Nasce il Tavolo per le cave Trentino — 19 febbraio 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. Primo passo per la costituzione del Coordinamento del distretto del porfido. La giunta provinciale ha nominato il Tavolo permanente delle attività estrattive affidando la presidenza all’assessore Marco Benedetti. Gli altri membri sono Paolo Spagni (dirigente generale), Alessandro Tomasi (dirigente minerario), Sergio Anesi (sindaco di Baselga di Pinè), Nel Lolli (sindaco di Praso), Flavio Pacher (sindaco di Grigno), Armando Chizzola (Assoartigiani), Mario Bertolini (Cooperazione), Sandro Pisetta (Confindustria), Diego Faccini (Cisl), Fabrizio Bignotti (Cisl) e Massimo Bertolini (Cgil). Porfido, il siluro Via contro il distretto Trentino — 22 febbraio 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. Fuoco incrociato sul distretto del porfido che, istituito nell’ottobre 2006, non riesce a vedere la luce. Questa mattina l’assessore Marco Benedetti dovrebbe proporre alla giunta provinciale i nomi del Coordinamento dell’ente, ma sino a ieri sera numerosi produttori ne negavano la rappresentatività. Mentre dal fronte di Baselga di Pinè giunge la conferma che l’Asuc di Tressilla contesta al Comune non solamente la titolarità per il rilascio delle concessioni, ma anche l’assenza della Valutazione d’Impatto Ambientale per il piano di sfruttamento delle cave. Più che alla realizzazione di un maturo protetto industriale, si ha la sensazione di assistere alle fasi iniziali di una battaglia generale, esasperata dalla crisi del settore, dove ognuno cerca di delimitare i propri spazi contro tutti e tutto. In gioco, del resto, ci sono pur sempre 300 milioni di fatturato all’anno e, considerando l’indotto, il reddito di quasi 3 mila famiglie. Con la legge n.7 dell’ottobre 2006, frutto di faticosi compromessi, si voleva mettere un po’ d’ordine nel settore, dando vita al distretto del porfido e delle pietre trentine. Se dopo 16 mesi si sta ancora discutendo di un Coordinamento che, rappresentando enti pubblici e consorzi di produttori, dovrebbe promuovere l’attività del distretto in generale e sostenerne la promozione, dice molto su quanto poco il progetto sia condiviso e quanto poco la legge piaccia. Ieri, nonostante la buona volontà profusa da Benedetti nel proporre e suggerire una presenza onnicomprensiva dei consorzi dei produttori, la Val di Cembra e Lona Lases gli facevano sapere che non si sentivano rappresentati. Tanto che l’assessore s’è posto il problema di rinviare il varo dell’organismo. Ma il siluro più insidioso al distretto viene da Baselga di Pinè, dove l’Asuc di Tressilla, assistita dagli avvocati Mauro Iob e Francesco a Beccara, il 31 gennaio scorso ha ottenuto dal Tar l’ordinanza di sospensione delle attività di cava autorizzate dal Comune sui terreni Asuc. FUORI LEGGE. Un conflitto sulla titolarità del rilascio delle concessioni che la legge attribuisce al Comune, ma anche la contestazione dell’assenza di una Valutazione d’Impatto Ambientale valida. Se il primo argomento si riferisce alla situazione specifica dell’altopiano, il secondo rischia di avere riflessi più ampi. Esiste nella legge che regola la Via un articolo che consente, solamente per le cave di porfido e durante la fase di rielaborazione dei piani d’attuazione, la possibilità di prorogare l’estrazione. Ma la proroga va richiesta e sopratutto ottenuta dagli uffici provinciali. Nel caso di Pinè la validità della Via era scaduta nel luglio 2007 ed il piano d’attuazione nell’ottobre successivo. L’amministrazione comunale ha sì chiesto la proroga, ma non avrebbe ricevuto risposta. In altre parole, pur considerando il fermo invernale dell’attività estrattiva, si sarebbe creata una situazione «fuori legge», proprio mentre si tenta di mettere un po’ d’ordine nello sfruttamento del suolo, di evitare scempi ambientali, di tutelare la salute dei lavoratori e di dar vita ad un distretto industriale efficiente. Tutto questo, invece, sembra allontanarsi. E si capisce Stefano Pisetta, della segreteria Cisl, che segue queste tensioni e conflitti con la preoccupazione rivolta anzitutto alla tutela della salute dei lavoratori. «Il fatto è che manca l’Osservatorio di settore, la cui istituzione, prevista dalla legge, abbiamo inutilmente chiesto. Quando non si conoscono le vere cifre dell’attività ed il vero andamento del mercato, c’è poco da progettare distretti. Noi ci concentriamo sulla tutela dei lavoratori anche perché, in una situazione così poco chiara e con una crisi strisciante dei mercati, ci sono aziende che non rispettano gli accordi». FINE LEGISLATURA. Situazione magmatica, come si vede, che non lascia prevedere un vicino varo di un distretto che sembra gradito più all’ente pubblico ed a due o tre grossi imprenditori, che al centinaio di imprese che dovrebbero costituirne l’ossatura. Insomma, un bel pasticcio di fine legislatura. Si capirà oggi se Benedetti e la giunta vorranno andare avanti o se, da qua alle elezioni d’ottobre, preferiranno continuare a mediare. Tar permettendo. Gli investimenti bloccano la recessione Trentino — 23 febbraio 2008 pagina 07 sezione: ECONOMIA TRENTO. Non c’è da stare allegri, eppur si muove. Se le previsioni della crescita del Pil nazionale sono state dimezzate dall’Ue allo 0,7% per il magro 2008, in Trentino l’industria mostra un’incoraggiante tenuta in termini di investimenti, di export e di occupazione. Diverse le valutazioni ieri al Tavolo delle politiche industriali, ma tutte concordi sul fatto che più che risuonare l’allarme, debbano piuttosto concentrarsi gli sforzi per coordinare al meglio intervento pubblico ed iniziativa privata. E’ il quinto incontro da quando nel 2004 si è istituito il monitoraggio dello stato di salute dell’industria. L’appuntamento stavolta si è collocato sullo spartiacque di una ripresina che sino all’ottobre scorso ancora s’avvertiva, ma di cui ora - ha sintetizzato l’assessore Marco Benedetti - non c’è più traccia. Le imprese trentine, però, mostrano una vitalità «incoraggiante e lusinghiera» ha dichiarato la presidente di Confindustria, Ilaria Vescovi, nonostante il costo dell’energia superiore del 30% a quello pagato dai diretti concorrenti, un costo del lavoro per unità di prodotto più elevato dei concorrenti Ue, l’euro troppo forte ed ora anche la recessione Usa. E tuttavia, è stata la riflessione, negli ultimi 10 anni in Trentino è aumentata l’occupazione (+9%), gli investimenti (+28%), l’export (+75%). Una spinta che mantiene il suo effetto. Lo confermano i dati illustrati da Benedetti e dagli assessori Gianluca Salvatori e Marta Dalmaso. Anche grazie al sostegno pubblico sempre più orientato sulle infrastrutture e sull’innovazione. «Non è un’economia ferma quella che negli ultimi sei mesi ha programmato 200 milioni di investimenti fissi e 65 milioni di progetti di ricerca» ha sottolineato l’assessore all’industria (vedi tabella) ricordando anche le aree produttive in corso d’allestimento da Ravina a Mori Casotte per 1 milione di metri quadrati. Più preoccupati i sindacati - c’erano i segretari Purin, ferrante e Monari - che temono i riflessi del rallentamento sull’occupazione. Con l’invito a Benedetti ad insistere per costituire il Coordinamento del futuro distretto del porfido, visto i risultati che stanno delinenandosi per il progetto della Filiera Dana e di Habitech. I problemi ci sono, è stata la conclusione, ma la direzione presa è giusta. Distretto, è nato il Coordinamento Trentino — 01 marzo 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. Sbloccata la costituzione del Coordinamento del nascente “Distretto del porfido e delle pietre trentine”. La scorsa settimana la delibera dell’assessore Marco Benedetti era stata congelata perché alcune aree produttive si erano sentite escluse (Valle di Cembra, Lona, Trento) ed alcuni produttori chiedevano maggior rappresentanza nel già affollato organismo. Nei giorni scorsi, portando i componenti dagli iniziali 23 a 25, l’ostacolo è stato superato. Ieri la giunta lo ha istituito. Oltre alla Provincia ed a Trentino Sviluppo faranno parte del Coordinamento, che avrà il compito di indirizzare le scelte del Distretto, la Camera di commercio, il Consorzio dei Comuni, la Fondazione Bruno Kessler e l’Università, Trentino spa, le confederazioni sindacali, Confindustria Trento, l’Associazione Artigiani, la Federazione della Cooperazione, il Consorzio Estrattivo Trentino e rappresentanti dell’area del porfido nominati dall’Espo. Trentino Sviluppo farà, infine, da capofila per la costituzione - assieme a Confindustria, Assoartigiani, Espo e Cet - di una società che realizzerà i programmi approvati dal Coordinamento. Ecco i tanti motivi di una crisi. E noi nel mezzo Trentino — 12 marzo 2008 pagina 12 sezione: ATTUALITÀ Sembra di rivedere in piccolo quanto successo nella zona del porfido nell’anno 1993 quando la magistratura pose i sigilli e sequestrò tutte