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Dom Ambrose Southey, o.c.s.o.
Il ritratto del monaco cistercense
secondo le Nuove Costituzioni
Festa dell'Epifania 1989
Cari Fratelli e Sorelle,
Questa lettera vi arriverà dopo Natale, ma vi assicuro che non vi ho dimenticato nelle mie
orazioni come pure nelle messe celebrate in quel momento. Che questo Nuovo Anno sia
per tutti voi pieno di benedizioni.
La mia prima intenzione era di scrivere una lettera sulle Visite Regolari perché molti di
voi, nel passato, mi avevano parlato e scritto su questo argomento. Però, dopo avere
riflettuto, ho deciso questo tema per una conferenza al Capitolo Generale.
Poco tempo fa, un monaco del nostro Ordine, con il quale mi ero intrattenuto, mi fece
ricordare le conclusioni di un questionario mandato alle comunità nel 1967, conclusioni
che presentavano una certa descrizione di quello che noi credevamo che doveva essere un
monaco in quel tempo. Quel monaco pensava e diceva che sarebbe stato interessante
mandare un altro questionario simile, adesso, ossia dopo più di vent'anni, per vedere se
quella descrizione e modificata. L'idea era interessante e mi aveva attratto molto
l'attenzione. In quel momento mi venne alla mente che noi abbiamo già una tale
descrizione nelle nuove Costituzioni. E vero che queste Costituzioni non sono ancora state
approvate dalla Santa Sede, però sembra poco probabile che ci siano dei cambiamenti
notevoli nelle parti delle Costituzioni che si riferiscono alla nostra spiritualità. Questo
sentimento si accrebbe ancora di più in me al conoscere uno studio molto interessante e
chiaro, presentato nell’ottobre del 1988 alla Facoltà Cattolica di Teologia in Strasburgo, da
un monaco della Trappa, il P. Bernard Duymentz, per ottenere un titolo in teologia.
Questo studio ha come tema l'antropologia comparata delle Costituzioni del 1924 e delle
Costituzioni del 1987. Nei due casi ci sono le differenze antropologiche rivelate nel
confronto dei due testi che interessavano al nostro autore.
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Potrebbe essere utile per l'Ordine fare una descrizione del monaco cistercense secondo le
nuove Costituzioni, e questo sarà quello che cercherò di fare, però partendo da un punto
vista un poco differente. Vedrete che non ho seguito letteralmente il testo delle
Costituzioni, perché ho voluto interpretarlo con commenti personali. Le referenze alle
Costituzioni sono state collocate al margine, affinché coloro che vogliono completare
questa descrizione possano farla con facilità. Mi perdonerete se adopero il linguaggio
"sessista" utilizzando sempre la parola "monaco", perché usare sempre l’espressione di un
genere "il monaco" - e la monaca -" renderebbe molto sgradevole il testo di questa lettera. É
evidente che tutto il contenuto di questo scritto si applica ugualmente ai due elementi
interdipendenti dell'Ordine.
La prima cosa che fa impressione a leggere queste Costituzioni é la loro ricchezza
straordinaria e anche la loro densità che rende difficile fare una sintesi, quasi impossibile.
CST. 1.1
II monaco cistercense appartiene a un Ordine che ha le sue radici in una
lunga tradizione, e trova la sua espressione nella Regola di San Benedetto, come modo
concreto di vivere il Vangelo. Per questo, è molto importante che il monaco possa studiare
la Regola e conoscere il suo legame con il Vangelo.
CST. 1,2-5
Questa tradizione non è estatica, perché si è arricchita durante secoli fino ai
nostri giorni. Il monaco dovrebbe conoscere bene questa storia e gli sforzi che l'Ordine ha
realizzato per seguire le direttive del Concilio Vaticano II, che invita a ritornare alla fonte
e, nel medesimo tempo, impegnarsi per realizzare una prudente rinnovazione, o
aggiornamento.
CST. 2-3
II fine dell'Ordine è permettere al monaco di donarsi totalmente a Dio sotto
un Abate e in una vita cenobitica, bene organizzata, per poter avere a sua disposizione
tutti i mezzi che gli permettono di raggiungere la purezza del cuore e vivere
continuamente il ricordo di Dio, essendo questa la preparazione normale per ricevere il
dono. Benché il monaco sia separato dal mondo, è convinto che la sua vita ha una
misteriosa fecondità apostolica per la Chiesa e per il mondo. Questa convinzione è
assolutamente necessaria se vuole essere fedele alla sua chiamata, senza cercare le varie
forme di compensazione. Nel1’ economia attuale della salvezza il monaco cerca Dio per
mezzo di una relazione intima e personale con Cristo e co n Maria, sua madre.
