Difficoltà e risorse della situazione a tre • Necessità di diversi mesi di “rodaggio” • Le difficoltà emerse sono diventate obiettivo, strumento indicatore del lavoro "Questo paziente è mio, quello è tuo" • “Roccia basilare” dell’iniziativa • Il cui superamento totale rimane più che altro un ideale di riferimento • E’ una frase che echeggia spesso negli studi In un caso un po' estremo, ma illustrativo (verificatosi nei primi giorni della collaborazione) il medico, che era uscito un attimo dalla stanza di consultazione per un'incombenza, vide un paziente che riteneva "da psicologo" nella sala d'aspetto, lo accompagnò fin sulla porta della stanza, e dopo aver detto appunto "questo è tuo"....... se ne andò a prendere un caffé in attesa che lo psicologo facesse il "suo" lavoro..... Varie forme: • “Questo è un paziente che ti interesserà senz’altro” • “Questo è per te” • “Questo è un paziente che ha problemi” • La scomparsa o almeno diminuzione (non forzata) della frase è un ottimo indicatore di riuscita dell’esperienza Rispetto agli incontri separati • “Ti ho preso un appuntamento con la Sig.ra X” Auspicabilmente diventa: • “Ho detto alla Sig.ra X di venire mercoledì mattina perché così ci sei anche tu.” Dal versante dello psicologo: La riluttanza a considerare degni di attenzione gli aspetti più propriamente organici delle problematiche portate dagli utenti del servizio Possibili obiezioni: • Lo psicologo non ha alcuna competenza sugli aspetti organici • Deve limitarsi agli aspetti psicologici, al “mondo interno” Possibili risposte: • Pensiamo lo stesso rispetto ai medici, cioè che non debbano occuparsi degli aspetti psicosociali dei loro pazienti? • Se invece se ne debbono occupare, pensiamo che i medici siano già competenti a farlo? • Pensiamo che il sapere psicologico possa essere condiviso con chiunque, quello medico no? Qual è l’oggetto di interesse dello Psicologo Clinico? • Solo il mondo interno, o la “psicopatologia” • Oppure il rapporto dell’individuo con il suo contesto? • Nel secondo caso, il contesto sono anche le malattie che le persone si trovano ad affrontare, i farmaci che assumono, in cosa consistono le indagini strumentali che vengono proposte Una competenza sulle problematiche di tipo organico, paragonabile a quella che ne hanno in media i pazienti, è necessaria per: • Valutare l’adeguatezza di una reazione emotiva di un paziente; • Valutare il livello di collaborazione alla diagnosi e al trattamento; • Comunicare adeguatamente con il medico La diversità nei modelli di salute e di malattia • Modello medico: Salute come assenza di malattia • Modello psicologico: concetto di Salute basato sull’insieme della vita di una persona, la realizzazione delle sue potenzialità • Il sintomo può costituire un segnale, l’emergere di una consapevolezza rispetto ad una situazione di vita insoddisfacente • La “malattia” è anche assenza di segnali. • Modello medico e modello psicologico non coincidono necessariamente con medici e psicologi. Uno psicologo può adottare un modello medico e un medico (più raramente) un modello psicologico. • Il caso di Roberta (alessitimia), in cui è difficile alla psicoanalista cogliere immediatamente il disagio insito nel non sapere quali vestiti mettersi. • Il caso di Federico, in cui quello che è “il figlio che tutti dovremmo avere” per il medico, è per la psicologa un potenziale psicotico. In due dietro la scrivania • Nessun problema con i pazienti, che in genere fanno commenti positivi. Si conferma: quanto è facile parlare con lo psicologo che c’è. • In tutta l’esperienza (14.000 pazienti incontrati) solo una ventina hanno chiesto di essere ricevuti dal solo medico • la semplice presenza dello psicologo incoraggia i pazienti a narrare la storia dei loro disturbi, anche se di lunga data, in un modo diverso: è entrato un terzo • Il medico rinarra, anche a se stesso, la storia • I pazienti, si sentono più autorizzati a sedersi a parlare di cose che in precedenza non pensavano potessero trovare uno spazio nello studio di un medico. Marco • E' il mio primo giorno di presenza in ambulatorio. Entra Marco, un uomo giovane, di circa 40 