le trance della seconda lavorazione perché fuori norma rispetto alla sicurezza (ovvero la legge 626). Allora la maggioranza degli operai si schierò dietro le bandiere populiste della Lega. Ben protetti dai loro padri-padroni scesero a Trento ad urlare la loro rabbia e frustrazione. Solo dopo alcuni giorni tornarono al lavoro, ma solo grazie ad un accordo siglato in una posizione di estrema debolezza contrattuale determinata da una conduzione sindacale inadeguata e succube di un modello concertativo che disarma e contribuisce a cancellare l’identità dei lavoratori. La lettera che gli operai delle cave di San Mauro hanno sottoscritto contro l’ASUC di Tressilla sembra dettata dagli uffici di Confindustria. Si scambiano le responsabilità ed i motivi per i quali l’attività di lavoro è bloccata. Si confondono i nostri interessi con chi si arricchisce ogni giorno oltre che con le nostre fatiche, pagando canoni di concessione ridicoli rispetto al reale valore di mercato. Basti ricordare che gli “artigiani” pagano alle ditte concessionarie di lotti pubblici il materiale tout-venant dai trenta ai settanta euro al metro cubo quando ai Comuni ne versano la ventesima parte. Un altro dato significativo tutt’ora attuale, è la licitazione privata effettuata dal Comune di Lona-Lases nel 1994 dove si assegnò il lotto cava numero sei Pianacci con un rialzo su base d’asta del 211%. La nuova legge provinciale (n. 6 2007) che regolamenta l’attività estrattiva in sostanza non risolve nessuno dei problemi cruciali del settore. L’estrema frammentazione dell’attività, possibile solo con margini di profitto molto elevati, impedisce di fatto un’organizzazione del lavoro adeguata sotto ogni profilo e che sia espressione di un interesse collettivo. Per questo sia i canoni cava che l’asta pubblica dei lotti d’estrazione rimangono elementi nella realtà praticamente immutati. La legge in sintesi risolve solo formalmente anche ai dettati delle direttive europee sul libero mercato e la libera concorrenza parole d’ordine di Confindustria, basta che il liberismo riguardi sempre gli altri. Su queste basi si innestano poi scelte urbanistiche legate particolarmente all’attività che finiscono per devastare definitivamente un territorio anche da un punto di vista sociale. Se il distretto del porfido si svilupperà su questi elementi rischiamo di trovarci nell’immediato futuro rappresentati come attività economica all’interno del museo del porfido in via di realizzazione. Tornando ai compagni di lavoro delle cave di San Mauro non sarà rinunciando al diritto di uso civico svendendolo per qualche euro che si faranno i nostri interessi e si garantiranno i posti di lavoro, basti vedere a Fornace, Camparta, Valsugana lavoratori licenziati o minacciati di licenziamento. Forse sarebbe nostro interesse rivendicare questo diritto e pretendere che questa fonte di sostentamento per noi non sia il privilegio di pochi. Ma questo presuppone un pensiero ed una coscienza indipendente che affermi una propria identità. Solo su queste basi si può rifiutare lo strumentale patrocinio di illustri personaggi che ci hanno sempre umiliati qualsiasi ruolo ricoprissero dentro e fuori le istituzioni,utilizzando anche il ricatto occupazionale come strumento di pressione. L’ASUC di Tressilla ha assunto la responsabilità di amministrare per la collettività ed a essa va tutta la nostra solidarietà ed appoggio anche se tardivo, visti gli ulteriori sviluppi di stampo mafioso. Atteggiamenti che nel mondo del porfido non sono una novità nei confronti di chi vuol far valere l’interesse collettivo (Lases fine anni ottanta). Anche il Comune di Baselga di Pinè risulta inadempiente e di parte, aumentando così le tensioni. Negando l’autorizzazione alle due ditte in regola, ha retto il “gioco” delle aziende che tramite Assindustria,utilizzando il ricatto occupazionale, si sono contrapposte alle legittime richieste dei proprietari dei lotti cava, le ASUC, di adeguare i canoni ai reali valori di mercato. Con questa arroganza l’unico epilogo accettabile sarebbe la revoca immediata delle concessioni e l’organizzazione di un macro lotto dove i lavoratori possano autogestirlo in forma cooperativistica con la partecipazione dell’ente pubblico. operai del porfido di Albiano Coordinamento del porfido concluso il laborioso parto Trentino — 13 giugno 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. E’ stato un parto laborioso come per ogni questione relativa al porfido, materia poco malleabile. Ma alla fine tutte le parti coinvolte hanno indicato i rappresentanti per il Coordinamento del “Distretto del porfido e delle pietre trentine”, organo consultivo e di elaborazione voluto dalla nuova legge di settore. Si tratta di un collegio di ben 26 rappresentanti che, in attesa di costituire una specifica società pubblico-privata, si riunirà presso Trentino Sviluppo, grande madre putativa di tali iniziative bisognose di incoraggiamento e risorse. Ma ecco le indicazioni che presto saranno ratificate dalla giunta provinciale. Il Coordinamento sarà presieduto dall’assessore Marco Benedetti, affiancato dal vice presidente Alessandro Garofalo (Trentino Sviluppo). Ne fanno inoltre parte Mariano Gianotti (Camera di commercio), Giuliano Ravanelli (sindaco di Albiano), Ezio Cristofolini (vicesindaco di Fornace) e Alfonso Fantoma (sindaco di Strembo) per il Consorzio dei Comuni; Mario Zen (Fondazione Kessler), Michela Dalprà (Università di Trento), Marco Zanoni (Trentino spa), Massimo Bertolini Stefano Pisetta e Renato Beber per i sindacati, Marco Stenico e Mauro Bert per Confindustria Trento, Silvio Avi e Angelo Mattivi per l’Associazione Artigiani, Mario Bertolini (Cooperazione), Paolo Mazzotti e Paolo Zoni per il Consorzio estrattivo trentino ed infine per l’Espo Massimo Stenico, Ezio Pisetta, Giorgio Mattivi, Simone Caresia, Angelo Lorenzi, Achille ravanelli, Tiziano Odiorizzi. Distretto pietra Trentino — 25 giugno 2008 pagina 34 sezione: NAZIONALE Rendere omaggio alla pietra significa celebrare la storia di un millenario rapporto, un’esperienza creativa che accompagna da tempo immemorabile lo sviluppo della civiltà umana. Questo il senso di una mostra allestita a Palazzo Roccabruna dalla Camera di Commercio di Trento, dal titolo “Uomini e Pietra: natura e artificio fra paesaggio e progetti”. Al di là dell’aspetto storico-artistico l’evento è divenuto cornice per una serie di tavole rotonde che si proponevano di esplorare luci ed ombre di un settore rilevante per l’economia provinciale. Il primo di questi appuntamenti è stato dedicato al “ distretto del porfido e della pietra trentina”. Una legge provinciale 7/2006 ha istituito il primo distretto industriale trentino, dotato di appositi fondi. Una novità che suona come un riconoscimento dell’importanza economica del settore lapideo provinciale, ma al tempo stesso anche come un monito per gli imprenditori a saper cogliere nuove opportunità di mercato. La Provincia con tale provvedimento persegue l’obiettivo di mettere gli operatori di settore nelle condizioni migliori per competere a livello nazionale e internazionale. Il senso del “Progetto Pietra”, come iniziativa della C.C.I.A.A. di Trento e della Provincia autonoma di Trento, nato nel 2003, si gioca sul piano della promozione, far conoscere il pregio del nostro patrimonio lapideo, ma anche e soprattutto educare gli operatori di settore ad un uso del materiale in modi e forme idonee ad accrescerne il valore riducendo il livello delle estrazioni. I rappresentanti delle associazioni di categoria presenti hanno invece confermato l’impegno nell’opera di diffusione presso i propri associati di una cultura di prodotto sempre più attenta alle esigenze del mercato e ai valori di una competizione globale che oggi, nel campo del lapideo, si gioca soprattutto sul terreno del design e dell’innovazione. Porfido in crisi: magazzini pieni, mercato fermo Trentino — 01 agosto 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. «La mia azienda è sul mercato da trent’anni, ma questo è il periodo più nero che io ricordi» dice Marco Stenico, titolare della Porfidi International. Il calo degli affari nel settore è attorno al 30 per cento, i piazzali sono pieni di prodotto invenduto e si profila un autunno nero, anzi nerissimo. Non è il periodico lamento dell’imprenditore alla vigilia del rinnovo del contratto, ma l’allarmata analisi del Comitato paritetico, condiviso da Confindustria e sindacati. Con l’obiettivo di salvare un settore che conta 140 imprese, oltre 2 mila addetti e fattura 200 milioni di euro. Le difficoltà fanno mettere da parte le polemiche e aiutano a concentrarsi sulla salvezza comune. E’ stata l’atmosfera che mercoledì ha caratterizzato l’incontro che il Comitato paritetico ha organizzato con gli assessori Benedetti e Panizza e con Confindustria ed Assoartigiani. Che l’industria del porfido stia attraversando una fase difficile