* A cura dell’Ufficio Stampa
Sentenza n. 235/2006
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONE LOMBARDIA
Giudice Unico: A. Corsetti
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso in data 7 dicembre 1992, la Sig.ra A.M., vedova ed erede del
Colonnello dell’Aeronautica militare M.G. in congedo dal 1° gennaio 1972 e deceduto il 12
settembre 1976, chiede la riliquidazione della pensione in godimento con l’applicazione
dei miglioramenti previsti dall’art. 19 della legge n. 78 del 1983 per l’indennità di
aeronavigazione fruita dal coniuge deceduto, ritenendo che essi non possano riguardare
solo i militari cessati dal servizio dopo il 1° gennaio 1982. Lamenta, inoltre, la mancata
inclusione nella base pensionabile di detta indennità, ai fini della rivalutazione prevista
dalla legge n. 468 del 1987, così come emendata dalla sentenza costituzionale n. 1 del
1991; il tutto con interessi e rivalutazione monetaria sulle maggiori somme spettanti. A
sostegno del gravame allega i precedenti giurisprudenziali favorevoli al riconoscimento
del diritto asserito dal ricorrente.
Questa Sezione ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti
dell’INPDAP, ente erogazione della pensione percepita dall’interessata (ordinanza n.
562/04/M del 12 ottobre 2004 e 270/05/C del 5 ottobre 2005), che però non risulta
costituito in giudizio.
Il Ministero della Difesa, con memoria di costituzione in data 22 febbraio 2006, ha
dedotto l’infondatezza della pretesa attorea, per l’inapplicabilità nei confronti della
ricorrente di benefici previsti da leggi entrate in vigore in data successiva alla cessazione
dal servizio del dante causa. In subordine, ha eccepito la prescrizione quinquennale dei
maggiori ratei eventualmente riconosciuti.
All’udienza, presente la ricorrente, si è data lettura del dispositivo di cui si
illustrano i motivi in fatto e in diritto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.
La questione di diritto sottoposta all’attenzione di questo Giudice concerne
l’accertamento del diritto alla riliquidazione del trattamento pensionistico percepito
dall’interessata, in qualità di erede di colonnello dell’Aeronautica militare in congedo dal
1° gennaio 1972 e deceduto il 12 settembre 1976.
In particolare, l’interessata chiede:
A) la rideterminazione dell’indennità di aeronavigazione percepita sulla pensione di
reversibilità con i miglioramenti recati dall’art. 19 della legge 23 marzo 1983, n. 78,
la cui decorrenza è stabilita al 1° gennaio 1982 (art. 23), mentre il collocamento a
riposo del dante causa è precedente di dieci anni;
B) l’inclusione della suddetta indennità nella base pensionabile, ai fini
dell’applicazione dei benefici di cui all’art. 3 del D.L. 16 settembre 1987, n. 379, conv.
in legge 14 novembre 1987, n. 468, con conseguente riliquidazione del trattamento
pensionistico.
Entrambe le questioni sono state recentemente affrontate dalle SS.RR. di questa
Corte, in sede di soluzione di questione di massima, e decise in senso favorevole alle tesi
esposte da parte attrice con sentenza n. 3/2002/QM, depositata l’11 febbraio 2002.
Le conclusioni raggiunte dal Supremo consesso non sono condivise da questo
Giudice, per cui il ricorso proposto deve essere respinto.
2.
Al riguardo, si premette le indennità di impiego operativo sono attualmente
disciplinate dalla legge 23 marzo 1983, n. 78, innovativa del previgente regime (l. 5
maggio 1976, n. 187), e consistono in un trattamento economico accessorio corrisposto
“In relazione alla peculiarità dei doveri che distinguono la condizione militare nelle sue
varie articolazioni” da cui deriva uno status “contrassegnato da particolari requisiti di
idoneità psico-fisica, dalla assoluta e permanente disponibilità al servizio ed alla mobilità
di lavoro e di sede, dalla specialità della disciplina, dalla selettività dell'avanzamento e
dalla configurazione dei limiti di età” per cui le indennità operative rappresentano il “
compenso per il rischio, per i disagi e per le responsabilità connessi alle diverse situazioni
di impiego derivanti dal servizio” (art. 2).
Tali situazioni sono dettagliate in una molteplicità di previsioni normative (artt. 316), con riguardo alle specializzazioni ed alle attività dei militari, ferma restando
l’attribuzione di un’indennità di impiego operativo di base, consistente in una
maggiorazione mensile spettante a tutti i militari a seconda del grado e dell’anzianità di
servizio (art. 2). Tutte le altre indennità – supplementari e le altre ordinarie – sono
rapportate, in percentuale, agli importi della predetta indennità di base.
2.1. Le indennità operative, infatti, si distinguono in ordinarie (o fondamentali) e
supplementari: tre le prime, oltre all’indennità di impiego operativo di base, vi sono:
l’indennità di impiego operativo per reparti di campagna e per reparti di campagna di
pronto intervento (supercampagna) (art. 3); l’indennità di imbarco (art. 4); l’indennità di
aeronavigazione (art. 5), l’indennità di volo (art. 6); l’indennità per il controllo dello
spazio aereo (art. 7). La predetta distinzione si riflette sul regime della cumulabilità,
poiché le indennità fondamentali sono tra loro incumulabili, fatta salva la possibilità per il
militare di optare per quella più favorevole, ai sensi dell’art. 17.
Sono indennità supplementari: l’indennità supplementare di marcia e prontezza
operativa (art. 8); l’indennità supplementare per truppe da sbarco, per unità anfibie e
per aerosoccorso (art. 9); l’indennità supplementare di comando navale, di mancato
alloggio e di fuori sede (art. 10); l’indennità supplementare per servizio idrografico e per
particolari incarichi espletati a bordo delle unità navali (art. 11); l’indennità
supplementare per pronto intervento aereo, per piloti collaudatori-sperimentatori, per
piloti istruttori di volo o di specialità e compensi di collaudo (art. 13); l’indennità per
allievi piloti, per allievi navigatori, per ufficiali allievi osservatori, per allievi paracadutisti
(art. 14); l’indennità di volo oraria (art. 15); l’indennità supplementare per servizio
presso poligoni permanenti, installazioni e infrastrutture militari, stazioni radio e radar
con compiti tecnico-operativi militari di carattere speciale (art. 16).
