I GIUSTI: DISOBBEDIENTI E COSTRUTTORI DI PACE ITCS R. Luxemburg Bologna Classi 4 Al Bl Cl Abbiamo pensato di riflettere ancora sui GIUSTI e siamo partiti da don Lorenzo Milani In quanto alla loro vita di giovani sovrani domani, non posso dire ai miei ragazzi che l'unico modo d'amare la legge è d'obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste (cioè quando sono la forza del debole). Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate. … Il soldato non deve obbedire quando l'atto comandato è manifestamente delittuoso. L'ordine deve avere un minimo d'apparenza di legittimità. Il Vostro ordinamento riconosce che perfino il soldato ha una coscienza e deve saperla usare quando è l'ora. Si deve avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l'obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni, che non credano di potersene far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l'unico responsabile di tutto. Don Lorenzo Milani Abbiamo quindi esaminato la storia di alcuni personaggi che hanno vissuto disobbedendo alle regole comuni, agli stereotipi del tempo; persone coraggiose che hanno saputo fare buon uso della propria responsabilità personale… FILIPPO CAVAZZA Nato nel 1886, nobile, possidente, docente all'università, autentico democratico, uomo profondamente religioso . Nel 1931 rifiutò di giurare, quale docente universitario e, pertanto, dovette «con dolore rinunziare a qualsiasi attività di insegnamento». Dopo l’8 settembre ‘43 entrò in contatto con gruppi attivi di antifascisti. Dichiarò che avrebbe lottato per la libertà di tutti gli italiani, per difendere i perseguitati e «per collaborare alla preparazione di un avvenire meno doloroso per il nostro paese e per i nostri figli». Aprì la sua casa di San Martino (Minerbio), accogliendo ebrei ed altri perseguitati, tra i quali Mario Finzi e Gian Giuseppe Palmieri. FRANCO CAVAZZA Figlio del Conte Filippo, nato nel 1915, andò al massacro» in Albania, «senza voler portare un'arma» per non fare «mai male ad alcuno» e, partendo, gli aveva lasciato scritto: «Se dovrò lasciarci la pelle, sappiano quei luridi individui (Hitler e Mussolini) che non sarà mai per la loro ambizione, né per le loro ideologie infette». GIAN GIUSEPPE PALMIERI Nato nel 1892, ordinario di Radiologia all'università di Bologna e Direttore dell'Istituto del radio dell'ospedale S. Orsola. Concertò, insieme ad altri, il piano per salvare il radio, prima che fosse trafugato dai tedeschi. Entrò in clandestinità. La moglie, la vecchia madre e le figlie trovarono rifugio nel castello di Filippo Cavazza, a S. Martino dei Manzòli, vicino a Minerbio. Dopo aver prestato servizio come medico, sulla linea del fronte appenninico, rientrò a Bologna nell’aprile del ‘45. GIOVANNI BATTISTA PALMIERI Figlio di Gian Giuseppe, nato nel 1921, quando fu chiamato alle armi dalla Repubblica Sociale, nel 1944, non si presentò e venne dichiarato disertore. Entrò a far parte del servizio sanitario di una brigata partigiana. La mattina del 28 settembre del ’44, dopo un lungo e duro combattimento, quando fu invitato a lasciare la posizione per mettersi in salvo, rispose: «Il mio combattimento è qui, fra i miei feriti e io non li abbandono fintanto che ne vedo uno respirare». I tedeschi lo catturarono. Alcuni giorni dopo il suo cadavere fu trovato in un bosco. MARIO FINZI Diplomato in pianoforte, laureato in legge, nel 1937 entrò in magistratura, ma, l'anno dopo, fu costretto a lasciarla a causa della legislazione razziale, essendo ebreo. Nel 1940 entrò a far parte della DELASEM (Delegazione assistenza emigrati ebrei) e si dedicò interamente all'opera di assistenza degli ebrei che fuggivano dai paesi europei travolti dalla guerra e che cercavano rifugio in Italia. Nel 1943 fu arrestato, ma riebbe la libertà quando cadde la dittatura. Dopo l'8 settembre 1943 riprese l'attività di assistenza agli ebrei che venivano braccati. Fornì loro documenti falsi per l'espatrio, inviò altri ebrei a Firenze dove erano ospitati in alcuni conventi, con l'aiuto di sacerdoti suoi amici. Arrestato il 31 marzo ‘44, fu mandato al campo di concentramento di Fossoli. In giugno fu trasferito in altri campi, prima a Birkenau e, infine, ad Auschwitz dove scomparve. IL DESTINO Il destino di queste persone si incrociò a San Martino di Minerbio, presso il castello del Conte Filippo Cavazza che ospitò alcuni di loro o le loro famiglie. Il mio papà era radiologo. Dopo l’8 settembre ’43 i tedeschi si consideravano padroni in casa nostra e prendevano tutto ciò che gli serviva. Il radio era un materiale pericolosissimo, ecco perché il mio papà si accordò per