è cosa nota. Ma non era mai accaduto che in luglio, quando i prodotti finiti erano esauriti, magazzini e piazzali stavolta fossero ancora pieni. Ed era, di solito, in luglio che iniziava il lavoro di cava per coprire gli ordini. Quest’anno invece gli ordini sono fermi e non si sa bene per chi si lavori. «Eppure si deve essere ottimisti» dice Stenico che rappresenta il settore nella giunta di Confindustria (presidente di sezione è Simone Caresia) «Il periodo è nero, ma invece di autocompiangerci dobbiamo rimboccarci le maniche e trovare la via d’uscita». IL DOCUMENTO. E’ la sollecitazione che viene dal Comitato (Ezio Cristofolini, Pietro Magagni, Fausto Masè e Stefano Tomasi per gli imprenditori, Massimo Bertolini, Giuliano Montibeller, Stefano Pisetta e Fabrizio Bignotti rispettivamente per Cgil e Cisl) che ha steso il documento in cui si riconoscono tutte le parti, fatto che dà la misura della preoccupazione. La diagnosi è secca: se nello scorso decennio l’industria del porfido era altamente redditizia e consentiva l’accumulazione di capitali che venivano reinvestiti altrove, negli ultimi anni, anche per la concorrenza di altre pietre meno costose di altri continenti, i margini sono stati drasticamente tagliati. La frenata dell’economia, poi, sta facendo il resto. «Con l’edilizia quasi ferma e gli enti pubblici che non hanno più l’arredamento urbano tra le loro priorità, il mercato è bloccato» sintetizza Stenico che pure ha diversificato il suo approvvigionamento di materia in Argentina e Messico. I MALI. Tra i fattori negativi il Comitato segnala anche il «peggioramento della qualità del prodotto posato in opera», la «concorrenza sleale delle aziende» ed il «proliferare di micro aziende con o senza dipendenti». Affermazioni che puntano il dito suoi mali profondi del porfido sinora denunciati pressoché esclusivamente dai sindacati, certamente non dagli imprenditori. L’acqua, evidentemente, lambisce la gola di tutti e bisogna nuotare, possibilmente cooperando e impedendo «le scelte effettuate da molti imprenditori, tra cui quella di affidare a terzi parti della produzione si stanno rivelando sbagliate e dannose e sbagliate per l’intero ciclo produttivo e della qualità.» E’ un modo di operare, insistono imprenditori e sindacati, che pur frutto di libere scelte aziendali, «di fatto ha portato l’imprenditore a non conoscere gli orientamenti del mercato, preoccupandosi solo di estrarre il più possibile, guardando all’oggi senza pensare al domani.» Sembra di leggere un documento ambientalista del passato, non un elaborato condiviso da Confidustria. Come salvare un settore che vale centinaia di milioni dal declino? «Facciamo come Melinda e Cavit» è il suggerimento - all’incontro era presenta anche il presidente della Federazione Diego Schelfi - «controlliamo l’intero ciclo produttivo dall’estrazione, alla lavorazione, alla commercializzazione, sino alla determinazione del prezzo». LA SINTESI. Il problema, dice Stefano Pisetta, segretario Cisl, è che «il settore è frammentato, anzi sgretolato dove dominano gli egoismi». Trovare la sintesi, a suo parere, è difficile anche se non impossibile con uno sforzo che «dovrà anzitutto coinvolgere quel centinaio di concessionari di cave che, controllando per i prossimi 18 anni la materia prima - questo l’effetto della proroga provinciale di fatto sono i “padroni” di tutta la pietra trentina». Benedetti e Panizza hanno ascoltato e si sono impegnati a trasmettere il documento alla giunta provinciale. Ma a chi toccherà tentare la ricostruzione di un settore che rischia il declino? Probabilmente al neo costituito Coordinamento di distretto, presieduto da Mariano Gianotti, ma bisogna dargli il tempo di mettersi in moto. «Il Distretto del porfido, da poco istituito con legge, è certamente un’opportunità» concorda Stenico «ma una norma non risolve i problemi. Per il porfido si è concluso un ciclo. Per aprirne un altro dobbiamo tutti rimboccarci le maniche». Mai imprenditori e sindacati sono stati così vicini nella diagnosi. Vedremo se servirà. Porfido, le ragioni della crisi Trentino — 02 agosto 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO «Il settore del porfido è in crisi ed è bene che imprese e sindacati lo abbiano riconosciuto. Può essere la premessa per risalire la china». Così Marco Benedetti, assessore all’industria, accoglie il preoccupato documento steso dalla Commissione paritetica (imprenditori e sindacati) sul precario stato di salute del settore estrattivo. «Le direzioni su cui lavorare sono anzitutto la costituzione di un’unica centrale di vendita. Presentarsi divisi sul mercato è una delle principali ragioni di debolezza del sistema trentino» continua Benedetti «una commercializzazione unitaria consentirà di valorizzare meglio il prodotto e di sfruttare con oculatezza le cave. Infine bisogna che le imprese si convincano che per basta più vendere cubetti, ma l’intero servizio, dalla posa in opera alla manutenzione coinvolgendo industria ed artigianato. In altre parole si impari la lezione dai produttori di mele e di vino: è la capacità di associarsi che difende il prodotto. Perché il mercato c’è» conclude «ma bisogna saperselo prendere. Il Distretto del porfido è stato costituito con la recente legge: ora sta agli imprenditori trasformarlo in concreta opportunità». Porfido: «Su questa pietra costruirò il distretto» Trentino — 13 agosto 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. «C’è bisogno di una rivoluzione. Anzitutto culturale. Per quel che mi riguarda, m’impegnerò perché avvenga». Sa di stupire un po’ Mariano Gianotti nell’accostare cave di porfido e cultura, ma sa anche di avere ragione. L’attività estrattiva ha urgente bisogno di reinventarsi: ne vanno di mezzo oltre 400 imprese, più di 3.500 addetti ed un valore aggiunto stimato in 300 milioni di euro l’anno. E’ il suo mondo. E per questo ha accettato l’incarico di primo presidente del Coordinamento del Distretto del porfido, istituito con la legge varata lo scorso anno. «Due precisazioni: il Distretto non è del solo porfido, bensì “del porfido e delle pietre trentine”. Anche l’uso delle parole deve rappresentare la ricchezza di questa terra. La seconda è che sì, ho accettato di presiedere il nuovo organismo, ma - sia chiaro per me e per i miei colleghi - a titolo assolutamente gratuito. Non è una poltrona, è un posto di lavoro. Un’area di riflessione dove tenteremo di ricostruire prospettive di lavoro e di reddito per un settore che, non ce lo nascondiamo, è in crisi. Crisi tanto più assurda» butta lì il neo presidente «quando la domanda supera di gran lunga l’offerta. Ci vuole un bell’ingegno per andare male in queste condizioni». A Mariano Gianotti piacciono le provocazioni verbali, gli ossimori, i paradossi. Titolare assieme al fratello della Porfidi Europa di Civezzano - «Non sono un concessionario cavatore, il porfido io lo lavoro e lo commercio» precisa - conosce il settore da sempre. Ha vissuto il periodo “eroico” della scoperta dell’oro rosso tra gli anni Sessanta e Novanta, del successivo sfruttamento ed ora della sua crisi. «Porfido e pietre sono una ricchezza enorme che il Trentino offre alla sua gente. Una ricchezza da cui sono nate una sapienza ed una capacità professionale secolari. Guardatevi attorno: cosa e chi hanno costruito il Duomo, le mille chiese, il Castello del Buonconsiglio, le opere militari austro ungariche? Le pietre, i cavatori, gli scalpellini trentini...» Certo, ma la crisi è di oggi, con l’economia globale, con le navi zeppe di pietre cinesi che sbarcano in Italia. «Già, i cinesi. Per consolarci ci raccontiamo che ci battono per volumi e prezzo. Non è così, ci battono anche in qualità» sbotta Gianotti mostrando il cubetto cinese che tiene sulla scrivania «E’ perfetto, squadrato come noi non ne facciamo più. Stiamo dimenticandoci i nostri mestieri. E assieme alla disorganizzazione ed ai dispettucci che ci facciamo, perdiamo i mercati». Il Coordinamento indicherà la retta via... «Me lo auguro. E’ il compito che gli affida la legge: dovrà studiare ed individuare un progetto per il neonato distretto industriale. DIRETTIVE. I suoi 26 membri rappresentano tutti i soggetti coinvolti, dai cavatori all’Università, dai sindacati alla Provincia affideranno le loro direttive al “soggetto idoneo” individuato per la loro realizzazione, costituito presso Trentino Sviluppo. Anche qui sono presenti industriali ed artigiani, i consorzi dei produttori e la Provincia. Dovremo preoccuparci, è naturale, anche di orientare la produzione». Impegno, solo a descriverlo, gravoso. Tanto più un settore abituato ad una concorrenza interna forte e spregiudicata. «Ci siamo costituiti un paio di settimane fa, abbiamo agosto per riflettere ed in settembre ci rivedremo. Per prendere decisioni, non per salutarci. Magari saranno indirizzi di massima, ma tali da poter essere tradotti in iniziative. E’ inutile riunire 