Controllo nell’età adulta di pazienti portatori di mielomeningocele (Dr. M. Vinchon e Dr. J. Guarnirei) (Curatore dell’edizione italiana Dr. F. Giordano – AOU “Meyer” Firenze) Progetto grafico realizzato da Laura Del Sere Estrella Martina Giulia Nicola Linda Momo Flavian Miriam Andrea Duccio Giuseppe Samantha Laura Elisa Maria Clara Elena Andrea Asia Eleonora Anna Grazia Alberto Andrea Angelica Sofia Giuseppe Alessandro Martina Anna Salvatore Arianna Andrea Giulia Carlo Domenico Niccolò Matteo Alessia Michele Andrea Davide Gianna Noemi Lorenzo Rino Irene Andrea Roxana Gabriele Irene Andrea Federica Alessandro Linda Vincenzo Lorenzo Maria Pia Angela Matilde Francesca Mattia Mariadaniela Valery Nicholas Aurora Francesco Andrea Leo Lucia Flavia Estrella Martina Giulia Nicola Linda Momo Flavian Miriam Andrea Duccio Giuseppe Samantha Laura Elisa Maria Clara Elena Andrea Asia Eleonora Anna Grazia Alberto Andrea Angelica Sofia Giuseppe Alessandro Martina Anna VOLUMETTO Salvatore Arianna QUESTO Andrea Giulia Carlo Domenico NiccolòSUL Matteo Alessia Michele ADULTA” Andrea Davide“PASSAGGIO Gianna Noemi LorenzoALL’ETA’ Rino Irene Andrea Roxana Gabriele Irene Andrea FedericaÈ Alessandro LindaAVincenzo Maria Pia Angela DEDICATO TUTTI Lorenzo LORO… Matilde Francesca Mattia A Mariadaniela ValeryGENITORI Nicholas Aurora Francesco AI FIGLI CUI COME Andrea Leo Lucia Flavia Estrella Martina Giulia Nicola Linda Momo Flavian Miriam – E COME ASSOCIAZIONE – Andrea Duccio Giuseppe Samantha Laura Elisa Maria Clara Elena Andrea Asia VOGLIAMO AUGURARE Eleonora Anna Grazia Alberto Andrea Angelica Sofia Giuseppe Alessandro UNA VITA PROTAGONISTI. Martina Anna Salvatore AriannaDA Andrea Giulia Carlo Domenico Niccolò Matteo Alessia Michele Andrea Davide Gianna Noemi Lorenzo Rino Irene Andrea Roxana Gabriele Irene Andrea Federica Alessandro Linda Vincenzo Lorenzo Maria Pia Angela Matilde Francesca Mattia Mariadaniela Valery Nicholas Aurora Francesco Andrea Leo Lucia Flavia Estrella Martina Giulia Nicola Linda Momo Flavian Miriam Andrea Duccio Giuseppe Samantha Laura Elisa Maria Clara Elena Andrea Asia Eleonora Anna Grazia Alberto Andrea Angelica Sofia Giuseppe Alessandro Martina Anna Salvatore Arianna Andrea Giulia Carlo Domenico Niccolò Matteo Alessia Michele Andrea Davide Gianna Noemi Lorenzo Rino Irene Andrea Roxana Gabriele Irene Andrea Federica Alessandro Linda Vincenzo Lorenzo Maria Pia Angela Matilde Francesca Mattia Mariadaniela Valery Nicholas Aurora Francesco Andrea Leo Lucia Flavia Estrella Martina Giulia Nicola Linda Momo Flavian Miriam Andrea Duccio Giuseppe Samantha Laura Elisa Maria Clara Elena Andrea Asia Eleonora Anna Grazia Alberto Andrea Angelica Sofia Giuseppe Alessandro Martina Anna Salvatore Arianna Andrea Giulia Carlo Domenico Niccolò Matteo Alessia Michele Andrea Davide Gianna Noemi Lorenzo Rino Irene Giuseppe Roxana Gabriele Irene Andrea Federica Alessandro Linda Vincenzo Lorenzo Controllo nell’età adulta di pazienti portatori di mielomeningocele. J. Guarnieri a, M. Vinchon b, a Service de neurochirurgie, CHU Côte-de-Nacre, avenue de la Côte-de-Nacre, 14033 Caen cedex, France b Service de neurochirurgie pédiatrique, hôpital Roger-Salengro, CHRU de Lille, rue du Pr.-Emile-Lainé, 59000 Lille, France Sintesi La crescita dei pazienti con Mielomeningocele presenta molti problemi in relazione con la natura multisistemica della loro patologia. Ancora oggi è una patologia associata a mortalità a causa dello shunt liquorale, e ad una morbilità, che si manifesta soprattutto nella locomozione e nel controllo sfinterico. I pazienti con Mielomeningocele possono perdere la deambulazione e, a causa della sindrome da ancoraggio midollare, avere una peggiore continenza e una insufficienza renale, con conseguenti carenze funzionali e una scarsa integrazione professionale. Le domande più frequenti dei pazienti riguardano la loro vita professionale e affettiva e la possibilità di procreazione. Ciò richiede un approccio multidisciplinare, per gli adulti come per i bambini, così come un’educazione dei pazienti e il riconoscimento di un supporto finanziario per mantenere la loro autonomia e la garanzia dell’efficienza dei trattamenti medici e sanitari. (© 2008 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati). 1. Introduzione Il Mielomeningocele (MM) era un tempo una malformazione caratterizzata da una forte mortalità, causata dalle infezioni liquorali, dall’idrocefalo (HC) e dalle complicazioni uronefrologiche (Laurence e Tew, 1971). I progressi della medicina nel corso del Novecento hanno consentito alla maggior parte di questi pazienti la sopravvivenza e, nello stesso tempo, grazie ad un’alimentazione ricca di folati (Bezerra e altri, 2007) e all’uso diffuso della diagnosi prenatale, con la conseguente interruzione di gravidanza nella maggior parte casi, è diminuita l’incidenza di MM. Siamo, quindi, davanti ad una patologia, la cui incidenza è diventata eccezionale, tanto che, ora, molti pazienti con MM stanno gradualmente raggiungendo l’età adulta; al tempo stesso, le competenze mediche in questo settore corrono il rischio di scomparire. I pazienti spesso vivono l’ingresso nell’età adulta come un trauma; gli specifici problemi neurochirurgici, come il malfunzionamento della valvola, il midollo ancorato e la siringomielia sono, in effetti, problemi funzionali importanti se non vitali. Nonostante i problemi manifestati nell’infanzia siano ancora presenti, talvolta aggravati, e la dipendenza nei confronti dei collaboratori persista, le cure mediche subiscono una notevole contrazione. La presa in carico dovrebbe, dunque, rimanere multidisciplinare come era nel periodo pediatrico e non essere abbandonata, altrimenti questi pazienti verrebbero condannati a ricercare specialisti o a trascurarsi. Sfogliando le pagine di riviste specializzate, come la “ La lettera della Spina Bifida” (giornale dell’Associazione Spina Bifida e Hidrocefalo – ASBH, Associazione della Germania) si può misurare lo smarrimento di questi pa- 5 zienti, che si lamentano di dover cercare, senza buoni risultati, le diverse competenze mediche di cui hanno bisogno. Gli ostacoli per un cambiamento di struttura sono numerosi, spesso legati alle reticenze dei pazienti, dei loro familiari e degli addetti a lasciare l’ambiente e le cure di tipo pediatrico: per il passaggio all’età adulta è indispensabile un coordinamento tra i medici competenti. Per far fronte a questa situazione, sono stati designati alcuni centri di riferimento e ciò ha permesso la creazione di dinamiche che motivano e coordinano i professionisti. In questo articolo, passeremo in rassegna la morbilità e la mortalità dei pazienti portatori di MM, gli elementi del controllo neurochirurgico nell’età adulta e cercheremo di stabilire delle linee guida per assicurare un adeguato passaggio all’età adulta. 