PATHOLOGICA 2008;100:43-45 Le banche dei tessuti: un’opportunità per gli anatomo-patologi O. NAPPI, L. RUCO* U.O.C. di Anatomia Patologica, Ospedale “Cardarelli”, Napoli; * U.O.C. di Anatomia Patologica, Ospedale “Sant’Andrea”, Università di Roma “La Sapienza” Parole chiave Banche tissutali • Biobanking • Conservazione tessuti biologici • Criopreservazione tissutale Dopo il Congresso Nazionale di Chieti del 2005, nell’ambito del quale era stata programmata una specifica sessione sul tema, il Consiglio Direttivo della Società Italiana di Anatomia Patologica e Citopatologia, Divisione Italiana dell’International Academy of Pathology (SIAPEC-IAP) decise di istituire un Gruppo di lavoro sulle Banche tissutali. Tale necessità scaturiva dalla confusione che si stava creando attorno a questa problematica e si poneva l’obiettivo di evidenziare la centralità della figura dell’anatomo-patologo in qualsiasi assetto organizzativo di biobanking e la prospettiva di produrre documenti relativi all’organizzazione e alla gestione di una Biobanca di tessuti. Il Gruppo di lavoro si è riunito varie volte e, tra le diverse iniziative intraprese, ha ritenuto di produrre un numero monografico di Pathologica sul tema, per fornire agli anatomo-patologi italiani uno strumento organico di consultazione e supporto sul complesso e controverso argomento. Il presente fascicolo è il frutto di attente riflessioni, discussioni e confronti tra i Patologi che hanno scritto i vari articoli; ci auguriamo che possa rappresentare un utile strumento per chiunque si appresti a istituire una biobanca di tessuti, a migliorarne la gestione se già vi lavora o voglia semplicemente approfondire singoli aspetti correlati. Per biobanca di tessuti si intende la conservazione di cellule, tessuti ed organi, sani o patologici, per fini di ricerca. Il materiale custodito è eccedente rispetto a quello necessario per la diagnosi; ciò implica che il suo eventuale esaurimento non causa alcun danno per il paziente; il paziente deve comunque dare un assenso esplicito alla conservazione del materiale dopo essere stato correttamente ed esaustivamente informato sulle finalità del prelievo. Come sottolineato da Bevilacqua e Inghirami 1 esistono numerosi elementi di continuità e di sovrapposizione tra le biobanche, le collezioni di tessuti, e gli archivi diagnostici. Le collezioni di tessuti sono presenti in molte Unità di Anatomia Patologica in cui si svolge attività di ricerca; si possono considerare delle biobanche ante litteram in quanto rappresentano delle raccolte di frammenti di tessuto congelato finalizzate alla attività di ricerca svolta all’interno della stessa Unità. In passato non si richiedeva alcun consenso esplicito al paziente, in quanto il materiale congelato era eccedente, ed in quanto i risultati delle ricerche erano sempre pubblicati in forma anonima; più recentemente, in alcune istituzioni si richiede un consenso informato del paziente e/o si sottopone il progetto di ricerca alla valutazione del Comitato Etico. Una ulteriore complicazione deriva dal fatto che le nuove tecnologie richiedono la disponibilità di tessuto congelato per poter effettuare analisi molecolari aggiuntive, rilevanti ai fini diagnostici, prognostici e/o terapeutici su tessuto già utilizzato. Questa nuova necessità crea una duplicità di funzioni delle collezioni di tessuti, in quanto il materiale in esse custodito può essere utilizzato sia per fini di ricerca che per fini diagnostici. Gli archivi diagnostici sono costituiti dalle collezioni di inclusioni in paraffina del materiale prelevato ai fini diagnostici. Per la conservazione di questo materiale non è necessario alcun consenso esplicito da parte del paziente in quanto è parte della procedura diagnostico-terapeutica a cui ha acconsentito di sottoporsi. Nella pratica diagnostica accade spesso che vengano effettuati più prelievi della stessa lesione creando un eccesso di blocchetti disponibili; ciò ha reso e rende disponibile materiale incluso in paraffina utilizzabile a fini di ricerca. Tuttavia, questa pratica diffusissima in tutto il mondo dovrebbe essere in futuro abbandonata perché non esplicitamente autorizzata dal paziente e, in alcuni casi, potrebbe essere motivo di danno per lo stesso, nel caso, per esempio, di Corrispondenza prof. Luigi Ruco, U.O.C. di Anatomia Patologica, Ospedale Sant’Andrea- II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “ La Sapienza”, via di Grottarossa 1035, 00189 Roma - E-mail: [email protected] 44 esaurimento del campione disponibile. La disponibilità di materiale per la ricerca potrebbe essere preservata creando delle biobanche di tessuti inclusi in paraffina, per i quali si abbia il consenso del paziente ed in cui si collezioni esclusivamente materiale eccedente. La conservazione di un tessuto in una biobanca, e la sua utilizzazione a fini di ricerca, deve essere esplicitamente autorizzata dal paziente in quanto egli è considerato il legittimo proprietario. Come illustrato nel contributo di Macilotti, Izzo, Pascuzzi e Barbareschi 2 il quadro normativo che attualmente regola la materia manca di un intervento legislativo che affronti in profondità i nodi giuridici della proprietà dei tessuti umani una volta distaccati dal corpo, e delle modalità della loro conservazione. Gli Autori sottolineano come ai tessuti umani possa essere riconosciuta una duplice natura: chimico-fisica ed informazionale. Essi propongono che soltanto nei casi in cui i tessuti siano portatori di frammenti di identità relativi al soggetto dal quale provengono si possa giustificare la persistenza di un rapporto di proprietà anche dopo il distacco dal corpo. In altri termini, il rapporto di proprietà potrebbe cessare quando una anonimizzazione completa dei tessuti interrompesse la continuità con il donatore; se questo principio venisse accettato si avrebbe una semplificazione delle procedure necessarie per l’utilizzazione dei tessuti patologici disponibili in eccesso per fini di ricerca. L’assenza di un quadro normativo completo e dettagliato comporta dei rischi. La situazione italiana è simile a quella presente in altri Paesi europei che stanno adeguando la loro legislazione alle nuove esigenze. Lo Human Tissue Act 2004, entrato in vigore in Inghilterra nel 2006, può costituire un modello per elaborare una proposta da parte della SIAPEC-IAP da sottoporre ai nostri organi legislativi 3. Lo Human Tissue Act 2004 sana quanto accaduto prima dell’emanazione della legge, e distingue la conservazione ed utilizzazione di tessuti a fini diagnostici e terapeutici (archivio diagnostico) dalla conservazione ed utilizzazione per fini di ricerca o altri scopi (biobanca). Nel primo caso non è necessaria alcuna autorizzazione specifica da parte del paziente. Nel secondo caso sono necessari: 1) il consenso del paziente che deve aver ricevuto un’informazione adeguata sulla utilità e sulle finalità del suo atto di donazione; 2) il parere positivo di un comitato etico che autorizza il prelievo e la conservazione del tessuto; 3) l’autorizzazione di un organo di controllo, la Human Tissue Authority, che vigila sulla formazione del personale e sull’idoneità delle risorse strumentali della biobanca. Lo Human Tissue Act prevede la utilizzazione a fini di ricerca anche del materiale conservato negli archivi diagnostici purché in forma anonima e per uno specifico progetto approvato da un comitato etico. Il documento inglese opportunamente riconosce, infine, che il materiale di archivio può essere utilizzato anche per O. NAPPI, L. RUCO la formazione degli anatomo-patologi in quanto parte integrante del processo che porta alla diagnosi. Una normativa che regoli le biobanche deve tener conto anche delle sensibilità dell’opinione pubblica. È bene ricordare che la legge inglese è nata sotto la pressione di una opinione pubblica disorientata dalla scoperta casuale che “i cuoricini” di pazienti pediatrici di cardiochirurgia, deceduti e sottoposti ad autopsia, erano spesso “collezionati nella struttura ospedaliera e non reinseriti nelle salme”. Anche in Italia, dove episodi sostanzialmente simili potrebbero verificarsi o, in modo meno clamoroso, si sono già verificati, appare opportuna, pertanto, una nuova normativa che prevenga possibili incomprensioni con l’opinione pubblica, che tuteli i diritti e le sensibilità dei singoli, e che definisca con chiarezza quali siano le responsabilità dell’anatomo-patologo in materia di conservazione ed utilizzazione dei tessuti umani. L’argomento è affrontato nel contributo di Stanta, Cescato e Barbazza 4, i quali sottolineano come una ingiustificata apprensione sociale nei confronti della conservazione dei tessuti e della ricerca molecolare possa causare rallentamenti nel processo di conoscenza e quindi possa essere di danno alla salute collettiva. Allo stato, le biobanche sono collezioni di tessuti freschi criopreservati. Il tessuto fresco ha il vantaggio di non aver subito le alterazioni causate dai processi di fissazione e di inclusione in paraffina, e quindi di conservare l’integrità delle macromolecole di RNA, DNA, e proteine. Tuttavia, affinché mantengano la loro integrità è necessario che i tessuti vengano congelati nell’immediatezza del prelievo, e che le condizioni di congelamento e di conservazione siano ottimali. Nel loro contributo Botti, Franco e Carbone 5 illustrano le procedure più comunemente utilizzate e suggeriscono quali siano i controlli di qualità da effettuare per una corretta gestione. I tessuti patologici sono un importante strumento di ricerca. Essi consentono la identificazione di meccanismi patogenetici, aiutano a classificare le malattie, e permettono di identificare profili predittivi dell’aggressività biologica o della capacità di risposta alla terapia. Una delle metodologie di indagine più promettenti è lo studio dei profili di espressione genica effettuata su RNA estratto da tessuto fresco. Inizialmente questa tecnica si è dimostrata poco affidabile e scarsamente riproducibile. Successivamente la FDA americana ha lanciato un Micro-array Quality Control project che ha consentito di dimostrare che la tecnologia dei micro-array è sufficientemente affidabile per poter essere utilizzata per studi clinici. La variabilità osservata tra laboratori diversi è risultata essere del 10-20%, ed è inferiore a quella generalmente osservata per la determinazione immunoistochimica dell’espressione dei recettori per l’estrogeno 6. Dopo più di cinque anni di sperimentazione cominciano ad essere disponibili i risultati di grossi studi multicentrici; questi, tuttavia hanno sinora in parte deluso le aspettative, in origine forse troppo ottimistiche. Nel carcinoma della mammella, ad esempio, il paragone tra i fattori prognostici tradizionali e la firma genica a LE BANCHE DEI TESSUTI: UN’OPPORTUNITÀ PER GLI ANATOMO-PATOLOGI 45 70 geni predittiva della capacità metastatica del tumore, ha dimostrato che quest’ultima ha un valore informativo solo di poco superiore a quello dei fattori prognostici tradizionali. Tuttavia, questa appare una strada da continuare a perseguire con casistiche più ampie e su diversi tipi di neoplasia. Studi simili si stanno già effettuando in altri tipi di tumore ed iniziano a comparire sul mercato kit commerciali per la valutazione di gruppi di geni la cui espressione sembra essere rilevante ai fini della definizione prognostico-terapeutica della malattia. Un nuovo orizzonte professionale si sta comunque aprendo per l’anatomo-patologo che sarà chiamato ad integrare la diagnosi tradizionale con le ulteriori informazioni ottenute dalle analisi molecolari. Starà a noi decidere se vorremo vivere da protagonisti questa ulteriore fase evolutiva della nostra disciplina, o se intendiamo rinunciarvi demandando ad altri valutazioni che possono essere effettuate nei nostri laboratori. Per allestire una biobanca sono necessarie competenze professionali e risorse strumentali adeguate. Nel contributo di Barbareschi Cotrupi e Guarrera 7 è illustrata una analisi dei costi effettuata nell’ambito di uno studio di fattibilità per una biobanca in Trentino. Nel contributo di Galvagni, Cotrupi e Barbareschi 8 si affrontano gli aspetti informatici connessi con la raccolta dei dati e con la loro protezione. I risultati di queste analisi indicano che l’allestimento di una biobanca costituisce un investimento di risorse umane e materiali di un certo rilievo. Ciò implica che debba esserci una razionalizzazione nella nascita e nella distribuzione territoriale delle biobanche così come suggerito da Bevilacqua ed Inghirami. Inoltre è aperta la discussione su chi debba sopportarne i costi. L’esperienza internazionale indica come ci possa essere una utile interazione pubblico-privato, con un alleggerimento degli oneri per la collettività, ma anche con tutte le tutele ed i vincoli che un settore così delicato comporta. È evidente che i tessuti umani sono non-commerciabili. Questo principio deve potersi coniugare con la liceità di ottenere compensi dalla cessione di tessuti a titolo di rimborso-spese per la gestione delle biobanche. Altro aspetto che merita atten- zione è la modalità di distribuzione di eventuali profitti derivanti dall’utilizzo di materiali biologici e l’eventuale diritto del donatore ad una compartecipazione. Esiste già una vasta esperienza internazionale che è stata ben sintetizzata dal contributo di Parodi e Truini 9 in cui si ricorda che già dal 2001 un primo documento OCSE ha definito la natura e le finalità dei Centri di Risorse Biologiche, che nel 2006 sono state prodotte delle Linee Guida per l’organizzazione generale delle biobanche, e che il settimo programma quadro europeo prevede la nascita di una infrastruttura europea che connetta tra loro le numerose biobanche già esistenti nei diversi Paesi. Strettamente connessa al punto precedente è la governance delle biobanche, cioè le decisioni concernenti l’utilizzazione dei tessuti in esse conservati. Bevilacqua ed Inghirami suggeriscono la formazione di Comitati di Gestione, costituiti da rappresentanti degli enti consorziati, il cui compito sarebbe quello di selezionare i progetti di ricerca di maggior rilevanza scientifica ed utilità sociale. Macilotti, Izzo, Pascuzzi e Barbareschi sottolineano come tra donatore del tessuto e biobanca si stabilisca da un punto di vista giuridico un rapporto di tipo fiduciario e suggeriscono che la collettività debba poter partecipare in forma rappresentata al controllo della eticità della gestione. La definizione della composizione dei comitati di gestione ed i principi a cui dovranno ispirarsi nella loro azione potrà venire soltanto da una nuova normativa che regoli la materia. È auspicabile che da parte del Parlamento o del Governo si proceda quanto prima ad approvare una nuova normativa che riveda, definisca e regoli la materia della conservazione dei tessuti includendo in essa le biobanche, le collezioni e gli archivi diagnostici; ciò è nell’interesse dei pazienti, della collettività, e di tutti gli operatori sanitari coinvolti a vario titolo nella gestione dei tessuti. Infine, anche la SIAPEC-IAP, attraverso il Consiglio Direttivo, dovrebbe identificare come uno degli obiettivi prioritari della propria azione la formulazione di una proposta di normativa da sottoporre alla valutazione del legislatore. Bibliografia 5 1 2 3 4 Bevilacqua G, Inghirami G. Collezioni, banche ed archivi diagnostici dei tessuti. Pathologica 2008;100:49-51. Macilotti M, Izzo U, Pascuzzi G, Barbareschi M. La disciplina giuridica delle biobanche. Pathologica 2008;100:86-101. Underwood JCE. The impact on histopathology practice of new human tissue legislation in the UK. Histopathology 2006;49:221-8. Stanta G, Cescato A, Barbazza R. La ricerca medica nei tessuti umani e la bioetica: il punto di vista del ricercatore. Pathologica 2008;100:67-71. 6 7 8 9 Botti G, Franco R, Carbone A. Modalità di conservazione dei campioni: congelamento, fissazione e controlli di qualità. Pathologica 2008;100:76-80. Sotiriou C, Piccart MJ. Taking gene-expression profiling to the clinic: when will molecular signatures become relevant to patient care? Nature Cancer Rev 2007;7:545-53. Barbareschi M, Cotrupi S, Guarrera GM. Analisi dei costi. Pathologica 2008;100:139-143. Galvagni M, Cotrupi S, Barbareschi M. Biobanche: aspetti informatici. Pathologica 2008;100:116-127. Parodi B, Truini M. Biobanche: stato dell’arte internazionale e nazionale. Pathologica 2008;100:55-60. PATHOLOGICA 2008;100:46-48 Tissue banks: an opportunity for pathologists O. NAPPI, L. RUCO* U.O.C. di Anatomia Patologica, Ospedale “Cardarelli”, Napoli; * U.O.C. di Anatomia Patologica, Ospedale “Sant’Andrea”, Università di Roma “La Sapienza” Key words Banche tissutali • Biobanking • Conservazione tessuti biologici • Criopreservazione tissutale After the Italian national congress of Pathology in Chieti in 2005, during which a specific session was dedicated to tissue banking, the Executive Committee of the Società Italiana di Anatomia Patologica e Citopatologia, Italian division of the International Academy of Pathology (SIAPEC-IAP), decided to institute a working group on tissue banking. This working group had a dual goal: to limit the ongoing confusion and to create a centralised figure for the pathologist in biobanking while creating standardised protocols for the organisation and management of biobanks. During subsequent meetings held by the working group, it was decided to produce a special issue of Pathologica on biobanking to provide Italian pathologists with a tangible tool that could be used for consultation, providing support for such a complex and controversial subject. The present issue is the result of ample reflection, discussion and debate among the pathologists that contributed to this edition; it is sincerely hoped that it is the useful, practical tool it was intended to be, and can be used for anyone involved in tissue banking by improving management and providing in-depth knowledge of individual aspects. Quite simply, biobanking is the storage of healthy and pathological cells, tissue and organs for research purposes. While the stored material is in excess of that required for diagnosis, it is also implicit that its utilisation will not cause any damage to the patient; the patient must provide explicit consent for the conservation of such material after being fully informed about the reason it is being stored. As stressed by G. Bevilacqua and G. Inghirami 1, there are many elements of continuity and overlap between various biobanks, the collection of tissues and diagnostic archives. The collection of tissues has been commonplace in many Pathology Departments that also carry out research activities. Biobanks can thus be considered ante litteram as they represent the collection of frozen tissue fragments for research purposes carried out in the same department that collected them. In the past, informed consent was not required for the collection of biological materials, and the material that was not needed for diagnosis was simply frozen; the results of research were always published in an anonymous fashion. More recently, many departments now require informed consent and/or study approval by an Ethics Committee. An additional complication derives from the fact that new technologies necessitate the availability of frozen tissue in order to carry out molecular analyses now needed for routine diagnostic, prognostic and/or therapeutic assays. These new needs have created a dual utility for the collection of tissues as the material can be used for both research and diagnostic purposes. Diagnostic archives are a collection of tissue samples embedded in paraffin for diagnostic purposes. For the storage of this material, informed consent is not required since the procedure is part of routine diagnostic protocols. In routine diagnosis, multiple samples are collected from the same lesion, creating an excess of paraffin blocks; the result is that paraffin-embedded material can also be utilised for research purposes. However, the widespread use of this material should be discontinued if the use of the material has not been explicitly authorised by the patient, and in some cases could even result in injury to the patient, if for example, tissue samples are no longer available. The availability of biological materials for research should be sustained by creating separate biobanks of paraffin-embedded tissue blocks, whose use has been authorised by the patient: such biobanks should be composed entirely of tissue in excess of that required for routine diagnostic purposes. Indeed, the storage of tissue in biobanks, and its utilisation for research purposes, must be explicitly authorised Correspondence prof. Luigi Ruco, U.O.C. di Anatomia Patologica, Ospedale Sant’Andrea- II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Roma “ La Sapienza”, via di Grottarossa 1035, 00189 Roma, Italy - E-mail: [email protected] TISSUE BANKS: AN OPPORTUNITY FOR PATHOLOGISTS by the patient since they are the rightful owners of that material. As detailed in the paper by M. Macilotti, U. Izzo, G. Pascuzzi and M. Barbareschi 2, among the normatives that currently dictate the use of biological materials there is no legislation that covers the legal aspects of ownership of tissues once they are removed from the patient, nor are there any guidelines as to the storage of such materials. These authors underline how a dual role can be attributed to human tissues: chemical-physical and informational. They propose that only cases in which tissues identify the patient justify the continuation of a relationship after their removal from the donor. In other words, the donor-tissue relationship would cease when complete anonymity is established; if such a rule were applied then this would greatly simplify the procedures needed for utilisation of pathological tissues collected in excess of that needed for diagnosis. The absence of a detailed and established normatives for tissue banking also carries risk. In Italy, the situation is similar to that of other European countries which are adapting their legislation as a result of new requirements. The Human Tissue Act of 2004, which was approved in the UK in 2006, can constitute a model that the SIAPEC-IAP can propose to the Italian parliament 3. The Human Tissue Act of 2004 provides the possibility to distinguish between the conservation and utilisation of tissues for diagnostic/therapeutic purposes (diagnostic archives), and the storage of tissue for research or other purposes (biobanks). In the case of the former, no specific authorisation by the patient is needed. However, informed consent is needed in the latter case, and in particular: i) the patient’s consent must include adequate information regarding the utility and purpose of the donation; ii) approval by an ethics committee that has authorised the collection and storage of the material; and iii) authorisation by the Human Tissue Authority, which oversees the formation of personnel and approves the resources needed for the biobank. The Human Tissue Act foresees that biological material stored in diagnostic archives can be used for research purposes as long as it is utilised in an anonymous fashion, and for a specific project approved by the ethics committee. The UK document also mentions that material archived for diagnostic purposes can be utilised for the training of pathologists, since this is an integral part of the process needed for routine diagnosis. Rules that govern biobanks must also take public opinion into account. It is worthwhile remembering that the UK law was formulated due to public pressure following the discovery that the hearts of paediatric patients that had died following cardiac surgery, and subjected to autopsy, were often stored in the hospital, and not reinserted in the cadaver. Even in Italy, where similar episodes might occur, or have already happened, it is therefore worthwhile formulating a new normative that takes into account possible misunderstandings with public opinion. In defending the rights of individuals, it should be clearly stated what the responsibilities of the pathologist are in terms of storage and utilisation of hu- 47 man tissues. This subject has been examined in depth by G. Stanta, A. Cescato and R. Barbazza 4, who stress how unjustified social apprehension regarding storage of tissues and their molecular analysis can lead to substantial delays in research. Such alarmism can severely damage collective health. At present, biobanks are collections of fresh tissues that have been cryopreserved. Compared to paraffin-embedded tissue, fresh tissue has the advantage that it has not been subjected to processes that alter the integrity of macromolecules (DNA, RNA, protein) such as fixation. Nonetheless, in order for tissues to maintain their integrity, they must be frozen in the immediate vicinity of where they have been removed, and the conditions for freezing must be optimised. G. Botti, R. Franco and A. Carbone 5 have dealt with these aspects in detail, and overview the most commonly used procedures; they also describe assays that can be used for quality control in order to improve biobank management. Pathological tissues are an important research tool and allow for the identification of pathogenetic mechanisms, aid in classification of disease and permit the identification of profiles that are predictive of biological aggressiveness or response to therapy. One of the most promising methods is the study of gene expression profiles carried out on RNA extracted from fresh tissue. In its origins, many doubts arose as to whether or not the technique provided high-quality, reproducible data. However, the FDA-sponsored Microarray Quality Control Project clearly demonstrated that the technology could be used for clinical studies. The variation observed between laboratories was around 10-20%, and less than what is generally observed for immunohistochemistry for oestrogen receptors 6. After more than 5 years of experimentation, the first data from large multicentre studies is now available. Unexpectedly, the expectations were not entirely met, which were perhaps too optimistic in this regard. For example, in breast cancer a genetic signature of 70 genes that could predict metastatic capacity was only slightly superior to traditional prognostic factors. Nonetheless, it appears that molecular techniques will provide more promising results using larger numbers of cases on different tumour types. Similar studies are already being carried out on several types of neoplasms, and commercial kits that evaluate groups of genes whose expression has prognostic or therapeutic value are now available. New avenues are opening for the pathologist, who will be asked upon to integrate traditional diagnostic tools with additional information obtained by molecular analyses. It will be up to us if we want to play the role of protagonists in this latest evolutionary phase, or if we intend to relinquish to others the possibility to perform these novel assays in our own laboratories. Biobanks require a high level of professional competence together with adequate instrumental resources. M. Barabareschi, S. Cotrupi and G.M. Guarrera 7 have carried a cost analysis as part of a feasibility study for a biobank in the Trentino region, while M. Galvagni, O. NAPPI, L. RUCO 48 S. Cotrupi and M. Barbareschi 8 have examined the IT requirements associated with data collection and protection. The results of these analyses demonstrate that a biobank entails considerable investment of human resources and materials, and implies that the entire process should be rationalised at the onset as suggested by Bevilacqua and Inghirami. The exact nature of how biobanks should be funded is still a matter of open discussion. International experience would suggest that interaction between public and private funding sources is useful, and can not only ease cost restrictions for all concerned parties, but can also aid in overcoming obstacles for such a difficult subject. It is evident that human tissues should not be commercialised outright, and this principle should be coupled with the legality of obtaining compensation by offering tissues in exchange for managing a biobank. Another aspect that deserves attention is the mode of distribution of eventual profits derived from the use of biological materials, and the eventual right of individuals to obtain compensation. In this regard, there is already a vast international experience that has been summarised by B. Parodi and M. Truini 9 in which it is noted that in 2001 the first OCSE document defined the nature and finalities of Biological Resource Centres. In 2006, a series of guidelines were produced for the general organisation of biobanks, and the 7th EU Framework Program has foreseen the institution of a European infrastructure which connects the numerous biobanks that already exist in several countries. Strictly connected to the preceding point is the governance of biobanks, or the decisions concerning the utilisation of conserved tissues. Bevilacqua and Inghirami suggest that the a Management Committee should be formed, constituted by the various consortiums involved, which would select research projects that have the highest scientific and social relevance. Macilotti, Izzo, Pascuzzi and Barbareschi stress that a legal relationship be established between the tissue donor and the biobank, and forward the hypothesis that the donors might participate in the ethical control of biobank management. A more precise role of the management committee can come only after new rules have been formulated. It is hoped that the Parliament or government can approve new normatives in a timely manner, defining the major aspects of tissue storage and preservation in biobanks, together with the vast diagnostic collections. This is in the interest of both patients and health operators involved in tissue management, and is certainly in the interest of the common good. Lastly, even the SIAPEC-IAP through its managing committee, must identify, formulate and propose new normatives for tissue banking as a primary objective. References 5 1 6 2 3 4 Bevilacqua G, Inghirami G. Collection, banking and diagnostic archiving of tissues. Pathologica 2008;100:52-54. Macilotti M, Izzo U, Pascuzzi G, Barbareschi M. Legal aspects of biobanks. Pathologica 2008;100:102-115. Underwood JCE. The impact on histopathology practice of new human tissue legislation in the UK. Histopathology 2006;49:221-8. Stanta G, Cescato A, Barbazza R. Bioethical considerations on medical research using human tissues: the researcher’s viewpoint. Pathologica 2008;100:72-75. 