26 persone solamente per chiacchierare. Per essere chiaro sino in fondo: ho accettato la presidenza per esercitarla, non per sedermi su una poltrona. Si ragiona, ci si confronta, ma poi si deve pur “fare”». Qualche, idea, dunque già c’è... «Non scherziamo. Sono anni che si discute sull’industria estrattiva. In Confindustria, ove partecipo al consiglio direttivo, nella giunta della Camera di Commercio, di cui sono membro, che ha varato il Progetto per la valorizzazione della pietra trentina con tanto di concorso di idee. Le proposte ci sono. Si tratta di ordinarle e di realizzarle». E di indirizzare gli sforzi del settore, oggi un po’ vagabondi. «Gli obiettivi sono quattro. Il primo è promuovere in Trentino l’utilizzo di pietre locali. Da parte dei privati, ma sopratutto per l’arredo urbano degli enti pubblici. Oltre al porfido c’è solo l’imbarazzo della scelta, dai graniti di Strembo al marmo rosa di Trento. Di fioriere in cemento non se ne può più. Poi punteremo sulla sensibilizzazione del materiale. Ma anche sullo studio delle sue potenzialità - non esistono scarti, tutto può essere utilizzato, anche le polveri - e sulla formazione. Teorica, certo, ma maturata nelle aziende dove s’impara a lavorarla, la pietra. In modo da qualificare professioni che si stanno dissennatamente dimenticando, dagli scalpellini ai posatori. Il Trentino da secoli è specializzato nella lavorazione “a spacco”, diversamente dalla “segagione” carrarese o veronese. Valorizziamola istituendo un Albo per le professioni. Oggi chiunque può presentarsi alla Camera di Commercio ed aprire una partita Iva come “scalpellino” e nessuno può obiettare nulla... GARANZIE. In terzo luogo vanno rafforzate le garanzie per i lavoratori ed il collocamento di chi, per ragioni di salute, non può continuare. Lavorare la pietra è usurante. Anche se si possono talvolta giudicare esagerate le lamentazioni sindacali, una cosa è certa: quando un uomo per trent’anni ha lavorato in cava ha diritto ad un assegno - sia detto senza offesa - molto più di un usciere della Provincia. Infine dobbiamo costruire una vera filiera produttiva, il distretto. Dalla materia prima attraverso la lavorazione, sino alla posa in opera». Qui si toccano i rapporti tra imprese. E’ qui che ci vuole la rivoluzione. «Ho alcune convinzioni. Anzitutto che le concessioni di cava - che la legge proroga per altri 10-12 anni prima di affidarle all’asta pubblica - non debbano essere considerate dal concessionario come un monopolio privato. La cava va lavorata e la correttezza dei rapporti tra chi la coltiva e chi lavora la materia prima va garantita. E poi darsi da fare, non limitarsi a vendere il prodotto del proprio segmento, bensì offrire “pacchetti” completi, dalla pietra alla posa in opera. Così si accresce il valore aggiunto. Così si ridà valore alla conoscenza ed alle professioni, puntando sulla qualità. Perciò bando al cottimo, ai quintali prodotti in giornata. Ad un operaio stakanovista, io preferisco due operai che fanno la metà del suo lavoro: il prodotto risulterà più accurato, i mestieri valorizzati, la salute tutelata. Perché il vero patrimonio non è la cava e la concessione - entrambe, prima o poi, finiscono - ma l’abilità di lavorare la materia. E’ questo il segreto del Distretto, la vera ricchezza». E’ questo il cuore della rivoluzione. Riuscirà a dare vita alla terza fase dell’industria estrattiva? «Glielo ripeto: ho accettato la presidenza per esercitarla. Queste sono idee maturate nel confronto comune. Chi non le apprezza potrà andarsene. Oppure potranno cacciarmi. Ma la lunga storia della pietra trentina merita l tentativo». r.c.c. Porfido, il distretto si muove Trentino — 17 settembre 2008 pagina 17 sezione: ECONOMIA TRENTO. Tracciare al più presto il quadro delle difficoltà di mercato e delle emergenze delle imprese. E’ il primo, concreto impegno che s’è dato il neonato “distretto del porfido” convocato ieri dal presidente Mariano Gianotti. La riunione si è tenuta negli uffici dell’assessorato all’industria, presente Marco Benedetti, rinviando alla settimana prossima la definizione del “soggetto idoneo” che la legge designa come strumento per realizzare i progetti elaborati dal tavolo distrettuale. Le alternative, di fatto, sono due: costituire una società tra i soggetti interessati (indicati dalla legge provinciale) ovvero istituire subito presso Trentino Sviluppo il “soggetto” cui parteciperebbero, oltre all’agenzia provinciale, i consorzi Espo (porfidi) e Cet (tutto il resto dei materiali lapidei), nonché Confindustria Trento e Associazione provinciale degli Artigiani. E probabilmente sarà quest’ultima, perché più pratica, la soluzione che alla fine sarà adottata. Il nodo più urgente, Gianotti lo ha rimarcato, resta tuttavia la crisi. I mercati, sia l’edilizia, sia quelli legati agli appalti pubblici, sono fermi da mesi non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa. Il che deprime fatturati ed export di un settore - sono cifre confermate ieri - che coinvolge 3 mila addetti, quasi 800 imprese se si contano anche le attività dell’indotto e produce un fatturato attorno a 500 milioni di euro l’anno. Una realtà notevole, forse poco percepita nelle sue reali dimensioni. Sulla quale il tavolo intende intervenire per darle più coerenza, indicando le strade per razionalizzare estrazione, lavorazioni e commercializzazione. Le direttrici del lavoro si concentreranno anzitutto - al tavolo erano presenti Massimo Bertolini e Renato Beber (Cgil) e Stefano Pisetta (Cisl) - sul ricollocamento degli operai che «dopo 25-30 anni di cava hanno diritto ad impieghi meno logoranti»; sulle iniziative per convincere gli enti pubblici trentini, nonché le amministrazioni in generale, ad utilizzare il porfido e le pietre di produzione locale per gli interventi d’arredo urbano; su progetti di formazione professionale e per indirizzare ricerche e studi che sostengano l’innovazione dei processi produttivi e del prodotto; ed infine sull’analisi di settore per individuare le razionalizzazioni possibili nella filiera. Il lavoro è molto, ha concluso Gianotti, prossimo incontro il 30 settembre. «Il futuro è nero, ma le imprese reagiscono» Trentino — 18 settembre 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. La situazione è pesante. Aumento dei prezzi delle materie prime e crisi finanziaria mondiale tormentano i mercati. Ma in Trentino l’economia tiene e non si annunciano tracolli. «In questi momenti l’ottimismo imprenditoriale è un fattore determinante per superare la crisi»: è’ il messaggio lanciato ieri da Ilaria Vescovi nel presentare l’indagine congiunturale che registra giudizi e prospettive degli industriali. Domina la preoccupazione e raddoppiano le previsioni di un’evoluzione negativa. «Supereremo la crisi, ma alla politica chiediamo più attenzione» è l’appello. Due imprenditori su tre per il secondo semestre dell’anno prevedono un’ulteriore flessione dei mercati. Ma sempre due su tre, per quanto concerne la propria azienda, esprimono giudizi positivi per occupazione ed export. «Significa che c’è consapevolezza del quadro negativo. Ma anche una buona dose di fiducia nelle possibilità di farvi fronte» ha detto Ilaria Vescovi presentando l’indagine congiunturale «Questa fiducia è una grande risorsa, un elemento di forza per tutta la comunità. Perciò chiediamo a tutti, anche ai sindacati ed alla politica, di condividerla e sostenerla prestando all’industria tutta l’attenzione che merita». Parole che suonano come un appello, quelle della presidente di Confindustria Trento, ma che rispecchiano la sua visione di sempre: l’industria, la produzione reale di ricchezza meritano più «rispetto ed attenzione» di quanto solitamente viene loro concessa. Sopratutto quando la crisi dipende in gran parte da fattori esetrni, dall’aumento delle materie prime, dal petrolio, dalle bufere finanziarie che hanno messo in ginocchio le più grandi banche mondiali. Una tempesta globale che non risparmia nessuno, tanto meno il Trentino. LA FLESSIONE. L’aumento dei giudizi negativi sull’economia trentina - passati dal 61,3% al 66,4% del campione esaminato, il 10% degli associati - non sorprende. Come era prevedibile la crescita dei pessimisti assoluti, passati dal 6,7% al 18,7%. Anche la valutazione sui singoli settori non riserva sorprese: tutti in flessione, salvo un giudizio di stabilità per il terziario avanzato ed un contenuto ottimismo per il comparto alimentare, la carta, la chimica, la meccanica. Ma si tratta di valutazioni, di “sentiment”, come ha più volte precisato il direttore di Palazzo Stella, Fabio Ramus, non di grandezze concrete. Nessuno, tuttavia, si nasconde la realtà. «Il quadro provinciale non presenta situazioni particolari di crisi» ripete Vescovi «Da un anno a questa parte però - lo abbiamo rilevato in più occasioni - l’edilizia ed il suo indotto registrano un rallentamento, così come soffre l’industria