nasconderlo, i tedeschi ne avevano già preso la metà… Essendo un atto di sabotaggio il mio papà dovette scappare e, fuggendo lui, dovette nascondere tutta la famiglia. Noi donne fummo ospitate dal Conte Cavazza. Mio fratello era già da tempo in collegamento coi partigiani e andò in montagna. Fu ucciso a 22 anni. Pina Palmieri Il Conte Cavazza e gli altri erano persone che combattevano per un ideale alto di Patria, di Giustizia; combattevano per la Giustizia, non si facevano giustizia. Pina Palmieri C’era un ponte levatoio da cui si accedeva al giardino, immenso, con dei platani. Poi c’era un grande cortile, contornato da un portico a cui si affacciavano, al primo piano, le porte da cui si accedeva a piccoli appartamenti o camere. Il Conte abitava di fianco al castello, il quale era piuttosto grande ed era tutto pieno di sfollati, buona parte dei quali era gente nascosta. Uno di questi era Mario Finzi, ma poi c’erano altre persone. I Finzi si vedevano pochissimo, erano quasi prigionieri. Era meglio sapere poco di loro. Non c’erano momenti comunitari, era pericoloso ed era meglio non sapere nulla dei vicini. Si correva il rischio di comunicarsi cose che era meglio non dire. Pina Palmieri Sicuramente c’erano altri ebrei, due o tre famiglie che io ho conosciuto appena. I nomi non li ricordo anche perché eravamo chiamati con un cognome diverso dal nostro. Eravamo nell'autunno 1943; la mia vecchia casa era gremita di ospiti fuggiti dalla città per i bombardamenti, o dalla loro casa perché la loro libertà e la loro vita erano in pericolo. Erano fra questi ultimi il Dott. Mario Finzi con il suo babbo, professore di lettere, la mamma e la nonna. Per sei mesi, gli ultimi della sua vita libera, Mario Finzi mi fu compagno nelle ansie e nelle speranze; mi fu di conforto e di stimolo, di aiuto e di esempio. Filippo Cavazza Il carattere fondamentale di Mario Finzi era quello dell'amore per l'umanità sofferente, fuori e sopra ogni concezione di parte o di gruppo; ignorava la paura, sentiva profondamente, e, quasi spiritualmente, l'amicizia. Filippo Cavazza La sua attività era tutta tesa al dovere che gli era dettato dal suo spirito: aiutare i perseguitati, alleviare le sofferenze, preparare le fughe, organizzare emigrazioni clandestine. Mario Finzi partiva, quasi ogni mattina, per la città e si faceva in bicicletta venti chilometri di andata e venti di ritorno, fra le pattuglie di guardie nazionali repubblicane e di tedeschi, senza neppure pensare a scansarle, forse quasi senza vederle, tanto era teso al fine che si era prefisso e ansioso di raggiungerlo. Filippo Cavazza Mio padre trattava Mario come un figlio. Una volta gli disse che sapeva che, oltre ad aiutare la gente, andava ai concerti. Gli disse. “Noi ti vogliamo un gran bene, ma devi sapere che siamo in una situazione pericolosa”. Eravamo in tante persone. Quando Mario fu arrestato io ero sola, mio padre era partito per Arezzo per aiutare dei parenti; sentivo la responsabilità per tutti, ma soprattutto per quelli che avevano sofferto di più. Flavia Cavazza Chi resiste al Male non è un temerario o uno sciocco, perché quello che veramente gli preme è viver bene ogni momento e ogni pensiero e non la durata della vita. Mario Finzi Venne un signore del Comitato di liberazione. Mi ricordo benissimo la scena. Mi disse che, avendo arrestato Mario, ero molto in pericolo e non avrei dovuto tenere i suoi genitori. Ma neanche lui sapeva dove metterli. Io risposi che sapevo da me che era pericoloso, ma dove potevo mandarli in quelle condizioni? Rimasi veramente di stucco. Flavia Cavazza I Cavazza erano persone meravigliose che si esponevano a grandi rischi. Era gente cordialissima, affettuosa, ospitale. Il Conte era molto noto per la sua rettitudine, era un galantuomo. La mia amicizia con Flavia Cavazza, sua figlia, proseguì oltre la fine della guerra. Pina Palmieri Abbiamo avuto la fortuna di intervistare la Signora Pina Palmieri che ci ha parlato della sua esperienza. Come lei ci ha detto, dopo la guerra la vita non fu più la stessa… Molte cose erano cambiate, tante persone non c’erano più. Noi le siamo grate per avercelo raccontato. Poiché il passato è incorporato nella nostra realtà, la Memoria del Bene ci può aiutare a conoscere, e a riconoscere in noi, la possibilità di agire il Bene, usando la nostra responsabilità personale in modo originale, ovvero andando anche controcorrente, fino a “disobbedire”, qualora se ne ravvisasse la necessità, aprendoci alla Speranza per un futuro diverso e migliore. “Io pongo davanti a te la vita e il bene, la morte e il male… …Scegli dunque la vita”. Devarim - Deuteronomio