La Carità sta al centro del Vangelo e costituisce
il grande segno che induce a credere al Vangelo
(ETC 9)
PERCORSO DI
FORMAZIONE
DELLE CARITAS
PARROCCHIALI
La Carità sta al centro del Vangelo e costituisce
il grande segno che induce a credere al Vangelo
(ETC 9)
Traccia di riflessione in preparazione
al Convegno Ecclesiale di Verona
Il Signore Risorto chiama i
cristiani a essere suoi testimoni
credibili, mediante una vita
rigenerata dallo Spirito e capace
di porre i segni di un’umanità e
di un mondo rinnovati.
capace di porre i
segni
La Carità sta al centro del Vangelo e costituisce
il grande segno che induce a credere al Vangelo
(ETC 9)
Traccia di riflessione in preparazione
al Convegno Ecclesiale di Verona
«Vi esorto dunque, fratelli, per la
misericordia di Dio, a offrire i
vostri corpi come sacrificio
vivente, santo e gradito a Dio; è
questo il vostro culto spirituale»
(Rm 12,1). La testimonianza è la
fede che diventa “corpo” e si fa
storia nella condivisione e
nell’amore.
la fede che
diventa “corpo”
La Carità sta al centro del Vangelo e costituisce
il grande segno che induce a credere al Vangelo
(ETC 9)
Traccia di riflessione in preparazione
al Convegno Ecclesiale di Verona
La speranza cristiana mostra in
modo particolare la sua verità
proprio nei casi della fragilità: non
ha bisogno di nasconderla, ma la sa
accogliere con discrezione e
tenerezza, restituendola, arricchita
di senso, al cammino della vita.
restituendola,
arricchita di senso,
al cammino della
vita
La Carità sta al centro del Vangelo e costituisce
il grande segno che induce a credere al Vangelo
(ETC 9)
Solo una cultura che sa dar conto di
tutti gli aspetti dell’esistenza è una
cultura davvero a misura d’uomo.
Insegnando e praticando
l’accoglienza del nascituro e del
bambino, la cura del malato, il
soccorso al povero, l’ospitalità
dell’abbandonato, dell’emarginato,
dell’immigrato, la visita al carcerato,
l’assistenza all’incurabile, la
protezione dell’anziano, la Chiesa è
davvero “maestra d’umanità”.
Traccia di riflessione in preparazione
al Convegno Ecclesiale di Verona
restituendola,
arricchita di senso,
al cammino della
vita
Matteo 25,31-40
Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria
con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua
gloria.E saranno riunite davanti a lui tutte le genti,
ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore
separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua
destra e i capri alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra:
Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il
regno preparato per voi fin dalla fondazione del
mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da
mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere;
ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete
vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete
venuti a trovarmi.
Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando
mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato
da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?
Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo
ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti
abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo
venuti a visitarti?
Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni
volta che avete fatto queste cose a uno solo di
questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.
► ho avuto fame e mi
avete dato da mangiare,
► ho avuto sete e mi
avete dato da bere;
► ero forestiero e mi
avete ospitato,
► nudo e mi avete
vestito,
► malato e mi avete
visitato,
► carcerato e siete
venuti a trovarmi.
ogni volta che
avete fatto
queste cose a
uno solo di
questi miei
fratelli più
piccoli, l'avete
fatto a me
a me
a questi piccoli
È necessario
amare Gesù
per amare
gli altri?
A questi
piccoli
A Gesù
A Gesù
A questi
piccoli
Dio
… poiché non
sono dell’uomo,
credono di essere
di Dio. Poiché
non amano
nessuno, credono
di amare Dio
Servire l’uomo per
amore di Gesù
potrebbe appannare
l’amore per l’uomo,
annebbiare la sua dignità e
le sue ricchezze,
potrebbe far perdere il
dialogo e trasformare il
povero nell’oggetto delle
mie attenzioni per un mio
(Charles Péguy) appagamento personale.
l'avete fatto a me
Signore,
quando
mai?