2. Lo stato sanitario della popolazione con Mielomeningocele nell’età adulta 2.1. La mortalità Il primo elenco storico sulla Spina Bifida, pubblicato da Fraser nel 1929 (citato da Miller), comprende 191 pazienti operati tra il 1898 e il 1923: solo 82 di essi erano stati dimessi dall’ospedale in vita, su 46 pazienti che poi sono stati seguiti, nel 1929 ne erano ancora vivi 30. Questo autore concluse: “Desidero dire che i risultati sono buoni “(Miller e Cohen, 2006). Negli anni ‘60, Hunt segnalò un elenco di 117 pazienti operati alla nascita tra 1963 e 1971 con un tasso di mortalità del 51,3%, di cui il 29,9% dopo il primo anno di età (Hunt, 1999). Studi recenti (dal 1975 al 2001) segnalano, ancora, una mortalità del 14% (Bowman et al., 2001). Possiamo collegare questi dati che indicano un miglioramento all’introduzione degli antibiotici e al miglioramento della diagnostica. Un certo numero di pazienti muore dopo la prima infanzia e/o nell’età adulta. Le cause più frequenti del decesso sono dovute all’ostruzione della valvola e all’insufficienza renale (Olsson ed altri, 2007). Alcuni autori riportano anche di un picco di mortalità nel terzo decennio di vita (Singhal e Mathew, 1999). Negli anni ‘60, il tasso di mortalità delle persone con MM in età adulta era stimato intorno all’1% all’anno (Hunt, 1999). Più recentemente, il tasso di mortalità tardiva è stato valutato intorno al 3%, da Rintoul et altri (2002). Nella nostra esperienza lo studio della sopravvivenza ha scoperto una importante mortalità alla nascita, ma anche negli anni successivi e nell’età adulta (Fig. 1.) Fig. 1. Studio della sopravvivenza dei pazienti con MM nell’esperienza di Lille. La mortalità prevale nelle prime settimane di vita, ma si contano decessi anche negli anni seguenti e nell’età adulta. 6 In generale, il tasso di sopravvivenza era del 72,3% al primo anno di età, del 70,6% a dieci anni e del 68,6% a venti anni, dati che coincidono con quelli di Rintoul. In totale, 7 decessi su 138 sono avvenuti dopo i dieci anni (5,1%) e 2 dopo i venti anni. 2.2. La deambulazione L’acquisizione della deambulazione, ottenuta, a volte, duramente con una riabilitazione prolungata, con l’impiego di ortesi e, spesso, con interventi chirurgici di tipo ortopedico, non ha, tuttavia, un carattere definitivo. La deambulazione è, in effetti, minacciata dal peggioramento neurologico (midollo ancorato, siringomielia), dai problemi ortopedici (deformità legate alla crescita, interventi chirurgici, fratture, osteoporosi, fratture ripetute), dal verificarsi di ulcere da decubito, ma anche dall’obesità e dalla pigrizia. Molti adolescenti abbandonano, infatti, ortesi e stampelle per la sedia a rotelle, che ha il vantaggio di liberare le mani ed aumentare la capacità e lo spazio di movimento. Bisogna quindi lottare almeno per mantenere la verticalizzazione nella pratica quotidiana per prevenire, così, osteoporosi e fratture. In uno studio effettuato in Irlanda, il 34,6% degli adulti cammina in modo autonomo, il 21,9% con ausili, il 7,6% si sposta anche con la sedia e il 35,9% si muove solo con la sedia a rotelle (McDonnell e McCann, 2000). Per Hunt ed altri (1999), solo il 30% dei pazienti studiati camminava ancora all’età di trenta anni. Nello studio di Bowman ed altri (2001), la percentuale dei pazienti deambulanti passava dal 70% durante l’infanzia al 50% nell’età adulta e venne stabilito che la capacità deambulatoria degli adulti non era più a rischio. Tuttavia, noi abbiamo costatato che i giovani adulti possono perdere la loro capacità di deambulare (Vinchon e Dhellemmes, 2007). La principale causa è soprattutto di natura neuro-ortopedica, accentuandosi la gravità del deficit e delle deformità con la crescita (Seitzberg ed altri, 2008). Talvolta, il paziente smette di camminare nel decorso di interventi chirurgici o di fratture con una prolungata immobilizzazione. (Bartonek e Saraste, 2001). All’interno di un gruppo di 31 pazienti, che inizialmente camminavano, Herbeau-Delepoulle (2004) ha constatato che 8 avevano perso la deambulazione tra i sette e i venti anni di età: a causa di un’immobilizzazione prolungata per problemi ortopedici, in quattro casi, per il riancoraggio midollare, per l’obesità e per la malformazione di Chiari e dopo un annegamento per gli altri. In molti casi, la diminuzione o il progressivo abbandono della deambulazione sembrano essere legati all’interruzione controllo medico nel passaggio all’età adulta (Rekate, 2006). 2.3. I problemi sfinterici Come le anomalie neurologiche sono potenzialmente evolutive, i rischi di alterazione della funzionalità urinaria o la comparsa di neoplasie sono minacce reali a lungo termine. La patologia urologica rimane una delle maggiori cause di morbilità in questi pazienti, che, se trascurata, può portare ad una grave insufficienza 7 renale. È anche una causa importante di mortalità per una persona con MM. Queste complicazioni urologiche giustificano il continuo monitoraggio di questi pazienti. 2.4. La vescica neurogena Si tratta di una vescica ipertonica, con tendenza allo svuotamento incompleto con conseguente alto rischio di infezione, o di una dissenergia vescicosfinterica con conseguente gravità per l’eccessiva pressione nelle parti alte dell’apparato. Le conseguenze di una batteriuria cronica nei pazienti affetti da vescica neurologica, talvolta, sono importanti e possono essere la causa di una setticemia, che sarebbe, per alcuni autori, la principale causa di decesso nei pazienti con lesioni midollari (Soden ed altri, 2000). Tuttavia, la ripercussione clinica della batteriuria è spesso difficile da valutare in questi pazienti, in assenza di sintomi generali. I calcoli renali sono comuni nei casi di vescica neurogena (Shipstone ed altri, 2002). I pazienti con cateteri permanenti sono molto più a rischio di calcolosi rispetto a quelli che usano il catetere intermittente (Chen ed altri, 2000). I picchi di ipertensione della vescica possono mettere in pericolo l’apparato superiore urinario a medio termine: dopo sette anni di tali infezioni, i pazienti con questo tipo di ipertensione affetti da ureteroidronefrosi sono l’81%. La comparsa in un paziente di uno squilibrio sfinterico, precedentemente ben bilanciato, può essere il primo segno di ancoraggio midollare. La vescica neurologica è la principale causa di mortalità tardiva per Singhal e Mathew (1999): 10 decessi, dei 30 avvenuti dopo i16 anni di età, erano dovuti a complicazioni renali. Per McDonnell e McCann (2000) le complicazioni uronefrologiche erano la prima causa di morte in età adulta, essendo responsabili di 4 decessi, per una causa nota, su 14. La presa in carico urologica e nefrologica, negli ultimi decenni, ha fatto ridurre notevolmente questo tipo di mortalità. 