CST. 4-5
II luogo dove si realizza questa ricerca, è il monastero, la casa di Dio, dove la
comunità monastica è riunita. Il monaco deve amare la sua comunità ed essere
legittimamente orgoglioso di essa, ma, al medesimo tempo, deve evitare ogni forma di
autosoddisfazione. Quando una comunità si compiace troppo di se stessa e si considera
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superiore alle altre comunità, s'incammina verso la rovina, e questo è appunto quello che
manifesta l’esperienza. Si dovrebbe essere più attenti al fatto che le nostre comunità
costituiscono un Ordine unito da vincoli di carità, per vivere il medesimo patrimonio, in
un legittimo pluralismo.
CST. 7-11
La ricerca di Dio in Cristo non è qualcosa di vago e totalmente lasciato
all’iniziativa e all’immaginazione di ciascuno. Al contrario, il monaco s’impegna con i voti
a percorrere un determinato cammino. Non sempre potrà pensare ai suoi voti in un modo
esplicito, ma sempre è motivato, almeno implicitamente, dal dono di se stesso, verso il
quale si dirigono i suoi voti. Le caratteristiche di questo cammino di conversione sono
chiaramente contenute nelle Costituzioni.
CST. 13,15 Primariamente ed essenzialmente c'è la vita comunitaria, nella quale l'amore
occupa il primo posto, manifestandosi concretamente nella partecipazione dei beni, nella
mensa comune e nel rispetto per l’intimità delle persone. Sempre ci saranno debolezze, che
si riferiscono al corpo e allo spirito, debolezze che domandano compassione e pazienza.
Particolarmente il monaco deve evitare ogni denigrazione e denunzia. É incredibile vedere
con che facilità un monaco può dimenticare che ognuno dei suoi confratelli ha il diritto
alla sua fama. Se per qualsiasi motivo, un monaco ha avuto un disaccordo con qualcuno
dei suoi confratelli, cercherà di riconciliarsi con lui il più presto possibile.
CST 16 Vivere in un monastero non vuol dire abbandonarsi alla passività. Il monaco
s’interessa in modo attivo di tutto quello che si riferisce alla sua comunità, ma, al
medesimo tempo è cosciente che la cooperazione non si può realizzare senza la mutua
obbedienza, e che il dialogo è impossibile se non c'è la capacità di ascoltare gli altri,
cercando di comprendere quello che dicono. Nella Regola di San Benedetto il dialogo e la
consultazione hanno un ruolo importante, benché riconosca che la decisione definitiva
deve essere dell'Abate. Ogni comunità deve stabilire il ritmo del dialogo che meglio le
conviene, decidere la frequenza e la forma, ma l'esperienza dimostra che abbandonando il
dialogo, ciò che si muove e si agita sotto la superficie, si manifesta a un certo momento e in
modo sconcertante.
CST. 17-20
Il culmine della giornata del monaco è la Celebrazione Eucaristica dalla quale
riceve la grazia per vivere in comunione profonda con i suoi confratelli, e per mezzo di lei,
manifesta il culto, che è l'origine della sua ricerca di Dio. Le varie ore dell'Officio aiutano a
mantenere l'impulso spirituale durante tutto il giorno. Il ciclo delle feste liturgiche
irrobustisce la sua vita contemplativa, per potere mantenere continuamente il ricordo di
tutto quello che Dio ha fatto per lui in Cristo. In casi particolari L'Abate può permettere a
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un monaco di partecipare in modo semplificato all'Ufficio, ma questo permesso esige che
si viva profondamente la vita liturgica della Chiesa.
CST. 21-29
La lectio divina, l'orazione personale, il silenzio, l'ascesi implicita nel lavoro
manuale, la povertà, il digiuno e l'astinenza, ognuno di questi elementi aiuta da parte sua
il monaco nella sua vita di solitudine e separazione del mondo. Non è facile perseverare
tutti i giorni in questo tipo di vita, anche se c'è un buon equilibrio fra il lavoro, l'orazione e
la lectio. E più difficile ancora quando non c'è questo equilibrio, perché in questa
situazione, paradossalmente, hanno origine varie forme di ricerca di se stesso, di
autocompiacimento. La lectio, l'orazione personale, il silenzio, la solitudine e tutti gli altri
elementi di questa vita non sono stati destinati a essere fini in sé e nemmeno occasione per
l’autosoddisfazione. Tutti questi mezzi chiedono una formazione e un’applicazione pratica
abbastanza esigente. Se queste esigenze sono soddisfatte diventano fonte di forza e di
gioia; se non lo sono, questi elementi portano il monaco a ripiegarsi su se stesso, e si
dirigono contro il fine.
