaio.
Anima della manifestazione è
stato ancora Lui, l’artigliere Al-
pino Silvano Leonardi che, con
la costanza e lo spirito dello Alpino, è riuscito a far apporre in
quella località il monumento a
tutti i caduti nella campagna di
Russia dell’ultima guerra mondiale finanziato da tutte le Regioni italiane.
Nella foto: il monumento ricoperto dai berretti di tutte le Armi
che parteciparono all’evento.
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
CINEMA E CULTURA
Ugo Fangareggi
Appunti per una biografia d’autore
“Una ragione per vivere...”
Nel 1971 continuai con: “Gli
fumavano le colts, lo chiamavano Camposanto” western spaghetti di Giuliano
Carnimeo con Gianni Garko che all’epoca andava
alla grande; ero truccato
da messicano con una parlata improbabile e facevo
copia con un collega del
quale ora nn so più nulla,
può essere che sia fuggito
in Messico per aver usato il
metodo Stanislavskij o per
la vergogna di aver fatto il
film. Seguì un altro discreto film: “Anche se volessi lavorare che faccio”, di Flavio
Mogherini con Ninetto Davoli, io facevo un prete, Ninetto era simpaticissimo e
la discrezione del regista,
che ne veniva dal grande
successo che ha lanciato R.
Pozzetto in: “Per amare
Ofelia”, proverbiale. Era stato Vicario a consigliare al
produttore di prendere Flavio come regista perkè era
il suo scenografo e ne conosceva le qualità. Un altro
film spaghetti al quale ho
partecipato è: “Posate le
pistole reverendo” di Leopoldo Savona con Mark
Damon. Fu proprio lui a
chiamarmi per una particina ke davvero nn ricordo
quale fosse se nn rivedendo il film; e a proposito di rivedere, devo affermare che
certi film dovrebbero essere rivisti a distanza di tempo per poterli giudicare meglio, ne ho avuto prova, e
poi erano le discussioni, ke
i signori di “Film Critica”, rivista iper intellettuale che
distingueva i “film” dal “Cinema”, per le quali si facevano le 2 di notte dopo, naturalmente, aver visto un
film. Tutte cose per le quali “valeva la pena vivere”. E
nel 1972 partii per l’ Almeria a girare con la regia di
Tonino Valeri, grande amico
e aiuto di Sergio Leone, il
film western da quest’ultimo
prodotto: “Una ragione per
vivere una ragione per morire”. Esperienza unica e fa-
tica immane con cavalli, pistole, cadute, cavalcate insomma: “Fango sudore e
polvere da sparo” tanto per
rendere l’idea citando il bellissimo film di Dick Richards
del 1972. Bud Spencer, Telly Savallas, il grandissimo
James Coburn, il maestro
d’armi Benito Stefanelli l’altro grande aiuto regista
Tony Brandt, questo era il
“personale addetto ai lavori” con il quale ho avuto a ke
fare. Gran divertimento e
grande esperienza. Devo
rubare una cosa splendida
ke ho appreso in kesti giorni a proposito della morte di
“Cita” la scimmia di Tarzan;
l’attore che interpretava
“Piccolo” nella serie, alla
domanda cosa gli era rimasto dell’esperienza nei
film con J.Weissmuller, risponde ke risplendeva ed
emanava una luce cosi’ forte, tanto da averne assorbita un bel po’. E a me è
successo la stessa cosa, da
tutti i “personaggi” con i
quali ho avuto a ke fare nel
mio lavoro, ho assorbito
parte della loro luce (intesa
come esperienza di lavoro
ed esperienza di vita). Il
viaggio in Marocco con
Adolfo Lastretti un collega
irrequieto ma pieno di poesia e’ kello ke ha coronato
tutto il film. Con 2 giorni di
pausa abbiamo preso il traghetto x Melilla e dopo, con
l’affitto di un’auto ci siamo
inoltrati per 100 km a sudovest, verso Midar in mezzo al kasi deserto e con soste nei vari “loki” con tè
alla menta (crede) o almeno a noi sembrava tale.
Dopo trattative e viaggio di
ritorno... il finale della storia,
(faccio come Dumas), alla
prossima, intanto omaggiamo Jimmi.
Saluti auguri e buon mare
e... Monti.
Ugo Fangareggi
MONDO SABINO
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RICORDO DI ANTONIO (TONINO) CECCARELLI,
UN POETA IN VERNACOLO DI VALORE
Il 17 marzo ricorrerà il sedicesimo anniversario della
scomparsa di “Tonino” Ceccarelli, autore di numerose
opere in vernacolo reatino,
che ha scritto e ha fatto rappresentare al teatro Vespasiano “ La fattura” una commedia in vernacolo in tre atti,
opera che riscosse molto
successo.
Il poeta si era affermato per
aver condotto anche numerose trasmissioni sia televisive che radiofoniche sulla
cultura sabina.
Tra le opere in vernacolo si
possono ricordare: Contropilu, Pilu e Contropilu, la
Rietina commedia, Lu Terminale dell’Immortalità, l’Avvocato de li Cenciusi, le Bucoliche, opera pubblicata
postuma sul testo Virgiliano.
In realtà quest’ultima fu la
sua opera prima, tradotta in
versi rimati quando era ancora studente del liceo.
La poesia dialettale di Antonio Ceccarelli, come si rileva nell’opera “ Contropilu” è
una raccolta di quartine e di
stornelli dialettali. Ciò che
colpisce è la sua forma metrica, che subito, si pone al di
fuori della tradizione classica, ossia quella del sonetto.
Ceccarelli fa uso della quartina, che maneggia con sapiente equilibrio, anche nei
lunghi componimenti (In Natale de Grecce, Lu Natale de
lu ’mbriacu, A Mammema
grecciana, ’N chiesa, lu”
Bacterium coli” a grecce)
come anche nei brevi (Rem-
pianti).
Nelle sue quartine, si evidenzia una armonia che non
è facile raggiungere, e che
nelle sue successive raccolte affina sempre più. Questo mette in risalto la sua singolare predisposizione per la
poesia.
Ciò che emerge nelle quartine Ceccarelliane è il suo
modo “nuovo” di poetare,
proponendo il dato poetico
sotto forma di racconto narrazione, con finale moralistico.
Numerose sarebbero le
quartine da ricordare, ma
una di queste “la questione di
Cipro ‘ista da Peppe e ‘n chiesa” appare alquanto attuale:
«Io saccio solu che quarziasi
guera
è stata sembre ‘n giru de
quattrini...
e fra ’n congressu e l’andru...sottotera
ce finisciu li pori sordatini»
Ceccarelli che si ispirò molto al Trilussa, conclude che
forse è meglio
«Passà la sera dentro a ‘na
cantina
fra ‘n fiascu rusciu e ‘n piattu de crastatu
e‘na bella braciola pecorina».
Un Ceccarelli moralista tutto da leggere e da riscoprire, un poeta che si scontra
contro una società pudrita
e corrotta.
Roberto Iacoboni
6
ATTUALITÀ
MONDO SABINO
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
RECENSIONE
ALCUNE OSSERVAZIONI SULLE
LIBERALIZZAZIONI E SULLE RIFORME
FISCALI INTRODOTTE DAL GOVERNO MONTI
La liberalizzazione delle
attività di vendita stradale al minuto di carburanti,
della vendita dei giornali e
dei periodici, dei servizi di
taxi insieme alla eliminazione delle tariffe minime
dei professionisti ed all’introduzione di nuovi ordinamenti professionali
vengono concepite dagli
organi di governo e dalle
forze politiche di maggioranza come un impulso
alla diminuzione dei costi
reali per gli utenti ed all’aumento dell’occupazione.
Lo scrivente ha calcolato,
con riferimento alla zona
urbana di Roma, i redditi
ritenuti congrui dall’Agenzia Entrate da tassisti e gestori di distributori stradali di carburanti.
Con Gerico 2011 si ottengono i seguenti risultati:
- Tassisti => Ricavi congrui = Euro 29.850,00 con
un reddito di Euro annuo
corrispondente di Euro
24.400,00 (al netto dell’IRPEF e dell’IRAP non
supera Euro 21.000,00 );
- Distributori Stradali di
Carburanti => Ricavi congrui = Euro 272.000,00 di
prodotti soggetti a ricavo
fisso ed Euro 8.300,00 per
servizi vari. Reddito annuo
corrispondente = Euro
16.720,00 (al netto dell’IRPEF e dell’IRAP non
supera Euro 16.000,00).
È necessario, inoltre, sottrarre dagli importi netti
suindicati l’ammontare dei
contributi INPS dovuti alle
gestioni artigiani e commercianti (circa Euro
3.000,00 annui).
Il tassista medio operante
a Roma, pertanto, potrà disporre di circa 18.000,00
Euro annui mentre il distributore di carburanti di
circa 13.000,00 Euro annui.
I relativi redditi mensili
ammontano circa ad Euro
1.500,00 e ad Euro
1.083,00.
Considerando che in provincia e nei centri minori
gli stessi sono più bassi
almeno del 20%, la libera-
lizzazione citata non produrrà nei rispettivi mercati
né significativi ingressi di
nuovi operatori né apprezzabili riduzioni di
prezzo per gli utenti in
quanto gli imprenditori
presenti si trovano già in
situazione di marginalità.
Non è migliore la condizione di mercato degli avvocati la cui concentrazione in Italia è la più alta
d’Europa (circa uno ogni
280 abitanti) per cui non
è ipotizzabile una significativa riduzione delle tariffe.
Il notariato ha difeso energicamente le proprie
esclusive riuscendo, con
l’ipotetico aumento della
pianta organica, ad evitare di condividere alcune
competenze con gli avvocati e con gli altri professionisti.
L’aumento del numero delle farmacie potrà produrre nuovi posti di lavoro solamente nei centri urbani
maggiori atteso che in
provincia e nelle aree rurali l’attuale utile lordo
delle vendite non consente un incremento degli addetti in ciascun punto vendita.
L’introduzione dell’ACE,
cioè dell’esenzione da imposta sulle società di un
rendimento del 3% sui
maggiori investimenti realizzati dall’inizio alla fine
di ciascun anno non è in
grado di apportare significative riduzioni del peso
fiscale in quanto l’aliquota IRES è del 27,5% e dall’ultima analisi della Banca Mondiale emerge che
gli investimenti delle
aziende italiane negli ultimi anni sono diminuiti
del 16% mentre i mezzi
propri si sono ridotti del
20%.
L’IRAP, nonostante le
pressanti richieste di
abrogazione avanzate dal
mondo degli operatori
economici ed i dubbi di
costituzionalità , ha subito una modesta riduzione
per mezzo di detrazioni
aggiuntive da calcolare
sul costo del lavoro.
Con un attuale peso fiscale e contribuito italiano stimato dalla stessa
Word Bank nel 68,6%, il rilancio della crescita può
avvenire solamente attraverso un taglio drastico e
strutturale della spesa
pubblica e di quella previdenziale cui deve seguire una immediata rilevante riduzione del prelievo fiscale e contributivo.
Tale incidenza di prelievo
è molto vicina al 70% quale limite ipotizzato da vari
economisti americani perché abbia efficacia la Teoria di Laffer sui benefici di
una flat tax (aliquota unica tendenzialmente bassa); l’ammontare del debito pubblico (oltre 1.800
miliardi Euro ) e la crisi finanziaria e speculativa in
atto, tuttavia, non consentono neanche riduzioni transitorie del gettito fiscale senza una corrispondente contrazione
della spesa.