anni. Appena mi vede, appreso che sono psicologa, dice "ce n'era bisogno!". Si lamenta dei ragazzi a scuola (immagino che sia un insegnante). E' venuto per il figlio, per il quale richiede un controllo oculistico. • Si alza come per andarsene, ma poi si ferma, e dice di essere preoccupato perché il figlio sta ingrassando. Pensando che gli potesse far bene un po’ di sport lo ha iscritto ad una scuola di rugby. Il medico gli dice che non è quella l’attività che dovrebbe fare, ma una attività motoria ludica, mentre oggi esistono solo attività agonistiche. Marco continua per un po' a parlare con il medico di questo problema; quando infine esce dice: mi sono fermato un po’ di più a parlare oggi, perché c’era la dottoressa. • Appena uscito il paziente il medico commenta: “questo è un uomo che ha problemi!” Aggiunge poi alcune notizie: è uno che “somatizza”, sempre preoccupato per le malattie. Chiede spesso di fare analisi, accusa palpitazioni, ha le mani che sudano. E' sempre angosciato, preoccupato, eccessivo; gesticola in modo agitato, come se le parole non bastassero. Il figlio ha 8 anni, Marco chiede continuamente esami clinici anche per lui. Anche il padre di Marco era così! Certo, non è genetico, ma si trasmette uno schema. • Chiedo notizie sulla moglie. E' impiegata, una persona tranquilla, mi dice, una bella donna. Viene dal sud e vive un po’ da succube. Il medico crede sia un matrimonio felice, ma non sa di più. Spesso non chiede, mi dice, per discrezione. – Continuando a ripensare, il medico ritrova nella memoria altre notizie: "E' una famiglia tutta d’un pezzo, non hanno diversivi e poco entusiasmo. Vivono con la famiglia di lui, che è figlio unico ed ha, a sua volta, un figlio unico. Sono un po' tutti così, dai nonni al nipote, poco vitali". Apprendo infine che il paziente è impiegato come bidello in una scuola e non è insegnante come avevo immaginato. • Sia il paziente che il medico si sentono autorizzati a parlare di “cose non mediche”, e innanzitutto a pensarci; • Il medico riesce a dare una perfetta descrizione psicologico-clinica della famiglia, riconoscendo di non essersi forse interessato abbastanza “per discrezione” • Superato un primo imbarazzo, arriva anche a dare piena cittadinanza nella propria mente e nel proprio studio a pensieri controcorrente su una trasmissione transgenerazionale non genetica • In pochi minuti (basati su anni di conoscenza precedente da parte del medico) si è costruita una storia psicologico-clinica L’evoluzione della coppia • Giunti al terzo anno di collaborazione la presenza dello psicologo è diventata parte del sistema, lo psicologo ha iniziato a sentirsi “psicologo di base” di quella piccola comunità, divenendo insieme al medico punto di riferimento e figura che coordina gli interventi specialistici o di secondo livello • La scelta di effettuare colloqui separati è diventata sempre più “naturale”, come quando il medico propone al paziente di accomodarsi sul lettino per l’esame fisico, cui lo psicologo non partecipa • Il paziente è diventato sempre di più attore nella definizione della propria salute, il medico sempre più un Il punto di arrivo: dalle biciclette al tandem • In diverse esperienze si è sentito come un punto di arrivo aver raggiunto la dimensione di non sentirsi più come due professionisti seduti dietro la stessa scrivania, ma un team multidisciplinare Ruggero (Medico E. Pirrotta - Psicologa V. Ingravalle) Ruggero è un uomo di 72 anni, benzinaio, serio, scrupoloso, attento alla sua salute, gentile educato e pragmatico. Fino alla visita precedente eravamo abituati a vederlo previa richiesta di appuntamento “ad personam” : “devo chiudere prima il mio distributore di benzina e poi, se lei può…; sa la mia pressione, il mio cuore… ma devo lavorare…forse lascerò l’impianto a mio nipote!” Ruggero è iperteso da trenta anni, tutto considerato in buon controllo, ma con una Ipertrofia Ventricolare Sinistra ed un Blocco di Branca Sinistro all’ECG, una creatinina ai limiti ed una dislipidemia familiare trattata da sempre con statine. Si presenta a sorpresa un giovedì mattina all’apertura, fuori appuntamento: è in attesa da un