Controllo nell’età adulta di pazienti
portatori di mielomeningocele
(Dr. M. Vinchon e Dr. J. Guarnirei)
(Curatore dell’edizione italiana Dr. F. Giordano – AOU “Meyer” Firenze)
Progetto grafico realizzato da Laura Del Sere
Estrella Martina Giulia Nicola Linda Momo Flavian Miriam Andrea Duccio
Giuseppe Samantha Laura Elisa Maria Clara Elena Andrea Asia Eleonora Anna
Grazia Alberto Andrea Angelica Sofia Giuseppe Alessandro Martina Anna
Salvatore Arianna Andrea Giulia Carlo Domenico Niccolò Matteo Alessia Michele
Andrea Davide Gianna Noemi Lorenzo Rino Irene Andrea Roxana Gabriele Irene
Andrea Federica Alessandro Linda Vincenzo Lorenzo Maria Pia Angela Matilde
Francesca Mattia Mariadaniela Valery Nicholas Aurora Francesco Andrea Leo
Lucia Flavia Estrella Martina Giulia Nicola Linda Momo Flavian Miriam Andrea
Duccio Giuseppe Samantha Laura Elisa Maria Clara Elena Andrea Asia Eleonora
Anna Grazia Alberto Andrea Angelica Sofia Giuseppe Alessandro Martina Anna
VOLUMETTO
Salvatore Arianna QUESTO
Andrea Giulia Carlo
Domenico NiccolòSUL
Matteo Alessia Michele
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Andrea Davide“PASSAGGIO
Gianna Noemi LorenzoALL’ETA’
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Roxana Gabriele Irene
Andrea FedericaÈ Alessandro
LindaAVincenzo
Maria Pia Angela
DEDICATO
TUTTI Lorenzo
LORO…
Matilde Francesca
Mattia A
Mariadaniela
ValeryGENITORI
Nicholas Aurora Francesco
AI FIGLI
CUI COME
Andrea Leo Lucia Flavia Estrella Martina Giulia Nicola Linda Momo Flavian Miriam
– E COME ASSOCIAZIONE –
Andrea Duccio Giuseppe Samantha Laura Elisa Maria Clara Elena Andrea Asia
VOGLIAMO AUGURARE
Eleonora Anna Grazia Alberto Andrea Angelica Sofia Giuseppe Alessandro
UNA VITA
PROTAGONISTI.
Martina Anna Salvatore
AriannaDA
Andrea
Giulia Carlo Domenico Niccolò Matteo
Alessia Michele Andrea Davide Gianna Noemi Lorenzo Rino Irene Andrea Roxana
Gabriele Irene Andrea Federica Alessandro Linda Vincenzo Lorenzo Maria Pia
Angela Matilde Francesca Mattia Mariadaniela Valery Nicholas Aurora Francesco
Andrea Leo Lucia Flavia Estrella Martina Giulia Nicola Linda Momo Flavian Miriam
Andrea Duccio Giuseppe Samantha Laura Elisa Maria Clara Elena Andrea Asia
Eleonora Anna Grazia Alberto Andrea Angelica Sofia Giuseppe Alessandro
Martina Anna Salvatore Arianna Andrea Giulia Carlo Domenico Niccolò Matteo
Alessia Michele Andrea Davide Gianna Noemi Lorenzo Rino Irene Andrea Roxana
Gabriele Irene Andrea Federica Alessandro Linda Vincenzo Lorenzo Maria Pia
Angela Matilde Francesca Mattia Mariadaniela Valery Nicholas Aurora Francesco
Andrea Leo Lucia Flavia Estrella Martina Giulia Nicola Linda Momo Flavian Miriam
Andrea Duccio Giuseppe Samantha Laura Elisa Maria Clara Elena Andrea Asia
Eleonora Anna Grazia Alberto Andrea Angelica Sofia Giuseppe Alessandro
Martina Anna Salvatore Arianna Andrea Giulia Carlo Domenico Niccolò Matteo
Alessia Michele Andrea Davide Gianna Noemi Lorenzo Rino Irene Giuseppe
Roxana Gabriele Irene Andrea Federica Alessandro Linda Vincenzo Lorenzo
Controllo nell’età adulta di pazienti portatori di mielomeningocele.
J. Guarnieri a, M. Vinchon b,
a Service de neurochirurgie, CHU Côte-de-Nacre, avenue de la Côte-de-Nacre, 14033 Caen cedex, France
b Service de neurochirurgie pédiatrique, hôpital Roger-Salengro, CHRU de Lille, rue du Pr.-Emile-Lainé, 59000 Lille, France
Sintesi
La crescita dei pazienti con Mielomeningocele presenta molti problemi in relazione con la natura multisistemica della loro patologia. Ancora oggi è una patologia associata a mortalità a causa dello shunt liquorale, e ad una morbilità, che si
manifesta soprattutto nella locomozione e nel controllo sfinterico. I pazienti con
Mielomeningocele possono perdere la deambulazione e, a causa della sindrome da
ancoraggio midollare, avere una peggiore continenza e una insufficienza renale,
con conseguenti carenze funzionali e una scarsa integrazione professionale. Le
domande più frequenti dei pazienti riguardano la loro vita professionale e affettiva e la possibilità di procreazione. Ciò richiede un approccio multidisciplinare,
per gli adulti come per i bambini, così come un’educazione dei pazienti e il riconoscimento di un supporto finanziario per mantenere la loro autonomia e la garanzia dell’efficienza dei trattamenti medici e sanitari.
(© 2008 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati).
1. Introduzione
Il Mielomeningocele (MM) era un tempo una malformazione caratterizzata da
una forte mortalità, causata dalle infezioni liquorali, dall’idrocefalo (HC) e dalle
complicazioni uronefrologiche (Laurence e Tew, 1971). I progressi della medicina
nel corso del Novecento hanno consentito alla maggior parte di questi pazienti la
sopravvivenza e, nello stesso tempo, grazie ad un’alimentazione ricca di folati
(Bezerra e altri, 2007) e all’uso diffuso della diagnosi prenatale, con la conseguente interruzione di gravidanza nella maggior parte casi, è diminuita l’incidenza
di MM. Siamo, quindi, davanti ad una patologia, la cui incidenza è diventata eccezionale, tanto che, ora, molti pazienti con MM stanno gradualmente raggiungendo l’età adulta; al tempo stesso, le competenze mediche in questo settore
corrono il rischio di scomparire.
I pazienti spesso vivono l’ingresso nell’età adulta come un trauma; gli specifici
problemi neurochirurgici, come il malfunzionamento della valvola, il midollo ancorato e la siringomielia sono, in effetti, problemi funzionali importanti se non vitali. Nonostante i problemi manifestati nell’infanzia siano ancora presenti, talvolta
aggravati, e la dipendenza nei confronti dei collaboratori persista, le cure mediche subiscono una notevole contrazione. La presa in carico dovrebbe, dunque, rimanere multidisciplinare come era nel periodo pediatrico e non essere
abbandonata, altrimenti questi pazienti verrebbero condannati a ricercare specialisti o a trascurarsi. Sfogliando le pagine di riviste specializzate, come la “ La
lettera della Spina Bifida” (giornale dell’Associazione Spina Bifida e Hidrocefalo –
ASBH, Associazione della Germania) si può misurare lo smarrimento di questi pa-
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zienti, che si lamentano di dover cercare, senza buoni risultati, le diverse competenze mediche di cui hanno bisogno.
