Notifica Inps non perfezionata con la compiuta giacenza della raccomandata
Renzo La Costa
In tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, ai fini della causa
di non punibilità del pagamento tempestivo di quanto dovuto, non può generalmente
ritenersi idonea e valida una comunicazione della contestazione dell'accertamento della
violazione effettuata mediante raccomandata postale che sia stata restituita dall’ufficio
postale al mittente per compiuta giacenza. La Corte di Cassazione ha accolto in tale senso il
ricorso di un contribuente, ribaltando l’esito del giudizio d’appello. (sentenza 16 ottobre
2014, n. 43308). La corte territoriale aveva confermato la sentenza del tribunale che aveva
dichiarato un contribuente colpevole del reato di cui all’art. 2, comma 1 bis, d.l. 12
settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, per avere omesso
il versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni
corrisposte ai lavoratori dipendenti e lo aveva condannato alla pena di reclusione e multa.
La corte d'appello osservava che doveva ritenersi che l’avviso di contestazione fosse stato
regolarmente comunicato all’imputato e che questi quindi ne avesse avuto conoscenza
perché la raccomandata con cui era stato inviato era ritornata per compiuta giacenza.
Secondo la lettura dei fatti da parte dei giudici di Cassazione, il giudice del tribunale aveva
rilevato che l’accertamento della violazione era stato comunicato dall’Inps all’imputato
nella sede legale della sua ditta mediante lettera raccomandata ed aveva esattamente
ritenuto che non vi era alcun prova che tale comunicazione fosse andata a buon fine, dal
momento che l’atto era stato restituito all’istituto per compiuta giacenza. Il giudice aveva
peraltro ritenuto che la notifica del decreto di giudizio immediato con la relativa
contestazione dovesse considerarsi equivalente alla comunicazione della contestazione.
L’imputato proponeva appello contestando questa equivalenza, dal momento che nella
specie la contestazione di cui al capo di imputazione non conteneva tutti gli elementi che
deve necessariamente contenere la contestazione dell’accertamento della violazione. La
corte d'appello ha ritenuto fondato il motivo di appello, perché effettivamente il decreto di
citazione a giudizio non conteneva gli elementi necessari (indicazione dell’esatto importo
da pagare mese per mese; avviso che il pagamento entro tre mesi estingue il reato;
modalità di pagamento) e non rappresentava quindi un valido succedaneo alla notifica
dell’Inps. Sennonché, inopinatamente, il giudice di secondo grado ha ritenuto che dovesse
ritenersi valida la comunicazione effettuata dall’Inps con raccomandata, non consegnata
per avvenuta giacenza. Ha osservato la corte d'appello: - che la compiuta giacenza è una
modalità di notifica di una raccomandata del tutto valida, legalmente riconosciuta e
produttiva degli effetti di legge; - che non essendo stato il plico ritirato nel termine di 10
giorni si era perfezionata la compiuta giacenza; - che quindi l’appellante non poteva dolersi
di non avere ritirato, "certamente per sua volontà", il plico relativo; - che l’Inps da sempre
invia le proprie diffide ad adempiere con normale raccomandata postale; - che tale
modalità di comunicazione sarebbe altrimenti facilmente aggirabile dai destinatari,
semplicemente non ritirando corrispondenza del genere "prevedibilmente moratoria o
comunque non gradita". Ha quindi per questi motivi confermato la sentenza di primo
grado. Ciò posto, il ricorso – hanno motivato i supremi giudici - è chiaramente fondato, in
quanto - anche a non voler considerare l’eccezione di violazione del principio del tantum
devolutum quantum appellatimi - la soluzione cui è pervenuta la corte d'appello è erronea
in punto di diritto e manifestamente illogica, perché fondata su un ragionamento capzioso
e formalistico. Basta, sotto quest’ultimo profilo, rilevare la palese apoditticità ed illogicità
delle presunte regole di esperienza applicate, secondo cui in ogni caso di non consegna di
una raccomandata per compiuta giacenza dovrebbe necessariamente ritenersi che il
destinatario non l’abbia ritirata "certamente per sua volontà", e secondo cui il destinatario
della raccomandata dovrebbe essere a conoscenza che essa proviene dall’Inps e, quindi,
potendo prevedere che essa sarebbe certamente "moratoria o comunque non gradita",
potrebbe paralizzare il sistema semplicemente non ritirando il plico presso l’ufficio postale
di giacenza, senza peraltro che l’ufficiale postale annoti poi nell’avviso di consegna il rifiuto
del destinatario di ricevere il plico (e non la sola compiuta giacenza).In ogni caso, deve qui
ricordarsi che, secondo la costante giurisprudenza della stessa Corte, in tema di omesso
versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali, la comunicazione della
contestazione dell'accertamento della violazione non necessita di formalità particolari, e