bel po’. Appare stravolto, teso, pallido, sudato, sofferente; chiede scusa ma fa capire che avrebbe piacere di essere comunque visitato presto. Accettiamo la richiesta data l’età e per quella che appare un’urgenza. Ci racconta che la compagnia petrolifera lo ha “messo alla porta” da un giorno all’altro non potendo derogare ulteriormente dalle regole relative all’età. Da allora non dorme, è furioso, “non ha pace” e presenta dispnea per sforzi modesti. Il Medico rileva tachicardia con extrasistoli, effettua un ECG soprattutto sperando che possa avere un effetto tranquillizzante sul paziente - ben conscio delle scarse informazioni ricavabili rispetto ad un’eventuale ischemia - non rileva segni di scompenso. La pressione è di 190/110 mmHg, valori mai registrati in precedenza. Ruggero appare molto ansioso: l’ECG non ha sortito effetto tranquillizzante; la psicologa riceve risposte formali ad alcune domande e non si riesce a fare altro per il momento che richiedere analisi cliniche, dare consigli generici e prenotare una visita programmata per la settimana successiva. La settimana successiva, inaspettatamente, Ruggero arriva accompagnato dalla moglie Eugenia e dalla figlia (sposata): si sente male, l’affanno è peggiorato, è comparso qualche dolorino al petto, il monitoraggio domiciliare della pressione arteriosa è “disastroso”. Le analisi del sangue, però, sono eccellenti. Non sa cosa gli sta capitando, non capisce perché, teme che il pensionamento possa diventare l’anticamera della morte, non ha progetti per il futuro, non ha desideri; la figlia e la moglie chiedono un ricovero. Il medico e la psicologa chiedono a Ruggero di raccontare un po’ come si stia svolgendo la sua vita dopo il pensionamento. Viene fuori il ritratto di un uomo che esce la mattina per comprare il giornale, torna a casa e poi sta sempre seduto in attesa delle 17 quando arrivano i nipotini per fare i compiti con lui. Di uscire ulteriormente non se ne parla perché poi bisogna “cambiare le pattìne”. Ad una richiesta di precisazioni da parte della psicologa, erompe come un fiume in piena. La moglie che gli prepara una colazione spartana, che lo fa uscire 40 minuti per passeggiare perché gli fa bene, ma non deve stancarsi, deve usare le pattine in casa perché lei ha passato la cera, ecc… Un fiume in piena che moglie e figlia cercano a stento di arginare “ Zitto, ma che dici, questo non c’entra niente, bel ringraziamento per come ti curo…..” Il cambio di scena è repentino: ora lui appare sereno, ma loro sono cianotiche e congeste e rivelano che anche loro stanno male, non digeriscono, hanno i bruciori di stomaco. Il medico interviene dicendo che ha bisogno di molto silenzio per ascoltare attentamente il cuore di Ruggero al fine di valutare l’ipotesi di un ricovero e la psicologa coglie l’occasione per invitare nell’altra stanza le due donne “così mi spiegate meglio”. Ruggero esce dopo pochi minuti con un rinforzo della terapia antiipertensiva - la prescrizione di un betabloccante - e un nuovo appuntamento fra quindici giorni; aspetterà più di un’ora prima di rivedere le sue donne, impegnate con la psicologa. Nella stanza accanto la psicologa ha avuto intanto modo di approfondire la situazione familiare, soprattutto dal versante della moglie Eugenia. Dal colloquio emerge una donna molto fragile, ansiosa, concentrata soprattutto sulla famiglia; in particolare non vuole far preoccupare la figlia e per questo cerca di tenere tutto sotto controllo. Il confronto di madre e figlia con la psicologa, la possibilità di parlare del loro rapporto e del rapporto con il padre, nonché delle loro reciproche preoccupazioni, ha permesso di rompere un circolo vizioso di continui controlli e pressioni - nel doppio senso psicologico e fisico - che stavano in qualche modo opprimendo tutto il sistema. Nel colloquio emerge la necessità di stabilire un nuovo equilibrio dinamico all’interno della famiglia con possibili effetti sulla salute di tutti. . La psicologa propone di leggere le alterazioni della pressione di Ruggero come un segnale di una difficoltà nell’affrontare i cambiamenti che la vita propone (repentino pensionamento, nuova