Un ospite delle Comunità
Emmaus ha raccontato la sua
sofferenza, la sua amarezza
mentre se ne stava a chiedere
l'elemosina all'uscita dalle messe,
la domenica:
“Non mi feriva, non mi umiliava
l'indifferenza di coloro che non
mi davano nulla. Chi mi faceva
più male erano coloro che mi
davano qualche lira, ma non
avevano il coraggio di guardarmi
in faccia, ancora meno di
salutarmi”.
Signore,
quando
mai?
Il “Figlio dell’Uomo” risorto vuol
essere visto nella umanità;
Il mistero dell’incarnazione qui
giunge al culmine,
non è il colore degli occhi
o la forma del viso che permettono
di riconoscere il Signore,
il Risorto non ha più il volto
di un uomo,
ma il volto dell’uomo.
Signore,
quando
mai?
E nessuno dei discepoli osava
domandargli: «Chi sei?»,
poiché sapevano bene che era
il Signore.
Giovanni 21,12
Signore,
quando
mai?
Enzo Bianchi
Questo non significa che
automaticamente si giunga subito a
trovare nell'altro il volto del
Signore, né tanto meno che si debba
amare l'altro solo se vi si scorge il
volto di Dio. No, l'altro va amato
per se stesso, per quello che lui è,
per la dignità insita nel suo stesso
esistere: a nessuno è lecito amare in
una persona il volto di un'altra.
D'altronde Dio stesso ci ama come
uomini e non solo in virtù del nostro
legame più o meno intenso con
Cristo: amati così, a nostra volta
dobbiamo amare gli altri per quello
che sono. Allora, da questo amore
umano potrà emergere Cristo, anche
qualora l'altro che ho di fronte non
fosse amabile.
Un nonno racconta:
Alcuni giorni fa ero in strada con mia
nipote di circa 8 anni. Stavamo
camminando, quando abbiamo visto sul
marciapiede un mucchietto di buste e
cartoni, con un giovane tutto rannicchiato
sopra. Quello che tutti chiameremmo
"barbone". Il mio occhio, anche se
"cristiano" ma abituato a queste scene,
quasi aveva escluso dall'attenzione questa
presenza. Ma quello della bambina no! Più
ci avvicinavamo al povero, più lei lo
guardava con occhio evangelicamente
misericordioso. Accortomi di questo
atteggiamento, passo una moneta alla
bambina per metterla nel cestino del
povero. A questo punto il giovane si alza e
velocemente si allontana. Dove starà
andando? Entra in un bar e quasi subito
ne riesce con un ovetto di cioccolato in
mano e lo dona alla bambina con un
sorriso che non dimenticherò mai! E subito
scompare, tornando al suo mucchio di
povere cose! Sono rimasto senza parole!
Signore,
quando
mai?
La carità è una relazione, un
cambiamento della relazione.
Da indifferente a interessata, da
superficiale a profonda, da
burocratica ad amichevole, da
affrettata a paziente…
La carità “partecipa” dell’altro, della
sua fragilità, dei suoi problemi.
La carità cambia il nemico in amico,
lo straniero in concittadino, il diverso
in uguale...
Signore,
quando
mai?
Essi poi riferirono ciò che
era accaduto lungo la via e
come l'avevano riconosciuto
nello spezzare il pane.
Luca 24,35
Bruno Maggioni
Parliamo di condivisione, termine
che oggi si usa poco perché la
nostra società e diventata
efficientista.
Il Figlio di Dio, esempio vero di
carità, venendo nel mondo non ha
“risolto” molti dei problemi
incontrati, ma ha condiviso.
Potremo anche risolvere alcune
grandi emergenze del mondo, ma
questo non può realizzarsi
pienamente senza la condivisione.
Signore,
quando
mai?