può essere effettuata mediante un verbale di contestazione, o una lettera raccomandata
ovvero ancora per mezzo di una notificazione giudiziaria, e ad opera sia di funzionari
dell'istituto previdenziale, sia di ufficiali di polizia giudiziaria . Si è invero sempre ritenuto
che, pur avendo la contestazione rilevanti conseguenze sul piano processuale penale, non
sia necessaria una vera e propria notificazione secondo le regole del codice di rito, ma sia
sufficiente un normale mezzo di comunicazione di provvedimenti amministrativi, purché
nel caso concreto idoneo ad assicurare l’avvenuta conoscenza o la concreta conoscibilità da
parte del destinatario. Per questo si sono normalmente ritenute valide le raccomandate
ricevute con firma illeggibile, purché correttamente indirizzate al destinatario e consegnate
a soggetto convivente o a soggetto che si trovava nella sede legale della ditta . Difatti,
quando l’atto sia stato consegnato nell’indirizzo del destinatario a persona con lui
convivente ovvero nella sede della ditta a persona dalla stessa dipendente, può
ragionevolmente presumersi che il plico verrà poi effettivamente consegnato al
destinatario, e che vi sia quindi una conoscibilità in concreto. Del resto, sempre per la
necessità di provare che si sia comunque trattato di un mezzo idoneo ad assicurare la
conoscenza da parte del destinatario si è anche affermato che la prova dell’avvenuta
comunicazione "deve avere carattere documentale, non potendo fondarsi esclusivamente
su una deposizione testimoniale" .Nel caso in esame, invece, nessuna delle suddette
situazioni si è verificata e non può perciò ritenersi che vi sia la prova né di una effettiva
conoscenza né di una sicura conoscibilità in concreto; al contrario, vi è anzi la prova che il
destinatario non ha avuto né poteva avere conoscenza dell’avviso di accertamento e della
diffida dal momento che la raccomandata non è stata consegnata a nessuno, ma è stata
restituita al mittente per compiuta giacenza presso l’ufficio postale. Né d’altra parte risulta
esservi la benché minima prova che l’imputato avesse volontariamente rifiutato di ricevere
il plico perché a conoscenza del suo contenuto e proprio allo specifico fine di non far
decorrere il termine. E’ pacifico che spetta all’accusa fornire in giudizio la prova che vi sia
stata una idonea comunicazione al destinatario dell’avviso di accertamento. Nel caso in
esame il giudice di primo grado aveva correttamente ritenuto che questa prova non vi
fosse, non potendosi ritenere idonea a portare il destinatario a conoscenza della violazione
accertata e ad avvisarlo della possibilità di evitare la condanna con il pagamento del
dovuto, una diffida mai consegnata ad alcun soggetto, ma restituita dall’ufficio postale
all’istituto per compiuta giacenza. La corte d'appello, ha erroneamente disatteso questa
conclusione perché, invece di valutare se l’accusa avesse adempiuto all’onere probatorio e
se vi fosse stata la conoscenza da parte dell’imputato, ha abdicato al suo compito e si è
limitata ad una valutazione meramente formale sulla regolarità della notifica e sul suo
perfezionamento legale secondo le norme delle notifiche a mezzo posta. Il che non può
ritenersi certamente sufficiente, poiché, stanti le rilevanti conseguenze della notifica in
questione sulla punibilità penale, non ci si può limitare a verificare il rispetto delle
procedure postali, ma occorre appunto verificare se la modalità di consegna utilizzata sia
stata in concreto idonea a portare l’atto a conoscenza del destinatario. D’altra parte, in caso
di restituzione per compiuta giacenza l’istituto - tenendo anche conto delle ragioni della
mancata consegna indicate dall’ufficiale postale - può con molta facilità rimediare in tempi
brevi, o inviando una nuova raccomandata, o facendo consegnare l’avviso da un proprio
funzionario, o provvedendo ad una notificazione a mezzo di ufficiale giudiziario, così come
può rimediare il pubblico ministero (anche in udienza), facendo notificare a mezzo della
polizia giudiziaria l’avviso o una contestazione che contenga tutti gli elementi essenziali del
detto avviso di accertamento, "costituiti dall'indicazione del periodo di omesso versamento
e dell'importo, la indicazione della sede dell'ente presso cui effettuare il versamento entro
il termine di tre mesi concesso dalla legge e l'avviso che il pagamento consente di fruire
della causa di non punibilità"
Va pertanto affermato il principio che, in tema di omesso versamento delle
ritenute previdenziali e assistenziali, ai fini della causa di non punibilità del
pagamento tempestivo di quanto dovuto, non può generalmente ritenersi
idonea è valida una comunicazione della contestazione dell'accertamento
della violazione effettuata mediante raccomandata postale che sia stata
restituita dall’ufficio postale al mittente per compiuta giacenza.
La sentenza impugnata è stata pertanto annullata.
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