Gli ostacoli per un cambiamento di struttura sono numerosi, spesso legati alle
reticenze dei pazienti, dei loro familiari e degli addetti a lasciare l’ambiente e le
cure di tipo pediatrico: per il passaggio all’età adulta è indispensabile un coordinamento tra i medici competenti. Per far fronte a questa situazione, sono stati
designati alcuni centri di riferimento e ciò ha permesso la creazione di dinamiche
che motivano e coordinano i professionisti.
In questo articolo, passeremo in rassegna la morbilità e la mortalità dei pazienti
portatori di MM, gli elementi del controllo neurochirurgico nell’età adulta e cercheremo di stabilire delle linee guida per assicurare un adeguato passaggio all’età adulta.
2. Lo stato sanitario della popolazione con Mielomeningocele nell’età
adulta
2.1. La mortalità
Il primo elenco storico sulla Spina Bifida, pubblicato da Fraser nel 1929 (citato
da Miller), comprende 191 pazienti operati tra il 1898 e il 1923: solo 82 di essi
erano stati dimessi dall’ospedale in vita, su 46 pazienti che poi sono stati seguiti,
nel 1929 ne erano ancora vivi 30. Questo autore concluse: “Desidero dire che i risultati sono buoni “(Miller e Cohen, 2006). Negli anni ‘60, Hunt segnalò un elenco
di 117 pazienti operati alla nascita tra 1963 e 1971 con un tasso di mortalità del
51,3%, di cui il 29,9% dopo il primo anno di età (Hunt, 1999). Studi recenti (dal
1975 al 2001) segnalano, ancora, una mortalità del 14% (Bowman et al., 2001).
Possiamo collegare questi dati che indicano un miglioramento all’introduzione degli
antibiotici e al miglioramento della diagnostica.
Un certo numero di pazienti muore dopo la prima infanzia e/o nell’età adulta.
Le cause più frequenti del decesso sono dovute all’ostruzione della valvola e all’insufficienza renale (Olsson ed altri, 2007). Alcuni autori riportano anche di un
picco di mortalità nel terzo decennio di vita (Singhal e Mathew, 1999). Negli anni
‘60, il tasso di mortalità delle persone con MM in età adulta era stimato intorno
all’1% all’anno (Hunt, 1999). Più recentemente, il tasso di mortalità tardiva è stato valutato intorno al 3%, da Rintoul et altri
(2002). Nella nostra esperienza lo studio della
sopravvivenza ha scoperto una importante
mortalità alla nascita, ma anche negli anni
successivi e nell’età adulta (Fig. 1.)
Fig. 1. Studio della sopravvivenza dei pazienti
con MM nell’esperienza di Lille. La mortalità prevale nelle prime settimane di vita, ma si contano
decessi anche negli anni seguenti e nell’età
adulta.
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In generale, il tasso di sopravvivenza era del 72,3% al primo anno di età, del
70,6% a dieci anni e del 68,6% a venti anni, dati che coincidono con quelli di Rintoul. In totale, 7 decessi su 138 sono avvenuti dopo i dieci anni (5,1%) e 2 dopo
i venti anni.
2.2. La deambulazione
L’acquisizione della deambulazione, ottenuta, a volte, duramente con una riabilitazione prolungata, con l’impiego di ortesi e, spesso, con interventi chirurgici
di tipo ortopedico, non ha, tuttavia, un carattere definitivo.
La deambulazione è, in effetti, minacciata dal peggioramento neurologico (midollo ancorato, siringomielia), dai problemi ortopedici (deformità legate alla crescita, interventi chirurgici, fratture, osteoporosi, fratture ripetute), dal verificarsi
di ulcere da decubito, ma anche dall’obesità e dalla pigrizia. Molti adolescenti abbandonano, infatti, ortesi e stampelle per la sedia a rotelle, che ha il vantaggio di
liberare le mani ed aumentare la capacità e lo spazio di movimento. Bisogna
quindi lottare almeno per mantenere la verticalizzazione nella pratica quotidiana
per prevenire, così, osteoporosi e fratture.
In uno studio effettuato in Irlanda, il 34,6% degli adulti cammina in modo autonomo, il 21,9% con ausili, il 7,6% si sposta anche con la sedia e il 35,9% si
muove solo con la sedia a rotelle (McDonnell e McCann, 2000). Per Hunt ed altri
(1999), solo il 30% dei pazienti studiati camminava ancora all’età di trenta anni.
Nello studio di Bowman ed altri (2001), la percentuale dei pazienti deambulanti
passava dal 70% durante l’infanzia al 50% nell’età adulta e venne stabilito che la
capacità deambulatoria degli adulti non era più a rischio. Tuttavia, noi abbiamo costatato che i giovani adulti possono perdere la loro capacità di deambulare (Vinchon e Dhellemmes, 2007).
La principale causa è soprattutto di natura neuro-ortopedica, accentuandosi la
gravità del deficit e delle deformità con la crescita (Seitzberg ed altri, 2008). Talvolta, il paziente smette di camminare nel decorso di interventi chirurgici o di fratture con una prolungata immobilizzazione. (Bartonek e Saraste, 2001). All’interno
di un gruppo di 31 pazienti, che inizialmente camminavano, Herbeau-Delepoulle
(2004) ha constatato che 8 avevano perso la deambulazione tra i sette e i venti
anni di età: a causa di un’immobilizzazione prolungata per problemi ortopedici, in
quattro casi, per il riancoraggio midollare, per l’obesità e per la malformazione di
Chiari e dopo un annegamento per gli altri. In molti casi, la diminuzione o il progressivo abbandono della deambulazione sembrano essere legati all’interruzione
controllo medico nel passaggio all’età adulta (Rekate, 2006).
2.3. I problemi sfinterici
Come le anomalie neurologiche sono potenzialmente evolutive, i rischi di alterazione della funzionalità urinaria o la comparsa di neoplasie sono minacce reali
a lungo termine. La patologia urologica rimane una delle maggiori cause di morbilità in questi pazienti, che, se trascurata, può portare ad una grave insufficienza
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renale. È anche una causa importante di mortalità per una persona con MM. Queste complicazioni urologiche giustificano il continuo monitoraggio di questi pazienti.
2.4. La vescica neurogena
Si tratta di una vescica ipertonica, con tendenza allo svuotamento incompleto
con conseguente alto rischio di infezione, o di una dissenergia vescicosfinterica
con conseguente gravità per l’eccessiva pressione nelle parti alte dell’apparato. Le
conseguenze di una batteriuria cronica nei pazienti affetti da vescica neurologica,
talvolta, sono importanti e possono essere la causa di una setticemia, che sarebbe, per alcuni autori, la principale causa di decesso nei pazienti con lesioni midollari (Soden ed altri, 2000). Tuttavia, la ripercussione clinica della batteriuria è
spesso difficile da valutare in questi pazienti, in assenza di sintomi generali. I calcoli renali sono comuni nei casi di vescica neurogena (Shipstone ed altri, 2002).
