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CLIMI
NON INTENZIONALMENTE
MODIFICATI
Modificazioni Non Urbane
Modificazioni indotte da singoli edifici
Modificazioni da aree urbane
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L’attività umana agisce sul clima in diversi modi. Le conseguenze climatiche delle attività
antropiche risultano dalle alterazioni dei sistemi naturali, e da tutti i processi di retroazione
(feedback) connessi. Molto spesso le conseguenze climatiche di un’alterazione dei sistemi
naturali non sono prevedibili.
Modificazioni Non Urbane
(1) Rimozione vegetazione
La rimozione della vegetazione da un’area altera le sue proprietà superficiali, quindi i bilanci
energetici e i bilanci di massa. La rimozione della vegetazione può essere:
Temporanea
Es: raccolto
permanente
Es: deforestazione per scopi agricoli
Accidentale e occasionale
Es: incendi boschivi
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Modificazioni Non Urbane
(1) Rimozione vegetazione
Se l’area interessata è ampia, queste modificazioni legate alla rimozione della vegetazione
alterano il bilancio idrico, radiativo ed energetico dando luogo a modifiche climatiche e
idrologiche a mesoscala o a larga scala.
ALTERAZIONE DEL BILANCIO IDRICO
La rimozione di copertura vegetale porta ad un riaggiustamento del bilancio idrico locale, poiché
il ruolo di “captazione” delle precipitazioni da parte della canopy viene meno.
L’evapotraspirazione è ridotta e la copertura nevosa varia nella sua distribuzione e durata.
In parallelo, il ruscellamento (runoff) può aumentare.
ALTERAZIONE DEL BILANCIO RADIATIVO
L’assenza di vegetazione altera le geometrie e l’albedo.
ALTERAZIONE DEL BILANCIO ENERGETICO
Vengono modificate le voci del bilancio energetico in quanto cambiano le caratteristiche
termiche, idriche e aerodinamiche del sito.
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Modificazioni Non Urbane
(2) Irrigazione su larga scala
La pratica dell’irrigazione su larga scala comporta modificazioni climatiche e idrologiche
importanti, soprattutto in climi aridi o semi-aridi. In questi casi gli effetti più diretti sono:
-Aumento dell’umidità
-Alterazione bilancio idrico
-Temperature estive più fresche (“oasis effect”)
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(3) dighe , laghi artificiali, o altri lavori legati alle infrastrutture (strade, ferrovie, etc.)
Per i laghi artificiali gli effetti sono simili alle irrigazioni su
larga scala, ma la grande massa d’acqua in gioco
implica anche una influenza termica di tipo conservativo,
come per altri grandi corpi d’acqua.
In ESTATE, il clima sarà quindi relativamente più fresco,
viceversa in INVERNO sarà più mite. Le variazioni
climatiche stagionali (inizio autunno e primavera) saranno
differite nel tempo.
Se la superficie del lago diventa coperta da ghiaccio,
l’influenza benefica dell’acqua è ridotta, anzi il clima può
diventare più ostile e i venti aumentare di velocità.
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Nei climi molto freddi (T<-30°C) la presenza di
un grande bacino idrico favorisce la formazione
di “nebbie ghiacciate”, in quanto la tensione di
vapore della superficie dell’acqua, più calda, è
superiore rispetto a quella dell’aria sovrastante,
più fredda.
Simili tipi di nebbie possono formarsi vicino a
punti di raffreddamento delle acque calde
utilizzate nei processi industriali.
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Gli esempi fatti (rimozione vegetazione, irrigazione e
allagamento di terreni da parte dell’uomo) sono gli esempi più
comuni di alterazione climatica causata da attività antropiche
(esclusa l’urbanizzazione), ma esiste una serie di altre attività
antropiche con conseguenze climatiche a scala locale.
Queste sono, ad esempio:
-Cambiamento di colture, pascolo
-Variazione delle proprietà superficiali delle acque dovute al
rilascio di agenti inquinanti (chiazze d’olio, etc.)
-Estensione delle vie di comunicazione come ferrovie, strade,
condutture, apertura di rotte oceanografiche tramite icebreakers
-Attività minerarie a cielo aperto
-Discariche, incenerimento di rifiuti, etc.
Le singole modificazioni climatiche individuali di tali attività sono piccole, ma integrate nello spazio
queste rappresentano una parte di un cambiamento continuo del clima indotto dalle attività
antropiche senza controllo intelligente.