estrattiva. Calano gli ordini anche nei rami legati all’automotive, inducendo le aziende a ricorrere alla cassa integrazione, come nel recente caso Marangoni. Ma sono situazioni gestibili con strumenti ordinari o, nel caso del porfido, con iniziative come la costituzione del distretto produttivo, nella cui funzione riponiamo fiducia. Sono crisi che nascono dai mercati a causa del costo del petrolio, della crisi mondiale dell’auto, del rallentamento generale dei consumi, del fallimento di tanta finanza innovativa. A tutto questo le nostre imprese reagiscono. Mi auguro che si faccia un po’ di “tifo” per questo sforzo». Panorama grigio, insomma. «Non completamente. Ci sono segnali positivi. L’inaugurazione del nuovo stabilimento Cipriani a Rovereto, per esempio, o l’espansione dell’attività della Mariani a Tiarno di Sopra o, ancora, il centenario del Pastificio Felicetti di Predazzo. E poi, lo ripeto, c’è la fiducia e l’impegno degli imprenditori. Per fronteggiare il costo del barile ed i tracolli finanziari di Wall Street, però, tutti devono fare squadra». L’ASSESSORATO. E’ l’appello alla politica, la richiesta di attenzione. «La giunta provinciale che si costituirà dopo le elezioni d’ottobre farà certamente le scelte più opportune. Ma voglio dire che in questi cinque anni abbiamo apprezzato il lavoro dell’assessore all’industria. E per il futuro non cerchiamo né assessori, né assessorati. Chiediamo, questo invece sì, procedure snelle, tempestività nelle risposte, risorse e, in generale, una più attenta sensibilità al settore. Questo valga anche come commento» aggiunge Vescovi con un sorriso «all’ipotesi, tutta giornalistica, di un assessorato affidato a Fabio Ramus. Per Confindustria è un direttore generale più che prezioso. Non ce lo lasceremo soffiare». Preoccupazione comprensibile. Con l’aria che tira e che tirerà per tutto il 2009, non è proprio il caso di sguarnire Palazzo Stella. La strada per la ripresa è lunga e tutta in salita. r.c.c. Via libera al Consorzio del porfido Trentino — 25 settembre 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA ROVERETO. Ha il compito di promuovere l’utilizzo del porfido e delle pietre trentine da parte degli enti locali, di svilupparne la commercializzazione, di favorire studi e sostenere iniziative per valorizzare il prodotto. E’ la società consortile “Distretto del porfido e delle pietre trentine” che ieri il cda di Trentino Sviluppo, socio di riferimento, ieri ha deciso di costituire assieme a Confindustria Trento, l’Associaizone degli Artigiani, l’Espo - Ente di Svilippo Porfido ed il Consorzio estrattivo Cet. Porfido, così le imprese beffano la legge Trentino — 30 settembre 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. «Se non lo faranno i Comuni, come dovrebbero, ci penseremo noi a denunciare le violazioni». Concordi e determinati Massimo Bertolini e Stefano Pisetta, segretari provinciali di Fillea e Filca, contro chi sta «sabotando» la nuova legge sulle cave. «Sono imprenditori senza morale, che per un tornaconto immediato mettono a repentaglio l’intero settore» spiegano «E’ di questo e della salute dei cavatori che dovrebbe occuparsi il Coordinamento del distretto del porfido. E gli imprenditori smettano di lamentarsi degli affari che vanno male: lo fanno solo per battere cassa alla Provincia». «Le cose non stanno marciando nel senso indicato dalla legge. Non sto facendo considerazioni generiche» dice secco Bertolini, segretario Fillea Cgil «Denuncio che molti concessionari vendono, violando sfacciatamente la norma, il materiale grezzo ricavato dallo scoppio delle mine, il cosiddetto “tout venant”. Pratica proibita per impedire lo sfruttamento rapace di un bene pubblico - la maggior parte delle cave sono comunali - per dare valore al prodotto, per sostenere l’occupazione. Probabilmente anche per questo viene ignorata la disposizione che vieta, per tutelare la qualità della vita dei cittadini, il trasposto del porfido nelle ore notturne. Alle 4 del mattino i camion rombano sulle strade di Albiano e di Lases ignorando il blocco dalle 22 alle 6 del mattino. E nessuno ha il coraggio di dire nulla...» VECCHI PROBLEMI. All’assessore Marco Benedetti c’è voluta un’intera legislatura per varare la nuova legge sulle cave, la numero 7 del 2006, e due anni buoni per mettere assieme il Coordinamento del distretto produttivo, presieduto da Mariano Gianotti. Ma non sono ancora bastati per imprimere la desiderata svolta al settore che fattura 500 milioni l’anno, 800 aziende, 3 mila addetti. Il Distretto del porfido, insomma, nasce ereditando i vecchi problemi. Una bella fetta di imprenditoria di rapina, spregio delle norme, grande disinvoltura nei rapporti di lavoro e la propensione permanente a lamentarsi. SCENEGGIATE. «La congiuntura è negativa, certo, ma non così drammatica come gli imprenditori raccontano al tavolo del Coordinamento per chiedere aiuti provinciali» taglia corto Pisetta, segretario Filca Cisl «Sono sceneggiate per il ritardo con cui si affronta il rinnovo del contratto e per giustificare le molte lettere di licenziamento spedite in queste settimane dalle aziende con meno di 15 dipendenti, quelle che non possono ricorre alla cassa integrazione. Ma sono lamenti che sento da anni. Eppure nessun concessionario, che io ricordi, ha mai lasciato la sua cava. Una caparbia volontà di perdere quattrini, parrebbe. Ma, come tutti sappiamo, non è così: le imprese sono sempre povere, ma gli imprenditori del porfido sono sempre ricchi». La vendita (proibita) del tout venant si accompagna alla riduzione del personale dipendente ed al contemporaneo dilagare delle (finte) imprese artigiane che si dedicano alle seconde lavorazioni. Un esercito di ex dipendenti e di extracomunitari che senza regole e senza sicurezza producono cubetti, lastre e quant’altro. Giusto ieri in Valsugana è stata scoperta una di queste fabbriche in “nero”. «E’ un modo per non investire nei nuovi banconi di lavorazione: quando il lavoro è fuori, la responsabilità è di altri» spiega Pisetta «E’ un comportamento che danneggia le imprese serie - e ce ne sono - che investono in macchinari e sicurezza. Ed è un comportamento che ignora il diritto alla salute, perpetuandone i rischi. Oggi sono 350 i lavoratori da reinserire in occupazioni meno pesanti. Di questo dovrebbe occuparsi il Corodinamento. Per le lamentazioni dei molti, dei troppi rappresentanti degli imprenditori c’è tempo.» Troppi rappresentanti? «Mah, un organismo di 26 membri è quasi un parlamento. E mette in evidenza la divisione tra i produttori. Ognuno è lì per fare la guardia ai propri interessi» commenta Pisetta. SCELTE SBAGLIATE. Ma potrebbe essere il luogo per elaborare azioni comuni. Come quella caldeggiata dal presidente Gianotti di indurre gli enti pubblici trentini a valorizzare le pietre locali. Un’azione culturale... «Sì, ci vorrebbe proprio una bell’azione culturale» ride Bertolini «Tempo fa fece scalpore l’uso di pietra cinese per le scale d’accesso all’assessorato all’industria. Ma che dire allora delle cordonate dei marciapiedi di Fornace, patria del porfido, che vengono dall’Argentina? E della fontana della rotatoria di Pinè, altra patria del porfido, fatta con pietra cinese come i salvagente di Via San Pio X a Trento? E poi vengono a dirci che il mercato non tira per via della concorrenza. Sono numerosi i concessionari trentini che hanno investito in Sudamerica. Si fanno concorrenza da soli e poi vorrebbero far pagare il prezzo delle loro scelte sbagliate alla comunità». Insomma: lavoro nero, finti artigiani, violazione della legge con la vendita del tout venant. Sono le pratiche di molte imprese del porfido che danneggiano le aziende rispettose delle leggi e l’economia in generale. Di questo, dicono Bertolini e Pisetta, dovrebbe anzitutto occuparsi - ne avrà la forza? - il Coordinamento. Per mettere un po’ d’ordine in un settore sregolato. «Il controllo e l’eventuale denuncia delle violazioni della legge spettano alle amministrazioni di Albiano, Fornace, Lona Lases, Trento. Ci attendiamo che i sindaci e gli uffici facciano il loro dovere» concludono i due segretari «altrimenti ci penserà il sindacato». Il settore del porfido ha da tempo superato l’epoca del “far west”, dice il presidente Gianotti, ora c’è il Distretto. Sarà vero? (r.c.c.) Porfido, gli artigiani frenano Gianotti Trentino — 01 ottobre 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. Non s’annuncia facile la realizzazione del neonato Distretto del porfido. L’Associazione degli artigiani giudica ancora «non matura» la costituzione del Consorzio che dovrebbe garantire il passaggio alla fase operativa. E i sindacati s’oppongono all’ipotesi di discutere a quel tavolo, invece che nelle sedi proprie, il rinnovo del contratto o i ricorsi alla cassa integrazione. Il presidente del Coordinamento Mariano Gianotti mostra però di voler tenere ben dritta la barra del timone per