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REPUBBLICA ITALIANA N. 54/2011
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL VENETO
composta dai seguenti Magistrati :
dott. Davide Morgante
dott. Giuseppa Maneggio
dott. Elena Brandolini
Presidente
Consigliere
I° Referendario relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 26602 del registro di Segreteria, proposto dalla Procura
Regionale presso la Sezione Giurisdizionale per il Veneto nei confronti di
1) Agrirocca di Rech Emanuele & C. s.a.s. con sede in Riese Pio X, Fraz. Poggiana, via Bernardi n. 2,
P.I. 02210350266 in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Emanuele Rech; 2) Asolat di
Rech Emanuele& C. sas con sede legale in Riese Pio X (TV) Fraz. Poggiana, via Bernardi n. 2, P.I.
00199230269, in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Emanuele Rech; 3) Giglio srl con
sede legale in Riese Pio X, Via Montegrappa n. 64, P.I. 03644780268 in persona del legale
rappresentante pro tempore sig.ra Forato Laura; 4) Sinergie s.a.s. con sede legale in Foligno (PG) in via
La Louviere n. 2, P.I. 03223190269 in persona del legale rappresentante pro tempore sig. Emanuele
Rech; 5) Rech Emanuele nato ad Asolo (TV) il 6.6.1962 ed ivi residente in via Della Sega 21, C.F.
RCHMNL62H06A471F; 6) Forato Laura nata ad Asolo (TV) il 01.07.1965 ed ivi residente in via
Della Sega n. 21, C.F. FRTLRA65L41A471D, rappresentati e difesi dagli avv.ti Prof. Giorgio Orsoni e
Mariagrazia Romeo del Foro di Venezia e Piero Barolo del Foro di Treviso, con domicilio eletto presso
lo studio dei primi, in Venezia, Santa Croce n. 205, come da mandato in atti;
7) Forato srl con sede legale in Riese Pio X, via Montegrappa n. 64, P.I. 00199300260 in persona del
legale rappresentante pro tempore sig. Forato Giovanni; 8) Forato Giovanni nato ad Asolo (TV) il
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20.02.1932, ivi residente in via Palladio n. 19, C.F. FRTGNN32B20A471H; 9) Adami Adele nata a
Maser (TV) il 14.3.1936, residente ad Asolo (TV), via Palladio n. 19, C.F. DMADLA36C54F009I;
rappresentati e difesi dagli avv.ti Giorgio Massarotto e Otello Bigolin del Foro di Treviso con studio in
Castelfranco Veneto (TV), Piazza della Serenissima n. 20, elettivamente domiciliati in Noale (VE), via
della Bova n. 6, presso lo studio dell’avv. Alessandro Gallo, come da mandato in atti;
10) Colomberotto Ivo Giovanni, nato a Moriago della Battaglia (TV) il 18.08.1959 e residente ad
Asolo (TV) in via Belvedere 239, C.F. CLMVVN59M18F729B, rappresentato e difeso dagli avv.ti
Alberto Mascotto e Paola Maran del Foro di Treviso, ed elettivamente domiciliato a Mestre Venezia, in
via Antonio da Mestre n. 19, presso lo studio dell’avv. Stefano Faccin come da mandato in atti;
11) Petris Adriano, nato a Sauris (UD) il 28.05.1946 ed ivi residente, Fraz. Sauris di Sopra n. 49/A,
rappresentato e difeso dall’avv. Giacomino Di Doi del Foro di Tolmezzo, ed elettivamente domiciliato
presso lo studio di questi in Tolmezzo (UD), via Roma 32, come da mandato in atti;
12) Bonora Dino, nato a Maser (TV) il 23.10.1956 e residente in Socchieve (UD) – Fraz.Priuso, via G.
Marconi 12; 13) Rasera Renata, nata a Cornuda (TV), il 26.10.1958 e residente in Socchieve (UD)
Fraz.Priuso, via G. Marconi 12; 14) Pontini Luigi, nato a Montebelluna (TV) il 20.03.1954 ed ivi
residente in via 18 Giugno n. 83, non costituiti in giudizio;
Visto l’atto di citazione del 18 dicembre 2009, depositato presso la Segreteria di questa Sezione
Giurisdizionale il 19 dicembre 2009;
Esaminati gli atti ed i documenti di causa;
Uditi nella pubblica udienza del 20 ottobre 2010 il magistrato relatore, Primo Referendario dott.ssa
Elena Brandolini, il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale dott. Alberto
Mingarelli, gli avv.ti: Prof. Giorgio Orsoni, Mariagrazia Romeo, Otello Bigolin, Giacomino Di Doi,
Marika Gatti, su delega degli avv.ti Alberto Mascotto e Paolo Maran, per i ricorrenti;
Considerato in
FATTO
Con atto di citazione depositato il 21 dicembre 2009, e ritualmente notificato, la Procura Regionale
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della Corte dei conti del Veneto citava in giudizio le società: Agrirocca di Rech Emanuele & C.
S.A.S., Asolat di Rech & C. sas, Forato srl e Giglio srl; nonchè RECH Emanuele, FORATO
Laura, FORATO Giovanni, ADAMI Adele, COLOMBEROTTO Ivo Giovanni, BONORA
Dino, RASERA Renata, PETRIS Adriano e PONTINI Luigi per sentirli condannare al pagamento,
in favore dell’Erario della somma di euro 3.572.281,17, successivamente rideterminata in euro
3.613.644,41, quale danno pubblico derivante dalla illecita percezione dei premi dei bovini maschi ed
estensivizzazione, maggiorata di interessi e rivalutazione monetaria, o nel diverso e maggior danno
che il Collegio riterrà di giustizia.
L’Organo Requirente chiede in via principale la condanna con vincolo di solidarietà dei citati in
giudizio, ricorrendo in fattispecie l’elemento psicologico del dolo, a prescindere dal fatto che i
comportamenti posti in essere costituiscano anche ipotesi di reato e, in via di subordine, laddove
diversamente il Collegio giudicante ritenesse la sussistenza del solo elemento della colpa grave nei
percipienti e procacciatori, la condanna con ripartizione dell’addebito nelle percentuali indicate
nell’atto di citazione (80% del danno a carico della società o ditta ed il restante 20% da ripartirsi, in
parti uguali tra gli intermediari) ed individuate in base alla percezione indebita di ciascuna ditta.
Nella prospettata ipotesi di vincolo solidale il P.M. precisa che la responsabilità riguarda in primo
luogo le società e le ditte beneficiarie delle indebite percezioni e cioè: Agrirocca di Rech & C. s.a.s,
Asolat di Rech & c. sas, Forato srl, Sinergie di Rech & C. sas, Giglio srl, Forato Giovanni e Rech
Emanuele e che la stessa riguardi anche le persone fisiche dei soci, amministratori e legali
rappresentanti delle medesime società. Queste ultime, secondo la prospettazione attorea, nel loro
insieme realizzano un vero e proprio gruppo in cui le società medesime, di fatto, sono solo degli
schermi variabili e strumentali: trattasi di ditte operanti nel settore dell’allevamento del bestiame e
legate a vario titolo al sig. Rech Emanuele che, di fatto, ne risulta essere l'amministratore, anche
laddove esse sono formalmente intestate a Forato Giovanni e Adami Adele - di lui suoceri - o a
Forato Laura - di lui coniuge. A riprova di tali collegamenti fra le varie ditte, osservava che il gruppo
fa capo sempre agli stessi personaggi cioè:
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-Rech Emanuele (socio accomandatario), Colomberotto Ivo Giovanni (socio accomandante) e Forato
Giovanni –suocero di Rech –(socio accomandante) per Agrirocca;
-Rech Emanuele (socio accomandatario), Forato Laura -moglie di Rech Emanuele e figlia di Forato
Giovanni- (socio accomandante), Forato Giovanni (socio accomandante), Colomberotto Ivo Giovanni
(socio accomandante), per Asolat;
-Forato Laura (amministratore unico) per Giglio srl;
-Rech Emanuele (socio accomandatario), Colomberotto Ivo Giovanni (socio accomandante) e Forato
Laura (socio accomandante) per Sinergie;
-Forato Giovanni, titolare firmatario per la Ditta Forato Giovanni;
-Adami Adele –moglie di Forato Giovanni – (amministratore unico), Forato Giovanni (socio) per la
Ditta Forato srl;
-Forato Laura (socio accomandatario), Rech Emanuele (socio accomandante) per Insieme sas di
Forato Laura;
-Rech Emanuele, titolare firmatario per la Ditta Rech Emanuele.
Sostiene il Procuratore che la responsabilità amministrativa solidare riguarda anche i procacciatori o
intermediari (in gran parte rinviati a giudizio nel processo penale), i quali, come da comunicazione
dei NAC e dalle motivazioni degli atti di rinvio a giudizio, sono intervenuti nella predisposizione di
quei contratti falsi, aventi una rilevante funzione nella realizzazione delle numerose truffe perpetrate
ai danni dei fondi della Comunità Europea, comprovanti l’acquisto (fittizio) da parte degli indebiti
beneficiari, oggi convenuti, della titolarità dei terreni, presupposto per la richiesta e l’ottenimento dei
premi di cui si discute, secondo la norma di settore. Precisava in merito che:
1.
per le truffe a favore di Agrirocca, anni dal 2000 al 2003, emergono con tale funzione: Bonora
Dino, Rasera Renata, Pontini Luigi Fontanelli Giovanni e Petris Adriano;
2.
per le truffe a favore di Asolat, anni dal 2000 al 2004, emergono quali intermediari: Rasera
Renata, Bonora Dino, Colomberotto Ivo Giovanni, Pontini Luigi e Fontanelli Giovanni;
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3.
per le truffe a favore di Forato srl: Rasera Renata;
4.
per le truffe a favore di Giglio srl: Bonora Dino e Rottin Antonio;
5.
per le truffe a favore di Insieme srl: Pontini Luigi e Rasera Renata;
6.
per le truffe a favore di Sinergia e della Ditta Rech Emanuele: Bonora Dino.
Venivano, pertanto, invitati a dedurre (per taluni soggetti unitamente alla comunicazione del
sequestro conservativo di beni nel frattempo disposto) come percettori (o amministratori, legali
rappresentanti e gestori degli enti percettori) i signori: Agrirocca di Rech Emanuele & C. sas, Asolat
di Rech & C. sas, Forato srl, Società “Giglio” srl, Sinergie di E. Rech & C, sas, Rech Emanuele,
Forato Laura, Forato Giovanni, Adami Adele, Colomberotto Ivo Giovanni, Insieme sas di Forato
Laura.
Venivano, altresì, invitati a dedurre, non come percettori diretti dei premi indebiti, ma a vario titolo
come intermediari agenti dei beneficiari o negligenti controllori delle domande dei beneficiari, che
avevano in vario modo e in varie occasioni contribuito alle illecite percezioni dei fondi comunitari da
parte dei sopra indicati percettori, con conseguente causazione del danno all’erario, oltre al sig.
Colomberotto Ivo Giovanni, già chiamato come percettore, i signori: Bonora Dino, Rasera Renata,
Petris Adriano, Pontini Luigi, Rottin Antonio e Fontanelli Giovanni.
