L’antico Oratorio dei Santi Nazario e Celso a Sturla, una riscoperta di Antonetta de Robertis LUOGHI D’ARTE La venerazione per i Santi Nazario e Celso ha, a Genova, origine antiche e leggendarie ma, attraverso, le narrazioni agiografiche si possono intravedere le tracce di una realtà storica che ha portato alla diffusione del culto dei due Santi ‘milanesi’ in molte zone della Liguria1. 17 LUOGHI D’ARTE ASPETTANDO IL 2004 Per Genova, capitale europea della cultura, La Casana propone ai suoi lettori la riscoperta di alcuni tesori artistici della città, meno conosciuti, a volte un po’ nascosti, ma ugualmente testimoni della ricchezza culturale della “Superba”. 18 O ccorre in primo luogo notare come quasi tutti i documenti che verranno di seguito analizzati, citino la chiesa di Sturla col solo titolo di S. Celso, anche gli elenchi ufficiali redatti in curia; le uniche eccezioni sono la concessione del 1516 e il testo del Bossio del 1582. Si potrebbe pensare a una contrazione di uso comune dovuta alla coesistenza di una chiesa con lo stesso titolo sempre nel territorio della pieve di Albaro, la chiesa di S. Nazaro. L’ipotesi potrebbe trovare conferma in un rogito del 1244-1245 nel quale, fra i testimoni, compare l’arciprete di S. Martino di Albaro che ricorda il caso di una parrocchiana di S. Nazaro di Albaro che volle essere seppellita nella chiesa di S. Celso, distinguendo in questo modo nettamente le due cappelle2. La pieve di S. Martino era la prima che si incontrava a oriente di Genova, aveva due sole chiese suffraganee: quella di S. Fruttuoso di Bisagno e quella di S. Celso di Sturla, che è l’unica della zona a comparire nei documenti dei secc. XII-XIV. La prima citazione risale, secondo il Ferretto al 11843 e ricorda non solo l’esistenza della chiesa ma anche del cimitero. In realtà il testamento di Anselmo Burone, citato dal Ferretto nel 1907, è riportato con data e attribuzione errata: esso compare negli atti del notaio Oberto Scriba da Mercato, datati 1190 e pubblicati nel 19384. Il cartulario contiene non solo il testamento di Anselmo Burone (o Buxono) redatto il 10 agosto, ma anche un contratto precedente di qualche mese (27 marzo) che tratta di una costruzione da effettuarsi nei pressi della chiesa di S. Celso. La differenza di pochi anni della documentazione scritta non cambia la sostanza del vissuto della chiesa di Sturla che risale probabilmente a epoca romanica, ma della quale risulta assolutamente impossibile stabilire il momento della fondazione. Sporadiche notizie si hanno nei secoli successivi quando la posizione economica della parrocchia non sembra essere però delle più floride. Dalle fonti dei secoli XIII e XIV si rilevano informazioni che potrebbero essere interpretate in tale chiave. Il primo accenno si desume da una lettera papale ricordata in un atto del 1250; dal testo sembrerebbe che il pontefice Innocenzo IV chieda al prevosto di S. Nazaro e Celso di Genova, Corrado, di procurare un beneficio al ministro di S. Celso di Sturla, prete Conforto, i cui redditi annui non superavano le 10 lire5. Forse le disposizioni papali vanno a buon fine poichè il 26 luglio del 1264 il rettore della chiesa stessa loca una terra6 e, pochi mesi, prima Murrino Malocello lascia alla chiesa di S. Celso 40 soldi per i paramenti7. Tuttavia la parrocchia resta una delle più povere del territorio come dimostrano i documenti trecenteschi inerenti le chiese genovesi del 13118, del 13609 e del 138710: S. Celso di Sturla vi compare come suffraganea della pieve di Albaro e versa il censo più basso. Nel 1391 la situazione potrebbe In queste foto-documento della Soprintendenza gli affreschi così come si presentavano nel 1939, dopo interventi di restauro. LUOGHI D’ARTE essere migliorata poichè il rettore Giovanni di Bagnara fa restaurare la chiesa11. Durante il XV secolo una