Le situazioni d'impiego operativo sopra descritte danno diritto alla percezione
continuativa della corrispondente indennità - per il periodo di effettivo svolgimento – che
si riflette in termini di incremento sull'indennità di base.
La decorrenza delle nuove disposizioni è stabilita dall’art. 23, l. n. 78 del 1983,
secondo cui “Le indennità ed i compensi previsti dalla presente legge decorrono dal 1°
gennaio 1983. Ai soli fini del trattamento di quiescenza i benefici della presente legge
decorrono dal 1° gennaio 1982.”
2.2. Il legislatore della riforma, inoltre, ha reso integralmente pensionabili le indennità
operative (art. 18), in linea con il processo già avviato con l’art. 147 della legge 11 luglio
1980, n. 312 e, prima ancora, con l’art. 59, del d.P.R. n. 1092 del 1973 (testo
originario).
La pensionabilità delle indennità operative è generalmente attuata con
l’applicazione dell’aliquota pensionabile su tali emolumenti - secondo il regime di
computo comune alle altre indennità accessorie ferma restando la particolare
computabilità nella pensione delle indennità di aeronavigazione e volo, prevista dall’art.
59 del d.P.R. n. 1092 del 1973 in termini di “aumento” della pensione (normale) già
calcolata.
Ai sensi della predetta disposizione per gli ufficiali, i sottufficiali e i militari di
truppa dell'Arma aeronautica, che abbiano percepito le indennità di aeronavigazione o di
volo, la pensione normale è aumentata “di una aliquota corrispondente a tanti
ventottesimi dei nove decimi delle indennità di aeronavigazione o di volo percepite,
calcolate ad anno, per quanti sono gli anni di servizio effettivo prestati con percezione di
dette indennità e con il massimo di venti ventottesimi, per i primi venti anni di servizio di
aeronavigazione e di volo”. Per ogni anno successivo, la pensione è aumentata di una
ulteriore aliquota pari all'1,30 % delle indennità di aeronavigazione o di volo spettanti in
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servizio fino ad un massimo dell'80 % dell’importo complessivo fruito a tale titolo (art. 59
del d.P.R. n. 1092 del 1973, come sostituito dall’art. 19, della l. 23 marzo 1983, n. 78).
Un meccanismo analogo è previsto dall’art. 74 del d.P.R. n. 1092 del 1973, che
prevede un aumento della pensione privilegiata ordinaria in favore dei percettori
dell’indennità di volo, osservazione aerea e paracadutismo.
Ulteriore peculiarità delle indennità in parola è che il servizio di volo dà diritto
anche ad una maggiorazione del servizio utile, ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. n. 1092 del
1973.
3.
Tratteggiati gli istituti giuridici invocati da parte ricorrente si passa ad esaminare
la prima domanda dedotta in giudizio, intesa ad estendere i miglioramenti recati dalla l.
n. 78 del 1983 ai militari già in quiescenza alla data del 1° gennaio 1982 i quali abbiano
fruito, durante il servizio, delle indennità di aeronavigazione o di volo.
Il postulato da cui muovono le SS.RR. (sentenza n. 3/2002/QM) nel decidere in
senso favorevole la predetta questione, è dato dalla natura derogatoria dell’art. 59 del
d.P.R. n. 1092 del 1973 (sostituito dall’art. 19 della l. n. 78 del 1983), promosso a lex
specialis, appunto, rispetto alla regola generale posta dall’art. 53 del d.P.R. n. 1092 del
1973, secondo cui la base pensionabile per il personale militare è “costituita dall’ultimo
stipendio o dall’ultima paga”.
Ma, se la rinovellata disposizione dell’art. 59 è innovativa sull’entità dei benefici
(fissando all’1,30% delle indennità di aeronavigazione o volo percepite in servizio
l’aliquota precedentemente fissata all’1%, ex art. 148, l. n. 312 del 1980), gli effetti
pensionistici sono regolati per tutte le indennità operative, tra cui quelle di
aeronavigazione e di volo – dall’art. 23, co. 2, della l. n. 78 del 1983, secondo cui “Ai soli
fini del trattamento di quiescenza i benefici della presente legge decorrono dal 1° gennaio
1982.”
3.1. In assenza di un chiaro riferimento normativo circa la retrodatazione degli effetti
pensionistici al personale in quiescenza, l’organo nomofilattico considera ius receptum
l’univoca giurisprudenza della Sezione II giurisdizionale (cfr., C. conti, sez. II, 10 aprile
2000, n. 126/A; id., sez. II, 3 dicembre 1999, n. 316/A; id., sez. II, 23 ottobre 1998, n.
228/A; id., sez. II, 23 ottobre 1998, n. 228/A; id., sez. II, 30 aprile 1998, n. 136/A; id.,
sez. II, 7 luglio 1997, n. 98/A; id., sez. II, 3 marzo 1997, n. 21/A), non contraddetta da
altre Sezioni centrali, fondando così l’ammissibilità della questione di massima su di un
contrasto virtuale, generato dalle perplessità del giudice remittente in ordine alla
condivisione della giurisprudenza favorevole richiamata nell’ordinanza di remissione
(sentenza n. 3/2002/QM, pag. 13). Una precedente questione di massima, sollevata con
riferimento alla stessa normativa fu, invece, dichiarata inammissibile dalle SS.RR. per
assenza di contrasto, con pronuncia 16 luglio 1999, n. 21/QM.