A seguito dell’espletamento dell’attività istruttoria e delle controdeduzioni ivi presentate, la Procura
riteneva di archiviare le posizioni dei signori Rottin Antonio della Confederazione Italiana Agricoltori
della Provincia di Treviso e Fontanelli Giovanni dell’Unione Provinciale Agricoltori di Treviso,
coinvolti in sede penale per omessi o insufficienti controlli, per i quali non aveva però rinvenuto
prove sufficienti a dimostrare la sussistenza anche della responsabilità erariale.
Confermava invece l’impianto accusatorio nei confronti di tutti gli altri, fatta eccezione per la Società
Insieme sas di Forato Laura, in cui figuravano quali soci la stessa Forato Laura e Rech Emanuele,
cessata senza messa in liquidazione alla data del 29.11.2005, per la quale, in considerazione del fatto
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che non appariva debitrice verso l’Erario, in quanto per essa si ipotizzava solo il tentativo di indebito
percepimento di contributi per l’anno 2000 nonché dell’ulteriore circostanza che i due unici soci
erano chiamati in giudizio in quanto amministratori, soci e/o legali rappresentanti di altre società del
Gruppo Rech, la Procura riteneva di stralciare ogni profilo di danno.
Si premette che con ordinanza n. 11/2010 il Giudice Designato di questa Sezione Giurisdizionale pur
ritenendo, sulla base di una sommaria delibazione degli atti e dei documenti prodotti in causa, la
sussistenza di convincenti elementi sulla grave responsabilità dei convenuti, revocava il sequestro
conservativo ante causam richiesto dalla locale Procura e disposto con decreto del Presidente F.F.
della Sezione medesima in data 23/09/2009, nei confronti dei soggetti percettori dei premi indebiti,
(Agrirocca di Rech Emanuele & C. sas; Asolat di Rech & C. sas; Forato srl; Giglio srl; Sinergie
s.a.s.; Rech Emanuele; Forato Laura; Forato Giovanni; Adami Adele; Colomberotto Ivo
Giovanni), per accertata mancanza del periculum in mora.
Nel merito, esponeva il Requirente che la notizia damni che ha generata l’indagine contabile
proveniva da apposita informativa del Vice Procuratore Generale della Corte dei conti del 06.10.2006
che notiziava la Procura regionale sulla frode comunitaria di cui si discute e sul conseguente
procedimento penale, ancora in corso, corredata di una nota di AGEA (Agenzia per le Erogazioni in
Agricoltura) del 4.10.2006, dall’Ente inoltrata al fine dell’attivazione dell’intervento della Procura
regionale per la protezione degli interessi finanziari della Comunità Europea, ai sensi dell’art. 280 del
Trattato di Maastricht, a cui si allegavano: la copia dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare
del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Treviso; la copia della nota di AGEA con la
quale era stata incaricata l’Avvocatura Distrettuale per la costituzione di parte civile; la copia del
decreto di sequestro preventivo disposto dal GIP del Tribunale di Treviso nei confronti del Gruppo
Rech
Ciò rappresentato, evidenziava il P.M. contabile che la vicenda riguarda una serie di erogazioni
(indebite) di contributi comunitari effettuate da AGEA, come premi zootecnici di cui al Reg. (CE)
1254/1999, a favore di soggetti privati (persone fisiche e società), aventi sede in Veneto, ma di fatto
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operanti anche in Friuli Venezia Giulia, a fronte di pascoli inesistenti, scoperte a seguito delle
indagini condotte dal Nucleo Antifrodi dei Carabinieri di Parma (NAC) su delega della Procura della
Repubblica di Treviso, da cui sono derivati i procedimenti penali n. 4042/2004 e n. 5007/2005
RGNR, n. 56/2007 e n. 57/2007 RG, n. 1151/07 RGNR, pendenti avanti il Tribunale di Treviso,
nell’ambito dei quali sono emerse le gravi responsabilità dei convenuti ai quali sono stati contestati i
reati di associazione per delinquere (art. 416 c.p.) e di truffa aggravata e continuata ai danni della
Comunità Europea (artt. 81 e 416 bis c.p.) in relazione ai contributi comunitari relativi ai premi per
bovini maschi ed ai pagamenti per l’estensivizzazione negli anni 200, 2001, 2002 e 2003.
L’accusa muove dal presupposto che la indebita percezione dei suddetti contributi sia stata
conseguenza di una frode posta in essere, a vario titolo, dagli odierni convenuti i quali
predisponevano ed allegavano, alle domande di richiesta dei contestati premi, contratti di comodato
d’uso delle superfici foraggere oggettivamente e soggettivamente simulati, creati all’insaputa dei
proprietari delle aree interessate, al fine di dimostrare la disponibilità di congrue superfici foraggere
in capo all’azienda.
Emergeva, ancora, dalle predette indagini, che, sentite quali persone informate sui fatti, un campione
dei proprietari dei terreni indicati nelle domande per superfici, questi non solo asserivano di non
conoscere le persone fisiche e giuridiche che, di volta in volta, venivano nominate quali attori della
stipula dei contratti, ma negavano di aver concesso loro la disponibilità dei terreni. Circostanza
provata dal fatto che a carico di Bonora Dino e di Rech Emanuele gravano n. 234 querele presentate
dai legittimi proprietari dei terreni di che trattasi, i quali negano ogni conoscenza sia dei titolari delle
ditte beneficiarie dei contratti di comodato che dei relativi intermediari.
Osservava ancora la Procura che, attraverso l’attività investigativa dei NAC, con consultazione anche
della banca dati Dell’Agenzia del Territorio (SISTER), erano stati accertati ulteriori falsi evidenti in
relazione alla reale destinazione catastale delle particelle concernenti i terreni dichiarati come
pascolo. Infatti dalle indagini effettuate era emerso che le superfici dichiarate a foraggio (il più delle
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volte per una estensione superiore al 90%) erano, in realtà, coperte prevalentemente da boschi o
destinate ad usi non agricoli come: depositi di idrocarburi, campo sportivo, area cimiteriale oppure
erano porzioni di torrenti, aree urbane, fabbricati rurali nonché terreni i cui estremi erano stati
soppressi al catasto per via di frazionamenti o accorpamenti ad altri terreni, oppure erano intestate a
persone diverse dai presunti comodanti.
Precisava la Procura che le erogazioni indebite e, dunque, i danni prodotti, sono stati confermati, sia
pure con qualche differenziazione, nell’ambito della perizia effettuata dalla Procura della Repubblica
di Treviso, nel calcolo del medesimo danno fornito da AVEPA alla Guardia di Finanza delegata dalla
locale Procura contabile e da ulteriori conteggi effettuati nel corso dell’attività istruttoria; che i reati
consumati riguardano esclusivamente premi erogati da AGEA in quanto per AVEPA è stato
contestato solamente il tentativo di indebito percepimento del premio speciale bovini maschi per
l’anno 2004 da parte delle ditte Giglio S.r.l. e Sinergie S.a.s. sventato dall’intervento dei NAC e che,
nell’ambito del giudizio penale, AGEA, AVEPA e il Ministero dell'Economia e delle Finanze si sono
costituiti parte civile.
Rappresentava quindi che all'esito della valutazione degli atti di indagine, la Procura di Treviso aveva
chiesto il rinvio a giudizio dei soggetti indagati in data 17/3/2006, per il procedimento 5007/2005
RGNR ed in data 19/4/2006, per il procedimento 4024/2004 RGNR.
Nello specifico, veniva chiesto il rinvio a giudizio per i reati di cui agli artt. 416 c.p., 81 cpv c.p, 110
c.p. e 640 bis c.p., in data 19 aprile 2006 per:
−
Rech Emanuele, Forato Giovanni, Forato Laura, Adami Adele, Colomberotto Ivo Giovanni,
Bonora Dino e Pontini Luigi per i premi delle annate 2000 (€ 457.628,15) e 2001 (€ 942.852,88)
con beneficiaria AGRIROCCA sas di Rech Emanuele & c.;
−
Rech Emanuele, Forato Giovanni, Colomberotto Ivo Giovanni e Bonora Dino per i premi delle
annate 2002 (€ 1.654.713,40) e 2003 (€ 411.239,22) con beneficiaria sempre Agrirocca sas, Per i
premi relativi alle annate 2000 (€ 48.513,91), 2001 (€ 105.216,88) e 2002 (€ 72.089,30)
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beneficiaria ASOLAT sas di Rech Emanuele;
−
Rech Emanuele, Forato Giovanni, Forato Laura, Colomberotto Ivo Giovanni e Bonora Dino per
il premio relativo all’annata 2003 (€ 68.644,80) beneficiaria ASOLAT sas di Rech Emanuele;
−
Adami Adele, Forato Giovanni, Bonora Dino e Pontini Luigi per il premio di € 47.513,12
relativo all’annata 2000, beneficiaria Forato srl. Per il premio relativo all’annata 2001 (€
45.769,64) e all’annata 2002 (€ 34.650,84), beneficiario la ditta Forato Giovanni, veniva rinviato
a giudizio lo stesso Forato Giovanni.
−
Rech Emanuele, Forato Laura, Bonora Dino e Pontini Luigi
per il tentativo di fruire
indebitamente del premio relativo all’annata 2000, beneficiario Insieme sas;
−
Forato Laura e Bonora Dino per il premio relativo all’annata 2003 (€ 22.365,00), beneficiario la
Giglio srl;
−
Forato Laura e Bonora Dino per il tentativo di fruire indebitamente del premio relativo all’annata
2004 (€ 22.365,00), beneficiario Giglio srl.
Inoltre la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Treviso, in data 17.03.2006 aveva formulato
altra richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Rech Emanuele, Forato Laura, Bonora Dino e
Colomberotto Ivo Giovanni per il premio relativo all’annata 2003 (€ 104.182,36), beneficiario la ditta
Sinergie di E. Rech & c. nonché nei confronti di Rech Emanuele e Bonora Dino per i premi relativi alle
annate 2002 (€ 49.392,00) e 2001 (€ 60.235,46), beneficiario la ditta individuale “Rech Emanuele”.
Il Giudice per le indagini preliminari di Treviso, con ordinanza del 16/01/2005, ordinava la custodia
cautelare in carcere per alcuni degli indagati, - misura cautelare poi definitivamente revocata con
ordinanza del 10/6/2005 – e, con decreto del 17/01/2005, disponeva anche il sequestro preventivo dei
beni degli stessi convalidato in data 05/02/2005 assieme ad altro decreto di sequestro preventivo, riferito
ad altri beni .
All'esito del dibattimento, il Tribunale di Treviso sospendeva il procedimento, disponendo la rimessione
della causa alla Corte di Giustizia UE, affinchè chiarisse quali fossero i presupposti richiesti dalla
normativa comunitaria per l’ammissione ai premi contestati, e, in particolare, se fosse sufficiente solo il
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requisito dell’utilizzazione di superfici foraggere, indipendentemente dall’esistenza di un valido titolo
giuridico che la legittimasse.
Infine, con decreti del 17/07/2008, il medesimo Tribunale disponeva il dissequestro di tutti i conti
correnti bancari, sottoposti a sequestro preventivo facenti capo a Rech Emanuele e il dissequestro
della somma percepita da Forato Laura in seguito alla vendita di un immobile, già autorizzata dal
Tribunale stesso; confermando invece il sequestro sui restanti beni.
