“Che l'uomo il suo destin fugge di raro” La Biografia L’Ariosto e la corte degli Estensi L’Ariosto e il suo tempo Le Opere Bernadette Scutellà L’Ariosto e la corte degli Estensi Ludovico Ariosto,nato in un periodo di cambiamenti radicali sia culturali sia politici,funge da anello sul piano letterario tra l’Umanesimo e il Rinascimento: egli infatti raccoglie gli aspetti letterari migliori dal primo, politici dal secondo. La culla ove cresce culturalmente quest’ autore è Ferrara, verso la quale l’Ariosto ha una profonda devozione, tanto da non trasferirsi mai in nessun altro luogo,come invece era uso per gli autori di quel tempo. Ferrara era infatti una deve corti più rinomate e attive dell’epoca, non soltanto dal punto di vista culturale, ma anche da quello politico. Essa infatti, dopo un brave periodo di neutralità,entra in campo nella guerra combattuta tra il Papa(che nutriva forti speranze di poterla conquistare,poiché era un punto strategico molto importante) e Carlo VIII, con la speranza di poter riacquistare alcuni territori persi in precedenti lotte. Ma delusa da questo primo tentativo, si allea con la Francia, cosa che causò la scomunica da parte del papa Giulio II al duca di Ferrara. Come si può dunque capire, questo cuore culturale,sarà anche un po’ protagonista, un po’ spettatore, di un periodo politico molto travagliato. Ma Ferrara, oltre che essere un punto focale nella storia dell’epoca, lo è anche per la cultura: la corte ospita artisti di ogni tipo, ma specialmente letterati e pittori. L’Ariosto e la corte degli Estensi Per quanto riguarda la pittura, a Ferrara viene fondata una accademia delle arti pittoriche,che compie una nuova fusione tra stile Gotico e stile Rinascimentale, ottenendo come risultato opere eleganti, raffinate, contornate da un’atmosfera romantica:qui si fondono dunque lealtà e coraggio,sensualità e sfrontatezza,cavalleria e modernità, creando un nuovo e moderno stile che influenza non soltanto la pittura, ma anche la letteratura stessa. E’ qui che nasce “L’orlando Furioso” dell’Ariosto, che trae ispirazione dall’”Orlando innamorato” di Boiardo, ma viene plasmato con caratteri differenti e innovativi per l’epoca: è un poema cavalleresco rinnovato, dove al classico amore si sostituisce la furia. L’Ariosto,spinto dal periodo, crea un genere nuovo, che si distingue per i suoi caratteri dal precedente. L’arte ferrarese al contrario degli altri movimenti italiani artistici mirava ad andare oltre la razionalità e la realtà , a varcare i confini della fantasia,a stimolare la creatività: l’artista ferrarese, il cui tempo di attività sapeva sarebbe stato molto limitato, tentava di distinguersi il più possibile dagli altri, di far breccia nell’animo del suo signore e dei suoi sudditi; di far riscoprire insomma un mondo nuovo e interiore semplicemente con delle immagini, talmente tanto belle però che nessuno può negare lo splendore e l’originalità artistica dell’epoca. L’Ariosto e la corte degli Estensi Come abbiamo visto dunque, gli artisti si preoccupavano soprattutto di compiacere il Signore (come fa ben notare Ludovico Ariosto nella Satira I) diventando perfetti cortigiani, ma non per questo trascurava il popolo: anzi, la corte estense si distinse molto dalle altre in quanto stimolò le feste e gli spettacoli, la città venne abbellita con innumerevoli monumenti e palazzi(es. Il palazzo dei diamanti) e favorì tra l’altro vari letterati a “gettarsi” nel campo del teatro (creando commedie e altri scritti adatti),e sviluppando questa parte di letteratura che nei secoli prima era stata alquanto trascurata. Infine, si ricorda la Ferrara umanistica anche per la presenza della celebre università, che favorì lo scambio d’idee e la vivacità culturale. In questa cornice s’inserisce perfettamente la figura dell’Ariosto, sicuramente condizionato e influenzato dalla stessa città che lui amava tanto. «Chi brama onor di sprone o di capello, serva re, duca, cardinale o papa; io no, che poco curo questo e quello». [Ludovico Ariosto, Satire, III, vv.40-42] Le Satire «Chi brama onor di sprone o di capello, serva re, duca, cardinale o papa; io no, che poco curo questo e quello». Ludovico Ariosto,SatireIII,v.40-42 Le Satire L’Orlando Furioso L’Orlando Furioso Linee Generali Satira I Le altre opere minori “Mal può durar il rossignol in gabbia, più vi sta il cardellino e più il fanello; La rondine un dì vi muor di rabbia.” Satire III, vv37-39 La Biografia Primo di dieci figli, Ludovico Ariosto nasce a Reggio Emilia l'8 settembre 1474 da Daria Malaguzzi Valeri e dal conte Niccolò Ariosto, capitano della rocca di quella città. La famiglia si trasferisce prima, nel 1481, a Rovigo, dove Niccolò è stato inviato dal duca I d'Este con l'incarico di comandante della guarnigione; poi, a seguito della guerra scoppiata tra Ferrara e Venezia, a Reggio, infine nel 1484, a Ferrara. E ferrarese, poi l'Ariosto amò sempre dirsi, tanto che, oramai vecchio, dichiarava che avrebbe ucciso chi gli avesse impedito di passeggiare ogni giorno sulla piazza di Ferrara, tra la facciata del duomo e le due statue dei marchesi Niccolò e Borso. In mezzo a quell'Italia sconvolta dalle guerre tra Spagna e Francia, Ferrara rappresentava per lui la stabilità. Tra il 1489 e il 1494, contro voglia, per volere del padre, e con esiti piuttosto modesti, studia diritto presso l'Università di Ferrara. Ma intanto partecipa alla vivace vita della corte di Ercole I, dove entra in contatto con vari e prestigiosi letterati ed umanisti (Ercole Strozzi, Pietro Bembo e molti altri). La Biografia Lasciato finalmente libero dal padre di dedicarsi ai prediletti studi letterari, abbandona la giurisprudenza e intraprende lo studio della letteratura latina, impegnandosi anche in una produzione poetica sia latina (liriche amorose, elegie, De diversis amoribus, De laudibus Sophiae ad Herculem Ferrariae