7 8 9 Botti G, Franco R, Carbone A. Sample conservation: freezing, fixation and quality control. Pathologica 2008;100:81-85. Sotiriou C, Piccart MJ. Taking gene-expression profiling to the clinic: when will molecular signatures become relevant to patient care? Nature Cancer Rev 2007;7:545-53. Barbareschi M, Cotrupi S, Guarrera GM. Biobanks: instrumentation, personnel and cost analysis. Pathologica 2008;100:144-148. Galvagni M, Cotrupi S, Barbareschi M. Biobanks and information technology. Pathologica 2008;100:128-138. Parodi B, Truini M. Biobanks: state of the art in Italy, Europe and the US. Pathologica 2008;100:61-66. PATHOLOGICA 2008;100:49-51 Collezioni, banche e archivi diagnostici di tessuti G. BEVILACQUA, G. INGHIRAMI* Divisione di Anatomia Patologica e Diagnostica Molecolare ed Ultrastrutturale, Università di Pisa ed Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana; * Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana, Anatomia Patologica, e Centro di Ricerca in Medicina Sperimentale (CeRMS), Università di Torino Parole chiave Banche tissutali • Biobanking • Conservazione tessuti biologici • Criopreservazione tissutale • Archivi diagnostici di tessuti Il termine “biobanca” è spesso usato in eccesso e a sproposito, essenzialmente per la poca chiarezza su cosa sia e a cosa possa servire una biobanca. Il termine di “banca biologica” è nato con la necessità di conservare sangue e suoi derivati, ma poi si è allargato a tutto quanto di organico possa essere conservato, di derivazione sia umana che animale, inclusi i tessuti. L’interesse a conservare tessuti si è concretizzato in tempi più recenti, soprattutto in seguito all’ampliamento delle possibilità di studiare direttamente in essi, nel singolo paziente, la patogenesi molecolare di una specifica patologia o le alterazioni molecolari indicative di uno specifico trattamento terapeutico, con grande beneficio per il singolo cittadino. Inoltre, l’attenzione si è spostata dai tessuti freschi o congelati a quelli fissati in formalina ed inclusi in paraffina, dopo che è stata ampiamente dimostrata la possibilità di utilizzarli per analisi molecolari. Ritornando ai termini da usare, sempre di più si distingue “biobanca”, riservata a sangue, cellule, acidi nucleici ecc., da “banca di tessuti”, per la problematica specifica di questi ultimi. La “situazione” dei tessuti si complica per l’aggiunta di altre due parole, “collezione” e “archivio diagnostico”. Tutti questi termini vengono spesso usati impropriamente come sinonimi, per cui è opportuno cercare di darne una definizione quanto più precisa. Prima, però, di addentrarci nell’analisi di termini e di ipotesi organizzative, occorre sottolineare che si agisce in assenza di una normativa precisa, sia nazionale che europea. D’altra parte, comincia ad esservi un’ampia convergenza internazionale sull’opportunità che in ogni caso (cioè in qualsiasi tipo di situazione organizzativa) si debba procedere alla conservazione di tessuti umani solo dopo aver ottenuto il consenso dell’interessato ed aver assicurato la riservatezza delle informazioni. Collezione di tessuti La situazione più comune nel nostro Paese è quella della “collezione” di tessuti, cioè di congelatori in cui sono conservati tessuti prelevati freschi oppure di armadi che ospitano tessuti inclusi in paraffina. In genere, una collezione ha finalità puramente scientifiche, nasce su iniziativa di un singolo ricercatore, spesso non è previsto alcun tipo di consenso da parte del paziente, non vi sono regole precise per l’utilizzo del materiale conservato. In genere, una raccolta di questo tipo è temporanea, limitata al tempo necessario per lo svolgimento del progetto scientifico che ne è alla base. Banca di tessuti Il termine “banca” sottolinea che le caratteristiche di questo tipo di raccolta, conservazione ed utilizzo di tessuti umani sono vicine a quelle relative alla gestione di cassette di sicurezza e simili all’interno di un istituto di credito: • un contratto con il proprietario (il paziente), attraverso il consenso informato, con delega al ricercatore interessato; • rigide regole per: – il deposito del materiale, – il suo utilizzo, – il suo ritiro definitivo. Come avviene nella gestione dei fondi affidati ad una banca perché fruttino, anche nel nostro caso il proprietario/paziente affida alla “direzione” della banca il compito di individuare il miglior utilizzo dei propri tessuti. L’ovvia differenza consiste nel fatto che nell’esempio finanziario il vantaggio è del cliente, mentre in una banca di tessuti “l’interesse” è a favore non solo del paziente/proprietario, qualora si trovi nella situazione di doverne usufruire, ma anche dell’intera società. Corrispondenza prof. G. Bevilacqua, Divisione di Anatomia Patologica e Diagnostica Molecolare ed Ultrastrutturale, Università di Pisa ed Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana; via Roma 57, 56126 Pisa - Email:[email protected] 50 Per quanto riguarda la proprietà del tessuto, l’opinione predominante a livello europeo è che rimanga comunque al paziente, che può decidere di ritirare dalla banca il “suo” materiale in qualsiasi momento. Una banca di tessuti, quindi, richiede una attenta programmazione in termini di finalità ed una rigida organizzazione in termini di strutture e di gestione. G. BEVILACQUA, G. INGHIRAMI come importante, a prescindere dal progetto di base e dalla sua operatività. La realizzazione negli ultimi pochi anni di banche basate sul modello “b” ha portato alla realizzazione di reti nazionali ed internazionali, in grado di coprire anche patologie rare, ed ha facilitato la definizione delle procedure necessarie per assicurare e valutare la qualità dei campioni depositati. Archivio diagnostico Archivi diagnostici come “banche” Per quanto riguarda i tessuti inclusi in paraffina, è obbligatorio parlare degli archivi presenti in ogni struttura di Anatomia Patologica e cercare di chiarire le differenze fra essi e le banche, rese facilmente evidenti dalle diverse finalità delle due strutture: – scientifica, per la banca; – principalmente diagnostica, per l’archivio. Ciò vuol dire che per quanto riguarda l’archivio, l’utilizzo del tessuto per finalità scientifiche è subordinato alla necessità di dover allestire ulteriori sezioni istologiche per necessità diagnostiche, anche a distanza di molti anni (talora decenni!) dal momento del prelievo. Inoltre, per quanto possano essere ben organizzati, i numerosi archivi esistenti nel Paese certamente non hanno i requisiti richiesti dalle banche. La formazione di consorzi per la creazione di una banca Lo sforzo organizzativo e gestionale necessario per la creazione di una banca e per il suo funzionamento è tale da rendere difficile la sua sostenibilità a livello mono-istituzionale. Inoltre, per le finalità scientifiche proprie delle banche, la quantità del materiale raccolto e la numerosità delle tipologie in cui si articola sono caratteristiche importanti. La tendenza principale, di conseguenza, va verso la creazione di banche con ampia rappresentatività territoriale, attraverso la creazione di un consorzio fra le istituzioni interessate all’interno di un’area geografica di ampia dimensione. D’altra parte, in città che ospitano più di una istituzione è facile pensare ad un consorzio metropolitano. Dal punto di vista organizzativo, i modelli possibili sono due: a) una rete fra i punti di raccolta e conservazione, che rimangono dislocati presso le istituzioni di appartenenza; b) un centro unico di raccolta e conservazione. In entrambi i casi, la gestione della banca è unica. La complessità organizzativa e gestionale richiesta dalla banca fa propendere facilmente verso il secondo modello, che, fra i due, è certamente quello con minor costo. D’altra parte, questo si scontra con il provincialismo tipico del nostro Paese, dove “l’apparire” viene privilegiato rispetto al “fare”, per cui ospitare delle strutture o essere responsabile di un qualcosa viene visto di per sé Parlando di tessuti inclusi, è inevitabile pensare agli archivi delle strutture di Anatomia Patologica e riflettere sul fatto che rappresentano una ricchissima fonte di materiale, che può ben essere utilizzata sia per finalità diagnostiche che scientifiche. Inoltre, non va trascurato il fatto che le Aziende Sanitarie, Ospedaliere e Ospedaliere Universitarie già spendono per il loro mantenimento e che dovranno sempre più spendere, vista la sempre maggiore necessità, per finalità puramente diagnostiche, di sottoporre a nuovo esame il materiale d’archivio, come veniva ricordato prima. Su questa base, l’ipotesi di trasformare gli “archivi” in “banche”, o in parte importante di queste ultime, non appare affatto peregrina. Si tratta solo di armonizzare le due esigenze, scientifica e diagnostica. Le possibilità sono diverse e concrete; per esempio, un campionamento più ampio del materiale operatorio oppure una precisa regolamentazione dell’uso delle biopsie e simili. È ovvio che, in ogni caso, è indispensabile una organizzazione dettagliata di tutte le fasi del processo. Una riorganizzazione del problema “conservazione di tessuti” nelle Anatomie Patologiche sarebbe anche utile per affrontare il problema dei tessuti “freschi”, che, se su larga scala, richiede un ripensamento generale, dalla presenza del Patologo in sala operatoria alle modalità di campionamento ecc. D’altra parte, la sempre più frequente necessità di valutare su tessuti prelevati vari anni prima alterazioni molecolari importanti per le nuove terapie rende opportuna una standardizzazione delle procedure della gestione dei tessuti, a partire dalla fissazione. Conflitto fra “anima scientifica” e “anima assistenziale” Anche se gran parte dei Patologi, sulla spinta dei mutamenti profondi che sono in corso per quanto riguarda il loro ruolo, sente la necessità di cambiamenti organizzativi, continua ad esservi una dicotomia fra chi fa anche attività scientifica e chi svolge solo compiti diagnostici. Certamente sarebbe di grande utilità se gli appartenenti al secondo gruppo realizzassero l’importanza della loro partecipazione a progetti scientifici, sia per il loro disegno che per la loro realizzazione. Il conflitto, quindi, è solo apparente e può facilmente risolversi nell’ambito di un progetto molto attento per la COLLEZIONI, BANCHE E ARCHIVI DIAGNOSTICI DI TESSUTI realizzazione di una banca. L’organizzazione regionale in Aree Vaste, spesso comprendenti strutture scientifiche, universitarie e non, potrebbe facilitare il percorso, attraverso la integrazione delle Anatomie Patologiche. Il ruolo del “moderno” patologo nei progetti di ricerca che coinvolgano le banche di tessuti è senz’altro di rilievo e non può limitarsi alla raccolta dei materiali e alla gestione amministrativa della struttura. Il ruolo del “privato” nella organizzazione e gestione delle banche e la copertura dei costi Spesso nel nostro Paese si sente parlare di “intervento del privato”, ma molto di rado se ne vedono esempi concreti. Le difficoltà che ostacolano un effettivo ruolo della imprenditoria privata nella gestione di “cose pubbliche” o comunque di “interesse pubblico”, come la ricerca scientifica, sono essenzialmente le seguenti: – mancanza di chiarezza sul riconoscimento del fatto che il privato investe solo in previsione di un ritorno economico; spesso si pensa che “il ritorno di immagine” possa essere sufficiente; – mancanza di chiarezza, da parte delle istituzioni politiche, sul ruolo del privato, che da una parte viene “agognato” e dall’altra “ostacolato”, in una sorta di visione bene-male, dove spesso il privato viene visto con “un’aura peccaminosa”! Ovviamente, il punto principale è il primo: capire come il privato che investa nella realizzazione di una “banca” possa avere il giusto tornaconto economico. Le ipotesi possono essere le seguenti: a) pagamento di un “affitto” da parte delle Istituzioni partecipanti; per esempio, nel caso della partecipazione delle Aziende sanitarie, queste ultime potrebbero contribuire con “un tanto” a paziente, invece di investire in strutture e personale; b) partecipazione ai progetti di ricerca, con richiesta di quote di finanziamento dedicate alla banca; c) partecipazione ai brevetti derivanti dall’attività di ricerca. Il ruolo del “pubblico” nella organizzazione e gestione delle banche e la copertura dei costi Ovviamente, una diretta azione di Istituzioni pubbliche nella organizzazione e gestione delle banche è auspicabile, anche perché forse potrebbe dare una maggior “dignità” formale all’iniziativa. La fonte di finanziamento dovrebbe essere o nazionale (Ministeri della Salute e dell’Università e Ricerca) o regionale, attraverso il Sistema Sanitario Regionale. La realtà del nostro Paese, dove le Istituzioni non hanno tradizione nel dar vita ad iniziative innovative, rende diffi- 51 cile questa strada. Un lavoro attento da parte delle Società scientifiche interessate potrebbe contribuire ad iniziare un percorso virtuoso. Governo della banca Come accennato in precedenza, istituire una “banca” di tessuti ha senso solo in presenza di forti interessi scientifici, che ne sentano la necessità. Inoltre, la “banca” richiede una organizzazione rigida e dettagliata, nel cui disegno una attenzione particolare deve essere rivolta all’utilizzo dei tessuti depositati. Occorre precisare che il “governo” della banca richiede due diverse competenze: da una parte la gestione in termini di strutture, conservazione, modalità di deposito e prelievo, dall’altra la valutazione delle richieste di utilizzo del materiale, che devono necessariamente essere all’interno di programmi di ricerca approvati da un apposito “comitato scientifico” (CS). Si è visto prima che la gestione può anche essere affidata a imprenditori privati, mentre il CS deve essere l’espressione della comunità scientifica che ha richiesto la creazione della banca stessa. Qualora le strutture della banca comprendessero archivi di Anatomia Patologica, il CS avrebbe fra i suoi compiti quello di valutare la compatibilità delle richieste scientifiche con le esigenze diagnostiche. Le ricadute per chi partecipa Si è visto che la partecipazione ad un consorzio per la creazione di una “banca di tessuti” può avere due motivazioni: un interesse scientifico diretto, oppure il voler contribuire allo sviluppo scientifico di un territorio. La ricaduta per i “soci” è legata strettamente alla qualità dei progetti di ricerca ed ai suoi risultati, in termini di “prodotti” di vario genere, come sviluppo di procedure e di tecnologie e relativi brevetti. Il beneficio per il singolo paziente consiste nella possibilità di effettuare sui suoi tessuti, anche a distanza di anni dal prelievo, indagini molecolari utili per nuove terapie. Conclusioni La istituzione di una banca di tessuti ha significato solo nell’ambito di una comunità scientifica fortemente motivata allo sviluppo di programmi scientifici di rilievo. Alla banca possono ben partecipare le Aziende sanitarie attraverso i propri archivi diagnostici. Le strutture interessate presenti in un determinato territorio possono riunirsi in un consorzio. La gestione organizzativa di una banca, che richiede rigide regole di funzionamento, può anche essere affidata ad imprenditori privati, mentre la gestione scientifica deve essere esercitata da un CS espressione delle strutture di ricerca partecipanti. PATHOLOGICA 2008;100:52-54 Collection, banking and diagnostic archiving of tissues G. BEVILACQUA, G. INGHIRAMI* Divisione di Anatomia Patologica e Diagnostica Molecolare ed Ultrastrutturale, Università di Pisa ed Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana; * Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana, Anatomia Patologica, e Centro di Ricerca in Medicina Sperimentale (CeRMS), Università di Torino Key words Tissue banks • Biobanking • Biological tissue conservation • Tissue cryopreservation • Diagnostic archiving of tissues Introduction The term biobanking is often used excessively and incorrectly, both in terms of what it actually is and what it can provide. The term biological bank emerged with the necessity of conserving blood and blood derivatives, but which subsequently encompassed all biological materials that are stored, from both humans and other animals, including tissue samples. The interest in conserving tissues has grown considerable in recent years, especially following the possibility to directly study pathogenetic processes in individual samples, in individual patients, using techniques that identify molecular alterations with therapeutic implications. Moreover, scientific attention has now been shifted from fresh or frozen tissues to formalin-fixed, paraffin-embedded samples as their utility in molecular analyses has now been thoroughly demonstrated. The term biobank (used for blood, cells, nucleic acids, etc.) is increasingly distinguished from tissue bank due to problems specific to the latter, and is further complicated when specified as a collection or diagnostic archive. All these terms are often used inappropriately as synonyms, and it is certainly useful to provide some precise definitions. Firstly, however, it must be stated that there are no precise national or international normatives in this regard. Nonetheless, there is now a concerted international movement concerning the possibility, that in almost any situation, human tissues should be stored and conserved only after informed consent has been obtained, ensuring the privacy of the donor. TISSUE COLLECTIONS The most common situation in Italy is the collection of tissues, or more simply, several freezers in which fresh tissues have been stored and/or large number of paraffin blocks archived in storage areas. In general, it is a collection that has a purely scientific basis which came about through the initiatives of a single researcher, often without obtaining informed consent, and for which no precise rules were established regarding the use of the material. Frequently, these types of collections were assembled over a finite time interval for a specific project. TISSUE BANKS The term ‘bank’ highlights the features of this type of collection, storage and use of human tissues, which are closer to that of a safety deposit box, and are characterised by the following: • a contract with the owner (patient), through informed consent, which delegates their storage and use; • strong rules for: – deposition of material, – utilisation of such material, – withdrawal of material. Just as the management of mutual funds is overseen by a financial institution, in the case of tissue banks the patient/owner must entrust the “bank’s directors” to obtain the best use of their tissues. The obvious difference lies in the fact that the financial institution promotes the interest of the client, whereas the tissue bank must favour not only the interests of the patient/ owner, but also consider those of society. Concerning the ownership of tissues, the predominant opinion in Europe is that the patient remains the sole owner, who can decide to withdraw his/her tissues at any moment. A tissue bank, therefore, requires careful planning in terms of defining goals, and necessitates rigorous management. DIAGNOSTIC ARCHIVES Concerning paraffin-embedded tissues, it is mandatory to consider the archives already present in every Pathology Department, and to clarify the difference between a diagnostic archive and a tissue bank. The differences Correspondence prof. G. Bevilacqua, Divisione di Anatomia Patologica e Diagnostica Molecolare ed Ultrastrutturale, Università di Pisa ed Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana; via Roma 57, 56126 Pisa, Italy - E-mail:[email protected] COLLECTION, BANKING AND DIAGNOSTIC ARCHIVING OF TISSUES between the two types of collections should be obvious: scientific, for biobanks, and diagnostic, for archives. For the latter, the use of tissues for scientific purposes is superseded by the necessity to have extra histological sections available for diagnostic needs, even after many years. Even the best-organised archives do not meet the prerequisites of a biobank. Formation of a consortium for the creation of a biobank The organisation and managerial requirements needed for the creation and functioning of a biobank are such that it is difficult to carry out on a mono-institutional basis. Additionally, considering the scientific goals of a biobank, the quantity and vast types of material collected are important considerations. Given this, the tendency is to create biobanks that have a wide territorial impact, through the creation of a consortium that is representative of the geographical area involved. On the other hand, in cities that have more than one collecting institution it is easy to imagine a metropolitan consortium. From an organisational standpoint, there are two possible models: • a network of various points of collection and storage that are hosted at different collecting institutions; • a single centre for collection and storage. In both cases, there is a single management committee. The complexity of management and organisation for the biobank leads to the possibility of a second model, with potentially lower costs. However, such an organisational model can lead to the biobank being viewed as important in its own right, independently of the eventual utility that it may provide. The recent realisation of biobanks based on the latter model has nonetheless given rise to a national/international network covering even rare pathologies, which in fact has facilitated the definition of procedures necessary for evaluating the quality of the samples contained within. Diagnostic archives as biobanks When considering paraffin-embedded tissue, it is inevitable to think about the diagnostic archives present in Pathology Departments, and reflect on the fact that they represent a rich source of biological material that could be utilised for both diagnostic and scientific purposes. Moreover, it should be kept in mind that the National Health Services and associated hospitals already contribute to their maintenance: even more resources will need to be dedicated for diagnostic archives given the need to perform new types of molecular assays. Considering this, the possibility to transform archives into biobanks, at least in part, would appear rational. Notwithstanding, the two major needs, scientific and di- 53 agnostic, need to be further defined. In this regard, there are several different possibilities. For example, more extensive sampling could be performed, or alternatively, more precise rules for the use of biopsy specimens. It is obvious that, in any case, detailed protocols are needed for all operational phases. Reorganisation of the “tissue conservation” problem in Pathology Departments would also be useful for fresh samples, which on a large scale, requires new organisational strategies, from the presence of a pathologist in the operating theatre to sampling. Moreover, the evermore frequent need to determine molecular alterations on tissues collected years ago renders standardisation of all tissue management procedures fundamental, starting with fixation. Conflict between scientific projects and patient care Even if a large proportion of pathologists feel that organisational change is warranted, there continues to be a dichotomy between pathologists that also carry out scientific research, and those that perform only routine diagnosis. It would certainly be useful if those in the latter group realised the importance of their participation in both the design and realisation of scientific projects. Any conflict, therefore, is only apparent and can be easily resolved in a project as vast as the creation of a biobank. The geographic organisation in vast areas, often containing different types of scientific structures, can actually facilitate the organisation by integration with Pathology Departments. “Modern” pathologists have a key role in research projects that involve tissue banks, and their participation cannot be limited merely to the collection of biological materials and administrative management of the structure. The role of private organisations in biobank management: cost considerations Often in Italy, one speaks of “private interventions”, but only rarely if concrete examples are given. The difficulties that hinder a more effective role of private organisations in the management of biobanks of public interest, just as in scientific research, are the following: • lack of clarity regarding the recognition of private investments only in exchange for economic returns; often, it is believed that “good publicity” is sufficient; • lack of clarity by political institutions abut the role of private organisations, which on one hand is hindered, and on the other is favoured. Obviously, the first point plays a dominant role, and it is fundamental to understand how the private