Evidenziava quindi la Procura che, oltre ai procedimenti penali di cui sopra (già riuniti in un unico
procedimento), per fatti analoghi ai precedenti, risulta pendente avanti il Tribunale di Treviso anche un
ulteriore procedimento penale n. 1151/2007 R.G.N.R. scaturito dalla comunicazione di notizia di reato
del 17/01/2007 del NAC che, a sua volta, si era attivato sulla base di una precedente comunicazione
art. 331 c.p.p. effettuata dalla stessa AVEPA in data 17/10/2006, a seguito di verifiche aggiuntive in
ordine alle domande di contributo presentate dalla ditta Sinergie, non oggetto di contestazioni da parte
degli inquirenti, dalle quali è emersa la presenza di probabili false dichiarazioni all’interno della
domanda n. 34142035178, relativa al contributo PSR-Misura 5 per l’anno 2003, presentata dal sig. Rech
Emanuele in data 15/09/2003 per conto della ditta Sinergie e poi liquidata in data 26/2/2004 per un
importo di Euro 9.090,00.
Per tale procedimento si è giunti al rinvio a giudizio, adottato nell’udienza preliminare del 04/03/2008,
dal GUP del Tribunale di Treviso, a carico di Rech Emanuele e di Bonora Dino. Anche in tale
procedimento AVEPA si costituiva parte civile.
In relazione alla fattispecie criminosa il P.M. osservava che i contestati reati, alla luce della
ricostruzione operata dal NAC, sarebbero stati perpetrati seguendo sempre il medesimo disegno
criminoso consistente nel: a) presentare, a cura del legale rappresentante delle ditte indagate, per ogni
annualità di premio contestata, all’AGEA o all’AVEPA (a seconda degli anni) domande per “PAC
Seminativi” (pagamento per superfici), contenenti dati mendaci sui titoli di godimento e sulla
destinazione d’uso dei terreni ivi indicati, oltre che sulla destinazione a foraggio degli stessi. Dette
domande erano indispensabili per percepire il “premio speciale bovini maschi” e il “premio
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estensivizzazione”; b) presentare, a cura del legale rappresentante delle ditte indagate, per ogni annualità
di premio contestata, all’AGEA o all’AVEPA (a seconda degli anni), domande per il “premio speciale
bovini maschi”; c) allegare, a corredo delle domande predette, fittizi contratti di comodato di fondi
rustici apparentemente stipulati dalle ditte indagate, a seconda dei casi, con il convenuto Bonora o con il
“Centro Servizi Agro-ambientali”, società facente capo alla convenuta Rasera Renata (coniuge del
convenuto Bonora Dino), ed ai convenuti Petris Adriano, procacciatore d’affari per la ditta Agrirocca-,
Pontini Luigi, noto professionista in ambito agricolo, accreditato dall’AIMA per verificare la legittimità
delle domande degli aventi diritto e, nel contempo, intermediario per conto della ditta Agrirocca sas e
delle società ad essa collegate, comprovanti titoli di godimento delle aree indicate nelle domande di
pagamento per superfici. Tali contratti, in quanto fittizi, non attribuivano alcun legittimo godimento dei
beni in essi indicati.
Tanto premesso in fatto, il Requirente rappresentava in diritto che secondo la normativa che dispone
in materia di erogazione dei premi, in relazione al settore “bovini” l'allevatore è tenuto a presentare
delle domande distinte a seconda delle diverse linee di premio. In particolare possono essere
presentate per il premio “speciale bovini maschi” fino ad un massimo di cinque domande per codice
aziendale, nonché una domanda di pagamento per superfici per quella sola campagna e per una sola
azienda. Per i terreni si richiede che essi siano costituiti da superfici foraggere, ossia quelli
contraddistinti dal codice n. 38 indicativo del “Pascolo”, a cui possono essere assimilate le colture
indicate con i codici 36 “Prato” e 37 “Prato-pascolo”. Le domande di premio, sino all'anno 2002,
dovevano essere spedite all’AGEA, mentre, a partire dall'anno 2003, potevano essere indirizzate agli
altri organismi pagatori regionali autorizzati dall’Unione Europea per i diversi settori della PAC
(Politica Agricola Comune) – per il Veneto AVEPA.
Ciò precisato, il Requirente analizzava, con dovizia di particolari, le modalità procedurali della
presentazione della domanda per la richiesta dei premi, i presupposti e la documentazione richiesta
per poter beneficiare degli stessi, ed i parametri stabiliti per l'accertamento del rispetto del
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coefficiente di densità, soffermandosi, in particolare, sui documenti attestanti la proprietà, l’affitto o il
comodato dei terreni destinati al pascolo. Rappresentava anche il sistema dei controlli previsti per
legge.
Richiamava, in proposito, il regolamento CE n. 1254/1999 del Consiglio del 17 maggio 1999, relativo
alla organizzazione dei mercati nel settore delle carni bovine, nonché la normativa specifica nazionale
(DPR 01.12.1999, n. 503; D.M. 04.04.2000; DD.MM. del 10.08.2001 e del 17.04.2003), il sistema
sanzionatorio contenuto nell’art. 49 del Reg. CE nr. 2419/2001, l’art. 3 della Legge n. 898 del
23.12.1986 nonché, per la campagna e annata agraria 2000, le disposizioni di cui al Decreto
Ministeriale 27 marzo 1998 n. 159.
Evidenziava che, a seguito delle rappresentate vicende, l’AVEPA aveva disposto la sospensione delle
erogazioni dei pagamenti, ai sensi dell'art. 33 del D.Lgs. 228/2001, nei confronti di di Agrirocca
s.a.s., Asolat s.a.s., Forato s.r.l., Forato Giovanni, Giglio s.r.l., Insieme s.a.s. (società di Forato Laura,
sciolta senza messa in liquidazione in data 29.11.2005).
Rappresentava, la Procura, che per la sola ditta Insieme S.a.s., la sospensione dei pagamenti è stata
revocata, in quanto tale soggetto non risultava beneficiario di erogazioni, nulla avendo mai richiesto,
né percepito da AVEPA mentre, per le restanti ditte, sono tuttora vigenti i decreti di sospensione dei
pagamenti di cui sopra.
I premi nel frattempo maturati da queste ditte presso l’AVEPA e sospesi alla data del 17.11.2008,
ammontavano ad € 6.366.060,46 (nota AVEPA n. 634409/AA-LM del 17.11.2008).
In relazione alla ditta Sinergie s.a.s., poiché la stessa avvalendosi di quanto disposto dall'art. 33,
secondo comma del D.Lgs. 228/2001, ha prestato all’Organismo pagatore garanzia fideiussioria n.
40153 del 16/12/2005, rilasciata dalla Banca Popolare di Ravenna, per l’importo di Euro 114.600,59,
pari all'importo contestato per l'anno 2003, maggiorato del 10%, AGEA ha disposto la revoca del
provvedimento di sospensione a carico della ditta.
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Tanto premesso e rappresentato, precisata la sussistenza nel caso di specie della giurisdizione della
Corte dei conti, all’uopo richiamando i contenuti dell’ordinanza delle SS.UU. della Cassazione n.
4511 dell'1 marzo 2006, riteneva la Procura evidente ed incontestabile il danno erariale derivante
dalla vicenda, quale emerso in sede di giudizio penale. Evidenziava, quindi, che i contributi percepiti
illecitamente a vario titolo dalle ditte del gruppo Rech ammontavano, alla chiusura dell’attività
istruttoria, ad €. 4.036.242,79, somma da cui andavano detratti euro 436.961,62 corrispondenti alle
compensazioni con ulteriori crediti delle Società Agrirocca e Asolat, operate successivamente da
AGEA, raggiungendosi pertanto alla data dell’atto di citazione l’importo del danno all’Erario di
euro 3.572.281,17.
Il PM precisava che dal quadro sopra evidenziato emergono responsabilità delle società beneficiarie e
soggetti beneficiari, nonché delle persone fisiche dei loro soci, amministratori e legali rappresentanti
e dei vari intermediari, così gravi che anche laddove per una qualsiasi causa non si arrivasse ad una
sentenza di condanna penale nei loro confronti, sicuramente non verrebbe meno, da un punto di vista
amministrativo, il comportamento illecito e fraudolento finalizzato alla percezione indebita dei premi.
Confutate, quindi tutte le avverse eccezioni e controdeduzioni, facendo puntuale richiamo alla
normativa di settore e rappresentato, con dovizia di particolari l’impianto fraudolento posto in essere
con evidenziazione delle singole partecipazioni di tutti i convenuti, la Procura, all’esito
dell’istruttoria, riteneva sussistenti tutti gli elementi per l’esercizio dell’azione di danno erariale con la
conseguente responsabilità amministrativa di tutti i soggetti coinvolti, in solido per tutto l’importo del
danno complessivamente accertato e determinato e, pertanto, confermava l’impianto accusatorio e
concludeva nei termini già rappresentati.
In data 7 giugno 2010 la Procura Regionale depositava precisazioni in merito ai premi contestati
dagli inquirenti nelle richieste di rinvio a giudizio aggiornati a seguito delle compensazioni operata
dall’ente pagatore con le annualità di premi successive a quelle delle frodi, dal cui prospetto
riepilogativo risultavano contestazioni per euro 3.613.644,41 e tentativi di frode per euro 122.365,00.
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Con memoria depositata in segreteria il 24 maggio 2010, si costituivano Agrirocca di Rech
Emanuele & C. S.a.s., Asolat di Rech & C., Sinergie S.a.s., l’impresa individuale Rech
Emanuele, in persona del loro legale rappresentante pro tempore, sig. Emanuele Rech, Giglio S.r.l.,
l’impresa individuale Forato Laura, in persona del loro legale rappresentante pro tempore, sig.ra
Forato Laura, tutti rappresentati e difesi, come da mandato a margine della memoria di costituzione,
dagli avvocati: Prof. Giorgio Orsoni e Mariagrazia Romeo del Foro di Venezia e Pietro Barolo del
Foro di Treviso, producendo articolate controdeduzioni atte a contrastare in toto l’impianto
accusatorio e concludendo per l’accertamento della inesistenza di qualsiasi ipotesi di responsabilità
amministrativa nonchè, in via di subordine, per l’applicazione del potere riduttivo dell’addebito.
Richiamata la normativa comunitaria, nazionale nonché i contenuti delle circolari AGEA n. 35 del 24
aprile 2001 e n. 23 del 24 aprile 2003 che estende le prescrizioni della circolare 35 anche al settore
delle carni bovine, la difesa dei riportati convenuti, si soffermava in particolare sulla sospensione del
processo penale, a seguito della questione pregiudiziale posta dal Tribunale di Treviso alla Corte di
Giustizia Europea ai sensi dell’art. 234 del Trattato CE, sottolineando che la sollevata questione è
relativa alla individuazione dei presupposti per l’ammissione ai premi fruiti dagli odierni convenuti.
