Analisi del Fenomeno dei Pirati
Attività di Negoziazione Operativa
Somali
e
"La migliore guerra è quella che si vince senza combattere"
Sun Tzu - L'arte della Guerra
Dott. Riccardo Palma
Esperto in sicurezza e prevenzione del terrorismo islamico
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di
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La presente indagine si propone di valutare ed analizzare il
fenomeno della pirateria marittima in Somalia, in relazione
alla negoziazione di ostaggi e al
teatro operativo
in cui
la stessa deve essere realizzata , tenuto conto
della
situazione politica locale
di uno Stato in cui regna la
totale anarchia e dove la gestione del potere risulta
frammentata in gruppi il cui credo spazia dall’interesse
commerciale all’integralismo religioso di matrice islamica .
In tal senso si analizzerà il profilo dei pirati somali e si
costruirà
un
protocollo
operativo
applicabile
al
caso
concreto.
1. La pirateria marittima – brevi cenni
ww
w.
La pirateria marittima è un crimine caratterizzato dal
compimento di atti di violenza e depredazione nonché dal
rapimento con detenzione di ostaggi
commesso dall'equipaggio
o dai passeggeri di una nave contro un'altra nave .
Il fenomeno in Somalia
è determinato dalla mancanza di
sorveglianza istituzionale delle acque prospicienti le coste.
Ci troviamo, infatti , in presenza di uno stato senza
struttura che non riesce a mantenere l’ordine nel proprio
territorio e di conseguenza non può impedire atti di
banditismo in mare.
Se il paese fosse “ istituzionalmente strutturato ” le forze
marittime dello stesso certamente risulterebbero impegnate in
azioni di polizia volte ad impedire il perpetrarsi del
fenomeno.
Non ci si vuole dilungare sulle problematiche politiche della
Somalia , argomento di cui si è
ampiamente dibattuto ,
basterà in questa sede rimarcare come interessi economici ed
anarchia facciano da padroni nel panorama geopolitico del
Corno d’Africa.
2.
I gruppi operativi in Somalia – “Pirati Organizzati”
I quattro principali gruppi di pirati che operano lungo le
coste somale sono:
-Il National Volunteer Coast Guard (NVCG), comandato da Garaad
Mohamed, specializzato nell’ intercettare piccole imbarcazioni
e pescherecci intorno Chisimaio sulla costa meridionale.
-Il Marka, sotto il comando di Sheikh Yusuf Mohamed Siad (noto
anche come Yusuf Indha'adde), è costituito da diversi gruppi
non eccessivamente organizzati che operano intorno alla città
di Marka.
-Il terzo gruppo è composto da pescatori somali che operano in
tutto il Puntland – c.d gruppo Puntland.
-I Somali Marines : sono la più potente e sofisticata
organizzazione di pirateria. Guidati dal signore della guerra
Mohamed Abdi Afweyne.
Il gruppo Somali Marines è dotato di una struttura militare e
di un
organizzazione di gestione delle c.d. operazioni
finanziarie.(fonte Globalsecurity.org)
Profilo del Pirata Somalo
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3.
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La maggior parte dei pirati ha un età tra i 20 e i 35 anni e
proviene dalla regione del Puntland nel nord-est della
Somalia.
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I pirati possono essere suddivisi in tre categorie:
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1. pescatori, considerati il braccio delle operazioni grazie
alla loro abilità e alla profonda conoscenza del mare.
2. Ex-miliziani che in precedenza hanno combattuto per i
signori della guerra dei clan locali o che sono exmilitari dell'ex governo di Siad Barre.
3. Esperti tecnici, che operano con attrezzature anche
sofisticate
che hanno ricevuto una accurata formazione
sull'utilizzo delle armi, dei motori delle navi e sulla
navigazione
da
compagnie
di
sicurezza
occidentali
presenti negli anni passati sul territorio in quanto
sotto contratto con il governo del Puntland.
4.
Modalità dell’attacco di pirateria
Solitamente i pirati utilizzano una nave madre, che fa da base
e quartier generale: da qui entrano in azione i commandos, a
bordo di skiff, piccole barche veloci, armati di mitragliatori
AK 47 e lanciarazzi.
Il modus operandi è sempre lo stesso : i pirati sparano alcuni
colpi per chiarire le loro intenzioni, si arrampicano sulla
nave presa di mira, ne prendono possesso e sequestrano
l’equipaggio.
L'attacco si verifica durante il giorno, spesso nelle prime
ore del mattino.
4.1
Modalità operative dell’attacco
5.
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a)
per
effetto
dell’utilizzazione
di
imbarcazioni
d'appoggio, gli attacchi avvengono ben al di fuori del limite
delle 12 miglia territoriali della Somalia ;
b) l'attacco inizia con l’approssimarsi alle navi di piccole
ed agili barche che possono raggiungere una velocità di oltre
25 nodi ;
c) la nave viene affrontata di fianco o da poppa e sono usate
sempre
armi
di
piccolo
calibro(armi
automatiche
e
lanciagranate
a
razzo
a
propulsione)
per
intimidire
l'operatore
di
macchina
affinché
rallenti
e
consenta
l'abbordaggio;
d) vengono poi utilizzate scale pieghevoli per salire a bordo,
a questo punto i pirati cercano di ottenere il controllo del
ponte con la finalità di avere il controllo operativo della
nave;
e) la nave viene quindi dirottata in una rada amica e da qui
parte la trattativa per il riscatto.
