POLITICHE DEL LAVORO
a.a. 2013/14
Prof.ssa Marina Capparucci
Le politiche occupazionali e del lavoro…
…sono interventi mirati ad attivare l’offerta di lavoro,
incrementare l’occupazione, ridurre la disoccupazione,
controllare la distribuzione del reddito ai fini antinflazionistici.
Preliminare all’analisi delle politiche e dei loro potenziali effetti è
lo studio di come funziona il MERCATO DEL LAVORO
Fondamentali sono, dunque, alcuni richiami alla “descrizione” del
mercato del lavoro e alle chiavi teoriche che ce ne spiegano i
meccanismi di funzionamento
IL MERCATO DEL LAVORO
..è quel luogo immateriale dove si manifesta
la domanda (espressa dagli imprenditori) e
l’offerta (espressa dai lavoratori) del
principale fattore produttivo*: il lavoro
(misurato in termini di ore di lavoro o numero di lavoratori).
Su tale mercato viene così a determinarsi il
“prezzo” di scambio (salario) dell’attività
lavorativa
*gli altri fattori produttivi sono la terra e il capitale
IL MERCATO DEL LAVORO….
….costituisce l’oggetto principale d’indagine dell’ECONOMIA DEL
LAVORO, poiché le problematiche legate ….
-all’OCCUPAZIONE (totale, ma anche nelle componenti giovanile,
femminile, territoriale, immigrata, diversamente qualificata, ecc…)
- alla DISOCCUPAZIONE (anch’essa declinata per le diverse
componenti),
- alla DISTRIBUZIONE DEL REDDITO (nella determinazione dei
salari di “mercato” e in quelli fissati per contrattazione sindacale)
….risentono comunque delle dinamiche e della struttura della
domanda, dell’offerta e del prezzo di scambio della forza lavoro
Mentre la TEORIA ne studia il funzionamento, la STATISTICA ne dà la
dimensione quantitativa
Dal punto di vista statistico
• - la DOMANDA = numero di lavoratori (o ore
di lavoro) richiesti dalle imprese: si traduce in
OCCUPAZIONE per la parte di domanda
soddisfatta; ma può esserci una parte
coincidente con “posti vacanti”,che sono quelli
non ancora coperti da lavoratori
• -l’OFFERTA = FORZE di LAVORO = occupati +
disoccupati
• - il PREZZO = SALARIO o COSTO DEL LAVORO
La
ne
o
i
z
a
u
sit
na
a
i
l
ita
OCCUPATI E DISOCCUPATI
definizioni
* Per essere considerato occupato un individuo tra i
15 e 64 anni deve aver svolto almeno un’ora di
lavoro retribuito nella settimana di riferimento
* Per essere considerato disoccupato un individuo tra
i 15 e 64 anni deve aver svolto almeno un’azione
di ricerca nelle 4 settimane precedenti e deve
essere disposto a lavorare entro le 2 settimane
successive.
La domanda, l’offerta e lo scarto tra le due
possono essere misurati attraverso alcuni indicatori che consentono di effettuare confronti
nel tempo e nello spazio (tra paesi e aree geografiche); essi sono:
•Il Tasso di attività : indicatore dell’offerta di lavoro =
•Forze di lavoro/popolazione in età lavorativa (15-64 anni di età)
Il Tasso di occupazione: indicatore della domanda di lavoro
(al netto dei posti vacanti) = occupati/ popolazione in età lavorativa
Il Tasso di disoccupazione: indicatore dell’eccedenza relativa
dell’offerta sulla domanda = disoccupati/forze di lavoro
Il prezzo del lavoro,
è in genere riferito al salario
(oppure al costo del lavoro) medio di un’economia
ne
o
i
az a
u
sit lian
La ita
DOMANDA-OFFERTA E DISOCCUPAZIONE
nel 2013 la popolazione in Italia era = a circa 60 milioni
di abitanti, di cui
20 milioni non in età lavorativa+
40 milioni in età lavorativa
FORZE DI LAVORO = offerta di lavoro
Di cui
(Tasso di Attività =63,5%della popolazione 15-64)
Di cui son
o
occupati
OCCUPAZIONE
(22.300.000 circa)
( Tasso di Occup.= 55,4%
della popolazione in età lavorativa)
+
D
I
S
O
C
C
U
P
A
Z
I
O
N
E
25.500.000
si offrono
0
00 ono
.
00 ffr
5
. io
14 n s
no
Tasso di inattività
= 36,5% della popolazione
in età lavorativa
Tasso di
disoccupazione = 12,5%
delle forze di lavoro
3.200.000
In Italia T.O. è di circa 7 punti inferiore alla media UE
per le donne di circa 12 punti, per i giovani 14 punti, per gli anziani 10 punti
INDICATORI statistici DEL MERCATO DEL LAVORO
Italia 2013
Popolazione = 60 milioni Forze di lavoro = 25 milioni (occupati = quasi 23 milioni + disoccupati = circa 3 milioni)
•
•
•
T.A.= FL/ POP. (15-64)
rapporto tra forze di lavoro (occupati +disoccupati)
e popolazione di 15 – 64 anni di età
T.O. = OCC/ POP. (15-64)
rapporto tra occupati e popolazione
di 15-64 anni di età
T.D. = DISOC./FL
rapporto tra disoccupati e forze di lavoro
FORTI DISPARITA’ DI GENERE
64%
(m.74% - f.54%)
57%
(m.67% - f.47,5%)
12,5%
m.12%- f.13%
Più di 20 punti % si differenziano
i T.O. del Nord da quelli del
Sud; questo con T.D. più che
doppio rispetto al Nord
FORTI DISPARITA’ TERRITORIALI
Le disparità occupazionali…
• …tra le componenti di genere permangono anche a parità di
territorio: ma se al Nord le differenze tra uomini e donne
sono di circa 8 punti percentuali, al Sud la distanza è di più
di 20 punti %;
• Le lavoratrici del Nord vantano Tassi di occupazione molto
simili a quelli degli uomini del Sud!
• Le donne – pur essendo mediamente più istruite degli uomini-
abbandonano il mercato del lavoro soprattutto nelle classi di
età centrale (soprattutto dopo la maternità).