Per evitare di subire le
conseguenze di un incremento degli interessi sui
titoli pubblici e di peggioramenti nei rating degli
stessi gli organi di governo sono stati costretti a
provvedimenti tampone e
l’ondata speculativa è stata frenata con l’aiuto dei
massicci acquisti effettuati dalla Banca Centrale Europea e dalla Banche
nazionali.
Il debito pubblico potrebbe essere ridotto attraverso la creazione di un
fondo di gestione mobiliare ed immobiliare che
dovrebbe essere sottoscritto, per lo più, da cittadini ed imprese italiane
(soluzione che è allo studio degli organi di governo).
Ciò impone, tuttavia, una
decisa azione di valorizzazione del patrimonio immobiliare ed una nuova allocazione di buona parte
delle partecipazioni statali
strategiche.
Enrico Maria Ubertini
Vincenzo Masi
FORANO TRICOLORATA
Il contributo di un paese di Sabina all’Unità Nazionale
1798-1870
Edizioni della BIG – 2011
“Ognuno scrive una sua
Storia che non sempre corrisponde alla Storia imparata a scuola” è riportato nel
risvolto di copertina di questo libro. Ebbene, sì, la riflessione immediata che
scaturisce alla conclusione della sua lettura induce
la mente del lettore ad una
reminiscenza delle cognizioni scolastiche e la curiosità di conoscere, con dovizia di particolari, come
andarono veramente le
cose e soprattutto quello
che è realmente accaduto e
quello che il “sistema” ha voluto far conoscere, o almeno “come” ha voluto tramandare i fatti. La storia, lo
sappiamo, è spesso un condensato di realtà “addomesticate al potere” e di “convenienti versioni” che cervelli sicuramente intelligenti hanno dato in pasto al popolo senza timori di un’immediata rimostranza da parte di chi non ha i mezzi e le
cognizioni precise per controbattere il “volere”: ebbene, un attento lavoro di revisione e di approfondimento porta in certi casi a
“scoperte” inaspettate troppo a lungo “coperte” o almeno “diluite ad arte” per
non turbare più di tanto la
coscienza umana. Oppure –
e ciò appare ancora più tragico – si eliminano particolari e situazioni che possono apparire “scomodi” a chi
gestisce o ha gestito in epoche diverse l’evolversi degli
eventi. Questo libro di Vincenzo Masi costituisce un
autentico gioiello storicoculturale che colma un vuo-
to finora ignorato da buona
parte della gente, inclusi
esperti e ricercatori che raramente si addentrano nelle realtà locali per illustrare
e diffondere quanto avvenuto sul posto in occasione
di eventi epocali. L’Unità
d’Italia, in massima parte,
nell’area geografica della
Bassa Sabina è contornata
da aneddoti e fatti tramandati il più delle volte da
nonno a nipote (neanche da
genitore a figlio perché raramente si assiste ad una
situazione di tal genere)
con abbondanza di leggende e dicerie sconfinate
spesso dalla realtà all’immaginazione, accompagnata magari da interpretazioni che ben poco hanno
di storico. Nel libro si parla
di Forano, della sua storia,
dei suoi personaggi in relazione al periodo epocale
suddetto: già questo costituisce un documento prezioso che soprattutto le giovani generazioni dovrebbero accogliere come un prezioso ed insostituibile regalo per conoscere e comprendere il passato; ancor di
più stimola curiosità ed interesse il commento dell’Autore con precisazioni e
citazioni di documenti alcuni dei quali, nel corso degli
anni, sono andati dispersi e
difficilmente ne sarebbe restata traccia senza il lavoro
portato avanti da Masi con
paziente ed encomiabile
dedizione. Altrettanto interessante si rivela il “Censimento della popolazione di
Forano al 1860” riprodotto in
appendice. Un’opera, dunque, che va a colmare un
vuoto storico: un tassello
importante che arricchisce
il territorio sabino e tutti coloro che “amano sapere”
immergendosi in una fase
temporale che ha trasformato la nazione. L’Unità
d’Italia, non a caso, è nata
anche dagli avvenimenti
che hanno caratterizzato la
vita dei piccoli paesi.
Renato Leti
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
OMAGGIO A LUIGI MELILLI
ATTUALITÀ
MONDO SABINO
7
IN FILA...STROCCA PER LA CITTÀ
Descrizione e storia dei monumenti di Rieti – Prima parte
(da una pubblicazione del Centro E.N.A.I.P. Rieti e Scuola elementare “L. Minervini” di Rieti)
Nel 1984-85 la Scuola elementare L.Minervini, che all'epoca si chiamava Scuola elementare S.Lucia avviò un processo di coinvolgimento degli alunni a cimentarsi nell'arte e nel sociale che realizzarono una prima mostra-mercato di pittura su stoffa fatta dagli alunni, compresi gli handicappati, il cui ricavato fu destinato all'acquisto di suppellettili per l'Ospedale Geriatrico reatino e degli ospiti
del Ptocomio Manni. L'esperienza era guidata dal direttore didattico Luigi Melilli sempre aperto a tutto quanto di stimolante veniva
dalla società civile, che per tutti gli anni novanta è stato anche collaboratore di Mondo Sabino, e realizzata da un gruppo di volenterosi insegnanti. Poco dopo, dalla collaborazione con l'ENAIP nacque l'iniziativa di coinvolgere gli alunni, pazienti e operatori psichiatrici
nella redazione di una guida della città di Rieti in filastrocca, redatta dagli alunni con l'aiuto delle loro maestre. Collaborarono alla
iniziativa le insegnanti Boscardni, Fabi, Marinelli, Petrucci, Rosati e Bruna Candidi. Vi collaborò anche Francesco Rinaldi. Ne venne
fuori una guida interessantissima che condensa con semplicità la descrizione dei monumenti e la loro storia. Ma per meglio apprezzarla
godetevi intanto il capitolo dedicato alla Fontana dei delfini.
LA FONTANA DEI DELFINI
e lì fu eretta
la prima fonte
che raccoglieva
l'acqua del monte.
Quella fontana
fu poi trasformata,
da altri architetti
fu progettata:
il primo disegno
fu di Tumani
ed il secondo
di Vincentini.
Nella piazza
principale
c'è una fonte ottagonale
con tre schizzi
da ogni parte
sulla bella
opera d'arte:
quattro busti
rovinati
nella vasca
collocati,
coi delfini
antichi e belli,
da cui sgorgano
zampilli.
Poi nel centro
a degradare,
una colonna
esagonale:
che un bel calice
sostiene
con le teste
di leone.
Dalle bocce
dei felini
altra acqua
sui delfini.
Una vasca
piccolina
sopra un'altra
colonnina,
manda giù
come capelli
altra serie
di zampilli.
Da colonne
e un'inferriata
tutt'intorno
è recintata,
come fosse
la regina
della nostra
cittadina:
la fontana
dei Delfini
è un incanto
pei reatini!
STORIA
Nel 1600
un noto architetto
fece un progetto
per l'acquedotto.
L'acqua del Cantaro
dai Cappuccini
giunse alla Piazza
pei cittadini,
In un successivo
rifacimento,
nella metà
dell'ottocento,
da Fiore Paris
fu rinnovata
e poi dal Galli
fu completata:
con vasche e tritoni
fu quindi abbellita
perché la piazza
si era ingrandita.
Qualcuno dice
che fu anche spostata
ma nella piazza
comunque è restata.
fino a quando
del tutto smontata
fu perfino
dimenticata.
Fu più tardi
riesumata
e alla Rotonda
collocata
Poi di nuovo
rispostata
nella piazza
è ritornata,
dove è ancora
testimone
di una bella
tradizione.
In onore di Pietro Faustini:
il Garibaldi di Terni
TERNI - È stata scoperta ieri mattina a largo Villa Glori la
nuova targa viaria che accanto al nome tradizionale, largo Villa Glori appunto, riporta l’indicazione già via Pietro Faustini, il Garibaldi di Terni. Iniziativa voluta dall’associazione garibaldina Faustini e dalla terza circoscrizione. Presenti
alla cerimonia rappresentanti del comitato promotore il sindaco Di Girolamo e l’assessore Malatesta. Presenti anche
molte scolaresche e interessati all’evento. Tutto perfettamente riuscito, mancava solo una mano di bianco a pulire il muro dove è stata apposta la lapide. Subito dopo il corteo si è spostato in via Narni dove la rotonda è stata intitolata sempre a Pietro Faustini, di nobile famiglia ternana,
carbonaro e massone, era stato sempre in prima fila nelle attività cospirative e insurrezionali contro il regime oppressivo dello Stato pontificio. Garibaldino della prima ora,
aveva ospitato il Generale nella sua casa all’indomani della fuga da Caprera e prima della partenza per Mentana.
8
CULTURA
MONDO SABINO
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
LA GUERRA IN SABINA
Un libro di Antonio Cipolloni che ci riporta al tragico periodo della Repubblica di Salò
Recensione di Luciano Tribiani con intervista all’Autore
L’ultimo lavoro di Antonio Cipolloni, cioè “La guerra in
Sabina” ed. Celori Terni 2011,
è una preziosa opera di documentazione e ricerca storica sugli avvenimenti accaduti in ogni comune della provincia di Rieti da quel fatidico
8 Settembre 1943, denominato giorno dell’armistizio, a
quel radioso 12 Giugno 1944,
chiamato anche giorno della
liberazione del nostro territorio dall’oppressione nazifascista. Un periodo relativamente breve, poco più di 9
mesi, ma molto denso di avvenimenti che hanno tracciato un solco significativo nel
sentiero della storia sabina.
Avvenimenti intrisi di sangue
e di lacrime, di sofferenze e di
sacrifici, di atti eroici e di passiva sopportazione, di azioni
di sublime carità umana e di
tradimenti e vigliaccherie, di
uccisioni, di vendette, di massacri, di deportazioni, di bombardamenti, di rastrellamenti, di imboscate, di ostaggi, di
rapine, di devastazioni, di sabotaggi e di atti di guerriglia :
insomma di tutto ciò che può
declinare l’odioso vocabolario
della guerra e della sopraffazione e violenza dell’uomo
sull’uomo.
D. Sig. Cipolloni perché ha
sentito il bisogno di scrivere
un libro che certamente non
assomiglia ad un tascabile?
R. Innanzitutto mi presento
per quello che orgogliosamente sono, cioè un cattolico, un cattolico non fazioso, e
nello spirito di questa appartenenza religiosa ho voluto
descrivere gli avvenimenti di
quel periodo storico sotto un
profilo diverso restituendo
alla verità molti meriti che appartengono ai militanti cattolici. La Resistenza in Italia non
appartiene solo alla sinistra
ma è un patrimonio condiviso anche con i cattolici, che
ebbero modo di ribellarsi alle
atrocità dei nazi-fascisti e soprattutto fornirono un contributo enorme per alleviare
pene e sofferenze di coloro i
quali furono le vittime dei soprusi tedeschi. Avrei dovuto
pubblicare il libro almeno 30
anni fa, ma è stata tanta e tale
la mole di documentazione
che dovevo studiare e di in-
terviste che
dovevo sistemare
che
sono occorsi
tanti anni prima di assestare e ricostruire decentemente la verità storica.