serie di avvenimenti coinvolgono quattro chiese della zona: S. Celso, la SS. Annunziata di Sturla, S. Rocco di Borgoratti e la pieve di S. Martino, alla quale, nel 1406, passa la funzione parrocchiale mentre S. Celso diventa commenda con il giuspatronato degli Spinola. Nel 1436, l’antica chiesa, divenuta un romitorio, ospitava un solo eremita. Al 1434 risale la fondazione, in una zona molto prossima, della chiesa canonicale della SS. Annunziata di Sturla che, probabilmente, riceve parte dei beni di S. Celso, ma non il titolo di parrocchia che avrà solo nel 1891. La nascita della nuova istituzione ecclesiastica pare comunque legata al vissuto dell’antica parrocchia poichè uno dei fondatori, Pietro Micichero, risulta cappellano di S. Ambrogio e di S. Celso12, che è ancora citata come chiesa nel 1448, in un contratto relativo alla canonica dell’Annunziata13. Venti anni dopo, nella zona a monte della marina di Sturla viene fondata la chiesa di S. Rocco di Vernazza o Serreto, il cui territorio dipendeva anch’esso dalla pieve di S. Martino di Albaro. In un atto notarile del 146814 sono citati i termini della donazione del patrizio Agostino Salvago che concede una terra e una casa per la costruzione di una “capella seu oratorio”, dedicata ai SS. Sebastiano e Rocco, nel territorio della chiesa di S. Martino de Irchis (Albaro) nel luogo detto Serreto. I termini dell’accordo implicano il consenso dell’arciprete della chiesa di S. Martino, Pelegro de Sereto, e l’impegno, insieme con i parrocchiani, a farvi celebrare la messa. La clausola finale prevede però che presso la cappella non si possa costruire nessuna abitazione e che nessun prete o religioso possa abitarvi; inoltre elemosine o emolumenti spetteranno all’arciprete di S. Martino. La chiesa e l’oratorio esistono ma di fatto non hanno un ruolo importante per gli abitanti della zona poichè solo 13 anni dopo, nel 1481, S. Celso è citata come oratorio col titolo di S. Celso e S. Rocco15. Sarebbe questa la prima notizia relativa alla trasformazione della chiesa dei SS. Nazario e Celso in oratorio. La conferma viene da un documento del 1516 quando il vescovo vicario di Genova, Lorenzo Fieschi concede il permesso alla ricostruzione dell’oratorio di S. Rocco 16. L’atto è inserito fra quelli riguardanti la pieve di Albaro, le parti in causa sono da una parte il ve19 LUOGHI D’ARTE La Cattura di Cristo (secoli XVI-XVII), intero e particolare. 20 scovo Lorenzo Fieschi, che rappresenta l’arcipretura di S. Martino di Albaro, dall’altra parte i rappresentanti dei disciplinanti della “domus sive casatia dei S. Nazari et Celsi de Irchis sub vocabulo S. Rochi”. Nel testo si afferma che da molti anni i disciplinanti hanno la loro sede nella chiesa dei SS. Nazario e Celso sita nei confini parrocchiali di S. Martino. La detta domus o casatia è al presente in stato di rovina per la sua vetustà e per ripararla occorre una notevole quantità di denaro da procurare con le dovute garanzie. Il vescovo concede il permesso di riparare e riedificare la nuova sede per l’uso dei disciplinanti affinchè si accresca il culto divino; concede anche che possano tenere e usufruire della nuova sede e che nessuno possa interferire ma chiede che vi si celebri la messa e che il celebrante sia pagato secondo le convenzioni. La situazione, che sembra ora stabilizzata, persisterà fin verso la fine del ‘500. La conferma viene dalla visita apostolica di mons. Bossio che cita l’oratorio e ne ordina il rifacimento dell’altare e la riforma dei libri17. A partire da un momento imprecisato, precedente al 1481 l’ex-chiesa dei SS. Nazario e Celso è un oratorio, probabilmente organizzato in forma di casaccia, come sembra risultare sia dal documento del 1516, sia da quanto emerge da un altro documento datato 159418. Si tratta di un atto notarile nel cui testo è detto che