2.5. Il cateterismo I problemi urologici rendono necessario l’uso del cateterismo intermittente per l’85% dei casi; il 40% di questi pazienti presenta episodi urologici intercorrenti, il 15% ha avuto infezioni delle vie urinarie ricorrenti e il 21% è sotto profilassi antibiotica (Olsson ed altri, 2007). Il cateterismo intermittente è il miglior modo per raggiungere un adeguato svuotamento della vescica, riducendo l’incidenza delle complicanze a carico dell’alto apparato e conservando la funzione renale. Tuttavia, il rischio di batteriuria e di orchiepididimite sarebbe leggermente superiore (Galen ed altri, 1998; Perrouin-Verbe, 2007). Questo metodo, che richiede un apprendimento e la collaborazione del paziente, può essere compromesso dalle malformazioni della parte bassa dell’apparato, dall’obesità, dalla rigidità della colonna vertebrale, dal deficit neurologico e dalle difficoltà psicologiche. La minzione con torchio addominale (manovra di Credé), che comporta maggiori possibilità di infezione renale, è una facile soluzione, generalmente adottata da quei pazienti che hanno abbandonato il cateterismo. 8 2.6. Gli interventi urologici Gli interventi urologici, le cistoplastiche o le cistostomie sono spesso necessari, talvolta sono anche ripetuti; in base allo studio svedese di Olsson ed altri (2007), il 24% degli adolescenti aveva necessità di uno o più interventi. La plastica d’ingrandimento vescicale con tessuto di origine intestinale (colon) è all’origine di un’emissione di muco nelle urine e può causare una ritenzione urinaria infetta, se il catetere, anche se per breve tempo, è lasciato a dimora temporanea. L’iniezione intravescicale della tossina botulinica si è recentemente imposta come un’ulteriore possibilità di scelta per la vescica iperattiva (Leippold et altri, 2003). Analogamente, l’iniezione endoscopica di collagene o di teflon nel collo della vescica apporta una maggiore continenza tra i cateterismi (Block ed altri, 2003). 2.7. L’insufficienza renale La sua prevalenza è stimata tra il 30 e il 40% dei MM adulti (Muller ed altri, 2002) e porta alla dialisi l’8-10% dei pazienti (Del Gado ed altri, 2003). La presenza di proteinuria in un paziente la cui funzione renale è già compromessa, è un segno di gravità del danno renale (Ruffion et altri, 2007). Conseguenza della nefropatia, l’ipertensione arteriosa è frequente e precoce nel portatore di MM, con la sua sequela di complicanze cardiovascolari. L’ipertensione arteriosa può essere responsabile di un’insufficienza cardiaca, ma quest’ultima può anche essere secondaria ad un’insufficienza respiratoria restrittiva associata a scoliosi (McDonnell e McCann, 2000) o ad una cardiopatia malformativa associata (Rintoul ed altri, 2002.); questi diversi meccanismi possono combinarsi in un unico paziente. In caso di grave insufficienza renale, l’esistenza del MM non è, di principio, una controndicazione al trapianto del rene, ma quest’ultimo pone come condizione preliminare da una parte, che possa essere corretto il meccanismo che ha condotto al deterioramento del rene, e, dall’altra, che il paziente si attenga al proseguimento rigoroso della terapia immunosoppressiva. Pochi di questi pazienti beneficiano, dunque, di un trapianto renale. 2.8. I tumori urogenitali I tumori delle vie urinarie, eventualmente favoriti dal reflusso e dalle infezioni ripetute, sono stati messi in relazione con i pazienti affetti da MM (McDonnell e McCann, 2000). Estrapolando i dati di pazienti con lesioni midollari, si può stimare che la prevalenza di tumori genito-urinari dei pazienti con MM va aumentando in proporzione alla loro aspettativa di vita. Se i tumori vescicali non sono più frequenti, in caso di vescica neurogena rispetto alla popolazione generale, (Ruffion ed altri, 2007), si tratta, molto spesso, di carcinoma epidermoide nei primi (Pannek, 2002), tra il 19 e il 52% contro il 1,2 - 4,5% nella popolazione generale. I tumori della vescica si verificano, di solito, dopo una lunga evoluzione (da 15 a 20 anni) della vescica neurogena, specialmente nei pazienti portatori di un catetere fisso. (Vereczkey ed altri, 1998). Tra gli altri fattori di rischio di tumore, si riscontra l’esistenza di calcoli vescicali e più di dieci episodi in un anno di infe- 9 zione delle vie urinarie. Per quanto riguarda il tumore al testicolo, circa il 10% dei pazienti colpiti aveva presentato criptorchidismo unilaterale o bilaterale. Il rischio è maggiore quando si tratta di un testicolo ritenuto in posizione intra-addominale (Garner ed altri, 2005). Ferrara ed altri (1998) stimano ad oltre il 14%, il tasso di criptorchidismo per una popolazione di 75 pazienti di sesso maschile nati con MM. 2.9. L’incontinenza anale Si tratta di un’apertura anale con, in generale, perdite fecali permanenti, associata a costipazione con fecalomi o, a volte, con forti scariche diarrotiche. Questo problema è troppo spesso trascurato dal momento che si tratta di un importante handicap sociale e di una fonte di complicazioni urinarie e di lesioni cutanee. La stipsi è stata parimenti considerata responsabile del malfunzionamento della valvola (Martinez-Lage ed altri, 2008). La tecnica di wash-out o lavaggio del colon retrogrado (Arhan ed altri, 1994, Christensen et altri, 2000) sembra essere una tecnica adatta al deficit perineale dal paziente con MM. Si tratta di una tecnica di irrigazione del colon (cateterismo intestinale retrogrado), il cui scopo è quello di pulire periodicamente tutto il colon per ottenere l’assenza di emissione di feci nell’intervallo tra i due lavaggi. Un’esplorazione funzionale dello sfintere anale è consigliata, prima della prescrizione, con la misura del tratto intestinale e la defecografia. Questo metodo richiede un apprendimento, ma consente di evitare l’intervento chirurgico. Sono usate anche altre tecniche di irrigazione del colon più invasive, come l’irrigazione dopo l’intervento di Malone (cecostomia), che consente di realizzare periodicamente un lavaggio colico anterogrado e apporta un reale comfort al paziente. Oltre alle tecniche di cateterismo intestinale, il tampone anale, anche con ano beante, apporta una continenza temporanea, facilita notevolmente i rapporti sessuali; ma è sconsigliato mantenerlo permanentemente. L’uso di tamponi di protezione si scontra con problemi di costo e di sostegno finanziario. 