Ho
voluto
pubblicare
un’opera che
analiticamente e meticolosamente raccogliesse tutti documenti rintracciabili, anche di fonte tedesca, riguardante quel periodo che il giornalista e scrittore Pietro Pileri ha chiamato Anno zero. Ho voluto riportare tutte le testimonianze
raccolte tramite interviste alle
persone coinvolte direttamente o informate sui fatti di
allora. Infine ho voluto tracciare il profilo storico della rinascita di tutti i comuni della
provincia di Rieti in mezzo a
mille difficoltà, soprattutto
economiche.
D. Lei prima ha accennato al
contributo rilevante di solidarietà e di eroica fortezza
d’animo dei cattolici reatini.
Le chiedo di citare il protagonista cattolico più significativo per lei.
R. Senza dubbio il Vescovo
Benigno Luciano Migliorini,
che viene ricordato meglio altrove, cioè in Alta Italia, piuttosto che dalle nostre parti. Il
vescovo Migliorini ebbe il
grande merito di aver dato
precise disposizioni al clero di
prestare assistenza indistintamente a tutti coloro i quali
erano sottoposti alle vessazioni e alle angherie dei nazifascisti e perciò in tante occasioni si schierò contro i tedeschi e contro il prefetto di
Rieti Ermanno Di Marsciano,
il quale molto spesso si spinse ben al di là dei compiti
specifici a lui assegnati nella
repressione della Resistenza.
Furono evitate tante atrocità
e tante rappresaglie nei confronti della popolazione per
merito dell’intervento diretto
del vescovo.
D. Fra tanti episodi in cui fu
coinvolto il Vescovo quale ricorda come emblematico del
suo carattere.
R. Certamente la circostanza
in cui maggiormente trapelò
il suo carattere volitivo, da excappellano militare abituato
alla trincea, fu l’energica opposizione manifestata di fronte alla imposizione del Prefetto affinchè i preti esortassero i giovani ad arruolarsi
nella nuova repubblica di
Salò. Monsignore emanò precise disposizioni a tutti i parroci dall’astenersi da quella
imposizione. Non solo, egli
aveva espressamente ordinato di ospitare, proteggere e
difendere gli sbandati ed i prigionieri feriti ed assistere spiritualmente e concretamente
quanti erano in difficoltà, specialmente sui monti. Alcuni
parroci cercarono di salvare
i loro parrocchiani offrendosi
essi stessi al martirio pur di
evitare fucilazioni o deportazioni.
D. In quell’oceano di orrori, lei
ricorda 2000 vittime in stragi,
fucilazioni, e bombardamenti. A questo punto chiedo
qual è l’episodio più raccapricciante in cui si manifesta
più che mai la ferocia nazista.
Prontamente egli risponde
che senza dubbio fu l’eccidio
del Tancia sul quale egli stesso ha condotto uno studio di
ricerca storica particolarmente documentato. Ma il
tono della voce cambia bruscamente e si fa strada una
profonda commozione come
chi dopo tanto tempo mostra
una terribile ferita che non riesce a rimarginarsi.
R. Donne e bambini furono
barbaramente trucidati. Non
fu il risultato di una deplorevole legge di guerra cinicamente applicata ma il pro-
dotto di una
ferocia insensata e
gratuita che
non
sarà
mai possibile giustificare
minimamente. La mattina del giorno 7 Aprile
1944, era un
Ve n e r d ì
Santo, i tedeschi effettuano un rastrellamento per scovare partigiani in zona Gallo e Casali del Tancia. Ammazzano 3
anziani ultrasettantenni e
prendono come ostaggi donne, anziani e bambini, che
vengono segregati nella locale chiesetta di Sant’Angelo.
D. Perché riprendersela con
persone inermi e inoffensive?
R. Furono presi e trattenuti
con l’accusa di essere fiancheggiatori di bande parti-
giane. Ma quei pastori non
avevano nulla a che fare con
i partigiani che si erano accampati sulla collina di Sant’Erasmo, ai casali Ferri, con
un avamposto situato di fronte ai casali Tancia. Quelle famiglie subivano sistematicamente razzie di bestiame e di
generi alimentari da parte
sia dei nazifascisti sia dei
partigiani stessi. Poco prima
del tramonto, dopo aver visto
le loro case date alle fiamme
e dopo aver subito violenze
ed angherie da parte dei loro
aguzzini, vengono trucidati
con agghiacciante freddezza
e senza alcuna pietà. I caduti, in numero di 15, erano 5
donne di cui una incinta di
sette mesi, una bambina di 2
anni, 2 bambini di 4 e due di
6, un bambino di 9 anni ed
una bambina di 11, una giovane di 18 e la zia, più un vecchio infermo di 78 anni. Tutte
vittime innocenti di una vendetta criminale eseguita da
soldati assassini che non vo-
Recensione
Antonio Puddu
L’ORTO DEGLI ALVEARI
Bastogi – 2011
Il profumo, il vento, i colo- senza concedere tregua.
ri, la gente, il sogno: tutto si Èla vita, è la storia, non c’è
ritrova in questo “orto di scampo: illusioni e sogni
vita” dove l’immaginazione compongono un mosaico
lascia il posto alla realtà ricco di tasselli a tinte forti
perché una penna magica dove ogni personaggio ascome quella di Antonio sume forma e voce, dove
Puddu regala al lettore nulla avviene per caso,
sensazioni che apparten- dove un “destino” comungono a storie di vita. Storie que assegna spazi, gioie e
che da un paese della Sar- dolori. Ecco, una domanda
degna evadono verso oriz- insorge a fine lettura: dozonti lontani cercati e te- mina la speranza o la mamuti, amati e odiati, ab- ledizione? Non ha imporbracciati e respinti; rincor- tanza, basta sapere che in
se infinite fatte proprie da quell’orto un alveare di epigenerazioni diverse, acco- sodi ha originato una pormunate da ideali di uomini zione ed un’essenza di
e donne comunque salda- mondo insostituibile ed initi tra di loro da vincoli di mitabile. Rimane, e non
sangue tramandati nel cor- sbiadirà, la forza dei coloso degli anni. E’ un cam- ri della vita: un quadro o
mino di vita che si susse- uno specchio? Ambedue,
gue da un capitolo all’altro risponde prepotentemente
e che si assapora passo la voce interiore di chi legdopo passo: dall’infanzia al- ge e ama perdersi, oggi più
l’adolescenza, dalla matu- che mai, tra la certezza del
rità alla vecchiaia tra un’im- passato e l’incognita del fumensità di episodi e sen- turo.
sazioni che, da sempre,
Renato Leti
volano via inesorabilmente
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
EVENTI CULTURALI IN SABINA
TORRI IN SABINA
“Associazione Istituzione
Teresiana Italia” in collaborazione con il Centro di Approfondimento Culturale
“Umberto Pennacchioni”
Santuario di Vescovio (Torri in Sabina) Centro di Spiritualità “G. Marchetti”
Incontri nell’ambito della formazione Artistico-Letteraria curati da Marco Testi docente e critico letterario.
Sabato 24 Marzo ore 16,30
- Amore come fuga e ritorno in Le avventure di
un uomo vivo di Chesterton
Sabato 14 Aprile ore 16,30
- La rinuncia all’amore
terreno e al mondo di
Clemente Rebora
Sabato 16 Giugno ore
16,30 - Ancora d’amore e morte: l’amore
impossibile del Giardino dei Finzi Contini
di Bassani.
POGGIO MIRTETO
“Associazione Amici del Museo” Incontri del Sabato - Ciclo di Conferenze – Sala
Farnese ore 18.00
10 Marzo - Invecchiamento
cellulare e invecchiamento umano - Relatore: Ettore Meccia, ricercatore Istituto Superiore di Sanità
24 Marzo - Cosa sappiamo
dell’uomo Gesù. Il problema delle fonti storiche - Relatore: Emanuela Prinzivalli, ordinario di storia del Cristianesimo e delle
Chiese - Università “la
Sapienza” Roma
14 Aprile - Dee madri centro italiche. La Venere di
Poggio Mirteto, divinità
arcaica o falso storico.
- Relatore: Dario Del
Bufalo, architetto, specialista in antichità classiche.
21 Aprile - La Cipresseta
Subspontanea di Salisano. Un gioiello storico-forestale, turistico e
paesaggistico nel parco della memoria dei
Monti Sabini
12 Maggio - Flaiano uomo e
critico cinematografico.
Ricerca per la tesi di
laurea - Relatore: Alessandra Pepe.
V. M.
MARI O/E MONTI?
MARI O MONTI, oppure MARI E MONTI?
Ancora il dilemma non è sciolto.
Rimessi alquanto in carreggiata i conti,
Il baratro ha evitato; dunque, … assolto,
Oprato se dei redditi ha taglieggio
/
Esoso e, rinvio delle pensioni.
Ma lo sviluppo ancora io non veggio,
Ovvero per la crescita le opzioni.
Non sarà che non … sonci differenze
Tra Mario Monti e Silvio … Burles-conti:
Il secondo, un campione d’insolvenze,
il primo, un sognator di MARI E MONTI?
Ovvero:
A me dispiace dire queste cose,
che paiono persino permalose.
Mario Monti, il nostro Presidente,
è persona avveduta e competente.
Da privati interessi motivato
non è, com’era, invece, un beneamato,
grande imprenditore; ma la tema
è che di lui più grande sia il problema.
LA TEMA CHE QUI VIENE ACCENNATA
SPERIAMO CHE SIA PRESTO SBUGIARDATA.
Gabriele Ricciardi
CULTURA
levano accettare la definitiva
sconfitta ormai imminente.
D. Di fronte ad un così efferato eccidio non ci fu un’inchiesta o almeno un atto di
condanna anche se formale?
R. Da parte tedesca assolutamente no; anzi i reparti che
parteciparono al rastrellamento furono premiati con la
Croce di guerra di II classe e
nel loro rapporto, firmato anche da alti ufficiali della Wermacht, scrissero di aver giustiziato 18 banditi e aver distrutto notevoli quantità di
munizioni ed esplosivi che sarebbero stati nascosti nelle
abitazioni distrutte dai nazi-fascisti nella frazione Gallo ed
Osteria Tancia. Menzogne
adatte solo a ripulire una coscienza sporca e perversa ed
anche G. Schreiber, uno dei
massimi esperti tedeschi di
storia militare, ricostruisce lo
scenario della furia omicida
delle truppe tedesche, alimentata da spirito di vendetta riversata barbaramente su gente comune ed inerme, aggiungendo che comunque l’uccisione di bambini in qualsiasi circostanza
deve essere considerata un
assassinio. Infine anche da
parte delle autorità italiane incominciando dal Capo della
Provincia di Rieti , Ermanno
di Marsciano, non solo vi fu
un colpevole e compiacente
silenzio, ma addirittura cercarono di insabbiare ogni
cosa, sperando che il tempo
avvolgesse nell’oblio quella
immane tragedia, vergogna
del genere umano.
D. Ma la lotta di liberazione
per la sabina fu anche una
reazione armata e militarmente organizzata o si ridusse soltanto a scontri episodici scatenati da puri atti di
prepotenza e sopruso?
R. I gruppi di partigiani che
operarono nelle nostre montagne ebbero sempre contatti, anche se, indiretti con il
Corpo Italiano di Liberazione.