ducem primum, Epithalamium, epitaffi ed epigrammi) sia volgare, le Rime (pubblicate postume 1546). Nel 1500 si chiude bruscamente il periodo degli studi tranquilli e dell'ozio letterario e si colloca la prima e traumatica svolta nella vita dell'Ariosto. Muore il padre, lasciando a lui che è il primogenito, oltre ad una non floridissima situazione economica, la tutela delle cinque sorelle e dei quattro fratelli (tre dei quali minorenni e il maggiore Gabriele paralitico, che rimane con lui tutta la vita). Per provvedere alle necessità familiari, è costretto, pertanto, ad assumere i più diversi incarichi pubblici e privati, che a malincuore vengono continuamente a distrarlo dall'attività letteraria, l'unica a lui congeniale. E proprio a causa delle condizioni economiche e materiali imposte dalla vita cortigiana, l'Ariosto, a differenza del Boiardo, avverte una forte contraddizione tra la sua passione letteraria e il legame con la corte estense. La Biografia Nel 1502 ottiene il capitanato della rocca di Canossa. Intorno al 1503 ha un figlio, Giambattista, dalla domestica Maria (più tardi avrà un altro figlio, Virginio, da Olimpia Sassomarino). Sempre nello stesso anno entra al servizio del cardinale Ippolito d'Este, figlio di Ercole I e fratello del duca Alfonso. Sotto il «giogo del Cardinal da Este», uomo gretto, avaro e insensibile alla cultura e alla poesia, svolge svariati, faticosi, mal retribuiti e ingrati compiti: dalle incombenze pratiche, quali aiutare il signore a spogliarsi, alle faccende amministrative, dalle funzioni di intrattenimento e di rappresentanza alle delicate e rischiose missioni politiche e diplomatiche. Tra il 1507 e il 1515, periodo assai ricco di incidenti diplomatici, è spesso costretto a fare viaggi a cavallo per recarsi ad Urbino, a Venezia, a Firenze, a Bologna, a Modena, a Mantova e a Roma. E così, mentre attende alla stesura dell'Orlando Furioso, e si impegna nell'ambito del teatro di corte, scrivendo e mettendo in scena i primi importanti esperimenti del nuovo teatro volgare, le commedie Cassaria e I Suppositi, l'Ariosto è protagonista di una delle fasi più aspre delle guerre d'Italia. Nel 1509 segue il cardinale nella guerra contro Venezia. Nel 1510 si reca a Roma per ottenere la revoca della scomunica inflitta da papa Giulio II al cardinale, ma viene minacciato di essere gettato ai pesci. La Biografia Nel 1512, insieme al duca Alfonso, vive una romanzesca fuga attraverso gli Appennini, per sottrarsi alle ire del pontefice, deciso a non riconciliarsi con gli Estensi, alleatisi con i Francesi nella guerra della Lega Santa. Nel 1513, alla morte di Giulio II, si reca nuovamente a Roma per felicitarsi con il nuovo papa Leone X, sperando, tuttavia invano, di ottenere un beneficio generoso che gli permetta una sistemazione più tranquilla. In quello stesso anno torna a Firenze, dove dichiara il suo amore alla donna della sua vita, Alessandra Benucci, una fiorentina sposata con il ferrarese Tito Strozzi. Morto il marito, nel 1515, la Benucci verrà ad abitare a Ferrara, ma non vivrà mai con lui, neppure dopo il matrimonio, celebrato in gran segreto nel 1527 - affinché lei non perda i diritti all'eredità del marito e lui i suoi benefici ecclesiastici. Nel 1516 esce la prima edizione dell'Orlando Furioso, dedicata al cardinale Ippolito d'Este, che tuttavia non dimostra alcuna gratitudine. E, quando, nel 1517, questi, eletto vescovo di Buda, pretende che il poeta lo segua in Ungheria, egli si rifiuta, rompendo ogni legame. Siamo ad un'altra svolta nella vita dell'Ariosto. Inizia un tormentato periodo di crisi non solo per il poeta, in gravi difficoltà economiche, familiari e giudiziarie (per certe proprietà terriere della sua famiglia), ma anche per il ducato Estense in lotta con il papato e per l'Italia intera. La Biografia Nel 1518, dunque, passa al servizio - o «servitù» - del duca Alfonso, pur senza migliorare la situazione economica. Intanto, tra il 1517 e il 1525, attende alla composizione delle sette Satire (pubblicate solo nel 1534): realistica ed amara meditazione sugli ambienti cortigiani e sulla sorte degli uomini di lettere. Questi sono probabilmente anche gli anni a cui risale la stesura dei Cinque Canti, composti in vista di un inserimento nel Furioso, ma poi lasciati da parte a causa dei toni cupi e perciò dissonanti rispetto al resto del poema. Tra il 1519 e il 1520 prosegue la composizione delle rime in volgare e compone, inoltre, due commedie Il Negromante e I studenti (incompiuta).Dopo aver ristampato nel 1521 il Furioso, essendogli stato sospeso lo stipendio di cortigiano, nel 1522 l'Ariosto è costretto, seppur malvolentieri, ad accettare l'incarico affidatogli dal duca Alfonso: il commissariato della regione montuosa e selvatica della Garfagnana. Le Lettere, scritte per dovere d'ufficio al duca, rivelano la grande fermezza, serietà e sagacia amministrativa e politica con cui l'Ariosto cercò di ricondurre la legge e l'ordine in quel territorio di confine, infestato dai banditi e dalle violenza delle fazioni rivali. Lasciata la Garfagnana, nel 1525 si apre un periodo più sereno e per il poeta e per il suo ducato. Tornato a Ferrara, il duca gli affida varie cariche amministrative ma anche incarichi a lui più congeniali. Viene chiamato, infatti, a far parte del Maestrato dei savi e viene nominato sovrintendente agli spettacoli di corte. La Biografia Riscrive in versi la Cassaria e I Suppositi, rielabora Il Negromante e nel 1528 scrive una nuova commedia, la Lena. Nel 1532, tra l'altro, dirige le recite di una compagnia padovana inviata a Ferrara dal Ruzzante. Pochi sono i viaggi di questi anni. Nel 1528 è a Modena con il duca per scortare l'imperatore Carlo V di passaggio nello Stato estense. Nel 1531, dopo essere stato a Firenze, ad Abano e a Venezia, il marchese del Vasto, Alfonso d'Avalos, condottiero