LE DIFFERENZE TERRITORIALI
Geographical areas
2008
Men Women
2009
Men Women
2010
Men Women
2011
Men Women
Employment rate
North
Center
South
Total
76,2
73,0
61,1
70,3
57,5
52,7
31,3
47,2
74,5
72,1
59,0
68,6
56,5
52,0
30,6
46,4
73,8
71,4
57,6
67,7
56,1
51,8
30,5
46,1
73,8
70,7
57,4
67,5
56,6
51,7
30,8
46,5
2,9
4,6
10,0
5,5
5,2
8,2
15,7
8,5
4,5
5,7
10,9
6,8
6,4
9,2
15,3
9,3
5,1
6,6
12,0
7,6
7,0
9,0
15,8
9,7
5,0
6,7
12,1
7,6
6,8
8,9
16,2
9,6
21,5
23,4
32,0
25,6
39,3
42,6
62,8
48,4
21,9
23,4
33,7
26,3
39,6
42,7
63,9
48,9
22,1
23,5
34,4
26,7
39,6
43,1
63,7
48,9
22,3
24,2
34,5
26,9
39,2
43,2
63,2
48,5
Unemployment rate
North
Center
South
Total
Inactivity rate
North
Center
South
Total
Il TASSO DI ATTIVITA’ : già nell’offerta esistono forti differenze di genere
che si attenuano nel tempo, ma che oggi sono ancora distanti (circa 20 punti%)
2013
74
2013
54
Minore partecipazione femminile
soprattutto nelle classi di età centrali
Ore di lavoro offerte
LA MATERNITA’ COSTITUISCE ANCORA MOTIVO DI ALLONTANAMENTO DAL Md.L.
Sui TASSI DI ATTIVITA’ incide anche la SCOLARITA’:
le donne tendono a proseguire di più gli studi (rispetto agli uomini)
e hanno risultati migliori, sia nel completare gli studi che nella votazione
In Italia i tassi di attivita’ e di occupazione sono bassi anche per l’alta presenza
dell’economia sommersa:
Le stime variano, ma indicano comunque valori superiori a quelli degli altri paesi europei
Stima dell’economia sommersa tramite il model approach – Schneider F.
In Italia
il tasso
di
irregolarità
è pari a
circa il 12%
degli
occupati
e al 17%
del PIL
secondo
l’ISTAT
Ma
le stime
variano…
e
n
o
zi
a
u llo o
t
i
s live ari
a
L a nit
mu
o
c
IL CONFRONTO EUROPEO
nel 2012
• Rispetto alla media comunitaria l’Italia presenta:
• T.A. più bassi (63.5% contro 72% circa); Alta inattività
• T.O. più bassi (57% contro 64% circa)
• T.D. lievemente più alti (11% contro 10.5% circa)
•
La differenza apparentemente lieve dei T.D.è dovuta al
fatto che la scarsa offerta (T.A. bassi, a causa del sommerso e dello scoraggiamento) non rivela tutta la potenziale
disoccupazione e la gravità del sottoutilizzo di forza lavoro
TAB. 3
TASSI DI ATTIVITA’ per genere ed età – 2010
T.A. paesi UE – anni 2000-2010
TASSI DI OCCUPAZIONE
EU - 2010
Nel 2012 il T.O. in
Italia = circa 57%
nell‘UE 28 = circa 64%
Per il 2010 la SEO (Strategia Europea per l’0ccupazione)
prevedeva un target del 70% tot.; 60% femm.; 50% anz.
T.O.tot.
73
71
75
72
65,6
68
73
69,5
75
57
64
Solo 5
paesi
avevano
raggiunto
tutti
gli obiettivi
SEO
nel 2010
DK, GER,
OL,SV,NO.
Austria, Portogallo, Finlandia e Regno Unito vicini al target, ITALIA lontana
In Italia il più basso T.O. giovani (19% contro 33% UE)
UE27
T.O. giovani
T.O.anziani
T.Disocc.
T.D. giovani.
TASSI DI OCCUPAZIONE per genere ed età
Poche, in Italia, soprattutto le
donne nelle classi di età estreme
Giovani NEET di 15-29 anni per sesso
nei paesi UE, anno 2010, %
+3.2% dal 2007 al 2010
1/ 3 sono disoccupati, 2/3 inattivi
Fonte: ns elaborazione su Eurostat online database.
Cresce il fenomeno dei NEET
N E E T r a te s a m o n g y o u th in O E C D c o u n tr ie s
P e rc e n t a g e o f p o p u la t io n a g e d 1 5 -2 4 , a 2 0 0 7 Q 1 -2 0 1 1 Q 1 b
2007 Q 1
2011 Q 1
N LD
3 .8
4 .1
D N K
4 .4
5 .7
S W E
6 .9
6 .8
A U T
7 .1
6 .8
S V N
6 .9
7 .4
F IN
7 .8
8 .6
N O R
7 .8
9 .2
D E U
9 .2
9 .5
C Z E
1 5 .1
1 1 .0
P O L
1 0 .7
1 1 .1
A U S
9 .7
1 1 .4
F R A
1 0 .1
1 2 .0
P R T
1 3 .7
1 2 .8
E U 27
1 1 .5
1 3 .2
G B R
1 1 .7
1 3 .4
H U N
1 1 .8
1 3 .8
1 1 .7
1 4 .4
1 2 .1
1 4 .8
1 2 .5
1 6 .0
1 5 .4
1 6 .4
IR L
1 0 .1
1 7 .6
E S P
1 1 .7
1 7 .6
G R C
1 5 .7
1 8 .2
IT A
1 6 .1
1 9 .5
T U R
3 8 .4
3 0 .2
Circa 1/5 dei
giovani non studia
e non lavora
N Z L
U S A
B E L
O E C D
N o te :
C o u n tr i e s a r e s h o w n i n a s c e n d i n g o r d e r o f t h e N E E T r a t e i n 2 0 1 1 Q 1 .
a) O E C D , E U 27
and
e u ro
a re a
(1 7 ) a re
w e ig h t e d
a v e ra g e s . O E C D
in c lu d e s
c o u n t r ie s ( e x c lu d in g C h ile , I s r a e l, J a p a n a n d K o r e a ) .
b ) 2 0 0 7 Q 2 - 2 0 1 1 Q 2 f o r A u s t r a lia , 2 0 0 7 Q 2 - 2 0 1 1 Q 1 f o r S w it z e r la n d a n d , 2 0 1 1
S o u rc e :
O E C D e s t i m a te s b a s e d o n n a ti o n a l l a b o u r f o r c e s u r v e y s .
30
Il ruolo dell’istruzione
sui tassi di attività (T.A.) e di occupazione (T.O.)
Sui T.A. :
•un maggior tasso di scolarità
può diminuire i
tassi di attività giovanili
Ma…..
…..poi, in un
periodo successivo,
aumenta il
tasso di occupazione
nell’età centrale
e quindi
il T.A. globale
..
