Capitolo 29: Monopolio Naturale e Discriminazione dei prezzi 29.1: Introduzione Entrambi gli argomenti trattati in questo capitolo riguardano il tema dell’inefficienza nel mercato di monopolio. Ricordiamo che la perdita netta di surplus per la società si deve in parte al potere di mercato del monopolista, ma soprattutto al calo dell’offerta causato dalla presenza di un solo produttore. In primo luogo, verifichiamo se la disponibilità di una tecnologia di produzione più efficiente può risolvere il problema della perdita netta di surplus aggregato. Il secondo argomento che discutiamo, invece, riguarda la possibilità di recuperare parte della perdita netta di surplus attraverso alcune forme di discriminazione dei prezzi. Infatti, il motivo per cui nel mercato di monopolio non si produce un output tale da permettere l’uguaglianza tra prezzo e costo marginale è che, in assenza di discriminazione, il monopolista applica lo stesso prezzo a tutti i consumatori. 29.2: Monopolio Naturale Il motivo principale che rende preferibile affidare un’industria ad un’impresa di grandi dimensioni piuttosto che ad un gran numero di piccole imprese è che la prima dispone verosimilmente di una tecnologia produttiva più efficiente. Infatti, la concentrazione dell’industria in un’unica grande impresa ha per effetto la riduzione dell’inefficienza associata alla presenza di un numero elevato di piccole imprese in relazione, ad esempio, al notevole contenimento dei costi burocratici. (Provate a chiedervi cosa è avvenuto quando nel Regno Unito la gestione della “British Rail” è stata affidata a molte piccole imprese). Se l’effetto desiderato dell’innalzamento dell’efficienza si realizza, diventa auspicabile affidare l’industria ad un’unica grande impresa che, pur comportandosi da monopolista (con la conseguente perdita netta di surplus), potrebbe produrre un risultato migliore per entrambi i lati del mercato. L’esempio che illustriamo è molto semplice e, senza la pretesa di essere realistico, ha l’unico obiettivo di mettere in evidenza come la presenza di una tecnologia migliore di quella associata al mercato di concorrenza perfetta possa permettere sia l’innalzamento dell’output che l’abbassamento del prezzo di monopolio. Assumiamo funzioni dei costi marginali costanti sia per l’industria di monopolio che per quella di concorrenza perfetta, con costi marginali (costanti) molto più bassi in monopolio. Ipotizziamo una curva di domanda lineare in entrambi i mercati e iniziamo la nostra analisi dal mercato di concorrenza perfetta (figura 29.1). La curva di domanda ha un valore di intercetta pari a 100 su entrambi gli assi. Sull’asse delle ascisse abbiamo rappresentato quantità domandate e offerte in aggregato e su quello delle ordinate la domanda e il costo marginale. La retta orizzontale con intercetta 60 riflette l’ipotesi di costi marginali costanti: ogni impresa produttrice del bene scambiato sul mercato, sostiene un costo di 60 per ogni unità addizionale di output. L’output di concorrenza perfetta è tale da eguagliare il prezzo al costo marginale. Nel punto di intersezione tra la curva dei costi marginali e la domanda aggregata, l’output è pari a 40 e il prezzo è uguale al costo marginale di 60. La figura 29.2 mostra il surplus del consumatore in corrispondenza dell’equilibrio di concorrenza perfetta. Il surplus del produttore è nullo. Assumiamo che dalla fusione di tutte le imprese attive sul mercato risulterebbe un’unica grande impresa, la cui tecnologia di produzione sarebbe in grado di abbassare notevolmente i costi marginali di produzione. Ipotizzando una riduzione dei costi marginali da 60 a 10, otteniamo la figura 29.3. La curva di domanda è lineare con intercetta verticale e intercetta orizzontale pari a 100 e, di conseguenza, è lineare anche la funzione dei ricavi marginali che ha la stessa intercetta verticale e intercetta orizzontale pari alla metà di quella della curva di domanda. La retta orizzontale più vicina all’asse delle ascisse è la curva del costo marginale del monopolista. Il livello ottimo di output del monopolista si colloca nel punto in cui il costo marginale è uguale al ricavo marginale, un output di 45 come mostrato nella figura 29.3. Il prezzo applicato dal monopolista è determinato a partire dalla curva di domanda ed è