I pazienti con cateteri permanenti sono molto più a rischio di calcolosi rispetto a
quelli che usano il catetere intermittente (Chen ed altri, 2000). I picchi di ipertensione della vescica possono mettere in pericolo l’apparato superiore urinario a
medio termine: dopo sette anni di tali infezioni, i pazienti con questo tipo di ipertensione affetti da ureteroidronefrosi sono l’81%. La comparsa in un paziente di
uno squilibrio sfinterico, precedentemente ben bilanciato, può essere il primo
segno di ancoraggio midollare. La vescica neurologica è la principale causa di mortalità tardiva per Singhal e Mathew (1999): 10 decessi, dei 30 avvenuti dopo i16
anni di età, erano dovuti a complicazioni renali. Per McDonnell e McCann (2000)
le complicazioni uronefrologiche erano la prima causa di morte in età adulta, essendo responsabili di 4 decessi, per una causa nota, su 14. La presa in carico urologica e nefrologica, negli ultimi decenni, ha fatto ridurre notevolmente questo
tipo di mortalità.
2.5. Il cateterismo
I problemi urologici rendono necessario l’uso del cateterismo intermittente per
l’85% dei casi; il 40% di questi pazienti presenta episodi urologici intercorrenti, il
15% ha avuto infezioni delle vie urinarie ricorrenti e il 21% è sotto profilassi antibiotica (Olsson ed altri, 2007). Il cateterismo intermittente è il miglior modo per
raggiungere un adeguato svuotamento della vescica, riducendo l’incidenza delle
complicanze a carico dell’alto apparato e conservando la funzione renale. Tuttavia, il rischio di batteriuria e di orchiepididimite sarebbe leggermente superiore
(Galen ed altri, 1998; Perrouin-Verbe, 2007). Questo metodo, che richiede un apprendimento e la collaborazione del paziente, può essere compromesso dalle malformazioni della parte bassa dell’apparato, dall’obesità, dalla rigidità della colonna
vertebrale, dal deficit neurologico e dalle difficoltà psicologiche. La minzione con
torchio addominale (manovra di Credé), che comporta maggiori possibilità di infezione renale, è una facile soluzione, generalmente adottata da quei pazienti che
hanno abbandonato il cateterismo.
8
2.6. Gli interventi urologici
Gli interventi urologici, le cistoplastiche o le cistostomie sono spesso necessari, talvolta sono anche ripetuti; in base allo studio svedese di Olsson ed altri
(2007), il 24% degli adolescenti aveva necessità di uno o più interventi. La plastica d’ingrandimento vescicale con tessuto di origine intestinale (colon) è all’origine di un’emissione di muco nelle urine e può causare una ritenzione urinaria
infetta, se il catetere, anche se per breve tempo, è lasciato a dimora temporanea.
L’iniezione intravescicale della tossina botulinica si è recentemente imposta come
un’ulteriore possibilità di scelta per la vescica iperattiva (Leippold et altri, 2003).
Analogamente, l’iniezione endoscopica di collagene o di teflon nel collo della vescica apporta una maggiore continenza tra i cateterismi (Block ed altri, 2003).
2.7. L’insufficienza renale
La sua prevalenza è stimata tra il 30 e il 40% dei MM adulti (Muller ed altri,
2002) e porta alla dialisi l’8-10% dei pazienti (Del Gado ed altri, 2003). La presenza di proteinuria in un paziente la cui funzione renale è già compromessa, è
un segno di gravità del danno renale (Ruffion et altri, 2007). Conseguenza della
nefropatia, l’ipertensione arteriosa è frequente e precoce nel portatore di MM, con
la sua sequela di complicanze cardiovascolari. L’ipertensione arteriosa può essere
responsabile di un’insufficienza cardiaca, ma quest’ultima può anche essere secondaria ad un’insufficienza respiratoria restrittiva associata a scoliosi (McDonnell e McCann, 2000) o ad una cardiopatia malformativa associata (Rintoul ed
altri, 2002.); questi diversi meccanismi possono combinarsi in un unico paziente.
In caso di grave insufficienza renale, l’esistenza del MM non è, di principio, una
controndicazione al trapianto del rene, ma quest’ultimo pone come condizione
preliminare da una parte, che possa essere corretto il meccanismo che ha condotto al deterioramento del rene, e, dall’altra, che il paziente si attenga al proseguimento rigoroso della terapia immunosoppressiva. Pochi di questi pazienti
beneficiano, dunque, di un trapianto renale.
2.8. I tumori urogenitali
I tumori delle vie urinarie, eventualmente favoriti dal reflusso e dalle infezioni
ripetute, sono stati messi in relazione con i pazienti affetti da MM (McDonnell e
McCann, 2000). Estrapolando i dati di pazienti con lesioni midollari, si può stimare che la prevalenza di tumori genito-urinari dei pazienti con MM va aumentando in proporzione alla loro aspettativa di vita. Se i tumori vescicali non sono
più frequenti, in caso di vescica neurogena rispetto alla popolazione generale,
(Ruffion ed altri, 2007), si tratta, molto spesso, di carcinoma epidermoide nei
primi (Pannek, 2002), tra il 19 e il 52% contro il 1,2 - 4,5% nella popolazione generale. I tumori della vescica si verificano, di solito, dopo una lunga evoluzione (da
15 a 20 anni) della vescica neurogena, specialmente nei pazienti portatori di un
catetere fisso. (Vereczkey ed altri, 1998). Tra gli altri fattori di rischio di tumore,
si riscontra l’esistenza di calcoli vescicali e più di dieci episodi in un anno di infe-
9
zione delle vie urinarie. Per quanto riguarda il tumore al testicolo, circa il 10% dei
pazienti colpiti aveva presentato criptorchidismo unilaterale o bilaterale. Il rischio
è maggiore quando si tratta di un testicolo ritenuto in posizione intra-addominale
(Garner ed altri, 2005). Ferrara ed altri (1998) stimano ad oltre il 14%, il tasso
di criptorchidismo per una popolazione di 75 pazienti di sesso maschile nati con
MM.
2.9. L’incontinenza anale
Si tratta di un’apertura anale con, in generale, perdite fecali permanenti, associata a costipazione con fecalomi o, a volte, con forti scariche diarrotiche. Questo problema è troppo spesso trascurato dal momento che si tratta di un
importante handicap sociale e di una fonte di complicazioni urinarie e di lesioni cutanee. La stipsi è stata parimenti considerata responsabile del malfunzionamento
della valvola (Martinez-Lage ed altri, 2008).
La tecnica di wash-out o lavaggio del colon retrogrado (Arhan ed altri, 1994,
Christensen et altri, 2000) sembra essere una tecnica adatta al deficit perineale
dal paziente con MM. Si tratta di una tecnica di irrigazione del colon (cateterismo
intestinale retrogrado), il cui scopo è quello di pulire periodicamente tutto il colon
per ottenere l’assenza di emissione di feci nell’intervallo tra i due lavaggi.
Un’esplorazione funzionale dello sfintere anale è consigliata, prima della prescrizione, con la misura del tratto intestinale e la defecografia. Questo metodo richiede un apprendimento, ma consente di evitare l’intervento chirurgico. Sono
usate anche altre tecniche di irrigazione del colon più invasive, come l’irrigazione
dopo l’intervento di Malone (cecostomia), che consente di realizzare periodicamente un lavaggio colico anterogrado e apporta un reale comfort al paziente.
