B1 occupazione e livello d'istruzione: piu' istruite, piu' occupate
Malgrado l’occupazione femminile abbia registrato a partire dall’inizio del 2000 un forte
incremento, segnando tassi di crescita annui costantemente al di sopra della media maschile, la
condizione del mercato italiano continua a registrare ancora un preoccupante basso livello di
partecipazione delle donne al lavoro, una tendenza strutturale all’inattività, che se da un lato risente della
carenza di servizi di supporto e accompagnamento alla donna che lavora, dall’altro non può non essere
ricondotta al più generale discorso sul ruolo che la risorsa femminile riveste nell’ambito della società.
In Italia (1) le evoluzioni degli ultimi anni hanno scalfito solo marginalmente i differenziali di
genere: il tasso di disoccupazione femminile resta, in media, piu' alto del 60 per cento di quello maschile.
Benché le donne abbiano un peso più contenuto sulle forze di lavoro complessive, stante il piu' modesto
tasso di attivita' femminile soprattutto in alcune aree, ben piu' della meta' delle persone in cerca di
un’occupazione sono donne. Il differenziale di genere nella probabilita' di essere disoccupati si osserva
peraltro, pur con considerevoli differenze, in tutte le ripartizioni territoriali. Nel 2007, il differenziale di
genere nel mercato del lavoro – comunque lo si misuri – è sceso in misura apprezzabile solo nel Nord
Ovest. Si riportano i dati relativi all'Italia (1) nel 2007 e nella UE (2) (dal 2001 al 2006): fig. 1 e 2.
Riguardo ai tassi di occupazione il confronto tra la situazione italiana ed il resto dell'Europa e' illustrato
nei due seguenti istigrammi (1):
fig.3
fig. 4
Se consideriamo il tasso di occupazione maschile, l’Italia si colloca su valori non troppo distanti
dalla media Ue mentre, viceversa, le differenze si ampliano moltissimo se guardiamo ai tassi di
occupazione femminili, dove siamo di gran lunga uno dei paesi con i valori piu' bassi d’Europa
nonostante l’incremento avvenuto nel corso degli ultimi dieci anni.
La distanza e' molto ampia anche guardando alle economie dell’area del Mediterraneo e a quelle
dell’Europa centrale. I dati mettono quindi in luce come l’Italia soffra di un problema di livelli
occupazionali bassi, con tutto cio' che ne deriva in termini di reddito pro-capite del paese, soprattutto a
causa della posizione della donna nel mondo del lavoro. Tuttavia e' interessante analizzare il rapporto tra
disoccupazione e livello di istruzione per gli uomini e per le donne (3) La differenza nel tasso di
occupazione tra uomini e donne tra i 25 ei 64 anni e' particolarmente alto tra chi ha un titolo di scuola
secondaria superiore e chi no.
fig. 5
Nel 2006, i tassi di occupazione per le donne in eta' compresa tra 25 e 64 anni mostrano
sostanziali differenze non solo tra quelle con o senza un titolo di studio di scuola secondiaria superiore
(maggiore del 15% o piu' in 24 dei 29 paesi dell'OCDE per i quali sono reperibili i dati ) ma anche tra
quelle con titolo di studio di scuola media superiore o con titolo di studio universitario (superiore del
10% o piu' in 18 paesi). Si noti che i tassi di occupazione delle donne con un titolo di scuola secondaria
inferiore sono particolarmente bassi ovunque.
In media nei paesi OECD la differenza tra i livelli occupazionali di uomini e donne decresce in
modo significativo al crescere del titolo di studio (dal 23% riguardo al titolo di scuola secondaria
superiore al 10% riguardo al livello di studi universitari) (3).
fig. 6
In effetti i tassi di disoccupazione danno anche una misura della corrispondenza tra quanto il
sistema scolastico in generale produce e la domanda dei profili che il mercato del lavoro richiede. Anche
le differenze tra i tassi di disoccupazione tra uomini e donnne generalmente decrescono in funzione del
titolo di studio acquisito. In Italia, Grecia, Spagna e Turchia sono decidamente piu' alte.
fig. 7
Ed e ' minore anche la differenza di salario tra uomini e donne in funzione del titolo di studio (fig. 8).
fig. 8.
Inoltre la fig. 9 mostra che la % di ricercatrici (4) e' generalemnte correlata alla proporzione delle
donne presenti in generale nel mercato del lavoro. Tale caratteristica appare ancor piu' chiara alla fine
della scala, nei paesi in cui ad una bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro corrisponde
anche ad una bassa proporzione di donne ricercatrici.
E le analisi statistiche confermano anche che c'e' una correlazione positiva tra il livello di
partecipazione delle donne al mercato del lavoro tra le eta' di 25 e 50 anni e la percentuale di donne
ricercatrici che L' ‘higher employment rates of women’ hypothesis is also confirmed by Cio' significa
che c'e' un'alta poerdcentuale di donne ricercatrici nei paesi nei quali e' alta la percentuale di donne
lavoratrici.
fig. 9
Analizzando i dati piu' in particolare in Italia (4) si nota che per i 35-54enni la quota di occupati
tra i laureati e' maggiore di quella tra i diplomati della stessa eta': e' occupato il 91% dei laureati contro
l’83% dei diplomati.
Per le donne la differenza e' ancora piu rilevante: su 100 donne laureate 85 lavorano, mentre su
100 diplomate solo 72 hanno un’occupazione.
La laurea apre quindi migliori prospettive lavorative: nel Sud, ad esempio, e' occupato l’88%
dei laureati contro il 72% dei diplomati. Nella fascia di eta' 35-54 anni e' piu' evidente il vantaggio di
possedere una laurea anche tenendo conto del rischio disoccupazione: infatti, il tasso di disoccupazione si
attesta all’1,9% tra i laureati contro il 2,9% dei diplomati. Tale differenza e' piu' marcata per le donne e, a
livello geografico, nelle regioni meridionali.
Riguardo alla disoccupazione giovanile in Italia i dati sono i seguenti (4):
Pertanto continuare a studiare conviene, per uomini e donne, e gli effetti di questa scelta sono
subito evidenti.
Infatti, nel periodo immediatamente successivo alla conclusione degli studi, la differenza nei tassi
di disoccupazione tra i laureati e i diplomati di scuola secondaria superiore indica già un vantaggio per
chi possiede una laurea (il 14,0% contro il 18,1%). Questa situazione si mantiene anche nel secondo
quinquennio successivo al conseguimento del titolo di studio: per i laureati 30-34enni la disoccupazione
scende al 6,4%, mentre tra i diplomati di 25-29 anni si attesta all’8,8%.
Diamo infine i dati sulle differenze di occupazione tra le due tipologie di lauree (triennale e
specialistica ) e i diversi corsi di laurea (5):
(1)CNEL - RAPPORTO SUL MERCATO DEL LAVORO 2007 – 15 luglio 2008;
(2)Report on equality betwen women and men – European Commission
Directorate-General for Employment, Social Affairs and Equal Opportunitie - January 2008;
(3)Education at a Glance 2008 - OECD INDICATORS – 2008;
(4)BENCHMARKING POLICY MEASURES FOR GENDER EQUALITY IN SCIENCE – Directorate
General for Research Capacities / Science in Society – 2008;
(5)ISTAT Le prospettive lavorative dei laureati – 2008.
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