2.10. L’idrocefalia La prevalenza di IC nel portatore di MM è di circa l’80% (Bowman ed altri, 2001), si tratta di una delle principali cause di morbilità e di mortalità. La sua presentazione clinica è generalmente prenatale; raramente è diagnosticato tardivamente, ad esempio, davanti ad una scoliosi, che può essere corretta dopo il trattamento dell’IC (Hall ed altri, 1979) o nel decorso di un intervento chirurgico per la malformazione di Chiari o di riancoraggio midollare. Il numero medio di revisioni per un paziente adulto può variare dal 2,5 al 4,5 (Vinchon e Dhellemmes, 2007); il 95% dei pazienti adulti ha avuto almeno una revisione della valvola (Bowman ed altri, 2001). Per Tuli ed altri (2004), l’IC è stata la principale causa di morte nei MM con valvola, essendo direttamente responsabile della morte per il 7,9% dei pazienti. Iskandar ed altri (1998) valutavano la mortalità legata allo shunt all’1% all’anno. Nel nostro studio, abbiamo stabilito che infezioni e ostruzioni delle valvole 10 erano responsabili dei due terzi della mortalità e della totalità dei decessi registrati in età adulta. Il verificarsi di un’inspiegabile morte improvvisa da parte di un portatore di MM con valvola deve fare sospettare un evento legato ad essa (Byard, 1996). Nel complesso, la mortalità da IC per le persone con MM si alza da 8,2% all’età di dieci anni a 10,2% all’età di 20 anni, ed, in percentuale, è triplicata rispetto alle altre cause di IC. (fig.2) Fig. 2. Confronto della mortalità associato alla valvola in MM e in altri casi di idrocefalo (HC). L’ostruzione della valvola riveste un carattere più grave rispetto agli altri IC. In più, sulla mortalità, Hunt ed altri (1999) rilevavano quattro osservazioni di cecità. Il rischio di malfunzionamenti ripetuti della valvola per i soggetti con MM è più importante rispetto agli IC dovuti ad altre cause: Tuli ed altri (2004) hanno valutato 1,95 il valore del rischio tra essi rispetto agli altri IC. Ciò fa confermare una certa comorbità. (Fig. 3.) Fig. 3. Confronto della sopravvivenza della prima valvola nel portatore di MM e in altre cause di HC. La morbilità associata con MM persiste per tutta la vita. L’ostruzione della valvola può manifestarsi con un quadro significativo di ipertensione intracranica, il cui aggravamento neurologico può essere improvviso (al 11 massimo: la morte immediata). Al contrario, l’ostruzione della valvola si può rivelare come un quadro atipico con problemi cognitivi o comportamentali ed epilessia. Una disfunzione della valvola in un portatore di MM può anche prendere l’immagine di un peggioramento sul piano motorio e neurologico, urologico o spinale (Bowman et altri, 2001), giustificando la frase: “una volta shunt, sempre shunt.” La diagnosi radiologica è, talvolta, sottile, con minime modifiche della grandezza ventricolare (Rolle e Graffe, 1999), il che rileva la necessità di una radiografia di riferimento. Il rischio di infezione della valvola è ancora più importante per una persona con MM che negli IC derivati da altre cause, non solo nel periodo postoperatorio precoce, ma anche tardivamente, dopo l’intervento chirurgico, suggerendo che il MM è in sé un fattore di rischio di infezione della valvola (Vinchon e Dhellemmes, 2006). La perforazione viscerale dal catetere peritoneale sembra favorita dalla presenza di difficoltà motorie, specialmente legata al MM, possibilmente in relazione con un disturbo di motilità intestinale (Vinchon ed altri, 2006). Questa complicazione è stata segnalata come causa di una morte improvvisa, la cui causa può essere solo evidenziata dall’autopsia (Byard, 1996). I pazienti con MM e con valvola devono essere considerati definitivamente shunt-dipendenti fino a prova contraria. A causa di un aumentato rischio di mortalità a causa della valvola, il detto “una volta shunt, sempre sempre shunt” si applica in modo ancora più rigoroso in questi pazienti. Vari autori hanno contestato la definizione di IC “arrestati” nel quadro del MM, in ragione del rischio di uno scompenso improvviso di IC in questi pazienti (Rekate, 1988). Il monitoraggio sistematico dei pazienti con valvola è indispensabile. La rimozione della valvola e il successivo svezzamento è eccezionale, per esempio, in caso di rottura della stessa e con asintomatologia, oppure dopo una ventricolostomia endoscopica eseguita per la sua ostruzione (Cinalli et altri, 1998.); questa procedura ci sembra, tuttavia, rischiosa in portatori di MM. Nella nostra esperienza, solo nove pazienti sono diventati indipendenti dello shunt (il 7,3% a 20 anni nell’analisi di sopravvivenza), mentre un numero equivalente di pazienti è diventato successivamente shunt-dipendente (Dhellemmes et Vinchon, 2008). Va ricordato, tuttavia, che molti casi di morte improvvisa, attribuiti ad un improvviso scompenso di IC, sono stati riportati dopo uno svezzamento, apparentemente riuscito, talvolta dopo un intervallo di diversi anni (Rekate, 1988; Tomlinson ed Sugarman, 1995). 2.11. La sindrome del riancoraggio midollare La sindrome del riancoraggio midollare (SRFM) può essere la causa di una perdita di mobilità nella persona con MM. La sua fisiopatologia fa intervenire una messa in tensione del midollo maggiorata per la flessione del bacino, che viene rilasciato poi dalla lordosi (Reigel, 1983). Durante l’infanzia, la presenza di SRFM è attribuita alla crescita staturale; la sua presenza in età adulta presuppone l’esistenza di altri meccanismi. Un esordio clinico precoce ed improvviso dopo un forte fattore scatenante è riportato nel 6012 90% dei casi adulti: sforzi, flessione del tronco, rapporti sessuali, parto, litotripsia, ecc. (George ed Fagan, 2005). Inoltre, i nostri dati mostrano che nell’infanzia, la SRFM si verifica sia per le spine alte che basse, ma dopo i dieci anni, vi è una chiara prevalenza dei livelli alti (Fig. 4); ciò ci fa supporre la presenza di disordini statici del rachide dal periodo puberale fino all’età adulta. Fig. 4. L’analisi di mantenimento dell’ancoraggio del midollo nei pazienti con MM, si confrontano i MM alti e bassi (come definito nella legenda della FIG. 1 sopravvive il secondo livello). Un’incidenza significativamente più alta di ancoraggio dopo l’età di dieci anni, suggerisce l’influenza di una deformità vertebrale associata con la crescita durante la pubertà. Si noti come l’ancoraggio sia stato trovato in pazienti adulti, suggerendo il ruolo delle alterazioni degenerative e giustificando un prolungato follow-up. L’accentuazione delle curve del rachide, di fatto, di fenomeni degenerativi associati all’età può anche spiegare il verificarsi di SRFM nell’età adulta. La prevalenza di SRFM era del 32% dei pazienti adulti per Bowman (Bowman et altri, 2001) e del 36,45% nel nostro studio (Dhellemmes ed Vinchon, 2007), ma queste cifre variano del 15-65% dei MM secondo la regione in Svezia (Olsson ed altri, 2007). Nel nostro lavoro, sette pazienti (10%) hanno avuto necessità di un intervento di disancoraggio in età adulta: ciò fa presagire, nel futuro, un aumento del numero di SRFM nei