l’oratorio di S. Rocco, inizialmente con sede presso la cappella omonima di Sereto (quella voluta nel 1468 da Agostino Salvago), trasferitosi poi nella chiesa di S. Celso della marina di Sturla, torna a stabilirsi presso la chiesa di S. Rocco di Vernazza, dove da quel momento avrà sede un cappellano che dica la messa e “tenga scola per insegnare alli figliuoli.....non potendo il curato di S. Martino mantenere un capellano essendo povero religioso”. I parrocchiani si impegnano a occuparsi dell’oratorio perchè evidentemente è decaduto il divieto del 1468, voluto dall’arciprete di S. Martino, che impediva a qualunque religioso di avere la residenza presso la cappella. Da questo momento in S. Celso rimase una confraternita sotto il titolo di S. Nazario e Celso appartenente alle antiche casacce dei disciplinanti mentre la confraternita di S. Rocco, che vi era ospitata in via ‘provvisoria’ torna a stabilirsi in quella che era la sua sede originale. Nel 1638, nel territorio di Sturla, è attestata l’esistenza dell’oratorio, un tempo parrocchia19 mentre, curiosamente, compare ancora come chiesa dei SS. Nazario e Celso, nel manoscritto dell’Accinelli20. La documentazione storiografica del 1799 è quella relativa ai censimenti indetti dalla Repubblica Ligure. A questa data l’oratorio è dedicato ai Santi Rocco, Nazario e Celso ed è do- LUOGHI D’ARTE tato di un numero discreto di arredi per le funzioni e per le processioni e di paramenti per il sacerdote e i confratelli; vi sono tre altari ma non si citano le pale d’altare né gli affreschi o la cassa processionale, unica eccezione sono due statue di S. Rocco21. La documentazione d’archivio, fin qui reperita, non reca alcun accenno alle opere d’arte presenti nell’Oratorio. Nel 188622 risultano ancora in sito nell’oratorio, tre altari di marmo “tutti in capo in gran disagio”, uno dei quali con l’ancona dei SS. Nazario e Celso e S. Rocco, sovrastato dalla data 159423. Vi era poi un’orchestra in legno di noce in controfacciata una statua in marmo della Vergine. In un affresco della volta era raffigurata l’Immacolata fra i SS. Nazario e Celso24. Lo stesso gruppo compariva sulla cassa processionale, genericamente attribuita al Maragliano ma probabilmente opera dello scultore maraglianesco Agostino Storace25. Il Novella (secondo e terzo decennio del ‘900) dice che l’oratorio era quasi abbandonato ma vi erano ancora i tre altari26 ed era di proprietà della curia dalla quale fu venduto nel 1936 alla famiglia Galeppini. La prima documentazione concernente gli affreschi è conservata presso l’Archivio della Soprintendenza27. La riscoperta avviene nel dicembre 1938 a seguito del crollo di parte della volta a incannucciato. Il sopralluogo effettuato dall’architetto Ceschi, oltre a constatare l’avvenuto dissesto delle coperture con affreschi di fine settecento, porta al riscoperta di un grande affresco cinquecentesco “tutto picconato” e di altri dipinti in discrete condizioni28. Gli affreschi sono fotografati dopo i restauri del 1939 e l’analisi di tale documentazione iconografica è preziosa per meglio comprendere la successione cronologica dei diversi strati, infatti, pur essendo pesantemente ritoccate dagli interventi di restauro, le scene erano allora meglio leggibili. Altrettanto interessante è la relazione di un sopralluogo effettuato dal Torriti nel 1967: lo studioso parla di affreschi con storie dei SS. Sebastiano, Monica e Giacomo, della Crocifissione sovrastante nello “stile del Fasolo”, di una Passione della parete nord sempre in stile fasolesco e di un ciclo della fine del ‘500 di un pittore manierista che conosce i pittori toscani29. Attualmente l’oratorio è un aula a vano unico, piuttosto allungata e terminante in un’abside poligonale. I muri a intonaco non permettono di individuare eventuali resti di murature medievali che potrebbero permanere nella parete nord al di sotto degli strati di affreschi trecenteschi. La ricostruzione, assegnabile agli anni successivi al 1516, è stata effettivamente parziale poichè ha mantenuto parte dei muri antichi, ricoprendo gli affreschi precedenti. All’interno sono tuttora esistenti, non in buono stato di conservazio- 21 LUOGHI D’ARTE L’Orazione nell’orto (secoli XVI-XVII). 