Oltre alle tecniche di cateterismo intestinale, il tampone anale, anche con ano
beante, apporta una continenza temporanea, facilita notevolmente i rapporti sessuali; ma è sconsigliato mantenerlo permanentemente. L’uso di tamponi di protezione si scontra con problemi di costo e di sostegno finanziario.
2.10. L’idrocefalia
La prevalenza di IC nel portatore di MM è di circa l’80% (Bowman ed altri,
2001), si tratta di una delle principali cause di morbilità e di mortalità.
La sua presentazione clinica è generalmente prenatale; raramente è diagnosticato tardivamente, ad esempio, davanti ad una scoliosi, che può essere corretta
dopo il trattamento dell’IC (Hall ed altri, 1979) o nel decorso di un intervento chirurgico per la malformazione di Chiari o di riancoraggio midollare. Il numero medio
di revisioni per un paziente adulto può variare dal 2,5 al 4,5 (Vinchon e Dhellemmes, 2007); il 95% dei pazienti adulti ha avuto almeno una revisione della valvola (Bowman ed altri, 2001).
Per Tuli ed altri (2004), l’IC è stata la principale causa di morte nei MM con
valvola, essendo direttamente responsabile della morte per il 7,9% dei pazienti.
Iskandar ed altri (1998) valutavano la mortalità legata allo shunt all’1% all’anno. Nel nostro studio, abbiamo stabilito che infezioni e ostruzioni delle valvole
10
erano responsabili dei due terzi della mortalità e della totalità dei decessi registrati
in età adulta. Il verificarsi di un’inspiegabile morte improvvisa da parte di un portatore di MM con valvola deve fare sospettare un evento legato ad essa (Byard,
1996). Nel complesso, la mortalità da IC per le persone con MM si alza da 8,2%
all’età di dieci anni a 10,2% all’età di 20 anni, ed, in percentuale, è triplicata rispetto alle altre cause di IC. (fig.2)
Fig. 2. Confronto della mortalità associato
alla valvola in MM e in altri casi di idrocefalo
(HC).
L’ostruzione della valvola riveste un carattere più grave rispetto agli altri IC. In
più, sulla mortalità, Hunt ed altri (1999) rilevavano quattro osservazioni di cecità.
Il rischio di malfunzionamenti ripetuti della valvola per i soggetti con MM è più importante rispetto agli IC dovuti ad altre cause: Tuli ed altri (2004) hanno valutato
1,95 il valore del rischio tra essi rispetto agli altri IC. Ciò fa confermare una certa
comorbità. (Fig. 3.)
Fig. 3. Confronto della sopravvivenza
della prima valvola nel portatore di MM
e in altre cause di HC. La morbilità
associata con MM persiste per tutta la
vita.
L’ostruzione della valvola può manifestarsi con un quadro significativo di ipertensione intracranica, il cui aggravamento neurologico può essere improvviso (al
11
massimo: la morte immediata). Al contrario, l’ostruzione della valvola si può rivelare come un quadro atipico con problemi cognitivi o comportamentali ed epilessia. Una disfunzione della valvola in un portatore di MM può anche prendere
l’immagine di un peggioramento sul piano motorio e neurologico, urologico o spinale (Bowman et altri, 2001), giustificando la frase: “una volta shunt, sempre
shunt.” La diagnosi radiologica è, talvolta, sottile, con minime modifiche della
grandezza ventricolare (Rolle e Graffe, 1999), il che rileva la necessità di una radiografia di riferimento.
Il rischio di infezione della valvola è ancora più importante per una persona
con MM che negli IC derivati da altre cause, non solo nel periodo postoperatorio
precoce, ma anche tardivamente, dopo l’intervento chirurgico, suggerendo che il
MM è in sé un fattore di rischio di infezione della valvola (Vinchon e Dhellemmes,
2006).
La perforazione viscerale dal catetere peritoneale sembra favorita dalla presenza di difficoltà motorie, specialmente legata al MM, possibilmente in relazione
con un disturbo di motilità intestinale (Vinchon ed altri, 2006). Questa complicazione è stata segnalata come causa di una morte improvvisa, la cui causa può essere solo evidenziata dall’autopsia (Byard, 1996).
I pazienti con MM e con valvola devono essere considerati definitivamente
shunt-dipendenti fino a prova contraria. A causa di un aumentato rischio di mortalità a causa della valvola, il detto “una volta shunt, sempre sempre shunt” si applica in modo ancora più rigoroso in questi pazienti. Vari autori hanno contestato
la definizione di IC “arrestati” nel quadro del MM, in ragione del rischio di uno
scompenso improvviso di IC in questi pazienti (Rekate, 1988). Il monitoraggio sistematico dei pazienti con valvola è indispensabile. La rimozione della valvola e il
successivo svezzamento è eccezionale, per esempio, in caso di rottura della stessa
e con asintomatologia, oppure dopo una ventricolostomia endoscopica eseguita
per la sua ostruzione (Cinalli et altri, 1998.); questa procedura ci sembra, tuttavia, rischiosa in portatori di MM. Nella nostra esperienza, solo nove pazienti sono
diventati indipendenti dello shunt (il 7,3% a 20 anni nell’analisi di sopravvivenza),
mentre un numero equivalente di pazienti è diventato successivamente shunt-dipendente (Dhellemmes et Vinchon, 2008). Va ricordato, tuttavia, che molti casi
di morte improvvisa, attribuiti ad un improvviso scompenso di IC, sono stati riportati dopo uno svezzamento, apparentemente riuscito, talvolta dopo un intervallo di diversi anni (Rekate, 1988; Tomlinson ed Sugarman, 1995).
2.11. La sindrome del riancoraggio midollare
La sindrome del riancoraggio midollare (SRFM) può essere la causa di una perdita di mobilità nella persona con MM. La sua fisiopatologia fa intervenire una
messa in tensione del midollo maggiorata per la flessione del bacino, che viene rilasciato poi dalla lordosi (Reigel, 1983).
Durante l’infanzia, la presenza di SRFM è attribuita alla crescita staturale; la
sua presenza in età adulta presuppone l’esistenza di altri meccanismi. Un esordio
clinico precoce ed improvviso dopo un forte fattore scatenante è riportato nel 6012
90% dei casi adulti: sforzi, flessione del tronco, rapporti sessuali, parto, litotripsia, ecc. (George ed Fagan, 2005). Inoltre, i nostri dati mostrano che nell’infanzia, la SRFM si verifica sia per le spine alte che basse, ma dopo i dieci anni, vi è
una chiara prevalenza dei livelli alti (Fig. 4); ciò ci fa supporre la presenza di disordini statici del rachide dal periodo puberale fino all’età adulta.
Fig. 4. L’analisi di mantenimento dell’ancoraggio del midollo nei pazienti con MM, si
confrontano i MM alti e bassi (come definito
nella legenda della FIG. 1 sopravvive il secondo livello).
Un’incidenza significativamente più alta di
ancoraggio dopo l’età di dieci anni, suggerisce l’influenza di una deformità vertebrale
associata con la crescita durante la pubertà.
Si noti come l’ancoraggio sia stato trovato
in pazienti adulti, suggerendo il ruolo delle
alterazioni degenerative e giustificando un
prolungato follow-up.