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Modificazioni da singoli edifici
Un edificio genera modificazioni climatiche di tipo:
radiativo
termico
idrologico
aerodinamico
Modificazioni da singoli edifici
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Gli effetti RADIATIVI più diretti consistono nella riduzione della recezione di radiazione solare nelle aree in
ombra, nel locale aumento della recezione di radiazione solare grazie alla riflessione da parte delle pareti
esposte al sole, e nella riduzione del raffreddamento radiativo ad onda lunga (riduzione di L↑ dovuto alla
diminuzione di Ψsky, e aumento di L↓ dovuto al calore dell’edificio).
Effetti termici: nelle vicinanze immediate di un edificio, la temperatura del suolo e dell’aria è spesso più calda
rispetto alle zone non riparate, e questo a causa dell’effetto barriera dell’edificio stesso.
Effetti sul bilancio idrologico: questo risulta fortemente alterato grazie alle modificazioni nella captazione idrica
e grazie all’effetto barriera dell’edificio.
Gli effetti aerodinamici sono notevoli, e verranno esaminati in seguito.
Consideriamo un singolo edificio col tetto piano.
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L’edificio per ipotesi è posizionato normalmente rispetto alla
direzione del vento
Le “zone” A, B, C e D sono simili a quelle di
una barriera solida (vedere “effetto
barriera”).
A – flusso indisturbato
B – dislocamento
C – cavitazione
D - coda
Quando incontra un ostacolo “non permeabile” come un edificio,
il flusso d’aria viene deviato verso l’alto, verso il basso e ai lati
massima P
ss
flu
o
riv
r
na
i
ia
’d ar
o
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Se l’edificio ha angoli netti, il flusso sul
tetto e intorno ai lati dell’edificio stesso si
“separa” dalla superficie. In questi punti
si creano depressioni e il flusso d’aria
può essere anche opposto rispetto al
flusso principale. Questo effetto è
responsabile della circolazione che si
crea nella zona C.
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Sulla verticale, i profili di velocità del vento sono indicati in figura (b).
1 - Dapprima il profilo è indisturbato, e segue la classica forma logaritmica.
2 - Immediatamente sopra l’edificio (2) il profilo è bruscamente distorto, e sopra la zona di coda (“C”) si crea una
micro-corrente a getto per effetto della convergenza. Al di sotto di questa la velocità diminuisce bruscamente e
immediatamente sopra il tetto si nota un piccolo flusso “di ritorno” (opposto rispetto al flusso principale).
3- Sottovento rispetto all’edificio (3) la micro-corrente a getto è meno pronunciata, mentre la zona di flusso “di ritorno”
vicino al suolo è espansa. Le frecce in figura mostrano valori medi di direzione e velocità del vento a valle
dell’ostacolo, ma occorre sempre ricordare che la zona “C” è molto turbolenta.
4 e 5 - Nelle zone a valle dell’ostacolo, l’effetto di quest’ultimo è progressivamente minore, fino al raggiungimento del
profilo 5, in cui si noti però che l’effetto della turbolenza lo rende diverso rispetto al profilo 1. Questo fa si che anche a
grandi distanze, nelle zone di “coda” si possa avere una turbolenza residua e quindi un maggiore trasferimento di
momento lineare rispetto alla situazione di flusso indisturbato “1”.
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L’orientazione e la forma degli edifici è molto importante.
1 – orientazione rispetto al flusso d’aria
Se ci troviamo nella situazione indicata in figura, avremo
due facce sopravento e due sottovento.
Questa orientazione tende a diminuire l’intensità della
depressione “C” che si crea, specialmente sopra il tetto.
Diminuzione progressiva
del “disturbo” del vento
Se il tetto ha una pendenza il punto di separazione del flusso è
prossimo alla cresta, e si forma (come in figura “d”) una “doppia
zona” di turbolenza sottovento, e una perturbazione del flusso a
ferro di cavallo.
Se la pendenza del tetto supera 20° la zona sopravento sarà
soggetta ad una maggiore pressione, la zona sottovento ad una
depressione.
REGIMI DI FLUSSO IN AREE URBANE
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Se il palazzo è parte di un’area urbana, la configurazione di flusso dipende dalla disposizione spaziale degli edifici.
In particolare è importante il rapporto tra l’altezza H dell’edificio e lo spazio W tra un edificio e l’altro. Se il rapporto
H/W è minore di 0.4 circa, la configurazione del flusso è identica al caso di edifici isolati.
Se H/W è elevato, intorno a 0.65-0.7, la “coda” di ogni edificio interferisce con l’edificio adiacente, e la configurazione
di flusso che si viene a creare diventa complicata.
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Nell’estremo caso di edifici molto ravvicinati, il flusso
principale passa al di sopra degli stessi e tra un edificio e
l’altro si creano dei vortici.
Queste turbolenze sono quindi spesso ubicate in prossimità
delle strade urbane.