22 ne, i resti di sei (!) strati ad affresco. Alcune parti sono molto deteriorate e quasi illeggibili, aiuta in questo senso la documentazione fotografica degli anni trenta alla quale si è fatto riferimento. I frammenti che, a una lettura degli strati di intonaco, sembrano i più antichi sono pertinenti all’edificio in quanto chiesa parrocchiale. Si tratta di lacerti dipinti che compaiono sulla parete Nord e sul muro di controfacciata a due diverse altezze - quasi a delimitare dei campi figurati - con motivi losanghe bianche e rosse. Analoghe geometrie ornamentali sono visibili nella Sala dei Mesi del chiostro di S. Lorenzo30. Lo strato successivo sembra essere quello corrispondente a un brandello sulla parete sinistra che mostra le figure acefale, di tre Santi, uno dei quali forse S. Francesco. Lo stile e la tecnica pittorica fanno pensare a una datazione piuttosto alta da porre, con le dovute cautele, al XIV secolo. Forse in un momento successivo all’attività di Manfredino da Pistoia documentato a Genova dal 129231. Nella parte alta della controfacciata, immediatamente sotto le falde del tetto, vi sono i resti, molto deteriorati, di una Crocifissione che sembra essere lo strato cronologicamente successivo. La scena era meglio leggibilie nel 1939 quando venne pesantemente ridipinta e presenta una curiosa anomalia: l’episodio con i soldati che giocano a dadi la tunica di Cristo è posta sulla nostra sinistra (destra di Cristo) anzichè a destra come più comune nell’iconografia della Crocifissione. La disposizione spaziata delle figure e quel poco che si intravede della composizione potrebbero suggerire un richiamo alle atmosfere di Nicolò Corso, pur condotte con mano decisamente incerta32. La zona inferiore della controfacciata e il muro di Nord immediatamente adiacente, costituiscono il supporto di alcune scene risalenti alla prima metà del XVI sec. Si riconoscono i resti di tre figure di Santi: Rocco, Sebastiano e una santa monaca (forse S. Chiara) e due momenti della Passione di Cristo: Cristo deriso e la Flagellazione, disposte alle estremità laterali. Le scene sono divise da paraste che sorreggono una trabeazione, lo sfondo era costituito da una transenna a finto marmo che crea un effetto di loggia aperta su un paesaggio. Paraste e trabeazione hanno motivi a candelabre, teste inserite in oculi, girali vegetali e grottesche. I motivi ornamentali a grottesche e candelabre sono largamente diffusi nella pittura e scultura fra Quattro e Cinquecento ma per quanto riguarda il territorio di Sturla un confronto immediato è ancora una volta l’articolata ornamentazione nel complesso del monastero di S. Gerolamo di Quarto eseguita da Nicolò Corso fra il 1489 e il 150333. All’opera di Nicolò LUOGHI D’ARTE Corso guardano anche, probabilmente, gli anonimi autori degli affreschi della controfacciata: si veda il fregio a girali e oculi con teste di Santi che riprende, con mano meno felice, l’analogo motivo dipinto nel refettorio del convento olivetano e le decorazioni delle finte paraste a candelabra ancora visibili nel chiostro piccolo. I medesimi ornati ricompaiono sulla parete Nord dove si intravedono i resti di una scena della Salita al Calvario con Cristo caduto. Lo stato attuale non permette nessuna attribuzione ma le fotografie del 1939 fanno pensare che non si tratti della stessa mano che ha eseguito i dipinti della controfacciata e rimandano allo stile di Lorenzo Fasolo e Teramo Piaggio34. Gli