Nella struttura
occupazionale italiana
È ALTA LA QUOTA
DEI
POCO QUALIFICATI,
mentre
la QUOTA
DI LAUREATI
è molto più bassa
della media
comunitaria
Tassi di occupazione per titolo di studio
I T.O.
dei più
istruiti
sono in
Italia
i più
bassi
rispetto
a tutti
gli altri
paesi
UE
PART-TIME
anno 2010
CONTRATTI A TERMINE
anno 2010
Dispersione dei Tassi di occupazione regionali
(coefficienti di variazione dei T.O. regionali)
pop. 15-64 anni età- anni 2005 e 2010
L’Italia ha la dispersione più elevata –e per di più aumentata negli
anni della crisi- dei tassi di occupazione regionali
I paesi con minore dispersione territoriale
hanno più elevati tassi di occupazione totale
TASSI DI DISOCCUPAZIONE
UE - 2011
IL SALARIO
•
•
•
•
•
•
•
COSTO DEL LAVORO (CL)– Cuneo contributivo=
differenza tra CL e RL
ONERI SOCIALI (OS)=
in % CL
__________________
RETRIBUZIONE LORDA (RL)- Cuneo fiscale e
IMPOSTE DIRETTE=
Contributivo =
differenza tra CL e
___________________
RN in % CL
RETRIBUZIONE NETTA (RN)
IL SALARIO
•
•
•
•
•
•
•
COSTO DEL LAVORO (CL)–
ONERI SOCIALI (OS)=
______________prelievo per FORMAZIONE
RETRIBUZIONE LORDA (RL)IMPOSTE DIRETTE=
___________________
RETRIBUZIONE NETTA (RN)
100
31,5
0,5
68
15,4
52,6
Costo del lavoro, prelievo fiscale e contributivo – anno 2010
In Italia il peso del cuneo contributivo e
fiscale…
è elevato rispetto alla media europea, ma in altri
paesi dove è anche più alto, il tasso di occupazione
è superiore a quello dell’Italia (rigidità con bassa e
non esclusiva influenza sulla domanda di lavoro)
comunque
• alcune aliquote potrebbero essere ridotte e parte
del prelievo spostato su altre fonti di reddito
•
poichè
• la relativa maggiore incidenza del prelievo
contributivo sul costo del lavoro viene indicata tra
le cause determinanti dell’ampia area del lavoro
sommerso
IL COSTO DEL LAVORO PER UNITA’ DI PRODOTTO
CLUP
• Ai fini della competitività internazionale ciò che è
rilevante non è tanto avere un costo del lavoro
basso, ma una produttività elevata : è importante
cioè avere un basso costo del lavoro per unità di
prodotto (CLUP= costo del lavoro/ produttività media
del lavoro)
• Germania, Regno Unito e Francia, ad esempio,
hanno un costo del lavoro superiore a quello
dell’Italia, ma un livello e una dinamica della
produttività superiori a quelli italiani
IL COSTO DEL LAVORO VIENE RAPPORTATO ALLA PRODUTTIVITA’
(per valutare il costo del fattore rispetto al relativo rendimento)
Costo del lavoro
Produttività del lavoro
Fra
Ger
Ita
Fra
Spa
Ger
Ita
Spa
150
150
140
140
130
130
120
120
110
110
100
100
90
90
1998
2000
2002
2004
2006
2008
1998
2010
2000
2002
2004
2006
2008
2010
Settore manifatturiero - Indice 1998 = 100
Elaborazioni REF Ricerche su dati Bls
Settore manifatturiero - Indice 1998 = 100
Elaborazioni REF Ricerche su dati Bls
23
Fonte: CNEL
Carlo Dell’Aringa
La domanda, l’offerta e il prezzo
•
•
•
•
definiti in termini statistici attraverso i tassi di occupazione, tassi di attività, livello di
salario medio dell’economia vengono determinati da diverse variabili. Il peso delle stesse
su ciascuna componente del mercato viene individuato in modo diverso a seconda delle
TEORIE
I PARADIGMI TEORICI SERVONO A COMPRENDERE
A) quali sono le variabili che rispettivamente determinano la domanda, l’offerta e il
prezzo del lavoro– e quindi che possono causare disoccupazione (quando l’offerta è
maggiore della domanda, dato un certo livello di salario), definendone la natura
(disoccupazione frizionale, congiunturale o ciclica, s trutturale….)….
•
B) quali interventi si richiedono per sanare i diversi tipi di disoccupazione e i fenomeni
ad essa connessi (disparità occupazionali –di genere, di età, territoriali- emigrazione,
lavoro sommerso…)….
QUESITO di fondo nel ripercorrere le chiavi di lettura teoriche:
La flessibilità dei salari consente di ridurre la disoccupazione?
Quesito: tutte le teorie confidano nella flessibilità salariale per
riassorbire la disoccupazione?
La risposta nel PERCORSO dell’analisi teorica
• 1) I meccanismi concorrenziali e la distribuzione conflittuale
nella visione dei classici (mercato e contesto storico-sociale)
• 2) L’equilibrio con disoccupazione “volontaria” nell’approccio
neoclassico (mercato e produttività marginale)
3) Le rigidità “nominali” e la disoccupazione “involontaria” in
Keynes (insufficienza della domanda effettiva)
4) Le imperfezioni di mercato e le rigidità salariali nei modelli
microfondati (istituzioni e vincoli alla concorrenza perfetta)
CHIAVI DI LETTURA
DEL MERCATO DEL LAVORO
CLASSICI
A.Smith (1776)
D.Ricardo (1817)
C.Marx (1867)…
KEYNESIANI
da
Keynes: Teoria generale…(1936)
NEOCLASSICI
L.Walras (1877)
A.Marshall(1890)
V.Pareto (1906)
A.Pigou (1933) …..
CLASSICI
•
Il LAVORO è il “fattore produttivo” per eccellenza: senza il suo
apporto gli altri due fattori (terra e capitale) non sono in grado –da
soli- di realizzare un prodotto
•
Il CAPITALE, combinato con il lavoro, ne aumenta la capacità
produttiva (in quanto al suo interno contiene attività lavorativa
passata; esempio: un macchinario è stato costruito grazie ad altro
lavoro impiegato e può essere utilizzato solo attraverso lavoro)
•
La TERRA (o una proprietà immobiliare) è il terzo fattore necessario
per realizzare un’attività di produzione, ma anche questo necessita
del lavoro per dare origine ad un prodotto da scambiare sul un
mercato dei beni
Secondo i CLASSICI
° L’offerta di lavoro è rigida:
tutti si offrono “a prescindere”dal livello di salario
° La domanda di lavoro è decrescente al crescere del salario:
a parità di “fondo salari”, se il salario aumenta gli imprenditori domanderanno meno lavoratori
° Il salario di mercato può variare a seconda di come varia la
domanda e l’offerta di lavoro, ma il suo valore tende a
stabilirsi intorno al salario “naturale” che riflette, in ogni perio
do storico e ambiente geografico, il relativo
“salario di sussistenza”
° la disoccupazione dipende soprattutto dal processo di
sostituzione del capitale al lavoro (disoccupazione tecnologica)
ed è sempre di tipo involontario (dal momento che i lavoratori
sono disponibili a lavorare a qualsiasi salario):
Tale disoccupazione potrebbe essere sanata se una eventuale
crescita della domanda dei beni (la cui produzione richiederebbe
più lavoro) riuscisse a compensare la riduzione di occupati
provocata dal ProgressoTecnologico.
La FLESSIBILITA’ del SALARIO
secondo i Classici
non è
necessaria e sufficiente
per raggiungere la piena occupazione
•
una condizione
I meccanismi concorrenziali (secondo i quali, quando l’offerta > della domanda
il salario tende a scendere) fanno sì che il salario di mercato (misurato in
termini “reali”, cioè in rapporto al prezzo dei beni) tenda verso il valore
della sussistenza. Di fatto l’offerta è quasi sempre > della domanda o per fattori
demografici (aumento popolazione/immigrazione) o per disoccupazione causata dalla
sostituzione del lavoro con capitale.
