Lea Giordano AGN: meccanismi di emissione e modello unificato introduzione storica prima classificazione degli AGN spettri meccanismi di emissione IPOTESI DI LAVORO modello unificato riclassificazione alla luce del modello unificato extras bibliografia e referenze 20.01.03 INTRODUZIONE STORICA Carl Seyfert Markarian Khachikian e Dan Weedman scoperta dei QUASARs — 3C 48 — 3C 273 Carl Seyfert Carl Seyfert scoprì che alcune galassie possedevano la peculiarità di avere nuclei straordinariamente brillanti e puntiformi. Nel 1943 selezionò dalla survey dell’osservatorio di Mt. Wilson sei galassie (NGC1068, NGC1275, NGC3516, NGC4051, NGC4151 e NGC7469) che avevano in comune righe di emissione allargate (broad line emission) e ne analizzò lo spettro. Cinque delle suddette galassie erano spirali, tranne NGC1275, un’irregolare peculiare. Da allora “galassia di tipo Seyfert” indica un’intera classe di galassie attive. NGC 4151 NGC 1068 NGC 4051 NGC 7469 NGC 3565 B.E. Markarian Nel 1963 pubblica i risultati dello studio di 41 galassie peculiari di cui si ha evidenza di emissione non termica, ovvero non direttamente proveniente dalle fotosfere stellari. Sono incluse tutte le galassie analizzate da Seyfert. Markarian inizia una survey (con il telescopio Schmidt da 1m del Byurakan Observatory, in Armenia), selezionando una serie di oggetti che presentano un eccesso blu-UV nel loro continuo, che terminerà con la pubblicazione di un catalogo comprendente circa 1500 galassie che oggi sono note come Markarian galaxies. In realtà questa non è una classe vera e propria di AGN, ma piuttosto una selezione di oggetti, a basso redshift, che presentano una particolare caratteristica dell’attività galattica: l’eccesso blu-UV. Markari an th umbn ails M a r k a r i a n 4 2 1 – b r o a d b a n d s p e c t r u m Khachikian e Dan Weedman Nel 1974, grazie ai progressi delle tecniche spettrografiche, riclassificano le galassie di tipo Seyfert in due classi: Seyfert type I righe permesse: H (in massima parte), HeI, HeII e FeII; con [FWHM] corrispondenti a velocità comprese tra 1 e 104km/s righe proibite: OIII hanno [FWHM] corrispondenti a soli ~103km/s Seyfert type II righe permesse e proibite hanno circa le stesse [FWHM] pari a ~103km/s SCOPERTA DEI QUASARs I quasar furono identificati per la prima volta (negli anni 50 del secolo scorso) come intense sorgenti radio piuttosto estese. Poiché le controparti ottiche erano puntiformi furono identificati con l’acronimo di QSRSs (Quasi-Stellar Radio Sources), da cui QUASARs. L’emissione di queste sorgenti presenta una variabilità su tempi scala di decine di mesi (molto meno in alcuni casi) il che porta a pensare che deve esserci qualcosa di veramente peculiare nella geometria della regione emettitrice: le dimensioni della regione da cui proviene la luce non possono essere superiori al tempo che la luce stessa impiega per attraversare la regione. Da questo possiamo ricavare un limite superiore per le dimensioni lineari della regione di variazione che per i quasar in genere è al massimo di 1 anno luce. 4 8 e 3 C 2 7 3 3C 48 3C 273 La posizione di questa sorgente fu trovata (con un’accuratezza di ~5 arcsec) nel 1960 dagli astronomi del Caltech e la controparte ottica fu identificata su una lastra presa da Alan Sandage al 5m di Mt. Palomar, dove appariva come una stella blu di 16^ magnitudine associata ad una debole nebulosità con una bassissima brillanza superficiale di circa 12 x 5 arcosecondi, con la sorgente radio non perfettamente al centro. Dallo spettro emergevano delle righe di emissione allargate. Si apre una lunga e dibattuta controversia sulla natura galattica o extragalattica di questa sorgente, che si risolverà con l’attribuzione di un redshift pari a 0.37. I radioastronomi del Jodrell Bank utilizzarono il metodo dell’occultazione lunare per misurare la posizione di questa sorgente che sostenevano essere di natura extragalattica. Anche per questa individuazione della controparte ottica furono utilizzate lastre prese a Palomar (da Rudolph Minkowski) e si trovò che la sorgente sembrava essere una stella di 13^ magnitudine anch’essa associata ad una debole nebulosità allungata. Dallo spettro di 3C 273 emersero righe dell’idrogeno corrispondenti ad un redshift di 0.16 (che corrisponde ad una velocità di allontanamento di ~16% di c). Questa sorgente si trova quindi ad una distanza di ~950 Mpc (per H0=50; ~685 per H0=70). La magnitudine apparente è 13, con la formula del modulo di distanza è possibile trovarne la magnitudine assoluta: M m 5 log D 5 Il Sole ha una magnitudine assoluta MV=4.8 da cui possiamo ricavare la luminosità visibile di 3C 273 in termini di luminosità solare L☼: Lq M q M 2.5 log L L . ovvero pari a 4.8·1012 ☼ Si ricava che MV=-26.9, che paragonata con una galassia luminosa (MV~-23, ~1011L☼) fa capire quanto peculiari siano gli oggetti a cui ci troviamo di fronte. 3C 48 3C 273 a cosa siamo di fronte? Abbiamo presentato diverse tipologie di oggetti e abbiamo sottinteso che siano tutti parte della classe di sorgenti astronomiche denominata AGN (Active Galactic Nuclei). Ovvero oggetti: GALACTIC: che vivono in galassie quindi extragalattici; NUCLEI: che vivono nel cuore di queste galassie, vicine e lontane (lontanissime); ACTIVE: che presentano una qualche sorta di attività, ovvero la luce che vediamo non è direttamente attribuibile a processi di origine stellare. Metodi d’indagine di una sorgente in astrofisica Per analizzare le sorgenti con cui si ha a che fare in astrofisica gli strumenti d’indagine sono prevalentemente due: FOTOMETRIA SPETTROGRAFIA Entrambe si estendono su quasi tutto lo spettro elettromagnetico, con minori risoluzioni per le lunghezze d’onda maggiori (dovute alla difficoltà tecnica di collimare un raggio di fotoni ad altissima energia). Dalla spettrografia in particolare si ricavano indicazioni preziosissime riguardo allo spettro di emissione delle sorgenti (righe atomiche), strumento insostituibile per stimare le