Le cellule di Morro Reatino e
Rivodutri, di Poggio Bustone
e Leonessa ebbero sempre
contatti con la brigata Gramsci e quindi con il comitato di
liberazione dell’Umbria, così
come i gruppi operanti nella
Bassa Sabina ebbero contatti
con i centri logistici di Roma.
D. Chi erano i partigiani sparpagliati sulle nostre montagne
e scarsamente collegati fra
loro?
R. I partigiani non furono certamente banditi o assassini o
MONDO SABINO
comuni criminali come definiti
dai nazifascisti, ma soldati, ufficiali del Regio esercito che
invece di tornarsene a casa,
preferirono combattere contro quelli che ritenevano invasori. Furono anche sbandati, fuggiti dai campi di prigionia nazisti, renitenti alla
leva, imposta dalla Repubblica Sociale, e per questo ricercati e, se rintracciati, sarebbero stati severamente
puniti per lo più con la deportazione nei lager tedeschi. Molti furono gli atti di sabotaggio organizzati e tesi a
danneggiare le truppe di occupazione come ad esempio
interi depositi di armi e munizioni fatti saltare a Poggio
Mirteto scalo.
D. A proposito di quegli atti di
sabotaggio ho letto nel suo libro che i partigiani organizzarono un sabotaggio per
fermare il treno che trasportava gli Ebrei del ghetto di
Roma diretto nei campi di
concentramento tedeschi.
Dovevano far saltare un tratto di linea ferroviaria lungo il
quale sarebbe dovuto passare il treno. Che cosa andò
storto in quella circostanza in
cui più che mai non avrebbero dovuto fallire?
R. Come ho riportato e documentato nel libro, fu una
semplice ed incredibile fatalità : un partigiano, che trasportava l’esplosivo occorrente per far saltare i binari,
inciampò mentre correva lungo la linea ferroviaria cadendo in terra e generando un
gran frastuono che mise in allarme le sentinelle tedesche
le quali mandarono alla malora il piano che era stato ben
congegnato.
D. Sono passati quasi settanta anni da quel periodo,
ma che cosa ricorda della ricostruzione all’indomani della liberazione, quale fu secondo lei il “pensiero dominante” di allora, tanto più che
il filosofo Vattimo dice che
adesso viviamo in una epoca caratterizzata dal “pensiero debole” ed il filosofo Garimberti afferma che si vive
immersi in un totale “nichilismo mentale” che ci portiamo
dietro come un ospite inquietante. Qual era la sfera
emozionale collettiva di quel
periodo?
R. Un profondo senso ed
una decisa volontà di riscatto, uno spirito di rivalsa dalle
umiliazioni, dalla miseria, dagli orrori di una guerra che in
9
quanto tale distrugge gli uomini fisicamente e moralmente. C’era una gran voglia
di fare a tutti i costi, c’era la
voglia di ripristinare quei valori che sembravano demoliti dall’odio del conflitto, c’era
la voglia di voltare pagina
definitivamente ed iniziare
un nuovo capitolo nel cammino della storia umana. Attualmente lamento purtroppo
anche un certo lassismo nel
mondo cattolico; mi piacerebbe un cattolicesimo più risoluto e determinato adesso
più che mai perché c’è il bisogno prepotente di ripristinare quei valori morali che
ora sono troppo deboli. Un
mondo cattolico militante così
come in tante circostanze si
mostrò nel periodo storico
che ho preso in esame dove
la parola d’ordine imperante
era la solidarietà, l’aiuto disinteressato verso il prossimo
sofferente anche a costo della propria vita.
Gli episodi contenuti nel libro
di Cipolloni ci insegnano che,
attraverso l’algebra della sofferenza che viene patita dagli esseri umani, quando sussiste una deriva della morale comune universale, quando c’è la disattivazione della
responsabilità individuale, allora si ripiomba nella barbarie. Ogni lacrima ed ogni sofferenza insegna ai mortali
una verità, ma ci insegna anche per dirla con le parole di
Shakespeare che “come arrivano lontano i raggi di una
piccola candela, così splende una buona azione in un
mondo malvagio”, ed il libro di
Cipolloni menziona numerosi atti eroici che non si possono dimenticare.
E’ un libro che bisognerebbe
avere nella nostra biblioteca
privata tra quelli che si leggono più spesso e volentieri
da parte di chi soprattutto si
interessa di ricerca storica o
vuole semplicemente mantenere viva la memoria. Grazie ancora ad Antonio Cipolloni per aver realizzato “una
storia di popolo”, come propriamente l’ha definita Mons.
Lorenzo Chiarinelli, per aver
restituito alla memoria “il vissuto della gente che presenta il carattere della solidarietà”. Egli ha raccolto tanti episodi che ci fanno riflettere anche perché non possiamo
pianificare il nostro futuro se
non conosciamo bene le sofferenze e le tribolazioni da cui
provengono i nostri padri.
10
MUSICA
MONDO SABINO
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
ILLUSTRI SCONOSCIUTI
LUCIANO GENTILE, ALIAS JEAN
Un giovane talento sabino stroncato dalla malasorte
È una calda giornata di settembre del 1964, Luciano
Gentile, Lucianino il cantante per tutti noi, aveva approfittato di un breve spazio libero dagli impegni per fare
visita alla cara nonna paterna ed agli zii Dario, fratello
del padre e sua moglie Lucia,
i quali con il loro usuale sorriso sono ben felici di aggiungere come sempre posti
in più a tavola. Ma chi fra tutti manifesta gradimento per
tale presenza sono due suoi
giovanissimi ammiratori: Sergio, figlio della zia Lucia, sorella di mio padre, ed io. Lucianino dopo alcuni anni di
gavetta musicale, benché
non ancora ventenne, poteva a tutti gli effetti considerarsi una giovane promessa
nel mondo della musica leggera, la sua apparizione di
qualche settimana prima ad
una trasmissione Rai, condotta da Mike Buongiorno, lo
aveva elevato a personaggio
pubblico ed ai nostri occhi
come un vero e proprio idolo, tanto che quando ci regala
la sua immagine impressa
nel cartoncino della casa discografica, approfittiamo della sua assenza per "rubarne
molte altre".
Siamo negli anni sessanta, la
televisione è ancora appannaggio di poche famiglie, per
ancora decine di anni rigorosamente in bianco e nero
e con solo due canali. Potete immaginare il clamore per
un piccolo paese come Poggio Moiano vedere in televisione un concittadino! Sergio
ed io incantati dai suoi racconti, un mondo per noi lontano e sconosciuto quanto
ambito, gli studi televisivi, le
"sbirciatine" alle ballerine
mentre si cambiavano gli
abiti, le sale di registrazioni,
le feste a casa degli amici, alcuni famosi. Cosa potevamo
fare noi se non sognare!!!
Non avevamo in quel periodo altro svago la sera che riunirci in "comitiva" nei posti
consueti all'aperto, per cantare parlare, giocare o solamente godere nello star vicino al soggetto dell'innamoramento attuale. Quella
sera "la comitiva", più nu-
Luciano Gentile (Jean Luk)
merosa del solito, si raduna
nei pressi del villino "della
sora Filicetta" appena fuori il
paese e qui tutti seduti sul
marciapiede ad ascoltare
Luciano con la sua inseparabile chitarra. Ci fa sentire,
oltre al successo del momento “Torno a pregare” (di
Mogol - Daniels), alcuni brani che avrebbe di lì a poco
dovuto incidere, uno in particolare bellissimo, “A casa
del sole”, la versione Italiana
di un successo di Eric Burdon end the Animals, brano
ai primi posti nelle classifiche
Americane ed Inglesi, "The
house of rising sun".
I nuovi brani sono bellissimi,
ma preferivo i suoi brani incisi precedentemente anche
se poco apprezzati dal pubblico, brani incisi anni prima
con la Fonit (aveva già all'attivo sei incisioni, sei dischi
45 giri) con i nuovi ritmi americaneggianti, rock end roll e
twist, siamo nell'epoca del
mitico Elvis.
Lo stile di Luciano, il suo
modo di cantare e di ballare
lo avrei rivisto poi nel Celentano, in Little Tony, in Bobby Solo. Il giorno seguente
Luciano riparte, non tornerà
mai più a Poggio Moiano,
non fece in tempo a registrare le nuove canzoni, altri
lo fecero per lui. Un destino
crudele spezzò la sua vita e
la sua carriera due mesi
dopo. Tornando da una festa
in casa di amici, la sua macchina si schiantò sul viadotto che da piazza Gondar
collega Montesacro. Luciano
non aveva compiuto ancora
venti anni.
A distanza di pochi mesi
stesso atroce destino per il
fratello di Mina Alfredo Mazzini, in arte Geronimo.
Luciano nasce a Roma il 29
aprile del 1945, suo padre
Renato ha una piccola azienda che produce liquori, una
simile è a Poggio Moiano (Liquorificio Sabino) gestita dal
fratello Dario. Papà Renato
desidererebbe il figlio più
piccolo in azienda dopo gli
studi assieme agli altri due
fratelli Mario e Romolo. Luciano ama e rispetta i genitori, non trascura la scuola,
ma non può rinunciare alla
sua grande passione; è troppo attratto dal mondo della
musica. A soli 15 anni forma
il suo primo gruppo, The Little Boy, si esibisce in un teatro di viale Libia. Luciano
Gentile al canto e chitarra,
Lucio Maniscalchi al basso e
Stefano Mercanti alla chitarra solista. Arriva il primo ingaggio, una tournée di avanspettacolo nell'Italia meridionale. Luciano parte con la
sua chitarra ed un carico di
speranze superando enormi
discussioni con i genitori.
Dopo cinque giorni torna
con il resto del gruppo in treno a proprie spese, dei sol-
di promessi neanche l'ombra,
la prima "fregatura".
L'esperienza negativa e quel
senso di rimorso verso i genitori lo lega per un breve periodo al ruolo di bravo studente, ma dura poco. Viene
la seconda opportunità: un
dirigente della Fonit (nota
casa discografica Americana) lo vuole a Milano.
Luciano ha l'opportunità di incidere il suo primo 45 giri, ma
soprattutto di frequentare le
nuove giovani promesse della musica leggera Italiana.
Milano, come per la moda,
anche per i giovani talenti è
una vetrina importante e unica.
Dalla lontana America una
nuova musica approda anche in Italia, un chitarrista
grassoccio Bili Haley lancia
un nuovo genere "Rock and
Roll", una musica dal ritmo
che ti possiede, ti fa ballare
anche se non ne hai voglia.
Luciano in Italia è uno dei primi musicisti del nuovo sound,
con lui a Milano Clem Sacco
(parente di Elio e le storie
tese), Fausto Denis (ora Leali), Baby Gate (poi Mina),
Celentano, Gaber. Il piccolo
ragazzo biondino a solo 17
anni non immagina certo
che tra i suoi colleghi alcuni
diverranno dei veri e propri
idoli ma, benché giovanissimo, sente di potercela fare,
ha tutte le carte in regola,
voce particolare, estesa, si
Il primo disco della Fonit
presta bene al nuovo sound,
ottimo chitarrista. Artisticamente scelgono per lui un
nome inglese Jean Luk e forma il suo secondo gruppo
“Carletto end his dreames”.
Ne ha di stoffa quel ragazzo,
un leader nato. Come poteva papà Renato tenerlo a
bada!