•
Gli imprenditori potrebbero reimpiegare i profitti realizzati ampliando
la produzione e l’occupazione; ma è necessario che
•
A) ci sia una sufficiente domanda di beni (altrimenti “crisi da sovrapproduzione”)
•
B) si realizzi comunque un saggio di profitto positivo
NEOCLASSICI
A.C.Pigou
V.Pareto
• Ogni fattore produttivo (lavoro, capitale e terra) ha
una sua produttività specifica che si può misurare nel
modo seguente, ad esempio:
• per il lavoro:
si osserva di quanto varia il prodotto finale quando si
impiega una unità (o una quantità molto piccola) di
lavoro in più, “ferma rimanendo la quantità degli altri
fattori impiegati” (produttività –o rendimentomarginale del lavoro)
L’OFFERTA DI LAVORO: Approccio Microeconomico
• Il lavoratore nell’offrire lavoro vàluta, da un lato, quanto tempo
libero cedere in cambio di salario (effetto sostituzione),
dall’altro l’utilità di cedere tempo libero contro un salario che gli
consente di consumare beni (effetto reddito).
• Se il salario aumenta, il lavoratore può reagire
-offrendo più ore di lavoro: in tal caso prevale l’effetto
“sostituzione”, poiché, partendo da un livello di salario basso, il
suo incremento stimola il lavoratore a ridurre tempo libero per
offrire maggior lavoro (Funzione crescente rispetto al salario)
- oppure riducendo le ore di lavoro offerte: ciò avviene quando il
salario è talmente alto da consentire un consumo di beni (effetto
“reddito”) tale da non incentivare l’aumento ulteriore di lavoro
offerto, preferendo anzi godere di maggior tempo libero
(Funzione con tratto decrescente rispetto al salario)
L’OFFERTA DI LAVORO: strumenti analitici
• E’ possibile rappresentare graficamente il modo in cui un
lavoratore decide di offrire ore di lavoro:
- Sull’asse delle ascisse si indicano le ore di tempo libero
(riducendo le quali si offrono via via più ore di lavoro)
- Si rappresenta sull’asse delle ordinate il livello di consumo che un
determinato reddito (dato dal salario per le ore di lavoro + il reddito non da lavoro)
consente di effettuare
- Si ipotizza che ciascuno goda di un livello minimo di reddito non
da lavoro (V) che consenta consumi minimi anche senza lavorare
(in assenza di tale reddito V=0)
- Si rappresentano il vincolo di bilancio
curve di indifferenza
(retta con pendenza data dal salario)
(che rappresentano i diversi livelli di utilità)
e le
L’OFFERTA DI LAVORO:
effetti possibili di un aumento del salario
a) Il lavoratore
aumenta le ore di tempo libero:
Si riduce l’offerta di lavoro
(accade soprattutto se il
salario aumenta partendo
da livelli alti: tratto alto e
decrescente della funzione
di offerta)
EFFETTO REDDITO
b) Il lavoratore
riduce le ore di tempo libero:
aumenta l’offerta di lavoro
(accade soprattutto se il
salario aumenta partendo
da livelli bassi: tratto più
basso e crescente della
funzione di offerta)
EFFETTO SOSTITUZIONE
Fonte: BORJAS, Economia del lavoro, Brioschi 2009
Aumenta il salario:
il nuovo punto di equilibrio può essere
• A) a DESTRA rispetto al precedente –effetto reddito- se il
lavoratore “preferisce” ridurre le ore di lavoro, dando maggior
valore al tempo libero: ciò accade quando l’incremento del
salario è molto elevato o si parte da un livello di salario già
elevato (parte alta della curva di offerta).
• B) a SINISTRA –effetto sostituzione- se il lavoratore
“preferisce” aumentare le ore di lavoro, quando il tempo libero ha
minor valore del reddito che si può percepire in più: ciò accade
soprattutto quando l’incremento ha luogo partendo da livelli bassi
di salario (parte alta della curva di offerta)
Offerta di lavoro – La curva di offerta di lavoro
Prevale l’effetto reddito
Aumenta il
tempo libero
Si riduce il
tempo libero
Prevale l’effetto
sostituzione
La curva d’offerta di lavoro descrive la relazione tra il salario e le ore di lavoro. Per i salari
inferiori al salario di riserva (10€) un soggetto decide di non lavorare. Per i salari superiori a 10€,
ci si offre invece sul mercato del lavoro. Nel segmento rivolto verso l’alto della curva di offerta di
lavoro, gli effetti di sostituzione (scambio tra ore di lavoro e tempo libero) sono più forti
all’inizio; nel segmento rivolto all’indietro gli effetti reddito (per il consumo di beni) finiscono
per dominare.
Fonte: BORJAS, Economia del lavoro, Brioschi 2009
LA DOMANDA DI LAVORO: Approccio Microeconomico
• Gli imprenditori nel domandare ore di lavoro o numero
di lavoratori valutano tre variabili fondamentali
- a) il salario reale (salario nominale –o monetario- in
rapporto al livello dei prezzi)
- b) la produttività del lavoro (prodotto totale in
rapporto alle ore lavorate o al numero di lavoratori9
- c) la domanda dei beni (La quantita di prodotto
richiesto dal mercato)
Secondo i Neoclassici
L’offerta di lavoro cresce
-al crescere della popolazione o dell’immigrazione (spost.