L’accentuazione delle curve del rachide, di fatto, di fenomeni degenerativi associati all’età può anche spiegare il verificarsi di SRFM nell’età adulta.
La prevalenza di SRFM era del 32% dei pazienti adulti per Bowman (Bowman
et altri, 2001) e del 36,45% nel nostro studio (Dhellemmes ed Vinchon, 2007),
ma queste cifre variano del 15-65% dei MM secondo la regione in Svezia (Olsson
ed altri, 2007). Nel nostro lavoro, sette pazienti (10%) hanno avuto necessità di
un intervento di disancoraggio in età adulta: ciò fa presagire, nel futuro, un aumento del numero di SRFM nei pazienti adulti.
La manifestazione clinica della SRFM può essere acuta dopo un fattore scatenante come quello sopra menzionato (Rekate, 2006); al contrario, può essere lentamente progressivo nell’arco di diversi anni, e “dolorosamente sottile” (Johnson
& Levy, 1995), mascherato da diversi eventi sporadici e talvolta non notato da
parte del paziente stesso. L’aggravamento della deambulazione si manifesta per
l’innalzamento a livello neurologico di uno o più metameri (Dias e McLone, 1994).
La sintomatologia del rachide è spesso al primo piano (Bowman ed altri, 2001),
mentre nei bambini e negli adolescenti assume la forma di scoliosi (spesso dolorosa), sostituita, in età adulta, da un ostinato mal di schiena, spesso notturno, che
si spande alle gambe (Hüttmann ed altri, 2001). L’IRM non è il mezzo per diagnosticare la SRFM, che è soprattutto clinica, tuttavia, permette non confondere
una lesione associata come una siringomielia o una cisti dermoide.
L’indicazione per la chirurgia è spesso plurifunzionale: nella nostra esperienza,
i pazienti operati a causa di segni alla colonna vertebrale nel 69% (compresa la
scoliosi, 59%), di disturbi motori per il 59%, sensoriali per il 17%, sfinterici per il
30%, per il dolore proiettato nel 17%. La prognosi neurologica è migliore se la tra13
zione e la conseguente durata dalla sofferenza midollare sono meno intensa e
breve: per Hüttmann ed altri (2001), i disturbi motori erano migliorati nel 50% se
il deficit durava da meno di cinque anni, ma solo il 6% del rimanente se il deficit
era oltre i cinque anni. Sembra, quindi, che sia meglio intervenire precocemente.
Negli adulti, il rapporto rischio-beneficio sembra meno favorevole rispetto al bambino: il miglioramento è più lento e talvolta non è durevole (Rekate, 2006). La decisione viene discussa caso per caso, con il paziente, in funzione delle sue
domande e delle sue preoccupazioni.
Le complicanze operatorie più frequenti sono i problemi di cicatrizzazione: deiscenza, perdita di LCR (Hüttmannet altri, 2001, Lee ed altri, 2006), specialmente
nel caso di un altro intervento (Bowman ed altri, 2001). Un aggravamento neurologico, soprattutto sfinterico rimane tuttavia il problema principale (Lee et
altri2006), anche se gli eventuali deficit post-operatori si evolvono più spesso in
modo soddisfacente. Il vantaggio dell’operazione è, a volte, difficile da valutare in
questi pazienti con disabilità multiple, visto che l’indicazione per la chirurgia era
complessa. Il risultato è spesso eterogeneo, con un miglioramento tipico sul piano
della mobilità o dei dolori, al prezzo di un peggioramento della funzione sfinterica. Si noti che in un paziente, che si è aggravato prima dell’intervento, la stabilizzazione può essere considerata un successo (Maher ed altri, 2007). In alcuni
casi, il paziente, che prima dell’intervento chirurgico, non si era lamentato di dolore, lo sente dopo. Nella nostra casistica, con un monitoraggio di 8,3 anni, si può
stimare che, nel complesso, 52 pazienti sono migliorati, 17 sono rimasti invariati
e 2 sono peggiorati.
La Fig. 5 mostra che il miglioramento più netto riguardava i dolori; a conferma
dei risultati di Sarwark ed altri (1996).
Fig. 5. Numero di pazienti con
midollo ancorato che presentano
perdite motorie e sensoriali, disturbi
agli sfinteri, dolore, scoliosi ed esiti
postoperatori.
In merito alla scoliosi, Olsson ed altri (2007) hanno osservato che nelle regioni
della Svezia, dove si pratica la maggior parte dei disancoraggi midollari, erano
stati realizzati un minor numero di interventi per la scoliosi. Nella nostra espe-
14
rienza, 23 pazienti con scoliosi non sono stati monitorati, in ultima analisi, perché
la scoliosi si era stabilizzata dopo il disancoraggio; 17 sono stati operati, ma per
9 casi di essi, l’operazione era già programmata prima del disancoraggio; in 6
casi, l’operazione, alla fine, è stata eseguita, ma più tardi del previsto, e, quindi,
nella condizione migliore di un bambino più grande. È sul piano sfinterico che i risultati sono più deboli (Reigel, 1983). Si noti, tuttavia, che l’aggravamento con la
comparsa di una vescica ipererflessica è, talvolta, percepita come un miglioramento da parte del paziente, che è più continente tra i cateteri. Il rischio di un
riancoraggio midollare dopo la liberazione del midollo è stimato tra il 13% e il
16%, con un beneficio nel 70% nei pazienti rioperati (George e Fagan,2005).
L’equipe di Chicago ha riferito che 3 pazienti su 23 sono stati rioperati per la seconda o terza volta (Bowman e altri, 2001). Noi non abbiamo operato pazienti
per recidiva di SRFM e le indicazioni di un secondo intervento ci paiono ancor più
discutibili rispetto al primo, il rapporto beneficio/rischio appare meno favorevole
rispetto alla prima operazione.
2.12. La malformazione di Chiari e siringomielia
La malformazione di Chiari si presenta in uno stato latente o con sintomi
nell’80% dei portatori di MM, ed è causa di alta mortalità neonatale; il suo ruolo
nel determinare la morbilità e mortalità tardiva dei pazienti con MM varia a secondo degli autori, a volte è messa al primo posto come causa di decessi (Rintoul
ed altri, 2002). Tuttavia, si dovrebbe considerare che il Chiari non si manifesta clinicamente di solito se non con l’ostruzione della valvola (Olsson ed altri, 2007),
ed è, dunque, difficile distinguere la mortalità legata al Chiari da quella legata all’IC. Di sicuro, la presenza della malformazione di Chiari è responsabile dell’eccesso di mortalità per ostruzione della valvola nei pazienti con MM.
La siringomielia con un esordio ritardato o con una tardiva recidiva può essere
difficile da trattare in questi pazienti operati più volte; la ricerca di una siringomielia, tuttavia, deve essere sistematica in caso di peggioramento sul piano motorio e/o di problemi trofici.
2.13. Altre complicazioni nel paziente con mielomeningocele
I pazienti con MM sono colpiti da altre patologie, con un numero medio di operazioni durante l’infanzia intorno al 12,6 per paziente (Gan ed altri, 2007).