dell'esercito imperiale, gli assegna, a Correggio, una pensione di cento ducati d'oro. L'Ariosto trascorre gli ultimi anni della sua vita nell'amata casetta in contrada Mirasole, tra l'affetto di Alessandra e del figlio Virginio e la revisione del Furioso, la cui edizione definitiva esce nel 1532. Ammalatosi di enterite, muore il 6 luglio 1533. Dal 1801 il suo corpo è tumulato nella sala maggiore della Biblioteca Ariostea di Ferrara. O Galleria La Trama canto per canto Linee Generali La Trama 1. Angelica fugge a cavallo per il bosco, vede Rinaldo appiedato, grida e continua a scappare; Rinaldo insegue il suo cavallo, Baiardo, che è impazzito; Baiardo insegue Angelica, non lascia salire Rinaldo per non dover andare dove vuole lui, ma lo guida da lei; Ferraù assetato, sulla riva di un fiume, accorre alle grida di Angelica; Rinaldo e Ferraù si battono, si accordano per inseguirla, prendono sentieri diversi; Ferraù vede uscire dal fiume il fantasma di Argalia, che reclama il suo elmo e lo invita a prendere quello di Orlando; Sacripante piange Angelica credendola nelle mani Orlando, la vede e la prende con sé; Angelica incontra Sacripante e gli si affida; Bradamante, travestita da cavaliere, si scontra con i due, viene sfidata da Sacripante, gli ammazza il cavallo e fugge nel bosco; Baiardo Sacripante lo trova Angelica; Angelica e Sacripante vedono Baiardo e fuggono su di lui. 2. Rinaldo se li vede sul suo cavallo, sfida Sacripante; Rinaldo e Sacripante si battono; Angelica fugge spaventata, incontra un eremita, che fa l'incantesimo di fuorviare Rinaldo; Rinaldo e Sacripante credono al folletto che racconta loro d'aver visto Angelica ed Orlando diretti a Parigi; Rinaldo va a Parigi, Carlomagno lo invia in Inghilterra, s'imbarca; Bradamante, cercando Ruggiero, incontra Pinabello; Pinabello racconta che Ruggiero è prigioniero di un mago; Bradamante e Pinabello vanno verso il castello; Pinabello, scoperto che Bradamante discende da una famiglia rivale, la getta in un burrone; Bradamante, salvata da un ramo, giace stordita. La Trama 3. Bradamante viene condotta da Melissa al castello del mago Atlante, ed apprende che lo scudo magico di questi può essere vanificato solo dall'anello di Brunello; Melissa; Baiardo lascia Melissa in riva al mare, arriva all'albergo di Brunello, si fa guidare da lui al castello, lo lega ad un albero e gli ruba l'anello, sfida il mago Atlante, lo batte, libera Ruggiero, Gradasso, Sacripante. 4. Atlante manda l'ippogrifo Frontin a rapire in volo Ruggiero, suo figlio adottivo, per proteggerlo in un luogo lontano dall'Europa; Rinaldo in Scozia si offre di lottare per l'onore della figlia del re, Ginevra, incontra Dalinda. 5. Dalinda racconta a Rinaldo che Ginevra è condannata per una calunnia di Polinesso, amante respinto; Rinaldo si batte contro Polinesso e lo smaschera. 6. Ariodante, amante di Ginevra, ottiene dal re la madre di sua figlia; Ruggiero giunge in groppa all'ippogrifo all'isola di Alcina, incontra Astolfo tramutato in mirto; Astolfo fu tramutato in mirto da Alcina. 7. Ruggiero combatte i mostri e giunge alla reggia di Alcina, se ne innamora; Alcina usa le sue arti per conquistare Ruggiero; Bradamante cerca Ruggiero, reso invisibile dall'anello di Brunello, ed apprende da Melissa che Ruggiero è sotto l'incantesimo di Alcina; Melissa svela a Bradamante la condizione dell'amato, assume le sembianze di Atlante, va sull'isola e sfata l'incantesimo; Ruggiero, liberato da Melissa, si rende invisibile grazie all'anello di Brunello e fugge. La Trama 8. Melissa libera Astolfo e, in groppa all'ippogrifo, si dirige con lui da Logistilla; Rinaldo ottiene aiuti dal re d'Inghilterra; Angelica, rapita dai corsari, è legata ad uno scoglio ed è insidiata da un mostro; Orlando e Brandimarte lasciano Parigi; Fiordiligi insegue l'amato Brandimarte. 9. Orlando, spinto in Olanda dal vento, incontra Olimpia; Olimpia deve consegnarsi al re Cimosco, armato di archibugio, se vuole che questi liberi l'amato Bireno; Orlando sfida Cimosco, lo uccide, libera Bireno, getta l'archibugio in mare; Olimpia e Bireno si sposano. 10. Bireno s'innamora della figlia di Cimosco ed abbandona Olimpia su un'isola deserta; Olimpia si trova sola sull'isola e capisce il raggiro; Ruggiero aiuta Logistille a riconquistare il regno che Alcina usurpa; Alcina fugge; Logistille ringrazia Ruggiero insegnandogli come si comanda l'ippogrifo; Ruggiero parte, giunge dove si trova Angelica, la salva, se ne innamora e la porta con sé. 11. Angelica gli ruba l'anello e fugge; l'ippogrifo fugge; Ruggiero s'avvia a piedi, vede un gigante che rapisce Bradamante, lo insegue; Orlando giunge dove Olimpia sta per essere divorata dall'orca, uccide l'orca Olimpia salvata da Orlando; Oberto s'innamora di Olimpia; Olimpia ed Oberto si sposano. La Trama 12. Orlando giunge nel palazzo incantato di Atlante, incontra Ferraù, Sacripante, Brandimarte, Gradasso; Ruggiero, seguendo il gigante, giunge al palazzo, approntato per lui da Atlante; Angelica giunge anche lei, è vista da Orlando e Ferraù e fugge, inseguita; Orlando, Ferraù e Sacripante inseguono Angelica; Orlando e Ferraù si battono per l'elmo; Sacripante continua la ricerca; Angelica perde l'elmo che Orlando ha posato; Orlando e Ferraù credono che l'elmo sia stato rubato da Sacripante; Angelica posa l'elmo per bagnarsi in un fiume; Ferraù vede l'elmo e lo prende; Angelica arriva in un bosco dove trova un giovinetto ferito; Orlando sconfigge dei saraceni, trova una vecchia, Gabrina, ed Isabella in una grotta. 13. Isabella è prigioniera dei ladroni; Orlando uccide i ladroni e la libera; Orlando ed Isabella se ne vanno insieme; Melissa dice a Bradamante che Ruggiero si trova nel palazzo di Atlante; Bradamante, vittima degli incantesimi di Atlante, insegue miraggi. 