della funzione a destra)
-al crescere del salario reale (w/p, spost. lungo la curva)
• La domanda di lavoro cresce
-al diminuire del salario reale (w/p, supposto = alla produttività
marginale di breve periodo, cioè con capitale invariato),
-all’aumentare della produttività del lavoro nel lungo periodo
(mutata la quantità del capitale: P’L aumenta, spostamento della
funzione a destra)
- all’aumentare della domanda dei beni (spostamento a destra)
Tutti i lavoratori che si offrono a salari superiori a quelli
di equilibrio (a destra di Ne) e che non sono perciò occupati
(poiché la funzione di domanda segna il “limite” di salario
“compatibile con una data produttività del lavoro”)
debbono considerarsi disoccupati volontari
La disoccupazione potrebbe eliminarsi facendo sì che il
mercato sia lasciato libero di operare secondo il meccanismo
della “flessibilità” salariale (l’eccesso di offerta dovrebbe
far scendere il salario così che la domanda possa riassorbire
il lavoro in eccesso)
we
Ne
La FLESSIBILITA’ del SALARIO
secondo i Neolassici
è una condizione necessaria e sufficiente
per raggiungere la piena occupazione
•
I meccanismi concorrenziali (secondo i quali, quando l’offerta > della domanda il salario
tende a scendere) fanno sì che il salario di mercato (misurato in termini “reali”, cioè
in rapporto al prezzo dei beni) tenda verso il valore di equilibrio (o di market
clearing): la disoccupazione è volontaria perché si suppone che i lavoratori si
offrano a salari> di quelli di equilibrio
•
Laddove esistano “rigidità” di mercato che impediscano al salario di scendere in
presenza di disoccupazione (se, quindi il salario è fissato al di sopra di quello
ritenuto di equilibrio, come nelle spiegazioni dei modelli “microfondati”) è necessa
rio e sufficiente rimuovere tali rigidità affinchè si arrivi alla piena occupazione
•
•
E’ però altrettanto necessario che esista flessibilità dei prezzi sul mercato del
capitale e su quello dei prodotti
LE POLITICHE OCCUPAZIONALI
di sostegno alla domanda aggregata:
l’insegnamento di Keynes
KEYNES
•Keynes scrive la Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse
e della moneta nel 1936, dopo la Grande Depressione (scarsa
domanda di beni, scarsa produzione, alta disoccupazione…)
•considera il salario non solo come un “costo del lavoro”
ma anche come reddito spendibile: sostiene che una “flessibilità”
verso il basso dei salari non è una garanzia sufficiente affinchè
aumenti l’occupazione e la produzione offerta: è necessario che
le prospettive di (le aspettative degli imprenditori circa la)
crescita della domanda effettiva (consumi, investimenti, spesa
pubblica, esportazioni al netto delle importazioni) siano tali
giustificare una maggiore produzione e, quindi, una maggiore
domanda di lavoro
***la diminuzione dei salari potrebbe accrescere l’occupazione
solo se agisse riducendo il saggio di interesse e aumentando gli
Investimenti e/o non comprimendo i Consumi (i prezzi dei beni
dovrebbero però scendere nella stessa misura della riduzione dei salari)
Secondo KEYNES
alla flessibilità dei salari sarebbe preferibile la flessibilità del saggio di interesse
Keynes prefigura:
•Una offerta di lavoro in larga parte elastica
(la maggior parte dei lavoratori si offrono allo
stesso salario contrattuale) e solo una piccola
parte si offre in misura maggiore se il salario
cresce (off. Permanente + off. Fluttuante)
•Una domanda di lavoro che dipende:
No
Disoccup. Invol.
w
- dal salario reale e dalla produttività marginale,
oltre che dalla domanda di beni
Nd
•Un “equilibrio di sottoccupazione”, cui corrispon-
de una disoccupazione involontaria: i disoccupati
sarebbero disponibili a lavorare al salario di equili
brio, ma l’insufficienza della domanda “effettiva”
di beni (C+I+G+E-M)impedisce di espandere la
produzione e l’occupazione.
N
In caso di disoccupazione da carenza di domanda per espandere l’occupazione è necessario
che l’intervento pubblico sostenga la domanda di beni o direttamente (+ spesa corrente, +
investimenti pubblici), oppure indirettamente, agendo sulle variabili che incidono sui consumi
e/o sugli investimenti e/o sulla domanda estera (esportazioni)
La flessibilità del salario (riduzione in caso di disoccupazione) non è una
condizione necessaria e sufficiente per accrescere l’occupazione
i
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N
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L’EQUILIBRIO SUL MERCATO DEI BENI E DELLA MONETA genera
un determinato libello di reddito domandato, cui gli imprenditori rispondono
adeguando il volume di produzione (beni e servizi offerti/PIL) , al quale
corrisponde un determinato volume di occupazione
i
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Effetti possibili di una
riduzione salariale su tutti i mercati e sull’occupazione
a)
Riduzione del salario nominale: la curva di offerta si sposta in basso
momentaneamente l’occupazione
aumenta
b)
“Se” i prezzi si riducono (a parità di margini di profitto), la curva di domanda si sposta a
sinistra, riportando l’occupazione al punto di partenza (con salario reale e occupazione
inalterati (ma occorre verificare se i prezzi sono diminuiti nella stessa misura dei salari)
c)
La diminuzione dei prezzi cambia l’equilibrio sul mercato della moneta:
si riduce la domanda di moneta necessaria per le transazioni e aumenta quella a scopo
speculativo: la maggiore domanda di titoli, a parità di offerta degli stessi, ne aumenta il
prezzo (il valore attuale) e ne riduce il rendimento (saggio di interesse)
Md = Mt ( p, y ) + MS ( i )
d)
“Se” non ci troviamo nella “trappola della liquidità” (troppa moneta offerta), la riduzione
del saggio di interesse potrebbe far crescere gli investimenti (la domanda effettiva), la
produzione e l’occupazione: questi effetti sono però “incerti” (dipendono anche dalle
possibili variazioni della propensione al consumo e dall’efficienza marginale del capitale)
La flessibilità (riduzione) dei salari
potrebbe comportare un aumento dell’occupazione solo se
• La propensione al consumo (c)
• Il saggio di interesse (i)
• L’efficienza marginale del capitale (r)…..
…variano in modo tale da stimolare
rispettivamente
I CONSUMI e/o gli INVESTIMENTI
…ma lo stesso risultato potrebbe ottenersi aumentando l’offerta di moneta:
secondo Keynes una Politica monetaria flessibile potrebbe essere preferibile
ad una Politica salariale flessibile (piu complesso e socialmente meno
accettabile ridurre il salario “medio” dell’economia )
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INFLAZIONE E DISOCCUPAZIONE
e LA POLITICA DEI REDDITI
• Nel 1958, A.W.H. Phillips pubblicava uno
studio che documentava una relazione
negativa tra il tasso di variazione dei salari e
il tasso di disoccupazione in UK dal 1861 al
1957 “la curva di Phillips”.
• La relazione fu poi verificata anche tra
(tasso di variazione dei prezzi) inflazione e
tasso di disoccupazione (Samuelson e
Solow)
Curva di PHILLIPS
Curva di PHILLIPS
I politici esprimono delle preferenze nel trade-off tra
disoccupazione e inflazione
Nella curva A i policy maker
A
preferiscono ridurre più
disoccupazione anche a costo
di una maggiore inflazione
(laburisti)
Nella curva B prevale
l’obiettivo di contenimento
dell’inflazione (conservatori)
B
Il tasso naturale di disoccupazione
Negli anni ’70 la nozione di una curva di Phillips stabile
va in crisi: secondo alcuni economisti un trade - off di lungo
periodo non aveva un senso teorico, la curva diventa verticale
=> esiste un tasso di disoccupazione d’equilibrio:
tasso naturale di disoccupazione (persiste indipendentemente
dall’inflazione).