L’allergia al lattice è ampiamente diffusa in questi pazienti. Molto spesso, questa allergia si manifesta con una reazione anafilattica, a volte grave, con una mortalità del 3,4 % (Miller e Cohen, 2006). Per Bowman, il 32% degli adulti con MM
presentano reazioni al lattice e l’8,5% manifesta un’”allergia sconosciuta” al lattice; la prevalenza di questo tipo di allergia dipende dal numero degli interventi
subiti (Bowman ed altri, 2001). Numerosi autori pertanto consigliano di trattare
tutti pazienti con spina bifida come se fossero allergici al lattice.
L’epilessia colpisce tra l’11 e il 30% pazienti (Hunt et altri, 1999; Singhal e Mathew, 1999), ed è più comune nei pazienti con valvola – il 62,5% contro il 36,7%
all’interno della casistica-(McDonnell e Mc Cann, 2000). La pubertà precoce è fre-
15
quente, si verifica nel 10% dei pazienti (Olsson ed altri, 2007) e accelera la progressione della scoliosi; sembra legata a un danno diencefalico secondario e all’IC (Proos ed altri, 1996).
L’obesità è un problema rilevante nel portatore di MM e riguarda il 28% dei pazienti adolescenti (Bartonek e Saraste, 2001). Sembra favorita dallo scarso dispendio metabolico dei paraplegici, e, a sua volta, ne può risentire la locomozione.
Tra le possibili cause di morbilità e mortalità si citano le piaghe da decubito,
l’embolia polmonare e l’ulcera gastrica, che sono le complicanze classiche delle disabilità multiple. Un caso di encefalite da prioni è stato inoltre riportato per l’uso
della dura madre (Talamonti ed altri, 2007).
Per quanto riguarda il suicidio (Singhal e Mathew, 1999), esso è meno comune
di quanto ci si potrebbe aspettare in queste persone gravemente disabili, che appaiono più apatiche che depresse (Herbeau-Delepoulle, 2004).
3. La vita del paziente adulto
3.1. L’integrazione scolastica, professionale e sociale
I problemi cognitivi sono frequenti, multifattoriali e ricadono sull’integrazione
socio-professionale del paziente. Si rileva una sovra rappresentazione del QI nel
range 70-80 (Olsson ed altri, 2007). Esistono, inoltre, deficit maggiori nella performance del QI (Hetherington ed altri, 2006), traducibili con risultati più scarsi
in matematica (Steinbok ed altri, 1992). Studi più approfonditi hanno mostrato
che il portatore di MM presenta disturbi della comunicazione non verbale e delle
funzioni esecutive (Liptak, 2006), una significativa riduzione della durata della
memoria e disturbi nella strategia di memorizzazione selettiva, il tutto costituisce
lo “spettro d’apprendimento della Spina Bifida” (Vachha e Adams, 2005). L’handicap maggiore è talvolta mascherato dalla sindrome del “cocktail party” - comunicazione verbale apparentemente elaborata, ma superficiale - (Talamonti ed altri,
2007). Questi disturbi cognitivi sono in parte dovuti all’IC (soprattutto se era presente in fase prenatale) e alle sue complicanze (McLone ed altri, 1982), in particolare, all’infezione della valvola (Vinchon e Dhellemmes, 2006). Sono anche la
conseguenza delle malformazioni cerebrali associate (agenesia del corpo calloso,
displasia del cervelletto).
I problemi cognitivi, durante il percorso scolastico, sono aggravati dalle difficoltà dovute alla disabilità, all’ospedalizzazione e agli interventi chirurgici ripetuti
(Gan e altri, 2007). In totale, il 40% presenta un ritardo d’apprendimento a scuola
o seguono una scolarizzazione assistita (Steinbok ed altri.1992). Il livello di istruzione sembra correlata al QI verbale, mentre lo status professionale dipende dalla
performance del QI (Hetherington ed altri, 2006). In totale, nel gruppo di McDonnell e di McCann (2000), solo il 36% dei pazienti adulti aveva un impiego. Il grado
di autonomia di questi pazienti è basso, dal 34% al 77% vivono in casa dei loro
genitori e il 15% in case d’accoglienza (Hunt ed altri, 1999; Singhal e Mathew,
1999) e solo il 24,6% ha un impiego “non protetto” (Hunt ed altri, 1999). In Francia, secondo i dati forniti dall’ASBH su 100 pazienti MM con più di 20 anni, il 50%
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ha una casa propria, l’altra metà vive ancora con i loro genitori e il 6% sono in
case - famiglia con il ritorno alla propria solo nel week-end, solo il 23% lavora a
tempo pieno o part-time, ma solamente il 15% è stato riconosciuto come “lavoratore disabile” .
In Francia, una serie di testi legislativi disciplinano la disabilità negli adulti al
fine di compensare la mancanza di autonomia e di permettere una migliore integrazione sociale. Tra gli aiuti finanziari istituzionali, esiste il sussidio per il disabile
adulto (AAH) e la prestazione di compensazione della disabilità (PCH, che ha sostituito il sussidio per terza persona). L’AAH dipende dal tetto delle risorse e, in
base alla legge dell’11 febbraio 2005, può essere cumulata con il reddito da lavoro
fino al 115% dello SMIC (Legge n° 2005-102, Gazzetta ufficiale del 12 febbraio
2005). La persona disabile atta all’impiego può ottenere un aumento per la vita
indipendente per una cifra forfettaria di 100 euro al mese. Se il beneficiario dell’AAH è riconosciuto inabile al lavoro, può beneficiare di un assegno complementare per compensare l’assenza di redditi da lavoro, a determinate condizioni
(alloggio indipendente, nessun reddito professionale, invalidità maggiore o uguale
all’ 80%, ecc.). L’AAH, combinata con un sostegno al reddito, costituisce la garanzia delle risorse alle persone con disabilità (GRPH), e corrisponde all’80% dello
SMIC netto. Queste risorse limitate, confrontate con il costo del materiale necessario (cateteri, pannolini, scarpe, ortopediche), a volte, gravano pesantemente
sull’integrazione sociale di questi pazienti, anche se la presa in carico con il titolo
di malattia cronica è praticamente automatica nei pazienti affetti da MM.
3.2. La sessualità
Nel paziente diventato adulto, la sessualità rimane ancora un argomento tabù,
l’attività sessuale delle persone con disabilità soffre di pregiudizi negativi. Ciò è
confermato dalla povertà della letteratura medica sulla sessualità delle persone affette da disabilità congenita. La sessualità maschile ha ricevuto maggiore attenzione rispetto alla femminile (Cole, 1988; Vroege ed altri 1998, Wolman e Basco,
1994). È, tra l’altro, difficile da distinguere un certo numero di casi distinti: i “primi
passi” nel campo della sessualità, la sessualità istituzionale di coppia con o senza
il desiderio della procreazione ed una vita “autonoma”, ma… isolata! (Sandler e
altri, 1994;. Barf e Verhoef, 2000). A differenza delle lesioni al midollo spinale, che
possono avere un’attività sessuale normale prima dell’incidente, per i nostri pazienti non esiste la fase di “lutto” o di accettazione: non esiste alcun punto di riferimento!