organisation that invests in the creation of a biobank can have a return on their investment. There are several possibilities in this regard: G. BEVILACQUA, G. INGHIRAMI 54 • participating institutions could pay “rent”; for example, in the case that a public hospital participates, they should contribute on a per-patient basis instead of investing directly in the infrastructure and personnel; • participation in research projects, with dedicated financing for biobanks; • participation in patents that derive from research activities. The role of the public administration in the organisation and management of biobanks: cost considerations It has already been seen how management can be also entrusted to private contractors, although the scientific committee should represent the expression of the scientific community that has created the biobank. Whenever the biobank also includes the archives of a Pathology Department, the scientific committee should also have the task of evaluating the compatibility of scientific requests for material with eventual diagnostic needs. Benefits for participants Obviously, direct action by public institutions in the organisation and management of biobanks is desirable, which would also give more credibility to the project. The sources of funding could be on a national or regional level. In reality, in Italy, where public institutions have not traditionally contributed to innovative initiatives, such direct action is not facilitated. Scrupulous attention by specific scientific societies could contribute substantially towards resolving this aspect. There are at least two reasons why a consortium may be motivated to participate in the creation of a biobank: direct scientific interest, and the desire to participate in the scientific development of the geographic area. The benefits for members are strictly related to the quality of the associated research projects and the results that it can obtain, or the “final product”, such as development of technologies and patents. The benefits for individual patients lie in the possibility to use his/her tissues, even years after their removal, to discover new therapies. Governing the bank Conclusions As already mentioned, starting a tissue bank makes sense only when there are strong scientific interests and needs. Additionally, a biobank requires experienced and rigorous organisation, and careful attention to the use of deposited tissues. It should be mentioned that the “governing” of the bank requires at least two specific types of know-how: i) management in terms of infrastructure, storage, techniques for depositing and withdrawal; ii) knowledge of when authorisation should be given for use of the material should be related to research programs that have been approved by a dedicated scientific committee. The creation of a tissue bank is meaningful only in the presence of a strong scientific community that is highly motivated in developing important scientific programs. Healthcare centres are always welcome to participate in such an effort by contributing their diagnostic archives. The structures present in a given geographic area can most easily form a consortium. The management and organisation of a biobank can be handed over to private agencies, while the scientific administration must remain in the hands of a Scientific Committee that reflects the scientific philosophy of the organising members. PATHOLOGICA 2008;100:55-60 Biobanche: stato dell’arte internazionale e nazionale B. PARODI, M. TRUINI* S.S. Banca Biologica e Cell Factory, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova; * S.C. Anatomia e Citoistologia Patologica, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova Parole chiave Biobanche • Centri di Risorse Biologiche • Infrastrutture per la ricerca • Buone pratiche • Campioni di tessuto Introduzione Il progresso della ricerca genomica e biomedica e la disponibilità di tecnologie innovative permettono oggi di differenziare le malattie multifattoriali in entità diagnostiche più precise, condizione indispensabile per lo sviluppo della medicina personalizzata, e di perseguire l’obiettivo di rendere il trattamento più efficace, ridurre gli effetti collaterali, ottimizzare il disegno dei protocolli clinici, migliorare la prevenzione. Per chiarire l’eziologia delle malattie complesse è necessario avere a disposizione ampie raccolte di campioni biologici e dati epidemiologici, clinici, biologici e molecolari su grandi numeri di pazienti e soggetti sani. I campioni di tessuto tumorale, in particolare, rappresentano una risorsa preziosa per la ricerca clinica e sperimentale in campo oncologico: con l’avvento di nuove tecnologie per la valutazione del genoma umano, delle complesse reti di interazione tra biomolecole e delle conseguenze funzionali di tali alterazioni, gli studi su campioni umani sono critici nel processo di scoperta di nuovi meccanismi di cancerogenesi, progressione, resistenza al trattamento. La raccolta e l’analisi di campioni biologici è una procedura necessaria per la diagnosi, e lo stretto coinvolgimento dei servizi di Anatomia Patologica nei centri di raccolta del materiale è essenziale per l’uso corretto dei campioni conservati. Si può prevedere che in un futuro non lontano la valutazione di diversi parametri molecolari diventerà un requisito indispensabile non solo per la diagnostica ma anche per il follow-up dei pazienti, e lo sviluppo dei Centri di Risorse Biologiche (CRB) diventerà parte integrante della pratica medica 1. Lo sviluppo di centri di raccolta di campioni di tessuto è alla base di tre settori innovativi delle scienze biomediche: l’epidemiologia molecolare e genetica (indirizzata a valutare le basi genetiche e ambientali del cancro, nella popolazione generale e nelle famiglie); la patologia molecolare (per lo sviluppo di procedure molecolari per la classificazione e la diagnosi in oncologia); la farmacogenetica (per la predizione della risposta individuale dei pazienti al trattamento). A livello europeo ed internazionale sono in corso diverse iniziative che si pongono l’obiettivo di organizzare la raccolta di campioni e materiali biologici associati, corredati da informazioni cliniche affidabili, in modo da poter garantire da un lato un livello di qualità dei campioni adeguato all’utilizzo per la diagnostica, la terapia e la ricerca e, dall’altro, grazie alla cooperazione internazionale e alla disponibilità di ampi pannelli omogenei, la possibilità di studiare con efficacia le forme tumorali rare. Questo articolo intende fornire una panoramica sulle principali iniziative internazionali e nazionali in termini di reti di biobanche e standard di qualità condivisi. Molti progetti sono descritti brevemente (Tabb. I e II), rimandando al sito per un’analisi più approfondita; le iniziative dell’OCSE e il progetto BBMRI nell’ambito del settimo programma quadro sono trattati più in dettaglio. Lo scenario internazionale L’INIZIATIVA OCSE La Task Force per i Biological Resource Centres (BRC) Da diversi anni l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) si occupa dei Centri di Risorse Biologiche e della ormai riconosciuta rilevanza di queste istituzioni, non solo scientifica ma anche economica. Già nel 1999, su sollecitazione della delegazione giapponese, l’OCSE istituiva, in occasione di un workshop organizzato a Tokyo, un gruppo di lavo- Corrispondenza Barbara Parodi, Banca Biologica e Cell Factory, IST - Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, l.go R. Benzi 10, 16132 Genova - Tel. +39 010 5737474 - Fax +39 010 5737293 - E-mail: [email protected] 56 ro (Task Force on Biological Resource Centres – BRCs) con l’obiettivo di valorizzare le strutture esistenti e creare BRC nazionali, sviluppare un sistema di accreditamento dei BRC basato su criteri internazionali, promuovere legami internazionali fra i BRC, definire standard condivisi in modo da armonizzare il funzionamento dei BRC e stabilire una rete globale di BRC. L’azione della Task Force si inquadra nelle iniziative del Global Forum on Knowledge Economy e fa riferimento al Working Party Biotechnology (WPB) del Comitato per la Politica Scientifica e Tecnologica (CPST). Sulla base delle attività della Task Force, nel 2001 l’OCSE pubblica Biological Resource Centres: Underpinning the Future of Life Sciences and Biotechnology 2, documento nel quale vengono definiti i Centri di Risorse Biologiche. La definizione è molto ampia, comprende collezioni di microrganismi, cellule vegetali, fino alle biobanche di campioni umani: “Biological resource centres are an essential part of the infrastructure underpinning biotechnology. They consist of service providers and repositories of the living cells, genomes of organisms, and information relating to heredity and the functions of biological systems. BRCs contain collections of culturable organisms (e.g. micro-organisms, plant, animal and human cells), replicable parts of these (e.g. genomes, plasmids, viruses, cDNAs), viable but not yet culturable organisms cells and tissues, as well as data bases containing molecular, physiological and structural information relevant to these collections and related bioinformatics. BRC must meet the high standards of quality and expertise demanded by the international community of scientists and industry for the delivery of biological information and materials. They must provide access to biological resources on which R&D in the life sciences and the advancement of biotechnology depends”. Le Linee Guida OCSE e il Global BRC Network I lavori della Task Force si concludono nel dicembre 2006, con il mandato dei Ministri della Ricerca Scientifica degli Stati membri di produrre gli standard di riferimento per i BRC e di porre le basi per la realizzazione del Global BRC Network. A conclusione dei lavori, sono state recentemente pubblicate le OECD Best Practice Guidelines for Biological Resource Centres 3. Un primo workshop sul tema: “The Global Biological Resource Centres Network: networking the networks” si è svolto nel dicembre 2007 a Parigi. Le Linee Guida OCSE sono rapidamente diventate uno standard internazionalmente riconosciuto per quanto riguarda l’organizzazione generale dei Centri di Risorse Biologiche nel campo biomedico, le Linee Guida specifiche prodotte da altre organizzazioni internazionali ed europee vi fanno riferimento, e molte istituzioni europee (tra cui il governo italiano) hanno intrapreso iniziative per il riconoscimento e la certificazione delle biobanche, sulla base dei criteri definiti dall’OCSE. B. PARODI, M. TRUINI ALTRE INIZIATIVE INTERNAZIONALI Nella Tabella I sono elencati alcuni tra i più importanti progetti internazionali ed europei di biobanking – reti di biobanche, standard tecnici e organizzativi, Linee Guida, buone pratiche – e i link per accedere ai documenti. Tra le iniziative internazionali tre, di cui una di interesse generale e due di carattere oncologico, sono analizzate più in dettaglio in questo paragrafo: ISBER, OBBR e IARC. ISBER (International Society for Biological and Environmental Repositories) ISBER è un forum internazionale, nato dalla American Society for Investigative Pathology (ASIP), di cui fanno parte organismi istituzionali, istituzioni di ricerca pubbliche e private, produttori di attrezzature e materiali, e si occupa degli aspetti tecnici, legali, etici e gestionali dei repositories di campioni biologici. Organizza corsi e convegni su argomenti quali l’assicurazione di qualità, il controllo qualità, le normative, gli aspetti di protezione e confidenzialità dei dati, e fornisce informazioni su prodotti e competenze per il biobanking. Si pone l’obiettivo di disseminare l’informazione sulle questioni organizzative dei repositories e di svolgere una funzione educativa attraverso lo sviluppo di Linee Guida 4. OBBR (Office of Biorepositories and Biospecimen Research) Il National Cancer Institute istituisce l’Office of Biorepositories and Biospecimen Research (OBBR) nel 2005, con l’obiettivo di guidare, coordinare e sviluppare le competenze e le risorse in termini di biobanking. “Missione dell’OBBR è garantire che i campioni biologici messi a disposizione per la ricerca sul cancro siano della migliore qualità”. Nel 2006, l’OBBR dà inizio al Biospecimen Research Network (BRN), con l’obiettivo di sponsorizzare, organizzare e partecipare a studi per verificare gli effetti della variabilità dei campioni sui risultati di studi di genomica e proteomica finalizzati alla diagnostica e alla ricerca oncologica. L’obiettivo di BRN è contribuire allo sviluppo delle buone pratiche basate sull’evidenza per la raccolta, la processazione, lo stoccaggio e l’analisi dei campioni, partendo dalle NCI Best Practices for Biospecimen Resources 5, attraverso la definizione delle variabili più significative nella raccolta di tessuti, sangue e fluidi corporei, e lo sviluppo di indicatori di qualità dei campioni per specifiche piattaforme analitiche. Tra le attività previste, lo sviluppo del Biospecimen Research Database. IARC (International Agency for Research on Cancer) Dovrebbe essere imminente la pubblicazione della versione definitiva del documento: “International Network of Biological Resource Centres For Cancer Research: Recommendations on Common Minimal Technical Standards”, sviluppato dallo IARC in collaborazione con la rete dei Direttori di Centri di Ricerca BIOBANCHE: STATO DELL’ARTE INTERNAZIONALE E NAZIONALE 57 Tab. I. Reti di biobanche e link a Linee Guida internazionali. CABIG Cancer Biomedical Informatics Grid - Tissue Banks and Pathology Tools (TBPT) Workspace https://cabig.nci.nih.gov/workspaces/TBPT CABRI Common Access to Biological Resources and Information http://www.cabri.org CHTN Cooperative Human Tissue Network http://www-chtn.ims.nci.nih.gov/ ECCO European Culture Collections’ Organisation http://www.eccosite.org/ ECVAM European Centre for the Validation of Alternative Methods Guidance on Good Cell Culture Practice. http://www.springerlink.com/content/m527h07552756043/ EORTC European Organisation for Research and Treatment of Cancer http://www.eortc.be/Services/Doc/policies/POL015.pdf EPIC European Prospective Investigation on CancerBio-bank and biological samples http://www.iarc.fr/epic/Sup-default.html EuroBioBank http://www.eurobiobank.eu/it/information/info_institut.htm EuroGenBank http://www.nature.com/ejhg/journal/v11/n6/abs/5201007a. html European Biobanks http://www.biobanks.eu/ IARC International Agency for Research on CancerInternational Network of Biological Resource Centres For Cancer Research: Recommendations on Common Minimal Technical Standards (draft) http://www.iarc.fr/ ISBER International Society for Biological and Environmental Repositories - Best Practices for Repositories I: Collection, Storage, and Retrieval of Human Biological Materials for Research) http://www.isber.org/ibc.html MRC Medical Research Council, UK Human tissue and biological samples for use in research. Operational and ethical guidelines http://www.mrc.ac.uk/Utilities/Documentrecord/index.htm?d = MRC002420 NCI National Cancer Institute, USA National Cancer Institute Best Practices for Biospecimen Respources. June 2007 http://biospecimens.cancer.gov/global/pdfs/NCI_Best_Practices_060507.pdf OBBR Office of Biorepositories and Biospecimen Research, NCI, USA http://biospecimens.cancer.gov/index.asp OECD International OECD Best Practice Guidelines for Biological Resource Centres http://www.oecd.org/document/50/0,3343,en_2649_201185_ 1911986_1_1_1_1,00.html P3G Public Population Project in Genomics http://www.p3gconsortium.org/ TUBAFROST - European Human Frozen Tumor Tissue Bank http://www.tubafrost.org sul Cancro di tutto il mondo. L’iniziativa si propone di fornire uno strumento utile per lo sviluppo e il coordinamento dei Centri di Risorse Biologiche nelle diverse regioni geografiche. I CRB sono definiti come “infrastrutture essenziali per rendere possibile la descrizione delle patologie oncologiche basata su criteri molecolari, elemento chiave per l’epidemiologia descrittiva del cancro, la comprensione della cancerogenesi, la messa a punto di strategie preventive”. I CRB hanno un ruolo centrale come collegamento tra la pratica clinica, i registri dei tumori e la ricerca sperimentale. Obiettivo primario dell’iniziativa è la promozione di standard condivisi, accettabili e applicabili in Paesi con am- bienti culturali, sociali ed economici diversi. È prevista anche la costruzione di un database con informazioni utili per i CRB. La realtà europea TUBAFROST Nato come progetto europeo, è oggi un consorzio di istituzioni europee impegnate nella ricerca sul cancro; l’iniziativa è sponsorizzata dall’Organizzazione Europea dei Centri di Ricerca sul Cancro (OECI). Centro B. PARODI, M. TRUINI 58 Tab. II. Iniziative nazionali. Telethon - Rete di biobanche per le malattie genetiche http://www.telethon.it/ricerca/servizi.asp Società Italiana di Genetica Umana e Telethon - Biobanche http://www.telethon.it/ricerca/pdf/Revisori/Biobanche.pdf genetiche Linee guida Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie Linee guida per l’istituzione e l’accreditamento delle biobanche http://www.governo.it/biotecnologie/documenti/7.biobanche.pdf http://www.governo.it/biotecnologie/documenti/8.AllegatiBiobanche.pdf Alleanza contro il cancro - Rete italiana delle banche di tessuti per la ricerca sul cancro http://www.e-oncology.it/index.asp di coordinamento europeo di diverse biobanche di campioni di tessuto, promuove lo scambio di campioni di tessuto, e ha sviluppato Linee Guida specifiche e protocolli condivisi (disponibili sul sito) per la raccolta, la processazione, la conservazione e la distribuzione dei campioni. Offre anche la possibilità di analizzare online immagini ad alta definizione dei campioni, con la tecnologia del “microscopio virtuale”. EUROBIOBANK EuroBioBank è l’unico network dedicato alla ricerca sulle malattie rare in Europa, e fornisce DNA, cellule e campioni di tessuto umani quale servizio alla comunità scientifica che conduce ricerche nell’ambito di queste malattie. Le malattie rare sono in genere molto gravi ed è pressante la necessità di trattamenti e cure migliori per i pazienti. Creando una massa critica di collezioni di materiali biologici e facilitandone lo scambio, il network EuroBioBank aiuta ad accelerare l’avanzamento della ricerca nell’ambito di queste malattie. I campioni sono distribuiti solamente per progetti di ricerca selezionati. Comprende 145 collezioni di cellule, 544 di DNA e 282 di tessuti, e un totale di circa 170.000 campioni è disponibile attraverso il catalogo on-line. Il network è attualmente composto da 15 membri di 7 nazioni europee (Francia, Germania, Ungheria, Italia, Malta, Slovenia e Spagna). IL SETTIMO PROGRAMMA QUADRO: LE INFRASTRUTTURE EUROPEE PER LA RICERCA EUROPEAN BIOBANKING AND BIOMOLECULAR RESOURCES RESEARCH INFRASTRUCTURE (BBMRI) Motivazioni del progetto e principi alla base della nuova infrastruttura Le biobanche, istituzioni che raccolgono e conservano sangue, DNA, tessuti, cellule e dati, sono particolarmente numerose in Europa, e costituiscono un patrimonio di grande rilevanza scientifica ed economica. Le biobanche, le risorse biomolecolari e gli strumenti di analisi molecolare sono infatti uno strumento essenziale per la ricerca sulla funzione genica, sui geni associati a malattie, sulle interazioni gene-ambiente, sui geni target per la drug discovery, sui biomarcatori per le terapie individualizzate. Queste istituzioni nazionali, pur se di grande valore e tradizione, soffrono della frammentazione della ricerca europea in quest’ambito, della presenza di regole di accesso diverse, e soprattutto della mancanza di standard comuni di riferimento. Questo spesso impedisce di utilizzare nello stesso studio campioni provenienti da diverse biobanche, elemento indispensabile per raggiungere una adeguata significatività statistica e per affrontare lo studio delle malattie rare. La conseguenza è la duplicazione di progetti simili, lo spreco di energie e di risorse, la difficoltà di mettere a punto una politica di finanziamenti a lungo termine e di ampio respiro. È concreto quindi il rischio che la commercializzazione dei risultati dell’analisi di queste risorse avvenga fuori dall’Europa. La capacità di sviluppare reti di biobanche è indispensabile anche per disegnare studi strutturati come trials clinici di fase II e III, per la convalida e il trasferimento dei biomarcatori alla terapia. La costruzione di una infrastruttura europea che raccolga e coordini le biobanche europee permetterà di sviluppare il potenziale di queste risorse e di facilitare alle istituzioni accademiche ed industriali europee l’accesso ai materiali ed alle informazioni, grazie alla rilevazione e catalogazione delle risorse esistenti, alla definizione di regole di accesso chiare e condivise, alla promozione degli scambi transnazionali di materiali biologici e dati, allo sviluppo coordinato di risorse e tecnologie, al superamento della frammentazione e allo sviluppo di strumenti di finanziamento. I principi alla base della nuova infrastruttura sono l’eccellenza scientifica e la rilevanza europea delle istituzioni partecipanti, la prospettiva a lungo termine dei progetti di biobanking, la trasparenza delle finalità, un’organizzazione efficiente e flessibile, la valorizzazione delle risorse esistenti in termini di strutture e competenze. Le problematiche più rilevanti che l’infrastruttura dovrà affrontare riguardano la standardizzazione dei campioni e dell’informazione, le regole di accesso ai materiali, le questioni etiche e legali, la sostenibilità a lungo termine. BIOBANCHE: STATO DELL’ARTE INTERNAZIONALE E NAZIONALE Descrizione della nuova infrastruttura, obiettivi e attività previste nella fase preparatoria L’infrastruttura europea BBMRI si pone l’obiettivo di valorizzare ed incrementare l’eccellenza scientifica della ricerca biomedica europea, e di migliorare ed espandere la competitività della ricerca e dell’industria biotecnologia nel contesto globale, attraendo investimenti da parte di industrie farmaceutiche e istituzioni di ricerca extraeuropee. Faranno parte di BBMRI: • biobanche di diverse tipologie (collezioni di DNA, tessuti, cellule, sangue e fluidi biologici, corredate di dati clinici, ambientali, di stile di vita e follow-up), i. coorti di popolazione (anche prospettive e di gemelli), ii. coorti di casi clinici/controlli, anche specifiche per patologia, iii. coorti di popolazioni isolate; • risorse biomolecolari (collezioni di anticorpi, cloni ORF, libraries di siRNA, proteine, linee cellulari ecc.). BBMRI si propone di fornire alla comunità scientifica e industriale europea: • tecnologie abilitanti e piattaforme di analisi highthroughput, e l’integrazione di siti specializzati nello sviluppo di strumenti molecolari per decifrare le funzioni di geni, proteine e metaboliti e le loro interazioni; • standard di riferimento e Linee Guida per collezione, conservazione, caratterizzazione e controllo di qualità dei campioni; • un’infrastruttura per la raccolta dei dati e per il biocomputing; • una piattaforma per l’analisi e l’armonizzazione dei diversi contesti europei riguardo agli aspetti etici, legali e sociali del biobanking; • soluzioni per la gestione ed il finanziamento dell’infrastruttura: – contratti che definiscano le interazioni tra i membri, e i termini e le condizioni dell’appartenenza a BBMRI; – contratti negoziati tra BBMRI e i suoi membri e organizzazioni finanziatrici, per rafforzare il finanziamento a lungo termine; – accordi per l’accesso ai campioni e ai dati, e politiche di data-sharing; – una struttura legale appropriata. Molte biobanche europee hanno espresso interesse per BBMRI e contribuiranno al progetto; la fase preparatoria trarrà vantaggio dal lavoro svolto, dai risultati e dal consenso internazionale già raggiunti nell’ambito di iniziative e progetti europei e internazionali in corso o conclusi (progetti finanziati nell’ambito di FP5, FP6, FP7, consorzio P3G, WHO, iniziativa OCSE sui BRC, Linee Guida ISBER). Organizzazione La fase preparatoria di BBMRI è organizzata su tre livelli: operativo (hubs), esecutivo (Executive Mana- 59 gement), strategico (Governance Council, Advisory Board, Stakeholders Forum). Componenti chiave dell’infrastruttura sono le grandi collezioni di campioni biologici delle diverse (sotto)popolazioni europee, che dovrebbero essere costantemente arricchite dai dati sempre aggiornati sullo stato di salute, gli stili di vita e l’esposizione ambientale dei donatori. Solo una rete federata di centri in tutti gli Stati Membri 6 può garantire questo risultato, e di conseguenza, BBMRI dovrebbe essere organizzato in una rete distribuita di centri di coordinamento: hubs, che coordinano le attività dei diversi domini, come raccolta, scambio e analisi di campioni e informazioni. Le biobanche di popolazione e di patologia, le risorse biomolecolari e i centri tecnologici membri di BBMRI sono associati al centro di coordinamento per il loro settore di attività. Le istituzioni pubbliche e private (università, centri di ricerca, ospedali, aziende biotecnologiche) che forniscono campioni biologici, dati, tecnologie e servizi possono essere associate come associated partner ai membri BBMRI. Questa struttura garantisce una grande flessibilità, in quanto nuovi membri e partner possono associarsi alla rete in qualunque momento, e la rete può adattarsi alle esigenze emergenti della ricerca biomedica. L’infrastruttura telematica, che utilizza un’architettura database federata e una tecnologia “grid computing”, integrerà la rete complessa di hubs, membri e partner in un’unica infrastruttura virtuale 6. Ogni hub sarà coordinato e diretto da un Executive Management, coadiuvato da un Governance Council e da un Advisory Board, e riceverà i contributi dello Stakeholders Forum, per garantire la chiara definizione delle responsabilità e processi decisionali trasparenti. La durata della fase preparatoria dell’infrastruttura europea è stimata in quattro anni, al termine dei quali si passerà alla fase successiva, di costruzione dell’infrastruttura europea IL PROGETTO ASSIST BIOBANK Il progetto ASSIST-Biobanks (Advice for Scientists/ Stakeholders on Setting-up and Integrating STandardized Biobanks) si propone, in stretta collaborazione con BBMRI, di contribuire a migliorare la qualità delle singole biobanche e di promuoverne l’armonizzazione, attraverso: a) l’integrazione e il perfezionamento delle Linee Guida e buone pratiche già esistenti nel campo del biobanking; b) l’identificazione dei punti deboli e delle carenze nelle Linee Guida; c) progetti di ricerca per indicare soluzioni a queste carenze; d) un pannello di norme, standard e Linee Guida condivise e validate, nella forma di un biobanking manual liberamente e facilmente accessibile sul web. Questi obiettivi saranno più facilmente perseguiti creando le condizioni per facilitare ed incoraggiare la collaborazione tra le biobanche e la realizzazione di una rete europea, aperta alla collaborazione con le realtà internazionali. B. PARODI, M. TRUINI 60 Il progetto vede la partecipazione di molte istituzioni europee (e internazionali) leader nel campo del biobanking, quali lo IARC di Lione, l’Estonian Genome Project, la deCODE genetics islandese, l’Erasmus University Medical Center (NL), il Public Population Project in Genomics (CA). Molti partners hanno un ruolo rilevante anche in altri progetti complementari ad Assist, quali P3G, PHOEBE, OCSE e Marble Arch Think Tank. È molto importante che questo progetto parta al più presto, per interagire con lo scenario prospettato dalla Road Map ESFRI (European Strategy Forum on Research Infrastructures), secondo il quale nei prossimi tre-quattro anni gli stati europei investiranno in