rimettere ordine in un settore con molte zone d’ombra ed esposto alla crisi. «La costituzione del “soggetto idoneo” è prevista dalla legge e dunque si farà. Semmai si può discutere del quando dare vita alla società consortile tra Industriali, Artigiani, Espo e Cet assieme a Trentino Sviluppo. Si vuole ancora riflettere? Si rifletta pure, ma intanto prepariamo un piano di lavoro. Il settore estrattivo è in difficoltà, ha bisogno di credito bancario e di più collaborazione tra imprese, Comuni e Provincia». Gianotti riassume così, tutto d’un fiato, la lunga riunione del Coordinamento del Distretto che ha consentito di misurare le volontà e le perplessità per dar vita alla società operativa dell’organismo, allo strumento di una nuova politica di settore. Se gli industriali come Gianotti, pur divisi tra loro, sono decisi a sfruttare l’opportunità, artigiani e sindacati non nascondono molte perplessità. Sempre ieri sera, infatti, la giunta di Assoartigiani ha messo un piede sul freno. «La costituzione del consorzio non è ancora matura» è la formula usata, ma si precepisce che le perplessità sono ben più di sostanza. «Vogliamo capire cosa si vuole fare di questo Distretto» si limita a dire Dario Denicolò, presidente degli Artigiani, ma si capisce che piuttosto lo preoccupa cosa gli industriali del porfido abbiano in mente di fare. Il messaggio è chiaro: finché non saranno chiariti obiettivi e rapporti tra categorie, non ci impegneremo. I sindacati, invece, temono che il Distretto, da occasione di sviluppo, sia trasformato in strumento per dragare altri contributi pubblici o garanzie per l’accesso al credito. «Dopo aver incassato quattrini per le ruspe, le cubettatrici ed i banconi» dicono Stefano Pisetta e Massimo Bertolini «i concessionari continuano a vendere illegalmente il tout venant a terzi. Mentre i Comuni, proprietari delle cave, stanno a guardare. E poi» aggiungono respingendo un’ipotesi di Gianotti «non è il Coordinamento il luogo per discutere dei ricorsi alla cassa integrazione, questa è materia di trattativa tra le parti». E avanzano la proposta: i Comuni controllino lo sfruttamento delle cave stabilendo un rapporto tra metri cubi estratti e lavoratori dipendenti. E’ così che si blocca la vendita selvaggia del materiale. Come si vede il Distretto è ancora in alto mare. Dopo le elezioni provinciali del 26 ottobre si vedrà. «Avi sporga denuncia, saremo con lui» Trentino — 09 ottobre 2008 pagina 39 sezione: PROVINCIA BASELGA DI PINE’. «Se il signor Marco Avi ritiene di avere le prove di irregolarità nella lavorazione del porfido, è suo diritto e direi dovere interessare la magistratura. E sappia che la categoria degli imprenditori sarà dalla sua parte»: così Simone Caresia, presidente della sezione porfido di Confindustria, replica al presidente dell’Asuc di Tressilla, che ieri aveva denunciato il ripetersi di episodi di trasporto del “tout venant” (il porfido allo stato grezzo) al di fuori delle cave trentine dove, stando alla legge provinciale 7/2006, dovrebbe essere lavorato. E aggiunge Caresia: «Questo divieto ci trova totalmente a favore, fenomeni come quelli denunciati da Avi, se avvenuti in cave soggette a concessione pubblica, vanno assolutamente fermati. Ne abbiamo parlato anche nell’ultima riunione del Tavolo di coordinamento del distretto e continuiamo ad avere contatti con la parte sindacale e i Comuni per trovare una soluzione definitiva al problema: è una situazione che fa male anche a noi imprenditori, colpiti e infangati come categoria a fronte di casi isolati e sporadici». Che, ammette Caresia, possono essersi effettivamente verificati tra aziende concorrenti in una fase economica in cui anche il settore del porfido si trova a vivere serie difficoltà. Il riaccendersi della “guerra del porfido”, e dello scontro tra le Asuc del Pinetano e le aziende del settore, secondo Caresia è però frutto di un problema più generale: la complessità della configurazione giuridica degli usi civici emersa negli ultimi mesi. E di cui, sostiene, le aziende sarebbero in realtà vittime. «Non possiamo chiaramente essere noi a stabilire di chi sia la titolarità del suolo pubblico in cui operiamo, se delle Asuc o dei Comuni - afferma - è un problema che riguarda amministrazioni pubbliche, noi possiamo al massimo tentare di favorire una mediazione». Ma ad Avi e alle Asuc Caresia risponde anche per le rime circa il rispetto degli accordi pattuiti circa le concessioni: «Le ditte stanno già pagando il 30% in più di tasca propria, non è corretto dire che non ci abbiamo messo del nostro. E per quanto riguarda i livelli occupazionali, tutti sappiamo che stiamo attraversando una fase economica critica, di recessione mondiale: e anche tanti imprenditori del porfido stanno mettendo mano al proprio capitale personale per fare stare in piedi le proprie aziende. Per questo dico che invece dei toni terroristici servirebbe più buonsenso». Sulla vicenda che ha riacceso le polemiche, il licenziamento del presidente dell’Asuc di Miola Massimo Sighel, interviene intanto con una nota di solidarietà Denis Bertolini, consigliere provinciale di Valli Unite: «È stato licenziato in quanto la sua unica colpa è stata quella di essersi battuto per la difesa di un fondamentale bene pubblico quale il diritto di uso civico - afferma - l’uso civico è un istituto che va difeso con i denti e tutelare il bene collettivo contro la logica del profitto di pochi non merita certo di essere ripagato in questo modo». Porfido, la Provincia sollecita denunce Trentino — 10 ottobre 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. Molte imprese del porfido si fanno beffe della legge sulle cave. Si vende il materiale grezzo (vietato), i camion lo trasportano di notte (vietato), si affidano le lavorazioni a finte ditte artigiane con manovali in nero (vietato). Lo avevano denunciato (Trentino del 30 settembre) i segretari provinciali della Filca, Stefano Pisetta, e della Fillea, Massimo Bertolini. L’altro giorno Alessandro Tomasi, dirigente del Servizio Minerario provinciale, ha loro scritto chiedendo «con cortese sollecitudine» documentazione e prove. Insomma, di denunciare le violazioni. «Siamo esterrefatti. La nostra denuncia pubblica l’abbiamo fatta e nessuno, nemmeno al tavolo del Distretto, ha negato quel che tutti sanno. Perfino il presidente della sezione Porfido di Confindustria, Simone Caresia, ammette pubblicamente che il problema esiste» dice Pisetta «Ora il Servizio minerario ci chiede le prove. Ma i suoi ispettori che fanno? Sono loro che dovrebbero vigilare e denunciare.» «Una richiesta davvero singolare» aggiunge Bertolini «Si confermano le nostre perplessità sulla volontà di applicare la legge sulle cave e sulla funzione del Distretto. O è in grado di portare ordine nel settore o diverrà ciò che temiamo: uno strumento per redistribuire i contributi». I due sindacalisti hanno già risposto alla sollecitazione del Servizio minerario con una lettera in cui mettono nero su bianco le loro perplessità. Segnalando che il sindacato non s’è limitato alla denuncia, ma ha fatto anche una proposta per controllare che il tout venant, il porfido grezzo che dev’essere cernito in cava, non venga venduto a terzi: mettere in relazione i volumi di materiale, il numero di dipendenti del concessionario e la quantità di porfido all’ora che ogni operaio può lavorare. «Parametri tutti verificabili se c’è l’accordo tra Comuni proprietari delle cave, concessionari e lavoratori» dice Pisetta «così il controllo è fatto». La volontà, però, latita e nelle zone del porfido - Albiano, Fornace, Lases, Pinè - rispunta l’industria selvaggia. Con gli ispettori provinciali che non vedono e, aggiunge Pisetta «sono sempre gli stessi, da decine di anni. Si dovrebbe fare come i carabinieri, periodicamente cambiarli...». Sarà la crisi economica, saranno le vecchie abitudini, ma per il porfido non c’è legge che tenga, è sempre far west, lavoro nero, soldi per pochi e fatica per troppi. «E poi la Provincia viene a chiedere a noi di fare gli ispettori...» concludono Pisetta e Bertolini. Distretto del porfido: meno «furbate» e più collaborazione Trentino — 11 ottobre 2008 pagina 14 sezione: ECONOMIA TRENTO. Una replica pacata ed argomentata. Su un tema sempre “nervoso”, le cave di porfido. La fornisce Paolo Spagni, dirigente generale dell’industria ed artigianato, ai sindacalisti Stefano Pisetta (Cisl) e Massimo Bertolini (Cgil) stupiti che alla loro denuncia sul traffico del materiale grezzo di cava, il tout venant, vietato dalla legge, il Servizio minerario della Provincia abbia loro chiesto di denunciare i fatti e fornire le circostanze della segnalazione. Non è compito nostro denunciare le violazioni, hanno detto, ci pensino gli ispettori provinciali. «Pisetta e Bertolioni sorpresi? Piuttosto siamo sorpresi della sorpresa» scrive Spagni «che cosa dovrebbe fare un ufficio pubblico, con competenze ispettive, di