Evidenziava in particolare che, l’intera ipotesi accusatoria penale, da cui trae origine quella contabile
odierna, si fonda sull’assunto della inidoneità formale del titolo giuridico prodotto ai fini
dell’erogazione del premio, posto che l’istruttoria dibattimentale ha dato prova dell’effettiva
utilizzazione delle superfici foraggere. Evidenzia il patrocinio dei summenzionati convenuti
l’importanza della risoluzione della Corte Europea, anche ai fini del giudizio contabile, poiché ove si
ritenesse la sufficienza, ai fini dell’ammissione all’erogazione del premio, della mera utilizzazione
della superficie, e non fosse ritenuta necessaria la produzione di alcun titolo giuridico idoneo a
legittimare siffatto uso, i premi percepiti sarebbero assolutamente leciti. Insiste la difesa sulla
circostanza che il dato è meramente formale in quanto in sede dibattimentale penale l’effettivo
utilizzo delle superfici foraggere è accertato mentre ciò che si contesta è la inidoneità del titolo
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giuridico, rilasciato da soggetti che, all’insaputa dei convenuti, si sono dimostrati non legittimati a
disporre dei beni concessi in comodato. Evidenzia, altresì, che la fonte di determinazione
dell’obbligo di esibire il titolo giuridico, in allegato alla domanda di ammissione all’erogazione del
premio, trova la sua origine esclusivamente in una circolare AGEA ed è un unicum nel panorama
della legislazione dei paesi aderenti alla UE. Parte resistente eccepisce, quindi, il difetto di
giurisdizione della Corte dei conti, trattandosi nel caso di specie di un danno alla Comunità Europea e
non di danno allo Stato ed invocava il principio di specialità posto che la Comunità Europea ha
adottato un proprio regime sanzionatorio, differenziato a seconda che l’errore di calcolo della
superficie foraggera sia stato più o meno intenzionale. Contesta, quindi, l’esistenza dei presupposti
costitutivi della responsabilità amministrativa osservando come non sussista, in fattispecie, l’elemento
psicologico del dolo o della colpa grave stante anche la non facile interpretazione della normativa di
settore, la condotta contra legem poiché l’instaurato giudizio di responsabilità amministrativa
trarrebbe fondamento nella presunta violazione di una circolare Agea, ossia di un atto che non ha
capacità e valore innovativo rispetto alle previsioni di legge. Sottolineava anche che nessuno
scostamento era configurabile tra la superficie dichiarata e quella di fatto utilizzata. Eccepiva la
difficoltosa individuazione di un danno certo ed attuale in capo all’erario e contestava la
quantificazione fatta dalla Procura sostenendo che sulla base delle note Agea del 21 e del 27 maggio
2009 il credito complessivo è pari ad euro 3.254.365,51 di cui euro 3.024.644,34 nei confronti di
Agrirocca ed euro 229.721,17 nei confronti di Asolat, che può diventare pari ad euro 3.490.540,33
qualora integrata dalle quote indebite percepite dalla società Giglio srl, Sinergie sas e dall’impresa
individuale Rech Emanuele.
Eccepiva, quindi, la incertezza e la inattualità del danno. Osservava anche che la mancata erogazione
dei premi comunitari, a favore delle predette società, dal 2005 ad oggi, fa sì che le stesse abbiano
maturato un credito pari ad euro 15.048.502,13. Alla luce di ciò, quindi, il credito vantato dai
convenuti è cinque volte superiore del presunto debito erariale. Eccepita, quindi, la mancanza in
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fattispecie dell’elemento psicologico del dolo o della colpa grave, invocava l’errore scusabile quale
esimente della colpa, alla luce dell’orientamento espresso dalle Sezioni Riunite di questa Corte con le
sentenze n. 139/1981 e n. 539/1987.
Con memoria depositata il 26 maggio 2010 si costituiva in giudizio Petris Adriano a mezzo
dell’avv. Giacomini Di Doi del Foro di Tolmezzo, per mandato in calce alle controdeduzioni del
12.11.2009, chiedendo il rigetto delle domande tutte formulate nei suoi confronti con rifusione di
spese, diritti ed onorari di lite.
La difesa del convenuto Petris escludeva ogni coinvolgimento del proprio assistito evidenziando
l’assenza di un coinvolgimento del medesimo nel processo penale sotteso al presente giudizio.
Evidenziava che non sussiste alcun elemento, né di fatto, né indiziario che possa far sospettare
l’esistenza di un accordo truffaldino tra il proprio assistito e Bonora Dino per creare un danno erariale
così come non sussiste alcun elemento comprovante la consapevolezza del Petris circa eventuali
condotte illecite di terze persone. Eccepiva quindi la carenza in fattispecie sia dell’elemento del dolo
che della colpa grave, considerato che la richiesta a lui effettuata dal Bonora di individuare, stante le
sue conoscenze in loco e la sua capacità tecnica, alcune località e terreni adatti ad essere utilizzati per
attività agro pastorizia non poteva certamente far presumere che le informazioni reperite sarebbero
state utilizzate in modo improprio e truffaldino.
Con memoria depositata il 27 maggio 2010 si costituiva il convenuto Colomberotto Ivo Giovanni,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Alberto Mascotto e Paola Maran, come da mandato a margine
della memoria di costituzione e difesa, chiedendo in via principale il rigetto delle domanda attorea in
quanto infondata in fatto ed in diritto attesa l’insussistenza dell’elemento soggettivo tanto del dolo
che della colpa grave e perché non provata, ed, in via di subordine, la determinazione della
percentuale di ripartizione dell’addebito nella misura minima, inferiore alla richiesta della Procura,
stante la marginalità del ruolo rivestito.
Sostiene il patrocinio del convenuto Colomberotto, che deve ritenersi senz’altro escluso che il
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comportamento del suo assistito possa qualificarsi come illecito e fraudolento nonchè finalizzato alla
percezione indebita di premi, all’uopo specificando le ragioni per e quali questi era entrato come
socio di capitale nelle due società per le quali è stato coinvolto nella vicenda odierna, essenzialmente
riconducibili alla grave crisi che colpì il settore della macellazione bovina a seguito del fenomeno
della cd. “mucca pazza”. Temporalmente il convenuto Colomberotto entrò come socio accomandante
nella Agrirocca s.a.s nel marzo del 2002 e ne uscì oltre un anno prima che venisse avviata l’indagine
in discussione e, comunque, prima che venisse incassato il premio richiesto per la campagna 2003.
Sottolinea che l’Agrirocca s.a.s fu costituita nel 1989 mentre il suo assistito vi entrò solo 13 anni
dopo. Allo stesso modo, la partecipazione alla Asolat s.a.s , costituita nel 1973, avveniva nel 1999,
ossia 26 anni dopo, conseguentemente l’impianto accusatorio viene meno in quanto il Colomberotto,
contrariamente a quanto affermato dalla Procura, non si è prestato alla costituzione delle suddette
società che esistevano già da tempo e non avevano bisogno della partecipazione di questi per la
ritenuta consumazione delle condotte in discussione. Contesta, quindi la sussistenza dell’elemento
soggettivo del dolo o della colpa grave, a tal fine richiamando anche le risultanze delle indagini svolte
in sede di procedimento penale dalle quali emergeva che, contrariamente a quanto asserito dalla
Procura, il Colomberotto, socio accomandante, non aveva poteri di rappresentanza e di
amministrazione e, quindi, non si occupava della gestione produttiva e non veniva reso partecipe della
politica relativa ai premi comunitari e della concreta ed effettiva gestione della mortificazione che ne
era il presupposto.
Con memoria depositata il 27 maggio 2010 si costituivano in giudizio la società Forato srl, in
persona del legale rappresentante pro tempore, sig. Forato Giovanni, nonché la convenuta Adami
Adele ed il convenuto Forato Giovanni, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Giorgio Massarotto
e Otello Bigolin del Foro di Treviso, come da mandato a margine della memoria di costituzione,
controdeducendo all’impianto accusatorio con motivazioni similari a quelle della difesa dei convenuti
Agrirocca di Rech Emanuele & C. S.a.s., Asolat di Rech & C., Sinergie S.a.s., Rech Emanuele, Giglio
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S.r.l. e Forato Laura, ivi compresa l’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei conti. Si
contrastava in toto l’impianto accusatorio della Procura Contabile alla luce di un parere pro-veritate
redatto dal Prof. Sergio Ventura, esperto di diritto comunitario, acquisito agli atti del procedimento
penale, nonché da quanto comprovato con il lavoro svolto dal Consulente della difesa, nell’ambito del
richiamato procedimento penale e della normativa di settore. Eccepiva, quindi:
1.
l’inammissibilità e/o l’improcedibilità del giudizio per duplicazione delle istanze risarcitorie
poichè la richiesta formulata dalla Procura Regionale contiene integralmente le pretese risarcitorie
formulate in sede penale con la costituzione di parte civile del Ministero dell’Economia e delle
Finanze, di AGEA e di AVEPA;
2.
la inconfigurabilità della ipotizzata responsabilità amministrativa per inesistenza e/o
carenza dei presupposti di legge, all’uopo evidenziando che alla ditta individuale Forato
Giovanni non è stato contestato in sede penale l’uso di fittizi contratti di comodato di fondi rustici
e che per i convenuti Forato e Adami non sono configurabili né il delitto di associazione a
delinquere (art. 416 c.p.) per il quale la richiesta di assoluzione è stata formulata direttamente
dalla Pubblica Accusa, né le residue contestazioni;
3.
l’opportunità di sospendere l’odierno giudizio in ordine alla pretesa responsabilità
amministrativa in attesa della definizione del giudizio penale;
In relazione alla inesistenza della responsabilità amministrativa si rappresentava che i coniugi Forato
ed Adami, sono, rispettivamente, genitori di Forato Laura e suoceri di Rech Emanuele, che Forato
Giovanni ha sempre svolto attività nel settore dell’allevamento dei bovini e che la costituzione della
società Forato srl risale al 26.08.1969, mentre la ditta individuale Forato Giovanni ha iniziato ad
operare dal 05.10.1998 e di conseguenza non erano strumentali al percepimento dei contributi
comunitari.
Concludeva chiedendo: in via preliminare il rigetto delle richieste svolte dalla Procura Regionale per
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carenza di giurisdizione/competenza del giudice adito; in via principale, il rigetto della domanda
attorea e, in via di subordine, l’esclusione del vincolo solidale e la limitazione, in misura
considerevole, dell’ambito e degli effetti della responsabilità addebitabile ai propri assistiti.
Non si costituivano in giudizio i convenuti Bonora Dino, Rasera Renata e Pontini Luigi, ai quali
l’atto di citazione è stato notificato, rispettivamente, in data 2 febbraio 2010 (Bonora e Rasera) e in
data 18 gennaio 2010 (Pontini).
Risulta in atti che per i coniugi Bonora Dino e Rasera Renata, la notifica dell’atto di citazione è stata
effettuata ai sensi dell’art. 140 cpc stante la persistente mancanza degli stessi dal luogo di residenza
accertata.
All’udienza pubblica del 16 giugno 2010, in accoglimento dell’istanza formulata in data 11 giugno
2010 dagli avv.ti Prof. Giorgio Orsoni e Mariagrazia Romeo, difensori dei convenuti Agrirocca,
Asolat, Sinergie, Rech Emanuele, Giglio. Forato Laura, si disponeva, con ordinanza dettata a
verbale, il rinvio del dibattimento all’odierna udienza.