modo rilevante in infrastrutture per il biobanking. Le iniziative italiane La rete di biobanche Telethon, la Società Italiana di Genetica Umana e le Linee guida per le Biobanche genetiche La Fondazione Telethon finanzia da molti anni un gruppo di biobanche finalizzate alla ricerca sulle malattie genetiche. Attualmente fanno parte della rete Telethon 7 biobanche di DNA, cellule e tessuti da pazienti affetti da malattie neuromuscolari, malattie metaboliche, disturbi del movimento. Per partecipare al network, le biobanche devono fornire garanzie riguardo alla gestione dei campioni e al rispetto dei diritti dei pazienti in termini di protezione dei dati, e devono svolgere una funzione di servizio per la comunità scientifica, fornendo i campioni a titolo gratuito sulla base della valutazione del valore scientifico dei progetti. Recentemente, al fine di portare un contributo alla regolamentazione delle biobanche in Italia, è stato istituito un gruppo di lavoro, nell’ambito della Società Italiana di Genetica Umana (SIGU) e della Fondazione Telethon, che ha elaborato una proposta di Linee Guida per la creazione, il mantenimento e l’utilizzo di Biobanche Genetiche 7. Il documento prende in esame la definizione di biobanca genetica, le sue finalità, le procedure ed il trattamento dei dati collegati al campione, il concetto di “proprietà”, l’utilizzo e la distribuzione dei campioni biologici, i benefici che possono derivare per la comunità. IL COMITATO NAZIONALE PER LE BIOTECNOLOGIE, LA BIOSICUREZZA E LE SCIENZE DELLA VITA Il Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze per la Vita (CNBBSV), avvalendosi degli apporti scientifici, professionali ed istituzionali del suoi Membri, è chiamato a supportare il Governo nell’adozione di indirizzi scientifici, economici e sociali su queste materie ed a fornire, altresì, idonee Linee Guida per corrispondere alle indicazioni della Commissione Europea. Nel 2006, il Comitato ha prodotto il documento “Linee guida per l’istituzione e l’accreditamento delle biobanche”, con l’obiettivo di definire le tipologie e i ruoli delle diverse biobanche umane e indicare, sulla base di documenti nazionali e internazionali, le modalità per la loro istituzione e accreditamento. Il documento fornisce definizioni, principi, documentazione e propone un possibile modello organizzativo nazionale per la certificazione e l’accreditamento delle strutture che chiedono l’autorizzazione ad essere riconosciute come Biobanche. È composto da 4 allegati che riportano in esteso specifici punti che sono stati oggetto di lavoro della commissione. L’allegato 3, in particolare, affronta il tema delle biobanche dei tessuti umani per la ricerca, con una panoramica sulle normative europee ed internazionali, l’analisi del ruolo dell’anatomopatologo e degli archivi di anatomia patologica, le problematiche etiche e legali legate all’uso dei tessuti per ricerca. LA RETE DI ALLEANZA CONTRO IL CANCRO Alleanza contro il cancro è un’associazione senza scopo di lucro istituita nel 2002 per volontà del Ministero della Salute. Lo scopo dell’Associazione è realizzare e gestire una rete di informazione e collaborazione tra gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) di diritto pubblico e privato ad indirizzo e/o interesse oncologico. Nell’ambito del “Programma straordinario oncologico a carattere nazionale per l’anno 2006” è prevista l’integrazione delle attività di ricerca attraverso la costruzione di strutture e reti di collaborazione interistituzionali. Tra queste, la “Rete italiana delle banche di tessuti per la ricerca sul cancro” vuole rispondere a questa necessità mediante la creazione di una rete che favorisca la standardizzazione di tutti i procedimenti riguardanti i campioni che possano minimizzare la variabilità delle manipolazioni associate agli stessi. L’obiettivo principale di questo progetto è la formazione, mediante l’identificazione delle risorse disponibili, delle metodologie di lavoro e degli investimenti necessari, di un network italiano delle biobanche per l’oncologia, da collegare con l’infrastruttura virtuale delle biobanche europee in fase di costruzione (BBMRI). Bibliografia 5 1 2 3 4 International Network of Biological Resource Centres For Cancer Research: Recommendations on Common Minimal Technical Standards. IARC (draft 25/7/2006). Biological Resource Centres. Underpinning the future of life. Paris: Sci Biotechnol OECD 2001. OECD. Best Practice Guidelines for Biological Resource Centres. OECD Publishing 2007. Best Practices for Repositories I. Collection, Storage, and Retrieval of Human Biological Materials for Research International Society for Biological and Environmental Repositories (ISBER). 6 7 Cell Preserv Technol 2005;3:5-48. National Cancer Institute Best Practices for Biospecimen Resources. June 2007 http://biospecimens.cancer.gov/global/pdfs/NCI_ Best_Practices_060507.pdf Litton JE, Muilu J, Peltonen L. The Federated Database – Basis for biobank-base post-genome studies, integrating phenome and genome data from 600 000 twin pairs in Europe. Eur J Human Genet 2007 (in press). Società Italiana di genetica Umana, Telethon Fondazione onlus. Biobanche genetiche. Linee Guida. Bricarelli FD, Baldo C, Filocamo M, Monaco L, (a cura di). Inserto Analysis – N. 5/6.2003. PATHOLOGICA 2008;100:61-66 Biobanks: state of the art in Italy, Europe and the US B. PARODI, M. TRUINI* S.S. Banca Biologica e Cell Factory, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova; * S.C. Anatomia e Citoistologia Patologica, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, Genova Key words Biobank • Biological resource centre • Research infrastructure • Good practice • Tissue samples Introduction The progresses made by genomic and biomedical research, together with the availability of innovative technologies, has permitted the differentiation of multifactorial diseases using more precise diagnostic methods. Such conditions are indispensable for the development of personalised medicine and can render treatments more effective, reduce adverse effects, optimise the design of clinical protocols and improve preventive strategies. In order to clarify the aetiology of complex disease, large sample collections of biological materials are needed, along with epidemiological, clinical, biological and molecular data in patients affected with disease together with healthy control subjects. Normal tissue samples, in particular, are a precious resource for clinical and experimental research in oncology: with the advent of new technologies to evaluate the human genome and decipher complex networks of interactions between biomolecules and the functional consequences of such alterations, the study of human tissue samples is critical is discovering new mechanisms of cancerogenesis, progression and treatment resistance. The collection and analysis of biological samples is a necessary and routine process for diagnosis, and the close interaction of Pathology Departments in centres that collect biological material is essential for the correct use of conserved samples. In the near future it is likely that the evaluation of different molecular patterns will become essential not only for diagnosis, but also for follow-up; the development of Centres of Biological Resources will become an integral part of medical practise 1. The development of centres for the collection of tissue samples forms the basis of three innovative sectors of biomedical science: molecular and genetic epidemiology (evaluating the genetic and environmental basis of cancer in the general population and cancer-affected families); molecular pathology (development of procedures for molecular classification and diagnosis in oncology); and pharmacogenetics (which can predict the response of individual patients to treatment). At the European and international level, there are various initiatives that have the objective of organising the collection of tissue samples and associated biological materials, accompanied by relevant clinical data. In this way, a high level of biological material can be obtained for diagnosis, therapy and research. In addition, the high level of international cooperation allows the possibility to obtain large panels of homogenous material even for rare pathologies. The present manuscript will provide a panorama of the major national and initiatives in terms of networking of biobanks and shared standards for quality. Several projects are briefly described (Tabs. I and II), and provide a web link if more information is desired; the initiatives of the OECD and the BBMRI project on the 7th EU framework are described in more detail. The international scenario THE OECD INITIATIVE Task Force for Biological Resource Centres (BRC) The OECD (Organization for Economic Co-operation and Development) organised the Biological Resource Centres Network, the scientific and economic relevance of which is well known. In 1999, after being prompting by a Japanese delegation, the OECD instituted a task force (Task Force on Biological Resource Centres – BRCs) in a workshop in Tokyo with the objective of adding value to existing structures and creating national BRCs. It also had the aim to develop an accredited system of BRCs based on international criteria, promote inCorrespondence Barbara Parodi, Banca Biologica e Cell Factory, IST - Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, l.go R. Benzi 10, 16132 Genova, Italy - Tel. +39 010 5737474 - Fax +39 010 5737293 - E-mail: [email protected] 62 ternational collaboration between BRCs, define shared standards to harmonise functioning of the BRCs and establish a global network of BRCs. The task force formed part of the Global Forum on Knowledge Economy and reported to the Working Party Biotechnology (WPB) of the Committee for Scientific and Technological Policy (CSTP). On the basis of the activities of the task force, in 2001 OECD published Biological Resource Centres: Underpinning the Future of Life Sciences and Biotechnology 2, a document that defined the Biological Resource Centres. The definition was quite liberal, and included collections of microorganisms, plant cells and, of course, human tissue samples: “Biological resource centres are an essential part of the infrastructure underpinning biotechnology. They consist of service providers and repositories of the living cells, genomes of organisms, and information relating to heredity and the functions of biological systems. BRCs contain collections of culturable organisms (e.g. micro-organisms, plant, animal and human cells), replicable parts of these (e.g. genomes, plasmids, viruses, cDNAs), viable but not yet culturable organisms cells and tissues, as well as data bases containing molecular, physiological and structural information relevant to these collections and related bioinformatics. BRC must meet the high standards of quality and expertise demanded by the international community of scientists and industry for the delivery of biological information and materials. They must provide access to biological resources on which R&D in the life sciences and the advancement of biotechnology depends”. Guidelines of the OECD and the Global BRC Network The Task Force concluded its work in December 2006, with a mandate from the Ministers of Scientific Research from member states to produce a reference standard for BRCs, and to form the basis for the realisation of a Global BRC Network. The end result was recently published as OECD Best Practice Guidelines for Biological Resource Centres 3. The first workshop in the subject was also recently held in December 2007 in Paris, entitled: “The Global Biological Resource Centres Network: networking the networks”. The OECD guidelines have rapidly become an internationally recognised standard for the general organisation of BRCs in the biomedical field, and other guidelines CSE refer to these. Many European countries (including Italy) have taken initiatives for the recognition and certification of biobanks on the basis of the criteria defined by the OECD. OTHER INTERNATIONAL INITIATIVES Table I shows the most important international and European biobanking projects, which include networks of biobanks, technical and organisational standards, guidelines and good practises. Among the various international initiatives, three will be discussed further. Two have a general biobanking interest, and the other B. PARODI, M. TRUINI focuses on collection of oncological samples: ISBER, OBBR and IARC. ISBER (International Society for Biological and Environmental Repositories) ISBER is an international forum founded by the American Society for Investigative Pathology (ASIP). Various institutions form this society, including public and private research centres and equipment manufacturers, and the ISBER is involved in the technical, legal, ethical and organisational aspects of biological repositories. The ISBER organises courses and meeting about quality and quality control, normatives, protection and confidentiality of data, and provides information on products and protocols for biobanking. The organisation has the major objective of spreading information on organisational issues of repositories and carries out education through the development of guidelines 4. OBBR (Office of Biorepositories and Biospecimen Research) The National Cancer Institute instituted the Office of Biorepositories and Biospecimen Research (OBBR) in 2005 with the objective of guiding, coordinating and developing biobanking resources. The declared mission of the OBBR is “to ensure that human specimens available for cancer research are of the highest quality”. In 2006, the OBBR initiated the Biospecimen Research Network (BRN) with the objective of sponsoring, organising and participating in studies to determine the effects of sample variability on the results of genetic and proteomic studies on research and diagnosis in oncology. The objective of the BRN is to contribute to the development of good, evidence-based practises for collection, processing, storage and analysis of biological samples. The NCI Best Practices for Biospecimen Resources 5 defines variables that significantly influence tissue, blood and body fluid collection and the development of indicators for quality control of samples using specific analytical platforms. Development of a Biospecimen Research Database is also foreseen. IARC (International Agency for Research on Cancer) Publication of the definitive version of the “International Network of Biological Resource Centres For Cancer Research: Recommendations on Common Minimal Technical Standards”, developed by the IARC in collaboration with the network of directors of cancer research centres worldwide is imminent. The IARC will to provide useful tools for the development and coordination of BRCs in various geographic regions. BRCs are defined as essential infrastructures that render the description of tumours possible using molecular criteria wherever possible; this is a key element in an accurate epidemiological description of cancer, better understanding of its pathogenesis and implementation of preventive strategies. BRCs have a central role in integrating clinical practise, tumour registries and experimental research. The primary objective of the IARC BIOBANKS: STATE OF THE ART IN ITALY, EUROPE AND THE US 63 Tab. I. Biobanking networks and web site links for international guidelines. CABIG Cancer Biomedical Informatics Grid - Tissue Banks and https://cabig.nci.nih.gov/workspaces/TBPT Pathology Tools (TBPT) Workspace CABRI Common Access to Biological Resources and Information http://www.cabri.org CHTN Cooperative Human Tissue Network http://www-chtn.ims.nci.nih.gov/ ECCO European Culture Collections’ Organisation http://www.eccosite.org/ ECVAM European Centre for the Validation of Alternative Methods Guidance on Good Cell Culture Practice. http://www.springerlink.com/content/m527h07552756043/ EORTC European Organisation for Research and Treatment of Cancer http://www.eortc.be/Services/Doc/policies/POL015.pdf EPIC European Prospective Investigation on CancerBio-bank and biological samples http://www.iarc.fr/epic/Sup-default.html EuroBioBank http://www.eurobiobank.eu/it/information/info_institut.htm EuroGenBank http://www.nature.com/ejhg/journal/v11/n6/abs/5201007a. html European Biobanks http://www.biobanks.eu/ IARC International Agency for Research on CancerInternational Network of Biological Resource Centres For Cancer Research: Recommendations on Common Minimal Technical Standards (draft) http://www.iarc.fr/ ISBER International Society for Biological and Environmental Repositories - Best Practices for Repositories I: Collection, Storage, and Retrieval of Human Biological Materials for Research) http://www.isber.org/ibc.html MRC Medical Research Council, UK Human tissue and biological samples for use in research. Operational and ethical guidelines http://www.mrc.ac.uk/Utilities/Documentrecord/index.htm?d = MRC002420 NCI National Cancer Institute, USA National Cancer Institute Best Practices for Biospecimen Respources. June 2007 http://biospecimens.cancer.gov/global/pdfs/NCI_Best_Practices_060507.pdf OBBR Office of Biorepositories and Biospecimen Research, NCI, USA http://biospecimens.cancer.gov/index.asp OECD International OECD Best Practice Guidelines for Biological Resource Centres http://www.oecd.org/document/50/0,3343,en_2649_201185_ 1911986_1_1_1_1,00.html P3G Public Population Project in Genomics http://www.p3gconsortium.org/ TUBAFROST - European Human Frozen Tumor Tissue Bank http://www.tubafrost.org is to promote shared standards that are both acceptable and applicable in countries with different cultures and diverse economic and social situations. The IARC will implement a database containing information that is needed for BRCs. The European reality TUBAFROST This European initiative is now a consortium of institutions involved in cancer research; this project is sponsored by the European Organisation for the Research and Treatment of Cancer (EORTC). TuBaFrost coordinates several European biobanks, promotes the exchange of tissue samples and has developed specific guidelines and protocols that have been made available on-line for the collection, processing, conservation and distribution of samples. It also offers the possibility of virtual microscopy using high-resolution images available on-line. EUROBIOBANK EuroBioBank is the only network dedicated to rare genetic diseases in Europe, and provides DNA, cells and B. PARODI, M. TRUINI 64 Tab. II. Italian initiatives. Telethon - Rete di biobanche per le malattie genetiche http://www.telethon.it/ricerca/servizi.asp Società Italiana di Genetica Umana e Telethon - Biobanche http://www.telethon.it/ricerca/pdf/Revisori/Biobanche.pdf genetiche Linee guida Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie Linee guida per l’istituzione e l’accreditamento delle http://www.governo.it/biotecnologie/documenti/7.biobanche.pdf biobanche http://www.governo.it/biotecnologie/documenti/8.AllegatiBiobanche.pdf Alleanza contro il cancro - Rete italiana delle banche di tessuti per la ricerca sul cancro http://www.e-oncology.it/index.asp human tissue samples as a service to the scientific community for research purposes. These rare diseases are in general very severe, and adequate therapies are urgently needed. By creating a critical mass of biological materials and facilitating their exchange, EuroBioBank helps advance research on these diseases. Biological samples are distributed only for selected research projects. Their archives include 145 cell collections, 544 DNA collections and 282 tissue collections for a total of 170,000 samples; a catalogue is available on-line. The present network is composed of 15 members from 7 European countries (France, Germany, Hungary, Italy, Malta, Slovenia and Spain). THE 7TH EUROPEAN FRAMEWORK PROGRAM: EUROPEAN INFRASTRUCTURES FOR RESEARCH European BioBanking and BioMolecular Resources Research Infrastructure (BBMRI) Incentives of the project and basis for the formation of a new infrastructure In Europe there are many biobanks and institutions that collect tissues and blood, cells and pathological/clinical data, and constitute a substantial patrimony of significant scientific and economic relevance. Biobanks, biomolecular resources and analytical instruments for molecular analyses are in fact all essential tools for research on gene function, disease-associated genes and interactions between genes and the environment, in addition to new targets for drug discovery, biomarkers and individualised therapies. These national institutions, even if they have enormous value and tradition, are fragmented on a European scale by the presence of different regulations for their access, and especially regarding the lack of common reference standards. This often impedes the use of samples in the same study that originate from different biobanks, which is a fundamental aspect for the study of rare diseases. The overall consequence is the duplication of similar projects, and waste of economic resources and time. There is thus a concrete risk that commercialisation of research results may occur outside of Europe. The capacity to develop networks of biobanks is also indispensible when consid- ering design of phase II and II clinical trials for the validation and transfer of biomarkers to the clinic. The creation of a European infrastructure that collects and coordinates European biobanks will permit the development of the full potential of these resources and facilitate access to biomaterials and data for both academic and private institutions. It can achieve this through cataloguing existing resources, defining clear rules for shared access to materials, promoting exchange of biological materials and data, and coordinating the development of biological resources, technologies and funding. Scientific excellence forms the basis of this new infrastructure together with the importance of participating European institutions. In this regard there are long-term possibilities for biobanking with the establishment of clear goals, efficient and flexible organisation. Together this allows for greater valorisation of existing resources in terms of structures and professional assets. The most relevant problems that the infrastructure must overcome concern standardisation of sample collection, rules governing access to biomaterials, legal and ethical matters and long-term sustainability. Description of a new infrastructure, objectives and activities in the preliminary phase The European infrastructure BBMRI has the objective of valorising and increasing the scientific excellence of European biomedical research, and improving and expanding competition in biotechnological research and industry in a global context. This can be achieved through greater investments by pharmaceutical industry and extra-European research institutions. The BBMRI will be composed of the following: • different types of biobanks (collections of DNA, tissues, cells, blood and biological fluids, associated with clinicopathological and environmental data, and follow-up), i. population cohorts (prospective and twin samples), ii. cohorts of clinical cases/control subjects for specific pathologies, iii. cohorts of isolated populations; • bimolecular resources (collections of antibodies, clones, siRNA libraries, proteins, cell lines, etc.). BIOBANKS: STATE OF THE ART IN ITALY, EUROPE AND THE US BBMRI has proposed furnishing the scientific and industrial communities in Europe with the following: • technologies and high-throughput analysis platforms, and integration of specialised sites in the development of molecular tools to decipher the function of genes, proteins and metabolites, and how these may interact; • reference standards and guidelines for the collections, conservation, characterisation and quality control of samples; • an infrastructure for the collection of data and biocomputing; • a platform for the analysis of harmonisation of different aspects of biobanking in Europe such as those related to ethical, legal and social issues; • solutions for the management and financing of the infrastructure: – contracts that define the interactions between members, and the terms and conditions of being a member of the BBMRI, – negotiable contracts between BBMRI, its members and financial organisations to reinforce long-term funding, – agreements for access to biomaterials and data, and the policies for data-sharing, – an appropriate legal structure. Many European biobanks have expressed interest in the BBMRI and will contribute to the project; the initial phase will take advantage of previous work, from results and international consensus already in place on a European and global level (projects financed within the framework of FP5, FP6, FP7, the P3G, WHO, OECD regarding the BRC, guidelines of the ISBER). Organization The initial phase of the BBMRI is organised in three levels: operative hubs, executive management and strategic (Governance Council, Advisory Board, Stakeholders Forum). Key components of the infrastructure are the large collections of biological samples spread throughout Europe. These collections must be constantly enriched and updated in terms of clinical data, lifestyle, health status and environmental exposition of donors. Only a network of members in EU countries can provide such an ambitious result 6, and consequently, the BBMRI must be organised in a distribution network of coordination centres. These hubs can coordinate diverse activities such as collection, exchange and analysis of samples and data. Biobanks of populations and pathologies, biomolecular resources and members of the BBMRI are associated with hubs for their specific activities. Public and private institutions (universities, research centres, hospitals, biotechnology companies) that furnish biological samples, data, technologies and services are considered as an associated partner to members of the BBMRI. The BBMRI can guarantee significant flexibility as new members can join the network at any time, and the net- 65 work can adapt itself to emerging needs of biomedical research. A communications infrastructure, utilising a European database and grid computing technology, will integrate the complex network of hubs, members and partners in a single virtual infrastructure 6. Each hub will be coordinated and directed by Executive Management, helped by a Governance Council and an Advisory Board; the hub will receive contributions from the Stakeholders Forum, which will guarantee clear definition of responsibilities and decisional processes. This initial phase is expected to last 4 years, after which the next phase can begin, i.e. the actual construction of a European infrastructure. THE ASSIST BIOBANK PROJECT The ASSIST-Biobanks project (Advice for Scientists/ Stakeholders on Setting-up and Integrating STandardized Biobanks) is carried out in close collaboration with the BBMRI. It will contribute to improving the quality of individual biobanks and promote their harmonisation through: a) integration and improvement of guidelines and good practises already in place; b) identification of critical points and need for guidelines; c) research projects that can address these issues; d) a panel of normatives, standards and guidelines that can be shared and validated, eventually forming a biobanking manual that is freely and easily accessible via internet. These objectives can be carried out by creating the right conditions for facilitation, encouraging the collaboration between biobanks and the realisation of a European network that is open to collaboration on an international level. The project will involve the participation of many European