FONTE:
Zanetti,
Economia
Curva di Phillips “verticale”
•
•
•
Secondo verifiche della curva di Phillips per gli anni settanta, essa è
risultata spostata a destra (più inflazione e più disoccupazione), e in
molti casi più “verticalizzata”:
A spiegazione si ipotizza che, nella fissazione dei salari, gli operatori
siano condizionati dalle aspettative inflazionistiche (adattive,
razionali..): ne deriva inefficacia delle politiche occupazionali
Se la disoccupazione è
di natura “strutturale” le
politiche monetarie espansi
ve possono accelerare l’in
flazione senza poter ridurre
la disoccupazione (inefficaci)
N.A.I.R.U
TASSO DI DISOCCUPAZIONE CHE NON ACCELERA L’INFLAZIONE
È quel tasso di disoccupazione che include solo la disoccupazione
frizionale e strutturale, ma non quella congiunturale
Disoccupazione
“frizionale”
è quella sperimentata
per brevi periodi e
dovuta al tempo neces
sario per il “normale”
passaggio dallo status
di disoccupato a quello
di occupato
(valori intorno al 2%)
Disoccupazione “strutturale” è quella dovuta a
-Squilibri qualitativi nella struttura della domanda e dell’offerta
di lavoro (mismatch di tipo professionale, settoriale,territoriale
…..) , sanabili solo nel medio lungo periodo e con specifiche politi
che “strutturali” (sul capitale umano, sui processi di investimento
e di sviluppo…)
-Imperfezioni e rigidità di mercato: spiegazioni
MODELLI MICROFONDATI
Negli anni ’90 il dibattito sulla “flessibilità del mercato del lavoro” muoveva dal confrontare
la dinamica della disoccupazione negli USA (dove la flessibilità del mercato sembrava
riassorbire presto la disoccupazione) e la dinamica della disoccupazione nell’Unione Europea
(dove il sistema “istituzionale” sembrava “irrigidire” il mercato del lavoro)
Persistenza
della
disoccupazione
europea:
“isteresi”…
sia negli anni
novanta, che
ancora oggi
SALARI DI EFFICIENZA
• Date le “imperfezioni” di mercato (asimmetria informativa
sulle capacità produttive dei lavoratori)
• Alcuni imprenditori possono trovare più conveniente pagare
salari superiori a quelli di mercato:
• a) per evitare assenteismo (modello di “shirking” o scanzafatiche)
• b) per attrarre i lavoratori migliori (m. di “selezione avversa”)
• c) per evitare i costi di rotazione (m. di “turnover”)
• d) per gratificare i lavoratori piu produttivi rispetto agli altri
(modelli sociologici)
. Spiegazioni di tipo “nutrizionale”
DISOCCUPAZIONE INVOLONTARIA (w più alto ma deciso dall’imprenditore)
SALARIO di EFFICIENZA
è quello in cui l’elasticità (variazione %) dello sforzo
rispetto al(la variazione% del) salario è pari all’unità
JOB SEARCH THEORY
La ricerca del lavoro
•Imprese
differenti offrono differenti opportunità di impiego;i lavoratori
non sanno dove sono i posti di lavoro “migliori”: ci vuole tempo per trovarli.
•
Ogni lavoratore può scegliere fra diverse offerte di diverse imprese
I differenziali salariali incoraggiano disoccupato a proseguire la ricerca,
finché trova un’offerta migliore.
•
•Le
attività di ricerca aumentano la durata disoccupazione che il lavoratore
sopporta per avere un posto di lavoro migliore
77
Fonte:Borjas 2010
JOB SEARCH THEORY
Se il disoccupato conosce la forma della distribuzione dell’offerta del
salario, sa che:
la probabilità che la ricerca gli farà trovare lavoro tra 8€ e 22€ è
alta
•
•
la probabilità di avere un lavoro a meno di 8€ o più di 22€ è bassa.
Se la ricerca non costasse niente, il lavoratore continuerebbe a
bussare a tutte le porte finché non incontra l’impresa che paga il
salario di 25€.
•
In realtà è costosa: ogni volta che il lavoratore cerca lavoro, paga
costi di trasporto etc, ma anche un costo opportunità: potrebbe avere
lavorato a un salario più basso.
•
78
Fonte:Borjas 2010
JOB SEARCH THEORY
La distribuzione dell’offerta di salario
è la distribuzione di frequenza delle varie offerte disponibili
Un lavoratore può ottenere un lavoro che viene pagato da 5€ a 25€ l’ora.
79
JOB SEARCH THEORY
• Esistono costi di ricerca che vengono confrontati con i previsti
rendimenti, derivanti dal salario che il lavoratore si attende di
ricevere: ne scaturisce (laddove cmg=rmg) un salario di riserva
(o salario minimo di accettazione) che rappresenta una “rigidità”
.
Eventuali sussidi possono far crescere il salario di riserva,
poiché abbassano costi della ricerca (cmg si sposta in basso)
Disoccupazione di tipo “volontario” perché la rigidità salariale
è voluta dal lavoratore
JOB SEARCH THEORY
TEORIA CONTRATTI IMPLICITI
• Il salario dovrebbe variare in relazioni alle diverse fasi cicliche
(stato della congiuntura più o meno favorevole)
.
Il lavoratore, avverso al rischio, preferisce contrattare un
salario “stabile”, accettando di essere “momentaneamente”
disoccupato (o sospeso/cassintegrato)
.
Ne scaturisce una “rigidità salariale” che aumenta la probabilità
di perdere il posto di lavoro (cfr grafico)
La disoccupazione è di tipo “volontario” perché la rigidità salariale è decisa
dal lavoratore
TEORIA CONTRATTI IMPLICITI
Riduzione della
probabilità di
rimanere occupato
INSIDER-OUTSIDER
• All’imprenditore conviene sostituire un lavoratore interno con uno
esterno solo se la produttività del primo – al netto del salario e
dei costi di rotazione (assunzione, addestramento e
licenziamento) è inferiore alla produttività dell’esterno, al netto
del suo salario
• I lavoratori interni hanno un salario superiore a quello degli
esterni perché hanno produttività maggiore e perché sfruttano il
fatto che l’imprenditore non è facilmente disposto a sostenere
nuovi costi di turnover per la rotazione dei lavoratori
•
I lavoratori esterni accetterebbero salari più bassi degli interni, ma
rimangono disoccupati dati i costi di turnover di cui si avvantaggiano gli
interni
Ne scaturisce una disoccupazione di tipo “involontario”
INSIDER-OUTSIDER
Se gli insiders
accettassero
lo stesso salario
proposto dagli
outsider, ci
sarebbe piena
occupazione
Modelli di contrattazione sindacale
Non sempre il salario risente, in modo diretto, delle
condizioni della domanda e dell’offerta di lavoro: in
molti settori dell’economia le condizioni retributive
vengono fissate attraverso contrattazione sindacale
I modelli teorici considerano due principali situazioni di
contrattazione salariale:
SINDACATO MONOPOLISTA
CONTRATTAZIONE
EFFICIENTE
Modelli di contrattazione sindacale
Curve di isoprofitto
Sindacato monopolista
Si ipotizza che:
• Il sindacato fissi il livello del salario
• L’imprenditore vi adegui il livello di
occupazione cui corrisponde una produttività
del lavoro pari a quel salario richiesto
• La funzione di “utilità” del sindacato giace
sulla urva di domanda del lavoro
Modelli di contrattazione sindacale
Funzione di utilità
- o indifferenzadel sindacato
Contrattazione efficiente
Si ipotizza che:
- Il sindacato abbia come obiettivi sia l’occupazione
che il salario
- La funzione di utilità del sindacato giace sulla curva
di isoprofitto
- I punti di tangenza tra f. di utilità e isoprofitto –
paralleli alla curva di domanda- individuano la linea
dei contratti efficienti
Dai
modelli teorici alle verifiche empiriche:
IL MERCATO DEL LAVORO ITALIANO…
… è rigido o flessibile?