In base a detto ius receptum, le SS.RR. affermano “che il legislatore, quando ha
previsto per il personale militare collocato a riposo la valutazione nella base pensionabile
dell’indennità in argomento nelle misure e con la decorrenza previste dalla legge n.
78/1983, con lex specialis ha previsto per detti benefici due date di decorrenza: l’1
gennaio 1983 per il personale in servizio, l’1 gennaio 1982 ai soli fini del trattamento di
quiescenza, ricomprendendo in detti benefici anche coloro che sono già cessati dal
servizio prima dell’1 gennaio 1982 ed escludendo solo che i conguagli pensionistici
possano aver decorrenza anteriore all’1 gennaio 1982” (SS.RR. n. 3/2002/QM, pag. 15).
Invero, nell’interpretazione letterale della norma di cui all’art. 23 della l. n. 78 del
1983 si rinviene soltanto una limitata anticipazione degli effetti della norma, atteso che la
legge è entrata in vigore il 12 aprile 1983 mentre i benefici, per il personale in servizio,
sono retrodatati di 3 mesi e 12 giorni e, per il personale in quiescenza, di 1 anno, 3 mesi
e 12 giorni. Tale evenienza, espressamente prevista dal succitato art. 23, è legata alle
aspettative dal personale militare nelle more dell’approvazione del provvedimento avuto
riguardo, in particolare, alla condizione dei dipendenti vicini alla pensione.
3.2. Nella giurisprudenza richiamata dalle predette SS.RR. l’intento retroattivo del
legislatore viene giustificato, da un lato, con l’esigenza di realizzare la perequazione dei
trattamenti pensionistici, adeguandoli al diminuito potere di acquisto della moneta ed ai
bisogni crescenti dell’età avanzata (C. conti, sez. II, 7 luglio 1997, n. 98/A; id., 30 luglio
1997, n. 129) e, dall’altro, eseguendo un’operazione ermeneutica diretta a riconoscere
nell’art. 19 della legge n. 78 del 1983 la qualità di lex specialis, come tale idonea a
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derogare ai principi generali consacrati negli artt. 43 e 53 del d.P.R: n. 1092 del 1973,
secondo cui la base pensionabile è “costituita dall’ultimo stipendio o paga” integralmente
percepiti.
A quest’ultimo riguardo, viene valorizzata la circostanza dell’avvenuta
sostituzione, ad opera del succitato art. 19, dell’art. 59 del d.P.R. 1092 del 1973, che
reca la nuova rubrica “Pensionabilità delle indennità di aeronavigazione o di volo” in luogo
della preesistente “Computo delle indennità di aeronavigazione e di volo per i militari
dell’aeronautica”. Altra evenienza degna di nota consisterebbe nella previsione, da parte
dell’art. 59, co. 2, nuovo testo, di un’ulteriore maggiorazione - dell’1,30% al posto della
precedente misura fissata nell’1% - per ogni anno di servizio successivo al ventesimo,
fino ad un massimo dell’80% delle indennità di aeronavigazione o di volo percepite in
servizio (sez. II, 3 marzo 1997, n. 21/A).
Invero, né la sostituzione della rubrica dell’art. 59 né, tantomeno, la parziale
riscrittura della predetta norma (modificata, si ripete, soltanto nell’aumento della misura
percentuale per le annualità ultraventennali) sono elementi dai quali può essere desunta
l’applicazione retroattiva dei benefici in essa previsti. Al riguardo, si rammenta che
l’indennità di aeronavigazione era già pensionabile sin dalla originaria formulazione
dell’art. 59 del d.P.R n. 1092 del 1973 e le successive modificazioni (prima operate dalla
l. n. 312 del 1980 e, da ultimo, dalla l. n. 78 del 1983) non ne hanno mutato la natura.
Né può essere valorizzato il diverso metodo di calcolo delle indennità di
aeronavigazione e volo sulla pensione rispetto alla regola generale valevole per tutte le
altre indennità operative, in quanto il punto di partenza di ogni tipo di calcolo è il
riconoscimento della natura pensionabile delle indennità operative (v. sub 2.2).
Con riguardo alla menzionata esigenza di realizzare la perequazione dei
trattamenti pensionistici – mediante la retrodatazione dei miglioramenti alle pensioni
aventi decorrenza anteriore al 1° gennaio 1982 – si osserva che non possono essere
invocate le motivazioni sottese alla sentenza costituzionale n. 1 del 1991, con la quale il
Giudice delle leggi ha ritenuto irragionevole la data fissata dal legislatore per la
decorrenza degli aumenti stipendiali (1° gennaio 1979) intervenuti, per il personale in
servizio, dal 1982 al 1986 (art. 3, d.l. n. 379 del 1987).
Invero, anche gli artt. 19 e 23 della l. n. 78 del 1983 potrebbero formare oggetto
di identica censura nella parte in cui stabilisce, per il personale a riposo, una decorrenza
anticipata rispetto a quella prevista per il personale in servizio (rispettivamente, 1°
gennaio 1982 e 1° gennaio 1983). Tuttavia, questo Giudice non dubita della
ragionevolezza della norma, né della sua coerenza con il sistema pensionistico,
considerando appagante la motivazione offerta dagli atti parlamentari circa l’anticipazione
degli effetti delle nuove misure delle indennità operative, per il personale in quiescenza, a
causa del lungo iter legislativo. Questa specifica motivazione, peraltro, conferma che
l’intento perequativo era sì presente, ma circoscritto nel tempo, poiché soltanto durante il
periodo di gestazione della legge poteva ipotizzarsi una tutela dell’aspettativa e non
anche in favore dei dipendenti già in quiescenza al 1° gennaio 1982 (quando non vi era
alcuna proposta in merito).
Si aggiuge che l’esito della pregressa vicenda (conclusa con la sentenza n. 1 del
1991) dimostra ancor più l’impossibilità di una interpretazione delle norme in esame
diversa da quella restrittiva, tant’è che la Corte ha risolto la menzionata questione con
una sentenza di incostituzionalità, unica soluzione possibile quando non vi è spazio per
una lettura costituzionalmente orientata.