Per quanto concerne le parti assenti e non ritualmente costituite, risulta in atti che la notificazione del
verbale d’udienza del 16 giugno 2010 non ha avuto buon fine nei confronti di Pontini Luigi, il quale
risulta trasferito di fatto dal luogo di residenza accertata.
Con memoria integrativa depositata il 5 agosto 2010 il patrocinio del convenuto Petris Adriano
rappresentava un errore materiale riportato nella memoria di costituzione del 26 maggio 2010.
Con memoria depositata il 29 settembre 2010 il patrocinio dei convenuti Agrirocca., Asolat,
Sinergie, Rech Emanuele, Giglio. Forato Laura, depositava la sentenza della Corte di Giustizia
dell’U.E: del 24 giugno 2010 resa nel procedimento C-375/08 sul rinvio pregiudiziale ex art. 234 CE
operato dal Tribunale di Treviso, sottolineandone i passaggi fondamentali e ribadiva quanto già
esposto negli scritti difensivi precedenti, insistendo in particolare per l’eccezione di difetto di
giurisdizione di questa Corte.
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All’udienza di discussione il PM esponeva analiticamente i passaggi a suo avviso più rilevanti della
sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee sopra menzionata e del Regolamento n.
1254/1999 del Consiglio dell’Unione Europea. Sottolinea che la predetta sentenza chiarisce
perfettamente la questione in relazione alla portata della normativa interna.
Si opponeva quindi alla richiesta di sospensione del presente giudizio in attesa della definizione di
quello penale pendente e, a confutazione delle tesi difensive evidenziava: che non vi è prova della
utilizzazione dei terreni di cui si discute né del consenso espresso dagli effettivi proprietari stante che
il Tribunale di Treviso non si è ancora pronunciato sull’utilizzo de facto dei terreni mentre, al
contrario, è provato l’intento fraudolento; che sussiste in fattispecie la giurisdizione della Corte dei
conti; all’uopo richiamando le argomentazione della ordinanza delle SS.UU. della Cassazione n. 4511
dell’01/03/2006; che l’eccezione posta in relazione alla inesistenza di norme interne, eccetto le
circolari AGEA n. 35/2001 e n. 23/2003, è ininfluente ai fini del presente giudizio stante il richiamo
operato dalla normativa europea di settore anche agli atti amministrativi e considerate le competenze,
le funzioni ed i poteri di AGEA e di AVEPA. Illustrava, quindi, analiticamente gli elementi di fatto e
di diritto posti alla base dell’atto di citazione, confermando gli elementi accusatori a carico dei
convenuti e l’esistenza del danno erariale e concludeva come da atto di citazione.
L’avv.to Orsoni ribadiva la formulata eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei Conti non
potendosi ravvisare in fattispecie il danno erariale nei confronti dello Stato Italiano ed atteso il
particolare regime di recupero del danno. In relazione alla utilizzazione dei terreni contestava la tesi
del PM e l’utilizzo degli elementi probatori del giudizio penale richiamando il principio della
separatezza dei giudizi.
Sottolineava, comunque, che, contrariamente a quanto asserisce la Procura, i verbali dell’istruttoria
penale e la stessa rimessione della questione interpretativa alla Corte di Giustizia confermano
l’effettivo utilizzo dei terreni di che trattasi e smentiscono le risultanze cui sono pervenuti la Guardia
di Finanza ed il NAC di Parma.
Osservava come la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europea del 24 giugno 2010, di
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cui forniva una interpretazione diversa rispetto a quella del PM contabile, affermi il principio di
effettività nell’utilizzo dei terreni nonchè il diritto degli Stati membri di controllare e di mettere in
campo strumenti idonei, nel rispetto degli obiettivi e dei principi generali del diritto comunitario, in
particolare quello di proporzionalità per il quale il sistema di controllo non può vanificare il principio
della effettività, da considerarsi quale principio cardine. Sottolineava, quindi, che la richiamata
sentenza conferma le deduzioni proposte nelle memorie in atti ed insisteva per la mancanza in
fattispecie del danno erariale.
L’avv. Bigolin, nel riportarsi agli scritti in atti, sottolineava come i convenuti abbiano il diritto ad
essere perseguiti in presenza di prove certe e non in base a semplici indizi. A suo dire, l’indagine
investigativa dei NAC si è basata su semplici indizi poiché la cd. “prova” per l’imputazione
dell’associazione a delinquere sarebbe stata: la costituzione di imprese; per l’imputazione di frode
nell’acquisto di animali: l’acquisto illecito dei medesimi superando i dazi doganali. Osservava,
peraltro, come degli 87 testi portati dalla pubblica accusa 82 rivestissero la qualifica di Carabinieri e
che i suoi assistiti, per i quali il PM penale ha chiesto l’assoluzione per il reato di associazione a
delinquere, avevano portato prove e testi certi in relazione alla proprietà dei bovini, alla verifica dei
veterinari e del Sindaco del Comune dove sono ubicate le zone foraggere e al calcolo dell’UBA cioè
del coefficiente di densità dei capi detenuti dall’azienda pari a 2 unità bestiame adulto per ettaro e per
anno civile. Sottolineava la buona fede dei suoi assistiti evidenziando che gli stessi davanti al
Tribunale di Treviso avevano rinunciato all’udienza preliminare per accelerare i tempi del processo
ed addivenire ad una soluzione della questione, richiamava il principio di effettività nell’utilizzo dei
terreni quale ribadito dalla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee e concludeva
come da memoria in atti.
L’Avv.to Di Doi sottolineava come per il suo assistito, Sig. Petris, esistesse un unico anello di
collegamento con la vicenda in esame, peraltro marginale e cioè: la conoscenza con il Sig. Bonora,
intermediario per acquisire fittiziamente la titolarità dei terreni, dal quale egli non ha ricevuto alcun
compenso. Nel riportarsi alla memoria in atti concludeva per l’assoluzione nel merito evidenziando
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l’assenza nella vicenda sia del nesso causale che soggettivo del suo assistito.
L’avv.to Gatto ribadiva che anche il Sig. Colomberotto, suo assistito, ha una posizione marginale
essendo un semplice socio accomandante che ha solo il diritto di verificare i libri contabili ma non il
dovere, che svolgeva solo attività di macellazione e non gestiva la società né predisponeva le
domande per richiedere i premi comunitari. Pertanto ne chiedeva l’assoluzione per l’insussistenza di
qualsiasi nesso causale soggettivo e oggettivo.
Seguivano breve replica del PM contabile che controdeduceva a tutte le avverse argomentazioni. In
particolare precisava che l’uso di fatto dei terreni di che trattasi non è affatto accertato in quanto la
Corte di Giustizia si pronuncia solo sul principio di diritto, ma non sul fatto, che né la normativa
comunitaria né la sentenza ultima della Corte di Giustizia delle Comunità Europee ostano a che gli
Stati membri impongano nella loro normativa nazionale l’obbligo di produrre un valido titolo
giuridico, poichè tra gli obiettivi che la Comunità pone c’è anche quello di difendere se stessa dalle
frodi; sottolineava il valore probatorio pieno della testimonianza di un servitore dello Stato, quale è il
Carabiniere, e delle prove documentali da questi raccolte; precisava, in relazione alla asserita buona
fede ed al comportamento non truffaldino dei convenuti Forato Giovanni, Adami Adele Forato S.r.l. e
Colomberotto Ivo Giovanni, che detti convenuti per anni hanno percepito indebiti. In relazione al
convenuto Petris Adriano sottolinea il suo ruolo fattivo nell’attività di intermediazione all’uopo
precisando lo stesso era stato sindaco del Comune dove erano ubicati i terreni adibiti a zone
foraggiere.
Seguivano brevi repliche: dell’avv. Romeo che ribadiva l’insussistenza di un danno erariale nei
confronti dello Stato Italiano e precisava che la condotta illecita si deve ravvisare nei confronti del
comodante che non aveva la proprietà dei terreni e non dei convenuti che detti terreni hanno
utilizzato; del P.M. il quale evidenziava che il comodante era un associato del Gruppo Rech e cioè il
convenuto Bonora. Seguiva ulteriore breve replica dell’avv. Bigolin.
Esaurita la discussione la causa veniva trattenuta in decisione.
Ritenuto in
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DIRITTO
L’odierno giudizio è finalizzato all’accertamento della fondatezza della pretesa azionata dal Pubblico
Ministero concernente un’ipotesi di danno erariale conseguente a contributi comunitari (premi)
erogati negli anni 2000, 2001, 2002 e 2003, dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA) e
dall’Agenzia Regionale del Veneto (AVEPA), a favore di soggetti privati (persone fisiche e società),
connessi all’erogazione di “pagamenti per superfici” e di premi a favore dei detentori di bovini
maschi e vacche nutrici nonché di premi alla estensivizzazione, percepiti in seguito all’attività
delittuosa, o comunque illecita, messa in atto da amministratori, rappresentanti legali e soci di ditte
aventi sede in Veneto, ma di fatto operanti sia in Veneto sia in Friuli Venezia Giulia.
Nel caso all'esame, la verifica della sussistenza, o meno, della pretesa erariale, deve però essere
preceduta dalla trattazione delle eccezioni pregiudiziali e preliminari formulate dalle difese dei
convenuti che hanno incidenza sulla legittima introduzione del giudizio di responsabilità e che
occupano una posizione di logica e giuridica precedenza poichè, ove fondate, precluderebbero
l’esame nel merito.
1. Le difese delle società: Agrirocca di Rech Emanuele & C. S.a.s., Asolat di Rech & C., Sinergie
S.a.s., Giglio S.r.l.; Forato S.r.l.; delle imprese individuali Rech Emanuele, Forato Laura, nonché dei
convenuti Adami Adele e Forato Giovanni, deducono il difetto di giurisdizione del Giudice Contabile
sotto un duplice profilo: 1) mancanza di un danno allo Stato Italiano, ovvero alla regione Veneto,
trattandosi, in fattispecie, di danno alla Comunità Europea; 2) piena e completa autonomia e specialità
dell’intero regime, anche sanzionatorio, comunitario che escluderebbe in radice il trascinamento dei
convenuti in un giudizio di responsabilità anche di natura contabile.
La doglianza nell’evidenziata duplice prospettazione è infondata.
1.1. Il proposto libello si appalesa perfettamente in linea con la disciplina legislativa e con l’ormai
consolidato orientamento giurisprudenziale di settore che afferma il potere cognitorio della Corte dei
conti nella fattispecie di danno erariale ipotizzata dalla Procura ( cfr: tra le tante, Sez. Sicilia sentt.
2386 e 944 del 2009, 1569 e 1144 del 2008, 2434 e 2412 del 2007; Sez. Calabria sent. 519, 518, 517,
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516, 394 del 2009; Sez. Lombardia sent. 353/2009; Sez. I Giur. Centr. d’Appello sent. n.