pari a 55. Abbiamo ottenuto il seguente risultato: in presenza di costi marginali sufficientemente bassi, il monopolista è in grado di produrre un output maggiore e applicare un prezzo inferiore dell’industria competitiva. Osservando la figura 29.4, confrontiamo i surplus prodotti dallo scambio nei due mercati di monopolio e concorrenza perfetta. L’area del triangolo in alto a sinistra misura il surplus dei consumatori in monopolio, maggiore di quello che i consumatori ricevono in concorrenza perfetta perché maggiore è l’output e minore è il prezzo di equilibrio. Il rettangolo misura il surplus del monopolista. La somma dei due surplus rappresenta il surplus aggregato di monopolio. Quindi, un monopolista più efficiente, pur conservando il potere di determinazione del prezzo, produce un output maggiore, applica un prezzo minore e genera un surplus aggregato superiore a quello di concorrenza perfetta. La forma di mercato appena descritta prende il nome di monopolio naturale. La perdita netta di surplus causata dal monopolio è definita dall’area del triangolo sulla destra della figura 29.4. Perché l’ampiezza di questa area misura la perdita netta di surplus del monopolio? Perché se questa industria si comportasse come un’industria di concorrenza perfetta (se l’output fosse tale da eguagliare il prezzo al costo marginale), sarebbe possibile produrre un output di 90 e applicare un prezzo di 10 e l’intera area compresa tra il costo marginale e la curva di domanda andrebbe ai consumatori sotto forma di surplus. Concludiamo quanto segue: se l’industria di concorrenza perfetta viene sostituita dall’industria monopolistica “più efficiente”, il prezzo diminuisce, la quantità di bene scambiata sul mercato aumenta e la società nel suo complesso ne beneficia. Tuttavia, se il monopolista si comportasse come un’impresa competitiva, il prezzo potrebbe essere ancora più basso, l’output aumentare ulteriormente e il surplus aggregato si accrescerebbe ancora di più. Vi starete chiedendo perché il governo non interviene con una legislazione di prezzo massimo (un prezzo massimo uguale al costo marginale del monopolista). Un tale provvedimento, infatti, costringerebbe il monopolista a produrre un output di 90, riducendo il prezzo a 10, e permetterebbe ai consumatori di riappropriarsi del surplus di concorrenza perfetta. In effetti, questa rappresenta la soluzione di lungo periodo più efficiente (se i surplus sono quelli “veri”) che nella pratica viene applicata nei monopoli naturali nazionalizzati di molti Paesi. Ma riferiamo la nostra analisi al breve periodo e assumiamo che il monopolista debba sostenere dei costi fissi K. Ripetendo l’analisi condotta finora sotto queste ipotesi aggiuntive, la curva dei costi medi totali diventa K/y + 10, dove y rappresenta l’output e “10” il costo marginale (già rappresentato in figura). Naturalmente, la curva dei costi medi totali è convessa ed inclinata negativamente (figura 29.5). Cosa notiamo? In corrispondenza di output (45) e prezzo (55) di monopolio, il prezzo supera sensibilmente il costo medio totale, per cui l’impresa realizza un profitto positivo. Tuttavia, per output (90) e prezzo (10) di concorrenza perfetta, il prezzo è minore del costo medio totale e l’impresa subisce una perdita (per qualsiasi livello di costo fisso, in quanto il prezzo copre solo il costo marginale, semplicemente perché il prezzo è uguale al costo marginale). Tale perdita è rappresentata dall’area del rettangolo delimitato dalla quantità prodotta, il prezzo ed il costo medio totale. Il monopolista potrebbe legittimamente replicare al governo: “fissando il prezzo al costo marginale e producendo l’output di concorrenza perfetta, subisco una perdita. Ho necessità di coprire i costi fissi”. Una situazione del genere è tipica di molte industrie che potremmo considerare monopoli naturali. Le industrie dell’elettricità, del gas, dell’acqua, dei trasporti ne sono esempi. Qual è la soluzione? Lasciare che l’industria operi in regime di concorrenza perfetta e perdere i vantaggi associati ad una produzione di ampia scala? Riconvertire tali industrie in monopoli e imporre l’applicazione di un prezzo pari al costo marginale assicurando la copertura dei costi fissi? L’ultima soluzione è da preferirsi, ma rimane un problema irrisolto: se lo stato copre i costi fissi del monopolista è necessario assicurarsi che il monopolista li dichiari correttamente senza sovrastimarli. E’ evidente, infatti, l’incentivo del monopolista a comportarsi in maniera inefficiente. Cosa vi ricorda questo tipo di comportamento? 