14. Madrigardo, saraceno al seguito di Agramante, insegue Orlando, incontra Doralice e se ne innamora; Doralice cede a Madrigardo; Rodomonte si distingue tra i soldati di Agramante, è innamorato di Doralice. 15. Astolfo, liberato da Logistilla, si mette in mare alla volta dell'Inghilterra: durante il viaggio sconfigge un gigante ed un mostro; in Palestina incontra Grifone ed Aquilante. La Trama 16. Grifone parte per ritrovare Orrigille, che l'ha lasciato per un altro, la trova con l'amante; Orrigille spaccia l'amante per fratello e lo rimprovera; Rodomonte a Parigi fa strage di francesi, resiste, solo, a Carlo Magno. 17. Grifone è preso in giro da Orrigille e dal suo falso fratello, che gli porta via il premio vinto ad una giostra di re Morandino, il quale, accortosi dell'errore, indice un'altra giostra. 18. Aquilante scopre Orrigille e l'amante e li cattura, li consegna a Morandino, rivede il fratello Grifone; Grifone è convalescente dalle ferite; Astolfo sopraggiunge con Sansonetto e la vergine Marfisa, gemella di Ruggiero; Marfisa vince la giostra; Grifone, Aquilante, Astolfo, Rinaldo e Marfisa partono per la Francia; Rinaldo uccide Dardinello, uno dei saraceni più agguerriti; Medoro s'infila nel campo per recuperare la salma, ma, scoperto, fugge: raggiunto, viene ferito e creduto morto. 19. Angelica lo trova, lo cura e se ne innamora; Angelica e Medoro, dopo aver dimorato da un pastore, partono per il paese natale di lei; Astolfo, Marfisa, ecc., dopo un lungo viaggio, arrivano sull'isola delle donne omicide, dove trovano il cugino di Astolfo, Guidon Selvaggio. 20. Marfisa prosegue da sola, incontra Pinabello che maltratta la vecchia Gabrina, si prende questa appresso, incontra Zerbino, si batte con lui; Zerbino, stabilendo che chi perde si tiene Gabrina e lo batte; Gabrina svela a Zerbino che la sua amata Isabella è viva. La Trama 21. Zerbino e Gabrina proseguono insieme. 22. Astolfo distrugge il castello di Atlante; Ruggiero e Bradamante si riconoscono, si mettono in marcia per una badia, dove Ruggiero possa essere battezzato e poi i due si sposano, sono assaliti da Aquilante, Sansonetto, Guidon, prigionieri di Pinabello. 23. Bradamante uccide Pinabello, si smarrisce ed incontra Astolfo; Astolfo affida a Bradamante armi e cavallo e sale in groppa all'ippogrifo; Bradamante va dal fratello Alardo e manda un'ancella, Ippalca, ad avvertire Ruggiero; Ippalca aggredita da Rodomonte, che le prende il cavallo; Zerbino trova il corpo di Pinabello; Gabrina, per vendicarsi dell'odio di Zerbino, lo accusa dell'omicidio; Zerbino è salvato da Orlando; Orlando fa strage; Isabella e Zerbino, amanti, si ritrovano; Madricardo raggiunge Orlando e, mentre si batte, il cavallo impazzisce e lo incontra Gabrina ed imbizzarrisce il suo cavallo; Orlando insegue Madricardo, vede su un albero i nomi di Angelica e Medoro, incontra il pastore che gli narra l'amore dei due, impazzisce. 24. Zerbino ed Isabella decidono di lasciare Gabrina ad Odorico, ed incontrano Madricardo, Doralice e Fiordiligi; Madricardo vuole impossessarsi della spada che Orlando ha gettato via; Zerbino lo sfida e muore tra le braccia di Isabella; Fiordiligi promette di rivelare il misfatto a Brandimarte e se ne va; Madricardo incontra Rodomonte; Madricardo e Rodomonte si battono per Doralice, ma poi decidono vale più la causa dei saraceni e si avviano insieme verso Parigi. La Trama 25. Ruggiero salva Ricciardetto, fratello di Bradamante; Ricciardetto lo guida a liberare i prigionieri di Lanfusa, madre di Ferraù; Marfisa si unisce a loro; Ruggiero, Marfisa ecc. liberano i prigionieri, incontrano Ippalea. 26. Ruggiero insegue Rodomonte; Ruggiero, Marfisa, Rodomonte, Madricardo, Doralice ecc. danno luogo ad una rissa; Madricardo e Rodomonte inseguono Doralice, scomparsa per un incantesimo. 27. Doralice arriva a Parigi; Madricardo, Rodomonte e Sacripante partecipano alla battaglia vinta dai saraceni; Doralice sceglie Madricardo; Rodomonte abbandona il campo, incontra Isabella che seppellisce Zebino, la insidia, si ubriaca e la uccide. 28. (omissis) 29. Isabella sceglie di morire piuttosto che tradire Zerbino; Rodomonte sfida tutti coloro che attraversano un ponte; Orlando accetta la sfida e i due si azzuffano, poi lui si abbandona ad una serie di follie senza senso, prendendosela anche con Angelica, di passaggio col suo sposo verso la nativa India. 30. Orlando nuota sino in Africa; Ruggiero e Madricardo litigano: il primo rimane ferito, il secondo ucciso; Doralice piange lo sposo morto; Bradamante riceve da Ippalca notizie di Ruggiero. 31. Rinaldo, Grifone, Aquilante ecc. accorrono in difesa di Carlo Magno, che sconfigge i saraceni. La Trama 32. Bradamante crede d'essere stata abbandonata da Ruggiero e parte per Parigi. 33. Astolfo sull'ippogrifo giunge in Etiopia, scende all'Inferno, sale in Paradiso, e, sulla Luna, trova il senno di Orlando. 34. (omissis) 35. Bradamante corre dietro l'esercito di Carlo Magno, incontra Fiordiligi, che ha saputo che Brandimarte è in Africa, prigioniero di Rodomonte; Bradamante sfida i campioni saraceni, tra essi Ferraù, e li batte. 36. Ruggiero apprende la presenza dell'amata; Marfisa sfida la campionessa ma è battuta; Bradamante e Ruggiero si ricongiungono e si appartano; Marfisa li segue perché vuole la rivincita; Bradamante crede che la spinga la gelosia; Atlante, morto di crepacuore, svela che Ruggiero e Marfisa sono fratelli. 37. Ruggiero, Bradamante e Marfisa uccidono lo spietato Marganone; Ruggiero torna coi saraceni; Bradamante e Marfisa tornano da Carlo Magno. 38. Astolfo torna dalla luna e compie altre imprese in Etiopia. 39. Astolfo libera Brandimarte, che era prigioniero di Rodomonte; Fiordiligi si ricongiunge a Brandimarte; Orlando rinsavisce grazie al senno portato dalla luna; Astolfo ed Orlando contribuiscono a sconfiggere i saraceni. 40. Agramante, sconfitto, sfida Orlando e Brandimarte. La Trama 41. Brandimarte è ferito mortalmente. 