and extra-European institutions that are leaders in biobanking, such as the IARC in Lyon, the Estonian Genome Project, the Iceland deCODE genetics project, Erasmus University Medical Center (NL) and the Public Population Project in Genomics (CA). Many partners have a relevant role in other complementary projects; these include P3G, PHOEBE, OCSE and Marble Arch Think Tank. It is of primary importance that projects are initiated as soon as possible in order to interact with the prospects foreseen by the ESFRI Road Map (European Strategy Forum on Research Infrastructures), according to which in the next 3-4 years various European states will make significant investments in biobanking infrastructures. Italian initiatives TELETHON, THE SOCIETÀ ITALIANA DI GENETICA UMANA AND GUIDELINES FOR GENETIC BIOBANKS For many years, the Telethon foundation has financed a group of biobanks that focused on research in genetic B. PARODI, M. TRUINI 66 disease. At present, there are 7 biobanks in the network that collect DNA, cells and tissues from patients affected by neuromuscular and metabolic disease in addition to movement disorders. In order to participate in the network, the biobanks must provide documentation about sample handling and respect for the rights of patients in terms of data protection, and must carry out a community service by furnishing samples free of charge after evaluation of the scientific value of the proposed project. Recently, with the goal of regulating biobanking activities in Italy, a workgroup has been instituted jointly between the Società Italiana di Genetica Umana (SIGU) and Telethon. This working group has proposed guidelines for the creation, maintenance and use of genetic biobanks 7. The document considers the definition of a genetic biobank, its final goals, procedures and management of data associated with samples, the concept of ownership, utilisation and distribution of biological samples and the benefits that such a biobank can provide for the community. COMITATO NAZIONALE PER LE BIOTECNOLOGIE, LA BIOSICUREZZA E LE SCIENZE DELLA VITA The Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze per la Vita (CNBBSV), taking advantage of scientific, professional and institutional progresses of its members, has been called upon to provide governmental support for the adoption of scientific, economic and social normatives that involve biomaterials, and will furnish appropriate guidelines for correspondence with the European Commission. In 2006, the committee produced a guideline for the institution and certification of biobanks with the objective of defining the types of roles of different human biobanks, and indicate, on the basis of Italian and international documentation, the best means for their References 1 2 3 4 International Network of Biological Resource Centres For Cancer Research. Recommendations on Common Minimal Technical Standards. IARC (draft 25/7/2006). Biological Resource Centres. Underpinning the future of life. Sci Biotechnol ISBN 92-64-18690-5, 2001, OECD, Paris. OECD Best Practice Guidelines for Biological Resource Centres (OECD Publishing 2007). Best Practices for Repositories I. Collection, Storage, and Retrieval of Human Biological Materials for Research International Society for Biological and Environmental Repositories (ISBER). Cell Preservation Technology 2005;3:5-48. establishment. The document furnishes definitions, principles and documentation, and proposes a possible organisational model for the certification and accreditation of structures that request authorisation to function as a biobank. The document is composed of 4 parts that extensively address specific issues. The third part, in particular, addresses the subject of biobanks of human tissues for research purposes, with a panoramic view on current European and extra-European normatives, analysis of the role of the pathologist, archives of a pathology department and legal/ethical questions regarding the use of tissues for research. ALLEANZA CONTRO IL CANCRO Alleanza contro il cancro is non-profit organisation founded in 2002 at the request of the Italian Health Ministry. The aim of the organisation is to create a network of data and promote collaboration between primary care institutions that also have a significant research sector. Participation is open to public and private participants with an interest in cancer. In 2006 a special national program in oncology was instituted that foresees the integration of research activities through the creation of structures and networks between various institutions. Among these, the “Italian Network of Tissue Banks for Cancer Research” has attempted to respond to this necessity by creating a network that favours the standardisation of all aspects of sample preparation and conservation that can contribute to inter-sample variability. The major objective of this project is the formation, through identification of available resources, of methodologies and investments, of an Italian network of biobanks for oncological research. This network will be integrated with the virtual infrastructure of the European biobanks that is currently under construction (BBMRI). 5 6 7 National Cancer Institute Best Practices for Biospecimen Resources. June 2007 http://biospecimens.cancer.gov/global/pdfs/ NCI_Best_Practices_060507.pdf Litton JE, Muilu, J, Peltonen L. The Federated Database - Basis for biobank-base post-genome studies, integrating phenome and genome data from 600 000 twin pairs in Europe. Eur J Human Genet 2007 (in press). Società Italiana di genetica Umana, Telethon Fondazione onlus. Bricarelli FD, Baldo C, Filocamo M, Monaco L, (a cura di). Biobanche genetiche. Linee Guida. Inserto Analysis 2003;5/6. PATHOLOGICA 2008;100:67-71 La ricerca medica nei tessuti umani e la bioetica: il punto di vista del ricercatore G. STANTA, A. CESCATO*, R. BARBAZZA* Dipartimento di Scienze Cliniche, Morfologiche e Tecnologiche dell’Università di Trieste e International Centre of Genetic Engineering and Biotechnology, Trieste; * Anatomia Patologica dell’Ospedale di Feltre Parole chiave Banche tissutali • Biobanking • Conservazione tessuti biologici • Criopreservazione tissutale • Ricerca medica • Bioetica Perché la bioetica si occupa della ricerca medica e cosa è cambiato oggi? Che la bioetica debba occuparsi della ricerca sull’uomo è una ovvietà: la sperimentazione sull’uomo non può che essere un tema etico, che deve essere affrontato in modo esauriente. La sensibilità etica, inoltre, come la gran parte degli altri aspetti della società umana, si modifica nel tempo. Molti fattori influiscono sulla percezione etica, fra questi l’evoluzione dei costumi, le diversità culturali, la ricerca stessa con le sue nuove conoscenze e applicazioni. Oggigiorno questa percezione è condizionata e orientata in gran misura anche dalle comunicazioni dei media. L’atteggiamento etico nei confronti della ricerca medica ha subito un brusco cambiamento con i successi raggiunti dalla genetica alla fine del secolo scorso. Ci siamo resi conto che le analisi sul nostro corredo genetico potevano evidenziare una predisposizione per gravi ed invalidanti malattie. Questa è certamente una bella notizia, perché così si possono evitare rischi ambientali e di comportamento che favorirebbero la comparsa di malattie a cui siamo più suscettibili e si può attivare un programma di diagnosi precoce. Contemporaneamente, però, la conoscenza di queste debolezze del nostro organismo ci può creare situazioni di preoccupazione e ansia, e magari non vogliamo nemmeno conoscerle. Ci possono inoltre danneggiare, se queste informazioni sono risapute a livello sociale (possibilità di discriminazione sociale e lavorativa, restrizioni assicurative, ecc.). Questo danno non è solo a livello personale, ma, poiché si tratta di caratteristiche genetiche trasmissibili ai discendenti, anche a livello familiare. Ci si è resi quindi conto di come queste nuove ricerche, che coinvolgono il nostro DNA, sono un punto di possibile e grave lesione della nostra “privacy”, in un modo che non era mai stato possibile prima. Un rinnovato discorso etico sulla ricerca umana ha iniziato a evolversi proprio sulla base di queste conoscenze scientifiche. A questa presa di coscienza si sono poi aggiunti, con lo sviluppo della ricerca, la potenzialità di una clonazione umana, l’uso in laboratorio delle cellule staminali presenti negli embrioni umani. Il tema bioetico a questo punto si è espanso a nuove e più acute sensibilità che riguardano i principi etici più profondi della nostra civiltà, con il coinvolgimento non solo di interessi psicologici e di privacy, ma anche religiosi, filosofici e politici. Giornali e televisioni non potevano certamente restare fuori da un disputa così importante e accesa, e hanno contribuito alla presentazione e al chiarimento di questi problemi, focalizzandosi ovviamente sulle questioni più critiche, con maggior presa sul pubblico. Un grande allarme etico è stato quindi lanciato nell’opinione pubblica, un allarme che nella percezione generale può avere difficoltà a distinguere chiaramente fra i vari e complessi aspetti etici connessi a situazioni molto diverse della ricerca medica. Quali sono gli interessi in gioco? Non vogliamo assolutamente occuparci qui delle grosse questioni etiche coinvolgenti problemi filosofici e religiosi, ma della ricerca medica nel suo insieme, quella che rappresenta il 99% della ricerca sulle malattie umane e che non coinvolge clonazioni o embrioni umani. All’interno di questa vorremmo anche distinguere la ricerca diretta agli aspetti genetici, quelli che possono ledere profondamente la privacy, dalla ricerca più strettamente patologica, che è la maggior parte della ricerca Corrispondenza prof. Giorgio Stanta, Dipartimento di Scienze Cliniche, Morfologiche e Tecnologiche, Università di Trieste, Unità Clinica Operativa di Anatomia Patologica, Istopatologia e Citodiagnostica, Ospedale di Cattinara, Strada di Fiume 447, 34149 Trieste - E-mail: [email protected] 68 medica applicata. In questo ultimo caso gli aspetti genetici sensibili sono del tutto marginali o assenti. Definiamo la prima quindi come ricerca di “genetica molecolare” e quest’ultima come ricerca di “patologia molecolare”. La differenza fra le due ricerche è che in quella genetica si studia il DNA contenuto nelle cellule normali del nostro corpo (come quelle circolanti nel sangue), che possono dare le informazioni sensibili di cui si è parlato sopra, mentre nella ricerca di patologia molecolare si studiano le cellule malate, quelle che sono alterate rispetto a quelle normali e che in molti casi, come per esempio nelle cellule dei tumori, sono poco adatte a dare informazioni di tipo genetico, perché il DNA è alterato rispetto alle cellule normali dello stesso paziente. In queste ricerche si studiano perlopiù altre macromolecole biologiche, come l’RNA e le proteine, che sono meno adatte al riconoscimento di informazioni genetiche. Questo significa che in una gran parte delle ricerche strettamente mediche non si analizzano dati genetici sensibili per la privacy. Nella ricerca medica ci sono interessi contrapposti che devono essere ben valutati e accuratamente soppesati. Questi sono l’interesse generale per la nostra salute con la ricerca di una medicina più efficace e sicura, dall’altra parte il diritto alla riservatezza sulle informazioni personali e l’affermazione di un diritto di “proprietà” dei tessuti. INTERESSE GENERALE ALLA SALUTE Viviamo in un momento della storia della ricerca medica tale che ciò che ci aspettiamo dallo sviluppo a breve termine è veramente rivoluzionario. Stiamo passando da una medicina in gran parte ancora empirica a una basata sulle evidenze molecolari dirimenti per diagnosticare e trattare le malattie. Ci aspettiamo di controllare la maggior parte delle malattie croniche e degenerative più comuni con una specificità ed efficienza che avrà conseguenze importanti. Questo introduce una nuova variabile nella valutazione che stiamo facendo. Questa variabile è il tempo: se il contributo della ricerca medica è essenziale per la sopravvivenza dei pazienti, come è stato già dimostrato negli ultimi decenni, allora dobbiamo considerare che qualsiasi ritardo della stessa ricerca può comportare nel futuro una rilevante mortalità prematura di pazienti. Questa drammatica considerazione potrebbe fare piacere a un economista cinico, che teme il peso delle lunghe pensioni e delle costose disabilità negli anziani. Certamente, invece, la nostra società è destinata a cambiare, proprio sotto la spinta di una medicina efficace che influisce non solo sulla sopravvivenza, ma anche sulla qualità della vita, con uomini che possono continuare una fattiva esperienza anche nelle fasi più avanzate dell’invecchiamento. INTERESSE ALLA RISERVATEZZA Non vogliamo certo mettere in discussione le obiezioni etiche che consigliano cautele normative per difendere la privacy dei pazienti, che può rappresentare un interesse contrapposto a quello della ricerca come bene comune di G. STANTA ET AL. tutta l’umanità. Anzi, queste preoccupazioni si capiscono molto bene: ciascuno di noi è irritato se altri vengono a sapere, anche nella stretta cerchia di amici e parenti, qualcosa su anche lievi malattie personali e familiari. La compassione premurosa e superficiale degli altri non fa certo piacere e questa riservatezza è un diritto che si sente profondamente ed è inalienabile. Questo diritto è tuttavia in larghissima parte già protetto dalle norme che riguardano il segreto professionale dei medici e degli operatori sanitari che trattano i dati sanitari, anche per ricerche mediche applicate. La ragione per cui ci si sente invece scoperti da una protezione efficace della privacy è quella della diffusa informatizzazione di tutti i sistemi sanitari. A questi sistemi hanno accesso non solo il personale sanitario, ma un numero elevatissimo di persone quali segretarie, impiegati amministrativi e potenzialmente anche hackers. Non meraviglia per niente quello che è stato riportato recentemente sui giornali italiani, che le finanze private del Presidente del Consiglio siano state esplorate, molto probabilmente per pura curiosità, da centinaia di impiegati pubblici, che avevano accesso a queste banche dati per motivi professionali. INTERESSE PER LA PROPRIETÀ DEI TESSUTI C’è un terzo interesse, quello della proprietà dei tessuti, connesso al diritto di stabilirne destinazione ed usi. Certamente sembra che diritto e buon senso considerino i nostri tessuti di proprietà di ciascuno di noi. Ma questi possono venir liberamente donati per scopi leciti (per esempio con un prelievo di sangue per una ricerca), o affidati ai medici per procedure cliniche diagnosticoterapeutiche nel corso di un trattamento di una malattia (per esempio un’asportazione chirurgica di tessuti con esame patologico per stabilire la diagnosi istologica e lo stadio della malattia). Questo concetto di proprietà ha comunque degli aspetti sfumati dal fatto che questi tessuti prelevati per ragioni cliniche vengono poi comunque eliminati e non presentano alcun reale valore per il paziente stesso, mentre possono essere estremamente preziosi per la ricerca medica. La discussione etica che coinvolge il bilanciamento degli interessi, quello generale della salute e quelli personali della riservatezza dei nostri dati e della proprietà dei tessuti, è ancora aperta. Il ricercatore ha comunque il dovere di sottolineare che norme bioetiche eccessivamente restrittive potrebbero porre un freno non giustificato alla ricerca, con ritardi anche di molti anni. Il problema è una mediazione razionale e non emotiva fra questi nostri importanti interessi. Ricerche di patologia molecolare nei tessuti umani: quali sono gli elementi che permettono di dirimere e mediare questi interessi contrastanti? Nella realtà quotidiana delle relazioni tra soggetto/paziente e medico/ricercatore che interloquiscono a fine di diagnosi, prognosi e terapia ovvero per la soluzione di LA RICERCA MEDICA NEI TESSUTI UMANI E LA BIOETICA un problema clinico oppure più squisitamente a fini di ricerca, possono svilupparsi delle situazioni conflittuali nelle quali le necessità di entrambi possono essere divergenti, oppure una delle figure può vivere il rapporto che si instaura come una limitazione di un bene personale irrinunciabile: la propria libertà. Sembra corretto perciò cercare una via finale comune che possa soddisfare entrambe le figure non limitando, ma anzi potenziando l’espressione di questo bene unico, cercando di garantire piena sicurezza in ogni fase, non solo di un progetto di ricerca, ma anche dell’acquisizione di un qualsiasi dato liberandolo poi da complicazioni nell’uso. Lo sviluppo dei concetti di consenso, tacito assenso, di donazione, di garante, potrebbero essere punti di partenza, di convergenza e di conclusione passanti per l’esaltazione della libertà. In un normale rapporto medico-paziente ci si può aspettare che all’aumentare del grado di libertà di uno diminuisca quello dell’altro o al massimo, che si equivalgano nella prospettiva di ottenere il meglio per entrambi, come nel sempre auspicato caso in cui si sviluppi una convinta alleanza e comunione di intenti. A tale riguardo potrebbe essere interessante adottare come riferimento un principio enunciato da Stuart Mill, filosofo caro e più volte ripreso dal Comitato Nazionale di Bioetica, il quale recita che: solo se si può operare “una scelta che non pregiudichi la possibilità di alcun’altra scelta in futuro” allora è possibile aspirare ad un’esaltazione di quella libertà che è stata posta alla base del rapporto clinico/ricercatore-paziente, comprendente la libertà di ricerca medica per il bene comune. Con una libertà nel rapporto medico/ricercatore-paziente tendente a crescere per valorizzare entrambe le figure e garantirne la massima soddisfazione, diventa allora centrale ed imprescindibile postulare l’esistenza di uno strumento che consenta al paziente di scegliere ed al ricercatore di realizzare quell’auspicabile futuro di una medicina sicura ed efficace. Per capire come applicare questi principi è importante, come già detto, distinguere la ricerca medica nei diversi approcci possibili e bisogna capire un po’ di più quali sono i principali indirizzi odierni della ricerca applicata alla medicina. Questi sono dettati dagli obiettivi proposti, dalla disponibilità delle metodiche per la ricerca, dal materiale biologico su cui viene eseguita e dal tipo di ricerca che viene svolta. OBIETTIVI DELLA RICERCA Come già ricordato, oggi l’obiettivo centrale è quello di giungere ad una medicina basata sul riconoscimento dei meccanismi molecolari che stanno all’origine delle malattie e la cui comprensione permette di attuare una terapia efficace e sicura, magari definita su misura per ciascun paziente. Il riduzionismo imposto dalle conoscenze finora disponibili in medicina, con la classificazione sistematica delle malattie in grandi gruppi, deve essere superato da un approccio più personalizzato. Non che le malattie siano diverse da quelle che già conosciamo, ma per curarle efficacemente dobbiamo dividerle in sotto- 69 gruppi sempre più omogenei, fino ad indagare il singolo individuo. Per questo abbiamo bisogno dello studio sui “biomarcatori molecolari” e per studiare questi è necessario l’accesso ai tessuti umani. Questi obiettivi, già in parte in via di raggiungimento, sono quindi chiari e atti a ottenere quella promettente rivoluzione della medicina che ci aspettiamo. Sono obiettivi condivisibili da tutti e di elevato valore etico (non sono pertanto l’oggetto di una valutazione bioetica cautelativa), al contrario di altre ricerche che possono invece essere percepite come inaccettabili da un punto di vista etico, per esempio, quelle che si pongono l’obiettivo di clonare esseri umani. Esiste comunque la garanzia che gli obiettivi di una ricerca, che coinvolge gli esseri umani, siano ben orientati ed etici. I progetti di ricerca vengono, infatti, preliminarmente presentati per una valutazione a comitati etici, che li devono esaminare ed approvare. METODICHE UTILIZZATE NELLA RICERCA Le metodiche prevalenti da usare nella ricerca medica in questo stadio sono ben definite e si riferiscono per lo più a quelle utilizzate dalla “biologia molecolare” e dalla “proteomica”. Sono metodiche potenti e sofisticate che vengono liberamente usate da migliaia di laboratori di ricerca medico-biologica nel mondo e, se utilizzate per fini leciti, non meritano alcun particolare rilievo etico. MATERIALE BIOLOGICO Dobbiamo ora considerare su quale materiale biologico queste ricerche sono sviluppate. Questi sono i tessuti umani e il loro uso è un passaggio indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi. La ricerca ha quindi bisogno di grandi casistiche di tessuti umani. L’origine e il tipo del prelievo di questi tessuti può essere molto diverso. I tessuti possono venir prelevati specificamente per la ricerca (ad esempio del sangue per eseguire ricerche genetiche) e in questo caso il paziente o il volontario che offre il suo campione di sangue ne è direttamente informato. Nella maggior parte di casi i tessuti sono però prelevati per altre ragioni, per esempio biopsie di piccoli frammenti di tessuto per fare la diagnosi di una certa malattia al microscopio o l’asportazione di tessuti nel corso di un trattamento chirurgico. In questi casi il paziente dà il suo assenso alla procedura diagnostica o terapeutica. I resti dei tessuti sono conservati in archivi per vent’anni e possono poi essere eliminati. Nei pezzi operatori chirurgici si eseguono dei piccoli prelievi per l’esame istologico, mentre la gran parte dei tessuti viene eliminata subito. Abbiamo perciò a disposizione una grande quantità di tessuti che prima o poi vengono eliminati, tessuti preziosissimi che possono essere utilizzati per la ricerca medica invece di essere buttati via. Il materiale biologico utilizzabile per la ricerca ha dunque origini diverse, le quali devono essere soppesate anche da un punto di vista etico. TIPOLOGIA DELLA RICERCA Dobbiamo ulteriormente differenziare la ricerca medica in base alla sua tipologia. Lo abbiamo in parte già fatto, 70 ricordando che non in tutte le ricerche si rilevano dati genetici sensibili per la privacy (ricerche di genetica molecolare), ma nella gran parte dei casi i risultati non rilevano situazioni genetiche, perché i tessuti, le metodiche e gli obiettivi non sono adatti (ricerche di patologia molecolare). Si può quindi graduare l’attenzione etica a seconda dei dati ottenibili dalla ricerca. Molti di questi studi non differiscono, dal punto di vista della sensibilità verso la privacy, da quelli eseguiti nei secoli passati, prima delle scoperte della genetica molecolare. Per quanto riguarda la tipologia degli studi, è necessario differenziare le ricerche retrospettive, in cui i casi clinici oggetto della ricerca sono vecchi casi chiusi e recuperati negli archivi degli ospedali, da quelle prospettive, nelle quali i casi sono selezionati fra i pazienti attualmente in cura. Nello studio dei biomarcatori le ricerche retrospettive, su tessuti umani conservati negli archivi degli ospedali, sono svolte per prime. Dall’esito positivo di queste analisi si passa per la conferma ai trial clinici prospettivi in cui i pazienti partecipano direttamente alla sperimentazione e ne sono ampiamente informati. La fase retrospettiva della ricerca è importante per giungere a una fase clinica prospettiva con maggiori probabilità di successo ed è proprio questa la fase che può permettere, più di ogni altra, l’accorciamento dei tempi della ricerca stessa. La ricerca prospettiva, invece, ha tempi e modi ben codificati e difficilmente modificabili. In queste due differenti tipologie di ricerca la valutazione etica può far sorgere considerazioni differenti. Quale è il modo migliore di garantire i pazienti dagli abusi e di raggiungere contemporaneamente, in tempi i più brevi possibili, gli obiettivi della ricerca medica? Per una migliore comprensione del problema è conveniente dividere le considerazioni etiche per le ricerche prospettive da quelle per le ricerche retrospettive. RICERCHE PROSPETTIVE Per quanto riguarda la sperimentazione clinica sui pazienti, come nei trial clinici prospettivi, c’è senz’altro un consenso sull’approccio etico da seguire e gli strumenti da utilizzare sono chiaramente definiti. In questi casi si programma una ricerca prospettiva con la selezione di soggetti con una determinata malattia, della quale sono portatori al momento in cui l’indagine viene eseguita. Il paziente, prima di iniziare lo studio di diagnosi/terapia sperimentale, deve essere informato di ciò che verrà fatto e deve accettare di partecipare a questa fase sperimentale con un “consenso informato”. Questo tipo di consenso del paziente deriva anche dalla pratica clinica. Prima di eseguire una terapia, ad esempio chirurgica, il paziente viene informato del tipo di terapia, della percentuale di successo, della probabilità di possibili rischi e complicazioni. Questa informazione si riferisce a dati ben riconosciuti e confermati dall’espe- G. STANTA ET AL. rienza clinica. Il paziente risponde con un consenso alla terapia basandosi su queste solide informazioni. In modo analogo nei trial clinici prospettivi viene proposta, per esempio, una terapia ancora sperimentale, ma perfettamente orientata a ottenere la cura o il controllo della malattia e che, tutti gli studi preliminari già fatti, indicano come probabilmente più efficace dei trattamenti finora in uso. Viene dato anche in questo caso un alto livello di informazione ben definita, tale che il paziente può fornire il suo consenso, perché è stato ben informato ed è in grado di prendere una decisione. RICERCHE RETROSPETTIVE La situazione di partenza della ricerca è molto diversa da quella prospettiva e così lo sono le considerazioni di cautela da un punto di vista etico 1 2. Gli studi retrospettivi vengono eseguiti, infatti, su casi storici già archiviati negli ospedali, con l’uso dei rispettivi tessuti, già conservati negli archivi e che sono comunque destinati a venir eliminati. Talvolta, invece, lo studio si esegue su tessuti prelevati e conservati a partire da grossi campioni chirurgici del passato (residui chirurgici), che sarebbero stati ugualmente buttati via. Il primo problema è che molti di questi pazienti sono difficilmente rintracciabili per poter ottenere un consenso informato, il che comporterebbe comunque costi aggiuntivi e tempi estremamente lunghi, e talora il paziente non può essere raggiunto perché deceduto. Le fasi iniziali della ricerca medica applicata sui biomarcatori vengono svolte su questo materiale retrospettivo, prima di passare ai trial clinici, in modo da avere informazioni scientifiche sufficienti per iniziare la fase successiva. Si ricercano vecchie casistiche per avere più dati sul decorso della malattia e sui suoi esiti. Così si possono accelerare notevolmente i tempi complessivi della ricerca e se ne riducono i costi a causa del migliore orientamento delle sue fasi finali. Nella fase retrospettiva della ricerca i risultati della stessa sono ancora scarsamente prevedibili e il ricercatore non è ancora in grado di dare spiegazioni esaurienti. Le ipotesi di lavoro devono essere confermate e spiegarle esaurientemente anche solo come probabilità al paziente è davvero difficile. Dovremmo immaginare che tutti i pazienti da noi contattati, se ancora vivi e raggiungibili, siano in grado di effettuare una difficile valutazione medico-biologica nella quale tutte le ipotesi devono essere poste a livello di complessi meccanismi molecolari. In questo caso, inoltre, non ci sono sufficienti precedenti esperienze sull’uomo a cui fare riferimento. Si può quindi ritenere che qualsiasi