pazienti adulti. La manifestazione clinica della SRFM può essere acuta dopo un fattore scatenante come quello sopra menzionato (Rekate, 2006); al contrario, può essere lentamente progressivo nell’arco di diversi anni, e “dolorosamente sottile” (Johnson & Levy, 1995), mascherato da diversi eventi sporadici e talvolta non notato da parte del paziente stesso. L’aggravamento della deambulazione si manifesta per l’innalzamento a livello neurologico di uno o più metameri (Dias e McLone, 1994). La sintomatologia del rachide è spesso al primo piano (Bowman ed altri, 2001), mentre nei bambini e negli adolescenti assume la forma di scoliosi (spesso dolorosa), sostituita, in età adulta, da un ostinato mal di schiena, spesso notturno, che si spande alle gambe (Hüttmann ed altri, 2001). L’IRM non è il mezzo per diagnosticare la SRFM, che è soprattutto clinica, tuttavia, permette non confondere una lesione associata come una siringomielia o una cisti dermoide. L’indicazione per la chirurgia è spesso plurifunzionale: nella nostra esperienza, i pazienti operati a causa di segni alla colonna vertebrale nel 69% (compresa la scoliosi, 59%), di disturbi motori per il 59%, sensoriali per il 17%, sfinterici per il 30%, per il dolore proiettato nel 17%. La prognosi neurologica è migliore se la tra13 zione e la conseguente durata dalla sofferenza midollare sono meno intensa e breve: per Hüttmann ed altri (2001), i disturbi motori erano migliorati nel 50% se il deficit durava da meno di cinque anni, ma solo il 6% del rimanente se il deficit era oltre i cinque anni. Sembra, quindi, che sia meglio intervenire precocemente. Negli adulti, il rapporto rischio-beneficio sembra meno favorevole rispetto al bambino: il miglioramento è più lento e talvolta non è durevole (Rekate, 2006). La decisione viene discussa caso per caso, con il paziente, in funzione delle sue domande e delle sue preoccupazioni. Le complicanze operatorie più frequenti sono i problemi di cicatrizzazione: deiscenza, perdita di LCR (Hüttmannet altri, 2001, Lee ed altri, 2006), specialmente nel caso di un altro intervento (Bowman ed altri, 2001). Un aggravamento neurologico, soprattutto sfinterico rimane tuttavia il problema principale (Lee et altri2006), anche se gli eventuali deficit post-operatori si evolvono più spesso in modo soddisfacente. Il vantaggio dell’operazione è, a volte, difficile da valutare in questi pazienti con disabilità multiple, visto che l’indicazione per la chirurgia era complessa. Il risultato è spesso eterogeneo, con un miglioramento tipico sul piano della mobilità o dei dolori, al prezzo di un peggioramento della funzione sfinterica. Si noti che in un paziente, che si è aggravato prima dell’intervento, la stabilizzazione può essere considerata un successo (Maher ed altri, 2007). In alcuni casi, il paziente, che prima dell’intervento chirurgico, non si era lamentato di dolore, lo sente dopo. Nella nostra casistica, con un monitoraggio di 8,3 anni, si può stimare che, nel complesso, 52 pazienti sono migliorati, 17 sono rimasti invariati e 2 sono peggiorati. La Fig. 5 mostra che il miglioramento più netto riguardava i dolori; a conferma dei risultati di Sarwark ed altri (1996). Fig. 5. Numero di pazienti con midollo ancorato che presentano perdite motorie e sensoriali, disturbi agli sfinteri, dolore, scoliosi ed esiti postoperatori. In merito alla scoliosi, Olsson ed altri (2007) hanno osservato che nelle regioni della Svezia, dove si pratica la maggior parte dei disancoraggi midollari, erano stati realizzati un minor numero di interventi per la scoliosi. Nella nostra espe- 14 rienza, 23 pazienti con scoliosi non sono stati monitorati, in ultima analisi, perché la scoliosi si era stabilizzata dopo il disancoraggio; 17 sono stati operati, ma per 9 casi di essi, l’operazione era già programmata prima del disancoraggio; in 6 casi, l’operazione, alla fine, è stata eseguita, ma più tardi del previsto, e, quindi, nella condizione migliore di un bambino più grande. È sul piano sfinterico che i risultati sono più deboli (Reigel, 1983). Si noti, tuttavia, che l’aggravamento con la comparsa di una vescica ipererflessica è, talvolta, percepita come un miglioramento da parte del paziente, che è più continente tra i cateteri. Il rischio di un riancoraggio midollare dopo la liberazione del midollo è stimato tra il 13% e il 16%, con un beneficio nel 70% nei pazienti rioperati (George e Fagan,2005). L’equipe di Chicago ha riferito che 3 pazienti su 23 sono stati rioperati per la seconda o terza volta (Bowman e altri, 2001). Noi non abbiamo operato pazienti per recidiva di SRFM e le indicazioni di un secondo intervento ci paiono ancor più discutibili rispetto al primo, il rapporto beneficio/rischio appare meno favorevole rispetto alla prima operazione. 2.12. La malformazione di Chiari e siringomielia La malformazione di Chiari si presenta in uno stato latente o con sintomi nell’80% dei portatori di MM, ed è causa di alta mortalità neonatale; il suo ruolo nel determinare la morbilità e mortalità tardiva dei pazienti con MM varia a secondo degli autori, a volte è messa al primo posto come causa di decessi (Rintoul ed altri, 2002). Tuttavia, si dovrebbe considerare che il Chiari non si manifesta clinicamente di solito se non con l’ostruzione della valvola (Olsson ed altri, 2007), ed è, dunque, difficile distinguere la mortalità legata al Chiari da quella legata all’IC. Di sicuro, la presenza della malformazione di Chiari è responsabile dell’eccesso di mortalità per ostruzione della valvola nei pazienti con MM. La siringomielia con un esordio ritardato o con una tardiva recidiva può essere difficile da trattare in questi pazienti operati più volte; la ricerca di una siringomielia, tuttavia, deve essere sistematica in caso di peggioramento sul piano motorio e/o di problemi trofici. 