42. Orlando uccide Agramante; Rinaldo si libera della passione amorosa per Angelica, e cerca di raggiungere Orlando. 43. Fiordiligi, disperata, si fa seppellire viva con l'amante; Orlando e Rinaldo trovano Ruggiero convertito. 44. Astolfo libera l'ippogrifo; Orlando, Rinaldo, Astolfo, Ruggiero, Bradamante e Marfisa tornano a Parigi; Bradamante viene promessa dai genitori all'imperatore greco; Ruggiero va a combattere i greci, viene fatto prigioniero ma l'imperatore lo libera; per gratitudine combatte per loro contro Bradamante, ma il duello finisce in parità. 45. Marfisa propone che solo chi batte Ruggiero possa avere in sposa Bradamante. 46. Ruggiero può sposare Bradamante, perché l'imperatore vi rinuncia; Rodomonte sfida Ruggiero e perisce. L’Ariosto e il suo tempo Nel corso del quattrocento si verifica una vera e propria svolta della civiltà che da vita ad una nuova era, il Rinascimento, che vede l’ Italia come un paese all’avanguardia. Non possiamo dire precisamente quando è avvenuto il passaggio dal Medioevo al Rinascimento, poiché il cambiamento è stato lento e sfumato. Nessuno può mettere in dubbio che la cultura del periodo rinascimentale sia diversa da quella del periodo medievale, ma le due epoche non si possono mettere l’una in antitesi dell’altra. Possiamo però fare una periodizzazione all’interno del rinascimento stesso: c’è la fase dell’umanesimo(400) e quella del rinascimento vero e proprio(500). Questi due periodi hanno comunque elementi in comune come la crisi e la perdita dell’indipendenza da parte degli stati italiani, la rivoluzione delle tecniche militari e la diffusione della stampa e dei mezzi comunicativi. LE SIGNORIE A Firenze il sigore, che ere il Duca d’Atene, per fronteggiare il malumore generale che nasceva da una serie di conflitti militari, il popolo Grasso aveva affidato il potere ad un uomo di ventura, Gualtieri, ma questi, divenuto un tiranno dispotico, aveva scontentato tutti ed era stato poi scacciato. Durante il 300 ed el 400 il potere passa saldamente in mano ad un individuo e si trasmette ereditariamente alla sua famiglia. Il potere dei signori viene poi spesso legittimatodai titoli feudali conferiti dall’imperatore o dal pontefice, e la signoria si trasforma in principato: si arriva così ai ducati di Milano, Ferrara, Mantova ed Urbino.. L’Ariosto e il suo tempo Eccezzione si ha per Firenze, che continua a mantenere una struttura comunale. Nel 1435 però diventa una signoria grazie alla famiglia dei De’Medici.Si vanno a formare in questo modo forme di potere autoritario e gerarchizzato. Attorno al signore si crea una corte di cui fa parte il personale politico ed una serie di intellettuali ed artisti. IL MACENATISMO Si sviluppa poi il Macenatesimo, fenomeno per il quale le signorie diventono splendenti centri di cultura. I signori più ricchi investono molti soldi per la costruzione di palazzi e ville e per la loro decorazione. Con l’uso delle milizie mercenarie indispensabili per le guerre di espansione, scompare l’occasione di partecipazione civile, quella offerta dalle milizie cittadine, in cui ogni cittadino era chiamato alle armi per difendere il proprio comune di appartenenza. E’ in questo modo che si ha la netta divisione politica tra il “palazzo”del potere e la vita cittadina. Spesso si arriva a scontri tra famiglie che vogliono strappare il potere alla famiglia dominante. Un’altra caratteristica saliente dell’organizzazione poltica di quest’epoca è la tendenza delle signorie più potenti all’espansione territoriali L’Ariosto e il suo tempo LA CIVILTà DI CORTE E GLI INTELLETTUALI Nasce nel 400 una vera civiltà di corte fondata sul culto della raffinatezza spirituale. La corte però tende ad isolarsi dalla realtà circostante, a disprezzare il mondo esterno, le sue attività, i principi che le regolano. L’elaborazione ideologica dei letterati tende a trasformarlo in una società ideale, perfetta, secondo quella tendenza all'i’ealismo che è propria del classicismo, inoltre il letterato ha il compito dell’intrattenimento e della decorazione. La serenità economica, il tempo per dedicarsi allo studio, il prestigio e la considerazione sociale, un ambiente raffinato come quello dell acorte, fanno si che l’autore si trovi in una condizione ideale per ricevere stimoli per la sua produzione. L’INTELLETTUALE CORTIGIANO Il tipo nuovo di intellettuale che si insidia nella corte è quello cortigiano. L’intellettuale cortigiano può provenire da famiglia aristocratica, godere di rendite che gli permettono indipendenza economica. Esiste anche lìintellettuale che è alle dipendenze del signore che gli garantisce protezione e mantenimento in cambio dei suoi servizi. LA NUOVA CONCEZIONE ANTROPOLOGICA Tra la fine del trecento e l’inizio del quattrocento si diffonde fra gli uomini di cultura italiani il mito di una rinascita della civiltà classica nella letteratura, nel pensiero, nelle arti figurative e nella vita civile e politica. L’idea di una rinascita presuppone l’idea di una morte, cioè di un tramonto della civiltà. Si avverte il bisogno di far rivivere il mondo classico nella sua fisionomia autentica. L’Ariosto e il suo tempo Il termina rinascimento è diventato comune quando si vuole indicare quella fascia di tempo che va dal Quattrocento al secolo successivo. Dal Medioevo a questo periodo si passa da una concezione del mondo di tipo teocentrica, ad una di tipo antropocentrico: nel Medioevo l’uomo era visto come una creatura effimera e fragile, tormentato dalle miserie del corpo, ora invece si afferma una visione ottimistica dell’uomo. Egli appare ricco di forze, capace di contrastare la fortuna con le proprie virtù e le proprie energie: il corpo non è più condannao, ma bensì celebrato. L’IMITAZIONE DEGLI ANTICHI Gli uomini del Quattrocento si rivolgono con entusiasno ai testi antichi, per trovare uno strumento