affreschi più recenti compongono un vero ciclo e sono anch’essi di anonima attribuzione ma di grande interesse per i riferimenti culturali che vi si riconoscono. Attualmente si leggono tre scene relative alla Passione di Cristo: l’Orazione nell’orto, la Cattura di Cristo, Cristo davanti a Pilato; un frammento molto deteriorato è riconoscibile dalle vecchie fotografie come il resto di una Lavanda dei piedi. Una scena di più piccole dimensioni, posta sopra a una nicchia è, per il momento, ancora non identificata. Ogni episodio è racchiuso da cornici classicheggianti e da erme dipinte rappresentate di profilo, che ricordano i motivi a stucco delle finestre cinquecentesche. L’anonimo artista ripropone composizioni ormai affermate nella cultura manierista genovese; si veda l’Orazione nell’orto dove si riconosce la distribuzione delle figure dipinte da Perin del Vaga su una tavoletta, con la stessa scena, ora a Brera35. Anche gli altri episodi sembrano avere come lontano riferimento la stessa fonte iconografica, ma si differenziano per elementi non secondari che rimandano agli artisti del panorama pittorico locale della seconda metà del ‘500. La Cattura di Cristo si presenta, nell’impostazione e nei dettagli, molto simile a un disegno di G. B. Castello per i dipinti della cappella di Anton Maria Grimaldi in S. Francesco di Castelletto36. Nel numero dei confronti possibili si può considerare, dal punto di vista stilistico, un dipinto proveniente dallo scomparso oratorio di S. Giacomo delle Fucine. La grande tela rappresenta S. Giacomo che sulla via del martirio converte Iosia ed è attribuita dubitativamente a Orazio Cambiaso 37, figura ancora poco nota alla quale, recentemente, Boggero ha assegnato una serie di piccoli dipinti con episodi della Passione per la chiesa di S. Agostino di Loano38. Analogie stilistiche e compositive si riconoscono anche nel ciclo di Lazzaro Tavarone per l’Oratorio dei SS. Nazario e Celso di Multedo e in particolare Veduta aerea della marina di Sturla, dove è visibile in basso a sinistra, tra i palazzi moderni, il tetto dell’Oratorio. 23 LUOGHI D’ARTE l’episodio con i SS. Nazario e Celso davanti al giudice in cui le figure sono distribuite in modo analogo al Cristo davanti a Pilato dell’oratorio di Sturla. Sulla base di confronti e affinità puramente stilistiche si potrebbe attribuire il ciclo dell’Oratorio di Sturla, alla fine del XVI secolo o agli inizi di quello successivo quando l’antica chiesa di S. Celso era ormai diventata un oratorio e a tale funzione si collega probabilmente la scelta dei soggetti: le scene della Passione di Cristo, quale narrazione devota e oggetto di meditazione per i confratelli, sono infatti presenti anche in altri oratori genovesi come nella vicina località di S. Desiderio l’oratorio dedicato a S. Giacomo, ma anche nel più prestigioso oratorio di S. Maria Assunta di Coronata39, e in quello distrutto di S. Ambrogio di Genova dove furono eseguite dal Tavarone40. In quest’ultimo alle storie della Martirio di Cristo si affiancano episodi della vita del Santo titolare, un accostamento anche questo non inusuale nell’ambito della committenza delle Confraternite. L’anonimo autore degli affreschi di SS. Nazario e Celso di Sturla deve aver conosciuto alcune delle opere qui citate e averne riprodotto gli elementi che meglio si addicevano alle sue capacità espressive che pur se non di altissimo livello hanno comunque lasciato un altro tassello figurativo nel vasto patrimonio artistico delle Confraternite genovesi. Cultura artistica nella quale si intravedono correnti di conoscenze, intersezioni e scambi oltremodo complessi e non ancora del tutto chiariti. Note * La ‘riscoperta’ dell’Oratorio dei SS. Nazario e Celso di Sturla è avvenuta nell’ambito di un lavoro di ricognizione e valorizzazione dei beni culturali del levante attuato con la collaborazione e la sponsorizzazione della Circoscrizione IX Levante. L’Oratorio è attualmente di proprietà dell’Associazione I Ricostruttori ai quali si deve l’intervento di restauro che ne ha permesso l’agibilità. Ho qui il piacere di ringraziare i dirigenti della Circoscrizione IX Levante, avv. Calisi, sig. Vergani, dott. Canavese, gli attuali proprietari nella persona del sig. Zappalà e, in particolare, la prof. Laura Bisio per la costante disponibilità e amicizia. 