Tutte le considerazioni fatte si riferiscono a un regime di vento perpendicolare all’asse maggiore
delle strade. Se il vento è invece orientato seguendo un angolo rispetto a questo, il flusso del
vento può acquisire una componente parallela rispetto alla strada, e quindi la sua velocità può
aumentare.
Situazione particolare: EDIFICIO PARTICOLARMENTE ALTO
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Il vento raggiunge ¾ dell’altezza dell’edificio e qui si crea un punto “stagnante” dal quale l’aria diverge.
Una parte passa in alto, il resto diverge vs. basso.
Lateralmente si creano dei flussi
(“corner streams”) in cui la
velocità del vento è molto elevata.
2.5
2.5
(“vortex flow”)
1.3
1
È a causa dei “corner streams”
che si ha la generale forma “a
ferro di cavallo” già vista
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Se l’edificio presenta
“vuoti” nei settori inferiori, il
flusso verso il basso
derivante dall’aria che
sopravento ha acquisito un
movimento vs. basso
genera una corrente a
getto
2.5
3
2.5
1.3
1
Quindi, il problema degli edifici alti è che questi trasferiscono verso il basso
il movimento dell’aria in quota, che è molto veloce.
Al posto di un “effetto barriera” si ha un aumento nella velocità del vento ai
livelli bassi, soprattutto nelle zone tra i due edifici e ai lati.
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Quindi alle quote in cui circolano pedoni la
velocità del vento nel caso in esame può
arrivare anche ad essere diverse volte superiore
rispetto alla velocità del vento nelle zone non
protette o a zone schermate dall’effetto barriera
3
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Non è facile porre soluzioni ai problemi della modifica del campo di venti indotta dagli edifici.
Alcune soluzioni tuttavia possono essere le seguenti:
Sistemazione della “torre” dell’edificio
su un basamento.
Il flusso del vento viene
modificato come in figura.
Ancora meglio è la soluzione (b) in cui la “torre” è
sopraelevata rispetto al basamento e viene
garantito il fusso d’aria tra i due
Un’altra alternativa potenziale è affiancare alla
bocca di ventilazione anche una “barriera” del vento
al suolo creata da una canopy ad esempio.
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Esempio di soluzione architetturale al carico del vento
in quota nel caso di edifici molto alti:
Shangai (centro finanziario)
Apertura trapezoidale in quota
La modificazione del regime dei venti in un contesto urbano è importante per:
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1- protezione rispetto ai danni del vento
2- risparmio economico
3- sicurezza e confort delle persone
4- distribuzione delle precipitazioni, della polvere, e di altri elementi come fogliame o altro
5- dispersione degli inquinanti
W
H
È molto importante il rapporto altezza/spazio tra gli edifici (H/W)
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EDIFICI BASSI
Se lo spazio tra gli edifici è limitato (a) gli inquinanti emessi a livello del suolo non si disperdono
molto, in quanto gli scambi d’aria sono limitati. Se lo spazio tra gli edifici è maggiore (b), si
possono avere moti turbolenti tra questi e quindi ricircolo d’aria.
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EDIFICIO ELEVATO E
CONSEGUENZE SULLA
DISPERSIONE DI INQUINANTI
Se siamo in presenza di un edificio elevato
alla sommità del quale vi sia immissione di
un inquinante in atmosfera, si possono
creare complicazioni allorché l’inquinante
può essere “risucchiato” come indicato in
figura.
Se l’immissione dell’inquinante è a
livello più basso, come in figura (d),
allora la situazione è complicata, e
l’unico rimedio è quello di limitare o
eliminare l’immissione.
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Modificazioni Urbane
L’urbanizzazione produce mutamenti radicali
delle proprietà radiative, termiche, idriche e aerodinamiche
di una regione.
Ad esempio:
INQUINAMENTO: modifica la composizione e le proprietà dell’atmosfera, quindi il trasferimento
radiativo (riduzione K↓) e l’abbondanza di nuclei di condensazione.
MATERIALI DA COSTRUZIONE: permettono di immagazzinare calore in misura maggiore
rispetto alle aree non urbanizzate. Anche il ciclo idrologico risulta alterato, in quanto i “reflui” delle
attività antropiche fungono da input e output del sistema, e vanno ad interagire con il ciclo
idrologico naturale.
GEOMETRIE: risultano alterate rispetto all’ambiente naturale (alterazione flussi d’aria, rugosità
superfici,…)
CALORE ED ENERGIA: l’attività antropica aumenta l’input energetico al sistema.
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Modificazioni Urbane
L’aria in arrivo dalla periferia di un’area urbana verso la città incontra una
serie di condizioni climatiche diverse.