fronte a dichiarazioni rilasciate alla stampa e ripetute al tavolo del distretto del porfido sull’esistenza di situazioni difformi dalla legge? Non dovrebbe chiedere elementi informativi? Il Servizio minerario deve certamente fare i propri controlli ed è quanto sta facendo». E poi fa il quadro della situazione. «Gli ispettori minerari esercitano la propria attività soltanto nell’area di cava» spiega «Non possono inseguire gli automezzi per strada, né ispezionare materiale in lavorazione su aree esterne alla cava. Questa attività è possibile per le forze dell’ordine, non per il Minerario. Vi è del materiale tout venant che può uscire dalla cava senza essere lavorato: esistono infatti porzioni di cave che producono quasi esclusivamente scarto, in genere nella parte alta della cava, il cosiddetto «cappellaccio». Un camion carico di «cappellaccio», che è comunque tout venant e che non subisce lavorazione, può quindi uscire dalla cava ed essere eventualmente commercializzato. Non si può quindi dare per esistente una violazione soltanto perché si vede sfrecciare un automezzo carico di scarti». «Insomma, gli accertamenti sul tout venant sono complessi» insiste Spagni «Devono svolgersi all’interno della cava, ma soprattutto all’esterno, per vedere dove vanno i camion, e nelle aree di lavorazione. E al di fuori della cava gli ispettori del servizio minerario, ripetiamo, non possono agire. C’è quindi bisogno di una sinergia fra enti di controllo ed è in questa direzione che la Provincia sta lavorando. Bisogna anche tenere presente che, a fronte di controlli tanto complessi, la violazione relativa alla vendita del tout venant è punita dalla legge con una sanzione amministrativa di 800 euro e che nel settore, anche in termini di controllo, vi sono sicuramente problemi più significativi da affrontare, come ben sa il sindacato.» Più secca la risposta a proposito dei dubbi sindacali sull’efficacia dei controlli degli ispettori del Servizio minerario. «Ispettori che sono noti per la loro indubbia competenza ed esperienza, ed anche per la loro intransigenza e severità, piuttosto che per il contrario» afferma il dirigente «Anche a loro, ed alla loro continua opera di prevenzione e repressione, si devono molti cambiamenti positivi avvenuti negli anni nel settore estrattivo trentino. Un esempio per tutti, la diminuzione del numero degli infortuni nella prima lavorazione, passati dai 136 nel 1994 ai 25 nel 2007. Numeri che non hanno bisogno di commenti». «Il distretto del porfido e delle pietre trentine» conclude Spagni «non ha compiti di polizia mineraria, ma di promozione del settore in fatto di tecnologie, di utilizzo del prodotto, di canali di commercializzazione, di integrazione ed alleanza di imprese. Sotto questo profilo, la vendita di materiale tout venant non appare certo il primo dei problemi attuali del settore porfirico trentino. Resta inteso che non si costruirà il distretto su “furbate” rispetto alle regole che disciplinano l’attività estrattiva e comunque non sarà una via per distribuire contributi: non sono previsti». «Porfido, questi ispettori sono distratti» Trentino — 14 ottobre 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. Non c’è pace nelle cave di porfido. Sindacati e Provincia polemizzano su chi dovrebbe controllare l’applicazione della legge sulle cave, mentre i concessionari probabilmente se la ridono. Il nodo è il “tout venant”, cioè il materiale grezzo risultato di una volata di mine. La norme ne proibisce la vendita diretta a terzi per favorire la lavorazione in loco e l’occupazione. Spesso le cose non vanno così e la Provincia ha sollecitato il sindacato - nel caso specifico i segretari Stefano Pisetta (Cisl) e Massimo Bertolini (Cgil) - a denunciare gli illeciti. «La questione risale a qualche anno fa, prima ancora che venisse emanata la legge n.7 del 2006» ricordano i sindacalisti replicando al dirigente dell’Industria, Paolo Spagni «Il sindacato, è sempre stato in prima linea durante la discussione, tant’è che in commissione legislativa il problema del tout-venant, è stato il punto sul quale avevamo presentato soluzioni interessanti. Una molto importante prevedeva di affidare ai Comuni, in quanto proprietari dei giacimenti, o a delle società consortili ad essi correlati, la gestione della prima lavorazione. Abbiamo visto tutti poi come è andata: le cave sono rimaste in mano sempre agli stessi imprenditori». «Ciò che ci preoccupa maggiormente è proprio la pratica illegale del tout-venant, diffusa soprattutto nelle cave di Piné, dove l’Asuc ha raccolto in questi ultimi mesi prove schiaccianti su tale pratica. Il fenomeno riguarda anche Albiano, dove a detta di alcuni operatori, è più mascherato di quel che si crede. Per rendersi conto di quanto da noi più volte evidenziato, invitiamo il dottor Spagni a leggersi il documento elaborato dalla commissione paritetica permanente del settore e presentato alla fine di luglio 2008 agli assessori Benedetti e Panizza e così si renderà conto della situazione». «Al Coordinamento del Distretto del porfido il tema è stato nuovamente discusso ed anche in quelle occasioni, il sindacato, oltre che denunciato per l’ennesima volta il problema, ha elaborato delle proposte, tra cui quella di introdurre un parametro di congruità tra il materiale lavorato a fronte cava ed il numero di operai addetti alla prima lavorazione. All’assessore Benedetti, dal quale aspettiamo una risposta, abbiano suggerito di costituire un tavolo composto dallo stesso assessore, dai sindaci dei Comuni interessati, dalle associazioni imprenditoriali e dal sindacato, per debellare una volta per tutte questa grave inadempienza di legge. Proprio per questo» protestano Pisetta e Bertolini «abbiamo ritenuto la richiesta del Servizio minerario di fornire informazioni, tardiva e inopportuna». Poi spiegano che gli accertamenti riguardano «camionate di 200 quintali per volta e non di carriole» che gli ispettori provinciali dovrebbero pur notare. Ed infine che «sarebbe importante conoscere il numero degli interventi che vengono effettuati annualmente dagli ispettori nelle cave di porfido, soprattutto nelle giornate di pioggia, vento e gelo con i manovali costretti a lavorare». Forse i loro rapporti non rappresentano la realtà, concludono i sindacalisti «perché probabilmente durante tali giornate preferiscono stare distanti dal settore». Porfido: pochi operai, tanti autonomi Trentino — 16 ottobre 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. Un contratto da rinnovare per un settore che sta mutando in profondità. «Decisamente in peggio» dicono i sindacati, scettici anche sul percorso che dovrebbe realizzare il distretto produttivo previsto dall’ultima riforma. La prova? In una decina d’anni o poco più i dipendenti sono dimezzati, ma non il fatturato. Sono invece cresciuti i lavoratori cosiddetti autonomi, mentre gli imprenditori intonano da tempo la lamentazione della crisi. Ieri primo incontro a Palazzo Stella per il rinnovo del contratto scaduto nel luglio scorso. Una realtà consistente, fatta di 3.500 mila addetti, 400 aziende per un fatturato di oltre 300 milioni l’anno. E che rappresenta un’importante fonte di ricchezza per zone come la Valle di Cembra e l’altopiano di Pinè. «C’è un clima positivo» conviene la delegazione sindacale guidata dai segretari Stefano Pisetta (Filca Cisl) e Massimo Bertolini (Fillea Cgil) «Non ci sono pregiudiziali che ostacolino il confronto sulla piattaforma integrativa». Un clima che forse riflette anche lo sforzo di dare vita al Distretto produttivo voluto dalla legge del 2006 e la volontà di non creare inutili tensioni in una fase di economie in recessione. Ma lo scenario del settore è preoccupante. Un dato più di altri è sintomatico. Nel 1993 i dipendenti delle imprese erano 1.760, nove anni dopo nel 2002 erano scesi a 1.250, oggi a malapena raggiungono le 900 unità. Sono gli anni in cui i sindacati avevano censito la forza lavoro. «L’ultima rilevazione l’abbiamo fatta quest’estate, nel corso di una novantina di assemblee» conferma Pisetta «il risultato è impressionante: siamo di fronte al dimezzamento dei dipendenti». Dato confermato, seppur in modo parziale, dall’erogazione dei pasti alla mensa interaziendale di Albiano: da febbraio a settembre 2008 sono stati confezionati 6 mila pasti in meno rispetto al medesimo periodo dell’anno scorso. Dimezzamento dei dipendenti, ma non degli addetti. Sono infatti aumentati in nodo incontrollabile le cosiddette “partite Iva”, ossia gli autonomi che si spacciano per artigiani. Ma che tali non sono, trattandosi piuttosto di ex dipendenti “esternalizzati” o di extracomunitari che, ammazzandosi di lavoro, lavorano il tout venant, il materiale grezzo di cava, proprio quello che la legge proibisce di vendere a terzi per valorizzare il prodotto locale. «E assicurare l’occupazione almeno nella zona» puntualizza Bertolini «cosa che con i