distanze di questi oggetti. DISTANZA Il redshift attribuibile agli AGN è quasi unanimemente interpretato come effetto cosmologico. Nel modello cosmologico “standard” il redshift z di una riga spettrale emessa ad una lunghezza d’onda λe e rivelata a λ0 è legato alla distanza della sorgente emettitrice dalla seguente relazione: d L cH 0 1 1 2 z 2 (1 q0 ) z ... dove H0 è la costante di Hubble, q0 il parametro di decelerazione e z è definito come: z (0 e ) e Il primo termine della serie si può interpretare come velocità di recessione z=v/c, i termini successivi sono le correzioni relativistiche che diventano non trascurabili per ~ z>0.3 La distanza calcolata in questo modo dà la diminuzione del flusso totale per una sorgente di luminosità L che irraggia isotropicamente: Es.: per il quasar 3C 273: L F d 4d L2 L~ 6 1046 ( H 0 / 100km s 1Mpc 1 )erg s 1 distanza - continua circa 102 volte maggiore di una galassia gigante e proveniente da un volume probabilmente circa 106 volte inferiore. Nel corso della storia questo ha spesso fatto sì che fosse messa in dubbio l’interpretazione cosmologica del redshift di questi oggetti. In realtà: sono stati trovati quasar in cluster con galassie allo stesso redshift il range di luminosità che va dalle Seyfert 1s ai quasar è continuo (una Seyfert estremamente brillante ad alto redshift non sarebbe distinguibile da un quasar debole) le righe di assorbimento a zabs inferiore al redshift zem delle righe di emissione è probabilmente dovuto al cammino ottico percorso dal raggio luminoso lungo la l.o.s., a cui può capitare di attraversare delle nubi di gas, la cui distanza è addirittura stimabile da un rapporto tra le intensità delle righe di emissione e quelle di assorbimento. DIMENSIONI Da osservazioni dirette è possibile stimare i limiti superiori delle dimensioni dei nuclei attivi: struttura in ottico (NGC4151) struttura in radio osservazioni da pallone: il continuo ottico proviene da una regione del diametro di ~7 pc solo in alcuni casi i radio core delle galassie attive sono risolti (da misure VLBI), in altri casi abbiamo limiti superiori in generale un sistema di dimensioni scala l non può avere variazioni in tempi minori di l/c fino a redshift dell’ordine ~0.5 le correzioni relativistiche sono trascurabili l=qcz/H0 osservazioni di variabilità su tempi scala tvar forniscono un limite superiore sulle dimensioni della regione emettitrice l ≤ ctvar variabilità delle righe: il continuo ottico proviene da una regione del diametro di ~0.1-1 pc NLR ~50 pc BLR ~1-10 pc la più piccola struttura angolare risolta è pari a qualche milliarcsec, corrispondente ad una dimensione lineare di 1 pc alla distanza di 100 Mpc o ad un redshift ~0.03 variabilità il record di variabilità è un BL Lac: ~11 min l <2·1013cm. In media ~1015(M/108M☼) ~10-3 pc se la sorgente è relativistica (moti superluminali apparenti per effetto di beaming) i tempi di variabilità sono maggiori di quanto viene misurato SPETTRI Gli AGN in genere hanno spettri BROAD BAND, ovvero che si estendono lungo tutto lo spettro elettromagnetico. MECCANISMI DI EMISSIONE Come si può spiegare lo spettro broad band che emerge da una galassia attiva? È necessario fare ricorso a processi fisici di emissione della radiazione che possiamo raggruppare in due classi fondamentali: EMISSIONE TERMICA PROCESSI AD ALTA ENERGIA (emissione non termica) Un strumento di indagine fondamentale nell’analisi degli spettri degli AGN sono le RIGHE DI EMISSIONE, fondamentali per determinare il redshift e quindi la distanza degli oggetti astronomici. EMISSIONE TERMICA L’emissione termica è una proprietà di tutti i corpi che irraggiano e per analizzarne le proprietà dobbiamo fare ricorso ad un’idealizzazione fondamentale in tutta quanta la fisica: il CORPO NERO. Un corpo nero è un oggetto in equilibrio termico con l’ambiente che lo circonda che è in grado di comportarsi sia come perfetto assorbitore che come perfetto emettitore. Costruire un corpo nero ideale (ovvero che si comporti da tale a tutte le frequenze) non è possibile, ma, ad esempio, una stella può essere presa come un’ottima approssimazione di corpo nero e quindi è possibile calcolarne la temperatura conoscendo la lunghezza d’onda alla quale emette. Un corpo nero è univocamente identificato mediante la TEMPERATURA. Poiché il corpo nero, per definizione, assorbe tutta la radiazione che incide su di esso, quella che vediamo emergere è quindi il risultato della sola emissione. legge d i Pla nck Il profilo della curva è dato dalla legge di Planck: 2h 3 / c 2 B (T ) ( h / kT ) e 1 2hc 2 / 5 B (T ) ( hc / kT ) e 1 La luminosità irraggiata da un corpo nero sferico è data da: corpo n ero – continu a (1) L 4r T 2 4 la luminosità dipende dall’area della superficie che irraggia e da T4. i corpi molto luminosi devono essere molto grandi, avere alte temperature o entrambe le cose. All’aumentare della temperatura del corpo, la lunghezza d’onda del picco di emissione cambia secondo la legge (di Wien): max T 3 (mm deg) esempio temperatura T(K) tabella comparativa T – lmax picco max (cm) lunghezza d’onda del picco di emissione gas coronale 1000000 3·10-8 Soft X-ray plasma caldo 300000 1·10-7 EUV 30000 1·10-6 UV stella G (Sole) 6000 5·10-6 visibile stella M 3000 1·10-5 NIR polvere calda 1500 2·10-5 NIR Terra 300 1·10-4 MIR polvere fredda 100 3·10-4 submillimetrico CBR 2.7 ~1·10-1 stella O millimetrico free-free emission (bremsstrahlung termica) L’emissione free-free è tipica di un gas caldo ed è prodotta ovunque ci sia un’adeguata densità di elettroni liberi, ad esempio: - atmosfere stellari - plasmi caldi e densi - regioni HII - toro di gas ionizzato attorno ad Io La regione HII attorno ad una stella calda è formata dalla fotoionizzazione dell’idrogeno da parte di fotoni UV provenienti dalla stella. Il continuo proveniente da una regione del genere è dovuto all’emissione free-free prodotta dagli elettroni liberi del gas. Lo spettro si può estendere dal radio all’ottico ed è piatto