Ai tabù che girano intorno alla sessualità si aggiungono i problemi legati all’incontinenza urinaria e anale (Blackburn e altri, 1993, Laurence e Beresford,
1975). Anche se non esiste una vera correlazione tra il grado di continenza e la
possibilità di avere rapporti sessuali o meno, la qualità della continenza rimane un
fattore importante da considerare prima di pianificare un’attività sessuale. Il problema dell’incontinenza urinaria nelle donne sembra più “semplice” da gestire,
anche quando vi è una vescica iperriflettente. Utilizzare un catetere urinario fisso
17
non è una barriera in sé, né nell’uomo né nella donna. In pazienti con stomia, la
sacca di raccolta può essere nascosta. Una progressiva educazione del partner
può, in generale, superare questi ostacoli. Se il problema dell’incontinenza urinaria può essere affrontato in modo relativamente facile, diversamente succede per
quella anale. Il disinteresse da parte della medicina per l’incontinenza fecale, in
contrasto con l’incontinenza urinaria, isola il paziente ed ostacola la sua qualità
della vita, soprattutto la sua vita sessuale. Come lo svuotamento vescicale, anche
la continenza anale deve essere considerata prima di un rapporto. Come i disturbi
sfinterici, la carenza di sensibilità costituisce uno svantaggio per la realizzazione
di un rapporto sessuale completo. L’immobilità, la pressione prolungata del paziente in una sedia a rotelle può essere la causa di ulcere da decubito. Allo stesso
modo, la macerazione perineale, aggravata dall’incontinenza urinaria e fecale,
causerà gravi complicazioni cutanee. Siamo consapevoli che la prevenzione e la
presa in carico dei problemi cutanei sono parte integrante della gestione di questi pazienti. Infine, dobbiamo parlare dei problemi di spasticità degli arti inferiori
che possono interferire con il coito.
Un certo numero di pazienti sono in grado di avere un erezione, dal 70 al 90%
dei casi secondo alcune casistiche (Cass ed altri, 1986; Corner,1977, Palmer ed
altri, 1999, Sawyer e Roberts, 1999). In effetti, queste erezioni sono di qualità
molto diversa. Nello studio di Reilly e Oates (1992), solo due dei nove pazienti
hanno un’erezione normale, spontanea e “sufficiente” per un soddisfacente rapporto sessuale. Dobbiamo distinguere l’erezione psicogena dall’erezione riflessa
(stimolabile), essendo il livello midollare clinico il principale criterio che influenza
l’attività riflessa. Lo studio di Sandler ed altri (1994, 1996) descrive, che su 15
giovani, con un’età media di 20 anni, studiati mediante la registrazione delle erezioni notturne, solo due soggetti, con il livello di lesione sacrale, hanno avuto
un’erezione normale in numero e durata; sette di essi hanno avuto erezioni incostanti e brevi e sei non hanno avuto alcuna erezione. Si deve sapere che i pazienti
che presentano un’erezione spontanea notturna sono in grado di presentare allo
stesso tempo erezioni riflesse e psicogene. Sapendo che la posizione lombo-sacrale rappresenta circa l’80% dei pazienti con MM che seguiamo, la maggioranza
è, quindi, in grado di avere un’erezione riflessa, ma solo i pazienti con livello basso
possono pretendere di avere più erezioni spontanee.
Questo ci porta a insistere una volta di più sull’importanza dell’aiuto psicologico
- non fortemente istituzionalizzato - per i pazienti con questo deficit neurologico.
I corsi di formazione e di istruzione sono di grande interesse, anche per i soggetti
non disabili, che, ugualmente, hanno problemi sessuali. Questi corsi, purtroppo,
sono rari e l’educazione sessuale dei nostri pazienti è insufficiente, incompleta ed
inesatta (Sawyer e Roberts, 1999;Barf e Verhoef, 2000, 2004).
Tra i farmaci che inducono l’erezione assunti per via orale il sildenafil
(Viagra ®) è il più vecchio. L’uso del sildenafil è stato studiato in 15 uomini portatori di MM con età compresa tra 19 e 35 anni (Palmer ed altri, 1999) e il miglioramento della funzione erettile è stato confermato nell’80% dei casi. La durata
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e la frequenza media di erezione erano aumentate in modo significativo con un dosaggio di 50 mg di Viagra ®, l’efficacia appariva dopo 30 minuti, con un effetto
maggiore con una dose di 100 mg.
Altre molecole, come tadalafil (Cialis ®) e vardenafil (Levitra ®) - efficaci dopo
15 minuti - possono essere ugualmente utilizzate per via orale, allo stesso scopo
e con le stesse contro-indicazioni del sildenafil. In ogni caso, si deve avvertire i pazienti che si tratta di una prescrizione medica, che deve seguire rigorose regole.
L’iniezione nei corpi cavernosi del pene di sostanze vasodilatatrici (Prostaglandine) con effetto locale viene comunemente usata dal paziente paraplegico traumatizzato, ma sembra avere delle controindicazioni in alcuni pazienti MM con
lesioni incomplete.
Il rischio di allergia al lattice limita l’uso del preservativo negli uomini (saranno
da privilegiare, quindi, preservativi per pene senza lattice). Con i preservativi in
lattice vaginali senza lattice, il rischio di allergia è quasi inesistente (Femidon ®).
Va ricordato che l’utilizzo congiunto di preservativi penieni e vaginali non è raccomandato in via generale, chiunque siano gli utilizzatori.
3.3. La fertilità
Il desiderio di procreazione è legittimo e, talvolta, deve essere assistito quando
la disabilità è d’ostacolo. Nei portatori di MM, in particolare negli uomini, la fertilità è bassa: secondo la casistica di Hunt ed altri (1999), un uomo su 26 è diventato padre, mentre 7 donne su 31 sono diventate madri. Comunque, è importante
conoscere i desideri delle coppie o, a volte, dei pazienti single. A volte è necessario separare le questioni relative l’attività sessuale per la procreazione, che può
essere considerata senza sessualità. È innegabile che la persona disabile ha esigenze aggiuntive che spesso non esprime per paura di essere accusata di non essere in grado di prendersi cura del suo bambino. Esiste, inoltre, il problema del
rischio della ricorrenza del MM nel feto.
La gravidanza è possibile e realizzabile in una donna con MM, anche se è considerata “a rischio”. L’ideale è la gravidanza programmata per prevenire questi rischi. Classicamente, il tasso di ricorrenza del MM nella gravidanza di una donna
affetta è del 3% dopo una circostanza casuale e del 20% dopo due (Botto ed altri,
1999). La prevenzione con acido folico (Specialfoldine ®), da iniziare prima della
fecondazione, riduce il rischio di MM per circa il 70%. Nelle donne portatrici di
MM, si raccomanda di iniziare l’integrazione di acido folico alla dose di 4 mg/d
(contro 0,4 mg/d in assenza di MM) almeno quattro settimane prima del concepimento e di proseguire almeno per altre otto settimane. In caso di un trattamento antiepilettico, si raccomanda di aumentare la dose a 5 mg/d (Murphy ed
altri, 2000). Inoltre, la gravidanza favorisce la stasi urinaria e la dilatazione ureterale, pertanto sono facilitate le infezioni del tratto urinario: queste sono le complicanze più comuni e potenzialmente più gravi per la madre e il feto. Malgrado le
precauzioni prese, l’alterazione della funzionalità renale non è un eccezione durante la gravidanza o al termine della stessa. La mamma con MM spesso ha un
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parto prematuro e il taglio cesareo non è obbligatorio! La realizzazione di una
pelvimetria o di un tomodensitometria prima di un’eventuale gravidanza è utile
per rilevare dismorfismi pelvici che controindicherebbero il parto naturale.