consenso di pazienti, senza conoscenze specifiche nel campo e basato su un tale tipo d’informazione, non possa comunque essere ritenuto valido e possa venir contestato in qualsiasi momento e in qualsiasi sede. Il consenso informato in questi casi appare inadeguato, perché il livello di informazione che può essere fornito è insufficiente a determinare un chiaro consenso “informato”. Un’ipotesi percorribile potrebbe essere quella del “consenso presunto” 3, per cui, in caso che non ci sia un’esplicita negazione del paziente all’uso dei suoi tessuti per qualsi- LA RICERCA MEDICA NEI TESSUTI UMANI E LA BIOETICA voglia ricerca, il consenso si ritiene presunto, dato l’elevato valore etico della ricerca stessa e i benefici che può portare a tutta l’umanità. Questo garantirebbe anche all’individuo la possibilità di negare la disponibilità dei suoi tessuti. La Dichiarazione Universale sulla Bioetica e sui Diritti Umani dell’UNESCO parla nell’articolo 6 del consenso e al punto 2 ammette la possibilità di eccezioni al consenso informato, in accordo con gli standard etici e legali adottati nei vari stati 4. Questi tessuti non rappresentano, infatti, un reale interesse diretto del paziente, perché destinati ad essere comunque eliminati. In Europa, inoltre, si è chiarito molto bene che nell’uso dei tessuti per la ricerca non debba comparire alcun interesse economico 5. L’ipotetico danno per la privacy risulta improbabile, a causa del segreto professionale cui è tenuto il personale sanitario (sono perlopiù casi conservati negli ospedali). La Dichiarazione di Helsinki della Associazione Medica Mondiale (WMA) definisce tuttavia che la ricerca su tessuti umani di soggetti direttamente identificabili è equiparabile, per quanto riguarda la privacy, alla ricerca effettuata direttamente nei pazienti 6. Queste ricerche devono quindi essere gestite con sistemi di codifica dei casi e di anonimizzazione 7. Una possibilità è quella di attribuire a persona adatta la responsabilità di “garante” per quella specifica ricerca. Questo garante potrebbe essere il coordinatore della ricerca, che deve assumersi la responsabilità per le eventuali lesioni alla riservatezza dei dati. Un medico, già legato al segreto professionale, potrebbe 71 essere il garante dell’anonimizzazione o della codifica dei dati personali. In questo caso potrebbero essere sempre aggiunti ulteriori dati preziosi, non disponibili nelle fasi iniziali della ricerca, per esempio sulle complicazioni o recidive avvenute nel tempo e sulla sopravvivenza dei pazienti, perché il garante può sempre tornare a queste informazioni importantissime del paziente e può quindi completarle in modo anonimo. Nelle ricerche retrospettive, se gli obiettivi della ricerca sono leciti, anzi altamente auspicabili, il problema che si pone è quello del materiale biologico che utilizziamo nello studio. Per i tessuti umani, adottando le precauzioni sopra citate, sarebbe possibile garantire contemporaneamente i diritti del singolo paziente e quelli del progresso medico, realizzato nei tempi più brevi possibili. Dobbiamo infatti considerare che i vantaggi clinici derivanti dal riconoscimento e dalla validazione dei biomarcatori molecolari non può essere raggiunto senza questi studi e che i benefici ottenuti sono evidentemente superiori ai rischi di una improbabile lesione della privacy e di un possibile danno molto limitato al diritto di proprietà dell’individuo, pur garantendo completamente le scelte personali. L’accorciamento dei tempi della ricerca, d’altro canto, permetterebbe di raggiungere con queste nuove scoperte un maggior numero di pazienti, più vicini a noi nel tempo, altrimenti esclusi dai benefici e condannati con ogni probabilità ad una peggiore qualità di vita e ad una sopravvivenza minore. Bibliografia 1 2 3 4 Knoppers BM, Laberge CM. Research and stored tissues: persons as sources, samples as persons? J Am Med Assoc 1995;274:1806-7. Wendler D. What research with stored samples teaches us about research with human subjects. Bioethics 2002;16:33-54. Charo RA. Body of research – ownership and use of human tissues. N Engl J Med 2006;355:15-7. Wolinsky H. Bioethics for the world: UNESCO’s Universal Declaration on Bioethics and Human Rights has far-reaching 5 6 7 goals, and has met with widespread opposition. EMPO Reports, 2006;7:354. Article 21 of the European Convention on Human Rights and Biomedicine – http://conventions.coe.int/Treaty/EN/CadreListeTraites.htm World Medical Association, Declaration of Helsinki (revised in Edinburgh, October 2000) – www.wma.net Oosterhuis JW, Coebergh JW, van Veer EB. Tumour banks: wellguarded treasures in the interest of patients. Nature Rev Cancer 2003;3:73-7. PATHOLOGICA 2008;100:72-75 Bioethical considerations on medical research using human tissues: the researcher’s viewpoint G. STANTA, A. CESCATO*, R. BARBAZZA* Dipartimento di Scienze Cliniche, Morfologiche e Tecnologiche dell’Università di Trieste e International Centre of Genetic Engineering and Biotechnology, Trieste; * Anatomia Patologica dell’Ospedale di Feltre Key words Tissue banks • Biobanking • Biological tissue conservation • Tissue cryopreservation • Medical research • Bioethics Why bioethics is involved in biomedical research, and what has changed today The reason why ethical considerations are involved in human medicine is obvious: experiments with humans cannot be otherwise; ethical considerations must also be faced in an exhaustive manner. Ethical aspects, as with other aspects of human society, are subject to modification over time. Many factors influence the perception of ethics, which include evolution of manners and habits, cultural differences and research itself, with the development of new ideas and applications. Today, these perceptions are conditioned and oriented in large part through mass media. Ethical attitudes regarding medical research have undergone significant changes after scientific advances in genetics at the end of the last century, when it became evident that the analysis of our genetic patrimony could reveal predispositions to severe and invalidating diseases. This is certainly good news, since individuals at risk have the possibility to avoid environmental risks and behaviours that would favour the appearance of disease in question, and early diagnosis and screening programs can also be implemented. At the same time, however, the knowledge of these ‘weak points’ in our organisms can create worry and anxiety, and perhaps some individuals would not even want such knowledge. This information would also have the potential to damage individuals if it became publically available (social and employment discrimination, insurance restrictions, etc.). Not only would this affect the individual on a personal level, but since the information concerns many family members and can be transmitted, also has the potential to affect entire families. It has therefore become apparent that the results of research that involve our DNA can have serious consequences for privacy, which were not previously possible. Recently, a renewed ethical discussion has been initiated based on new scientific discoveries, including the potential of human cloning and the use of stem-cells from human embryos. This has led to the consequence that bioethical issues have now expanded to include new and more pressing sensitivities in the ethical principles governing our society with the involvement of many different issues and groups: psychological, privacy, religious, philosophical and political. Newspapers and television obviously cannot remain at the sidelines, and have undoubtedly contributed to both the questions and solutions of various problems, focusing on those with the greatest public interest. An overshadowing public alarm has been raised, which in the general perception can be difficult to distinguish from the interconnected and complicated ethical aspects of medical research. What interests are at stake? It is not our intention to address problems that involve philosophical or religious issues, but those related to medical research, which together make up about 99% of the research on human disease that doesn’t involve cloning or the use of human embryos. It is also necessary to distinguish between direct research on genetic aspects, meaning those that involve privacy issues, from basic research on pathologies, which is the majority of applied medical research. Considering the latter, the genetic aspects are for the most part absent or irrelevant. For our purposes, we can define the former as “molecular genetics’ and the second as ‘molecular pathology”. The differences in the two types of research is that genetic research is that which studies the DNA contained in normal cells (such as blood cells), and can provide information on individuals as mentioned above; in molecCorrespondence prof. Giorgio Stanta, Dipartimento di Scienze Cliniche, Morfologiche e Tecnologiche, Università di Trieste, Unità Clinica Operativa di Anatomia Patologica, Istopatologia e Citodiagnostica, Ospedale di Cattinara, Strada di Fiume 447, 34149 Trieste, Italy - E-mail: [email protected] BIOETHICAL CONSIDERATIONS ON MEDICAL RESEARCH USING HUMAN TISSUES ular pathology, diseased cells are studied and compared to normal cells. Diseased cells provide little ‘genetic’ information as their DNA is altered with respect to normal cells from the same patient. In molecular pathology, for the most part one speaks of biological macromolecules such as RNA and protein, which are not appropriate for genetic studies. What this means is that the vast majority of medical research is not carried out with genetic data, and is not related to privacy issues. In medical research, there are contrasting interests that must be evaluated and accurately assessed. On one hand, there is the general interest in improving human health through efficient and safe medical research, while on the other there is the right to privacy and protection of personal information and the ‘property’ rights of the owners of biological materials. IMPROVING HUMAN HEALTH We live in a historically important time for medical research, and we expect revolutionary improvements within a short period of time. We are moving from empirically-based medicine to that based on molecular evidence that can be used to diagnose and treat disease. It is our expectation that most common chronic and degenerative diseases can eventually be controlled or cured. Such expectations introduce a new variable, namely time: if the contribution of medical research is needed for increased patient survival, as has been demonstrated in previous decades, then it must be considered that delays in research can have significant implications in terms of premature death of patients. While this dramatic concern might please a cynical economist, fearing long retirements and costly care of elderly individuals, our society is destined to change as a result of improvements in medicine that influence not only survival, but also the quality of life, as individuals continue to live well even during the most advanced phases of aging. PRIVACY CONCERNS It is certainly not our intention to dispute ethical objectives that advise precautionary measures for defence of individual privacy, which can put the goals of research at odds with those of humanity. It is easy to understand how anyone would be irritated if others, even close friends or relatives, might come to know about even minor personal and family-related diseases. Considerate but superficial compassion by others is in reality of no comfort, and the right to privacy is seen as inalienable. The right to privacy is, for the most part, already protected by normatives that involve healthcare professionals who deal with personal data, and also pertain to applied medical research. The reason why individuals may feel that their privacy could be violated is that computerised archives are available to large number of individuals in the entire healthcare system, such as secretaries and administrative personnel. Even hackers can potentially access data. It is not surprising that, as recently reported in Italian newspapers, the private finances of the President of the Council of Ministers were accessed, probably for 73 the sake of curiosity, by hundreds to public employees who have access to databases for professional needs. INTERESTS FOR THE OWNERS OF TISSUES There is also a third interest, namely the owners of tissues have rights as their proper owners, and thus have a role in determining their proper destination and use. Unquestionably, this right seems justified considering that our tissues are our property. They can be donated freely for just causes (e.g. donation of a blood sample for research purposes), or entrusted to physicians for diagnostic-therapeutic procedures related to disease (e.g. surgical removal of tissue with pathological exam for histological diagnosis and staging of disease). The concept of property can be complicated by the fact that tissues removed for clinical reasons are eliminated. While they have no tangible value for the patient, they can be extremely valuable for medical research. Ethical discussion involving these aspects, general health interests, privacy concerns and those of tissue owners, is still open to debate. Researchers must still stress that excessively restrictive normatives can severely and unjustly hinder medical research, with delays of many years. A rational and unemotional mediation of these factors is one of our most important interests. Molecular pathological research on human tissues. Elements that guide and mediate contrasting interests In daily interactions between patients and healthcare professions/researchers, with the aim of diagnosis, prognosis and therapy, even if conflicting situations can develop, there is one issue that stands out among all others: the need for individual freedom. In looking for common ground that can satisfy the needs of both parties, it seems correct to look for a solution that ensures full security in each phase, not only in research, but also in the acquisition of data that could complicate the use of human tissues. Informed consent and donations are important developments in this regard. In a normal physician-patient relationship it can be expected that if the freedom of one is increased then that of the other decreases, or at least they are equal in a way that what is best for both can be achieved. Along with these lines, it would be interesting to adopt a principle stated by Stuart Mill, often cited by the National Committee on Bioethics, who claimed that one can function only if one choice does not jeopardize the possibility of another choice in the future. In this way, it is possible to aspire to the liberty that forms the basis of the relationship between the clinician/researcher-patient, including the freedom of medical research for the common good. As the freedom in the relationship clinician/researcherpatient tends to grow, valorising both figures and guaranteeing the highest satisfaction to both, it becomes necessary to postulate the existence of an instrument that allows the patient to choose and the researcher to 74 realise a promising future for medicine. Understanding how to apply these principles is important, as already mentioned, in order to distinguish the various possibilities that medical research can offer and to understand the present objectives of applied research and medicine. These are provided by the objectives proposed, the availability of biomaterials and methodologies for research, in addition to the type of research carried out. RESEARCH OBJECTIVES As already mentioned, today a primary objective is to utilise medicine based on knowledge of molecular mechanisms that are at the basis of disease; a better understanding of these mechanisms will permit more efficient and safer therapies, perhaps tailored to individual patients. The reductionism forced upon current knowledge, with systematic classification of disease in large groups, should be replaced by a more personalised approach. This is not because the diseases are different from those we already know, but for more efficacious treatment they should be subdivided into much smaller and more homogenous groups. In order to reach this goal, large studies are needed on molecular biomarkers in human tissues. These objectives have already, at least in part, been achieved, and are thus essential to obtain the full potential of the expected revolutions in medicine. Such objectives can be shared by all and have elevated ethical standards (and are not the object of precautionary bioethical evaluations), in contrast to other types of research that can be perceived as inacceptable from an ethical standpoint (e.g. human cloning). Moreover, there is the guarantee that the objectives of research involving human biomaterials, is well defined and ethical. Research projects are in fact presented to an ethics committee in a preliminary manner for approval. METHODS USED IN RESEARCH The most common methods used in medical research at present are those that use molecular biology techniques or proteomics. These powerful and sophisticated tools are utilised worldwide by thousands of laboratories involved in biomedical research, and normally do not require any particular ethical considerations. BIOLOGICAL MATERIALS These consist in human tissues, the use of which is indispensable for research. Large numbers of tissue samples are needed, and the type of samples used can be quite different. Tissues can be specifically removed for research purposes (e.g. blood for genetic analyses), and in the case the patient or volunteer that offers the sample is directly informed. In most cases, tissues are removed for other reasons, for example during diagnostic biopsy or surgical intervention. In these cases, patients give their consent to the diagnostic or therapeutic procedure. The remaining tissue samples are conserved in archives for 20 years, after which they can be eliminated. For surgical specimens, small samples are taken for histological examination, and G. STANTA ET AL. the vast majority of removed tissues are disposed of immediately. There is, therefore, a large quantity of tissues that are eliminated sooner or later, which in reality could be utilised for medical research. The biological materials used for medical research has diverse origins, which must be considered from an ethical standpoint. TYPES OF RESEARCH A distinction should also be made between the different types of medical research. In this respect, it should be remembered that not all types of research deal with genetic data for which privacy considerations are necessary, and a large number of research projects do not fit into this category (e.g. molecular pathology). One can therefore tailor the ethical needs according to the data that may be obtained from the research. From a privacy standpoint, many projects are highly similar to those performed in the past decades before the discoveries of molecular genetics. Concerning the types of studies, it is necessary to distinguish between retrospective research, in which data from clinical cases are taken from hospital archives, and prospective studies that use data from patients currently under treatment. In the study of biomarkers, retrospective research on tissues conserved in archives, is carried out first. Using these results, prospective clinical trials can then be carried out using patients that have been informed about the research objectives. The retrospective phases of research are needed before reaching a prospective phase that has a greater probability of success. It is for this reason that the retrospective phase can permit a reduction in research times. Prospective research, on the other hand, involves timing that is difficult to modify. The two types of research also have different ethical considerations. What is the best means of protecting the ethical rights of patients and in achieving research objectives in the shortest period of time? In order to better understand the problem, it is worthwhile separating prospective and retrospective considerations. PROSPECTIVE RESEARCH As far as clinical experimentation involving patients is concerned, as for prospective clinical trials, there is a clear consensus on the ethical approach to follow and the tools that must be adopted. In these cases, a research program is adopted for a given disease, defining the investigations that will be undertaken. Before entering the study, the patient must be informed of what this entails and he/she must accept to participate in the study. This is known as informed consent. This type of consensus also derives from clinical practice. Before carrying out a particular therapy, for example surgical intervention, the informed patient must be BIOETHICAL CONSIDERATIONS ON MEDICAL RESEARCH USING HUMAN TISSUES informed about the type of therapy, the chances of success and the possibility of risks and complications. Such information refers to well documented clinical studies and experience. The patient then accepts or refuses such intervention based on the information provided. In an analogous manner, in prospective clinical trials a certain type of therapy is proposed, but which has the objective of treating the disease, and on the basis of the available data, may be more effective than other treatments in current use. Even in this case, well-defined information is provided to the patient so that he/she can provide consent. RETROSPECTIVE RESEARCH Compared to prospective studies, the situation is quite different for retrospective research projects, and thus the ethical considerations are also different 1 2. Retrospective studies are carried out on historical cases from hospital archives, using conserved tissues that are destined for elimination. On occasion, retrospective studies are carried out on tissue samples taken from large surgical samples that would also have been thrown away. The first problem is that many of these patients cannot be located in order for them to provide informed consent, and even if possible, would create added costs and very long research times; sometimes the patient may be deceased. The initial phases of applied medical research on biomarkers are carried out on retrospective material before prospective trials can be initiated so that adequate scientific information is available. Well-defined patient cohorts are assembled for which clinicopathological data is obtainable. Only in this way research times can be shortened, with considerable cost reductions. In the retrospective phase, the results cannot be predicted, and researchers cannot provide exhaustive explanations. The working hypotheses should be confirmed, and often providing an explanation of these to the patient would be rather challenging. It is difficult to imagine that all patients, even if still alive and contactable, would be able to carry out medical-biological evaluations based on complex molecular mechanisms. Moreover, in this case, there is not sufficient experience in humans. It is therefore plausible that any consent by the patient, without specific knowledge, cannot be considered valid and can always be contested. Informed consent in these cases appears inadequate since the level of information provided is insufficient to clearly be called “informed”. A more reasonable hypothesis might be that of “presumed” consent 3, in which for cases in which there is not 75 an explicit negation by the patient to the use of his/her tissues for research purposes, consent is presumed given the needs of the research, which is also for the common good. This would give the individual the possibility to deny the use of his/her tissues. The Universal Declaration on Bioethics and Human Rights by UNESCO states that there are exceptions to informed consent, in agreement with ethical and legal standards adopted by various countries 4. These tissues, in fact, do not represent a genuine interest of the patient as they are nonetheless destined for elimination. In Europe, moreover, it has been made quite clear that the use of tissues for research must not involve economic interests 5. Any potential damage to the patient in terms of privacy is improbable, as healthcare personnel must respect professional secrets (most cases are archived in hospitals). The Declaration of Helsinki by the Worldwide Medical Association (WMA) however states that research using human tissues from individuals that are directly identifiable is similar, in terms of privacy, to research carried out directly on patients 6. Such research must be carried out using coded, anonymous specimens 7. One possibility is to appoint a specific person that is responsible for guaranteeing the privacy of samples. This person would ideally be the research team leader, who should also take responsibility for eventual breaches in security. A physician, already bound by professional secrecy, could guarantee the anonymous nature of the samples by coding the samples and personal data. Patient’s data could always be updated as the research progresses with, for example, follow-up information. In retrospective studies, if the objectives are valid, then the major problems are related to the biological materials utilised. For human tissues, by adopting the above-described criteria, it is possible to guarantee the rights of the patient and those of medical research, with minimal loss of time. It must be considered that the clinical advantages deriving from the identification and validation of molecular biomarkers cannot be achieved with such studies. Moreover, the benefits deriving from the use of such material are likely to be greater than an improbable risk of damage to personal privacy or very limited damage to property rights of the individual, even if personal choice must be respected. Shortening research times, on the other hand, would permit the greatest benefits to an even larger number of individuals. The alternative is that everyone is excluded from these potential benefits, and condemned to a poorer quality of life and shorter lifespan. References 1 2 3 4 Knoppers BM, Laberge CM. Research and stored tissues: persons as sources, samples as persons? J Am Med Assoc 1995;274:1806-7. Wendler D. What research with stored samples teaches us about research with human subjects. Bioethics 2002;16:33-54. Charo RA. Body of research – ownership and use of human tissues. N Engl J Med 2006;355:15-7. Wolinsky H. Bioethics for the world: UNESCO’s Universal Declaration on Bioethics and Human Rights has far-reaching 5 6 7 goals, and has met with widespread opposition. EMPO Reports 2006;7:354-8. Article 21 of the European Convention on Human Rights and Biomedicine – http://conventions.coe.int/Treaty/EN/CadreListeTraites.htm World Medical Association, Declaration of Helsinki (revised in Edinburgh, October 2000) – www.wma.net Oosterhuis JW, Coebergh JW, van Veer EB. Tumour banks: wellguarded treasures in the interest of patients. Nature Rev Cancer 2003;3:73-7. PATHOLOGICA 2008;100:76-80 Modalità di conservazione dei campioni: congelamento, fissazione e controlli di qualità G. BOTTI, R. FRANCO, A. CARBONE* Struttura Complessa di Anatomia Patologica, Istituto Nazionale Tumori, Fondazione “G. Pascale”, Napoli; * Dipartimento di Anatomia Patologica, Fondazione IRCCS, Istituto Nazionale Tumori, Milano Parole chiave Biobanca • Procedure standardizzate • Controlli di qualità Introduzione Tra i prossimi traguardi della comunità scientifica, preannunciato dallo Human Genome Project e da altri studi scientifici su larga scala vi è senz’altro la possibilità della “medicina personalizzata”. Per il raggiungimento di tale traguardo, ricercatori e clinici