CST. 30-31
La forma cistercense di solitudine non impedisce l'accoglienza degli ospiti,
rispettando la caratteristica contemplativa della nostra vita. Questa protezione è relativa e
sarà diversa secondo il numero dei membri che compongono la comunità, le loro età, la
disposizione degli edifici, ecc... Ma, il monaco non deve dimenticare che il suo modo di
partecipare nella missione di Cristo e di inserirsi nella Chiesa locale è determinato dalla
natura della sua vita contemplativa.
CST. 33-38
II monaco realizza il suo cammino di conversione sotto la direzione
dell'Abate, credendo che l'Abate fa le veci di Cristo nel monastero. Il compito pastorale
dell'Abate ha un influsso molto grande ed è abbastanza esigente, benché sia aiutato nella
sua funzione da vari Officiali collaboratori, e da differenti Consigli, l’esperienza dimostra
che la qualità della vita monastica in una comunità dipende, in gran parte, dal modo con
cui l'Abate compie il suo incarico. Non c'è da meravigliarsi se S. Benedetto gli ricorda, in
molte occasioni, che dovrà rendere conto a Dio di tutto quello che ha fatto e di tutto quello
che ha tralasciato di fare.
CST. 45-58
L'Abate non si trova solo con le sue responsabilità. Il monaco deve essere
formato durante il processo di formazione che coinvolge non solamente il maestro dei
novizi. La formazione dura tutta la vita perché i tempi e le persone cambiano e anche
perché i monaci devono adattarsi alle nuove circostanze. Una vocazione è dono di Dio, ma
dev'essere lavorata, coltivata. Osserviamo che alcune volte la mancanza di perseveranza
da parte di coloro che si trovano nel periodo iniziale della formazione si deve all’attitudine
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di qualche professo che valuta insufficientemente i cambiamenti avvenuti nella società,
dopo la sua entrata nel monastero.
CST. 73 e seguenti. Le strutture dell'Ordine sono importanti per tutti i membri dell'Ordine,
benché alcune più delle altre il monaco debba interessarsi di tutto quello che è relazionato
all'Ordine e pregare frequentemente per coloro che hanno il compito di vigilare affinché le
strutture funzionino in modo flessibile ed efficace.
Penserete che questa descrizione non vi ha detto nulla di nuovo, e in un certo senso è vero.
Se ci dicesse qualcosa di nuovo potremmo essere sorpresi perché il nostro ideale
cistercense non cambia da un secolo all'altro. Quelli che cambiano sono gli accenti, le
sfumature, il modo di presentare certe verità, i presupposti teologici ed ecclesiologici dei
testi delle Costituzioni. Questo è ciò che è cambiato ed è nuovo.
Ognuno di noi deve confrontarsi con questa descrizione e vedere se si riconosce in essa. Se
non si riconosce, allora si domandi il perché. Ho incominciato a scrivere questa lettera con
l'idea che ci aiutasse a guardare più da vicino le nostre nuove Costituzioni e a considerarle
come fonte di vita e di speranza. Queste Costituzioni sono una vera ricchezza, ma è
necessario tempo e pazienza per poterle riconoscere. Finalmente concludo con le parole
della Costituzione 86: Che tutti, sotto l'impulso dello Spirito Santo, possiamo camminare
gioiosamente alla pienezza dell'amore, mossi da carità fraterna e fedeltà alla Chiesa, con
l'aiuto della Beata Vergine Maria, Regina di Citeaux.
Ambrose Southey Abate Generale
P.S. Mi perdonerete se di nuovo mi rivolgo a voi con un'altra notizia. Voglio avvisare tutti
che, nella metà del mese di novembre, a Dom Emmanuel Coutant hanno rubato una
valigia che conteneva, fra altre cose, 15 lettere che erano destinate a me. E stato possibile
incontrare gli autori di alcune delle lettere smarrite, ma non quelli di tutte. Se qualcuno mi
ha scritto in quel tempo e non ha ricevuto risposta, questo si deve al fatto che la vostra
lettera è stata rubata e, se è necessario, dovrete scrivermi di nuovo.
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