in regime di mezzo otticamente sottile. I fotoni possono interagire con gli elettroni legati di un atomo e dare origine a ionizzazione (interazione bound-free) oppure l’inverso e dare origine a ricombinazione (interazione freebound). Nel caso di elettroni liberi e gas ionizzato siamo nel caso dell’interazione free-free. In ciascuno di questi casi lo spettro è continuo. Qui considererò esclusivamente l’emissione freefree più comune in astrofisica, ovvero quella di una regione di idrogeno ionizzato riscaldato da una sorgente calda. In genere l’emissione free-free è tipica di un mezzo otticamente sottile, anche se ad alcune particolari lunghezze d’onda il mezzo si comporta come otticamente spesso e quindi la radiazione viene autoassorbita. free-fr ee em issi on – conti nua ( 1) Lo spettro si estende dal radio al visibile e dipende dalla densità del gas. Il grafico ha un flesso in corrispondenza della lunghezza d’onda a cui il mezzo inizia a comportarsi come otticamente spesso: a lunghezze d’onda maggiori la radiazione è riassorbita. Esiste quindi, in dipendenza dalla densità del gas, una particolare frequenza, detta di cut-off, oltre la quale il mezzo emette come corpo nero. La parte dello spettro dove il mezzo è otticamente spesso è dato da: 2 dove I è l’intensità emessa in funzione 2 della frequenza. f r e e f r e e e m i s s i o n – c o n t i n u a ( 2 ) 2kT I c Nella regione a legge di potenza l’indice spettrale a è pari a 2. Nella parte dello spettro otticamente sottile l’intensità è debolmente dipendente dalla frequenza, con indice spettrale pari a –0.1. EMISSIONE NON TERMICA L’emissione non termica è dovuta a processi di alta energia che coinvolgono sia fotoni che particelle e si dice non termica proprio perché la distribuzione, sia dei fotoni che delle particelle, non è Maxwelliana. I processi fisici che danno luogo ad emissione di alta energia sono: RADIAZIONE DI SINCROTRONE EFFETTO COMPTON (diretto e inverso) PRODUZIONE DI COPPIE RADIAZIONE DI SINCROTRONE Alfvén e Herlofson (1950) e Shklovsky (1953) proposero che per spiegare alcuni spettri di sorgenti radio a legge di potenza del tipo T K T K a a con indice spettrale a >> 2 fosse necessario ricorrere ad emissione di tipo non termico ed in particolare emissione di sincrotrone. L’emissione di sincrotrone denota la presenza di un campo magnetico: gli elettroni relativistici che attraversano una zona di spazio permeata da questo vengono deflessi e quindi irraggiano. A differenza della trattazione classica (per basse energie) dove gli elettroni irraggiano come un dipolo, nell’emissione di sincrotrone l’elettrone emette in un cono di luce di apertura (a) inversamente proporzionale al fattore di Lorentz degli elettroni (g). Elettroni di una data energia irraggiano ad una frequenza specifica, dato il campo magnetico: sincrot rone – co ntinu a (1) s BE 2 Irraggiando gli elettroni perdono un’ energia pari a: dE 4 dove Umag è la densità di energia nel T cg 2U mag B 2 E 2 campo magnetico: B2/(8·10-7) dt 3 Da cui si può ricavare una vita media per irraggiamento: (m0c 2 ) 2 dove th è il tempo (in secondi) in cui l’elettrone perde metà della sue energia. t h 1014 B 2 E La vita media di elettroni relativistici dipende quindi dall’inverso del quadrato del campo magnetico e dall’energia. Esiste una semplice relazione tra l’indice della distribuzione di energia degli elettroni (s) e l’indice spettrale (α) dello spettro di emissione per sincrotrone: sincrot rone – continu a (2) 1 s a 2 Questa relazione è estremamente utile in quanto da una semplice misura dell’indice spettrale si possono ricavare informazione sulla distribuzione di energia degli elettroni emettitori. Per gli AGN l’emissione di sincrotrone riguarda solamente il getto relativistico. Sappiamo che in regioni simili il campo magnetico è di ~10-4 T emissione X di 10 KeV da Blazars è dovuta ad elettroni di ~1012 eV EFFETTO COMPTON (diretto e inverso) Quando un fotone di alta energia interagisce con un elettrone a bassa energia si ha scattering Compton. L’elettrone acquista energia a spese del fotone. La relazione tra la lunghezza d’onda del fotone incidente, λi, e quella dopo lo scattering, λs è: h [1] s i m0 c (1 cos ) dove m0 è la massa a riposo dell’elettrone e l’angolo di scattering. Possiamo riscrivere [1] in termini della lunghezza d’onda Compton λC: s i 2C sin 2 dove λC è definita come: h C m0 c effetto comp ton – con tinua (1) Un caso particolare è rappresentato dallo scattering di Thompson, la coda a più bassa energia, il più comune in astrofisica. L’effetto Compton è statisticamente rilevante in quelle regioni in cui vi sono degli elettroni immersi in un campo di fotoni ad alta energia. In astrofisica è possibile anche trovare situazioni in cui avviene il processo inverso (IC), ovvero quando elettroni di alta energia interagiscono con dei fotoni cedendo parte della loro energia e accelerandoli. L’effetto Compton inverso è l’analogo elettrico del sincrotrone. La perdita di energia di un elettrone relativistico che interagisce con il campo generato da fotoni (con densità di energia Urad) è dato da: dove σT è la 2 sezione d’urto T rad Thompson. dE 4 cg U dt 3 N.B.: Il numero di fotoni è conservato e questi vengono accelerati ad energie superiori di un fattore γ dato da: γ L’effetto Compton è quindi una sorgente di fotoni ad alta energia (X e gamma) a partire da una popolazione di elettroni relativistici. Il profilo dello spettro dipenderà quindi dalla distribuzione energetica degli elettroni. ν ν p t o n – c o n t i n u a ( 2 ) PRODUZIONE DI COPPIE La produzione di coppie è un fenomeno statisticamente incidente in astrofisica solo in quelle regioni con una densità di fotoni gamma veramente elevata. Quando un fotone di grande energia interagisce con il campo di un altro fotone o di un nucleo da origine alla formazione di una coppia elettrone-positrone: g g (o nucleo) e e zione di coppi e – conti nua (1) Dalla conservazione dell’energia si ha che: [1] Per la coppia