Dobbiamo anche considerare il livello e l’importanza del deficit motorio, il grado
del potenziale sovrappeso della partoriente, il limite della mobilità delle anche.
Il taglio cesareo sarà, ugualmente, necessario quando la motricità è così
deficitaria da rendere impossibile la spinta. È spesso necessario spiegare alla
paziente (e talvolta alla sua ostetrica) che la presenza di una valvola peritoneale
non controindica la gravidanza o il parto naturale o il parto con taglio cesareo.
Invece, l’anestesia epidurale, è impossibile a causa del MM.
I problemi di riproduzione maschili sono complessi. I problemi urologici e
della “zona” (infezioni delle basse vie urinarie, l’uso di pannolini che aumentano
la temperatura locale) inevitabilmente interferiscono sulla spermatogenesi.
Esistono spesso altri problemi, come la retrazione del testicolo o la ritenzione dell’asta di origine neurologica. Inoltre, se più del 70% degli uomini con MM
sembra in grado di avere un’erezione, solo il 50% ha un’eiaculazione o un’emissione di seme (Dorner, 1977; Reilly e Oates, 1992). Il desiderio di procreazione
deve essere spesso assistito. In Francia, la procreazione medicalmente assistita
(AMP) è regolamentata dalla legge di bioetica del 1994 e dal decreto del 12
gennaio 1999.
La prima condizione è quella di poter ottenere, qualsiasi sia la tecnica, l’eiaculazione per raccogliere lo sperma e di analizzarlo, sia che si tratti di eiaculazione
anterograda o retrograda (vescica). È ugualmente essenziale valutare la fertilità
femminile: la sua capacità di produrre ovociti è una “conditio sine qua non” per
questa tecnica. L’analisi del seme permette di conoscere la concentrazione di spermatozoi, la loro mobilità, il loro aspetto e la forma. La tecnica di AMP dipenderà,
infatti,dalla qualità e dall’origine dello sperma. Si dovrebbe inoltre eseguire una
diagnosi clinica, ormonale ed ecografica. L’ecografia permette di verificare lo stato
della prostata e delle vescicole seminali, il bilancio ormonale può determinare il
livello di FSH e di testosterone. Un certo numero di accertamenti ematici diventa
obbligatorio. Inoltre, dovrebbe anche essere previsto un consulto genetico e la
realizzazione del cariotipo prima dell’inoculazione intracitoplasmica di spermatozoi (ICSI). Infine, è anche essenziale che una possibile infezione urogenitale sia
trattata efficacemente, altrimenti la fecondazione artificiale in vitro e il trasferimento dell’embrione (FIVET) potrebbe non accadere.
Se lo sperma contiene cinque milioni di spermatozoi per millimetro cubo, sarà
scelta l’inseminazione artificiale con lo sperma del compagno. La coppia potrà, allora, concepire “a casa”. Nella maggior parte dei pazienti, tuttavia, gli spermatozoi sono pochi e poco mobili. Le altre tecniche utilizzate, FIVET o ICSI
dipenderanno dal numero spermatozoi che potranno essere raccolti Se ci si riferisce alla casistica di AMP in pazienti con lesioni spinali, la tecnica più spesso utilizzata è la ICSI.
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4. Organizzazione della transizione bambino-adulto del paziente affetto
da mielomeningocele
Vediamo che la transizione verso l’età adulta del paziente portatore MM
comporta molti problemi. Quelli presenti alla nascita, come IC o la disabilità
motoria, persistono e giustificano il proseguimento del monitoraggio medico;
altri, come il ritardo intellettivo e scolastico, hanno un impatto che diventa più
evidente in età adulta, altri ancora, infine, sono problemi nuovi, come le
complicazioni mediche descritte in precedenza, ma anche le legittime aspirazioni
del paziente per la sua autonomia, la sessualità e la procreazione. Si può, così,
definire una “programma” di educazione del paziente, in modo che, a poco a
poco, possa scoprire le diverse sfaccettature della sua malattia, le risorse che
gli consentiranno di farvi fronte, ma anche le illusioni, a cui dovrà rinunciare.
La formazione del paziente e delle persone a lui vicine e la definizione di un
progetto di vita devono iniziare ben prima dell’adolescenza e continuare nell’età
adulta con i professionisti informati e motivati, anche con il supporto delle
associazioni. Il rapporto medico-paziente è soggetto a un meccanismo di domanda
e di offerta. Se le cure non soddisfano la sua richiesta, il paziente “andrà altrove”
o, peggio, rinuncerà a guarire. Questo è quello che è successo a St. Louis,
Missouri, quando la commissione multidisciplinare sul MM è stata smantellata:
in assenza di coordinamento delle cure, molti pazienti rimasero passivi sino al
verificarsi di gravi complicazioni (Kaufman ed altri, 1994). Al contrario, se
l’offerta dell’assistenza coordinata si esaurisce in breve tempo per cause
finanziarie (Rekate, 2006), il paziente ricerca i terapisti di cui ha bisogno
nonostante le difficoltà e i significativi costi per se stesso e i suoi familiari.
Le esigenze di assistenza del paziente con MM sono davvero molteplici e
riguardano: fisioterapista, neurochirurgo, urologo, ginecologo, ortopedico,
per non parlare del medico di base, che deve poter gestire il quotidiano e
sapere dove indirizzare il paziente all’occorrenza. A Belfast esiste da molti
anni un centro di MM destinato agli adulti, la “Clinica per adulti con Spina
Bifida e Idrocefalo” (CASBAH), che prende in carico i pazienti in modo
multidisciplinare, con medici e infermieri specializzati (McDonnell e McCann,
2000) e che costituisce un ottimo modello. La designazione in Francia di centri
e di riferimento e di competenza per le Malattie Rare ha lo scopo di soddisfare
le molteplici esigenze e le aspettative dei pazienti, con la collaborazione delle
loro associazioni. Il contributo di queste nuove “filiere di cura “sarà da valutare nel
prossimo futuro. Resta, ugualmente, al momento del pagamento degli onorari,
da stabilire la loro percorribilità economica e, per questo, da definire un nomenclatore di atti che rifletta il servizio effettivo reso al paziente (Tiffreau ed altri,
2006).L’azione concertata di referenze e di competenze, da un lato, e delle
associazioni dei pazienti, dall’altro, sarà cruciale nel determinare il futuro delle
cure offerte agli adulti con MM.
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5. Conclusione
I problemi posti dal passaggio da bambino ad adulto del paziente con MM sono
molteplici, complessi e spesso poco o mal conosciuti. Speriamo di riuscire a
dimostrare che l’educazione e la prevenzione delle complicanze del MM sono
efficaci per la salute, per la riduzione dei costi di assistenza, per fornire il
benessere del paziente. L’autonomia del paziente e la sua integrazione nella
nostra società, che passano attraverso prestazioni, che permettono realmente
una vita decente e interazioni con l’ambiente abituale, sono un obiettivo che non
è una utopia, ma una misura di solidarietà umana e non è incompatibile con il
buon senso economico.
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Finito di stampare
nel mese di gennaio 2013
da Tipografia Risma - Firenze
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