3.3. Ma, pur volendo riconoscere nella nuova formulazione dell’art. 59, d.P.R. n. 1092
del 1973, un “intento” derogatorio dei principi fissati dalla normativa di settore, si
osserva che la capacità ablatoria della lex specialis è correlata alla presenza di norme
chiare ed inequivocabili, poiché solo con disposizione esplicita è possibile derogare ad una
regola generale (C. costituzionale, 4 marzo 1999, n. 49; id., 5 dicembre 1997, n. 374);
viceversa, quando la norma speciale sia suscettibile di diverse interpretazioni, dovrebbe
essere preferita quella in linea con i principi generali (C. costituzionale 9 gennaio 1991, n.
1).
Da un’attenta lettura delle norme di riferimento risulta che sia la prescrizione
attributiva dei benefici invocati da parte ricorrente (art. 19, l. n. 78 del 1983) e sia la
disposizione sulla decorrenza degli effetti pensionistici (art. 23) non contengono alcun
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segnale, neppure equivoco, in favore della applicabilità dei miglioramenti in favore dei
soggetti già collocati a riposo alla data del 1° gennaio 1982; pertanto, la controversia
deve essere risolta alla luce dei principi generali della normativa di settore, peraltro
costantemente affermati dalle SS.RR. di questa Corte.
In particolare, viene in considerazione il principio secondo cui i trattamenti
pensionistici si conformano alle leggi in vigore al momento della cessazione dal servizio
dei dipendenti pubblici.
3.4. Nel sistema di calcolo della pensione con il sistema retributivo (unico metodo
vigente per le pensioni aventi decorrenza anteriore al 1° gennaio 1996), la retribuzione
percepita dal lavoratore al momento della cessazione dal servizio è elemento decisivo ai
fini della determinazione del trattamento di quiescenza (unitamente all’anzianità di
servizio).
Ai sensi degli artt. 43 e 53 del d.P.R. n. 1092 del 1973 (rispettivamente per il
personale civile e militare), la base di calcolo della pensione è costituita dall'ultimo
stipendio integralmente percepito dal dipendente, con esclusivo riferimento all’epoca del
collocamento a riposo. Pertanto, non sono computati gli aumenti entrati in vigore in data
successiva alla cessazione dal servizio, né gli emolumenti percepiti nel precedente
servizio (previa riunione) ma non all’epoca della cessazione (C. conti, sez. Lombardia, 28
novembre 2005, n. 714, con riferimento all’indennità di volo percepita da ex militare
transitato all’impiego civile, computata tra i servizi utili ma non inclusa nella base
pensionabile).
La commisurazione della pensione all’ultimo stipendio percepito è criterio
costantemente seguito dalla giurisprudenza contabile in materia di interpretazione dei
CCNL che prevedono aumenti contrattuali scaglionati nell'arco di vigenza economica
dell'accordo contrattuale. Tali situazioni sono state sempre risolte in applicazione dei
principi di cui ai succitati artt. 43 e 53, considerando nella base pensionabile soltanto lo
stipendio effettivamente percepito, fatte salve eventuali eccezioni che siano
espressamente previste dal singolo CCNL. Sin dallo storico accordo riguardante il
personale della scuola approvato con d.P.R. 25 giugno 1983 n. 345 le SS.RR. di questa
Corte (2 dicembre 1994, n. 9/QM) hanno escluso la riliquidazione della pensione nei
confronti del personale cessato dal servizio durante la vigenza del contratto ai soli fini
giuridici e non anche economici, poiché uno stipendio non percepito e non percepibile non
può diventare base pensionabile. Ancor più severamente, le SS.RR. hanno ritenuto che le
norme contenute nel d.P.R. n. 69 del 1984 spettano agli ex dipendenti della Polizia di
Stato nella misura effettivamente corrisposta all'atto del collocamento a riposo (SR.RR.
15 maggio 1998, n. 11/QM). In senso analogo è stato deciso relativamente ai benefici
previsti dal d.P.R. n. 347 del 1983 per il personale degli enti locali (SS.RR. 9 giugno
1999, n. 18/QM) e dal d.P.R. n. 348 del 1983 per il personale delle USL, sottolineando
che retribuzione pensionabile è solo quella effettivamente goduta dal dipendente al
momento della cessazione dal servizio (SS.RR. 19 luglio 1999, n. 22/QM).
Parimenti, il criterio dell’ultimo stipendio percepito dall’ex dipendente è principio
affermato per escludere la vigenza, nell’ordinamento, di un principio generale di
adeguamento automatico delle pensioni dei pubblici dipendenti alle retribuzioni dei
colleghi in servizio, per cui “non spettano al personale collocato in quiescenza
anteriormente al 1° luglio 1983, gli aumenti periodici di cui alla l. 19 febbraio 1981 n. 27”
(SS.RR. 10 maggio 1999, n. 11/QM).
Il principio della immodificabilità della base pensionabile è stato, altresì,
richiamato dalla Corte costituzionale più volte invitata a pronunciarsi sulla pretesa di
rivalutazione della rendita pensionistica in relazione agli aumenti percepiti dal personale
in servizio (C. cost., 31 marzo 1994, n. 122; id., 30 dicembre 1993, n. 477; id., 7
maggio 1993, n. 226; id., 15 luglio 1992, n. 337). Da ultimo, il Giudice delle leggi con
sentenza 30 gennaio 2004, n. 30 (le cui conclusioni sono ribadite con ord. 14 dicembre
2004, n. 383), ha riaffermato che le condizioni del personale in servizio attivo e quelle
del personale in quiescenza si concretano in situazioni diverse tra loro, a cui
legittimamente corrisponde una diversa disciplina del rispettivo trattamento economico.