581/2009A ), giacchè come recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 4511
dell’1 marzo 2006, che ha suggellato un’evoluzione giurisprudenziale avviata con la precedente
ordinanza n. 16697 del 22 dicembre 2003 e continuata con la sentenza n. 3899 del 26 febbraio 2004,
la giurisdizione contabile è da ritenersi ormai estesa anche ai casi in cui il danno erariale venga
configurato nei confronti di “soggetti privati che hanno partecipato all’attività diretta all’ottenimento
di indebiti finanziamenti pubblici”. La Corte di Cassazione ha, nella sostanza, preso atto del
mutamento ormai intervenuto nel modus operandi della pubblica amministrazione, non più solo
tramite soggetti organicamente inseriti nella stessa, ma anche per mezzo di modelli organizzativi
ormai lontani dagli schemi del regolamento di contabilità di Stato (R.D. n. 827/1924) tanto da poter
affermare, ai fini del riconoscimento della giurisdizione contabile, che è ormai del tutto “irrilevante il
titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta, potendo (detto titolo) consistere in un
rapporto di pubblico impiego o di servizio, ma anche in una concessione amministrativa od in un
contratto privato” purchè si sia “beneficiato di fondi pubblici nazionali o comunitari diretti……alla
promozione dello sviluppo imprenditoriale”. In questa prospettiva, quindi, la qualità del soggetto non
rappresenta un indicatore significativo, utilizzabile per selezionare il Giudice abilitato a giudicare in
ordine al danno che quel medesimo soggetto si assume abbia cagionato dovendosi, invece, avere
riguardo alla natura del danno ed alla tipologia degli scopi perseguiti, di modo che ove il privato, cui
siano erogati fondi pubblici, nazionali o comunitari, per le sua censurabile condotta, incida
negativamente sul modo d'essere del programma imposto dalla P.A., alla cui realizzazione è chiamato
a partecipare con l'atto di concessione del contributo, e la incidenza della sua azione od omissione sia
tale da poter determinare uno sviamento dalle finalità perseguite, realizza un danno per l'ente
pubblico, anche sotto il mero profilo di precludere l’erogazione del finanziamento ad altri possibili
beneficiari.
Proprio in relazione alla gestione anche di fatto di pecunia pubblica, la giurisprudenza ha in modo
unanime esteso alle risorse comunitarie entrate nella disponibilità dello Stato italiano, la giurisdizione
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contabile, anche nei confronti dei soggetti privati, sia persone fisiche che giuridiche, attuatori dei
previsti programmi ed indipendentemente dalla connessione dell'attività gestoria con fenomeni di
frode, appropriazione o distrazione di fondi.
Si osserva ulteriormente che in attuazione dei principi di assimilazione, di cui all’art. 280, co. 2, e di
cooperazione di cui all’art. 280, co. 3, del Trattato CE, sussiste un rapporto finanziario diretto tra la
Comunità e lo Stato membro, il quale è obbligato a tenere indenne la Comunità delle somme
“irregolari” oggetto del cofinanziamento comunitario (Corte dei conti, sez. giur. Lombardia sent.
15.05.2009, n. 353). Ciò, in termini di responsabilità, impone allo Stato membro l’onere di dimostrare
la non imputabilità della indebita percezione a proprie carenze di gestione e controllo, pena il mancato
discarico della somma corrispondente all’importo indebitamente corrisposto, secondo i principi
indicati negli articoli 274 ,comma 1 e 280 , comma 2 del Trattato. II richiamato principio di
assimilazione, definito nello stesso art. 280, impone, infatti, che con riferimento alle risorse
comunitarie lo Stato italiano intervenga con tutti gli strumenti di tutela previsti per le risorse nazionali
e pertanto anche con l’applicazione della disciplina normativa relativa ai danni cagionati allo Stato ed
alle amministrazioni pubbliche italiane.
In tal senso, la giurisprudenza contabile e della Corte di Cassazione ha ripetutamente affermato che
anche con riguardo alle risorse comunitarie, il danno si configura comunque a carico dell’ente
pubblico nazionale (Stato, Regione, ente locale o altro) destinatario della risorsa comunitaria che, una
volta assegnata entra a far parte delle fonti di finanziamento del medesimo, anche se le stesse sono a
destinazione vincolata, in tal modo recidendo qualsiasi rapporto finanziario diretto tra l’ente erogatore
e il beneficiario del contributo (Cass., sez. un. 27 luglio 1993, n. 8385, Cass. Sez. Un. 26 agosto 1998
n. 8450; id., Sez. Un. 8 giugno 1994 n. 5567). Il cattivo utilizzo di dette risorse si risolve in un
pregiudizio per l’ente stesso e per la collettività di cui l’ente è soggetto esponenziale oltre che della
stessa Unione europea (in questo senso espressamente Corte dei conti- sez. giurisdizionale regione
Lombardia, n. 528 del 25 marzo 2004).
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Per tale profilo, quindi, la sollevata eccezione è da respingere.
1.2. Va altresì rigettata per infondatezza la proposta eccezione di difetto del potere cognitorio
contabile in relazione all’autonomo regime sanzionatorio in materia di violazione della disciplina
sulle erogazioni delle misure di sostegno nel settore delle carni bovine, adottato dall’ordinamento
comunitario.
Nella vicenda in esame non viene in alcun modo in rilievo, neanche come problematica di riverbero,
la questione della comminazione di sanzioni amministrative per irregolarità relative al diritto
comunitario.
Ed infatti, in disparte il regime sanzionatorio proprio della disciplina di settore che prevede, a seconda
del margine di scostamento della superficie per la quale il contributo è stato erogato e quella per la
quale, all’esito dei controlli, il richiedente è risultato avere la reale disponibilità, l’obbligo di restituire
quote del contributo erogato via via crescenti, fino ad arrivare alla totalità nelle ipotesi più gravi, la
Procura ha agito per il ristoro del danno corrispondente ai contributi indebitamente percepiti riferibili
alle superfici per le quali risulta che i convenuti hanno documentato la disponibilità mediante la
produzione di titoli dal contenuto oggettivamente non veritiero.
Del resto, il regime sanzionatorio disciplinato e previsto dalla normativa comunitaria non sostituisce
certamente l’azione di responsabilità amministrativa della Procura della Corte dei conti che è
indipendente rispetto alla procedura ivi contenuta ed ha carattere tendenzialmente generale su tutta la
contabilità pubblica nell’ambito della quale rientra indubbiamente anche la gestione dei finanziamenti
comunitari, salvo espressa esclusione da parte del legislatore che, tuttavia, in fattispecie non c’è stata.
Conseguentemente, atteso che la pretesa azionata nel presente giudizio non risente di alcuna
contaminazione indotta dalla disciplina della repressione delle illecite percezioni di contributi
comunitari, deve escludersi, anche sotto tale ulteriore profilo, un difetto di giurisdizione di questa
Corte.
Per tali motivi l’exceptio jurisdictionis, nella proposta duplice prospettazione, viene rigettata.
2. Acclarato il potere cognitorio della Corte dei conti in fattispecie, il Collegio, in via pregiudiziale e
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all’esito dell’accertata ritualità delle formalità di notifica dell’atto introduttivo del giudizio, dichiara la
contumacia dei convenuti Rasera Renata, Bonora Dino e Pontini Luigi ai sensi e per gli effetti degli
artt. 291 e 171 c.p.c. Tale declaratoria, come evidenziato dalla giurisprudenza della Corte di
cassazione (sentenza n. 526/1973, 6065/1985, 8873/1991) ha natura di mero accertamento della
situazione processuale della parte che non si è costituita, senza incidere sulla posizione del contumace
come parte del processo, qualità acquisita a seguito della rituale notifica dell’atto di citazione.
3. La difesa della società Forato srl, e dei convenuti Adami Adele e Forato Giovanni, ha formulato
eccezione di inamissibilità e/o improcedibilità del presente giudizio per la pendenza, in ordine ai
medesimi fatti di causa, di un giudizio penale nel quale è intervenuta la costituzione, quale parte
civile, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di AGEA e di AVEPA, di talchè la
contemporanea permanenza del giudizio contabile costituirebbe un inammissibile e non giustificato
duplicato di istanze risarcitorie, che consiglierebbe, quanto meno la sospensione di quest'ultimo
giudizio. La difesa di Agrirocca, Asolat, Giglio, Sinergie, Rech Emanuele e Forato Laura ha eccepito
l’indebito l’utilizzo degli elementi probatori del giudizio penale richiamando il principio della
separatezza dei giudizi.
Invero, va confermata sul punto l’altrettanto consolidata giurisprudenza della Corte dei conti, dalla
quale il Collegio reputa non sussistono presupposti per discostarsi, secondo cui il processo contabile
si sviluppa ordinariamente in modo autonomo rispetto al procedimento penale eventualmente
pendente per fattispecie, quale quella l'esame, correlate alla frode comunitaria od altre ipotesi
criminose per le quali sia intervenuta, da parte dell'Amministrazione assertivamente danneggiata,
costituzione di parte civile e non subisce, del pari, nemmeno gli effetti sospensivi che si realizzano,
con riguardo ai procedimenti amministrativi, per effetto degli stessi procedimenti penali.
Invero, come correttamente rimarcato dalla Procura, ostano al riguardo la diversità delle situazioni
soggettive che fanno capo, rispettivamente al Pubblico Ministero Contabile ed all'Ente danneggiato,
nonché l'evidente e mera “complementarità” e” non alternatività” delle due azioni; di modo che
l'avvio dell'azione contabile potrebbe trovare un plausibile arresto solo nella verificata realizzazione,
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da parte del Requirente e del Giudice Contabili, della pretesa erariale, con una formazione di un
giudicato sull'an e sul quantum e conseguente liquidazione e reintegrazione del patrimonio erariale
(cfr., in termini, Corte dei conti, I Sez. Centr. Appello, sentenze n.109/2002, n.210/2003 e 581/2009):
il che non è dato constatare nella fattispecie l'esame.
Pertanto, il giudice contabile dispone di un potere di autonomo apprezzamento dei fatti asseritamente
costitutivi della fattispecie di responsabilità amministrativa anche laddove i medesimi fatti abbiamo
una rilevanza penale e, come tali, siano oggetto di apprezzamento innanzi a diverso giudice.
Quanto all’utilizzo degli elementi probatori del giudizio penale, osserva il Collegio che il principio di
sostanziale separatezza ed autonomia dei processi non esclude che l’Organo Requirente ed il Giudice
Contabile possano trarre utili elementi di valutazione dal fascicolo processuale penale e, quindi,
l’utilizzazione nel giudizio contabile degli atti processuali acquisiti in altri procedimenti giudiziari
(cfr. Corte dei conti, Sez. I App., sent. 14 dicembre 2005, n. 410; 21 ottobre 2002, n. 360). Pertanto,
come affermato con giurisprudenza consolidata, questa Corte per formare il proprio libero
convincimento può attingere da varie fonti, fra cui, per rimanere nel caso in esame, il materiale
probatorio raccolto in sede penale e, in particolare, i puntuali accertamenti eseguiti dal Nucleo
Antifrodi dei Carabinieri di Parma (NAC).
4. Il superamento delle eccezioni pregiudiziali e preliminari consente ora al Collegio di procedere
all'esame delle censure afferenti al merito della contestata responsabilità.
Al riguardo, gli assunti di responsabilità formulati in atto di citazione trovano riscontro nelle
risultanze istruttorie, fatta eccezione per la posizione della convenuta Rasera Renata di cui si dirà
appresso.
4.1. Il profilo sostanziale più rilevante attiene ai connotati della disponibilità dei terreni dichiarati ai
fini dell’erogazione degli aiuti comunitari.