In due anni incide sei 45
giri, dodici canzoni, alcune da
lui scritte, le vendite non
sono esaltanti anzi diciamolo chiaramente, sono dei fiaschi. Ma giudicando con il
senno del poi, come poteva
essere il contrario? La musica del tempo ha i suoi idoli in Claudio Villa, Nilla Pizzi,
Luciano Taglioli, il nuovo genere musicale è apprezzato
solamente da una esigua
parte dei giovani. Chi ha la
mia età si ricorderà anche tra
i giovani lo spartiacque fra chi
li rappresentava "con sobrietà", i quattro ragazzi di Liverpol, I Beatles, ragazzi
sempre ben vestiti, acconciatura dei capelli ben curata a caschetto, portamento
da bravi ragazzi e chi dei giovani ne rappresentava con i
Rolling Stones l'euforia, la
passione, l'eccentricità, l'irrequietezza, stili meno sobri
(come va di moda dire ora).
Luciano dei Beatles ha l'acconciatura dei capelli, niente jeans, sempre con la sua
cravattina ma per il resto, musicalmente parlando, è una
pietra rotolante.
Quanto arduo per una casa
discografica scommettere
sui nuovi generi, promuovere "gli urlatori" come Jean
Luk.
Non c'è molta attenzione,
né da parte della critica tantomeno del pubblico: tanto
impegno e poche le soddisfazioni, ma la passione è un
fuoco inarrestabile. Luciano
crede in quello che fa, non si
risparmia, aspetta solo il momento giusto, ha carattere
quel ragazzino!
Un imprenditore gli prospetta una tournée in Polonia, non può rifiutare, parte
con il suo gruppo. L’entusiasmo non è al massimo, ma
dopo la prima serata si accorge che il suo spettacolo
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
MUSICA
MONDO SABINO
11
LUK, ALIAS LUCIANO VIERI
di Adriano De Cupis
piace, anche troppo a giudicare da quanto riesce a “gasare “ i ragazzi . Tanto è il
successo dei giorni seguenti tanti sono i danni subiti dal locale, la sua musica
eccita la gioventù, l’indice di
gradimento è grande, ma
grandi sono anche i danni,
tanto da far desistere l’impresario nel proseguire gli
spettacoli. Così un giornalista su “Musica e dischi
1963” sui concerti di Varsavia “Si è esibito il giovane
cantante Jean Luk, gli applausi tributatigli, tali da fargli concedere più bis, sono
le più evidenti prove del successo raggiunto da Jean
che ha portato all’entusiasmo come e forse di più dei
suoi più noti colleghi”. Al
rientro Jean Luk incide altri
due brani, da lui scritti (So
romantic e Little rock), sempre con la Fonit U.S.A.
Studia per migliorare la tecnica con il suo strumento
preferito la chitarra, ma si
esercita anche con il basso,
batteria e pianoforte, addirittura con il clarinetto.
Siamo nel 1963 quando Radaelli lo vuole al Cantagiro
(youtube Luciano Vieri). Luciano gira tutta l’Italia con il
brano “Saraghina twist” che
viene utilizzato nel film di
Federico Fellini (Otto e
mezzo).
Il Cantagiro tocca le piazze
di tutta Italia, ma quella musica non può andar bene al
pubblico delle “piazze”.
Come tutti i precursori ne
paga lo scotto. Ma Luciano
non si arrende, anzi queste
sconfitte temprano e fortificano sempre di più la sua
personalità.
Un incontro importante
quello con Nico Fidenco ed
il produttore Durante, convinti ambedue delle potenzialità di Luciano scommettono sul suo destino artistico. A breve lo convincono
a cambiare casa discografica e con essa il nome artistico, Jean Luk diviene
Luciano Vieri, la sua nuova
casa la R.C.A. (A.R.C per i
giovani talenti). Trovano per
lui un pezzo dalle tonalità
canore adatte alle sue
corde vocali, niente più urletti, ma una melodia tutta
italiana con un crescendo
che ti entra dentro, il testo
(udite, udite gente!!) è di un
certo Mogol, non è ancora
denco con “Con te sulla
spiaggia”, Rita Pavone con
“Alla mia età”, The Primitives (Mal) con “Yeeeeeh!”,
Enzo Jannacci con “Vengo
anch’io, no tu no”, Edoardo
Disco “Compilation anni ‘60 - volume 1” della R.C.A.
famoso, lo diverrà soprattutto in seguito in coppia
con Lucio Battisti, altro Sabino cresciuto all’ombra
della Madonnina. Il brano di
Luciano (Torno a pregare)
dalle prime settimane si
piazza nelle classifiche di
vendita e in 15 giorni supera
le 10 mila unità, il lato b del
45 giri (Ho un amico) viene
tradotto e cantato in Francia
da Sylvie Vartan (Avec moi).
(n.d.r. Anni fa la R.C.A ha
prodotto un L.P., disco al vinile, contenente 12 canzoni). I migliori pezzi degli
anni sessanta, fra le 12 canzoni figura “Torno a pregare”
di Luciano Vieri in compagnia di Morandi con “In ginocchio da te”, Silvie Vartan
con “Irresistibilmente”,The
Rokes con “È la pioggia che
va”, Luigi Tenco con “Un
giorno dopo l’altro”, Lucio
Dalla con “Il cielo”, Nico Fi-
Vianello con “Il peperone”,
Jimmy Fontana con “La nostra favola”. Ah mitici anni
sessanta!!!!
Per Luciano comincia una
nuova vita, dopo tante delusioni ed amarezze finalmente arriva il successo. Fa
sfoggio della sua voce trasformata ed adattata al
nuovo sound, “Ray Charles
e Little Richard sono i miei
idoli ma la mia voce non somiglia a nessun’altra perché
è tutta impostata un’ottava
sopra” - diceva Luciano appena diciottenne.
Tra i suoi sostenitori c’è
Gino Paoli e Michele, i quali
lo abbracciano dopo una
sua apparizione in un programma televisivo, anche il
sanmarimese Little Tony,
tornato in Italia dopo una felice parentesi londinese, si
unisce al gruppo dei sostenitori, ormai i fischi del can-
tagiro, delle canzoncine urlate per Lucianino sono solo
un vecchio ricordo. Papà
Renato ha le lacrime agli
occhi quando vede sul
palco quel figlio biondo, ce
l’ha fatta! Arriva il successo
e con esso ottimi guadagni,
una tranquillità anche in famiglia per una azienda che
stenta a decollare. Si susseguono per Luciano una
serie di incontri con la casa
discografica la quale ha già
pronte per lui una serie di incisioni di successi americani. La R.C.A ormai sa di
avere qualche cosa di prezioso tra le mani un binomio
favoloso Luciano Vieri Mogol. Non si perde tempo,
business is business. Iniziano le registrazioni, sono
programmati per Luciano
cinque dischi; oltre alla
“Casa del sole”, un altro
successo americano tradotto nella nostra lingua
“Non mi pentirò”, seguiranno “Le hai detto che ti
amo”, e “Come soffrirò
quando piangerò”. Ma Luciano è anche autore, tira
fuori dal cassetto alcuni suoi
brani che altri incideranno,
Nico Fidenco con “Aspetto
qualcuno”, e “Se vorrai restare” da un cantante esordiente Luigi Chiocco. Tutto
sembra volgersi al meglio,
Lucianino tra i suoi impegni
volentieri trova spazio per le
visite alla cara nonna Pierina a Poggio Moiano. Tutti
lo vogliono.......... una sera
come tante a casa di un suo
amico, bella festa, sorrisi
balli, brindisi, ma è tardi, la
sua ragazza deve rientrare
in orario e Luciano, non lo
sa, ma ha un appuntamento
con un destino infame.
Dopo aver accompagnato la
sua ragazza, “la Signora dal
manto nero” lo ha aspettato
su quel viadotto delle Valli,
la sua macchina si schianta,
con essa le sorti, le speranze, la carriera di una giovane stella del firmamento
musicale, Luciano aveva
solo 19 anni.
Di lui Mario De Luigi ha
scritto nel libro “L’industria
discografica” “Luciano Vieri
è ancora oggi un punto di ri-
ferimento del rock italiano”,
Mario Galdieri su Tutto musica “La morte gli ha rubato
il successo”.
Luciano è stato un pioniere
del Rock, molto, tanto,
avrebbe potuto dare, commercialmente, il cambio
della casa discografica è
stata un’ottima scelta. Il suo
primo approccio musicale,
quella musica quel genere
tanto bistrattato all’inizio
della sua giovane carriera,
dopo tanti anni esploderà in
una miriade di personaggi
creando un vero e proprio filone musicale, Luciano lo
aveva anticipato, sicuramente ne sarebbe divenuto
un leader. Voglio chiudere
con un ricordo di tanti anni
fa in Argentina. Ero presente alle prove di Nicola di
Bari nel teatro Colon di Buenos Aires. Preparava uno
dei tanti spettacoli in programma nel Sud America,
rimasi sconvolto sentendolo
suonare il brano di Lucianino al pianoforte durante
una pausa, “Ma come fai a
conoscere questo brano” gli
dissi sbigottito, “un gran bel
pezzo Torno a pregare, cantato da un grande, purtroppo scomparso”, mi
rispose.
Oggi Luciano avrebbe avuto
67 anni, la sua è stata una
breve carriera, breve ma
quanto basta per collocarlo
tra i grandi (sconosciuti).
Discografia
45 giri
1962 The girl whith her dog
- Tell me baby - Fonit
Jean Luk
1962 Let’s dance the twist You are my love Fonit Jean Luk
1962 Dado di miele - Al
fuoco - Fonit Jean Luk
1963 Una stella nella mano
- Anna Twist - Fonit
Jean Luk
1963 Little Rock - So Romantic - Fonit Jean
Luk
1963 Saraghina twist - Odio
quelle che sognano Fonit Jean Luk
1964 Torno a pregare - Ho
un amico - A.R.C. Luciano Vieri
12
ATTUALITÀ
MONDO SABINO
VALLE DEL TEVERE
TEMPI MODERNI
LA CHIAMANO TUTELA
DEL PAESAGGIO
Alcuni anni fa alla Regione Lazio
s’inventarono una legge che “doveva” tutelare il paesaggio delle
colline che si affacciano sulla
valle del Tevere. Una soluzione a
dir poco saggia, che avrebbe dovuto evitare un’espansione edilizia indiscriminata; ma così non è
stato.
In passato, per costruire una pur
modesta struttura abitativa bastavano diecimila metri quadrati di
terreno (un ettaro). La legge regionale, portò a tre ettari la superficie minima per edificare, riducendo al minimo le abitazioni di
nuclei familiari singoli; l’opposto di
quello che aveva fatto in maniera
molto più intelligente la Regione
Toscana. Ma, se si sono ridotte all’osso le strutture unifamiliari, si è
permesso ai singoli Comuni di
prevedere nei piani regolatori, la
costruzione di grossi agglomerati edilizi. Sono sorti così dei nuovi paesi a fianco di quelli esistenti,
che nella maggior parte dei casi,
hanno innescato un forte aumento della popolazione e che, in
alcuni, è addirittura raddoppiato.
Tutto questo ha creato degli squilibri preoccupanti nelle infrastrutture. Infatti, gli acquedotti comunali non sono più in grado di far
fronte alla richiesta idrica delle
nuove utenze, le cabine elettriche
non sopportano l’aumentato carico di energia, mentre i modesti
depuratori, non sono più in grado
di filtrare i liquami fognari.