mediante cui comprendere meglio se stessi, per questo si afferma il principio di imitazione: se gli antichi hanno raggiunto un culmine insuperabile di perfezione allora è necessario imitarli in tutti i campi. L’imitazione però non è passiva, anzi è attiva in quanto non basta mirare ad una meccanica riproduzione dei modelli.Possiamo dire con certezza che la rinascita del mondo classico prende piede già con Petrarca e Boccaccio. Petrarca infatti amava frugare durante i suoi viaggi nelle biblioteche alla ricerca di testi dimenticati compiendi certe scoperte. Poi il suo esempio fu seguito da molti intellettuali. La Satira I Come su una busta, troviamo mittente (“io”) e destinatari (“voi, Alessandro […], compar mio Bagno”); come in una lettera, l’autore richiede subito notizie, in particolare circa quello che su di lui mormora la gente. “Pazzo”, si risponde, perché si è fatto allontanare dal Cardinale Ippolito d’Este; aggiunge e sottolinea, però, con sottile disprezzo, come egli abbia avuto coraggio di vuotare il sacco, mentre qualcun altro aveva preferito tacere pur di restare tra gli agi e le coccole della vita di corte. «Ma, vedete, nonostante io non abbia più quasi nulla, ho ritrovato la libertà», sembra dirci in seguito lo scrittore, concludendo con un seguitemi, fate come io ho scelto di fare. È su queste note che ha inizio uno dei più noti lavori letterari di Ludovico Ariosto, Le Satire, una colorita raccolta di sette lettere aperte che, in poesia, raccontano ironicamente le amarezze della sua vita. Infatti, le Satire furono scritte contemporaneamente alla seconda edizione dell’Orlando Furioso (richiamato nel momento in cui si fa riferimento al personaggio Ruggiero), e in comune con il poema hanno, indubbiamente, il tema della polemica contro la corte e i suoi vizi, visti dall’Ariosto con profondo rancore. Ma, a proposito dell’Orlando Furioso, evidentemente basato sulla tradizione canterina, sono senz’altro da ricordare le altri fonti letterarie a cui l’Ariosto attinge: primo fra tutti Orazio, dalle cui Epistole il cinquecentesco autore trae ispirazione a tal punto che le Satire (il titolo, così come lo stile, sono a loro volta copiati da un’altra opera oraziana, le Satire) sono impostate come lettere. . La Satira I L’altro modello a cui il letterato si rifece fu, per quanto concerne la metrica, il maggiore poema di Dante Alighieri, La Divina Commedia, scritta interamente nelle stesse terzine riprese poi dall’Ariosto. I temi, però, sono profondamente diversi da quelli di qualsiasi autore latino o trecentesco, perché mutato è il clima sociale e politico in cui l’Ariosto si trova a vivere e a comporre. Libertà e indipendenza, rifiuto dell’ipocrita formalità di corte, polemica contro i presuntuosi letterati che stavano presso la Casa D’Este: tutti questi motivi spinsero l’Ariosto ad un allontanamento dai viaggi con il Cardinale Ippolito; che l’Ariosto volesse soltanto stare in pace per poter comporre, questo fatto non era stato capito, secondo lui. E i temi sopra citati si rispecchiano appieno nelle Satire, che con coerenza li espongono, facendo largo uso di figure retoriche. Prima tra tutte l’ironia, che regge tutto il discorso, riprodotta anche in termini forti; ma anche accorgimenti come quello di narrare una favola concorrono a rendere la lettera vivace e accattivante, senza che cada mai nella banalità. Questa è dunque una lettera scritta e riscritta dall’autore, che pure vorrebbe farla apparire come disinvolto prodotto di un momento. E sarà così per tutti i componimenti delle Satire, a qualsiasi persona essi siano indirizzati. La Satira I Per esempio, nella terza satira l’Ariosto si rivolge ad Annibale, suo cugino; tra l’altro, la terza satira trova nella prima una fortissima corrispondenza, in quanto entrambe mirano a sminuire i prestigi della corte, ponendoli in relazione con il disinteresse che l’autore prova per essi: egli non mirava, infatti, per nulla, ai crediti formali che il palazzo del principe attribuiva ai suoi nobili. Con questo, però, non si vuole assolutamente sostenere che l’Ariosto accusasse in tutto e per tutto la corte, in particolare quella della casa d’Este: al contrario, egli la riteneva piuttosto un sostegno per la sua carriera di letterato, perché essa gli consentiva di dedicarsi pienamente alle lettere. E l’elogio della Casa estense è un tema che ritorna più volte nell’opera ariostesca: una delle tre linee portanti dell’Orlando Furioso sarà proprio l’encomio del Cardinal Ippolito e della sua famiglia. Anche nelle Satire questo è un ritornello ripreso più volte, anche se con toni più focosi; nella prima satira, riferendosi a “Ruggier”, l’autore gli si rivolge infatti protestando per l’ingratitudine che la Casa d’Este gli porta, e gli domanda: «Ruggiero, cosa faccio io qui, nella corte della Casa d’Este, se non mi rendi per nulla gradito alla tua discendenza, e se non mi serve a nulla aver raccontato, nell’Orlando Furioso, le tue gesta e il tuo merito?» Linee Generali de “Le Satire” Tre il 1517 e il 1527 Ariosto scrive sette satire in forma di lettere indirizzate a parenti e amici, il titolo si rifà al modello della satira latina in altre parole delle opere in versi. Il termine satira è di origine greca e deriva da satura lanx che può indicare o un piatto ricolmo di diversi frutti, o un genere teatrale che inglobava in esso vari tipi di spettacolo. Il primo scrittore di satira è stato Ennio e dopo di lui gli esponenti del circolo degli scipioni, tra i quali troviamo Lucilio che scrisse trenta libri di satire. La parola satira è usata come titolo di un genere letterario perché troviamo nell’opera diversi argomenti e diversi tipi di verso e di metrica. Il più grande autore di satire fu Orazio vissuto nell’età di Augusto e poeta di Mecenate. La sua satira ha carattere personale ed è scritta con uno stile elaborato, raffinato