Dal bordo della città verso il centro urbano si sviluppa un “urban
boundary layer” le cui caratteristiche sono legate alle proprietà della
superficie sottostante.
All’interno di quello che viene chiamato “Urban Canopy” layer invece sono in atto processi a micro-scala.
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Urban Canopy layer
In questo strato esiste un insieme di
microclimi, ognuno dei quali è dominato da
caratteristiche strettamente locali
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BILANCIO ENERGETICO E IDRICO
in area urbana
Bilancio energetico:
Q* + QF= QH + QE + ∆QS + ∆QA
QF: combustione (energia controllata dall’uomo)
∆QS : energia stoccata nel sistema
∆QA : trasporto orizzontale di calore o avvezione
Bilancio idrico:
p + F + I = E + ∆r + ∆S + ∆A
F : acqua da processi di combustione (controllo umano).
I : acqua convogliata nel centro urbano tramite tubazioni, e
proveniente da fiumi o riserve idriche (controllo umano).
∆r : Acqua in movimento nel suolo
∆A : Avvezione netta di umidità in ingresso o in uscita
(atmosfera)
∆S : stock di umidità nel sistema
(suolo+costruzioni+aria nel volume)
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BILANCIO ENERGETICO E IDRICO
in area urbana
Controllati dalle attività antropiche
QF e F sono controllati quindi dall’uomo.
QF dipende dalla densità di popolazione e
dalle necessità per il riscaldamento nei mesi
invernali.
In alcune città QF è superiore a Q*. Questo
può accadere o perché la densità di
popolazione è elevata o perché è elevato il
consumo di energia pro-capite.
Esiste quindi una relazione tra QF e le
condizioni termico-climatiche di un’area,
specialmente in relazione alla stagionalità e
alle precipitazioni, quindi anche in modo
indiretto con l’insolazione.
QF ha un suo ciclo diurno, specialmente nelle
grandi città.
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VAPORE ACQUEO
I combustibili fossili rilasciano molto vapor acqueo. L’acqua viene usata nei sistemi di raffreddamento,
sia in fase liquida che in fase vapore. Tutto questo poi entra a far parte di “F”
Il fattore “I” è la domanda di acqua per usi
residenziali e industriali, ed è facilmente
monitorata. Nella figura si riporta un esempio dei
consumi stagionali e diurni di acqua (“I”) in una
piccola cittadina della California.
In estate, il consumo d’acqua aumenta per
l’irrigazione dei giardini, per piscine, etc. Il picco
nell’utilizzo di acqua è concentrato nelle ore
diurne, con picchi minori al mattino e alla sera.
BILANCIO IDRICO
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confrontiamo due volumi: uno composto da un sistema edifici-aria, uno suolo-piante-aria
Centro urbano
Area rurale
ARIA
ARIA
PIANTE
SUOLO
EDIFICI
Trascuriamo ∆A per entrambi
F e I presenti E e ∆S bassi
F e I assenti E e ∆S alti
Nel caso del centro urbano, lo stock idrico del sistema è limitato perché i materiali utilizzati
limitano l’infiltrazione, mentre l’evapotraspirazione è limitata a causa della rimozione della
copertura vegetale.
Da questo si evince che per il centro urbano ∆r (runoff) è maggiore rispetto alle aree rurali. In
parte questo è dovuto all’output di “I” tramite canalizzazioni, in parte è dovuto
all’impermeabilizzazione superficiale e al ruscellamento che ne deriva.
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Diagramma di piena di 3 bacini con diverso grado di urbanizzazione
I centri urbanizzati rispondono molto più rapidamente rispetto alle aree rurali all’input di acqua,
e l’ammontare assoluto del runoff è superiore. Questo sembra rispondere molto meglio al
grado di urbanizzazione che all’area del bacino di captazione della precipitazione.
Altri studi mostrano come il contenuto solido delle acque ruscellanti dai centri urbani sia diverso
rispetto a quello delle acque provenienti dai centri rurali.
BILANCIO ENERGETICO
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confrontiamo ancora i due volumi “centro urbano” e “area rurale”
ARIA
EDIFICI
Centro urbano
Trascuriamo ∆QA per entrambi, quindi in altre
parole concentriamoci sugli scambi verticali rispetto
al piano ABCD
ARIA
PIANTE
SUOLO
Area rurale
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La radiazione incidente K↓ (= S + D) è sensibilmente ridotta nei
centri urbani, a causa dell’inquinamento.
L’atmosfera inquinata da carbone infatti riduce K fino al 10-20%
laddove l’inquinamento industriale è molto forte, mentre la
riduzione si aggira intorno al 2-10% dove gli autoveicoli
rappresentano la fonte principale di inquinamento fotochimico.