1 Si ricordano qui: SS. Nazario e Celso al molo, ora S. Maria delle Grazie, S. Nazario di Albaro ora scomparsa, SS. Nazario e Celso di Multedo (attuale oratorio), SS. Nazario e Celso ad Arenzano e a Varazze. La tradizione leggendaria di Nazario e Celso primi evangelizzatori di Genova compare in molti autori antichi, fra i primi Jacopo da Varagine darà, nella sua Cronica Civitatis Ianuensis, la narrazione tratta dal Sermo dello pseudo Ambrogio del V sec., soffermandosi in particolare sul soggiorno dei due Santi in Liguria. Una panoramica completa della fortuna delle vicende di Nazario e Celso è in Gaggero A. G., Nazario e Celso antesignani della fede a Genova, Genova, 1967. Le questioni relative alla nascita delle leggende sui due Santi si trova in Bibliotheca Sanctorum, Roma, 1967, vol. IX, c. 780-84. 2 Le carte del Monastero di S. Siro di Genova (1225-1253), vol. II a cura di S. Macchiavello e M. Traino, Genova, 1997, p. 200. Esiste però, fra i Santi ufficiali della Chiesa, un S. Celso che fu vescovo di Vercelli e morì nel 665 (Bibliotheca Sanctorum, 1963, vol. III, c. 1121-23). Sembra che si mantenne sempre fedele all’ortodossia contro lo Scisma dei 3 capitoli ma non è possibile vedere un nesso fra una figura nota in ambito molto limitato e la chiesa della marina di Sturla. Tracce della devozione verso il solo S. Celso sono rintracciabili in Genova: gli statuti settecenteschi dell’Oratorio del Suffragio, indicano fra i santi protettori della Confraternita S. Giuliano e S. Celso. Lagomarsino, Chiese genovesi, 1793-1794, ASG, Ms. 550. 3 Ferretto, A., I primordi e lo sviluppo del cristianesimo in Liguria e in particolare a Genova, ASLi, XXXIX, 1907, p. 527; Remondini, A., M., Parrocchie dell’Archidiocesi di Genova. Notizie storico-ecclesiastiche, vol. II Genova, 1886, p. 48-49 4 Oberto Scriba de Mercato (1190), a cura di M Chiudano e R. Morozzo della Rocca, Genova, 1938, pp. 115, 240-41. (“...loco tuo supra ecclesia Sancti Celsi... magistri de arena Sturle”. “Volo sepelliri in cimiterio Sancti Celsi. Lego ecclesie Sancti Celsi locum meum de Terralba”). Originale in ASG, Notai antichi, N. 3. 5 Ferretto, op. cit. 1907, p. 527. Originale in ASG, Notai antichi, N. 27. L’intervento del papa potrebbe essere mirato non solo a sanare la poco florida situazione economica ma essere connotato anche dalla volontà di crea- 24 re (o consolidare) un rapporto di culto e di officiatura fra la chiesa suburbana di S. Celso di Sturla e quella di SS. Nazario e Celso nel cuore della città. 6 Ferretto, op. cit, 1907, p. 527. 7 Il testamento è del 23 maggio 1264 (Le carte, op. cit., 1997 vol. III, p. 16469). 8 Presb. Petrus min. ecclesie S. Celsi de Sturla: Syndicatus Ecclesiae Januensis MCCCXI , a cura di A. Remondini in Giornale Ligustico di Archeologia, Storia e Belle Arti, VI, 1879. 9 Registrum Talee omnium Ecclesiarum Januensis Diocesis, (1360) a cura di D. Cambiaso in Annuario Ecclesiastico per l’Archidiocesi di Genova, 1916. 10 Atto di riparto della tassa straordinaria imposta per ordine di Urbano VI sulle chiese e gli altri luoghi pii dell’Arcivescovado di Genova nel 1387, a cura di L. T. Belgrano in Illustrazione del Registro Arcivescovile in ASLi, II, 1 1863. 11 Novella, P., Parrocchie della grande Genova. Pubblicate nel periodico “La Settimana Religiosa” di Genova negli anni 1928-1935, Biblioteca di Storia dell’Arte, Ms., p. 261. 