ma all’apparenza colloquiale, conversevole; proprio per questo motivo Orazio, aveva dato alla sua opera il titolo di Sermones cioè discorsi, per la cui composizione ha utilizzato l’esametro, che permette appunto uno stile discorsivo. La seconda caratteristica dell’opera di Orazio è l’esemplificazione dei problemi trattati tramite favole. In altre parole, tutti gli avvenimenti narrati sono introdotti, paragonati o spiegati tramite favole. Linee Generali de “Le Satire” Le satire hanno anche un altro elemento importante che esprime uno stato d’animo, una regola di vita. La regola in cui si esprime è est modus rebus che assume il significato di avere misura in tutte le cose; in pratica l’uomo deve avere un metro di misura proprio in ogni comportamento. Abbiamo detto ciò perché nell’opera di Ariosto sono presenti tutte queste caratteristiche: • Anche le sette satire di Ariosto partono da episodi personali e hanno diverse tematiche • Anche in lui gli episodi narrati sono esemplificati dalle favole • Lo stile è discorsivo, apparentemente colloquiale, quindi uno stile della conversazione quotidiana ottenuto con espressioni e termini tratti dal parlato e con uso di metafore che si rifanno alla vita comune ma non mancano però termini più rari o del linguaggio letterario. Il tutto è elaborato in modo tale che lo stile diventa il risultato di un lungo lavoro di limatura. Dalla satira scaturisce il desiderio di Ariosto di condurre una vita serena, tranquilla, modesta, ma indipendente da qualsiasi tipo di servitù. Questo pensiero contrastava con la condizione dell’intellettuale dell’Italia rinascimentale perché vivendo nella corte non poteva essere né completamente libero né completamente rinchiuso. Linee Generali de “Le Satire” Da ciò nasce la posizione di critica nei confronti della corte che scaturisce da tutte le satire di Ariosto. Le satire di Ariosto hanno struttura dialogica perché il poeta dialoga, al loro interno, sia con se stesso sia con i destinatari delle satire che sono suoi parenti o amici. A volte può capitare che l’interlocutore sia immaginario; questa caratteristica insieme al racconto mitologico è usata nell’Orlando furioso che è la sua opera più grande. Tematiche delle varie satire di Ariosto: • La condizione dell’intellettuale cortigiano • L’ambizione di riuscire a rendersi indipendente e condurre così una vita tranquilla dedicata agli studi e alla famiglia • Tutti i compiti di natura pratica che gli venivano imposti dal principe che gli impedivano di dedicarsi agli studi • La follia degli uomini (che sarà poi al centro dell’Orlando furioso) che riguardava il rincorrere da parte dell’uomo la fama, il successo, la gloria e l’avidità di potere Rispetto a questa follia l’Ariosto è ironico e polemico e sottolinea che nella vita di corte, tutti questi valori fittizi si sostituiscono ai veri valori e impediscono di raggiungere la serenità interiore. Le altre opere minori Le liriche sono in latino ("Carmina") e in italiano ("Rime") e non hanno altro valore che di indicare quale fu il tirocinio artistico del Poeta. Quelle in volgare risentono anch'esse dell'influenza del Petrarca (nell'ambito della dottrina bembesca), ma i motivi assorbiti sono originalmente trasformati. Le commedie sono un tentativo di dare all'Italia una commedia originale, naturalmente sull'esempio dei classici (Plauto e Terenzio). Sono cinque: "La cassaria"(composta dapprima in prosa e rappresentata a Ferrara il 5 marzo 1508, rielaborata e riscritta poi in endecasillabi sdruccioli e così rappresentata il 19 febbraio 1531 a Ferrara. È la prima commedia regolare del teatro italiano. Benché il titolo e la trama ricalchino quelli di alcune commedie di Plauto e Terenzio, La Cassaria, che ha come principale motore dell’azione il servo Volpino, è invenzione originale dell’Ariosto). "I suppositi" (composta dapprima in prosa e rappresentata a Ferrara il 6 febbraio 1509 e a Roma, davanti a Leone X, il 6 marzo 1519; riscritta poi in endecasillabi sdruccioli fra il 1529 e il 1531. Centro dell’azione, e motivo di tante complicazioni, è lo scambio delle parti fra il padroncino Erostrato e il servo Dulippo allo scopo di conquistare la bella Polinesta. L’espediente dello scambio di persona è desunto dai Captivi di Plauto). Linee Generali “L’Orlando Furioso” E' un poema cavalleresco, in quanto la materia narrativa è tratta dalla tradizione epico-cavalleresca (romanzo cortese, cantàri, chanson de geste...: tradizione questa ripresa dal Boiardo con l'Orlando innamorato). Le fonti del poema vanno ricercate anche nei poemi classici (Iliade, Eneide, ecc.: ad es. la pazzia d'Orlando ricorda l'ira di Achille). I tre contenuti fondamentali sono: epico (lotta tra cristiani e musulmani), erotico (la passione d'Orlando per Angelica) ed encomiastico (Ariosto fa discendere la casa d'Este dall'amore di Bradamante e Ruggero). L'Ariosto riprende il poema del Boiardo laddove questi l'aveva lasciato, quando Carlo Magno, preoccupato delle rivalità che Angelica accende tra i cavalieri cristiani, sottraendoli così alla difesa di Parigi assediata dai musulmani, la affida al duca Namo di Baviera, perché la custodisca, promettendola a chi (fra Orlando e Rinaldo) si fosse distinto di più nella battaglia imminente. Ma Angelica, approfittando della confusione che segue alla sconfitta dei cristiani, fugge, sicché i cavalieri ricominciano a cercarla, imbattendosi in varie avventure. Nell'Orlando Furioso le avventure sono più complicate ed è difficile riassumerle. I filoni narrativi principali sono tre: 1) la battaglia intorno a Parigi, che poi si sposta in Africa e si conclude con la vittoria dei cristiani (l'eroe è Orlando); 2) la storia di Angelica, che fuggita dal duca Namo, viene inseguita dai cavalieri cristiani e saraceni, invaghiti di lei. Angelica però sceglierà di sposare un giovane soldato saraceno (Medoro) ferito in battaglia e da lei curato. Linee Generali “L’Orlando Furioso” Orlando, accortosi del fatto, impazzisce dal dolore e distrugge, percorrendo Francia e Spagna, tutto ciò che gli si para davanti; finché il cavaliere cristiano Astolfo, salito con l'Ippogrifo (cavallo alato) sulla Luna -dove erano raccolte tutte le cose che gli uomini avevano perso sulla Terra-, vi prende il senno di Orlando racchiuso in un'ampolla che farà poi annusare ad Orlando, restituendogli la ragione. Così Orlando può tornare a combattere contro i saraceni determinando la loro definitiva sconfitta. 