Pertanto a seguito dell'evoluzione normativa in materia di salvaguardia del potere di
acquisto dei trattamenti pensionistici, il rispetto dell'art. 36 Cost., è assicurato mediante
un meccanismo di adeguamento al costo della vita attualmente regolato dall'art. 11 del
5
d.lgs. n. 503 del 1992 e successive modificazioni.
Il consolidato indirizzo giurisprudenziale del Giudice delle leggi è sempre stato
condiviso dalla giurisprudenza contabile (C. conti, SR.RR., 4 giugno 1996, n. 32/QM che
ha dichiarato inammissibile la questione relativa al mancato costante automatico
adeguamento delle pensioni dei dirigenti a fronte della dinamica retributiva del personale
in servizio).
Vigente il principio della immodificabilità della base pensionabile cristallizzato negli
artt. 43 e 53 del d.P.R. n. 1092 del 1973, la funzione di aggiornamento delle partite di
pensione sulla base dei valori raggiunti nel frattempo dal personale in servizio (esigenza
imprescindibile nelle prestazioni di durata com’è, appunto, la rendita pensionistica) è
stata, di volta in volta, affidata ad apposite norme di legge (vere e proprie lex specialis).
Tra queste, vi è la menzionata disciplina della perequazione automatica (art. 11, d.lg. n.
503 del 1992 e successive modificazioni), ma anche i provvedimenti di carattere generale
in materia di riliquidazione delle pensioni (art. 7, l. 17 aprile 1985, n. 141, art. 3, d.l. 22
dicembre 1990, n. 409, conv. con modificazioni, dalla l. 27 febbraio 1991, n. 59), tra le
quali devono essere comprese le disposizioni in favore degli ufficiali in ausiliaria e di quelli
collocati nella riserva (artt. 55 e 56 del d.P.R. n. 1092), i quali hanno diritto al ricalcolo
della pensione al termine del periodo di permanenza in tali categorie, ai sensi della l. 10
aprile 1954, n. 113, e successive modificazioni.
3.5. Le precedenti considerazioni danno prova della corretta applicazione dei principi
consacrati negli 43 e 53 del d.P.R. n. 1092 del 1973 da parte della giurisprudenza
contabile (anche delle SS.RR.) in relazione a questioni similari a quella in esame. Ferma
restando l’eterogeneità delle situazioni (pretese di applicazione integrale di CCNL ovvero
di adeguamento della pensione alla retribuzione del personale in servizio) la risposta
dell’ordinamento (espressa con pronunce giudiziali) è stata compatta nell’escludere
l’incidenza, sulle pensioni in essere, dei miglioramenti economici previsti da disposizioni
normative entrate in vigore successivamente al collocamento a riposo degli interessati.
Le uniche eccezioni alla rigidità del principio sono costituite dalla menzionate
puntuali disposizioni in materia di riliquidazione generale delle pensioni, perequazione
automatica, ausiliaria etc. (v. sub 3.4), le sole che possiedono i caratteri di certezza ed
univocità propri della lex specialis idonea a derogare, in modo chiaro ed inequivocabile, al
disposto degli artt. 43 e 53 del d.P.R. n. 1092 del 1973.
In applicazione del riferito orientamento, non vi è spazio per l’accoglimento della
pretesa azionata nel presente giudizio, intesa al riconoscimento di benefici (le nuove
misure delle indennità di aeronavigazione o di volo) mai percepiti dal dante causa
durante il servizio. Infatti, il puro e semplice “intento perequativo” individuato dalla citata
giurisprudenza di appello e valorizzato dalle SS.RR. con la menzionata pronuncia n.
3/2002/QM (sia pure come ius receptum) non ha la forza derogatoria della lex specialis
invocata da parte ricorrente.
Pertanto, si condivide l’indirizzo giurisprudenziale pregresso alla succitata
sentenza n. 3/2002/QM, nella parte in cui vengono negati i miglioramenti previsti dall’art.
19 della l. n. 78 del 1983 nei confronti dei militari in quiescenza al 1° gennaio 1982 (C.
conti, sez. giur. Regione Emilia Romagna, 4 novembre 2000, n. 1945; id., sez. giur.
Regione Emilia Romagna, 24 ottobre 2000, n. 1723; id., sez. giur. Regione Abruzzo, 24
maggio 2000, n. 576; id., sez. giur. Regione Lazio, 24 gennaio 1998, n. 2281; id., sez.
giur. Regione Campania, 11 aprile 1997, n. 51; id., sez. giur. Regione Lazio 15 gennaio
1996, n. 1674).
4.
Con la seconda domanda dedotta in giudizio viene chiesta l’inclusione delle
indennità di aeronavigazione nella base di calcolo dei miglioramenti introdotti con l’art. 3
del d.l. 16 settembre 1987, n. 379, conv. in legge 14 novembre 1987, n. 468, che
dispone la riliquidazione del trattamento pensionistico dei dirigenti dello Stato collocati a
riposo dopo il 1° gennaio 1979 (ed anche in data anteriore, per incostituzionalità della
norma dichiarata da C. cost., 9 gennaio 1991, n. 1).
Anche questa questione è stata scrutinata dalle SS.RR. (sentenza 3/2002/QM) e
decisa in senso favorevole alle ragioni invocate da parte attrice, ritenendo la natura
stipendiale (e non soltanto pensionabile) delle indennità di aeronavigazione e di volo.
4.1. Al riguardo, si premette che la riliquidazione promossa dal succitato art. 3 opera
su una base di calcolo comprendente soltanto lo stipendio, sia pure incrementato degli
6
aumenti percentuali derivanti da quattro leggi espressamente indicate: il d.l. 27
settembre 1982, n. 681, conv., con modif., dalla l. 20 novembre 1982, n. 869; la l. 17
aprile 1984, n. 79; il d.l. 11 gennaio 1985, n. 2, conv., con modif., dalla l. 8 marzo 1985,
n. 72; il d.l. 10 maggio 1986, n. 154, conv., con modif., dalla l. 11 luglio 1986, n. 341.