12 Ferretto, op. cit., 1927, p. 528; Novella, op. cit., 1928-1935, p. 261. Gli avvenimenti del XV secolo sono, al momento, non del tutto chiariti. Ciò si deve anche alla difficoltà di recuperare le fonti originali poichè non sempre sono indicate o il loro reperimento in archivio è complicato dai cambiamenti di collocazione. 13 Il Perasso ricorda un contratto del 17 marzo 1448, del notaio Andrea de Cairo, con il quale i canonici dell’Annunziata di Sturla stipulano un livello con Bernardo Bargone per una terra che confina da un lato con la chiesa di S. Celso (Perasso, N., Chiese ed opere pie di Genova, 1770, ASG, Ms. 846, c. 3). 14 Atto del notaio Andrea de Cairo, 29 giugno 1468, copia in Lagomarsino, op. cit, ASG, Ms. 558 15 Ferretto, op. cit., 1907, p. 528. 16 Not. Baldassarre de Coronata, 13, gennaio, 1516; copia in Perasso, op. cit., 1793-1794, ASG Ms. 555. 17 Liber visitationum et decretorum Illustr. Et Rev. D. Francisci Bossi visitatoris apostolici civitatis et diocesis Genuae anni 1582, in ASG Ms. 547, c. 605 18 Not. Pantaleo Carbone, ASG, Notai antichi filza 5425, 7 sett. 1594; Remondini, op. cit., 1886, p. 48; Novella, P., Gli Oratori di Genova, 1912, p. 64, Biblioteca di Storia dell’Arte, Ms. Una copia dello stesso manoscritto è stata recentemente pubblicata da G. Biavati che ha curato l’edizione critica. 19 Status Ecclesiae Ianuensis compositus anno MDCXXXVIII mandato Eminentissimi et Reverendissimi Domini D. Stephani, Duratii..., in ASCAG, Ms. 21, cc. 39. 20 Accinelli, F. M., Stato presente della Metropolitana di Genova e di tutte le Parrocchie, 1768, in ASCG, Ms. 1138, c. 177. L’autore cita, inoltre due ora- tori dei disciplinanti dedicati a S. Rocco, uno a Sturla e uno a Vernazza. Nella cartina allegata al testo (tipo IV, c. 261) sono indicate le chiese della zona – ma non gli oratori – e fra queste la chiesa di S. Celso. 21 ASG, Rep. Lig., Fz. 202. 22 Remondini, op. cit., 1886, p. 48-49. 23 il 1594 è l’anno in cui la confraternita di S. Rocco si stacca per tornare nella sede di Vernazza. Forse in quell’occasione si volle comunque edificare un altare per mantenere la devozione anche a S. Rocco. 24 Le fotografie eseguite al momento del crollo della copertura (vedi oltre) permettono di vedere parte dell’affresco che sembra stilisticamente vicino all’ambito del Ratti. 25 Le statue sono attualmente utilizzate nel primo altare a destra della chiesa dell’Annunziata. Franchini Guelfi, F., Le Casacce, arte e tradizione, Genova, 1973, p. 85. Lo scultore riprende le tipologie maraglianesche e gli schemi tardo barocchi ma con forme più “composte e raggelate” (Sanguineti, D., Da Giovanni Battista Santacroce ad Agostino Storace: problematiche ed ipotesi sulla scultura lignea in N. S. Della Consolazione, in Quaderni Franzoniani, VII, 2, 1994, p. 451-54). 26 Novella, op. cit., 1928-1935, p.261. 27 Archivio della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici della Liguria. 28 Si procede quindi alla conservazione in loco, con la costruzione di un portichetto di protezione, e a un primo fissaggio degli affreschi, a cura del restauratore Zanfrognini. Questi prosegue i lavori nell’aprile del 1939 quando arriva da Roma l’approvazione a quanto disposto dall’Ufficio per i monumenti della Liguria. A tale data la proprietaria, Elena Cipollini vedova Galeppini, si assume le spese per i restauri. A seguito di lavori non autorizzati, lo stabile viene sottoposto a vincolo il 30 settembre 1964. Seguiranno poi diversi passaggi di proprietà fino all’acquisto dell’associazione I Ricostruttori nel 1989. 29 Archivio della Soprintendenza ai Beni Artistici, Storici e Demoetnoantropoligici della Liguria. 