Le principali zone ove vengono posizionate le navi sequestrate
si trovano ad Eyl e Harardhere.
Eyl è un’antica ansa portuale della regione autonoma del
Puntland che dal 2000 è diventata una delle capitali della
pirateria moderna.
Più a Sud, nella provincia di Mudugh, c’è Harardhere: qui, nel
maggio 2010 i membri del partito integralista islamico «Hizbul
Islam» hanno conquistato il porto, mettendo apparentemente in
fuga i nuovi filibustieri.
In realtà c’è piu’ di un indizio (la petroliera italiana
«Savina Caylyn» era tenuta dai pirati proprio nella rada di
Harardhere) che porta a pensare che i pirati siano il
“rovescio della medaglia” dei
gruppi militanti islamici
legati a fazioni salafite in aperta collaborazione con Al
Qaida.
Navi dirottate e
marittimi sequestrati
Il
21
dicembre
2011
i
responsabili
dell’operazione
antipirateria dell’Unione Europea, “Atalanta”, avevano contato
200 persone in mano ai pirati somali. A questi vanno aggiunti
i 22 membri dell’equipaggio della «Enrico Ievoli». Dunque, i
pirati dispongono attualmente di 222 ostaggi.
Tale conteggio è quasi coincidente con quello elaborato dall’
International Maritime Bureau, che al 16 dicembre 2011
indicava 176 ostaggi e 10 navi in mani somale.
Nel 2011 sono stati 232 gli attacchi riportabili ai
filibustieri somali, 26 le navi sequestrate, 450 i marittimi.
Dal dicembre 2008, periodo in cui ha avuto inizio l’operazione
antipirateria
dell’Unione
europea,
sono
stati
2.317
i
marittimi presi in ostaggio.
La durata media della prigionia è di circa 5 mesi, il record è
stato 19 mesi.
Almeno 60 ostaggi sono morti durante la detenzione. Molti
altri sono stati torturati o hanno subito abusi e violenze.
Il costo medio di un riscatto per nave ed equipaggio
è di
circa 8 milioni di dollari. Nel 2010 sarebbero stati versati
circa 150 milioni di dollari in riscatti
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Dall’analisi di tali dati
risulta quindi evidente
il
business sotteso alle azioni di pirateria.
In questa operazione commerciale
“altamente remunerativa” e
relativamente pericolosa per chi la commette, si inseriscono in forma piu’ o meno indiretta - gli interessi delle
assicurazioni che hanno aumentano i premi di rischio per le
navi che incrociano a largo della Somalia , oltre che quelli
dei contractors che si accingeranno nel 2012 ad allestire la
prima flotta privata
antipirateria (a gestire questa flotta
la società britannica Convoy Escort Programme Ltd. sostenuta e
finanziata dai Jardine Lloyd Thompson Group Plc di Londra).
Negoziazione operativa e recupero degli ostaggi in Somalia
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Tale la situazione che si presenta ad un negoziatore che si
accinge ad operare in un area cosi’ delicata .
Evidenti le possibili intrusioni che possono determinare il
fallimento dell’operazione.
In un simile panorama risultano poco applicabili i protocolli
di negoziazione operativa, che si adoperano normalmente (
prot. FBI ) ed è evidente come gli stessi debbano essere
adattati alla situazione geopolitica di riferimento.
In primo luogo risulta utile ricordare che il compito di un
buon negoziatore
è quello di “salvare le vite umane in
pericolo: quelle degli ostaggi e quelle dei sequestratori” cit. D. Bellomo e dunque lo stesso non deve
mai
essere
influenzato da personali valutazioni politiche o religiose.
Tenendo presente gli elementi descritti si può affermare che
un professionista della negoziazione, in un tale contesto
operativo, deve conoscere alla perfezione la realtà in cui
opera al fine di prevenire le eventuali insidie che potrebbero
interferire
nell’attività
volta
alla
liberazione
degli
ostaggi.
In tale ottica l’autore di questo rapporto ha ritenuto di
poter riadattare al caso concreto i protocolli d’intervento
esistenti.
A) L’operazione:
La negoziazione si innesta in un ciclo operativo costituito
per lo più da quattro componenti più una fase solo eventuale:
quella dell’assalto.
1. Attività di intelligence generica
Questa fase inizia ben prima della prima comunicazione con i
sequestratori.
Se si è in possesso delle identità dei dirottatori o della
loro affiliazione terroristica, si potrà procedere alla
raccolta di informazioni su eventuali precedenti da parte
degli elementi coinvolti, onde stilare un profilo psicologico
al fine di anticiparne le mosse.
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2. Unità di crisi
L'unità di crisi ha la responsabilità della gestione di tutti
i soggetti coinvolti, facendo proprio il compito di giungere
ad una risoluzione pacifica della situazione.