Poiché la l. n. 78 del 1983, recante miglioramenti in favore dei percettori delle
indennità operative (tra cui le indennità di aeronavigazione e di volo), non è tra le
disposizioni richiamate dall’art. 3 del d.l. n. 379 del 1987, le SS.RR. si sono poste il
problema di riconoscere la natura stipendiale delle predette indennità, per accertare il
diritto alla maggiorazione prevista dall’art. 3; problema, infine, risolto favorevolmente
valorizzando il dato della integrale pensionabilità delle indennità di aeronavigazione e di
volo.
E’ stato, così, sostenuto che la “inclusione dell’indennità di aeronavigazione o di
volo … nella base pensionabile sulla quale operare i miglioramenti di cui alle indicate
nell’art. 3 della legge 14/11/1987, n. 468 …. è necessaria conseguenza della natura
stipendiale e pensionabile della indennità in questione, la quale per espresso disposto
normativo – legge 78/1983 – è pienamente pensionabile …” (sentenza n. 3/2002/QM,
pag. 17)
La soluzione adottata dal Supremo consesso non appare condivisibile, perché, in
diverse occasioni, la pensionabilità di un emolumento è stata considerata non decisiva al
fine di accertare la sua inclusione o meno tra le voci di natura stipendiale del trattamento
economico.
Ad esempio, si è ritenuto che l’assegno funzionale (previsto per le Forze armate
dall'art. 1 co. 9, d.l. 16 settembre 1987 n. 379, conv. in l. 14 novembre 1987 n. 468 e
per Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, dall’art. 6, d.l. 21 settembre 1987,
n. 387, convertito in l. l. 20 novembre 1987, n. 472), anche se pensionabile, non è
soggetto all'aumento del 18% (ex art. 16, l. 29 aprile 1976 n. 177) avendo carattere
accessorio e non stipendiale (C. conti, sezione II, 6 febbraio 2006, n. 57/A; id., sezione
II, 31 gennaio 2006, n. 47/A; id., sezione II, 19 gennaio 2006, n. 26/A; id., sezione II,
19 gennaio 2006, n. 25/A; id., sezione III, 10 gennaio 2006, n. 18; id., sezione II, 5
dicembre 2005, n. 402/A; id., sezione II, 5 dicembre 2005, n. 401/A; id., sezione II, 5
dicembre 2005, n. 400/A; id., sezione II, 5 dicembre 2005, n. 399/A; id., sezione II, 2
settembre 2005, n. 304/A; id., sezione III, 31 agosto 2005, n. 514/A; id. sezione III, 31
agosto 2005, n. 513/A). Detta interpretazione è stata avallata dalle SS.RR., 27 aprile
2004, n. 6/QM, che hanno dichiarato inammissibile la questione per assenza di contrasto
giurisprudenziale.
4.2. L’assimilazione delle indennità operative allo stipendio è stata esclusa dalla Corte
costituzionale, sia pure a fini di buonuscita (C. cost., 27 giugno 1995, n. 278). Il Giudice
delle leggi, ha ritenuto infondata la q.l.c. degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973,
n. 1032, e della l. 23 marzo 1983, n. 78, in quanto deve considerarsi tassativo l'elenco
delle voci retributive che concorrono a formare la base di calcolo per l'indennità di
buonuscita (voci tabellari ed assegni e le indennità espressamente previsti dalla legge).
Il Giudice delle leggi ha, infatti, chiarito che la pensionabilità delle indennità
operative non viene introdotta ex novo ad opera della l. n. 78 del 1983, e che la natura
delle stesse resta sostanzialmente invariata con i mutamenti apportati da quest’ultima
legge, per poi concludere che la pensionabilità di un emolumento non è circostanza
decisiva ai fini della sua inclusione nella base di calcolo della buonuscita. A quest’ultimo
riguardo, la Consulta considera insuperabile la tassatività delle voci indicate nella
disposizione di cui all’art. 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973 tra cui, appunto, non è
compresa l’indennità di impiego operativo né, quest’ultima è riconducibile allo stipendio,
tant’è che essa viene qualificata come “voce retributiva accessoria” (C. cost. n. 278 del
1995).
Invero, preesisteva un orientamento del Consiglio di Stato inteso ad ammettere le
indennità di impiego operativo nella base di computo dell’indennità di buonuscita, in
considerazione della “natura retributiva, fissa e periodica” ad esse attribuita dalla l. 23
marzo 1983 n. 78 (Cons. St., sez. VI, 25 settembre 1995, n. 984; sez. VI, 6 settembre
1995, n. 851; sez. VI, 7 luglio 1995, n. 675; sez. VI, 28 giugno 1995, n. 656; sez. VI, 3
febbraio 1995, n. 171; sez. VI, 8 giugno 1994, n. 955; sez. VI, 31 dicembre 1993, n.
1117; sez. VI, 7 marzo 1991, n. 148).
7
Dopo il pronunciamento della Corte costituzionale, la giurisprudenza
amministrativa si è uniformata al suo insegnamento ritenendo che le indennità di impiego
operativo di cui alla l. n. 78 del 1983, pur avendo natura pensionabile, non rientrano
nella voce stipendio, dalla quale sono tenute distinte dalla normativa, per cui non
possono essere computate ai fini dell'indennità di buonuscita di cui al d.P.R. n. 1032 del
1973 (Cons. St., sez. VI, 25 maggio 2005, n. 2636, id., sez. VI, 9 settembre 2003, n.
5056; id., sez. VI, 3 settembre 2003, n. 4887; id., sez. VI, 18 agosto 2003, n. 4603; id.,
sez. VI, 18 giugno 1997, n. 923; id., a. p., 21 maggio 1996, n. 4; T.A.R. Lazio, sez. III,
11 aprile 2005, n. 2634; id., sez. III, 8 gennaio 2005, n. 73; T.A.R. Campania Napoli,
sez. VI, 9 dicembre 2004, n. 18650; T.A.R. Toscana, sez. I, 16 novembre 2004, n. 5834;
T.A.R. Lazio, sez. III, 12 ottobre 2004, n. 10736; T.A.R. Toscana, sez. I, 19 maggio
2003, n. 1734; T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 5 dicembre 2002, n. 5433; T.A.R. Liguria, sez.