Per poter beneficiare del c.d. “Pagamento per superfici” nell’ambito dell’attività agricola e dei cc.dd.
“Premio speciale bovini maschi e vacche nutrici” e “Premio per l’estensivizzazione”, nell’ambito
dell’attività di allevamento, occorre, infatti, dimostrare, fra l’altro, la disponibilità di terreni su cui
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operare la semina di taluni seminativi o su cui far pascolare il bestiame.
Soccorrono, in proposito, gli artt. 17 e l'art. 20 del Decreto Mi.P.A.F. 7 novembre 2001, i quali
dispongono che “la superficie foraggera da prendere in considerazione per il calcolo del coefficiente
di densità è costituita per almeno il 50% da pascolo e per la restante parte da altra superficie
foraggera” (art. 20) e che per “pascolo” si intendono i terreni erbosi i quali, alla luce delle prassi
locali di allevamento, sono destinati all'allevamento della razza bovina e ovina (art. 17).
Ai fini della determinazione del coefficiente di densità aziendale (rapporto fra pascoli e superfici valide
utilizzate a foraggio) e della conseguente individuazione del limite massimo di capi pagabili, vengono
eseguiti per le singole aziende incroci con altri settori di intervento. Per il caso in esame, il settore
seminativi viene utilizzato per il riscontro delle superfici foraggiere. Il risultato di questi incroci
consente la determinazione del coefficiente di densità aziendale sulla base del numero di capi richiesti a
premio e la superficie foraggera dichiarata.
L'AGEA, ed in seguito gli organismi pagatori
corrispondenti, provvede ad erogare il premio per le quantità consentite dal coefficiente di densità
aziendale fino ad un limite di 2 UBA/Ha e per anno civile. Il coefficiente di densità è di 1.9 UBA/Ha a
decorrere dal 10 gennaio 2002 e di 1.8 UBA/Ha a decorrere dal 1° gennaio 2003. Oltre tale limite si
procede all'abbattimento del numero di capi ammessi fino al raggiungimento del limite consentito.
Ai sensi del Regolamento CE nr. 2419/2001, art. 32, par. 1, quando in relazione ad un gruppo di colture,
la superficie dichiarata eccede la superficie determinata ai sensi dell’art. 31 par. 2, l'importo dell’aiuto è
calcolato sulla base della superficie determinata ridotta di due volte l'eccedenza constatata, se questa è
superiore al 3% o a due ettari ma non è superiore al 20% della superficie determinata. Se l'eccedenza
constatata è superiore al 20% della superficie determinata, non è concesso alcun aiuto per superficie al
gruppo di colture di cui trattasi. Il riferimento è rinvenibile nell’art. 34 dello stesso Regolamento che
titola “Calcolo delle superfici foraggere per i premi di cui si fa riferimento all'art.12 del Reg. (CE) nr.
1254/1999 (premio bovini maschi e vacche nutrici)” che determina i casi di esclusione dal premio
“speciale bovini maschi" e conseguentemente quello per “l'estensivizzazione”.
In merito, la Procura sostiene che la legittima conduzione dei terreni da parte dell’imprenditore
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agricolo deve essere comprovata da un valido titolo giuridico che costituisce presupposto indefettibile
per poter accedere ai premi, così come previsto dalla normativa. Secondo la prospettazione attorea,
pertanto, tale disponibilità dovrebbe essere “titolata” nel senso che non sarebbe sufficiente la
materiale disponibilità o addirittura il possesso dei terreni in questione. In tale prospettiva, l’aspirante
fruitore dei premi, solo dopo aver acquisito un titolo legale a giustificazione della disponibilità dei
terreni, sarebbe legittimato a chiedere i contributi comunitari.
Di diverso avviso la difesa, la quale sostiene che il presupposto essenziale per l’erogazione dei premi
contestati è l’effettivo godimento di una adeguata estensione dei terreni adibiti a pascolo o utilizzo
foraggero e non piuttosto la disponibilità giuridica degli stessi in base ad un titolo giuridicamente
valido (proprietà, affitto, comodato etc). Ciò in quanto nella disciplina comunitaria, per il
conseguimento dei premi più volte menzionati, si richiede genericamente la “disponibilità” di
estensioni di terreno su cui esercitare le attività agricole o di allevamento oggetto di incentivazione.
Secondo la prospettazione difensiva, tale assunto sarebbe stato confermato dalla sentenza della Corte
di Giustizia dell’U.E. del 24 giugno 2010, resa nel procedimento C-375/08 sul rinvio pregiudiziale ex
art. 234 CE operato dal Tribunale di Treviso, la quale, ad avviso della difesa, afferma il principio di
effettività nell’utilizzo dei terreni nonchè il diritto degli Stati membri di controllare e di mettere in
campo strumenti idonei, nel rispetto degli obiettivi e dei principi generali del diritto comunitario, in
particolare quello di proporzionalità per il quale il sistema di controllo non può vanificare il principio
della effettività, da considerarsi quale principio cardine.
Orbene, ritiene il Collegio che la legislazione, sia comunitaria che nazionale, richieda espressis verbis
la sussistenza dell’idoneo e legittimo titolo giuridico ai fini del conseguimento dell’aiuto comunitario
in esame: reputa cioè necessario che l’aspirante possa vantare la disponibilità dei terreni legittimata
da uno dei titoli espressamente presi in considerazione dalla disciplina di riferimento, non essendo a
tal fine sufficiente che l’interessato asserisca avere la materiale disponibilità dei terreni, occorrendo la
dimostrazione che detta disponibilità scaturisce da uno dei previsti titoli giuridici idonei a farla
conseguire.
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Conformemente agli artt. 1 e 2 del regolamento n. 3508/92, ogni Stato membro deve istituire un SIGC
(Sistema Integrato di Gestione e di Controllo), applicabile ai vari regimi di aiuti comunitari nei settori
della produzione vegetale e della produzione animale, che comprenda una base di dati informatizzata,
un sistema di identificazione delle parcelle agricole, un sistema di identificazione e di registrazione
degli animali, delle domande di aiuti e un sistema integrato di controllo.
Come pure evidenziato dalla Corte di Giustizia Europea nella richiamata sentenza del 24 giugno
2010, sulla base del settimo e del nono ‘considerando’ del regolamento (CEE) della Commissione 23
dicembre 1992, n. 3887 come modificato dal regolamento (CE) n. 1678/98, la finalità del SIGC è
quella di “controllare in modo efficace” il rispetto delle disposizioni in materia di aiuti comunitari e
di adottare disposizioni intese a prevenire e punire efficacemente le irregolarità e le frodi.
Dall’analisi della normativa comunitaria relativa al SIGC, alla tutela degli interessi finanziari delle
Comunità e al finanziamento della PAC, emerge con chiarezza che è onere degli Stati membri
adottare tutti i provvedimenti necessari a garantire la corretta attuazione del SIGC tanto che essi sono
tenuti ad adottare “ in conformità delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative
nazionali” le misure necessarie per accertare se le operazioni finanziate dalle Comunità e dal
FEAOG (Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e di Garanzia) in particolare, siano “reali e
regolari”, nonché per prevenire e perseguire le irregolarità e recupare le somme perse a seguito di
irregolarità o negligenze (art. 8, n. 1, del regolamento n. 2988/95 e art. 8, n. 1, reg. CE n. 1258/1999).
In tal senso, si dispone che ciascun imprenditore deve presentare, per ciascun anno civile, una
domanda di aiuto per superficie che indichi le parcelle agricole, comprese le superfici foraggere, ed
eventualmente “qualsiasi altra informazione necessaria” prevista dai regolamenti comunitari, o dallo
Stato membro interessato (art. 6, n. 1, reg. n. 3508/92) e che la domanda di aiuto per superficie deve
contenere tutte le informazioni necessarie e, in particolare, gli elementi atti a identificare tutte le
parcelle agricole dell’azienda, la loro superficie, ubicazione e utilizzazione (art. 4, n. 1, reg. n.
3887/92). Gli Stati membri, a loro volta, devono garantire che le parcelle agricole siano identificate in
modo attendibile, esigendo, in particolare, che le domande di aiuto per superficie siano corredate
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degli elementi o dei documenti definiti dalle competenti autorità, al fine di localizzare e misurare
ciascuna parcella agricola (art. 4 reg. n. 2419/2001) e, a tal fine, verificano l’ammissibilità delle
parcelle agricole con qualsiasi mezzo appropriato richiedendo, qualora necessario, la presentazione di
prove supplementari (art. 22, n. 3, reg. n. 2419/2001).
A tale scopo, quindi, gli Stati membri sono legittimati ad introdurre precisazioni quanto alle prove da
fornire a sostegno di una domanda di aiuti facendo riferimento, in particolare, alle prassi abituali sul
loro territorio nel settore dell’agricoltura relative al godimento e all’utilizzazione delle superfici
foraggere nonché ai titoli da produrre a proposito di tale utilizzazione (punto n. 82, sentenza Corte di
Giustizia Europea 24 giugno 2010)
Il regolamento n. 1259/1999 stabilisce, altresì, che nell’ambito dei regimi di aiuti in esso disciplinati
non può disporsi alcun pagamento a favore di quei beneficiari per i quali sia accertato “che hanno
creato artificialmente le condizioni necessarie per ottenere i pagamenti in questione al fine di trarre
un vantaggio contrario agli obiettivi del regime di sostegno di cui trattasi” (art.7).
La formazione comunitaria di settore, preservando le peculiarità degli ordinamenti degli Stati aderenti
all’Unione, rimette, quindi ai legislatori nazionali la determinazione delle previsioni tecniche di
dettaglio per l’applicazione della disciplina comunitaria.
Nella disciplina domestica (DPR 1° dicembre 1999, n. 503, decreti del Ministero delle Politiche
agricole e forestali 4 aprile 2000, 10 agosto 2001 e 17 aprile 2003, le circolari attuative adottate
dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, tra le quali la circolare 24 aprile 2001, n. 35 e 24 aprile
2003, n. 23), puntualmente richiamata dalla Procura, tra le informazioni indispensabili da fornire per
l’ottenimento dei contributi, vi sono quelle relative alle modalità di conduzione delle superfici per le
quali vengono richiesti i premi. È evidente infatti che trattandosi di aiuti parametrati all’estensione dei
terreni, la reale disponibilità delle superfici, delle quali, comunque, occorre la specificazione dei
riferimenti catastali dettagliati, costituisce un fattore essenziale. Pertanto sono state codificate, nelle
istruzioni per la compilazione delle richieste di aiuto, le modalità di conduzione da indicare per
ciascuna particella o sua porzione segnalata nella domanda. L’erogazione del contributo, dunque, è
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condizionata
alla
sussistenza
di
un
titolo,
debitamente
documentabile,
attributivo
al
coltivatore/allevatore della disponibilità della superficie. Tale titolo non può essere surrogato dalla
esistenza di relazioni di fatto del soggetto che auspica l’erogazione di contributi comunitari con il
fondo. In definitiva, l’esigenza di destinare le risorse a coloro che realmente sono i destinatari delle
politiche comunitarie di sostegno all’agricoltura nonché quella, connessa, di semplificare il controllo
che tale destinazione abbia luogo, rende assolutamente ragionevole che la fruibilità dei contributi per i
quali v’è causa sia subordinata alla spendita di un titolo idoneo alla conduzione della superficie. La
stessa Corte di Giustizia adita ha espressamente affermato (punto n. 75 della sentenza più volte
richiamata) che l’obbligo imposto dalla normativa nazionale di produzione del titolo giuridico valido,
diretta segnatamente a impedire che gli allevatori possano abusivamente sfruttare terreni altrui al fine
di eludere la normativa comunitaria di settore, è conforme al generale principio di proporzionalità.