Queste percentuali sono molto variabili, e in aree fortemente
inquinate la riduzione di K può arrivare anche al 30%!
Oltre alla generale riduzione di K , l’inquinamento ne altera
la composizione spettrale e la direzione.
Gli agenti inquinanti tendono a filtrare le onde corte, in
particolare la porzione ultravioletta dello spettro
elettromagnetico può arrivare a perdere anche il 40% e in
talune occasioni fino al 90% a causa dell’assorbimento e
dello scattering degli inquinanti.
Questo è molto importante per i sistemi ambientali e per gli
esseri viventi.
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Gli inquinanti alterano anche la porzione di K↓ che arriva come radiazione diffusa D.
Questo altera la percezione dei colori e causa una generale riduzione della visibilità.
In atmosfera pulita, il diametro delle particelle
è generalmente inferiore della maggior parte
delle λ, quindi lo scattering è limitato alle
lunghezze d’onda più corte, del viola e del blu
(ecco la ragione del colore del cielo in
atmosfera pulita).
Le particelle inquinanti presenti nelle aree urbane
invece hanno diametro maggiore, e per queste ultime
lo scattering e la riflessione è pressoché lo stesso su
tutte le λ del visibile. È per questo motivo che il cielo
nelle aree urbane appare spesso bianco o azzurro
pallido.
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L’albedo di un insieme edifici+atmosfera dipende dall’albedo individuale dei componenti e dalla
loro geometria.
Vengono riportati in tabella i valori tipici di albedo di alcune superfici.
L’ALBEDO MEDIA DELLE AREE URBANE VIENE STIMATA INTORNO A 0.15, ovvero molto più
bassa rispetto alle aree rurali. Questo non solo per la natura dei materiali, ma anche per questioni
geometriche.
I valori della tabella si riferiscono a un centro urbano in assenza di copertura nevosa
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La copertura nevosa nelle zone rurali crea un
manto riflettente molto efficace.
Nelle aree urbane invece, l’effetto è minore a
causa delle numerose facciate verticali prive di
accumulo nevoso.
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In sintesi, alle medie latutudini, K↓ nelle zone urbane è inferiore
alle zone rurali per via dell’inquinamento, ma allo stesso tempo
essendo l’albedo tipicamente basso nei centri urbani, questo
effetto viene in parte compensato.
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Di notte, la città è generalmente più calda delle aree circostanti, per cui emette maggiore L↑.
Questo nonostante il fatto che l’emissività urbana (ε) sia leggermente inferiore anche per la
presenza di canyon urbani che riducono il fattore di visibilità del cielo.
Sui centri urbani il ritorno di energia ad onda lunga L↓ è maggiore a causa
dell’inquinamento. Gli inquinanti infatti aiutano a “chiudere” la finestra atmosferica.
I flussi di L↑ e L↓ si compensano, come per K, quindi per entrambi i casi le differenze tra
centri urbani e rurali sono attenuate.
In sintesi, l’urbanizzazione altera i bilanci radiativi
sia per K che per L. Tuttavia, gli effetti di questa
alterazione sono in entrambe le direzioni, quindi in
qualche misura tendono a compensarsi, rendendo
minime le differenze tra zone urbane e rurali.
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QH: Densità di flusso di calore sensibile. È il modo
principale di dissipazione del surplus di calore nelle ore
diurne.
QE: Evapotraspirazione. È un altro importante modo di
dissipare il calore, nonostante l’impermeabilizzazione dei
centri urbani.
Lo stock di calore sensibile ∆QS è altrettanto importante
nel bilancio.
Il flusso di calore sensibile sembra rimanere positivo
anche la sera, e questo effetto è dovuto al trasporto
turbolento di calore. Questo effetto è importante per lo
sviluppo dell’isola di calore urbana.
(a) Zona suburbana
N.B.: Nelle zone intensamente popolate, QE può diminuire notevolmente.
Naturalmente in casi particolari , come dopo una pioggia intensa,
QH può ridursi al 20% circa di Q* anche in un centro urbano!
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Confrontando la zona urbana con quella rurale, e
soprattutto le loro differenze, si può notare come durante il
giorno il flusso netto di calore Q* sia superiore nella zona
suburbana, ma questo è controbilanciato da una forte
perdita notturna.
La minore evapotraspirazione dell’area suburbana fa si che
l’energia sia preferenzialmente sotto le forme di QH e ∆QS.
Il calore sensibile sembra essere stoccato al mattino e
rilasciato in atmosfera nelle ore pomeridiane e la sera.
La differenza di ∆QS invece può avere diverse spiegazioni
(ridotta dissipazione per calore latente in aree urbane,
geometrie, isolamento vegetazionale nelle zone rurali…).