I, 25 novembre 2002, n. 1145).
Tale orientamento è stato seguito anche da una parte della giurisprudenza di
questa Corte (sez. giur. Regione Lazio, 17 aprile 1996, n. 1713; id., sez. giur. Regione
Lazio, 15 gennaio 1996, n. 1674; id., sez. giur. Regione Liguria, 8 giugno 1998, n. 262)
che ha ritenuto non rivalutabili le indennità di aeronavigazione e di volo in applicazione di
provvedimenti legislativi sopravvenuti al collocamento a riposo del ricorrente. Tanto viene
affermato per effetto della sentenza costituzionale n. 278 del 1995 che ha dichiarato non
fondata la q.l.c. degli art. 3 e 38 d.P.R. n. 1032 del 1973 e della l. n. 78 del 1983 nella
parte in cui tali norme escludono l'indennità di impiego operativo dalla base di computo
dell'indennità di buonuscita.
Più di recente, C. conti, sez. Veneto, 16 settembre 2003, n. 1007, ha escluso che
l’indennità di volo potesse essere rivalutata tenendosi conto delle maggiorazioni
introdotte da leggi intervenute successivamente al collocamento in quiescenza
dell'ufficiale, ritenendo che tali indennità (di volo e di aeronavigazione) “sono riconducibili
a prestazioni particolari, hanno peculiarità loro proprie, un'autonoma disciplina legislativa
e meccanismi di rivalutazione previsti da leggi diverse da quelle che disciplinano i
miglioramenti di carattere stipendiale; né, ad avviso di questo Giudice, la circostanza che
trattasi di compensi pensionabili che vengono attribuiti con continuità ai militari che si
trovino nelle indicate situazioni di impiego vale a far ritenere la natura indennitaria
dell'emolumento in questione recessiva rispetto a quella stipendiale patrocinata dal
ricorrente”.
4.3. La contrapposta tesi della natura stipendiale delle indennità di aeronavigazione e
volo – sostenuta da parte ricorrente e recepita dalla sentenza n. 3/2002/QM - sottintende
una diversa considerazione, da parte del legislatore, delle indennità previste,
rispettivamente, agli artt. 5 e 6 della l. n. 78 del 1983, rispetto alle altre indennità
operative previste dalla stessa legge.
Tale diversificato trattamento normativo viene individuato nell’art. 19 della l. n. 78
del 1983 che, raccordato con l’art. 23, “ha comunque previsto expressis verbis la
pensionabilità dell’indennità di aeronavigazione o di volo” (sentenza n. 3/2002/QM, pag.
18). Pertanto, le SS.RR. pervengono alla soluzione favorevole della questione di massima
ritenendo che “la base pensionabile è data dalle voci stipendiali, di cui come detto fa
parte anche l’indennità di aeronavigazione o di volo …” (sentenza n. 3/2002/QM, pag.
19).
Tuttavia, se il fondamento della stipendialità viene riposto nella pensionabilità,
appare inappropriata – anche nell’ottica delle SS.RR. – la citazione della sentenza della
Consulta n. 278 del 1995 (sentenza n. 3/2002/QM, pag. 18, 19 e 20) che, invece,
riafferma la pensionabilità di tutte le indennità di impiego operativo senza operare alcuna
differenziazione all’interno della categoria, tant’è che la q.l.c. riguarda la l. n. 78 del 1983
nel suo complesso e, in ogni caso, nel testo integrale della pronuncia costituzionale
manca qualsiasi riferimento semantico alle indennità di aeronavigazione e di volo o agli
articoli di riferimento (artt. 5 e 6 della l. n. 78).
4.4. La soluzione offerta dalle SS.RR. alla questione controversa nel presente giudizio –
avendo per presupposto la natura stipendiale delle indennità di aeronavigazione e di volo
– ha orientato parte della giurisprudenza contabile nel senso della maggiore ampiezza dei
benefici correlati alla percezione di una delle predette indennità, così divaricando la
distanza di queste ultime dalle altre indennità operative previste dalla l. n. 78 del 1983,
8
nonché dalle altre voci retributive accessorie.
Si fa l’esempio della maggiorazione del 18% (ex art. 16, l. 29 aprile 1976 n. 177)
richiesta sulle indennità di aeronavigazione e di volo fruite nel trattamento pensionistico,
che viene talora concessa sulla base dell’elaborazione giurisprudenziale operata
dall’organo nomofilattico (C. conti, sez. II, 26 maggio 2005, n. 186; id., sez. II, 2 maggio
2005, n. 145; id., sez. II, 2 maggio 2005, n. 144; id., sez. giur. Regione Friuli V. Giulia, 6
dicembre 2005, n. 832; id., sez. giur. Regione Veneto, 19 ottobre 2005, n. 1334; id. sez.
giur. Regione Veneto, 19 ottobre 2005, n. 1333; id., sez. giur. Regione Veneto, 3 ottobre
2005, n. 1311; id., sez. giur. Regione Veneto, 19 ottobre 2005, n. 1306; id., sez. giur.
Regione Veneto, 31 agosto 2005, n. 1246; id., sez. giur. Regione Emilia Romagna, 28
luglio 2005, n. 1041; id., sez. giur. Regione Toscana, 16 giugno 2005, n. 376; id., sez.
giur. Regione Emilia Romagna, 16 maggio 2005, n. 673; id., sez. giur. Regione Emilia
Romagna, 15 giugno 2005, n. 800; id., sez. giur. Regione Marche, 19 aprile, 2005, n.