29.3: Discriminazione dei prezzi A questo punto è utile ricordare la causa all’origine della perdita netta di surplus per la società nel mercato di monopolio. A tal fine ricorriamo ad un semplice esempio numerico, suggerendo una soluzione al problema dell’inefficienza del monopolio, ovvero, la discriminazione dei prezzi. Assumiamo la domanda aggregata del bene discreto della figura 29.6. Per ipotesi, possono essere acquistate fino a 10 unità del bene con prezzi di riserva di 100, 90, 80, 70, 60, 50, 40, 30, 20 e 10. Supponiamo un costo marginale costante e uguale a 36. Se il monopolista fosse costretto ad applicare un unico prezzo per ogni unità di bene venduta, quale prezzo imporrebbe? Se l’obiettivo del monopolista è la massimizzazione dei profitti, o del surplus, dovrebbe essere scelto un prezzo di 70, come mostrano la figura 29.7 e la tabella che espone i dati relativi a diversi livelli di prezzo e ai relativi valori di surplus. Per ipotesi, se il consumatore è indifferente tra comprare e non comprare il bene, decide sempre di comprarlo. Il surplus del consumatore è l’area compresa tra il prezzo di 70 e la curva di domanda, ovvero, 60. Notiamo, inoltre, che la perdita netta di surplus causata dal monopolio è rappresentata dall’area (42) compresa tra la quantità di monopolio (4), la curva di costo marginale e la curva di domanda. Il surplus aggregato di concorrenza perfetta è dato dall’area compresa tra la curva dei costi marginali e la curva di domanda, di ampiezza 238 e ad intero beneficio dei consumatori. Tabella 29.1 Prezzo 100 90 80 70 60 50 40 Surplus 64 108 132 136 120 84 28 Nel nostro esempio (tabella 29.1), il prezzo unico è pari a 70. I consumatori con prezzi di riserva 100, 90, 80 e 70 acquistano il bene allo stesso prezzo di 70, per un ricavo totale di 280 (ogni unità di bene costa al monopolista 36, per costi totali di 144), e un surplus di 280 meno 144, vale a dire, 136. Viceversa, i consumatori con prezzi di riserva 60, 50 e 40 non acquistano anche se in caso contrario il monopolista otterrebbe un profitto positivo (il costo marginale è pari a 36). La domanda di interesse è la seguente: perché il monopolista non vende il bene ai consumatori con prezzi di riserva di 60, 50 e 40 ad un prezzo pari ad esempio a 40? Così facendo potrebbe ottenere un profitto di 12! Il motivo è che in presenza di un prezzo unico per tutte le unità di bene, il monopolista non è in grado di applicare un prezzo di 70 a quattro consumatori e di 40 agli altri tre. Ovviamente, sarebbe nell’interesse del monopolista vendere solo le prime 7 unità del bene (perché i primi 7 prezzi di riserva sono tutti maggiori del costo di produzione) e applicare un prezzo minore alla vendita di ogni ulteriore unità del bene. Tuttavia, se il monopolista vende ad un prezzo inferiore le rimanenti unità di bene (in assenza di discriminazione), deve fare lo stesso anche per le prime 7. La caduta dell’output di monopolio al di sotto del livello al quale il prezzo eguaglia il costo marginale non è dovuta al potere di mercato del monopolista in sé, ma all’unicità del prezzo di vendita di tutte le unità del bene. Dunque, la soluzione più ovvia per il monopolista è quella di discriminare i prezzi. La discriminazione più efficiente sarebbe quella di tipo completo in modo tale da far pagare un prezzo diverso per ognuna delle unità vendute. In tal caso, il monopolista dovrebbe vendere la prima unità del bene al consumatore con prezzo di riserva 100 al prezzo di 100, la seconda unità al consumatore con prezzo di riserva 90 al prezzo di 90, …, la settima unità al consumatore con prezzo di riserva 40 al prezzo di 40. Così facendo, il monopolista sarebbe in grado di ottenere un surplus di (100 – 36) + (90 – 36) + … + (40 – 36) = 238, ovvero, l’intera area compresa tra il costo marginale di 36 e la curva di domanda. La perdita netta di surplus si annulla e il surplus disponibile in concorrenza perfetta viene realizzato per intero, a completo vantaggio del monopolista anziché dei consumatori. Ciò non