situazione familiare). Un segnale che in qualche modo esprime le difficoltà anche delle altre componenti della famiglia, che peraltro anche loro presentano qualche disturbo somatico La psicologa propone una diversa lettura della situazione: che un marito in casa possa non essere un pensiero in più ma una risorsa: ora Eugenia non è più sola a prendersi cura di tutto ma ha un marito a tempo pieno con cui condividere gioie e dolori; forse si può aprire un nuovo capitolo della loro vita insieme, una seconda luna di miele. Anche la figlia rimane colpita, lentamente si rilassa e comincia a sostenere l’azione della psicologa tranquillizzando la madre sul fatto che lei è in grado di pensare a se stessa e le farebbe piacere vederla più serena e indipendente. Insieme si riflette su cosa significa prendersi cura di sé e dell’altro ed emergono prospettive nuove: non solo ricordare all’altro di prendere una pillola in più o meno, ma fare una passeggiata insieme per il piacere di godersi il panorama, o mangiare una pizza fuori per non stancarsi e recuperare il rapporto che li ha tenuti insieme per tanti anni! L’ipotesi del ricovero viene del tutto accantonata Quindici giorni dopo abbiamo assistito al "miracolo" di una coppia ritrovatasi anche attraverso una migliore differenziazione dalla figlia e dai nipoti. Sono seguiti due anni e mezzo splendidi. I due hanno fatto perfino le vacanze! Ed hanno rispettato tutti i controlli programmati, sempre in due e sempre scegliendo di venire al studio il martedì pomeriggio, quando sapevano di trovarci entrambi. Ben presto è stato possibile eliminare il betabloccante dal trattamento dell’ipertensione. Settembre, due anni dopo: • I due ci vengono a trovare con un regalino acquistato sul luogo delle vacanze. Lei appare felice ma Ruggero è un po’ teso perché non sa spiegarsi “i vuoti di testa ed il cuore che batte lentamente” e poi “non sopporto il caldo che mi ha fatto quasi svenire”. • Mentre la psicologa continua ad intrattenere Eugenia, il medico rileva una bradicardia seria ed effettua, stavolta per la tranquillità propria, un ECG che dà come risultato ritmo sinusale con frequenza 40, Blocco Atrio Ventricolare di I grado, cui è verosimilmente dovuta la frequenza bassa; qualche extrasistole; la P.A. è normalissima, 144/78. Il medico non è tranquillo e propone una valutazione ospedaliera ma, sorpresa! Questa volta la moglie è contraria: “Ruggero sta tanto bene; deve essere stato il caldo terribile di Agosto…”. La psicologa, interpretando la difficoltà del momento relazionale, interviene riscuotendo il credito accumulato nelle occasioni precedenti: “se stavolta il dottore pensa che sia utile…; la volta scorsa non era necessario ed abbiamo potuto lavorare bene; stavolta non potrei avere campo libero perché non ho il mandato del dottore.” Un po’ scettici, i due sono andati in ospedale e….si è scoperta, dopo il ricovero, oltre al blocco atrio-ventricolare, una trombosi carotidea sinistra sostenuta da una placca disomogenea, irregolare ed ulcerata estesa per 2,5 cm ostruente il lume della carotide per l’85%, con indicazione alla chirurgia. • In questo caso, quindi, il ruolo della psicologa non è stato quello di valorizzare gli aspetti psicosociali ma di contrastare la negazione di un problema organico. • Non siamo quindi di fronte ad uno psicologo esclusivamente centrato sul disagio relazionale, poco disposto a prendere in considerazione la patologia organica, contro un medico che al contrario non riesce a vedere il disagio relazionale. • C’è stato un lavoro sinergico, a completamento l’uno dell’altro, un grande gioco di squadra. • Non c’è quindi il rischio che la presenza e gli interventi dello psicologo possano spingere il medico a non effettuare delle indagini di tipo organico in casi in cui sarebbero invece necessarie, attribuendo tutti i sintomi "allo stress". • Al contrario vediamo che la presenza dello psicologo può aiutare a meglio discriminare le diverse situazioni, proprio perché l'origine psicosociale di un disturbo non viene postulata per esclusione, ma dal rilievo effettivo di qualcosa: • nella prima occasione c'erano motivi