necessitano di due tipi di informazioni critiche. La prima è il dato molecolare, che include gli aspetti genomici e proteomici, fornito dal materiale biologico prelevato da lesioni patologicamente rilevanti (tumori, malattie infiammatorie, ecc.) e la seconda è il dato clinico. La possibilità di analizzare queste tipologie di dati in modo integrato e sistematico può offrire opportunità nell’elaborazione di studi finalizzati alla individuazione di fattori prognostici e all’elaborazione di modelli di trattamento personalizzato in specifiche patologie, tumorali e non 1. Le biobanche costituiscono una naturale punto di integrazione dei due tipi di informazione, costituendo di fatto un ponte obbligato per potenziare la ricerca traslazionale. La crescita di domanda di campioni tissutali, con relativi dati clinici rilevanti, ha dato inizio all’organizzazione di numerose biobanche. Il biobanking è quindi diventato una disciplina, nuova e dinamica, in uso in diverse istituzioni, pubbliche e private. Il numero sempre crescente di biobanche ha stimolato anche la nascita di networks tra diverse istituzioni, al fine di ottenere il maggiore numero di campioni tissutali relativi a gruppi omogenei di patologie 1 2. Strategia del prelievo QUANDO EFFETTUARE IL PRELIEVO In una moderna biobanca le procedure di campionamento e di raccolta devono essere tali da garantire da un lato l’indispensabile diagnosi anatomo-patologica e dall’altro l’integrità biologica delle macromolecole potenzialmente oggetto di studio: DNA, RNA e proteine 2. L’identificazione di procedure operative standard che riguardano sia la modalità di campionamento del tessuto, sia la conservazione e la raccolta dei dati clinici integrati, rappresenta un percorso obbligato di una biobanca 3. Le procedure di prelievo e raccolta differiscono tra le diverse istituzioni operanti in questo campo, seppure sostenute da protocolli di validazione interni 2 3. Quantunque la standardizzazione delle fasi pre-analitiche rappresenti una necessità immediata per ampi studi multicentrici, rare sono le pubblicazioni specificamente incentrate sulla standardizzazione delle modalità dei prelievi e sulla loro conservazione. La scelta di effettuare il prelievo del tessuto da destinare a finalità scientifiche è vincolata: a) alle necessità diagnostiche sul campione; b) ai tempi e modalità di conservazione del campione, dall’escissione al trasporto all’unità di Anatomia Patologica. NECESSITÀ DIAGNOSTICHE La valutazione dei prelievi (uno o più) da destinare alla conservare in Banca Biologica è affidata al buon senso e alla esperienza del patologo. La necessità della formulazione diagnostica corretta è il principio che guida questa scelta 1-3. A questo, bisogna aggiungere che gli archivi delle Unità di Anatomia Patologica, rappresentano già delle banche biologiche ante litteram. La conservazione ultradecennale adeguata di blocchetti paraffinati ha rappresentato e rappresenta una facility per studi di espressione e limitatamente anche per studi molecolari 4. Tuttavia l’utilizzo di detti blocchetti non è mai stato soggetto a norme procedurali validate. Attualmente, anche in relazione all’emergenza di problematiche etico-amministrative, sarebbe oppor- Corrispondenza dott. A. Carbone, Dipartimento di Anatomia Patologica, Fondazione IRCCS, Istituto Nazionale Tumori, via Venezian 1, 20133 Milano. MODALITÀ DI CONSERVAZIONE DEI CAMPIONI: CONGELAMENTO, FISSAZIONE E CONTROLLI DI QUALITÀ tuno considerare che i blocchetti in paraffina, prodotti inizialmente per le necessità diagnostiche del paziente, dovrebbero essere utilizzati anche per finalità scientifiche, solo se integrati in un sistema biobanca, con le annesse procedure tecnico-amministrative e quelle relative al consenso informato. TEMPI E MODALITÀ DI CONSERVAZIONE DEL CAMPIONE, DALL’ESCISSIONE AL TRASPORTO ALL’UNITÀ DI ANATOMIA PATOLOGICA La degradazione delle macromolecole altera irreversibilmente la validità degli studi molecolari su campioni freschi congelati. Esistono diversi studi sull’integrità delle macromolecole in relazione al tempo intercorso tra l’escissione del campione e l’esecuzione del prelievo. Va comunque considerato che il campione completamente escisso è già sottoposto a insulti ipossici, la cui entità è variabile in relazione alle difficoltà dell’exeresi chirurgica 5 . Il trasporto del campione al patologo, quindi, deve essere il più rapido possibile, per ridurre al minimo il danno ipossico sulle macromolecole. Nella maggior parte dei lavori si suggerisce un tempo massimo, dall’escissione del campione alla conservazione del prelievo, di 15’-30’ 1-3 6 7. In particolare, in studi di screening di targets molecolari, il controllo del danno ischemico appare fondamentale. Infatti è stato dimostrato da Spuessell et al. in una serie di campioni tissutali normali e neoplastici di colon, che i profili di espressione di alcuni geni funzionali e strutturali variano in relazione al danno ischemico già dopo 5-8 min dalla resezione, tanto che a 30’ dalla resezione è apprezzabile una differenza di espressione genica e di proteine di oltre il 20% rispetto ai valori basali, evidenziati subito dopo la resezione 7. Così, sempre in campioni di colon, è stato dimostrato che il danno ischemico a 40’ dalla resezione determina una deviazione significativa del profilo di espressione genica, rispetto a quello registrato dopo 5’ dalla resezione 6. Invece, in una serie di campioni tissutali da carcinoma prostatico si è osservata una alterazione del profilo di espressione genica di solo lo 0,6% dei 9.000 geni esaminati a 1 h dalla resezione; in un altro studio effettuato su campioni di polmone si sottolinea che non c’è significativa alterazione di espressione genica nell’ora che segue alla escissione del campione 8 9. Inoltre, in uno studio di espressione limitato ai geni c-fos, HIF-1α, bcl2, PCNA, TGFβ1 e SMAD7, Micke et al. concludono che il mantenimento del campione in ghiaccio, anche per 16 h, non determina una significativa degradazione dell’RNA 10. Proprio per questa non uniformità dei risultati, e quindi per l’impossibilità di definire la suscettibilità dei diversi geni e della loro espressione al danno ipossico, è necessario che la raccolta sistematica e la conservazione definitiva dei prelievi destinati alla Biobanca, avvenga il più rapidamente possibile, ovvero entro i 30’ dall’escissione. Dal momento che questa tempistica non può essere sempre rispettata, per problematiche logistiche locali, questo intervallo temporale potrebbe essere ampliato anche fino a 2h, purché sul foglio di lavoro relativo allo specifico prelievo venga riportato questo ritardo nel 77 congelamento definitivo, in modo che il ricercatore ne sia informato 1. Il miglior modo di trasporto è sicuramente in recipiente chiuso 1. Prima del trasporto, in alcune procedure si consiglia di porre il campione in ghiaccio già disponibile in sala operatoria 10 11. In alcune procedure, soprattutto per campioni provenienti da strutture periferiche, si suggerisce il trasporto su ghiaccio (o comunque in contenitori che garantiscano basse temperature) o in soluzioni fisiologiche fredde 11. COME EFFETTUARE IL PRELIEVO Per ciascun campione andrebbe presa in considerazione la possibilità non solo del prelievo rappresentativo della lesione patologica, ma anche dei tessuti normali a distanza da essa, in condizione di massima asepsi, utilizzando strumenti e piani di appoggio monouso per ciascun prelievo di tessuto, normale e neoplastico 1-3. La possibilità di prelievi sterili dovrebbe essere indicata solo per specifici studi 1. Non esistono nella letteratura scientifica consigli ancora ben definiti per i prelievi di organo o di lesione. Tuttavia per quanto riguarda la lesione sarebbe opportuno: • evitare contaminazione del prelievo con componenti normali periferiche 1-3 12; • evitare le aree fortemente ischemiche o necrotiche (per esempio le componenti superficiali dei tumori di organi cavi) 1-3; • eseguire un prelievo speculare per esame criostatato o per prelievo in paraffina, su cui valutare la percentuale di componente tumorale, la percentuale di stroma e la quantità di necrosi 1 12. Il controllo, su sezioni possibilmente criostatate, è fondamentale nel caso di particolari neoplasie, per caratteristiche intrinseche o legate all’organo di origine. Il carcinoma prostatico, la cui identificazione macrospica risulta spesso poco agevole, i tumori testicolari, sovente costituiti da multipli istotipi, e i sarcomi, per il frequente pleomorfismo differenziativo, rappresentano i principali esempi. La possibilità di un controllo su sezioni criostatate in questi casi, consente di poter ovviare ad eventuali errori sull’identificazione dell’area patologica e/o di effettuare multipli prelievi di differenti fenotipi istologicamente riconosciuti 13. Modalità di congelamento rapido Il campione prelevato per il congelamento deve essere della dimensione minima di cm3 0,5 e massima di cm3 1,5 x 1,5 x 0,5, secondo le esigenze emerse in diversi studi 1-3 14. In caso di materiale sufficientemente disponibile, andrebbero conservati due o più prelievi, in modo di avere multipli frammenti di una stessa lesione, finalizzati possibilmente a differenti studi scientifici. I contenitori per la conservazione del campione, cryomolds o cryovials, debitamente contrassegnati con codici progressivi interni o con barr-codes, indipendenti dai codici del corrispettivo esame istologico, sono variabili G. BOTTI ET AL. 78 nelle diverse Istituzioni 1-3. In ogni caso, le caratteristiche di minima dovrebbero essere tali da rispondere alla resistenza a basse temperature e al congelamento rapido (-190 °C), nonché allo stoccaggio a basse temperature per prolungati periodi 1. L’uso di crioprotettori, quale OCT (Optimal Cutting Temperature), sembra idoneo per studi morfologici, compresa la microdissezione e tissue macroarrays su campioni congelati, ma secondo alcuni Autori essi danneggerebbero enormemente la qualità di RNA e proteine 1-3 15. L’uso di RNAlater è abbastanza discusso. Secondo alcuni garantisce solo la conservazione dell’integrità dell’RNA, mentre in un recente lavoro, Florell et al. hanno osservato che la qualità del campione non subisce alterazioni per studi morfologici e per determinazioni immunoistochimiche 16 17. Le modalità di congelamento si diversificano in base all’esperienza dei singoli Istituti. Un congelamento rapido determina il blocco irreversibile della normale autolisi, indotta dallo shock ipossico post-resezione. Un congelamento lento determina, invece, la formazione di cristalli con conseguente danno cellulare irreversibile e, quindi, perdita dell’integrità delle macromolecole 1. Un metodo piuttosto condiviso di congelamento è quello suggerito dal progetto TuBaFrost e consiste nel congelare il frammento in isopentano (2-metil-butano) pre-raffreddato al punto in cui la soluzione è “mista”, cioè quando compaiono gocce opache e l’isopentano ha raggiunto il suo punto di congelamento (-160°C). I vantaggi dell’isopentano derivano dal fatto che, permanendo allo stato liquido, garantisce un congelamento regolare e, in quanto ottimo crioconduttore, favorisce un congelamento piuttosto rapido 1. L’isopentano può essere pre-raffreddato: • in azoto liquido: con la sospensione di un contenitore di isopentano in azoto liquido; • in ghiaccio secco: aggiungendo ghiaccio secco all’isopentano o con la sospensione di un contenitore di isopentano in ghiaccio secco. Alternative a questo tipo di congelamento sono: • congelamento diretto in isopentano con o senza mezzi crioconservanti, come l’OCT; • congelamento in isopentano pre-raffreddato a -80°C; • congelamento con l’uso di specifici dispositivi a 55°C (i.e. Histobath©); • congelamento diretto in azoto liquido; • congelamento lento in congelatore a -80°C. Il materiale biologico ottenuto con questi mezzi di congelamento appare congruo se raccolto in tempi accettabili rispetto all’escissione chirurgica. Tuttavia il congelamento diretto in azoto liquido è più dannoso per il tessuto e determina maggiori difficoltà nello studio microscopico a posteriori, soprattutto nei casi in cui si voglia utilizzare il tessuto per studi di microdissezione 1. Infatti l’azoto liquido tende alla vaporizzazione entrando a contatto con il tessuto, causandone un congelamento irregolare, non omogeneo. Infine è dimostrato che l’uso di congelamento lento a -80°C può determinare la formazione di cristalli di ghiaccio, che danneggiano irreversibilmente le cellule e quindi alcune macromolecole 1. Stoccaggio Il supporto del prelievo va posizionato in un contenitore congruo (cryo-box) e depositato in: • congelatore a -80°C; • azoto liquido, fase liquida o fase gassosa. La conservazione in azoto liquido sembra garantire una maggiore integrità del tessuto e una minore possibilità di essiccamento 1 10. Infatti dall’esperienza dei Biopathology Centers, OH, USA, la conservazione in vapori di azoto liquido consente un’integrità del DNA e dell’RNA per oltre un decennio 10. Mentre Chu et al. hanno dimostrato, in uno studio su campioni ginecologici, che nella conservazione in congelatori a -80°C, mentre il DNA appare integro per oltre 5 anni, l’RNA si mostra degradato, anche se è possibile effettuare studi di amplificazione a partire da piccoli frammenti di mRNA con RT-PCR 14. L’essiccamento, comunque, in caso di uso di cryomolds potrebbe essere ridotto mediante avvolgimento in fogli di alluminio. Tuttavia, lo stoccaggio in contenitori a -80°C è sicuramente più pratico ed economico 10. L’ideale è effettuare lo stoccaggio in duplicato, qualora si disponga di più prelievi della stessa lesione e dei corrispettivi tessuti normali, con notevoli vantaggi per la sicurezza del campione 1. Il sito di stoccaggio dovrebbe essere dotato dei seguenti minimi sistemi di sicurezza: • collegamento ad una rete elettrica di emergenza, per garantire sempre l’alimentazione; • allarme visivo ed acustico locale; • allarme visivo ed acustico, a distanza e remoto. Registrazione delle fasi di lavoro Tutte le operazioni effettuate, dal prelievo allo stoccaggio, dovrebbero essere registrate in un foglio di lavoro cartaceo e/o informatico. In particolare, dovrebbero essere riportati data del prelievo, tipo di organo e natura della lesione, codice dell’esame istologico, lag-time fino a congelamento. Insieme ai dati clinico-patologici essenziali, che andranno arricchiti periodicamente con i dati del follow-up, questi elementi saranno registrati in un data base unico, che servirà al ricercatore interessato all’uso dei prelievi 1. Controlli di qualità La disponibilità di materiale biologico con relative informazioni clinico-patologiche impone un percorso di qualità, definito da specifiche procedure validate, che riguardano sia gli aspetti tecnici, sia l’iter giuridico amministrativo 1 2 10. MODALITÀ DI CONSERVAZIONE DEI CAMPIONI: CONGELAMENTO, FISSAZIONE E CONTROLLI DI QUALITÀ La procedura interna certificata dovrebbe essere applicata in ogni istituzione che si occupi della raccolta dei tessuti e dovrebbe garantire la standardizzazione dei processi di raccolta dei tessuti e dei dati. I controlli di qualità rappresentano una serie di meccanismi che valutano la qualità di tutto il sistema operativo 1. Nella definizione di una procedura di qualità per le biobanche si dovrebbero in primo luogo definire le infrastrutture utilizzabili, come la tipologia del congelatore impiegato, i computers (hardwares e softwares dedicati), i protocolli tecnici ed i forms del consenso informato 1. I protocolli tecnici definiscono la mappa del lavoro, in ogni sua fase, ed il personale dedicato: • responsabilità; • tipologia e mansioni del personale coinvolto; • sistema di informazione tra la sala operatoria e l’Unità di Anatomia Patologica; • procedure operative della raccolta del campione (attribuzione del sistema identificativo, modalità e tipo di congelamento, modalità di stoccaggio); • foglio di lavoro del campione; • dati clinico-patologici da associare al campione. Un controllo di qualità adeguato, oltre alla valutazione sistematica delle suddette procedure, dovrebbe anche occuparsi della qualità biologica del materiale conservato. A tale proposito sono stati proposti diversi modelli di controllo di qualità, suggeriti da differenti esperienze istituzionali. La qualità biologica del materiale necessita di valutazione dell’integrità di DNA e RNA e di revisione morfologica delle lesioni. REVISIONE MORFOLOGICA DELLE LESIONI Sia su sezioni criostatate che paraffinate, al fine di confermare la diagnosi patologica e di valutare l’adeguatezza del campione, quantificando la componente tumorale e la componente necrotica. In un network ideale, tale revisione andrebbe effettuata a un livello definito “centrale” 1 2 10. Nell’esperienza del Biopathology Centers, localizzato al Children’s Research Institute, Columbus, OHIO, USA è stata registrata una discrepanza diagnostica tra le sedi periferiche e le sedi centrali del 10%, in un campione di 7.000 tumori pediatrici e ginecologici, raccolti in un periodo di 5 anni. La discrepanza maggiore è da attribuire all’inadeguatezza del materiale inviato a livello centrale (eccessiva necrosi o non rappresentatività del tumore o tumore contaminato da tessuto normale) dalle sedi periferiche. Le vere discrepanza diagnostiche si sono infatti registrate in meno del 2% dei casi 10. La mancanza di adeguatezza della componente tumorale, non contaminata da tessuto normale, in un’ampia casistica di circa 17.500 casi di tumori pediatrici, raccolti tra il 1993 e il 2003, nelle stesse istituzioni è stata individuata in circa 0,4% dei casi ed è per lo più da attribuire ad una mancanza di tumore sufficiente ai fini di ricerca 10. Nell’esperienza della banca dei tessuti dell’Università dell’Indiana, USA, è stata riportata un’adeguatezza del 75% dei 1550 campioni richiesti per studi scientifici da un’ampia raccolta effettuata in circa 9 anni (16.800 campioni) 18. 79 In caso di tessuti paraffinati, una valutazione della qualità del tessuto potrebbe servirsi dell’espressione immunoistochimica di alcuni markers diffusamente presenti, quali vimentina, CD31, ki67, ecc. Nell’esperienza del network delle biobanche dei tumori in Spagna, Morente et al segnala che, in una serie di campioni paraffinati raccolti nelle 56 banche associate (2 per banca), la qualità delle colorazione immunoistochimica è adeguata, e ciò sta ad indicare una buona processazione dei campioni 2. Viene solo segnalata, nel 4% dei campioni, una lieve variabilità relativa all’espressione di MIB1, possibile artefatto da eccessiva fissazione. Il controllo dei tempi di fissazione appare, quindi, fondamentale non solo per le necessità diagnostiche sui campioni paraffinati, ma anche soprattutto per ottenere risultati ottimali in studi multicentrici mediante Tissue MicroArrays 2. VALUTAZIONE DELL’INTEGRITÀ DI DNA E RNA Una sistematica valutazione dell’integrità di RNA e DNA, in un sistema di biobanking, implica un grande impegno economico e lavorativo. Pertanto in caso di network, è opportuna la centralizzazione dei tests di integrità degli acidi nucleici, mentre in piccole realtà sarebbe sufficiente un feedback informativo con i ricercatori a cui si fornisce il materiale 12. Jewell et al. hanno valutato l’integrità molecolare di campioni ovarici mediante RT-PCR ed elettroforesi di DNA e RNA. In particolare con l’RT-PCR si rileva un’adeguata amplificazione di mRNA, prodotto dal gene housekeeping HPRT, nel 70% dei campioni ovarici. L’elettroforesi ha dimostrato una buona qualità del DNA nel 100% dei casi e del RNA ribosomiale nel 70% 19. La RT-PCR di tumori pediatrici congelati in una serie di 95 raccolti tra il 2001 e il 2003, ha mostrato solo 4 casi con RNA insufficiente o degradato (4,2%). Nell’esperienza del gruppo spagnolo, una significativa degradazione di RNA è segnalata nel 3% dei casi di campioni tumorali 2. La possibilità di un controllo di qualità molecolare centralizzato è stato proposto dal progetto TuBaFrost, che prevede un controllo di qualità del 2% dei campioni raccolti nel primo anno di adesione. In caso di riscontro favorevole, si procede ad un controllo annuale dell’1% dei casi. I controlli riguardano sia la qualità del tessuto fissato e congelato (diagnosi, rappresentatività del tumore, qualità della fissazione mediante indagini di immunoistochimica, qualità dell’RNA), sia le procedure amministrative. Queste ultime, in particolare, ai riferiscono al consenso informato, alle modalità di registrazione del paziente e del campione, nonché alle caratteristiche identificative del campione; al dataset minimo di informazioni clinicopatologiche, all’uso appropriato di codici internazionali per patologia (SNOMED/CIE-O), alla definizione delle procedure e all’adeguatezza delle infrastrutture 1. SOPs condivise Come già riportato, la necessità di tessuto normale e neoplastico di alta qualità, corredato da adeguate G. BOTTI ET AL. 80 informazioni clinico-patologiche è un cardine per la ricerca traslazionale e per lo sviluppo di nuovi farmaci. Per l’identificazione di nuovi parametri di rilevanza clinica, sono necessari studi molecolari su larga scala, così come l’efficacia di risposta a trattamenti necessita della conoscenza di alcuni markers molecolari identificabili sul tessuto. Pre-requisito fondamentale per la gestione dei campioni tissutali e dei rispettivi dati clinici, nell’ambito di studi multicentrici è l’uso di procedure validate e condivisibili che ne garantiscano l’adeguatezza per la ricerca scientifica. Infatti le maggiori differenze nella valutazione di markers molecolari evidenziabili in studi multicentrici, sono da attribuire a mancanza di standardizzazione delle procedure di gestione dei tessuti 20. In questo contesto, l’istituzione di consorzi tra diverse realtà rappresenta un importante traguardo per la ricerca in campo oncologico, e fornisce l’opportunità di realizzare banche regionali e nazionali, per lo più virtuali, con il principale obiettivo di formulare procedure operative condivise 21. Le esperienze in ambito Europeo a livello nazionale, dei network in Svezia, Spagna, Italia e Austria si sono poste come primo obiettivo un’elaborazione compiuta delle procedure 2 21-23. In particolare, l’esperienza del progetto TuBaFrost ha risposto alla necessità di standardizzazione, attraverso lo sviluppo e la promozione di una piattaforma integrata di banche tissutali europee. TubaFrost è un progetto di biobanca virtuale, basato su un database centralizzato e sulla raccolta periferica dei campioni. La finalità di questo progetto è quello di promuovere la ricerca multicentrica, basata sulle informazioni biomolecolari, derivanti dai tessuti raccolti, in primo luogo mediante definizione di procedure operative condivise, riguardanti gli aspetti amministrativi, tecnici e etico-legali. Un modello di procedura di raccolta dei campioni è stato recentemente pubblicato dai partecipanti al progetto e fornisce sicuramente un esempio aperto e, quindi, modulabile alle diverse realtà, ma allo stesso tempo idoneo ad ottenere materiale congruo per finalità scientifiche. Bibliografia 12 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Morente MM, Mager R, Alonso S, Pezzella F, Spatz A, Knox K, et al. TuBaFrost 2:standardising tissue collection and quality control procedures for a European virtual frozen tissue bank network. Eur J Cancer 2006;42:2684-91. Morente MM, de Alava E, Fernandez PL. Tumour banking: the spanish design. Pathobiology 2007;74:245-50. 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CARBONE* Struttura Complessa di Anatomia Patologica, Istituto Nazionale Tumori, Fondazione “G. Pascale”, Napoli; * Dipartimento di Anatomia Patologica, Fondazione IRCCS, Istituto Nazionale Tumori, Milano Key words Biobank • Standardised procedures • Quality control Introduction Among the various medical advancements preannounced by the Human Genome Project and other large-scale scientific studies, personalised medicine is a distinct possibility. In order to reach this goal, researchers and clinicians need two types of critical information. The first is molecular data, which comprises both genomic and proteomic aspects, and is made possible through the availability of biological material from pathological lesions (tumours, inflammatory diseases, etc.). The second is clinical data. The possibility to analyse these types of data in a systematic and integrated fashion offers an opportunity for studies aimed at the identification of prognostic factors and the creation of personalised treatment models in both neoplastic and non-neoplastic pathologies 1. Biobanks are a natural point for integration of these two types of information, and indeed form a sort of bridge that is obligatory for translational research. The increasing demand for tissue samples, with relevant clinicopathological data, has given rise to the creation of many biobanks, and in this way, has made biobanking a novel discipline. The growing number of biobanks has also provided stimulus for the creation of networks between different institutions so that the greatest number of samples can be obtained for any given pathology 1 2. Strategy for collection TIMING OF SAMPLE COLLECTION In a modern biobank, sampling and collection of tissue samples must guarantee diagnostic needs while ensuring the integrity of DNA, RNA and protein 2. The identification of standard protocols for tissue sampling, storage and collection of clinicopathological data is of fundamental importance for biobanks 3. The procedures for sampling and collection may differ between institutions, even if protocols are in place for internal validation 2 3. Even though standardisation of preanalytical phases is of immediate need for multicentre studies, only a limited number of studies have been published on standardisation of sample collections and conservation procedures. The choice of sampling of tissues that are destined to scientific study is guided by the following: a) diagnostic needs of the tissue sample; and b) timing and mode of sample conservation, from excision to transport to the Pathology lab. DIAGNOSTIC NEEDS The evaluation of one or more samples that will be stored in the biobank is generally left to the good judgement and experience of the pathologist. The need to formulate a correct diagnosis is undoubtedly the principal that drives this choice 1-3. In this regard, it should be mentioned that the archives of a Pathology Department are already a biobank in itself. The conservation of paraffin blocks for decades certainly represents an enormous resource for expression studies, even though it utility is somewhat limited for molecular analyses 4. However, in general, the utilisation of these tissue resources has never been subjected to validated normatives. At present, also considering the immediate administrative and ethical questions, it may be worthwhile considering that paraffin blocks, initially produced for diagnostic needs, might be utilised for scientific purposes, but only if integrated within the framework of a biobank, and accompanied informed consent. Correspondence dr. A. Carbone, Dipartimento di Anatomia Patologica, Fondazione IRCCS, Istituto Nazionale Tumori, via Venezian 1, 20133 Milano, Italy. G. BOTTI ET AL. 82 TIMING AND CONSERVATION OF SAMPLES, FROM EXCISION TO TRANSPORT TO THE PATHOLOGY DEPARTMENT The degradation of macromolecules irreversibly alters the validity of molecular studies on fresh frozen samples. Various investigations have examined the integrity of macromolecules with time after excision of the samples and excision of the pathological sample. It should be kept in mind that even as a sample is being excised it is subjected to hypoxic conditions, which varies according to the difficulty of the surgical excision 5. Transport of