e+e- il momento è: [2] Eg Eee h 2gm0c 2 pe e 2gm0v Per il fotone il momento è, da [1]: [3] h pg 2gm0 c c Uguagliando [2] e [3] si vede che, poiché ν non può essere uguale a c, momento ed energia non possono essere conservati simultaneamente nello spazio libero: è necessaria la presenza di un terzo oggetto (il campo di un nucleo o di un altro fotone) che assorba parte del momento di rinculo. La massa a riposo di e+ ed e- è 0.511MeV il regime di questa interazione sarà nella regione che va dagli X estremi ai gamma di bassa energia. Questa interazione può avvenire anche sottoforma di annichilazione di una coppia e+e- con la produzione di un fotone di energia 0.511 MeV (ad esempio, ne sono stati osservati dalla regione del Centro Galattico). RIGHE DI EMISSIONE Dall’analisi delle righe di emissione possiamo fare ipotesi sullo stato fisico del gas che le ha emesse. Per semplicità (e visto che è la situazione più comune in astrofisica) considereremo come regione emettitrice una nube di gas d’idrogeno ionizzato (HII region). Si assume un regime di LTE (Local Thermodynamic Equilibrium) per poter derivare l’equazione di stato per il materiale emettitore, legata alle condizioni di pressione (densità di energia) in funzione della temperatura e della densità di massa. Per una riga di emissione jmn [Wm-3] è coefficiente di emissione per una transizione da uno stato quant. m ad un’altro stato n. La luminosità della riga m n sarà quindi: L=jmnV, con V volume della nube di gas emettitore. Per gli AGN il volume delle regioni emettitrici è stimato da misure dirette. s i o n e – c o n t i n u a ( 1 ) Il coefficiente di emissione è legato ai parametri fisici dell’atomo emettitore: mn mn mn m dove Amn è la probabilità di transizione spontanea dallo stato m a n, Emn(=hνmn) è l’energia del fotone emesso e Nm è il numero di atomi per unità di volume che si trovano nello stato m. Amn e Emn sono noti dalla fisica atomica e Nm, detto anche numero di popolazione, si ottiene, in funzione della temperatura, dall’equazione di Boltzmann: mv 2 2 2 kT A E N j N (v)dv v e dv che riscriviamo nella forma: N m g m ( Emn / kT ) e Nn gn dove gm e gn sono i pesi statistici degli stati m e n. s i o n e – c o n t i n u a ( 2 ) Per quanto riguarda l’emissione da HII region si fa spesso ricorso alla cosiddetta “case B approximation”, ovvero il numero di ricombinazioni per unità di volume per secondo è uguale al numero di fotoni La prodotti per unità di volume per secondo. Questa approssimazione è applicabile in condizioni di profondità ottiche grandi per le righe dello spettro di Lyman: ciascun fotone Lyman è scatterato più volte nel gas fino ad essere convertito in un fotone La, Balmer o altro. Applicando la cBa non è possibile ricavare direttamente Nm o Nn, tuttavia, utilizzando il rapporto tra due righe spettrali, è possibile ricostruire il numero di atomi nei due livelli e la temperatura. Per temperature tra i 20000K e i 5000K il rapporto Ha/Hb previsto di 2.75-3.0 combacia perfettamente con le osservazioni. Per gli AGN bisogna considerare la presenza di polveri che assorbono preferibilmente fotoni Hb il rapporto Ha/Hb sarà superiore. s i o n e – c o n t i n u a ( 3 ) Nella trattazione seguente faremo in ogni caso ricorso alla cBa, riconducendoci ad una sorgente di radiazione non circondata da polveri. Da ciò deriva che da una misura delle righe di Balmer si può determinare l’intensità del continuo. L’approssimazione fatta è in ogni caso valida in quanto la regione ionizzata è detta “radiation bounded” ovvero tutta la radiazione ionizzante proveniente dal motore centrale è assorbita dagli atomi del gas circostante (otticamente spessi alla radiazione) per l’osservatore esterno il continuo di ionizzazione sarà quindi invisibile. I rapporti tra righe spettrali possono essere utilizzati per determinare: - la struttura della regione ionizzante - la massa di gas - le dimensioni della regione emettitrice Dallo studio delle righe proibite (e per “proibito” s’intende che non sono osservabili in analisi di laboratorio) si possono ottenere informazioni sulla densità di elettroni e sulla temperatura della regione ionizzata emettitrice (ad es.: il rapporto 500.7436.3 del [OIII]). Nelle regioni in cui la presenza di polveri è dominante, si utilizzano i rapporti tra righe in infrarosso. Recentemente, con l’avvento della spettroscopia X e gamma da satellite, è possibile indagare anche le regioni più centrali degli AGN, andando a verificare gli eventuali rapporti tra righe anche a queste lunghezze d’onda estreme. s i o n e – c o n t i n u a ( 4 ) ampiezza delle righe velocità di dispersione L’ampiezza delle righe atomiche può dare informazioni riguardo all’origine delle righe stesse, almeno in termini di velocità di dispersione del gas che ha emesso la riga: una riga atomica risulta allargata quando è prodotta da atomi che non hanno la stessa velocità lungo la linea di vista. Per questo, ad esempio, si può ipotizzare che - nelle galassie Seyfert II le righe permesse e proibite sono originate nella stessa regione in quanto hanno [FWHM] molto simili mentre - nelle galassie Seyfert I la regione di origine delle righe di emissione è differente: le righe permesse e proibite hanno [FWHM] molto diverse. un primo tentativo di classificazione Seyfert galaxies QUASARs Blazars LINERs e ULIRGs Seyferts galaxies continuo non stellare righe di emissione di alta ionizzazione Seyferts 1s Seyferts 2s broad-lines emission --- variabilità su tempi scala di decine di giorni --- (componente broad-line e continuo UV) narrow-line emission narrow-line emission --- F 0.7 emissione X: nella banda 2-10 KeV intensità [OIII]/Hb particolarmente elevata radiosorgente solo le più brillanti (eccesso di X soft per ~50%) variabilità (fattore 2) su tempi scala di giorni (componente X) --- S e y f e r t s g a Queste immagini sono prese in banda V usando un CCD Lowell Observatory. Texas Instruments CCD al telescopio Hall (1.1 m) del Keel - Astronomical Journal (vol. 111, p. 696, 1996). QUASARs A basse luminosità sono indistinguibili dalle Seyferts 1s: questo è dovuto al fatto che in realtà si tratta probabilmente di una classe di oggetti simili divisa in due da limiti osservativi (impossibilità di risolvere galassie con bassa brillanza superficiale attorno a quasar molto brillanti). Radio-quiet Radio-loud ~90% ~10% variabilità su tempi scala di anni variabilità su tempi scala di anni (dove si è osservata) (dove si è osservata) --- sorgenti: - compatte - struttura a doppio lobo --- Il plasma che emette in radio mostra moti superluminali apparenti ospite: galassie a spirale ospite: galassie ellittiche r a d i o g a l a x i e s g a l l e r y The Fornax A data were presented by E. Fomalont, K. Ebneter, W. van Bregel, & R. Ekers in ApJL 346, L17 (1989), and the data for 3C 285, 219, and 315 are from a study by P. Alexander and J.P. Leahy in MNRAS 225, 1 (1987). The data for 3C 449 span a 0.15-degree field and are from the NRAO VLA Sky Survey (NVSS) via WWW retrieval. Leahy has pointed out that the extreme north and south extensions on 3C 449 are artifacts of the FIRST survey data collection. QSO 122 9+204 Blazars Sono la classe degli oggetti più “violenti”: hanno emissioni che si spingono fino al gamma estremo e presentano variabilità su tempi scala brevissimi. BL Lac OVVs righe di emissione quasi assenti righe di emissione da BLR e NLR emissione X (2-10 KeV) senza l’eccesso EUV – soft X (< 0.5 keV) emissione X (2-10 KeV) senza l’eccesso EUV – soft X (< 0.5 keV) emissione ottica e radio fortemente polarizzata emissione ottica e radio polarizzata moti superluminali apparenti (es: gamma-ray blazar 3C 279) --- variabilità a tutte le frequenze su tempi scala ~ 10 min variabilità a tutte le frequenze su tempi scala ~ 10 min e r l u m i n a l m o t i o n One of the greatest surprises provided by very-long baseline interferometry (VLBI) observations was the fact that some quasars, radio galaxies, and BL Lacertae objects exhibit motion along their jets which works out to several times faster than light. Motion of material at such velocities is forbidden by relativity (which otherwise checks out perfectly, to the chagrin of some diehard science-fiction fans), but relativity also provides a way in which we can see such blobs appear to move faster than light (that is, superluminally). If we see a train of objects moving close to the speed of light and moving almost exactly toward us, tracking the apparent position in our time frame will make them appear to move sideways mush faster than they actually do. And the sources with superluminal motion are typically just those most likely to be pointed toward us - they are bright because of Doppler boosting, and there also seems to be a connection between strong gamma-ray emission and superluminal radio structure. This series of VLBI images, with pseudocolor intensity coding to make the structures easier to see, follows the quasar or blazar 3C 279 over a three-year period. The prominent outer knots are moving with an apparent speed of 4c, typical for superluminal sources. Just what we are seeing here remains unclear. Some objects show twisted paths for the emerging knots, fitting with theoretical expectations that material may move along helical twists (driven by instabilities in the jets and their imbedded magnetic fields). This montage may show some support for this idea, with complex structure changing rapidly between the brightest knots. It is also unclear whether the knots that we see are physical objects, clumps of gas moving together along the jet, or bunchings of material in which the constituent matter constantly changes, as we see in waterfalls and waves. These images were provided by Ann Wehrle and Steve Unwin, described in a paper in press in the ApJ by Wehrle et al. They have been rotated by 30 degrees to make the jet horizontal, and vertically displaced according to the date of observation. The observations here were taken from 1991- 1994; more recent regular monitoring has been done with the VLBA. The resolution is about 0.2 milliarcsecond, corresponding to about 2 light-years at this distance. These data were obtained at a frequency of 22 GHz (wavelength 1.3 cm). LINERs e ULIRGs Sono una classe di AGN piuttosto dibattuta in quanto si ritiene che le loro caratteristiche possano essere dovute a eventi di starbust (shocks e venti) e di SN (da cui l’emissione radio). I primi abitano quasi esclusivamente in galassie a spirale, mentre i secondi in ellittiche o spirali dominate da bulge (si pensa possano essere il prodotto di merging o interazione). LINERs ULIRGs (Low Ionization Nuclear Emission Region) (Ultra-Luminous Infra-Red GalaxieS) narrow-low excitation lines debole continuo di emissione non termica sorgenti non risolte in UV (alcuni) sorgenti radio (alcuni) --- --debole continuo di emissione non termica --sorgenti radio (alcuni) rapporto IR/ottico estremamente alto s o m b r e r o g a l a x y Table 1.2: The AGN Bestiary da KROLIK Beast Point like Broadband Broad lines Narrow lines Radio Variable Polarized Radio-loud quasars YES YES YES YES YES SOME SOME Radio-quiet quasars YES YES YES YES WEAK WEAK WEAK Broad line radio galaxies (FR2 only) YES YES YES YES YES WEAK WEAK Narrow line radio galaxies (FR1 and FR2) NO NO NO YES YES NO NO OVV quasars YES YES YES YES YES YES YES BL Lac objects YES YES NO NO YES YES YES Seyferts type 1 YES YES YES YES WEAK SOME WEAK Seyferts type 2 NO YES NO YES WEAK NO SOME LINERs NO NO NO YES NO NO NO cosa hanno in comune questi oggetti? cosa hanno in comune questi oggetti? Table 1.1: The Menu da KROLIK Property Popularity Comments and Exceptions Very small angular size Many Wavelength dependent Galactic (or greater) luminosity Many Lower luminosity is hard to find; obscuration and beaming may mislead Broad-band continuum Most Often dL/dlog ≈ const. from IR to X-rays; sometimes to g-rays Strong emission lines Most Sometimes very broad, sometimes not