Un discorso a parte merita la
megastruttura commerciale della
“Outlet” posta quale enorme decoro multicolore ai piedi della
verde mole del Soratte. Per costruirla, è stata spianata un’intera collina spostando migliaia di
metri cubi di terreno. Il paesaggio
è stato completamente stravolto,
non solo dalla struttura commerciale ma anche dalle migliaia di
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
metri quadrati di terreno occupati dalle aree di parcheggio e dal
labirinto di strade e rotatorie. Per
fortuna che si è evitato di costruire
il polo intermodale, poi spostato
a Passo Corese, che sarebbe
dovuto sorgere nell’adiacente piana del Tevere e che prevedeva un
parco ferroviario di cinquanta binari e un movimento di duemila tir
giornalieri, nel qual caso il disastro sarebbe stato totale.
Mi è stato riferito che su una collina dirimpettaia alla megastruttura commerciale, cadente nel
Comune di Stimigliano, c’è
un’azienda agricola di sette ettari, gestita da una giovane imprenditrice, che coltiva viti e olivi.
Alla stessa, la Soprintendenza per
i beni Culturali e Paesaggistici del
Lazio, ha vietato di costruire un locale, di qualche decina di metri
quadrati, per il ricovero delle attrezzature e dei prodotti dell’azienda, per il considerevole
impatto ambientale che la struttura comporta. Qualcuno ha suggerito alla giovane imprenditrice
di prendere in affitto, anche se dista alcuni chilometri, un locale
presso la megastruttura commerciale del Soratte.
Eppure, considerando quando
era accaduto sulla riva opposta
del fiume – area Soratte – dove
l’impatto ambientale era del tutto
inesistente, avevamo pensato che
alla Soprintendenza per i Beni
Culturali e Paesaggistici del Lazio:
direttori, funzionari e impiegati,
fossero tutti “non vedenti”, uscieri compresi.
Ma non è così. Costoro riescono
a vedere la pagliuzza nell’occhio
dell’agricoltore e non vedono la
trave nell’occhio delle grandi società.
Vincenzo Masi
Legatoria “La Reate”
Via Picerli, 23 - 02100 RIETI
Tel. 0746/48.25.98
SE TRE MONTI ERANO TROPPI,
ANCHE UNO BASTA E AVANZA
Da quando s’è insediato il nuovo
governo tecnico, sembrava che
per uscire dalla crisi economica bastava affrontare il problema pensioni e tutto si sarebbe risolto. Innalzare l’età pensionabile a sessantasette anni è abbastanza facile
sulla carta, come se la maggioranza dei lavoratori, fosse composta di impiegati e insegnanti. Ci volevano dei cattedratici della Bocconi per tenere un operaio sessantasettenne a una catena di
montaggio, o per mandare un carpentiere della medesima età su un
ponteggio a trenta metri da terra,
o, ancora, un muratore a riparare
un tetto. E cosa faranno fare per i
restanti sette anni, ai conducenti
dei servizi pubblici e gli autisti di tir,
ai quali tolgono la patente a sessant’anni? Italici misteri.
Ora siamo alle prese con la liberalizzazione delle “caste”. I tassisti,
sembra, siano una vera piaga; basterebbe aumentare le licenze e il
“caso Italia” sarebbe risolto. Della
casta dei politici e dei parlamentari
con i loro innumerevoli privilegi
nessuno ne parla.
Un notaio intervistato in tivù, al
quale chiedevano se quella dei notai era una casta, ha dato una risposta molto esauriente; ha detto:
“Perché un notaio è un notaio”. L’ho
trovata intelligentissima.
Qualche giorno fa, il mio vicino di
casa, un pensionato ultraottantenne con seicentotrenta euro di
pensione mensile, ha dovuto rimandare indietro il gasolio da riscaldamento che aveva ordinato, in
quanto il fornitore non accettava il
pagamento in contanti, perché
l’importo superava, di poco i mille
euro. “M’ha dittu de pagà co’ l’assegni”. Mi ha spiegato l’anziano signore: “li pigliavo de mi’ moglie prima che se morisse”. Pensando
che si trattasse degli assegni familiari per coniuge a carico.
Quella poi, della tracciabilità dei pagamenti è stata veramente una bella trovata. Ve li immaginate, le migliaia, o meglio, i milioni di pensionati costretti ad aprire un conto corrente per poter riscuotere la pensione? Una vera goduria per le
banche e comprensibilissimi disagi per i cittadini. Pensate a queste
persone, tanto avanti con gli anni,
alle prese con gli assegni e la tenuta del conto? Quanti dovranno ricorrere a un commercialista? Ecco,
quella dei commercialisti è una
categoria da liberalizzare.
Parlando, in piazza, con alcuni
pensionati che percepiscono otto
- novecento euro al mese, dicevano che era stato loro suggerito di
aprire comunque un conto, perché
con i prossimi aumenti, le loro
pensioni, avrebbero superato la soglia dei mille euro. Con i tempi che
corrono, ve li immaginate quali vistose maggiorazioni potranno arrivare a questi disgraziati? Altri misteri italici.
Ora veniamo alle ricevute fiscali
che si sarebbero potute detrarre,
incentivando così i consumatori a
richiederla per ogni acquisto o
prestazione. L’ex ministro Visco, in
una intervista apparsa sul settimanale, l’Espresso della scorsa
settimana affermava che l’Italia è
la nazione dove si detrae moltissimo, molto più degli altri paesi europei e anche più degli Stati Uniti.
Vedo che c’è cattiva informazione
non solo nei ministri in carica ma
anche negli ex. Infatti, Visco non sa
che negli Stati Uniti, non solo, detraggono le ricevute fiscali ma anche le spese di viaggio per recarsi al lavoro. O forse Visco si riferiva non alle detrazioni dei lavoratori
dipendenti ma a quelle permesse
a imprenditori e professionisti, che
rinnovano annualmente le auto o
fanno figurare l’acquisto di attrezzature o di beni magari con false
fatture. Su questo posso dargli ragione.
E giacché si parla di Stati Uniti, in
quel paese chi non paga le tasse
va in galera, in Italia gli evasori
sono stati fino a oggi incoraggiati dall’ex presidente del consiglio.
Ma quello che ha fatto sorridere
molti, è stato il blitz di capodanno
a Cortina da parte della guardia di
finanza. Non facevano prima a
controllare i registri automobilistici per ritrovare i possessori nullatenenti di bolidi di lusso.
Infine la cosa per nulla divertente
è stata, sempre a Cortina, l’intervista a una signora impellicciata,
mandata in onda sul tiggì uno, alla
quale era stato chiesto, che ne
pensava dell’attuale crisi. È costei
ha candidamente risposto: Ma
perché c’è la crisi. La frase m’è
suonata come quella pronunciata
da Maria Antonietta di Francia voleva dare le briosce al popolo che
non aveva pane.
Di lì a poco scoppiò la Rivoluzione.
Vincenzo Masi
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
POLITICA
MONDO SABINO
13
Spazio autogestito da Sabina Radicale
QUANDO PER FARE CAMPAGNA
ELETTORALE CI VUOLE UN VERO
INVESTIMENTO FINANZIARIO
Mentre i partiti fanno fronte
comune per sostenere Monti nelle scelte impopolari di
“lacrime e sangue” per i cittadini italiani, scelte che
LORO non avrebbero mai
neanche potuto pensare per
non perdere il consenso elettorale,si sono arricchiti con il
finanziamento pubblico, prima, poi dopo il referendum
che li aveva aboliti, con il rimborso per le spese elettorali
arrivando ad ottenere ancora più denaro dallo stato,
prelevandolo dalle tasche di
quei cittadini ai quali tra non
molto chiederanno il loro voto
alle prossime elezioni.
Insomma per la partitocrazia
non esiste investimento migliore che le elezioni dove, sia
che vincano o perdano continueranno ad accumulare
nei loro forzieri milioni dei nostri euro e se sono anche fortunati siederanno anche su
poltrone comodissime e remuneratissime con privilegi e
vantaggi immondi ed immorali mascherando il loro intento nel dirci che lavorano
per il bene dell’Italia e dei
suoi abitanti.
Ecco come siamo arrivati a
questo punto.
Fonte: Notizie radicali
Tra spese e contributi un guadagno del 389 per cento
579 milioni spesi in campagne
elettorali dal 1994 al 2008, 2
miliardi e 253 milioni ricevuti
dallo Stato nello stesso periodo. Lo “spread” tra uscite e
entrate impoverisce le casse
pubbliche e arricchisce le
casse dei partiti. E secondo
uno studio dei Radicali, realizzato sui numeri della Corte dei conti, lo spread in questione aumenta a partire dal
2004 e si impenna in misura
esponenziale dal 2008. La
causa: due leggine: la prima
fa passare il contributo da
4.000 lire a 5 euro per ogni
cittadino iscritto nelle liste
elettorali; la seconda dispone
la continuità del “rimborso”
elettorale anche quando le
Camere vengono sciolte.
Parlare di rimborso è improprio, naturalmente: i soldi
spesi per la campagna elet-
torale tornano con un interesse del 389%!
I blitz partitocratici con cui
sono state modificate a poche
settimane dal voto le leggi
elettorali per le Politiche del
2006 e le Europee del
2009,hanno determinato, oltre alla restrizione artificiale
della rappresentanza politica, la spartizione tra cinque
partiti (PDL, Lega, Pd, IdV e
Udc) del 94% dei finanziamenti pubblici erogati sotto forma di truffaldini rimborsi elettorali. Rimborsi che sono cresciuti, dai 47 milioni di euro del
1994 ai 300 milioni del 2009.
Il 6 agosto il giornalista Eduardo De Blasi in prima pagina
su Il Fatto quotidiano dimostra
come un'eventuale caduta
del Governo Berlusconi e il ricorso ad elezioni anticipate
non eviterebbe una spesa di
più di 100.000.000 agli italiani. Infatti, secondo la legge in
vigore dal 2006 (legge n. 51)
i partiti percepiscono i rimborsi elettorali a prescindere dalla durata effettiva
della legislatura.
Secondo i calcoli di De Blasi:
"Se dal 2006 al 2010 ogni
anno ci si è dovuti sobbarcare la spesa di quasi
100 milioni di euro
(99.929.149,14 ogni anno)
per finanziare le strutture politiche rappresentate nella XV
legislatura, dal 2008 e fino al
2012 si dovranno comunque pagare ai partiti che
contano eletti in Parlamento i rimborsi elettorali della
tornata politica che ha dato
vita alla XVI: sono
100.618.876,18 euro l’anno
(503.094.380,90 quelli complessivi riconosciuti sui cinque
anni), cui si sommano i rimborsi, sempre milionari, dovuti
per le consultazioni regionali
ed europee. Da quando è iniziato il governo Berlusconi,
solo per i rimborsi elettorali
delle politiche, sono stati
spesi 600 milioni di euro. E
il calcolo non tiene conto dei
duecento milioni, che, volenti o nolenti, si dovranno sborsare. Una cuccagna."
Le mani della partitocrazia
frugano nelle tasche degli ita-
liani da oltre 30 anni.
I partiti hanno cambiato nome,
il "finanziamento pubblico"
anche, ma il movimento radicale resta l'unica organizzazione politica ad essersi sempre opposta a questa truffa.