Dalla relazione di una volontaria in
Servizio Civile di Milano:
Lentamente ho imparato ad accettare la
povertà che vedevo, e a spostare lo
sguardo dalla povertà al povero. Ho capito
che, anche quando è impossibile dare un
aiuto concreto, c'è sempre la possibilità di
aiutare una persona mettendola al centro
delle tue attenzioni, imparando ad
ascoltarla, appassionandoti alla sua
storia, partecipando delle sue sofferenze e
delle sue gioie. Nella povertà che
incontravo iniziavo a riconoscermi
povera, a sentire il bisogno di ascoltare e
di essere ascoltata, di cercare una
relazione profonda con le persone che
avevo accanto. Ho capito che non potrò
mai bastare a me stessa e solo
nell'incontro con l'altro avrei potuto
conoscermi meglio e imparare a
migliorarmi.
Questi
miei
fratelli
Non si tratta di garantire degli
interventi sociali, ma riconoscere
la condizione del povero come
qualcosa che ci riguarda, qualcosa
che ha un significato.
Le persone sono accostate a
partire anche dai loro bisogni,
ma in quanto fratelli, figli di Dio.
Cercare una comunione di vita tra
“emarginati e non”, tra sani e
malati, tra giovani e vecchi, tra
uomini e donne, permette di
anticipare la “terra nuova” dove
sarà asciugata ogni lacrima.
Questi
miei
fratelli
Come il Padre ha amato me, così
anch'io ho amato voi. Rimanete nel
mio amore. Se osserverete i miei
comandamenti, rimarrete nel mio
amore, come io ho osservato i
comandamenti del Padre mio e
rimango nel suo amore. Questo vi
ho detto perché la mia gioia sia in
voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento:
che vi amiate gli uni gli altri, come
io vi ho amati. Giovanni 15,9-12
Questi
miei
fratelli
Luciano Bordignon
E’ proprio questo riconoscimento
dell’altro come fratello che fonda
l’esigenza della prossimità. Nel regno
di Dio e quindi anche nella comunità i
poveri, prima di essere degli indigenti,
sono dei soggetti e non tanto oggetti
della nostra compassione. Prima di
ogni aiuto viene la solidarietà ed è
proprio il riconoscimento della
fraternità che è in grado di prefigurare
la “vita nuova” di cui la comunità
cristiana dev’essere come un anticipo.
Il riconoscerli come fratelli è la
condizione perché essi a loro volta ci
riconoscano come fratelli e non solo
come dei benefattori. La carità ha, per
natura sua, una struttura di reciprocità
Se la comunità cristiana, e in essa i
cristiani, si limitano semplicemente ad
alleviare le sofferenze, a curare le
ferite, a favorire compensazioni sociali,
la loro carità perde la connotazione
cristiana e diventa parte dei servizi
dello Stato sociale.
Mancano di carità
Che cos’è la carità?
La carità è un modo di
relazionarsi, di instaurare
relazioni, di porsi di fronte
all’altro uomo…
…che, alla fine, è come porsi di
fronte a Dio.
Non dobbiamo aumentare i servizi
di carità, o incrementare la
generosità, bisogna cambiare le
relazioni.
1Corinzi 13,1-8
Tre personaggi: uno che ha
tutta la scienza, parla tutte le
lingue, uno ha tanta fede da
muovere le montagne e l’uomo
tutto generosità, che dà sé
stesso alle fiamme…
Se anche parlassi le lingue degli
uomini e degli angeli, ma non
avessi la carità, sono come un
bronzo che risuona o un cembalo
che tintinna. E se avessi il dono
della profezia e conoscessi tutti i
misteri e tutta la scienza, e
possedessi la pienezza della fede
così da trasportare le montagne, ma
non avessi la carità, non sono
nulla. E se anche distribuissi tutte
le mie sostanze e dessi il mio corpo
per esser bruciato, ma non avessi la
carità, niente mi giova.
La carità è paziente, è benigna la
carità; non è invidiosa la carità,
non si vanta, non si gonfia, non
manca di rispetto, non cerca il suo
interesse, non si adira, non tiene
conto del male ricevuto, non gode
dell'ingiustizia, ma si compiace
della verità.Tutto copre, tutto
crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine.
A cura di don Luciano Cantini
www.lucianocantini.it
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