….è utile la flessibilità per accrescere l’occupazione?
un mercato del lavoro flessibile in genere presenta:
1)
Alta variabilità dei salari nel tempo e nei differenziali
territoriali e per componenti lavorative (genere ed età)
2)
Basso peso del cuneo contributivo nel costo del lavoro
3)
Alta quota di lavoratori autonomi ed atipici (a termine e
part-time)
4)
Alto tasso di worker turnover (rotazione dei lavoratori sullo
stesso posto) e job turnover (creazione e distruzione dei
posti di lavoro): bassa protezione del posto di lavoro (EPL)
1) La variabilità del salario e i differenziali
salariali
in Italia negli anni duemila
I salari “reali” non mostrano particolari “rigidità”: sono
aumentati al di sotto della dinamica della produttività
(tranne che negli due anni quando la produttività è
nettamente diminuita) e spesso al di sotto della
dinamica inflazionistica
I differenziali salariali sembrano rispecchiare le diverse
posizioni dis/occupazionali (eccedenze relative) delle
specifiche componenti (giovani, donne, immigrati…)
Evoluzione della spesa per politiche del lavoro
(LMP) e del numero di disoccupati. (UE27)
2005-2011
Evoluzione del n. disoccupati per durata della
disoccupazione (UE27)
2005-2011
Dal 2008 al 2011 cresce soprattutto la disoccupazione di lungo periodo;
quella di breve periodo (congiunturale) inizia a diminuire dal 2009
AUMENTA L’OFFERTA DI LAVORO (TASSI DI
ATTIVITA’)
MA,
DIMINUENDO
ANCHE LA
DOMANDA
(OCCUPATI)
LA
DISOCCUPAZIONE
CRESCE
T.A.= Forze di
lavoro/Popolazione
in età lavorativa
c
so
i
D
cu
ti
a
p
La disoccupazione aumenta soprattutto
tra i giovani (15-29 anni); ma la
classe di età centrale aggiunge alla
riduzione degli occupati un aumento
dell’offerta con forte aggravio della
specifica disoccupazione
Spese per LMP (in % PIL) e tasso di disoccupazione
anno 2011
Spese per LMP (in% PIL) per tipo di spesa
e tasso di disoccupazione
Paesi UE27 - anno 2011
Fonte: CNEL,
RAPPORTO 2012-13
OCSE Scarpetta
Fonte:
CNEL,
RAPPORT
O 201213
OCSE
Scarpetta
L’INVESTIMENTO IN CAPITALE UMANO
e
LE POLITICHE FORMATIVE
la decisione di investire in istruzione
dipende dal:
•
profilo retributivo che un individuo si aspetta di ottenere dopo la
formazione: tale rendimento (benefici economici dell’istruzione)
debbono essere “attualizzati” (riportati al valore che hanno oggi,
quando si prende la decisione di investire)
*
l’ammontare dei costi diretti e indiretti, sostenuti per acquisire
istruzione (anch’essi attualizzati)
•
la probabilità di occupazione , misurata come complemento a 100 del
tasso di disoccupazione (1- T.D.)
•
IN ITALIA GLI INDIVIDUI INVESTONO IN ISTRUZIONE MENO CHE IN
ALTRI PAESI INDUSTRIALIZZATI EUROPEI
Profilo temporale del rendimento e del costo dell’istruzione
un anno di istruzione aggiuntivo conviene quando il
beneficio supera i costi
reddito
del laureato
Maggior reddito
da lavoro
Costi
indiretti
Costi
diretti
reddito
del diplomato
età
pensionamento
TEORIA DEL CAPITALE UMANO (C.U.):
gli individui investono in formazione solo se la sommatoria dei rendimenti previsti dall’impiego del
C.U. acquisito, al netto della sommatoria dei costi sostenuti per acquisirlo risulta > 0 (positiva):
i valori debbono essere calcolati nella stessa unità di tempo (attualizzati: riportati tutti ad oggi
rendimenti e costi riferiti a periodi diversi)
benefici
costi
VF = VA (1+i)n
VAN = Σ Benefici (salari futuri)/(1+i
futuri) – )n
–
Σ Costi (diretti e indiretti) /(1+i)n
capitalizzazione:
VA = VF/(1+i)n attualizzazione:
si riportano ad oggi i valori futuri
Quando conviene investire in istruzione?
Dal punto di vista economico conviene se il VAN (valore
attuale netto) dei benefici derivanti dall’investimento, al
netto dei relativi costi è positivo (>0)
- Occorre inoltre “ponderare” i benefici previsti per la
probabilità di ottenerli; moltiplicando cioè la sommatoria
dei benefici per (1- T.D. dei laureati)
- Anche i costi indiretti (mancati guadagni derivanti dalla
rinuncia a lavorare da diplomato) vanno moltiplicati per
la relativa probabilità di conseguirli (1-T.D. dei diplomati)
Scelta della quantità ottima di istruzione Si*
Costo
marginale
I’ , c’
c’
A
Rendimento
marginale
I’
Si*
L’individuo “razionale”
sceglierà di istruirsi fino al punto in cui
prevede che un anno di scolarità in più gli
costerà esattamene quanto gli renderà (cmg = rmg)
S
L’effetto dell’abilità individuale
Costo
marginale
I’ , c’
c’
B
A
Si*
Rendimento
marginale
I’
S°
S
Un individuo più abile avrà minori costi marginali (se la maggiore capacità di apprendere
ridurrà il tempo necessario ad acquisire un titolo) e avrà maggiore produttività e più
alti rendimenti marginali
L’effetto sarà quello di acquisire un maggiore stock di istruzione (S°)
L’effetto ricchezza familiare
Costo
marginale
I’ , c’
c’
B
C
A
Si* S’
Rendimento
marginale
I’
S°
S
L’individuo più abile
se appartiene ad una famiglia non agiata, con “ricchezza limitata”
deciderà un livello di istruzione inferiore a quello ottimale (punto B anziché C)
consumando S’ di istruzione (anziché S°) poiché la retta verticale indica
il limite di reddito disponibile
DIFFERENZIALI SALARIALI per titolo di studio
secondaria
Elab.Isfol
secondaria
AMMORTIZZATORI SOCIALI:
Cassa Integrazione Guadagni
FONTE: CNEL Notiziario sul mercato del lavoro. Aprile 2013
CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI
FONTE: CNEL Notiziario sul mercato del lavoro. Aprile 2013
FONTE: CNEL Rapporto sul mercato del lavoro 2012-13
I contratti atipici
1)A termine
Job Sharing (lavoro ripartito)
Job on call (lavoro a chiamata)
Lavoro accessorio (prestazioni occasionali
di tipo accessorio)
Lavoro a progetto
Lavoro intermittente
Lavoro occasionale
Staff leasing (lavoro in affitto)
2) A tempo parziale
Job Sharing
E' il cosiddetto ''lavoro ripartito'': un contratto atipico che introduce il principio della
condivisione del lavoro, secondo il quale due o piu' persone in accordo con il datore
assumono ''in solido'' un'unica obbligazione di lavoro.