Il giornalista del Fatto Quotidiano ricordava il quesito
referendario promosso nel
1993, attraverso il quale il
90,3 per cento dei cittadini votanti si espresse a favore dell'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Ma quell'iniziativa referendaria non fu
nè la prima nè l'ultima iniziativa.
Nel 1974, con l'approvazione di tutti i partiti tranne i liberali, entra in vigore la
Legge n. 195, la prima a istituzionalizzare, a carico dello Stato, il sostentamento
delle strutture dei partiti piuttosto che il sostegno all’iniziativa politica. Tale legge riconosceva i contributi ai partiti rappresentati in Parlamento, penalizzando quindi le
nuove formazioni politiche.
I finanziamenti pubblici vennero giustificati come una risposta agli scandali per tangenti emersi nel 1965 con il
caso Trabucchi e nel 1973 con
lo scandalo petroli.
È il periodo in cui i Radicali lavorano ai primi 8 referendum
della storia repubblicana.
Quello contro il finanziamento pubblico ai partiti è uno dei
due quesiti che arriva ad essere sottoposto alla volontà
dei cittadini (insieme a quello
per l'abrogazione della Legge
Reale).
L’11 giugno 1978 gli elettori sono chiamati al voto per
l’abrogazione della Legge
195/74. Il referendum non
passa, ma la percentuale dei
voti favorevoli è molto alta, il
43,6%.
I promotori sostenevano che
lo Stato dovesse favorire tutti i cittadini attraverso i servizi, le sedi, le tipografie, la
carta a basso costo e quanto necessario per “fare politica”, non per garantire le
www.sabinaradicale.it
strutture stesse dei partiti:
queste dovevano essere autofinanziate dagli iscritti e dai
simpatizzanti, in modo trasparente.
Nel 1981 vengono introdotte le prime modifiche, con la
legge 659. L’ostruzionismo
parlamentare radicale volto a
bloccare l’istituzione dell’indicizzazione dei finanziamenti e
ad ottenere maggiore trasparenza dei bilanci dei partiti, fa
si che il testo approvato pur
prevedendo il raddoppio dei finanziamenti pubblici, includa anche il divieto per i partiti e per i politici (eletti, candidati o aventi cariche di partito) di ricevere finanziamenti
dalla pubblica amministrazione, da enti pubblici o a partecipazione pubblica.
Il finanziamento pubblico ai
partiti viene abolito nell’aprile
del 1993.
Nonostante l'ampia vittoria
referendaria a dicembre dello stesso anno viene “aggiornata” la legge e i rimborsi elettorali iniziano a chiamarsi
contributo per le spese elettorali. Il 27 marzo 1994 si
svolgono le elezioni: il rimborso è erogato in un’unica
soluzione per un ammontare complessivo nella legislatura, tra Camera e Senato, di 47 milioni di euro.
Nel 1997, con la legge “Norme per la regolamentazione
della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti
politici”, si reintroduce il finanziamento pubblico ai partiti: ciascun contribuente può
destinare una quota pari al 4
per mille dell'imposta sul
reddito, al finanziamento dei
movimenti e partiti politici,
senza poter indicare a quale
partito. La data per l’erogazione in favore dei partiti viene fissata entro il 31 gennaio
di ciascun anno.
E' proprio nell'estate del
1997 che i radicali danno
vita a una serie di iniziative
con cui, in banconote da
10.000 timbrate, restituiscono i soldi del loro rimborso ai cittadini.
Nel giugno 1999, viene emanata una nuova legge, “Nor-
me in materia di rimborso
delle spese per le consultazioni elettorali e referendarie”: un vero e proprio finanziamento pubblico, trattandosi solo di un teorico
rimborso elettorale, che non
ha alcuna attinenza diretta
con le spese effettivamente
sostenute per le campagne
elettorali.
I fondi sono 4 oltre a quello
previsto per le consultazioni
referendarie: uno per la Camera, uno per il Senato, uno
per le elezioni al Parlamento
europeo e uno per le elezioni regionali.
Il fondo si costituisce in
occasione della consultazione elettorale e si eroga in
rate annuali; in caso di scioglimento anticipato della legislatura si interrompe l’erogazione. L’ammontare da erogare, per Camera e Senato,
nel caso di legislatura completa ammonta a 193.713.000
di euro.
A luglio 2002 viene emanata la legge recante “Disposizioni in materia di rimborsi elettorali”. Il fondo diventa annuale, ma almeno sopravvive la norma che prevede l’interruzione dell’erogazione in caso di fine anticipata della legislatura rispetto
alla naturale scadenza. L’ammontare da erogare, per Camera e Senato, nel caso di legislatura completa passa da
193.713.000 di euro a
468.853.675 euro.
Il 26 febbraio 2006, con la
legge n. 51 l’erogazione è
dovuta per tutti e cinque gli
anni di legislatura indipendentemente dalla sua durata
effettiva. Con quest’ultima modifica l’aumento è esponenziale.
Così si consuma l'ennesima strage di legalità e di diritto in Italia: il voto referendario viene dimenticato
e i cittadini, di Governo in
Governo, di legislatura in legislatura, continuano a pagare per qualcosa che non
vogliono.
Gia Benedetti
BOXE
14
SPORT
MONDO SABINO
JULIO CÉSAR CHÁVEZ JR
PUGILATO ANTICO PER UN GIOVANE CAMPIONE
Chávez Jr con il padre.
Julio César Chávez Jr.,
soprannominato JC Jr,
(Culiacán, 16 febbraio
1986), è un pugile messicano, figlio del leggendario Julio César Chávez. Nome completo Julio Cesar Chavez Carrasco, nasce il 16 Febbraio
1986 a Culiacan nella
provincia di Sinaloa in
Messico. Pugile guardia
destra, potente e capace
di far male con entrambe
le mani.
Debutta sul ring il 26 settembre 2003, a soli 17
anni, al Parque Revolucion nella sua città natale
Culiacàn contro Jonathan
Hernandez, vincendo per
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
decisione unanime in 4
round. Per il suo quinto
match da professionista
viene scelto un palcoscenico d’onore, dove hanno
combattuto tanti grandi
campioni del pugilato,
come l’hotel-casinò MGM
Grand di Las Vegas, dove
sconfigge con decisione
unanime in 4 round Oisin
Fagan. Nel dicembre 2005
Chavez jr. aveva già combattuto 23 match vincendoli tutti (18 per KO) quando affronta Carlos Molina,
che lo costringe al pareggio sulle 6 riprese, destando più di qualche polemica. Lo affronterà di
nuovo nel febbraio suc-
cessivo vincendo per majority decision sempre sulle 6 riprese. Il 09 Giugno
del 2007 affronta Grover
Wiley al Madison Square
Garden di New York, pugile che in precedenza
aveva affrontato e sconfitto nel suo ultimo match
da pro suo padre. Il match
intitolato “Venganza de
sangre” finisce con la vittoria del giovane Chavez
per KO alla terza ripresa.
Il primo titolo arriva a soli
20 anni, quando si aggiudica il titolo mondiale giovanile dei superwelter versione WBC sconfiggendo
Jermaine White per KO al
quarto round. Il 9 febbraio del 2008, sconfiggendo
per KO all’ottavo round
José Celaya, si aggiudica
il titolo continentale delle
Americhe dei Superwelter
versione WBC. Il 28 marzo 2009 fa suo il titolo latino dei superwelter versione WBC sconfiggendo
ai punti con decisione
unanime Luciano Leonel
Cuello. Dopo 7 anni di
professionismo e 40
match disputati il giovane
campione ha la possibili-
B O RT O N E A R R E D A
Mobili
Via O. Di Fazio n. 48 - RIETI - 0746 483756
tà di ottenere una “title
shot”, cambia allenatore
ed entra a far parte dei pugili allenati da Freddie Roach. Si nota subito come
il giovane messicano sia
migliorato nella velocità
e nella tecnica. Il 26 giugno 2010 all’Alamodome
di San Antonio affronta il
pugile americano di origine irlandese John Duddy
sconfiggendolo ai punti
con decisione unanime e
aggiudicandosi il titolo Silver dei pesi medi versione
WBC. In quella stessa serata a suo padre viene
reso l’onore alla sua carriera presentandolo prima dei due contendenti. Il
4 giugno 2010 affronta
allo Staples Center di Los
Angeles l’imbattuto tedesco Sebastian Zbik, campione del mondo in carica
dei pesi medi versione
WBC. Si aggiudica (forse
immeritatamente ndr) il
match al termine delle 12
riprese ai punti per majority decision, diventando
così il nuovo Campione
del Mondo dei pesi medi
versione WBC e divenendo così il primo messica-
a cura di Guido Benedetti
no di sempre a vincere il
titolo mondiale nella categoria dei pesi Medi. Titolo che difende per la
prima volta il 19 Novembre del 2011 a Houston
sconfiggendo per KO alla
quinta ripresa Peter Manfredo jr.
Chávez Jr, al di là di come è diventato campione
del mondo nel match contro Zbik, si sta dimostrando un ottimo pugile,
è ancora giovane, ha una
grande personalità, ed è
un buon incassatore. I
suoi match non di rado diventano delle vere battaglie… insomma la maggior parte delle volte,
quando combatte si vede
un pugilato di altri tempi,
e questo a nostro modesto parere va sempre apprezzato.
Alberti Luigi
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Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
ATTUALITÀ
TRE ARTISTI REATINI CON I LORO
PARTICOLARI SCATTI FOTOGRAFICI
Mostra fotografica di Alex Giagnoli, Massimo Renzi e Massimo Rinaldi
MONDO SABINO
15
SEGNALAZIONE
QUESTIONE MORALE
E QUESTIONE CIVILE
Due libri assolutamente da leggere
Da sinistra: Massimo Rinaldi, Gianni Letta, Alex Giagnoli e Massimo Renzi.
Gianni Letta, Presidente della Fondazione Flavio Vespasiano, ha fatto visita alla
Mostra sul Reate Festival realizzata dai fotografi reatini e allestita nella sala mostre
del Comune di Rieti dove si sono potuti
ammirare i numerosi scatti realizzati nell’ultima edizione del Reate Festival. In occasione della visita alla mostra i tre fotografi hanno donato una targa ricordo al
Presidente della Fondazione Flavio Vespasiano.
Alex Giagnoli, Massimo Renzi e Massimo Rinaldi hanno costituito mesi fa un “Coordinamento Fotografi Provincia di Rieti” per portare all’attenzione della città la valenza ar-
tistica svolta sul territorio reatino con la loro
professione.
La mostra, tenutasi dal 23 dicembre 2011 al
15 gennaio 2012, è stata allestita con pannelli fotografici delle dimensioni di 50 x 70 cm
mostrando foto della manifestazione del Reate Festival 2011.
La mostra è stata visitata da moltissime persone che hanno lasciato la propria firma,
esprimendo giudizi positivi, su un registro appositamente predisposto.
I tre reporter hanno dimostrato l’originalità
con cui sono stati capaci di cogliere particolari sfumature nel realizzare le immagini
oggetto della mostra.
LA STRADA DI CAMPOSAINO
umano e scende pian piano
su quelli del dovere, del bene
e del male concludendo che
“non è vero che tutto è permesso. Non è permesso a
nessuna volontà ciò che è ingiusto”.