(a) Zona sub urbana
(b) Zona rurale
(c) Differenze (suburbano-rurale)
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MICROCLIMA DELLO STRATO LIMITE URBANO
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Finora abbiamo considerato un “volume” con edifici e aria, ma se andiamo a vedere il clima
all’interno della canopy urbana, questa diventa molto complessa.
Una semplificazione è quella di considerare delle “unità” di superficie attiva la cui forma è
“ripetuta” all’interno della canopy.
Queste “unità” possono essere costituite dagli elementi del tipico canyon urbano (muri e
strada), che permette di tener conto delle interazioni tra edifici invece di considerarli oggetti
isolati.
Ogni canyon urbano ha il suo microclima, risultante dal diverso anglo di incidenza della
radiazione solare e dalla diversa tipologia di materiali utilizzati, geometrie, etc.
CANYON URBANO
Consideriamo un canyon urbano “tipico” e analizziamone il bilancio energetico
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Pareti bianche
Assenza di finestre
Suolo: ghiaia con vegetazione sparsa
H
W
S
H/W = 1
N
Nel bilancio radiativo dell’esempio che vedremo qui in seguito, i dati rappresentano medie
spaziali delle parteti esposte a E a O, del terreno, e su un periodo di tempo di 3 giorni con
cielo sereno e venti deboli.
In queste condizioni, l’avvezione ∆QA è trascurabile;QF si considera compreso in QS.
Consideriamo un canyon urbano “tipico” e analizziamone il bilancio energetico
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Quindi per le pareti, il bilancio energetico è:
Q* = QH + ∆QS
S
Per il pavimento:
Q* = QH +QE+ ∆QS
N
Consideriamo la sequenza diurna per le pareti esposte ad E e per il pavimento del canyon
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La parete esposta a E riceve radiazione solare diretta nelle prime
ore del mattino (max 8.30 nell’esempio) mentre dopo mezzogiorno
la parete Est è completamente in ombra (riceve solo radiazione
diffusa a onda corta). Il massimo secondario pomeridiano coincide
con la massima insolazione del muro opposto (esposto ad O) e
quindi con la massima riflessione da parte di questo.
Il pavimento riceve la massima radiazione solare a metà giornata,
e la sua curva Q* risulta simmetrica rispetto a mezzogiorno. La
notte, il bilancio non è molto negativo in quanto il fattore di visibilità
del cielo nel fondo del canyon è basso, e una parte del cielo è
coperta da superfici che sono notevolmente più calde.
Di giorno il 70-80% circa del surplus radiativo viene trasferito per
turbolenza, mentre il rimanente 20-30 % viene immagazzinato nei
materiali stessi. Questo calore (∆QS) , rilasciato la notte , permette
di controbilanciare il deficit radiativo.
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FLUSSO ALLA SOMMITA’ DEL CANYON
Rispecchia il “sistema canyon” completo, assumendo nullo
l’immagazzinamento di calore da parte dell’aria.
Le curve sono smussate, nonostante i diversi componenti del
canyon abbiano un massimo scambio energetico in momenti
diversi della giornata.
Il surplus di calore diurno è per la maggior parte trasportato fuori
dal canyon per convezione, mentre la restante parte è
immagazzinato. La notte le perdite radiative sono completamente
(o quasi) controbilanciate dalla conduzione di calore
immagazzinato nelle ore diurne.
Tutte queste considerazioni possono non essere valide in condizioni diverse da quelle degli esempi
considerati.
Ad esempio:
-Nel caso di canyon con orientamento diverso da quello N-S (canyon ad orientamento E-Opresentano
la massima asimmetricità climatica tra le pareti).
-Nel caso di canyon con rapporto H/W ≠ 1
-Nel caso di condizioni meteorologiche diverse da quelle ipotizzate (es. venti forti , cielo coperto etc.)
ISOLA DI CALORE URBANA
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È uno degli esempi più chiari di modificazione climatica non intenzionale
L’alterazione del bilancio energetico nelle aree urbane fa si che le
città generalmente siano più calde rispetto alle aree suburbane e
rurali adiacenti.
Questo effetto di “isola di calore” si riscontra sia in superficie, sia
nello strato limite.
È più marcato nei giorni di cielo sereno, e si inverte la notte.
La distribuzione spaziale del riscaldamento dovuto all’isola di calore
mostra correlazione con la densità abitativa e con le destinazioni
d’uso del territorio.
I gradienti sono massimi al bordo tra area urbana e rurale e tra zone
commerciali/industriali e parchi.
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La estensione e la forma delle aree geografiche coinvolte dal fenomeno dell’Isola di Calore urbana
varia nel tempo e nello spazio a seconda delle condizioni meteorologiche, urbane e della ubicazione
del centro urbano stesso.