Nel caso in esame, dagli atti di causa emerge inequivocabilmente ed incontrovertibilmente che le
conduzioni di che trattasi erano senza titolo legittimante stante, da un lato, la provata allegazione, alle
domande di richiesta dei contestati premi, di contratti di comodato d’uso delle superfici foraggere
oggettivamente e soggettivamente simulati, creati all’insaputa dei proprietari delle aree interessate
stipulati, con intermediari per le società beneficiarie (per lo più riconducibili a Rech Emanuele), al fine
di dimostrare la disponibilità di congrue superfici foraggere in capo all’Azienda e, dall’altro, l’accertata
(verifiche documentali e testimoniali effettuate dai NAC) evidente falsità di destinazione d’uso delle
superfici dichiarate a foraggio le quali, oltre ad essere di proprietà di persone diverse dai presunti
comodanti, in molti casi risultavano catastalmente soppresse, intestate ad enti urbani, o destinate ad usi
non agricoli come: depositi di idrocarburi, campo sportivo, area cimiteriale, porzioni di torrenti, aree
urbane, fabbricati rurali, quindi, inidonee per definizione all’utilizzo dichiarato e necessario per il
percepimento dei premi.
Risulta con chiarezza dagli atti di causa che la inidoneità e/o indisponibilità delle predette particelle di
terreno ha fatto emergere scostamenti, che il NAC ha ritenuto “frutto di irregolarità commesse
intenzionalmente”, tra la superficie totale destinata a foraggere ed indicata in domanda con la superficie
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spettante a seguito dei controlli oggettivi predisposti dall'AGEA il più delle volte per una estensione
superiore al 90% della superficie dichiarata. Nello specifico:
- con riferimento ad AGRIROCCA di Rech & C sas, anno 2002: scostamento percentuale pari al
95,17%. In fattispecie è stato riscontrato che ”parte dei terreni ubicati nel comune di Alano di Piave
(BL) erano occupati da bosco e non da superfici foraggere, come si evince dalle informazioni rilasciate
dal sindaco di quel comune.”. Anno 2003, lo scostamento percentuale rilevato è pari al 94,87%. Anno
2001, lo scostamento percentuale è pari al 96,04%;
- con riferimento ad ASOLAT sas di Rech & c., anno 2000: scostamento percentuale pari all’88,96%.
Anno 2001: scostamento percentuale è pari a 94,92%. Per l’anno 2002 osservavano i NAC che la ditta
Asolat non aveva avuto mai la materiale disponibilità dei terreni indicati poiché il “Centro Servizi
Agro-Ambientali” non aveva alcun titolo per poter redigere il contratto di comodato di fondi rustici in
favore dell’Asolat. In considerazione del fatto che la superficie totale dichiarata a foraggiera era di ettari
283.69 e che la superficie sulla quale l'ASOLAT non aveva titolo di conduzione era di ettari 257.22, si
rileva uno scostamento percentuale pari a 90,67. Analogamente, per l’anno 2003, la ditta non aveva
avuto mai la materiale disponibilità dei terreni dichiarati in quanto BONORA Dino non aveva alcun
titolo per poter redigere il contratto di comodato di fondi rustici in favore dell’Asolat. Pertanto. in
considerazione del fatto che la superficie totale dichiarata a foraggiera era di ettari 750,48 e che la
superficie sulla quale l'ASOLAT poteva vantare titolo è di ettari 26,88 (Alano di Piave e Vedelago),
veniva rilevato uno scostamento percentuale pari a 96,42;
- in relazione alla Forato srl: domanda del 2000, in considerazione del fatto che la superficie totale
dichiarata a foraggiera era di ettari 228,22 e che nel contratto di comodato era stata indicato una
superficie a foraggera di ettari 243.85.00, lo scostamento percentuale era pari a 1100%;
- con riferimento alla domanda di SINERGIE di E. Rech del 2003, i NAC rilevavano uno scostamento
percentuale pari al 81,80% sempre frutto di irregolarità commesse intenzionalmente;
- con riferimento alla domanda di SINERGIE srl di E. Rech del 2004, (solo tentativo di truffa)
osservavano i NAC che mettendo a confronto la superficie totale destinata a foraggera dichiarata in
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domanda, pari ad ettari 669.85.00, con la superficie spettante di ettari 110.13.00 ubicata nei Comuni di
Monfumo ed Ovaro, determinata dai controlli esperiti dal personale operante, si rileva uno scostamento
percentuale pari al 83.56 %;
- infine, con riferimento alla domanda di Rech Emanuele del 2002, osservavano i NAC che mettendo
a confronto la superficie totale destinata a foraggera ed indicata in domanda, pari ad ettari 127.83.00,
con la superficie spettante a seguito dei controlli ed ubicata nel Comune di Monfumo, pari ad ettari
12.86.00, si rileva uno scostamento percentuale pari al 89,94 %.
Ne consegue la indebita percezione dei contributi comunitari di cui si discute, la cui erogazione
patrimoniale è da considerarsi priva di causa, stante l’assenza dei presupposti di legge. Va pertanto
affermata la sussistenza del danno erariale quale quantificato dalla Procura nell’importo di euro
3.613.644,41. In proposito nessuna preclusione può derivare dalla avvenuta
adozione dei
provvedimenti di sospensione delle erogazione dei contributi per gli anni successivi, che risponde
chiaramente ad una logica cautelare e come tale solo strumentale al soddisfacimento della pretesa
risarcitoria .
4.2. Ritiene, altresì, il Collegio che, come esaurientemente provato in atti in relazione all’apporto
causale di ciascun convenuto, la connotazione dolosa delle condotte formulata dalla Procura sia
condivisibile, stante che la percezione dei contributi comunitari è causalmente ed inequivocabilmente
riconducibile alle condotte poste in essere dalle convenute ditte e società beneficiarie, dai soci,
amministratori e legali rappresentanti delle stesse società e dagli intermediari e procacciatori d’affari,
esclusa la convenuta Rasera Renata, volutamente e scientemente in contrasto con la normativa di
riferimento nonchè con gli obiettivi della politica agricola comunitaria di sostegno allo sviluppo
agricolo, quale emergente dalle norme di settore, comunitarie e nazionali.
4.3. Fermo quanto sopra, ritiene il Collegio che, alla luce delle risultanze istruttorie e degli atti tutti di
causa, nei confronti della convenuta Rasera Renata (non costituita in giudizio) non emergano gli
elementi costitutivi della responsabilità erariale. La convenuta avrebbe, secondo la progettazione
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attorea, svolto l’attività di intermediazione per conto delle ditte del Gruppo Rech e rivestito il ruolo
di legale rappresentante della Società Centro Servizi Agro-ambientali che figurava sovente come
comodante nei contratti rivelatisi, poi, fittizi. Emerge, tuttavia dagli atti di causa (verbali di
interrogatorio del Pontini Luigi in data 21 e 28 febbraio 2005, perizia calligrafica del 14 febbraio
2005) che di fatto le operazioni e transazioni commerciali ad essa imputate erano state gestite a sua
insaputa da Bonora Dino che, in quanto suo coniuge, aveva accesso ai documenti della stessa e ne
spendeva il nome e da Pontini Luigi che afferma di essersi recato personalmente presso l’Ufficio di
Registro per chiedere l’apertura della partita IVA della Società Centro Servizi Agro-ambientali,
munito di fotocopia del documento di identità della Rasera e di aver apposto, di suo pugno, sul
modulo di richiesta la sottoscrizione apocrifa apparentemente riferibile a questa. Ad ulteriore riprova
è versata in atti la consulenza tecnica grafica su firme contestate resa dal dott. Cesare d’Elia,
Consulente giudiziario, del 14 febbraio 2005 in cui si afferma che “le sigle del Comodante in calce ai
Contratti di Comodato di Fondo rustico (all. 1 a, b, c) non sono riferibili alla mano di Renata
Rasera”.
4.4. Il Collegio, conclusivamente, per i suesposti motivi assolve la convenuta Renata Rasera dalla
pretesa attorea e confema l’impianto accusatorio nei confronti dei restanti convenuti i quali vengono
condannati in via solidale tra loro, al pagamento in favore dell’Erario della somma di euro
3.613.644,41 (euro tremilioniseicentotredicimilaseicentoquarataquattro/41) quale rideterminata dalla
Procura con nota di deposito atti n. 6 del 04.06.2010, a seguito delle compensazioni operate dall’ente
pagatore con le annualità dei premi successive a quelle delle indebite percezioni, oltre rivalutazione
monetaria dalla data dell’atto introduttivo del giudizio fino a quella del deposito della presente
sentenza e interessi, sull’importo rivalutato, dalla indicata data del deposito della presente sentenza
fino al soddisfo.
Le spese del giudizio seguono, in via solidale tra i convenuti, la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale regionale per il Veneto, ogni altra eccezione reietta,
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definitivamente pronunciando, decide quanto appresso:
- afferma il potere cognitivo della Corte dei Conti in ordine alla fattispecie lesiva all’esame;
- dichiara la contumacia, ex artt. 291 e 171 c.p.c, dei convenuti Rasera Renata, Bonora Dino e Pontini
Luigi;
- respinge la richiesta di sospensiva del giudizio per pregiudiziale penale;
- condanna i convenuti Agrirocca di Rech Emanuele & C. sas, Asolat di Rech Emanuele & C. sas,
Forato srl, Giglio srl, Sinergie sas, Rech Emanuele, Forato Laura, Forato Giovanni, Adami Adele,
Colomberotto Ivo Giovanni, Bonora Dino, Petris Adriano e Pontini Luigi, in via solidale tra loro, al
pagamento
in
favore
dell’Erario
della
somma
di
euro
3.613.644,41
(euro
tremilioniseicentotredicimilaseicentoquarataquattro/41) quale determinata in parte motiva. Su detto
importo è posta a carico dei convenuti la rivalutazione monetaria dalla data dell’atto introduttivo del
giudizio fino a quella del deposito della presente sentenza. Sull’importo rivalutato, da parte dei
convenuti, in via solidale, sono dovuti gli interessi dalla indicata data del deposito della presente
sentenza fino al soddisfo;
- assolve la convenuta Rasera Renata dalla domanda attorea.
Le spese del giudizio seguono, in via solidale tra i convenuti, la soccombenza e si liquidano in euro
24.740,44 (ventiquattromilasettecentoquaranta/44centesimi).
Nulla per le spese di giustizia a carico della convenuta Rasera Renata.
Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio del 20 ottobre 2010.
L' Estensore
F.to dott.ssa Elena Brandolini
Il Presidente
F.to dott. Davide Morgante
Depositata in Segreteria il 26.01.2011
Il Dirigente
F.to Daniela Gubbiotti
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sentenza n. 54 2011 veneto