Cio' significa che ciascuno sara' indifferentemente tenuto nei confronti del datore
all'esecuzione della stessa prestazione.
Il contratto di ''job sharing'' prevede quindi due intestatari, che possono liberamente
concordare come ripartirsi gli incarichi e come suddividersi in due o piu' fasce orarie un
lavoro a tempo pieno.
Job on call (lavoro a chiamata)
E' definito anche ''lavoro intermittente''. Il lavoratore si mette a disposizione del datore e
aspetta la sua chiamata: la prestazione viene quindi svolta in maniera discontinua e la
disponibilita' del prestatore potrebbe essere ricompensata da una sorta di ''indennita’ di
disponibilita’'' corrisposta dal datore oltre alla retribuzione per le ore effettivamente
lavorate. Una nuova tipologia contrattuale che il Governo intende introdurre nel nostro
ordinamento per contrastare formule simili utilizzate spesso in modo fraudolento.
Lavoro Accessorio (Prestazioni occasionali di tipo accessorio)
Attivita' lavorative di natura meramente occasionale che non superano i 30 giorni
all’anno ed i 3 mila euro.
Le prestazioni di carattere accessorio vengono incoraggiate come attivita' di assistenza
sociale rese a favore di famiglie o enti da parte di disoccupati di lungo periodo o altri
soggetti a rischio di esclusione sociale, oppure non ancora entrati nel mercato del lavoro
o in procinto di uscirne .
Il contratto attiene a particolari prestazioni lavorative quali:
piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa la assistenza domiciliare ai
bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap;
insegnamento privato supplementare;
piccoli lavori di giardinaggio, nonche' di pulizia e manutenzione di edifici e monumenti;
realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli;
collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori
di emergenza, come quelli dovuti a calamita' o eventi naturali improvvisi, o di solidarieta'.
Lavoro a Progetto
Si tratta in pratica delle “Vecchie” Co.Co.Co., e può essere definito come rapporto di
lavoro personale e senza vincolo di subordinazione, riconducibile a uno o piu' progetti
specifici o programmi di lavoro determinati dal committente e gestiti autonomamente dal
collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la
organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per
l'esecuzione della attivita' lavorativa.
Part-time (Lavoro a tempo parziale)
Lavoro con carico orario inferiore rispetto all’orario normale di lavoro fissato dai CCNL
(Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro).
Soggetti interessati: tutti i lavoratori dipendenti senza distinzione di qualifica e settori.
Tre le tipologie:
* Orizzontale: riduzione giornaliera dell’orario di lavoro rispetto l’orario pieno
* Verticale: attività svolta a tempo pieno ma limitata a periodi predeterminati nel corso
della settimana\-mese\-anno
* Misto: combinazione di part time verticale e orizzontale
Lavoro intermittente
Il contratto di lavoro intermittente è il contratto mediante il quale un lavoratore si pone a
disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa per lo
svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente secondo le esigenze
individuate dai contratti collettiva.
Si tratta, in definitiva, di una particolare forma di rapporto di lavoro subordinato dove la
prestazione lavorativa non è soggetta a vincoli di orario e all’obbligo di presenza
prestabilito.
Per i periodi nei quali il lavoratore garantisce la disponibilita' al datore di lavoro in attesa
di utilizzazione, è un’indennità detta di disponibilità.
Lavoro occasionale
Rapporti di lavoro occasionale o discontinuo con uno stesso committente per un
periodo che non supera i 30 giorni complessivi nell’anno solare ed il cui compenso
non supera i 5 mila euro.
Al di sopra dei limiti temporali e reddituali citati si parla di lavoro a progetto.
Staff leasing (lavoro in affitto)
Lo Staff leasing, o somministrazione di lavoro, è la fornitura professionale di
manodopera da parte delle Agenzie per il lavoro.
La somministrazione di lavoro, diversamente chiamata lavoro in affitto, riconosce tre
attori principali:
Somministratore (Agenzie per il lavoro)
Utilizzatore (Proprietario di un’ impresa)
Lavoratore (lavora presso l’utilizzatore ma è dipendente del somministratore)
Per tutta la durata della somministrazione i lavoratori svolgono la propria attivita'
nell'interesse nonchè sotto la direzione e il controllo dell'utilizzatore.
3)
F
L
E
S
S
I
B
I
L
I
T
A’
Quote di Part-time e di lavoro temporaneo
Alta flessibilità/occ
Alta flessibilità/occ.
Bassa sicurezza
• Z
HU
UK
25 - 6
IE
17 - 4
Alta sicurezza
PO
4 - 7
SE
10 - 27
CZ
SK
EL
FI
5 - 9
3 - 5
IT
14- 13
6 - 11
Bassa flessibilità
Bassa sicurezza
S I C U R E Z Z A
24 – 9
25 - 17
AT
22 - 9
14 - 16
BE 22 - 9 NL
FR 17-13 DE 58 - 11
ES
PT
DK
46 - 17
21 - 34
11 - 21
Media UE 27
Part time = 19% circa
Contratti a termine = 13,5%
Bassa flessibilità
Alta sicurezza
Fonte: Jorgensen & Madsen, 2007/Eurostat-OECD data
4) Tasso di turnover e normative
a protezione del posto di lavoro (EPL)
•
In Italia si contano quasi 66 imprese ogni mille abitanti, valore tra i
piu’ elevati d’Europa, a testimonianza soprattutto del prevalere delle
imprese di ridotte dimensioni (anno 2008).
•
Il tasso di imprenditorialita’ – calcolato come rapporto tra numero di
lavoratori indipendenti e totale dei lavoratori delle imprese – e’ pari
al 31,3 per cento, valore quasi triplo rispetto alla media europea. E’
quanto emerge dal (report “Noi Italia. 100 statistiche per capire
il Paese in cui viviamo” Istat).
•
La dimensione media delle imprese italiane – circa 4 addetti per
impresa – nell’Ue27 e’ superiore soltanto a quella di Portogallo e
Grecia. Per quanto attiene alla dinamica demografica delle imprese,
in Italia l’indicatore di turnover lordo e’ pari al 14,6 per cento,
con valori piu’ elevati nelle regioni meridionali.
4) l’EPL è inferiore alla media europea
sia per i lavoratori standard che per i temporanei
EPL lavoratori regolari (a) e dei lavoratori temporanei (b)
14 paesi UE 1997-2008
EPL lavoratori regolari
EPL lavoratori temporanei
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POLITICHE DEL LAVORO Parte I