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Semplifichiamo ancora il sistema considerando l’isola di calore di una ipotetica grande città, in
condizioni di cielo sereno e venti leggeri, appena dopo il tramonto.
Il gradiente termico è abrupto alla transizione tra area rurale e area urbana, e può raggiungere 4 °C/km
La presenza di parchi e aree verdi “interrompe” il plateau termico nel profilo.
La differenza tra la temperatura rurale di “background” e quella effettiva urbana (∆T) è definita
“intensità dell’isola di calore urbana”
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Esempio: Uppsala, Mese di Settembre,
ore 23.30. Condizioni di calma di
vento, cielo senza nubi.
∆T(u-r) è tra 5 e 6 °C.
I gradienti maggiori sono ai bordi tra zona
urbana e rurale, e i valori massimi al centro
città.
Esempio 2: Montréal.
Centrocittà “fresco” grazie a un parco.
Diversi massimi secondari.
Ogni città ha il suo “pattern” di isola di calore.
Bailey
et al.
(1997)
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In condizioni meteorologiche ragionevolmente
costanti , l’effetto dell’Isola di Calore varia durante il
giorno.
-Nel tardo pomeriggio e la sera, l’area urbana va
incontro ad un raffreddamento inferiore rispetto a
quella rurale.
-L’area urbana mostra anche un riscaldamento più
lento dopo l’alba.
-- Il ∆T(u-r) aumenta rapidamente dopo il tramonto
raggiungendo un massimo 3-5 ore dopo.
L’intensità del fenomeno diminuisce gradualmente
nel corso della notte, e dopo l’alba è facilmente
dissipato.
Questo “scenario” viene radicalmente
modificato dalle condizioni meteorologiche
Bailey
et al.
(1997)
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Di notte, l’isola di calore è inversamente
correlata alla velocità del vento (“u”) – che
influenza l’avvezione - e alla copertura
nuvolosa – che modula la capacità delle
superfici di emettere radiazioni ad onda lunga.
La velocità del vento “u” influenza le differenze
termiche ed è un surrogato della turbolenza
La nuvolosità invece influenza gli scambi ad
onda lunga, che rappresentano un controllo
del potenziale di raffreddamento radiativo.
L’intensità dell’isola di calore è direttamente proporzionale anche alla dimensione del centro urbano.
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Popolazione (surrogato di dimensione)
∆T(u-r) mostra una buona correlazione lineare con il logaritmo della popolazione
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In realtà da un punto di vista fisico ha più
senso cercare una relazione tra la
geometria dei canyon urbani e il ∆T.
Abbiamo già visto che la geometria dei
popolamenti urbani altera gli scambi di
energia ad onde lunghe, riduce il trasporto
turbolento grazie all’effetto wind shelter, e
altera il bilancio energetico a causa del calore
antropogenico (che in alcuni casi può arrivare
ad avere valori molto alti).
Inoltre, le destinazioni d’uso degli spazi sono
alterate (es. diminuzione spazi verdi).
∆T(u-r)max=7.54+3.97 ln (H/W)
∆T(u-r)max=15.27+13.88 Ψsky
Le conseguenze dell’isola di calore urbana riguardano i sistemi biologici (stagione vegetativa più
lunga, fioriture precoci, etc.) , economici e il sistema meteorologico
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Diminuzione della dissipazione del calore notturno
Le cause della formazione dell’Isola di Calore ai livelli superficiali
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Le differenze di umidità tra zona urbana e rurale sono generalmente piccole; l’area urbana è in
genere più secca durante il giorno, e leggermente più umida la notte (maggiore evapotraspirazione
nelle zone rurali e nelle ore diurne, mentre nelle ore notturne le aree rurali si raffreddano più
rapidamente e l’atmosfera diventa più stabile rispetto alle aree urbane).
Nella zona rurale nelle prime ore serali il raffreddamento radiativo porta alla formazione di rugiada,
che provoca un sequestro di umidità nei livelli bassi; al contrario, in ambiente urbano, l’umidità
rimane nell’atmosfera.
Dopo l’alba, nella zona rurale l’umidità condensata nelle ore notturne viene ri-immessa in atmosfera.
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Questo crea una sorta di “isola” di umidità tra il
centro urbano e l’area rurale adiacente.
Le differenze sono minori in presenza di venti
sostenuti.
Nei climi freddi dove anche nelle ore diurne non
vi è una marcata evapotraspirazione delle aree
rurali anche durante il giorno la città può essere
più umida delle aree rurali adiacenti.