Variable Most Modest amplitude; short wavelengths stronger, faster than long Weakly polarized Most ~1% linear; a minority much stronger Radio emission Minority Sometimes, but not always, extended on enormous scales Strongly variable and polarized Small minority Correlated with bright radio and high-energy g-rays; in some cases emission lines absent sintesi spet tro IPOTESI DI LAVORO Nei nuclei galattici attivi l’energia proviene da regioni compatte attorno ad uno o più oggetti massivi. Alla luce di questa asserzione sono stati proposti vari candidati inquilini del core delle galassie attive: Cluster stellari compatti Stelle supermassive Buchi neri In questa trattazione utilizzerò come ipotesi di lavoro il fatto che il core delle galassie attive ospiti un BUCO NERO, circondato da un disco di accrescimento alimentato da un toro di polveri. VARIABILITÀ come argomento per la compattezza Per postulare la presenza di un oggetto estremamente compatto all’interno delle galassie attive utilizziamo l’argomento della variabilità degli spettri di queste sorgenti. Variazioni in luminosità non possono accadere in tempi minori del tempo di attraversamento della regione dalla quale provengono: R Dt R cDt c per tempi di variabilità dell’ordine della decina di giorni (105s) si ottiene che la regione emettitrice avrà un diametro non superiore ai ~10-3 pc. Da notare che questo limite si riferisce alle regioni responsabili della variabilità. Il record di variabilità è da attribuirsi ad un BL Lac (Dt~11min) per cui la regione emettitrice causa della variabilità risulta essere < 2·1013 cm. VARIABILITÀ come argomento per la compattezza (2) Non basta avere un limite superiore alle dimensioni della regione emettitrice per postularne la compattezza: occorre stimarne anche la massa. Se una sorgente, a cui è associata un’efficienza di conversione materia-energia h, di luminosità L ha emette su tempi scala pari a Dt, la sua massa M si può calcolare da: LDt M 2 hc Per gli AGN, conoscendo Dt e stimando come limite un h pari al 10%, ricaviamo la massa della regione emettitrice, in media pari a 108-10M☼. Stimato grossolanamente le dimensioni della regione emettitrice dell’ordine di ~1015cm e utilizzando una massa di 108M☼, si ottiene: R 2G 2 e si può quindi ipotizzare M c la presenza di un BH. BLACK HOLES (1) Già nel 1795 Laplace si rese conto che dalla teoria gravitazionale di Newton e dalla sua ipotesi di corpuscolarità della luce derivava che in presenza di oggetti sufficientemente massivi ed estremamente densi nemmeno la luce riuscisse a sfuggire al campo gravitazionale. Fu nel 1916 che Karl Schwarzschild (a pochissima distanza dalla pubblicazione di Einstein) derivò la soluzione in relatività generale del campo gravitazionale attorno ad una massa sferica, ovvero la descrizione completa del campo esterno ad un buco nero o sferico o elettricamente neutro o non-ruotante ovvero quello che oggi definiamo buco nero di Schwarzschild BLACK HOLES (2) Nel 1939 Oppenheimer e Snyder derivano, in regime relativistico, la soluzione per il collasso di una sfera omogenea di gas a pressione nulla. Questa fu la prima dimostrazione rigorosa della formazione di un buco nero. Il problema dell’esistenza di oggetti super compatti fu però trascurato fino al 1960 circa, quando J.A. Wheeler e coll. iniziarono uno studio approfondito del collasso stellare: fu proprio Wheeler (1968) a coniare il termine “black hole”. Nel 1963 R. Kerr scoprì una famiglia di soluzioni esatte (neutre) alle equazioni di campo di Einstein. Nel 1965 Newman le generalizzò al caso di carica ≠ 0. Oggi sappiamo che la geometria di Kerr-Newman fornisce una descrizione unica e completa del campo gravitazionale esterno ad un BH stazionario. BLACK HOLES (soluzione di Schwarzschild) In relatività generale tutte le forme di energia contribuiscono alla massa gravitazionale di un sistema, inclusa l’energia potenziale gravitazionale. Per intensi campi gravitazionali l’approssimazione Newtoniana non è più sufficiente, e per intenso intendiamo un campo in cui GM/rc2~1 ovvero quando per un corpo la massa a riposo è dell’ordine della sua energia potenziale gravitazionale: GMm/r~mc2. In circostanze di questo tipo bisogna tenere conto delle correzioni relativistiche e quindi nell’equazione di Newton: 2 1 dr V (r ) E 2 dt va sostituito il tempo (assoluto) t con il tempo proprio (t), dando la relazione che lega queste due coordinate. In particolare, per una massa sferica nel vuoto si ha (soluzione di Schwarzschild): 2 1 dr 2 2 V ( r ) E c 2 dt dove: dt E (1 2GM / rc 2 ) 1 dt Da cui si ricava che il potenziale efficace è dato da: V 2 (r ) (1 2GM / rc 2 )(1 h 2 / r 2 ) dove h è il momento angolare relativistico per unità di massa di un corpo orbitante. Per r 2GM/c2 si ottiene il raggio di Schwarzschild RSchw per cui V 0 e dt/dt . Il RSchw demarca quella regione chiamata orizzonte degli eventi oltre la quale nulla può sfuggire al campo gravitazionale del BH. Un altro modo per ricavare il raggio di Schwarzschild è il seguente: vesc=(2GM/RSchw)1/2=c. La differenza cruciale tra le orbite newtoniane e quelle relativistiche sta nel fatto che: V(r) ha, in funzione di r, sia un massimo che un minimo per h≥2·31/2GM/c2 il “turning point” non c’è affatto se h<2·31/2GM/c2, non solo – come in mec. newtoniana – se h=0. L’èffetto del campo gravitazionale è quindi: particelle con sufficiente energia attraversano la barriera del potenziale centrifugo e, indipendentemente dal loro momento angolare, cadono sulla massa gravitante particelle con piccolo momento angolare (non esclusivamente zero) vengono catturate dalla buca di potenziale. Sono possibili orbite circolari dove dr/dt=0, con un raggio tale che ∂V/∂r=0 (massimi e minimi inclusi). I massimi rappresentano orbite circolari instabili. Orbite circolari stabili sono possibili per r=(GM/2c2)[H2+(H4-12H2)1/2], con H=c2h/GM, se h≥2·31/2GM/c2 e la più interna è ad un raggio minimo pari a rmin=6GM/c2. u z i o n e d i S c h w a r z s c h i l