2.13. Altre complicazioni nel paziente con mielomeningocele I pazienti con MM sono colpiti da altre patologie, con un numero medio di operazioni durante l’infanzia intorno al 12,6 per paziente (Gan ed altri, 2007). L’allergia al lattice è ampiamente diffusa in questi pazienti. Molto spesso, questa allergia si manifesta con una reazione anafilattica, a volte grave, con una mortalità del 3,4 % (Miller e Cohen, 2006). Per Bowman, il 32% degli adulti con MM presentano reazioni al lattice e l’8,5% manifesta un’”allergia sconosciuta” al lattice; la prevalenza di questo tipo di allergia dipende dal numero degli interventi subiti (Bowman ed altri, 2001). Numerosi autori pertanto consigliano di trattare tutti pazienti con spina bifida come se fossero allergici al lattice. L’epilessia colpisce tra l’11 e il 30% pazienti (Hunt et altri, 1999; Singhal e Mathew, 1999), ed è più comune nei pazienti con valvola – il 62,5% contro il 36,7% all’interno della casistica-(McDonnell e Mc Cann, 2000). La pubertà precoce è fre- 15 quente, si verifica nel 10% dei pazienti (Olsson ed altri, 2007) e accelera la progressione della scoliosi; sembra legata a un danno diencefalico secondario e all’IC (Proos ed altri, 1996). L’obesità è un problema rilevante nel portatore di MM e riguarda il 28% dei pazienti adolescenti (Bartonek e Saraste, 2001). Sembra favorita dallo scarso dispendio metabolico dei paraplegici, e, a sua volta, ne può risentire la locomozione. Tra le possibili cause di morbilità e mortalità si citano le piaghe da decubito, l’embolia polmonare e l’ulcera gastrica, che sono le complicanze classiche delle disabilità multiple. Un caso di encefalite da prioni è stato inoltre riportato per l’uso della dura madre (Talamonti ed altri, 2007). Per quanto riguarda il suicidio (Singhal e Mathew, 1999), esso è meno comune di quanto ci si potrebbe aspettare in queste persone gravemente disabili, che appaiono più apatiche che depresse (Herbeau-Delepoulle, 2004). 3. La vita del paziente adulto 3.1. L’integrazione scolastica, professionale e sociale I problemi cognitivi sono frequenti, multifattoriali e ricadono sull’integrazione socio-professionale del paziente. Si rileva una sovra rappresentazione del QI nel range 70-80 (Olsson ed altri, 2007). Esistono, inoltre, deficit maggiori nella performance del QI (Hetherington ed altri, 2006), traducibili con risultati più scarsi in matematica (Steinbok ed altri, 1992). Studi più approfonditi hanno mostrato che il portatore di MM presenta disturbi della comunicazione non verbale e delle funzioni esecutive (Liptak, 2006), una significativa riduzione della durata della memoria e disturbi nella strategia di memorizzazione selettiva, il tutto costituisce lo “spettro d’apprendimento della Spina Bifida” (Vachha e Adams, 2005). L’handicap maggiore è talvolta mascherato dalla sindrome del “cocktail party” - comunicazione verbale apparentemente elaborata, ma superficiale - (Talamonti ed altri, 2007). Questi disturbi cognitivi sono in parte dovuti all’IC (soprattutto se era presente in fase prenatale) e alle sue complicanze (McLone ed altri, 1982), in particolare, all’infezione della valvola (Vinchon e Dhellemmes, 2006). Sono anche la conseguenza delle malformazioni cerebrali associate (agenesia del corpo calloso, displasia del cervelletto). I problemi cognitivi, durante il percorso scolastico, sono aggravati dalle difficoltà dovute alla disabilità, all’ospedalizzazione e agli interventi chirurgici ripetuti (Gan e altri, 2007). In totale, il 40% presenta un ritardo d’apprendimento a scuola o seguono una scolarizzazione assistita (Steinbok ed altri.1992). Il livello di istruzione sembra correlata al QI verbale, mentre lo status professionale dipende dalla performance del QI (Hetherington ed altri, 2006). In totale, nel gruppo di McDonnell e di McCann (2000), solo il 36% dei pazienti adulti aveva un impiego. Il grado di autonomia di questi pazienti è basso, dal 34% al 77% vivono in casa dei loro genitori e il 15% in case d’accoglienza (Hunt ed altri, 1999; Singhal e Mathew, 1999) e solo il 24,6% ha un impiego “non protetto” (Hunt ed altri, 1999). In Francia, secondo i dati forniti dall’ASBH su 100 pazienti MM con più di 20 anni, il 50% 16 ha una casa propria, l’altra metà vive ancora con i loro genitori e il 6% sono in case - famiglia con il ritorno alla propria solo nel week-end, solo il 23% lavora a tempo pieno o part-time, ma solamente il 15% è stato riconosciuto come “lavoratore disabile” . In Francia, una serie di testi legislativi disciplinano la disabilità negli adulti al fine di compensare la mancanza di autonomia e di permettere una migliore integrazione sociale. Tra gli aiuti finanziari istituzionali, esiste il sussidio per il disabile adulto (AAH) e la prestazione di compensazione della disabilità (PCH, che ha sostituito il sussidio per terza persona). L’AAH dipende dal tetto delle risorse e, in base alla legge dell’11 febbraio 2005, può essere cumulata con il reddito da lavoro fino al 115% dello SMIC (Legge n° 2005-102, Gazzetta ufficiale del 12 febbraio 2005). La persona disabile atta all’impiego può ottenere un aumento per la vita indipendente per una cifra forfettaria di 100 euro al mese. Se il beneficiario dell’AAH è riconosciuto inabile al lavoro, può beneficiare di un assegno complementare per compensare l’assenza di redditi da lavoro, a determinate condizioni (alloggio indipendente, nessun reddito professionale, invalidità maggiore o uguale all’ 80%, ecc.). L’AAH, combinata con un sostegno al reddito, costituisce la garanzia delle risorse alle persone con disabilità (GRPH), e corrisponde all’80% dello SMIC netto. Queste risorse limitate, confrontate con il costo del materiale necessario (cateteri, pannolini, scarpe, ortopediche), a volte, gravano pesantemente sull’integrazione sociale di questi pazienti, anche se la presa in carico con il titolo di malattia cronica è praticamente automatica nei pazienti affetti da MM. 3.2. La sessualità Nel paziente diventato adulto, la sessualità rimane ancora un argomento tabù, l’attività sessuale delle persone con disabilità soffre di pregiudizi negativi. Ciò è confermato dalla povertà della letteratura medica sulla sessualità delle persone affette da disabilità congenita. La sessualità maschile ha ricevuto maggiore attenzione rispetto alla femminile (Cole, 1988; Vroege ed altri 1998, Wolman e Basco, 1994). È, tra l’altro, difficile da distinguere un certo numero di casi distinti: i “primi passi” nel campo della sessualità, la sessualità istituzionale di coppia con o senza il desiderio della procreazione ed una vita “autonoma”, ma… isolata! (Sandler e altri, 1994;. Barf e Verhoef, 2000). A differenza delle lesioni al midollo spinale, che possono avere un’attività sessuale normale prima dell’incidente, per i nostri pazienti non esiste la fase di “lutto” o di accettazione: non esiste alcun punto di riferimento! Ai tabù che girano intorno alla sessualità si aggiungono i problemi legati all’incontinenza urinaria e anale (Blackburn e altri, 1993, Laurence e Beresford, 1975). Anche se non esiste una vera correlazione tra il grado di continenza e la possibilità di avere rapporti sessuali o meno, la qualità della continenza rimane un fattore importante da considerare prima di pianificare un’attività sessuale. Il problema dell’incontinenza urinaria nelle donne sembra più “semplice” da gestire, anche quando vi è una vescica iperriflettente. Utilizzare un catetere urinario fisso 17 non è una barriera in sé, né nell’uomo né nella donna. In pazienti con stomia, la sacca di raccolta può essere nascosta. Una progressiva educazione del partner può, in generale, superare questi ostacoli. Se