30 Bozzo, G., La decorazione pittorica del chiostro dei canonici fra XII e XIII secolo, in La cattedrale di Genova nel medioevo, 1998, p. 207-12. Un altro frammento con una nave e oranti inginocchiati, documentato dalla campagna fotografica del 1939, è attualmente scomparso. Per la tecnica che delineava i contorni delle figure con un tratto spesso è proponibile un analogo confronto con il ciclo dei mesi nel chiostro di S. Lorenzo. La datazione situa gli affreschi del chiostro alla seconda metà del XIII sec. 31 Torriti, P., Interventi e suggestioni toscane tra Due e Trecento, in La pittura a Genova e in Liguria dalle origini al Cinquecento, Genova, 1987, p. 2736; Romano, G., Pittura del Duecento in Liguria, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano, 1986, p. 28-31. La figura di S. Francesco sembra abbia ancora il cappuccio a punta. LUOGHI D’ARTE Veduta della controfacciata e del muro adiacente. 32 Che la pittura di Nicolò possa essere stato un modello per gli artisti ‘locali’ non è impossibile dal momento che il monastero Olivetano di S. Gerolamo di Quarto era l’unica vera emergenza monumentale della zona, presso la quale operavano gli artisti più aggiornati. (Nicolò Corso un pittore per gli Olivetani, arte in Liguria alla fine del Quattrocento, a cura di G. Rotondi Terminiello, Genova, 1987, p. 91-102). L’ipotesi potrebbe avere indiretta conferma in una nota che compare nei manoscritti del Perasso, dove l’autore cita i dipinti eseguiti da Nicolò Corso nel refettorio del Convento di Quarto fra i quali un Calvario. Perasso, op. cit, vol. XII, c. 125. 33 Nicolò Corso, op. cit, 1987, p. 91-102; Algeri, G., De Floriani, A., La pittura in Liguria. Il Quattrocento, Genova, 1991, p. 395-409. 34 La posizione di Cristo e quello che resta della figura che lo precede, ricordano il dipinto di Raffaello detto lo “Spasimo di Sicilia”, noto a Genova attraverso copie e incisioni gia negli anni ’20-30 del XVI sec. (Raffaello e la cultura raffaellesca in Liguria, Genova, 1982, p. 148-151). 35 La tavoletta citata era probabilmente parte di una serie con la Via Crucis in parte nota ma dispersa in più sedi; Parma Armani, E., Perin del Vaga. L’anello mancante, Genova, 1986, p. 160-61, 309-11. 36 Nel 1562 il Bergamasco stipula con Anton Maria Grimaldi il contratto per la decorazione della cappella in S. Francesco di Castelletto. La tela con la cattura di Cristo, che è stata ritrovata nei depositi del Museo di S. Agostino, reca forse le tracce di una collaborazione fra il Castello e Luca Cambiaso che potrebbe essere l’autore delle due figure a destra. La pittura in Liguria. Il Cinquecento, a cura di E. Parma, Genova, 1999, p. 77. 37 Alizeri, F., Guida artistica per la città di Genova, Genova, 1846-47, II, p. 681; La Liguria delle Casacce. Devozione, arte, storia delle Confraternite liguri, a cura di F. Franchini Guelfi, Genova, 1982, p. 41-43. Orazio Cambiaso rientra a Genova dalla Spagna nel 1589. 38 Boggero, F., Il cantiere di S. Agostino e l’équipe di Giovanni Andrea Doria, in Giovanni Andrea Doria e Loano. La chiesa di S. Agostino, Loano, 1999, p. 67-68. L’esecuzione è situata nel 1591. L’episodio con Cristo davanti a Pilato ha la stessa impostazione dell’affresco di Sturla, pur essendo questo più arioso, certo a causa delle grandi dimensioni, e vi si riconosce lo stesso baldacchino a lambrecchini sopra la figura di Pilato. 39 Il ciclo della Passione di Coronata, del Badaracco, si data alla fine del ‘600 ma i recenti restauri hanno messo in luce resti di affreschi più antichi con scene del Martirio di Cristo “di un gusto analogo a quello del Tavarone nell’Oratorio di Multedo con riquadri incorniciati da quadrature aventi una valenza architettonica” (Bozzo, G., Oratorio di N. S. Assunta di Coronata. Considerazioni sull’architettura, la decorazione e i restauri, in Benozzi, P., Caminata, A., L’Oratorio di Coronata e la Confraternita del Gonfalone, Bologna, 1999, p. 176). 40 La pittura in Liguria, op. cit. 1999, p. 414. 25