E conclude con un invito a
tutti gli italiani a tornare ai sacri principi della nostra cultura umanistica che tanta
gloria ha seminato nella cultura mondiale. Solo così potrà essere sconfitta la cultura del tutto è permesso che
ha portato l’Italia sull’orlo
del baratro.
Ne consiglio la lettura a tutti i lettori di questo giornale
che si è sempre ispirato ai
medesimi principi. Finalmente qualcuno che richiama tutti noi a por fine alla
sbornia di banalità, di finti miti
e di arroganza. Un sano bagno di rigenerazione.
Roberta de Monticelli - La
Questione Morale (E. 14,00)
e La Questione Civile (E.
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G.P.
SOLITUDINE
I SOLDI PUBBLICI AL SERVIZIO DEI PRIVATI?
Un altro caso di inciucio tra destra e sinistra. Committente l'ASI, presieduta dal centro-sinistra; autorizzazione del Comune, sindaco e giunta di destra
A distanza di decenni dalla realizzazione del
depuratore cittadino in località Camposaino
il Consorzio Industriale, a firma del Presidente, chiede ed ottiene dal Comune di Rieti, il Permesso per la realizzazione di una strada che, innestata nella rotatoria (già poco
funzionale) ubicata dove Via Molino della Salce si immette sulla provinciale Reopasto, conduce all’impianto di depurazione.
Considerato che il traffico dei mezzi diretti al
depuratore è assolutamente trascurabile e
che l’attuale viabilità garantisce il necessario transito, si ritenne lecito chiedere in
sede di Consiglio Comunale, perché, anziché limitarsi eventualmente a migliorare la
strada esistente, si dovesse consentire una
sproporzionata opera, in variante al Piano regolatore Generale, di eccessiva dimensione,
notevolmente costosa e che sicuramente andrà a peggiorare il funzionamento di una rotatoria già problematica.
Le risposte della maggioranza e del Settore urbanistica, che comunque ha difeso la
proposta, sono state vaghe, e prive di una
ragionevole valutazione tecnica; a questo
punto si ritenne lecito sospettare che la stra-
Ho letto d’un fiato due libri
della filosofa Roberta de
Monticelli che, a dispetto
della professione, sono di
una semplicità e di una comprensione fuori dell’ordinario
e che dovrebbero essere
letti almeno da tutti coloro
che hanno frequentato le
aule della scuola media superiore.
Partendo dal pensiero di
Platone, attraverso Kant e Simone Weil, la dotta insegnante alla Università VitaSalute San Raffaele Milano
ci fornisce una chiave di interpretazione dei fatti accaduti in Italia dalla seconda
metà del secolo scorso fino
ad oggi, e suggerisce la
strada da intraprendere per
risalire la china nella quale
siamo sprofondati.
Ma lo fa con un linguaggio
comprensibile a tutti e con
esempi concreti che rendono la lettura facile e piana.
Parte dalla analisi del concetto di Giustizia che Ella
mette al centro della indagine filosofica del pensiero
da da realizzare, con denaro pubblico, potesse avere altri scopi, in quanto il nuovo Piano Regolatore, rende le aree a confine, edificabili, a condizioni che gli interessati realizzino le infrastrutture.
Le preoccupazioni, le raccomandazioni e i
contributi costruttivi, sono stati al solito
ignorati e le richieste disattese in quella seduta di Consiglio Comunale, mentre i dubbi sono stati fugati oggi, con la presentazione
di un Programma Integrato che prevede la
costruzione di un consistente complesso di
edifici il quale si dovrebbe disarticolare intorno alla essenziale e fondamentale strada in costruzione.
È evidente a questo punto che si tratta di un
caso, fortuito, per la nota proprietà, che prima, in una zona assai improbabile per essere utilizzata come espansione della città,
si è vista i propri terreni resi edificabili e oggi
ricevere questo assist. E’ possibile, ci chiediamo, che si possa continuare ad amministrare una città, un territorio, una popolazione
a colpi di operazioni occasionali e selvagge?
Il Consigliere Comunale
Gian Piero Marroni
Qui, nella stanza solitaria,
torno sovente e sogno.
E nell’etereo spazio,
l’occhio si disperde,
in un infinito stellato
dove parmi ritrovare
il continuo risonare
della notturna sinfonia.
Luna, che t’alzi dall’ombra,
splendi più in alto,
cerca il mormorio del fiume
che scorre snello
tra la Valle e il Monte
silenzioso, e pur tanto prezioso
in questa nostra amata Terra!
Alberto De Angelis
L‘artista è un bugiardo capace
di mentire anche a se stesso
pur di dire la verità
Savonari
VIAGGI
16
MONDO SABINO
El Botanico di Sagra, agosto 2010
El Botanico è un’idea che si inserisce nella storia dell’uomo. Nacque
dalla mente di un signore che amava gli alberi e i giardini che somigliavano ai boschi all’inizio del secolo scorso.
Non era il giardino di una casa, era
un vero e proprio orto botanico all’ombra del quale c’era un deposito di vino e di altri prodotti della rigogliosa natura circostante.
C’era anche una piscina ed uno
spazio attrezzato per una attività ludica all’aperto. Ma il proprietario
abitava altrove, lo usava come luogo utile e ameno allo stesso tempo. Il gusto di vivere all’aperto in
luoghi vegetati e rigogliosi viene
dall’oriente, dai paesi caldi dove il
verde somigliava al paradiso e viverci allietava gli uomini.
Forse il fondatore del Botanico di
Sagra aveva nel suo DNA qualche
ascendenza di quegli arabi che
abitarono da quelle parti fino al
1.300 d.C., o forse era uno che aveva viaggiato molto. Fatto sta che El
Botanico oggi testimonia con i suoi
pini, le sue palme e le altre numerose specie di alberi l’aspirazione
alla vita comoda e gradevole che ti
invita a rimanerci più che puoi.
L’idea di starci per sempre, o meglio fino a che la vita lo consenta,
è venuta ad Annì, una francese che
ha vissuto in Svizzera e che, quando ha saputo che il proprietario vendeva, ha pensato di trasferirsi in
questo luogo per viverci stabilmente.
Ma certo non pensava di ritirarsi in
un eremo, così pensò di trasformare i locali ivi esistenti facendoli
abitabili e aggiungendone altri.
Così l’idea primigenia di un signore cha amava vivere in un luogo
gradevole, è stata adattata ai nuovi tempi e alle esigenze delle tante persone che durante l’anno si av-
VIAGGI
Anno XXVII - nº 1 Genn.-Febb.-Mar. 2012
EL BOTANICO
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0034 609118744
Un'oasi di verde nella costa valenziana
vicendano da queste parti, e l’idea
di un bosco di piante di varie specie per l’arricchimento di un luogo
concepito all’inizio del secolo scorso, dal piacere di un singolo è trasmigrata, grazie ad Annì, in molti.
La scoperta di El Bitanico è stata di
Gloria e solo ora capisco perché vi
ritorna tutti gli anni, perché qui si ha
veramente la sensazione di uscire
dal mondo della quotidianità, un
luogo dove veramente riposarsi e
pensare che il mondo può essere
anche bello per le persone comuni.
Un palazzinaro avrebbe disboscato in quattro e quattr’otto e vi avrebbe realizzato le solite case senza
anima della imperante speculazione edilizia.
Annì ha conservato l’anima di questo posto e l’ha messa al servizio
di coloro che sono in grado di gustarla. Posti così ce ne sono pochi
per la gente comune. Se li trovi
sono accessibili solo ai grandi ricchi o ai riccastri come quelli che infestano l’Italia di Berlusconi e di
Bossi.
È soprattutto un modo intelligente
di utilizzare le risorse naturali di un
luogo senza stravolgerlo inse-
gnando come dovrebbe essere il turismo vacanziero intelligente.
Ce ne vorrebbero tante di persone
come Annì, e in tutta l’Europa, in
particolare in Italia!
Sagra è uno dei tanti paesini che incorniciano i rilievi montani che
compongono il promontorio di Cabo
de la Nao che chiude a sud il
grande golfo di Valencia. Si tratta di
colline che hanno la forma e
l’aspetto di montagne vere. Esse
guardano il mare, alle loro spalle la
Mancha e la sierra Morena. Tra
esse e il mare una marea di “giardini” ad agrumeti dipinge verso
nord due conche che somigliano
tanto alla conca d’oro palermitana.
A Denia, sul mare, Capo Sant’Antonio piomba sull’azzurro dei flutti
dipingendo un quadro che somiglia
tanto al nostro Conero. Il roccione
su in alto è di color rossiccio, come
le nostre Dolomiti, testimone della
sua nascita in fondo al mare con il
deposito dei crostacei.
Qui a nord di Cabo de la Nao le
conche sono due, quella di Pego e
quella di Ondara. Due centri urbani che raccolgono tutte le esigenze
delle loro zone. Denia e Levca
stanno sul mare. Le due conche
sono incorniciate da molti paesini
e, purtroppo, da tante brutture della speculazione edilizia del dopo
Franco. Ci sono dei villaggi anonimi che sono abitati da inglesi in
pensione che passano da queste
parti molto del loro tempo che rimane. Li si incontrano e li si riconoscono in giro con tutta evidenza.
Siamo in Costa blanca in provincia
di Alicante, ai confini con la provincia di Valencia.
Kilometri e kilometri di spiaggia di
sabbia fina protetta dalla dune che,
per fortuna, da queste parti sono
state protette. Le spiagge sono li-
bere, ogni tanto un chiosco per le
bibite e gli alcolici, dei quali si fa
largo uso.
I bagnanti passeggiano su e giù
sulla battigia per alternarsi tra l’acqua e la sabbia, ma senza la calca
che c’è nelle nostre spiagge ormai
al servizio del soldo. Niente chioschi chiassosi né calche di gonzi
che per divertirsi devono fare solo
“casino”.
In spiaggia si sta fino a tardi, dopo
il tramonto del sole, l’umidità è relativa e fa piacere rimanere al fresco fino a tarda notte. Al ritorno le
cime delle montagne nane disegnano nel cielo terso linee geometriche irregolari del tutto speciali.
Alcune somigliano a facce umane
distese in orizzontale che guardano il cielo a bocca aperta, come alcune maschere dell’America centrale. Sullo sfondo una luce tersa le
mette maggiormente in rilievo.
Un tramonto originale e bellissimo,
impensabile dove le montagne
sono alte e spesso offuscate dalla
foschia.
All’alba El Botanico si anima di vita
canterina. Comincia il gallo di un
casolare vicino. Ma ben presto il cocule, le tortorelle e i tanti minuscoli
uccelli del luogo cominciano a cercare il cibo trasferendosi da un albero all’altro.
Ogni tanto il tonfo leggero di una pigna secca che si stacca dal suo
ramo. Un campanellino avverte
che la famigliola di caprette di Annì
è già alla ricerca di cibo, mentre un
venticello sottile che ti accompagna
per tutta la giornata si infila tra i
rami egli alberi toccandoli con delicatezza come corde di un violino
o di un violoncello che mescolano
i suoni con sapiente registro naturale. Un sottofondo musicale delicato che ti fa compagnia giorno e
notte e che rende ancor più temperata la presenza della vita nel
seno del giardino e soffia sui petali
dei fiori sparsi qua e là rendendoli tremuli allo sguardo e portatori di
variegati colori.
Gianfranco Paris
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Gennaio-Febbraio-Marzo 2012