il problema dell’incontinenza urinaria può essere affrontato in modo relativamente facile, diversamente succede per quella anale. Il disinteresse da parte della medicina per l’incontinenza fecale, in contrasto con l’incontinenza urinaria, isola il paziente ed ostacola la sua qualità della vita, soprattutto la sua vita sessuale. Come lo svuotamento vescicale, anche la continenza anale deve essere considerata prima di un rapporto. Come i disturbi sfinterici, la carenza di sensibilità costituisce uno svantaggio per la realizzazione di un rapporto sessuale completo. L’immobilità, la pressione prolungata del paziente in una sedia a rotelle può essere la causa di ulcere da decubito. Allo stesso modo, la macerazione perineale, aggravata dall’incontinenza urinaria e fecale, causerà gravi complicazioni cutanee. Siamo consapevoli che la prevenzione e la presa in carico dei problemi cutanei sono parte integrante della gestione di questi pazienti. Infine, dobbiamo parlare dei problemi di spasticità degli arti inferiori che possono interferire con il coito. Un certo numero di pazienti sono in grado di avere un erezione, dal 70 al 90% dei casi secondo alcune casistiche (Cass ed altri, 1986; Corner,1977, Palmer ed altri, 1999, Sawyer e Roberts, 1999). In effetti, queste erezioni sono di qualità molto diversa. Nello studio di Reilly e Oates (1992), solo due dei nove pazienti hanno un’erezione normale, spontanea e “sufficiente” per un soddisfacente rapporto sessuale. Dobbiamo distinguere l’erezione psicogena dall’erezione riflessa (stimolabile), essendo il livello midollare clinico il principale criterio che influenza l’attività riflessa. Lo studio di Sandler ed altri (1994, 1996) descrive, che su 15 giovani, con un’età media di 20 anni, studiati mediante la registrazione delle erezioni notturne, solo due soggetti, con il livello di lesione sacrale, hanno avuto un’erezione normale in numero e durata; sette di essi hanno avuto erezioni incostanti e brevi e sei non hanno avuto alcuna erezione. Si deve sapere che i pazienti che presentano un’erezione spontanea notturna sono in grado di presentare allo stesso tempo erezioni riflesse e psicogene. Sapendo che la posizione lombo-sacrale rappresenta circa l’80% dei pazienti con MM che seguiamo, la maggioranza è, quindi, in grado di avere un’erezione riflessa, ma solo i pazienti con livello basso possono pretendere di avere più erezioni spontanee. Questo ci porta a insistere una volta di più sull’importanza dell’aiuto psicologico - non fortemente istituzionalizzato - per i pazienti con questo deficit neurologico. I corsi di formazione e di istruzione sono di grande interesse, anche per i soggetti non disabili, che, ugualmente, hanno problemi sessuali. Questi corsi, purtroppo, sono rari e l’educazione sessuale dei nostri pazienti è insufficiente, incompleta ed inesatta (Sawyer e Roberts, 1999;Barf e Verhoef, 2000, 2004). Tra i farmaci che inducono l’erezione assunti per via orale il sildenafil (Viagra ®) è il più vecchio. L’uso del sildenafil è stato studiato in 15 uomini portatori di MM con età compresa tra 19 e 35 anni (Palmer ed altri, 1999) e il miglioramento della funzione erettile è stato confermato nell’80% dei casi. La durata 18 e la frequenza media di erezione erano aumentate in modo significativo con un dosaggio di 50 mg di Viagra ®, l’efficacia appariva dopo 30 minuti, con un effetto maggiore con una dose di 100 mg. Altre molecole, come tadalafil (Cialis ®) e vardenafil (Levitra ®) - efficaci dopo 15 minuti - possono essere ugualmente utilizzate per via orale, allo stesso scopo e con le stesse contro-indicazioni del sildenafil. In ogni caso, si deve avvertire i pazienti che si tratta di una prescrizione medica, che deve seguire rigorose regole. L’iniezione nei corpi cavernosi del pene di sostanze vasodilatatrici (Prostaglandine) con effetto locale viene comunemente usata dal paziente paraplegico traumatizzato, ma sembra avere delle controindicazioni in alcuni pazienti MM con lesioni incomplete. Il rischio di allergia al lattice limita l’uso del preservativo negli uomini (saranno da privilegiare, quindi, preservativi per pene senza lattice). Con i preservativi in lattice vaginali senza lattice, il rischio di allergia è quasi inesistente (Femidon ®). Va ricordato che l’utilizzo congiunto di preservativi penieni e vaginali non è raccomandato in via generale, chiunque siano gli utilizzatori. 3.3. La fertilità Il desiderio di procreazione è legittimo e, talvolta, deve essere assistito quando la disabilità è d’ostacolo. Nei portatori di MM, in particolare negli uomini, la fertilità è bassa: secondo la casistica di Hunt ed altri (1999), un uomo su 26 è diventato padre, mentre 7 donne su 31 sono diventate madri. Comunque, è importante conoscere i desideri delle coppie o, a volte, dei pazienti single. A volte è necessario separare le questioni relative l’attività sessuale per la procreazione, che può essere considerata senza sessualità. È innegabile che la persona disabile ha esigenze aggiuntive che spesso non esprime per paura di essere accusata di non essere in grado di prendersi cura del suo bambino. Esiste, inoltre, il problema del rischio della ricorrenza del MM nel feto. La gravidanza è possibile e realizzabile in una donna con MM, anche se è considerata “a rischio”. L’ideale è la gravidanza programmata per prevenire questi rischi. Classicamente, il tasso di ricorrenza del MM nella gravidanza di una donna affetta è del 3% dopo una circostanza casuale e del 20% dopo due (Botto ed altri, 1999). La prevenzione con acido folico (Specialfoldine ®), da iniziare prima della fecondazione, riduce il rischio di MM per circa il 70%. Nelle donne portatrici di MM, si raccomanda di iniziare l’integrazione di acido folico alla dose di 4 mg/d (contro 0,4 mg/d in assenza di MM) almeno quattro settimane prima del concepimento e di proseguire almeno per altre otto settimane. In caso di un trattamento antiepilettico, si raccomanda di aumentare la dose a 5 mg/d (Murphy ed altri, 2000). Inoltre, la gravidanza favorisce la stasi urinaria e la dilatazione ureterale, pertanto sono facilitate le infezioni del tratto urinario: queste sono le complicanze più comuni e potenzialmente più gravi per la madre e il feto. Malgrado le precauzioni prese, l’alterazione della funzionalità renale non è un eccezione durante la gravidanza o al termine della stessa. La mamma con MM spesso ha un 19 parto prematuro e il taglio cesareo non è obbligatorio! La realizzazione di una pelvimetria o di un tomodensitometria prima di un’eventuale gravidanza è utile per rilevare dismorfismi pelvici che controindicherebbero il parto naturale. Dobbiamo anche considerare il livello e l’importanza del deficit motorio, il grado del potenziale