d ) ( 2 ) rmin=6GM/c2 corrisponde quindi alla minima “superficie” da cui è possibile estrarre energia dalle particelle che cadono dentro al BH; oltre questa distanza dalla singolarità, ovvero per orbite instabili, le particelle portano con sé la loro energia nella buca di potenziale (vita media radiativa << tempo di caduta). Possiamo fare una stima bruta dell’efficienza di produzione di energia: max massimo disponibil e di energia potenziale gravitazionale massa energia a riposo massimo di energia di legame massa energia a riposo (GMm / 2rmin ) 1 2 mc 12 Un calcolo relativistico da come risultato un’efficienza massima del 6%. o n e d i S c h w a r z s c h i l d ) ( 3 ) Se il BH possiede a sua volta un momento angolare (soluzione di Kerr) possiamo fare una stima dell’efficienza massima. Un BH ruotante è caratterizzato dal momento angolare per unità di massa H, in genere espresso in termini parametrici: m GM / c 2 ; o l u z i o n e d i K e r r ) ( 4 ) a H /c Per un BH di Kerr l’orizzonte si trova a r=m+(m2-a2)1/2. Il potenziale effettivo per il moto sul piano equatoriale può essere definito come il minimo valore dell’energia per unità di massa Emin per cui è possibile il moto a ciascun raggio: V (r ) Emin (r ) [( r 2 2mr a 2 )1/ 2{r 2 h 2 [r (r 2 a 2 ) 2a 2 m]r}1/ 2 2ahm] [r (r 2 a 2 ) 2a 2 m]1 Questa è una famiglia di curve in funzione di h per ciascun a/m. Per a=0 si ottiene la soluzione di Schwarzschild. Per a≠0, l’orbita circolare stabile più interna si trova a: rmin m{3 A2 [(3 A1 )(3 A1 2 A2 )]1/ 2 } A1 1 (1 - a 2 /m 2 )1/3[(1 a/m) 1/3 (1 - a/m) 1/3 ] con: , A 2 (3a 2 /m 2 A1 )1/2 2 Abbiamo detto che l’ultima orbita circolare stabile si trova a: rmin m{3 A2 [(3 A1 )(3 A1 2 A2 )]1/ 2 } dove il segno meno è per particelle che orbitano nello stesso verso di rotazione del BH e il segno più per quelle che orbitano in verso opposto. Anche in questo caso possiamo fare una stima della massima efficienza di produzione di energia per particelle che cadono oltre l’ultima orbita stabile: max 1 [rmin 2m (am1/ 2 / rmin 1/ 2 )][ rmin 3m (2am1/ 2 / rmin 1/ 2) ]1/ 2 che per una particella corotante con il BH e avente il massimo momento angolare consentito (a=m) è pari al 40%. Non è detto che la geometria del buco nero sia descrivibile con una delle due soluzione cha abbiamo presentato, tuttavia, per piccole deviazioni dalla geometria sferica (caso plausibile in astrofisica), il teorema di Prince mostra che gli ordini superiori del campo gravitazionale (quadrupolo, ecc…) sono irraggiati sottoforma di onde gravitazionali che lasciano i termini di monopolo (massa) e di dipolo (momento angolare) coerenti con la soluzione di Kerr. o l u z i o n e d i K e r r ) ( 5 ) due parole sull’accrescimento Il limite di Eddington Eddington ricavò un’importantissima relazione tra la luminosità e la massa di un oggetto in accrescimento sferico da una nube di idrogeno ionizzato. Sotto queste condizioni la radiazione esercita una forza sugli elettroni liberi del plasma proporzionale alla σT: LEdd 4GMm p c T M erg s 1 1.3 1038 M Nel caso in cui non si tratti di idrogeno la sezione d’urto effettiva eccede considerevolmente sT. Questa relazione impone un limite al tasso di accrescimento dato da: Lacc GM M R Per un BH, dove non c’è una superficie fisica dove le particelle impattano e disperdono energia, si introduce l’efficienza h per parametrizzare la luminosità per accrescimento: Lacc 2hGM M h M c2 R ACCRESCIMENTO Il processo attraverso cui oggetti compatti catturano gravitazionalmente materia dall’ambiente circostante è detto ACCRESCIMENTO. Nella tabella seguente mettiamo a confronto l’efficienza dei processi più comuni in astrofisica: processo energia per nucleone (MeV) efficienza 7 0.7 % accrescimento su WD (M=M☼ , R=109 cm) 0.1 0.01 % accrescimento su NS (M=M☼, R=106 cm) 100 10 % accrescimento su BH 60 – 400 6 – 40 % reazioni termonucleari BUCHI NERI: EVIDENZE OSSERVATIVE Ci sono prove dell’esistenza di BUCHI NERI? BH galattici: sono stati osservati seguendo le orbite delle stelle compagne e analizzando i tempi di variabilità di alcune sorgenti X BH extragalattici: è quasi unanimemente accettata l’ipotesi che sia un BH in accrescimento ad accendere gli AGN, permettendogli di emettere ad ampio spettro. - Osservazioni radio permettono studi della variabilità di oggetti tipo BL Lac che forniscono limiti superiori per le regioni emettitrici molto ridotti - HST ha risolto regioni molto prossime al BH: toro di polveri IL MODELLO UNIFICATO Alla luce di quanto detto fin’ora possiamo quindi dire che i nuclei galattici attivi nascondono al loro interno buchi neri supermassivi (M>108-9M☼) in accrescimento. Nell’animazione qui sotto si parte da una distanza di centinaia di megaparsec dalla galassia attiva. Avvicinandosi si possono vedere le diverse popolazioni stellari che formano la galassia: le stelle giovani, blu, nelle braccia a spirale e le stelle vecchie, rosse, che formano il bulge. In questo modellino sono state disegnate solo 20000 stelle, mentre in una galassia di questa taglia (una spirale gigante) ce ne sono in media 100 miliardi. Qui il quasar è stato ‘spento’ in quanto in realtà la sua luminosità sopravanza di gran lunga quella dell’intera emissione stellare della galassia. Nel centro del bulge si vedono delle nubi di gas blu (NLR): è la regione esterna al quasar, appena fuori dal toro di polveri; più vicino al nucleo un sistema di nubi verdi e giallo-viola, in rapido movimento (BLR). Oltre ciò il disco di accrescimento che alimenta il BH da cui si diparte il getto relativistico. Dall’inizio alla fine dell’animazione si percorrono 10 ordini di grandezza: il primo frame dell’animazione è infatti grande 10 miliardi di volte l’ultimo. BLACK HOLE e DISCO DI ACCRESCIMENTO Il nucleo di una galassia attiva è costituito da un buco neno supermassivo (M>108-9M☼) circondato da un disco di accrescimento. Il gas che forma il disco di accrescimento spiraleggia verso il centro fino ad essere inghittito dal buco