277; id., sez. giur. Regione Toscana, 7 aprile 2005, n. 205; id., sez. giurisd. Regione
Puglia, 26 marzo 2004, n. 310; id., sez. giur. Regione Lombardia, 8 marzo 2005, n. 176).
Viceversa, l’incremento del 18% viene negato da parte della giurisprudenza
favorevole a riconoscere nell’indennità di aeronavigazione o di volo un elemento
economico accessorio, distinto dallo stipendio (C. conti, sez. giur. Regione Puglia, 29
novembre 2005, n. 989; id., sez. giur. Regione Puglia, 29 novembre 2005, n. 983; id.,
sez. giur. Regione Puglia, 29 novembre 2005, n. 982; id., sez. giur. Regione Puglia, 29
novembre 2005, n. 980; id., sez. giur. Regione Friuli V. Giulia, 11 agosto 2005, n. 601;
id., sez. giur. Regione Marche, 19 luglio 2005, n. 573; id., sez. giur. Regione Lombardia,
24 giugno 2005, n. 456; id., sez. giur. Regione Lombardia, 29 aprile 2005, n. 312; id.,
sez. giur. Regione Sardegna, 29 novembre 2004, n. 594; id., sez. giur. Regione
Sardegna, 29 novembre 2004, n. 580; id., sez. giur. Regione Umbria, 1° ottobre 2004,
n. 423; id., sez. giur. Regione Puglia, 4 novembre 2004, n. 866; id., sez. giur. Regione
Emilia Romagna, 20 settembre 2004, n. 1644; id., sez. giur. Regione Trentino A. Adige,
Bolzano, 19 novembre 2003, n. 100; id., sez. giur. Regione Veneto, 16 settembre 2003,
n. 1005).
Dalla motivazione delle pronunce da ultimo citate si evidenzia che il diritto
all’incremento del 18% viene negato sulla base delle stesse argomentazioni utilizzate per
escludere la maggiorabilità dell’assegno di funzione spettante al personale militare, ossia
ritenendo trattarsi di emolumento retributivo accessorio riconosciuto pensionabile ma
distinto dallo stipendio (v. sub 4.1).
Ciò vale a dire che una parte consistente della giurisprudenza contabile si è
schierata in senso contrario alla soluzione adottata dalla sentenza n. 3/2002/QM su un
punto fondamentale - la natura accessoria o stipendiale delle indennità di
aeronavigazione e di volo – che ha costituito il necessario presupposto sia della questione
di massima (rivalutabilità delle indennità in esame con gli incrementi stipendiali di cui alla
sentenza costituzionale n. 1/1991) e sia delle controversie in sede di merito (richiesta di
maggiorazione del 18% delle stesse indennità).
In disparte la diversità del petitum, il mancato riconoscimento delle istanze di
maggiorazione del 18% da parte delle menzionate Sezioni giurisdizionali regionali
presuppone, infatti, la non condivisione del punto di diritto affermato dalla sentenza n.
3/2002/QM.
4.5. Infine, la considerazione delle indennità di aeronavigazione e di volo quali
emolumenti di natura stipendiale confligge con la consolidata giurisprudenza del Consiglio
di Stato in materia.
L’organo di giustizia amministrativa ha sempre interpretato in modo restrittivo la
nozione di “stipendio tabellare” definito “un elemento della retribuzione specificamente
individuato e definito e, soprattutto, non identificabile con il trattamento economico
globale del dipendente stesso, comprensivo delle varie voci ed indennità” (Cons. St., sez.
V, 31 dicembre 1998, n. 1975; id., sez. VI, 5 maggio 1995, n. 420). Tra queste, sono
comprese le voci accessorie retributive, percepite in modo fisso e continuativo e talora
quiescibili (Cons. St., sez. VI, 29 ottobre 2004, n. 7040; id., sez. IV, 5 ottobre 1995, n.
782) ma anche gli emolumenti variabili e provvisori (sez. VI, 29 marzo 1990, n. 414).
Secondo tale sistematica ricostruzione, le indennità in esame sono voci accessorie
di natura retributiva (in quanto componente fissa e generalizzata del trattamento
9
economico di attività) di cui è riconosciuta la pensionabilità ma, evidentemente, esse non
coincidono con lo stipendio che, si ripete, è da intendere come stipendio tabellare-base di
livello.
Pertanto, quando un provvedimento normativo dispone la riliquidazione del
trattamento di quiescenza mediante incremento della voce retributiva “stipendio” non
appare corretto applicare i miglioramenti ad una base pensionabile più ampia
comprensiva, cioè, delle voci retributive accessorie. Tali voci, anche se quiescibili, restano
comunque distinte dallo stipendio tabellare, come emerge dai provvedimenti di
liquidazione della pensione, per cui esse non sono interessate dalle riliquidazioni
concernenti gli stipendi.
Nella specie, si ravvisa la decisività del dato normativo: “le pensioni…sono
riliquidate in base agli stipendi…” (art. 3, co. 1, d.l. n. 379 del 1987, conv. in l. n. 468 del
1987).
5.
Per tutte le suesposte considerazioni, entrambe le domande proposte non
meritano accoglimento: la prima, perché la riderminazione dell’indennità di
aeronavigazione fruita dal dante causa della ricorrente non spetta in favore di coloro che
sono già a riposo al 1° gennaio 1982; la seconda, perché l’indennità di aeronavigazione,
elemento accessorio e non stipendiale, non può essere compresa nella base di calcolo dei
miglioramenti previsti dall’art. 3, d.l. n. 379 del 1987, conv. in l. n. 468 del 1987.
In ragione della non univocità dell’indirizzo giurisprudenziale, sussistono giusti
motivi per procedere alla compensazione delle spese di lite, ex art. 92, co. 2, c.p.c.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia, in
composizione monocratica
RIGETTA
Il ricorso proposto da A.M., vedova G..
Così deciso in Milano, il 14 marzo 2006.
Depositata in Segreteria il 30 marzo 2006.
10
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Sentenza n. 235/2006 del 30 marzo 2006 Œ