molto seri per ipotizzare un forte disagio relazionale; nella seconda occasione questi motivi non c'erano affatto, anzi c'era una condizione di armonia coniugale ritrovata: questo forniva un motivo in più per ipotizzare un'origine organica della sintomatologia rilevata. • Lo psicologo ha dato quindi un contributo alla diagnosi della dimensione organica di una patologia, funzione che certo non avevamo ipotizzato a priori. La presenza dello psicologo e il rapporto con gli specialisti • Quando un paziente è in cura dal medico di medicina generale e da diversi specialisti può verificarsi quella che Balint ha chiamato "La collusione dell'anonimato", che si fonda su una mancanza di comunicazione tra i medici • Sul versante del medico di famiglia questa ha a che fare in una certa misura con un senso di inferiorità nei confronti degli specialisti, vissuti come equivalenti dei propri docenti del tempo dell'università • E' evidente come questo senso di inferiorità sia del tutto ingiustificato sul piano reale, trattandosi di ruoli diversi, complementari • Chi si rivolge direttamente allo specialista non si rende conto di quanto la visione di questi sia necessariamente parcellare, limitata all'organo o sistema di organi di cui si occupa, e quanto sia invece necessaria una visione di insieme del paziente (anche semplicemente sul piano organico), quale può avere soltanto il medico di medicina generale. • Anche nella nostra esperienza abbiamo notato in diverse occasioni una difficoltà dei medici di medicina generale al confronto con i medici specialisti. • Spesso di fronte a prescrizioni da effettuare per conto di specialisti, il medico non condivideva la diagnosi effettuata o la terapia prescritta ma si limitava a “borbottare” o anche a esprimere apertamente il suo dissenso di fronte al paziente, per poi finire comunque per effettuare la prescrizione. • In più occasioni, abbiamo potuto osservare come il paziente fosse disorientato e in balìa di pareri contrastanti. • Perché è così difficile per il medico mettersi in contatto con lo specialista ed eventualmente confrontarsi su pareri diversi? • La nostra impressione è stata che la difficoltà dei medici di medicina generale ad alzare il telefono si basasse proprio sul timore di non essere abbastanza preparati per comunicare con un collega specialista, pur essendolo a sufficienza per discutere con il paziente. Anche rispetto a questo problema la presenza dello psicologo ha costituito una risorsa: • In diverse occasioni è stato possibile prendere in considerazione con il medico questa difficoltà, e proporre e sostenere delle telefonate o altre forme di chiarimento con gli specialisti. • Inoltre, proprio nel confronto con la professionalità diversa dello psicologo, il medico ha avuto occasione di sperimentarsi nel discutere un caso da punti di vista diversi. • Nel tempo, la disponibilità e la capacità al confronto con gli specialisti hanno mostrato in diversi casi notevoli miglioramenti, in alcuni casi animando anche accese discussioni. • Amelia aveva fatto una MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata) per problemi di osteoporosi. L’ortopedico al quale si era rivolta con i risultati della MOC, aveva prescritto una terapia farmacologica per fronteggiare quella che aveva considerato come un’osteoporosi conclamata. • Amelia si è poi presentata dal medico per farsi prescrivere i farmaci indicati dall’ortopedico, portando con sé anche il referto della MOC. Il medico, dubbioso rispetto alle indicazioni dell’ortopedico, poiché i valori quantitativi apparivano nei limiti e non deponevano obiettivamente per un’osteoporosi conclamata, ma per una fase iniziale della malattia, si è mostrato contrario a prescrivere la terapia farmacologica, esponendo alla paziente gli effetti collaterali che tale terapia poteva comportare. • Di fronte al disorientamento della paziente, ha contattato l’ortopedico per comprendere le motivazioni di quella prescrizione. La telefonata si è trasformata in un’interessante discussione tra due linee di pensiero diverso, e ha comunque portato alla conclusione di temporeggiare sull’inizio della terapia.