3) La storia di Orlando viene spesso interrotta dal poeta con l'inserimento del terzo filone narrativo: l'amore di Bradamante, sorella del cavaliere cristiano Rinaldo, per l'eroe saraceno Ruggero. Bradamante, dopo una serie di fantastiche avventure, riesce a sposare Ruggero, che intanto si era fatto cristiano. Il poema infatti si chiude con la vittoria in duello di Ruggero contro il saraceno Rodomonte. Da questa coppia sia il Boiardo che l'Ariosto fanno discendere gli Estensi. Stilisticamente è raffinato, cioè senza dialettismi ma anche senza enfasi drammatica, senza ricerca del sublime. La varietà delle vicende è notevole. Gli eventi sono intrecciati in maniera magistrale: nessun personaggio viene sacrificato a vantaggio di altri, nessuna situazione resta incompiuta. Le vicende danno l'impressione di poter continuare all'infinito. Si alternano continuamente, per evitare che un tema narrativo prenda il sopravvento, il tono drammatico con l'idillico e il comico, l'amoroso con l'avventuroso, il realistico col fantastico, le scene di forza con quelle di tenerezza. Non esiste un luogo fisso: l'azione è sempre dinamica e mutevole. Linee Generali “L’Orlando Furioso” Vi è un quadro estremamente vario della psicologia umana: passioni e sentimenti si avvicendano di continuo, senza che mai uno prevalga sull'altro (amore, eroismo guerriero, gusto dell'avventura si armonizzando perfettamente). Tuttavia, nessun personaggio presenta un complesso sviluppo psicologico individuale, cioè un contrasto interiore di bene e male (ad es. Bradamante impersona la fedeltà e solo questa), benché l'Ariosto eviti con cura la figura dell'eroe invincibile, sovrumano. La stessa donna non è più un angelo o un demone (come nel Medioevo), ma un essere umano. Tuttavia i personaggi restano individualistici, generalmente incuranti dell'interesse generale. Non esiste un riferimento ideale particolare: l'Ariosto esclude dalle vicende terrene ogni intervento provvidenziale o divino. La religione non è mai vista come fonte di dissidio interiore né come guida dell'agire umano. Essa è piuttosto una condizione che influisce esteriormente su alcune situazioni (ad es. Ruggero deve convertirsi al cristianesimo per sposare Bradamante). I personaggi si muovono sulla base dei loro istintivi impulsi vitali. I caratteri sono naturali, a volte volubili (ad es. Angelica da fredda e altera diventa dolce con Medoro; l'eroe forte e avveduto Orlando diventa pazzo d'amore). Linee Generali “L’Orlando Furioso” Vi sono anche alcuni temi pessimistici: l'amore non apprezzato e non corrisposto, i desideri perseguiti con affannosa tensione e mai appagati, l'inutile correre degli uomini dietro le proprie illusioni (vedi ad es. il castello di Atlante, ove viene rinchiuso Ruggero per impedirgli di sposare Bradamante. Qui i cavalieri vengono attratti dalla falsa immagine -suscitata dal mago- di un bene a lungo cercato, come ad es. una persona amata, ma una volta entrati nel castello l'immagine subito scompare, per ricomparire appena essi ne escono). La pazzia, la vanità, le illusioni dimorano stabilmente sulla Terra, mentre la ragione è sulla Luna. Infine il prevalere della "fortuna" (caso) sulla capacità dell'uomo di dominare il proprio destino. L'Ariosto guarda con ironia, cioè con distaccata superiorità le assurde vicende degli uomini, vittime delle loro illusioni e delle loro passioni: però è un'ironia comprensiva non sprezzante. Vi sono anche elementi di critica politica: contro il malgoverno e la follia dei principi italiani che, lottando tra di loro, facevano entrare gli stranieri in patria: cosa peraltro che impediva di combattere i turchi, che allora erano molto potenti. Le altre opere minori "Il negromante" (in endecasillabi sdruccioli, iniziata nel 1509 e condotta a termine nel 1520, a istanza di Leone X, il quale però non la fece rappresentare. In forma rielaborata, essa fu messa in scena a Ferrara nel carnevale del 1528. Mentre alcuni elementi della trama derivano dalla tradizione classica, altri sono moderni. Tutta moderna è la figura del Negromante, che presenta analogie con un personaggio della Calandria del Bibbiena). "La Lena" (in endecasillabi sdruccioli, rappresentata per la prima volta a Ferrara, nel carnevale del 1528, replicata l’anno seguente, con l’aggiunta di due scene e un nuovo prologo. Frutto della maturità del poeta, è commedia mossa e vivace, nella quale hanno spicco i personaggi di Lena ruffiana e del servo Corbolo. Mentre alcuni motivi derivano, secondo la consuetudine, dalla tradizione latina, altri sono derivati dalla novellistica volgare, e ad essa (Boccaccio, Decameron, VII, 2) risale anche l’espediente della botte in cui il giovane Flavio, amante di Licinia, si nasconde per non essere colto dal padre di lei). "Gli studenti" (quest'ultima, rimasta incompiuta, fu condotta a termine dal fratello Gabriele che la pubblicò col titolo di "Scolastica" ). Le prime due commedie seguono negli ambienti e nei personaggi il modello latino, mentre le altre mettono in scena situazioni e personaggi tipici dell'età contemporanea. Galleria Immagini de “L’Orlando Furioso” Galleria Immagini de “L’Orlando Furioso” Galleria Immagini de “L’Orlando Furioso” Galleria Canto ottavo Angelica Galleria Canto 10 Canto 5 Canto 18 Canto 14