Essa dovrà essere composta esclusivamente da personale con
interesse diretto negli eventi contingenti.
Stiamo, quindi, parlando dei responsabili dei servizi segreti,
delle forze di polizia, delle forze armate e dei servizi di
emergenza, oltre che di un' alta carica dello Stato (quale il
Ministro
degli
Interni)
e
di
eventuali
rappresentanti
diplomatici.
Al suo interno sarà presente una team di negoziazione.
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3.
TEAM di negoziazione
Ha la funzione di mantenere aperto un contatto con i
sequestratori onde valutare
le richieste e le motivazioni
degli stessi nonchè la situazione che regna a bordo.
Il Team ha inoltre il compito (gravoso e assolutamente
eventuale) di guadagnare tempo al fine di
permettere alle
squadre d' assalto di pianificare un eventuale raid.
Laddove le richieste dei sequestratori non possano essere
soddisfatte o esista un serio pericolo per la incolumità degli
ostaggi si renderà necessario un intervento armato.
Gli eventi che possono far scattare il piano di liberazione da
parte delle unità d' assalto sono di solito. l'uccisione di
più di un ostaggio.
4. Attività di Intelligence in loco
E’ resa possibile grazie alle informazioni fornite da
eventuali collaboratori (pirati pentiti) che potranno essere
reclutati attraverso l’utilizzazione dello schema soldi/ stima
con i negoziatori .
In tale fase si dovranno ricercare le seguenti informazioni:
-numero
dirottatori,
loro
armamento
ed
ubicazione;
-numero esatto degli ostaggi a bordo e loro ubicazione;
-presenza o meno di esplosivi;
-possibilità di raggruppare i sequestratori sul ponte di
comando
per farli discutere con il
negoziatore
onde
distrarli in caso di attacco.
5.
Allestimento (comunque) del dispositivo d'assalto:
Una o più squadre d' assalto adeguatamente equipaggiate
saranno sempre pronte ad intervenire nel caso gli eventi
precipitassero.
L' unità d' intervento potrà provenire da forze speciali
addestrate ad hoc.
Contemplabile la presenza di uno o più consiglieri facenti
parte di unità militari straniere con pregressa e maggiore
esperienza nel campo.
B) Il negoziatore operativo
Modalità di svolgimento
cultura islamica
della
trattativa
con
soggetti
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L’approccio
che
deve
essere
adottato
con
soggetti
sequestratori di cultura islamica , come i pirati somali,
dovrà essere improntato alla delicatezza con mano ferma
e
deve mirare a dar luce positiva al diavolo occidentale
che
per cultura locale è infido e sempre disposto al tradimento.
In
tal
guisa
le
indicazioni
che
seguono
sono
state
“edulcorate” da forme di rambismo.
La negoziazione operativa in ambienti a rischio può essere
definita “arte della comunicazione gentile”.
Quello che segue è un esempio della detta modalità:
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1
Pianificare con calma
La parte più importante del negoziato sta nel prendere tempo
per esaminare la situazione e pensare al piano da adottare .
2
Essere flessibili
Considerare
una vasta gamma di opzioni e risultati senza
fossilizzarsi su di un'unica soluzione.
Il negoziatore deve essere aperto alle idee e deve evitare di
rinchiudersi nel raggiungimento di un unico risultato.
3
Cercare punti in comune con i sequestratori
Utilizzare un atteggiamento di cooperazione e diminuire i
sentimenti di resistenza dei sequestratori.
4
Affrontare i problemi dal più importante al meno importante
Il raggiungimento di un accordo sulle questioni più importanti
rende le meno importanti più facili da risolvere.
5
Scoprire
ciò
di
cui
i
sequestratori
hanno
bisogno
nell’immediatezza
Avere alternative - creative - pronte se non si può dare loro
quello che chiedono.
6
Essere disposti a scendere a compromessi
Negoziare tenendo in considerazione un elenco di cose che si è
disposti a sacrificare per raggiungere l’ accordo.
7
Evitare comportamenti di opposizione quali: gli atteggiamenti
intimidatori o aggressivi, il sarcasmo, il parlare a voce
alta.
Al contrario:comunicare gentilezza, amicizia, collaborazione,
ragionevolezza e candore.
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Concludo questa relazione ritenendo che un negoziatore, in
attività in zone a rischio, non debba necessariamente tenere
conto di un protocollo di intervento predefinito , ma debba
essere
capace
di
valutare
la
necessità
del
momento
ritrovandosi
a dover “fare i conti” con vite
che dipendono
dalle proprie scelte, tanto e maggiormente quando si tratta
con personaggi che - per tradizione, ambiente culturale e
credo religioso - risultino antitetici rispetto alla mentalità
occidentale.
Il negoziatore operativo in ambiente arabo-islamico, quale
appunto quello somalo,
per ottenere il miglior risultato
(portare a casa gli ostaggi senza colpo ferire) dovrà
“ragionare”
abbandonando
le
logiche
comportamentali
occidentali.
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