nero, liberando in energia radiativa fino a quasi metà della sua massa a riposo. Questo è il meccanismo di conversione massa-energia più efficiente mai osservato nell’Universo. BLR (broad-line region) Le righe larghe (BROAD) hanno ampiezza dell’ordine di migliaia di km/s e provengono da quella che è stata, per questa ragione, chiamata BLR emission zone. Attualmente si pensa che queste regioni siano causate dalla fotoionizzazione dovuta al disco di accrescimento, molto caldo, attorno al BH supermassivo. Si pensa che si trovino a solo ~1 pc dal BH. toro di polveri A ~100 anni luce dalla singolarità si trova questa “ciambella” di polveri e gas, meglio nota come “molecular torus”. Qualcosa di molto simile è stato visto dall’Hubble Space Telescope nella Seyfert galaxy NGC4261. Il toro è otticamente spesso: se intercetta la linea di vista oscura le componenti più interne e nello spettro emerge solo la sua emissione (prevalentemente in infrarosso) e quella delle regioni esterne. NLR (narrow-line region) Le righe strette (NARROW) hanno ampiezze che non superano 1000 km/s e provengono dalla NLR emission zone. Queste regioni, si pensa, si trovano in uno spazio compreso tra i 10 e 1000 pc dal BH. modello unif icat o, sc hema riass untiv o emissione X e gamma / emissione radio – getti relativistici emissione ottica – NLR e BLR emissione UV-ottico - disco di accrescimento emissione IR – toro di polveri nucleo galat tico atti vo - anima zione MODELLO UNIFICATO dipendenza dall’angolo di vista (Antonucci 1993, Urry e Padovani 1995) Blazars: -BL Lac Objects -OVVs Type 1 objects: -Seyfert 1s -Broad Line Radio Galaxies -Type 1 Quasars Type 2 objects: -Seyfert 2s -Narrow Line Radio Galaxies -Type 2 Quasars Type 2 objects Guardando il sistema edge-on (ie. lungo il piano del disco), la regione centrale, compresi black hole, disco di accrescimento e broad line region, sono OSCURATI. Tutto ciò che si può vedere è il toro di polveri (che emette prevalentemente nell’infrarosso) e le righe di emissione dalla NLR. Dallo spettro emergerà solo la componente narrow-lines. La luce dal nucleo può essere riflessa nella direzione di vista dal gas caldo che giace sopra e sotto il toro, che si comporta come una sorta di specchio. -Seyfert 2s -Narrow Line Radio Galaxies -Type 2 Quasars seyfert ’s se xtet Type 1 objects Quando il nucleo è parzialmente oscurato e in parte intercetta la linea di vista, siamo in grado di vedere direttamente la regione centrale. Dallo spettro emergono sia le componenti broad-lines che narrow-lines e l’emissione dal disco di accrescimento. - Seyfert 1s - Broad Line Radio Galaxies - Type 1 Quasars core of galaxy NGC4261 Blazars Sono gli oggetti che ci appaiono face-on, in cui il getto punta lungo la linea di vista. La materia nel jet si muove a velocità relativistica, quindi la radiazione emessa è fortemente collimata (beamed) e può variare con periodi molto brevi (ore o giorni). Quando l’emissione del jet è così intensa da “oscurare” completamente ogni riga spettrale, è il caso degli oggetti BL Lac. -BL Lac Objects Le Optically-Violent Variables sono -OVVs molto simili ai BL Lac, ma dal loro spettro emergono le componenti di emissione broad e narrow. 0735+178 ------- ----- ---- -- STScI-PRC1993-30 3C 668 P K S 2 3 4 9 Radio Galaxy 0313-192 M 8 7 g a s d i s k i n M 8 7 d i s k a r o u n d N G C 7 0 5 2 1115+08 0 gra vita tiona l lensing NGC 443 8 NGC 1068 r a d i o g a l a x i e s z = 6 . 4 M 3 1 le galassie non attive ospitano BH quiescenti? Si pensa che anche nel centro galassie non attive più grandi si possano nascondere buchi neri supermassivi. Sarebbe il caso della nostra Via Lattea. Per provare una simile asserzione non è possibile fare riferimento a misure fotometriche o spettrografiche in quanto il presunto BH è quiescente, quindi non funge da motore “accendendo” la galassia. Un metodo per indagare le regioni più interne può essere quello di effettuare misure dinamiche risolvendo il moto orbitale di stelle nei pressi del centro galattico che è proprio ciò che stanno facendo gli astronomi del MaxPlanck-Institut für extraterrestrische Physik: The team consists of Rainer Schödel, Thomas Ott, Reinhard Genzel, Reiner Hofmann and Matt Lehnert (MaxPlanck-Institut für extraterrestrische Physik, Garching, Germany), Andreas Eckart and Nelly Mouawad (Physikalisches Institut, Universität zu Köln, Cologne, Germany), Tal Alexander (The Weizmann Institute of Science, Rehovot, Israel), Mark J. Reid (Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, Cambridge, Mass., USA), Rainer Lenzen and Markus Hartung (Max-Planck-Institut für Astronomie, Heidelberg, Germany), François Lacombe, Daniel Rouan, Eric Gendron and Gérard Rousset (Observatoire de Paris - Section de Meudon, France), Anne-Marie Lagrange (Laboratoire d'Astrophysique, Observatoire de Grenoble, France), Wolfgang Brandner, Nancy Ageorges, Chris Lidman, Alan F.M. Moorwood, Jason Spyromilio and Norbert Hubin (ESO) and Karl M. Menten (Max-Planck-Institut für Radioastronomie, Bonn, Germany). S2 orbi t aro und SgrA* BIBLIOGRAFIA E REFERENZE BINNEY, MERRIFIELD, Galactic Astronomy, 1998, Princeton Series in Astrophysics FRANK, KING, RAINE, Accretion Power In Astrophysics, 1992, Cambridge Astrophysics Series KROLIK, Active Galactic Nuclei, 1999, Princeton Series in Astrophysics ROBSON, Active Galactic Nuclei, 1996, John Wiley & Sons RYBICKI, LIGHTMAN, Radiative Processes In Astrophysics, 1979, Cambridge University Press SHAPIRO, TEUKOLSKY, Black Holes, White Dwarfs and Neutron Stars, 1983, John Wiley & Sons - - - J. W. Sulentic, P. Marziani, and D. Dultzin-Hacyan PHENOMENOLOGY OF BROAD EMISSION LINES IN ACTIVE GALACTIC NUCLEI Annu. Rev. Astron. Astophys. 2000, Vol. 38: 521-571 Marie-Helene Ulrich, Laura Maraschi, and C. Megan Urry VARIABILITY OF ACTIVE GALACTIC NUCLEI Annu. Rev. Astron. Astophys. 1997, Vol. 35: 445-502 J. Anton Zensus PARSEC-SCALE JETS IN EXTRAGALACTIC RADIO SOURCES Annu. Rev. Astron. Astophys. 1997, Vol. 35: 607-636