rappresenta necessariamente un male, visto che il governo può sempre avvalersi dello strumento della tassazione a scopi redistributivi. Il fattore di maggiore importanza è che il surplus viene generato dal mercato e può essere redistribuito tra i partecipanti allo scambio. La discriminazione dei prezzo, dunque, diventa uno strumento idoneo alla soluzione del problema dell’inefficienza del mercato di monopolio. Il tipo di discriminazione che abbiamo descritto nel nostro esempio si definisce discriminazione dei prezzi di primo grado. E’ un tipo di discriminazione completa in quanto il monopolista pratica un prezzo diverso per ogni unità del bene. In altri termini, il monopolista non solo discrimina tra consumatori ma anche tra le unità di bene vendute allo stesso consumatore. Per ovvie ragioni, questo tipo di discriminazione è di difficile applicazione pratica1 così come risulta complesso renderla efficace2. Più comuni sono forme di discriminazione meno complete. Nella pratica è possibile osservare due forme di discriminazione: la discriminazione dei prezzi in relazione alla quantità acquistata e la discriminazione di prezzo in base all’acquirente. Il primo tipo si definisce discriminazione dei prezzi di secondo grado e il secondo discriminazione dei prezzi di terzo grado. Un esempio di discriminazione di secondo grado è la concessione di uno sconto su acquisti multipli: ad esempio, è molto diffusa la concessione di sconti su acquisti consistenti nei supermercati. Un esempio di discriminazione di terzo grado è la vendita dello stesso bene a prezzi differenziati in relazione al consumatore; ad esempio, i biglietti ferroviari sono più economici per i giovani e gli anziani che per le persone di mezza età. Tali tipi di discriminazione hanno la capacità di accrescere il surplus del monopolista. In un certo senso, discriminazione di secondo e terzo grado si collocano a metà strada tra le due situazioni estreme di assenza di discriminazione e discriminazione di primo grado, quando il surplus aggregato viene estratto per intero dallo scambio e la situazione è identica a quella di concorrenza perfetta (con le dovute differenze relative agli aspetti di distribuzione). Naturalmente, il monopolista è interessato a massimizzare la propria quota di surplus aggregato e, di conseguenza, preferisce forme di discriminazione di grado più elevato. 1 E’ necessario, infatti, che sia soddisfatta l’ipotesi di informazione completa del monopolista su tutti i prezzi di riserva dei consumatori. 2 Il monopolista dovrebbe essere in grado di impedire ai consumatori che acquistano le unità di bene a prezzi più bassi di rivenderle a prezzi maggiorati ad altri consumatori. 29.4: Riassunto In questo capitolo ci siamo occupati della possibilità di recuperare la perdita netta di surplus causata dal monopolio. Se il monopolista utilizza una tecnologia più efficiente, produce un output maggiore che in concorrenza perfetta (e ad un prezzo più basso) e tale da incrementare il surplus aggregato (sebbene la perdita netta di surplus per la società non venga eliminata del tutto). La perdita del monopolista causata da una legislazione di prezzo massimo pari al costo marginale può essere coperta dal governo in maniera tale che il surplus di mercato venga massimizzato. La discriminazione dei prezzi può ridurre la perdita netta di surplus del monopolio e l’entità di tale riduzione dipende dal grado della discriminazione. 29.5: Domande di verifica (1) (2) (3) (4) Fornite degli esempi pratici di monopolio naturale. Il monopolio naturale di un’industria nazionalizzata è diverso da quello di un’industria privatizzata e regolamentata dal governo? Quale problema incontra un monopolista con rendimenti di scala crescenti sottoposto ad una legislazione di prezzo massimo pari al prezzo di equilibrio di concorrenza perfetta? Tale problema può essere risolto se il governo sussidia il monopolista assicurando la copertura dei costi fissi? E’ questa la soluzione utilizzata nella pratica? Con quali conseguenze? Perché i biglietti ferroviari sono più economici per gli studenti? Perché vengono emesse carte sconto per gli studenti? Perché le compagnie aeree fanno pagare di meno i titoli di viaggio prenotati con largo anticipo? Discutete degli esempi pratici di discriminazione dei prezzi.