livelli raggiunti, non è più garantita». Le due tendenze - calo dei dipendenti, ma crescita parallela delle “partite Iva” - negherebbero, tuttavia, la crisi lamentata dalle imprese, argomentano i sindacati. Il lavoro «sia con la pietra trentina, sia» aggiungono «con quella estera, argentina o cinese» non manca, ma si tagliano i costi affidando a terzi la prima lavorazione. Con ciò che comporta come rispetto della sicurezza e della salute. «Insomma, sono molte le cose che sfuggono» dicono Pisetta e Bertolini insistendo a proporre un accordo con i Comuni proprietari delle cave, concessionari e sindacati per controllare la produzione e garantire il rispetto della legge. Questo il quadro sovrastante il rinnovo del contratto. Ieri all’incontro ha partecipato la delegazione industriale con il presidente Simone Caresia ed il vice presidente Marco Stenico. Prossimo incontro il 4 novembre. I sindacati chiedono più coordinamento Trentino — 16 ottobre 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. Ecco in sintesi le richieste sindacali per il rinnovo del contratto del porfido: informazioni sull’assetto del settore, con particolare attenzione all’attuale congiuntura economica, alle prospettive di mercato e dell’occupazione. In riferimento al nuovo Distretto del porfido si chiede di effettuare un’analisi sulle politiche di settore per la riorganizzazione industriale. - per salvaguardare ambiente, salute e sicurezza i sindacati chiedono di istituire il “ rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di ambito territoriale ”. - oggi esistono due commissioni paritetiche che dovrebbero essere unificate nell’ Ente paritetico di Distretto perché si occupi di aggiornare i dati relativi su aziende e lavoratori, premessa per istituire l’Osservatorio permanente del Distretto, e fornire agli operai i dispositivi di protezione individuale e gli indumenti di lavoro. - si chiede il consolidamento di una parte del premio di risultato nell’indennità di settore, nonché un premio di risultato a copertura dell’anno in corso e per i prossimi quattro anni a partire dal 2009. adeguamento dell’ indennità di trasporto non più aggiornata dal 1987. - aumento dell’ indennità sostitutiva di mensa per i lavoratori che risiedono al di fuori dei comuni di Albiano e Fornace, dove sono attive le mense interaziendali, e quei lavoratori che, per la distanza che separa la cava dalla mensa, non possono utilizzarla. Ieri non sono state affrontati i punti relativi al salario. Sui nodi più delicati come, per esempio, il rappresentante per la sicurezza, non sono state poste pregiudiziali. Porfido, nuovo Espo per uscire dalla crisi Trentino — 05 novembre 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA ALBIANO. E’ Massimo Odorizzi, 36 anni, il nuovo presidente dell’Espo, l’Ente di sviluppo del porfido. Lo ha eletto ieri sera il consiglio d’amministrazione assieme ai due vice presidenti David Casagranda ed Eros Gottardi. Inizia così la nuova fase di vita dell’ente che, istituito agli inizi degli anni Settanta, ha come compito la valorizzazione della pietra trentina. Non sarà un compito facile né per la crisi di mercato, né per antichi problemi della struttura produttiva. Qualcosa si muove nel mondo del porfido. Da una parte l’attivismo del neonato Coordinamento di distretto guidato da Mariano Gianotti, dall’altra la volontà dell’Espo di «rinnovarsi». Il primo sta partorire le prime direttive, il secondo ha ampliato la base associativa e scelto un team di giovani presidenti. «La nostra prima preoccupazione sarà di rafforzare il dialogo tra i soci per individuare regole condivise. E naturalmente di adoperarci al meglio per superare questa pesante crisi di mercato» ha detto Raffaele Odorizzi. Con l’elezione del vertice ieri s’è voluto dare un segnale di novità ad una base sociale che finalmente accoglie, oltre ai concessionari di cava divisi nelle 6 zone produttive, anche le altre componenti della “fabbrica” del porfido: trasformatori di inerti, trasformatori, commercianti e posatori. Ma, naturalmente, anche le novità rispettano le vecchie regole e perciò Odorizzi rappresenta la zona di Albiano, Casagranda i cavatori di Lona Lases ed Eros Gottardi i trasformatori. Se il rinnovato Espo non si perderà negli antichi bisticci, non mancheranno le occasioni per valorizzare una pietra dalle grandi qualità - 16 mila sino ad oggi i contatti con architetti e progettisti realizzati dall’ente - e che potrebbe essere privilegiata negli appalti pubblici secondo gli annunciati progetti del Distretto e la dichiarata disponibilità della Provincia. Questo il quadro, ma per dargli corpo sarà indispensabile che il nuovo team dell’Espo sappia muoversi con spirito innovatore, stringere relazioni e cogliere opportunità. La base oggi è più ampia e rappresentativa (una cinquantina di soci che potrebbero raddoppiare), il Coordinamento del distretto è già avviato assieme agli strumenti per sostenere ricerca e valorizzazione del prodotto. Resta da vedere cosa sapranno fare gli imprenditori. Il nuovo Distretto del porfido approva il piano operativo Trentino — 22 novembre 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. Via libera al primo programma di interventi del Distretto del porfido e della pietra. La proposta operativa presentata dal presidente Mariano Gianotti è stata approvata dall’assemblea ed ai primi di dicembre verrà redatta sotto forma di progetti - obiettivo con l’indicazione dei tempi, delle risorse e del responsabile. E’ un passo concreto per rendere operativo il Distretto che ancora attende l’individuazione del “soggetto idoneo” cui la legge affida il compito di realizzare le direttive dell’organismo. Tra gli obiettivi un accordo con gli enti locali perché utilizzino pietra trentina per i lavori pubblici. Porfido in difficoltà persi 100 posti di lavoro Trentino — 06 dicembre 2008 pagina 09 sezione: ECONOMIA TRENTO. Il vento della crisi soffia anche sul porfido, dove l’attività è ferma da una settimana per questioni meteorologiche. Solo nel 2008 si sono persi cento posti di lavoro, soprattutto in aziende sotto i 15 dipendenti. Ma dal 1993 la manodopera si è dimezzata passando da 1.780 lavoratori agli attuali 900. Non solo: secondo un’indagine della Filca Cisl 33 tra le principali imprese del settore stanno vivendo un momento di difficoltà: la redditività negli ultimi quattro anni si è ridotta passando dal 13,3% del 2004 al -1% del 2007. Il timore è che la prossima primavera, quando riapriranno le cave, altri lavoratori possano essere costretti a restarsene a casa. Solo gli interessi sul debito nei confronti delle banche, infatti, ammontano a 4 milioni di euro (raddoppiati rispetto al 2006) e gli utili complessivamente hanno evidenziato un -0,2% rispetto al +2% del 2004. Stefano Pisetta, segretario della Filca Cisl trentina: la crisi nel settore del porfido è conseguenza della crisi globale? “No, nel porfido non è una novità degli ultimi mesi. Questa situazione deriva soprattutto dal fatto che gli imprenditori non hanno avuto la lungimiranza, ma soprattutto la capacità, di mettere in atto scelte che guardassero al futuro”. Lo dimostra il fatto che la manodopera negli ultimi anni è calata drasticamente. “Esatto. Per non andare troppo indietro, dal 2002 abbiamo perso circa 400 posti di lavoro e nell’ultimo anno un centinaio. Sono cresciute le richieste di disoccupazione e mobilità, soprattutto da parte di stranieri, e siamo molto preoccupati per quando riprenderà l’attività in primavera, dopo il periodo di cassa integrazione, perché recentemente gli stessi rappresentanti degli imprenditori, in tutte le sedi, hanno annunciato ulteriori tagli”. Questo significa che anche le aziende non stanno vivendo un momento roseo . “Dall’analisi finanziaria dei bilanci degli ultimi quattro anni emergono segnali di difficoltà soprattutto per l’esposizione nei confronti del sistema bancario. Si è ridotta drasticamente la redditività passando dal +13,3% del 2004 al -1% dello scorso anno. In ogni caso, malgrado le difficoltà, le imprese sono riuscite a difendere i margini operativi”. In questa situazione difficile è diventato operativo il coordinamento del Distretto. Come sta andando? “Il tavolo, composto da 26 rappresentanti, ha molte difficoltà a fare sintesi. Sono convinto che il Distretto, pur mancando di agilità, possa far bene, ma non può certo risolvere i problemi prioritari. Inoltre è indispensabile istituire un Osservatorio che sappia monitorare lo stato di salute del settore”. Quali sono i problemi prioritari? “Gli imprenditori devono fare dei corsi di formazione, perché i lavoratori non possono sempre pagare la loro inadeguatezza nel gestire una risorsa così importante. Ed anche i Comuni devono fare la loro parte”. Infine, è ancora aperto il discorso del rinnovo del contratto. “La trattativa è ferma. La riprenderemo a gennaio per arrivare ad un risultato positivo a marzo 2009”. (j.t.)