EFFETTI DELL’URBANIZZAZIONE SULLA FORMAZIONE DI NEBBIA
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Indubbiamente l’urbanizzazione riduce la visibilità a causa dell’immissione di agenti
inquinanti in atmosfera. Tuttavia, dal punto di vista strettamente meteorologico, la
“nebbia” è una idrometeora che si forma per condensazione del vapore acqueo in
prossimità del suolo. Le minuscole goccioline d'acqua, dell'ordine di 5-10 micron di
diametro, modificano le proprietà ottiche dell'aria, riducendo la visibilità al di sotto di 1
km. Quindi nei centri urbani, l’effetto di riscaldamento imputabile all’isola di calore
urbana, e l’aumento della quantità di nuclei di condensazione contribuiscono alla
potenziale diminuzione delle nebbie.
Alle alte latitudini, dove la T <-30°C, l’umidità immessa dalle attività antropiche provoca
generalmente un aumento delle nebbie gelate.
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EFFETTI DELL’URBANIZZAZIONE SUI VENTI LOCALI
Generalmente la presenza di un centro urbano porta ad una riduzione della velocità del vento.
Questo pattern ha due importanti eccezioni che sono:
1)
Lo sviluppo di “correnti a getto” lungo strade orientate nella stessa direzione del flusso.
2)
Lo sviluppo di fenomeni di “brezza” generati dal gradiente tra zona urbana e zona rurale.
Clima dello STRATO LIMITE URBANO (UCL , Urban Canopy Layer)
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Lo strato limite urbano è quella parte del PBL sopra la “canopy urbana” le cui caratteristiche climatiche
sono modificate dalla presenza della città.
Le superfici risultano più rugose, calde e secche (generalmente) rispetto alle aree suburbane o rurali.
Gli elementi di rugosità sono
soprattutto gli edifici (alti, con
forme nette, non flessibili).
L’aumento di rugosità induce un
aumento di attrito e quindi una
riduzione della velocità del vento
rispetto alla velocità misurata alla
stessa quota in ambiente non
urbano.
giorno
notte
Il centro urbano genera un “innalzamento” dello strato perturbato e quindi dell’intero strato limite.
Si forma un “duomo” (ved. Figura) la cui influenza si estende ben oltre la città (decine di km).
A mesoscala il centro urbano altera anche la forza di Coriolis, portando a modificazioni nella
direzione del vento.
giorno
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notte
Dal punto di vista termico, durante il giorno l’effetto della città si può estendere anche a 1-1,5 km
di quota, grazie al fatto che durante le ore diurne la convezione termica e meccanica è massima.
Di notte invece lo strato termicamente influenzato dal centro urbano riguarda generalmente uno
spessore di 0.1-0.3 km , poiché il PBL è stabile e i moti convettivi sono soppressi.
Esempio: Montréal
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sito 1 – area rurale. Il profilo termico
mostra una inversione termica marcata,
che si estende oltre 600 m di quota.
Situazione di stabilità
Sito 2 – limite rurale/urbano
Sempre condizioni stabili, ma un
incremento di T di 2°C in superficie.
Sito 3 – il riscaldamento urbano aumenta
e con esso aumenta l’influenza sulla
temperatura del UBL
Sito 4 e 5 – lo spessore dell’isola di
calore urbana raggiunge 300 m circa, e
l’UBLè caratterizzato da condizioni di
“neutralità”
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A differenza delle aree rurali, il centro urbano non sperimenta una variazione diurna di condizioni
di stabilità/instabilità
Generalmente prevalgono condizioni neutre, in quanto il rimescolamento verticale previene la
formazione di gradienti termici marcati e quindi di condizioni stabili o instabili.
I meccanismi fisicamente responsabili delle modificazioni termiche nell’UBL sono l’immissione di
calore addizionale di origine antropogenico, l’aumento del mixing turbolento e l’alterazione degli
scambi radiativi (soprattutto a causa dell’inquinamento).
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ALTERAZIONE del regime delle PRECIPITAZIONI
Precipitazioni convettive necessitano di:
1- presenza di umidità
2- nuclei di condensazione
3-uplift (risalita)
Tutte queste condizioni sembrano essere tipiche
delle aree urbane.
Tuttavia, la formazione delle gocce di pioggia
richiede tempo e spesso gli effetti sono maggiori
sottovento rispetto all’area urbana, come si vede
nell’esempio in figura, in cui sono riportati i rapporti
di precipitazioni tra area rurale e urbana in estate
(St. Louis).
La zona di apparente aumento delle precipitazioni
sembra essere tipicamente sottovento rispetto alle
grandi città, soprattutto per quanto riguarda le forti
precipitazioni e la grandine.
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Superfici modificate non intenzionalmente