sovrappeso della partoriente, il limite della mobilità delle anche. Il taglio cesareo sarà, ugualmente, necessario quando la motricità è così deficitaria da rendere impossibile la spinta. È spesso necessario spiegare alla paziente (e talvolta alla sua ostetrica) che la presenza di una valvola peritoneale non controindica la gravidanza o il parto naturale o il parto con taglio cesareo. Invece, l’anestesia epidurale, è impossibile a causa del MM. I problemi di riproduzione maschili sono complessi. I problemi urologici e della “zona” (infezioni delle basse vie urinarie, l’uso di pannolini che aumentano la temperatura locale) inevitabilmente interferiscono sulla spermatogenesi. Esistono spesso altri problemi, come la retrazione del testicolo o la ritenzione dell’asta di origine neurologica. Inoltre, se più del 70% degli uomini con MM sembra in grado di avere un’erezione, solo il 50% ha un’eiaculazione o un’emissione di seme (Dorner, 1977; Reilly e Oates, 1992). Il desiderio di procreazione deve essere spesso assistito. In Francia, la procreazione medicalmente assistita (AMP) è regolamentata dalla legge di bioetica del 1994 e dal decreto del 12 gennaio 1999. La prima condizione è quella di poter ottenere, qualsiasi sia la tecnica, l’eiaculazione per raccogliere lo sperma e di analizzarlo, sia che si tratti di eiaculazione anterograda o retrograda (vescica). È ugualmente essenziale valutare la fertilità femminile: la sua capacità di produrre ovociti è una “conditio sine qua non” per questa tecnica. L’analisi del seme permette di conoscere la concentrazione di spermatozoi, la loro mobilità, il loro aspetto e la forma. La tecnica di AMP dipenderà, infatti,dalla qualità e dall’origine dello sperma. Si dovrebbe inoltre eseguire una diagnosi clinica, ormonale ed ecografica. L’ecografia permette di verificare lo stato della prostata e delle vescicole seminali, il bilancio ormonale può determinare il livello di FSH e di testosterone. Un certo numero di accertamenti ematici diventa obbligatorio. Inoltre, dovrebbe anche essere previsto un consulto genetico e la realizzazione del cariotipo prima dell’inoculazione intracitoplasmica di spermatozoi (ICSI). Infine, è anche essenziale che una possibile infezione urogenitale sia trattata efficacemente, altrimenti la fecondazione artificiale in vitro e il trasferimento dell’embrione (FIVET) potrebbe non accadere. Se lo sperma contiene cinque milioni di spermatozoi per millimetro cubo, sarà scelta l’inseminazione artificiale con lo sperma del compagno. La coppia potrà, allora, concepire “a casa”. Nella maggior parte dei pazienti, tuttavia, gli spermatozoi sono pochi e poco mobili. Le altre tecniche utilizzate, FIVET o ICSI dipenderanno dal numero spermatozoi che potranno essere raccolti Se ci si riferisce alla casistica di AMP in pazienti con lesioni spinali, la tecnica più spesso utilizzata è la ICSI. 20 4. Organizzazione della transizione bambino-adulto del paziente affetto da mielomeningocele Vediamo che la transizione verso l’età adulta del paziente portatore MM comporta molti problemi. Quelli presenti alla nascita, come IC o la disabilità motoria, persistono e giustificano il proseguimento del monitoraggio medico; altri, come il ritardo intellettivo e scolastico, hanno un impatto che diventa più evidente in età adulta, altri ancora, infine, sono problemi nuovi, come le complicazioni mediche descritte in precedenza, ma anche le legittime aspirazioni del paziente per la sua autonomia, la sessualità e la procreazione. Si può, così, definire una “programma” di educazione del paziente, in modo che, a poco a poco, possa scoprire le diverse sfaccettature della sua malattia, le risorse che gli consentiranno di farvi fronte, ma anche le illusioni, a cui dovrà rinunciare. La formazione del paziente e delle persone a lui vicine e la definizione di un progetto di vita devono iniziare ben prima dell’adolescenza e continuare nell’età adulta con i professionisti informati e motivati, anche con il supporto delle associazioni. Il rapporto medico-paziente è soggetto a un meccanismo di domanda e di offerta. Se le cure non soddisfano la sua richiesta, il paziente “andrà altrove” o, peggio, rinuncerà a guarire. Questo è quello che è successo a St. Louis, Missouri, quando la commissione multidisciplinare sul MM è stata smantellata: in assenza di coordinamento delle cure, molti pazienti rimasero passivi sino al verificarsi di gravi complicazioni (Kaufman ed altri, 1994). Al contrario, se l’offerta dell’assistenza coordinata si esaurisce in breve tempo per cause finanziarie (Rekate, 2006), il paziente ricerca i terapisti di cui ha bisogno nonostante le difficoltà e i significativi costi per se stesso e i suoi familiari. Le esigenze di assistenza del paziente con MM sono davvero molteplici e riguardano: fisioterapista, neurochirurgo, urologo, ginecologo, ortopedico, per non parlare del medico di base, che deve poter gestire il quotidiano e sapere dove indirizzare il paziente all’occorrenza. A Belfast esiste da molti anni un centro di MM destinato agli adulti, la “Clinica per adulti con Spina Bifida e Idrocefalo” (CASBAH), che prende in carico i pazienti in modo multidisciplinare, con medici e infermieri specializzati (McDonnell e McCann, 2000) e che costituisce un ottimo modello. La designazione in Francia di centri e di riferimento e di competenza per le Malattie Rare ha lo scopo di soddisfare le molteplici esigenze e le aspettative dei pazienti, con la collaborazione delle loro associazioni. Il contributo di queste nuove “filiere di cura “sarà da valutare nel prossimo futuro. Resta, ugualmente, al momento del pagamento degli onorari, da stabilire la loro percorribilità economica e, per questo, da definire un nomenclatore di atti che rifletta il servizio effettivo reso al paziente (Tiffreau ed altri, 2006).L’azione concertata di referenze e di competenze, da un lato, e delle associazioni dei pazienti, dall’altro, sarà cruciale nel determinare il futuro delle cure offerte agli adulti con MM. 21 5. Conclusione I problemi posti dal passaggio da bambino ad adulto del paziente con MM sono molteplici, complessi e spesso poco o mal conosciuti. Speriamo di riuscire a dimostrare che l’educazione e la prevenzione delle complicanze del MM sono efficaci per la salute, per la riduzione dei costi di assistenza, per fornire il benessere del paziente. L’autonomia del paziente e la sua integrazione nella nostra società, che passano attraverso prestazioni, che permettono realmente una vita decente e interazioni con l’ambiente abituale, sono un obiettivo che non è una utopia, ma una misura di solidarietà umana e non è incompatibile con il buon senso economico. 22 Finito di stampare nel mese di gennaio 2013 da Tipografia Risma - Firenze