the tissue sample to the pathologist must therefore be as rapid as possible to limit hypoxic damage to macromolecules as much as possible. In the majority of publications, it has been recommended that the time between excision and conservation of the sample be limited to 15-30 min 1-3 6 7. In particular, in screening studies of molecular targets, control of ischaemic damage is fundamental. In fact, in a series of normal and neoplastic colon samples, Spuessell et al. demonstrated that the gene expression profiles of functional and structural proteins changes within 5-8 min following resection, and at 30 min there was a significant difference in expression in genes and proteins by more than 20% with respect to baseline values measured immediately after excision 7. Other studies in colon have shown that ischaemic damage at 40 min after resection leads to significant deviation in the gene expression profile with respect to that seen at 5 min following resection 6. In contrast, in a series of prostate cancer tissue samples, alterations in the gene expression profile was observed in only 0.6% of 9000 genes assessed at 1 hour after resection; in another study on pulmonary tumours, it was seen that there were no significant alterations in gene expression after sample excision 8 9. Moreover, in a gene expression study limited to c-fos, HIF-1α, bcl2, PCNA, TGFβ1 and SMAD7, Micke et al. concluded that tissue samples maintained on ice for up to 16 hours show no significant degradation of RNA 10. The non-conclusive nature of the aforementioned studies, and the impossibility to precisely define the susceptibility of various genes and their expression to hypoxic damage, highlights that the collection of tissues destined for storage in biobank should take place as quickly as possible, and at least within 30 min after excision. At present, for various reasons such strict timelines are difficult to meet, and the time difference can even approach 2 hours; in such cases, it is essential that such delays are documented on the data sheets such that the researcher is aware of this 1. The best means of transport is undoubtedly in a closed container 1. Before transport, some operators suggest that the sample be placed in ice, which is already available in the operating theatre 10 11. In some procedures, especially for samples originating from peripheral structures, transport should take place on ice (or at least in containers that maintain a low temperature) or in cold physiological solution 11. SAMPLING For every pathological sample, the possibility to collect both pathological and normal tissue should be consid- ered. For the former, samples should be representative of the lesions, but even normal tissue samples should be taken in conditions of maximum asepsis, using single-use instruments and surfaces for both normal and neoplastic samples 1-3. The collection of sterile samples is indicated only in specific situations 1. There are no scientific studies that have precisely defined the parameters for sampling of organs or lesions. However, the following should be kept in mind: • avoid contamination of pathological tissue with normal peripheral tissue 1-3 12; • avoid sampling highly ischaemic or necrotic areas (for example superficial components of tumours of hollow organs) 1-3; • remove a specular sample for cryostat sections, or for inclusion in paraffin, which can be used to evaluate the percentage of neoplastic cells, stroma and extent of necrosis 1 12. Histological evaluation, preferably with cryostat sections, is fundamental in some neoplasms for both the intrinsic characteristics of the lesion and/or the originating organ. Some examples are prostate carcinoma (macroscopic identification is not always straightforward), testicular tumours (which has multiple histotypes) and sarcomas (which are frequently pleomorphic). The possibility of examining cryostat sections in these cases permit the operator to avoid eventual errors regarding the identification of pathological areas and/or to remove multiple samples with different histological phenotypes 13. Rapid freezing of samples Samples that will be frozen should be no smaller than 0.5 cm3 and no bigger than 1.5 x 1.5 x 0.5 cm3 depending on the specific needs 1-3 14. In the case that sufficient material is available, two or more samples should be stored so that multiple fragments of the same lesions can be used for different studies. The containers for sample conservation, cryomolds or cryovials, should be accurately identified by progressive numbers or barcodes that are not related to the histological numbers 1-3. In any case, the minimum characteristics necessary for the storage vials are resistance to low temperature and rapid freezing (190°C), in addition to storage at low temperature for prolonged periods 1. The use of cryoprotectors such as OCT (Optimal Cutting Temperature) is quite useful for morphological studies, including microdissections and tissue microarrays on frozen tissue. However, some authors have reported that OCT may damage RNA and proteins 1-3 15. The utilisation of RNAlater is discussed later. While it is generally believed that such products guarantee the integrity of only RNA, a recent publication has suggested that samples stored in these agents maintain their morphological characteristics and can be used for immunohistochemistry 16 17. SAMPLE CONSERVATION: FREEZING, FIXATION AND QUALITY CONTROL The technique used for freezing may be different depending on the preferences of individual institutions. Rapid freezing causes an irreversible block in autolysis of cells induced by post-resectional hypoxic shock. On the other hand, slow freezing causes the formation of ice crystals that can lead to irreversible cellular damage, and therefore, the loss of integrity of macromolecules 1. A widely accepted freezing method has been suggested by the TuBaFrost project, and consists in freezing tissue fragments in isopentane (2-methyl-butane) that has been pre-cooled to a temperature where a ‘mixed’ solution is obtained, or when opaque drops appear and isopentane has reached its freezing point (-160 °C). The advantages of isopentane freezing are related to the fact that it is maintained in a liquid state, ensures uniform freezing, and being a good cryoconductor, favours rapid freezing 1. Isopentane can be pre-cooled: • in liquid nitrogen: by suspending a container with isopentane in liquid nitrogen; • in dry ice: by adding dry ice to isopentane or by suspending a container with isopentane in dry ice. Several alternatives are as follows: • direct freezing in isopentane with or without cryoprotectors such as OCT; • freezing in isopentane pre-cooled to -80°C; • freezing at -55 °C (i.e Histobath©); • direct freezing in liquid nitrogen; • slow freezing in a -80°C freezer. Biological material frozen using any of these methods appears adequate if frozen in a reasonable time after surgical excision. However, direct freezing in liquid nitrogen causes greater tissue damage and makes subsequent microscopic studies more difficult, especially in cases in which the tissue will be microdissected 1. In fact, liquid nitrogen tends to vapourise when it comes into contact with tissue, causing non-uniform freezing. Lastly, it has been demonstrated that slow freezing at -80°C can led to the formation of ice crystals that irreversible damage cells, and therefore, also leads to degradation of macromolecules 1. Storage Storage tubes should be placed in specific containers (cryo-box) and stored either in a -80°C freezer or in liquid nitrogen (gas or liquid phase). Conservation in liquid nitrogen appears to offer better tissue integrity, with a lesser probability of tissue dehydration 1 10. In the experience of Biopathology Centers (OH, USA), conservation in liquid nitrogen vapours ensures the integrity of both DNA and RNA for over 10 years 10. In a study of gynaecological samples, Chu et al. have demonstrated that in samples stored for over 5 years, the DNA appears integral, while RNA is degraded, even if it is possible to use amplification techniques starting from small fragments of mRNA with RT-PCR 14. When using cryomolds, dehydration can be minimised by wrapping tubes in alu- 83 minium foil. While liquid nitrogen does present certain advantages, storage in -80 °C freezers is undoubtedly more practical and cheaper 10. Ideally, duplicate samples of the same lesions should be stored whenever possible, together with matched normal tissue 1. The storage site should be equipped with several safety measures: • emergency electrical power; • visible and acoustic local alarms; • remote and off-site visible and acoustic alarms. Record-keeping of phases of samples conservation All operations, from sampling to storage, should be recorded on either paper or a computer-based worksheet. In particular, data should be kept on the samples, organ and lesions, histological code and lag-time until freezing. Together with essential clinicopathological data, including follow-up, all this information should be stored in a single database 1. Quality control The availability of biological material with relevant clinicopthological data implies that a series of quality control measures should be in place, defined by specific and validated protocols, that oversee all technical, administrative and legal aspects 1 2 10. A certified internal protocol should be adopted in every institution that is involved in tissue collection, which should guarantee the standardisation of the collection process of both tissues and data. Quality control is in reality a complete series of protocols and mechanisms that define the entire operating system 1. In defining the quality control procedures for a biobank, the infrastructure must be considered first, including the type of freezers used, the computer system (hardware and software), technical protocols and informed consent forms 1. Technical protocols form the basis for every phase of work and the personnel involved and should define: • responsibility; • type of activity and retribution of personnel; • information technology system between the operative theatres and the pathology department; • standard protocols for sample collection (sample identification system, type of freezing and storage); • sample worksheets; • clinicopathological data collected. Adequate quality control, in addition to the systematic evaluation of operating protocols, should also monitor the condition of stored biological materials. Along these lines, several models have been proposed for quality control based upon the experience of various institutions. Biological quality should consider the following aspects: G. BOTTI ET AL. 84 1) Morphological revision of lesions by examining both cryostat and paraffin-embedded sections in order to confirm pathologic diagnosis and evaluate sample adequacy, quantifying the tumoural and necrotic components. In an ideal network, pathological revision would be carried out at a centralised level 1 2 10. In the experience of Biopathology Centers at the Children’s Research Institute (Columbus OH, USA) a 10% discrepancy was found between diagnoses performed at a central site compared to peripheral locations by analysis of 5000 paediatric and gynaecological tumours over a 5-year period. The greatest discrepancies could be attributed to the inadequacy of material sent to the central location by peripheral sites (excessive necrosis, samples that were not representative of the tumour, or neoplastic samples contaminated with normal tissue). True diagnostic discrepancies are seen in less than 2% of cases 10. The inadequacy of the tumoural components that is not contaminated with normal tissue, in a large series of 17,500 paediatric tumours collected between 1993 and 2003 in the same institutions found a 0.4% discrepancy rate that was mostly attributable to the lack of sufficient tumour samples for research purposes 10. In the experience of the tissue bank at the University of Indiana (USA) an overall adequacy of 75% was reported in 1550 samples requested for scientific study over a 9year period (16,800 samples collected) 18. In the case of paraffin-embedded tissues, immunohistochemistry using several diffuse markers such as vimentin, CD31, and Ki-67 can be used for quality control. In the experience of a Spanish network of tumour biobanks, Morente et al. has noted that in a series of paraffin-embedded samples collected in 56 associated centres (2 per biobank), immunohistochemical colouration was adequate, indicating that samples have been correctly processed 2. A slight variability in the expression of MIB1 was seen in only 4% of samples, which is a possible artefact related to excessive fixation. Control of fixation times appears a fundamental aspect not only for diagnosis of paraffinembedded samples, but is also critical in multicentre studies where tissue microarrays are utilised 2. 2) Evaluation of the integrity of DNA and RNA. Systematic assessment of the integrity of DNA and RNA in biological samples used for biobanking is both costly and time-consuming. It is thus worthwhile to carry out tests in a centralised facility in the case of a tissue-banking network, while on a smaller scale feedback from researchers using the material can often be sufficient 12. Jewell et al. evaluated the integrity of ovary samples by RT-PCR and electrophoresis of DNA and RNA. In particular, with RTPCR adequate amplification of mRNA was observed using the housekeeping gene HPRT in 70% of samples. Electrophoresis demonstrated good DNA quality in all cases, and adequate ribosomal RNA quality in 70% of samples 19. RT-PCR on 95 frozen paediatric tumours collected between 2001 and 2003 showed that only 4 (4.2%) samples had RNA that was degraded or of low-quality. In the experience of the Spanish network, significant degradation of RNA was found in 3% of tumour samples 2. The possibility of centralised quality control was foreseen in the TuBaFrost project, with 2% of samples to be screened in the first year. If the results were favourable, then the number of annual controls could be decreased to 1% of all samples collected. Quality controls examined both frozen and paraffin-embedded samples (diagnosis, representative nature of samples, quality of fixation through immunohistochemistry, quality of RNA), in addition to administrative procedures. The control for the latter included collection of informed consent forms, registration of patient and sample data and adequacy of sample identification, in addition to clinicopathological data and the use of international pathology terms (SNOMED/CIE-O), protocol definitions and adequacy of the infrastructure 1. Standard operating protocols As already mentioned, the need for high-quality, matched normal and neoplastic tissues, accompanied by relevant clinicopathological information, is crucial for translational research and the development of new drugs. For the identification of novel, clinically relevant markers, large-scale molecular studies are essential that can evaluate the efficacy of therapeutic response to treatment. A fundamental prerequisite for the management of tissue samples and clinical data in multicentre studies is the use of validated, shared protocols that guarantee the adequacy of the biological materials used for scientific research. In fact, the greatest differences in biological markers seen in multicentre studies are attributable to the lack of standardisation in tissue management protocols 20. In this context, the creation of a consortium between participating institutions is an important advance in oncology, and provides the opportunity to form biobanks at a regional and national level, even if virtual in nature, with the primary objective of creating shared, standard operating protocols 21. In Europe, networks in Sweden, Spain, Italy and Austria have given primary importance to standardised procedures for collection and storage of tissues 2 21-23. In particular, the experience of the TuBaFrost project has provided important solutions to the need for standardised protocols through the development and promotion of an integrated platform of tissue banks on a European level. TubaFrost is a virtual biobank based on a centralised database, with collection of samples at peripheral sites. The goal of this project is to favour multicentre research based on biomolecular data derived from tissue collection with strict protocols in place covering technical, administrative and ethical/legal aspects. A model for tissue collection has recently been published by the TuBaFrost project, and provides an example of how adequate materials can be obtained for scientific research. SAMPLE CONSERVATION: FREEZING, FIXATION AND QUALITY CONTROL References 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Morente MM, Mager R, Alonso S, Pezzella F, Spatz A, Knox K, et al. TuBaFrost 2: standardising tissue collection and quality control procedures for a European virtual frozen tissue bank network. Eur J Cancer 2006;42:2684-91. Morente MM, de Alava E, Fernandez PL. Tumour banking: the spanish design. Pathobiology 2007;74:245-50. Mager SR, Oomen MHA, Morente MM, Ratcliffe C, Knox K, Kerr DJ, et al. Standard operating procedures for the collection of fresh frozen tissue samples. Eur J Cancer 2007;43:828-34. 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Chiara”, Trento Parole chiave Banche tissutali • Biobanking • Conservazione tessuti biologici • Criopreservazione tissutale • Disciplina giuridica Il corpo in cassaforte: ricchezza o materiale pericoloso? Quando un bene è di particolare valore si è soliti conservarlo in un luogo protetto, magari in una cassaforte, al riparo dai tentativi di furto di qualche malintenzionato. Per ragioni diverse anche con i beni considerati pericolosi, ossia suscettibili di arrecare danno a chi li utilizza o a terzi, vengono conservati in luoghi custoditi, inaccessibili ai non addetti. Nell’un caso le particolari misure di sicurezza sono giustificate dal valore del bene, nell’altro invece dalla nocività intrinseca al bene stesso. Leggendo il punto 4.3) dell’Autorizzazione del Garante della privacy in tema di trattamento dei dati genetici a, viene spontaneo chiedersi a quale delle due categorie appartengano i campioni biologici umani. Sono previste infatti misure di sorveglianza particolarmente stringenti per i luoghi nei quali i campioni biologici ed i relativi dati genetici sono conservati: l’accesso ai locali deve essere controllato mediante incaricati di vigilanza o strumenti elettronici che prevedano specifiche procedure di identificazione anche mediante dispositivi biometrici, inoltre le persone ammesse a qualunque titolo, dopo l’orario di chiusura, devono essere identificate e registrate. Con lo sviluppo delle conoscenze e delle tecnologie di ricerca in ambito genetico i materiali biologici umani sono divenuti oggetto di applicazioni sempre più numerose, nell’ambito della ricerca, della diagnostica e della cura a b c medica, come fonte privilegiata di informazioni biologiche e genetiche. Quelli che in passato venivano comunemente definiti “scarti operatori”, nonché i campioni di tessuto conservati negli archivi dei reparti di anatomia patologica, sono oggi oggetto di una nuova “corsa all’oro”, riprendendo una felice metafora utilizzata qualche anno fa da Doroty Nelkin. Contengono infatti preziose informazioni utili alla ricerca medica, per la comprensione dei processi patologici, la predisposizione di nuovi medicinali e la identificazione di nuove tecniche diagnostiche. Il valore assunto dai campioni biologici ha condotto alla proliferazione di banche di raccolta di tessuti umani sia all’interno dei grandi centri di ricerca che dei piccoli ospedali e alla nascita di società private che offrono servizi di stoccaggio e conservazione di materiali biologici. Ed ancora si è assistito alla creazione di grandi biobanche di popolazione, nelle quali vengono raccolti, catalogati e studiati i materiali biologici di intere nazioni, banche di DNA ad uso forense e militare, nonché da ultimo banche di cellule staminali cordonali, con le quali si intende assicurare la salute futura dei propri figli b. Il termine “biobank” è apparso per la prima volta nella letteratura scientifica a metà degli anni ’90 c. Con questo termine si individua l’attività di stoccaggio di materiale biologico (organi, tessuti, sangue, cellule e fluidi aventi una quantità di DNA o RNA che consenta analisi di carattere genetico) svolta tanto all’interno dei presidi ospedalieri quanto dalle fondazioni pubbliche o private. Garante per la protezione dei dati personali, Autorizzazione al trattamento dei dati genetici, in Gazz. Uff. n. 65 del 19 marzo 2007. Tale autorizzazione è stata emanata in attuazione dell’art. 90 del D.Lgs. 196 del 2003, il quale dispone testualmente che “Il trattamento dei dati genetici da chiunque effettuato è consentito nei soli casi previsti da apposita autorizzazione rilasciata dal Garante sentito il Ministro della salute, che acquisisce, a tal fine, il parere del Consiglio superiore di sanità”. Ordinanza del Ministero della Salute del 4 maggio 2007, in Gazz. Uff. n. 110 del 14 Maggio 2007. In tale Ordinanza si riconosce la possibilità di donare e conservare cellule staminali cordonali per uso allogenico e solo in particolari casi anche per utilizzo autologo (v. art. 1). Si rinvia tuttavia ad un successivo intervento legislativo la regolamentazione complessiva in materia di conservazione delle cellule staminali cordonali per uso autologo. L’impiego del termine biobank è relativamente giovane nella letteratura medica internazionale. La prima occorrenza edita all’interno della banca dati mondiale PubMed risale al 1996, all’interno dell’articolo di Loft S, Poulsen HE. Cancer Risk and Oxidative DNA Damage in Man. J Mol Med 1996;74:297-312. Corrispondenza Dott. Matteo Macilotti, Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università di Trento, via Giuseppe Verdi 53, 38100 Trento, Italy - Tel. +39 0461 881818/1866/3811 - Fax +39 0461 881874 - Email: [email protected] LA DISCIPLINA GIURIDICA DELLE BIOBANCHE I tessuti raccolti all’interno di tali biobanche, oltre a fornire dati utili alla ricerca, sono una fonte privilegiata di dati genetici, relativi ai soggetti che hanno subito l’asportazione del materiale biologico. Tali dati consentono di acquisire informazioni relative allo stato di salute, alle caratteristiche biologiche, al grado di predisposizione a contrarre determinate malattie, alla reale paternità e forse, in futuro, anche le qualità dominanti del carattere dei “donatori”. Come facilmente intuibile questi dati di carattere sensibile possono essere l’origine di pericolose lesioni della privacy e di odiose discriminazioni dei soggetti testati. Gli esempi sono molteplici. Si pensi ai test effettuati negli anni scorsi da numerose aziende statunitensi per valutare l’idoneità dei lavoratori alla luce delle loro predisposizioni genetiche, che nel 2000 indussero il presidente Clinton ad emanare d’urgenza un Executive Order volto a proibire il ricorso a test genetici nei processi di reclutamento dei dipendenti dell’amministrazione federale. Si pensi ancora ai controlli genetici effettuati dalle assicurazioni su quanti desiderano stipulare un’assicurazione sulla vita. Tali pratiche, finalizzate a ridimensionare il rischio di selezione avversa, recano il grave pericolo di discriminare i soggetti maggiormente predisposti a contrarre malattie di stampo genetico. Ancora, si pensi ai test genetici sulla paternità, che minacciano di ridurre il rapporto padre-figlio ad una mera questione biologica, ponendo contestualmente in crisi rapporti umani costruitisi nel tempo, nonché i legami affettivi familiari. Sul versante giuridico si è quindi assistito al moltiplicarsi ed al sovrapporsi di norme e di guidelines tanto in ambito interno quanto in ambito internazionale, volte a disciplinare il fenomeno. Particolarmente spinoso è risultato essere il bilanciamento tra l’esigenza avvertita dal mondo della scienza di utilizzare i materiali biologici nella conduzione delle sperimentazioni e la tutela della privacy dei soggetti coinvolti. Tanto più che lo studio dei tessuti, per essere efficace, richiede la conoscenza delle c.d. informazioni di follow-up, ossia la storia clinica aggiornata dei soggetti a cui i tessuti si riferiscono. Nelle prossime pagine, dopo una breve analisi degli strumenti giuridici fino ad oggi adottati sia a livello interno che internazionale, si analizzeranno i nodi critici che coinvolgono il funzionamento e la strutturazione delle biobanche, ossia le questioni inerenti la proprietà dei materiali biologici, le problematiche relative al consenso informato all’utilizzo dei tessuti e da ultimo le misure idonee a garantire la privacy dei donatori. Definizione di biobanca di tessuti umani e riferimenti normativi Prima di addentrarci nell’analisi delle problematiche giuridiche connesse alle banche di tessuti umani è doveroso definire i confini della nostra ricerca. Il termine biobank non è infatti circoscrivibile in un concetto unitario, ma si 87 esplica in una complessa fenomenologia. Questo contributo, di conseguenza, non ha ad oggetto indistintamente qualsiasi tipo di biobanca, ma solo le banche di tessuti umani conservati a scopo di ricerca. Esulano da questa indagine le biobanche deputate alla conservazione degli organi destinati al trapianto, degli embrioni, degli spermatozoi o oociti per la procreazione assistita. Nelle prossime righe seguirà una rapida ricognizione degli strumenti normativi adottati rispettivamente in ambito internazionale, comunitario ed interno. Ragioni di opportunità non permettono di approfondire la disciplina prevista in ogni singolo strumento. Ci si limiterà quindi a qualche cenno sui dati interessanti, destinando ad altra sede l’approfondimento dei singoli dati normativi. LA REGOLAMENTAZIONE INTERNAZIONALE A livello internazionale, non sono molti gli strumenti normativi adottati in tema di biobank. Nondimeno importanti principi possono essere rintracciati nella “Dichiarazione universale sul genoma umano e dei diritti dell’uomo” dell’UNESCO del 1997, il cui articolo primo esordisce affermando che “il genoma umano sottende l’unità fondamentale di tutti i membri della famiglia umana, come pure il riconoscimento della loro intrinseca dignità e della loro diversità. In senso simbolico, esso è patrimonio dell’umanità.” Questa affermazione è indice del sommo valore riconosciuto al genoma umano, ma ciò ovviamente non esclude la possibilità di fare ricerca in questo settore, del quale le biobank sono uno strumento fondamentale, che può dimostrarsi utile non solo ai donatori ma all’intera società. Tale beneficio è esplicitamente indicato nell’art. 12 della Dichiarazione, ove si proclama che “la libertà della ricerca, necessaria al progresso della conoscenza deriva dalla libertà di pensiero. Le applicazioni della ricerca soprattutto quelle in biologia, genetica e medicina, concernenti il genoma umano, devono tendere ad alleviare la sofferenza ed a migliorare la salute dell’individuo e di tutta l’umanità.” Inoltre, l’art. 2 della Dichiarazione riconosce l’unicità del genoma degli individui, circostanza che rende necessaria la protezione delle prerogative degli individui, non solo in termini di possibili discriminazioni, ma soprattutto perché tale unicità rende possibile identificare “uno specifico genoma” tra vari campioni di DNA. Diviene quindi un dovere primario per le biobank adottare regole, standard e procedure idonee ad assicurare la segretezza dei dati in esse contenuti. Risale al 2003 la “Dichiarazione internazionale sui dati genetici umani” dell’UNESCO. Scopo di tale dichiarazione è assicurare il rispetto della dignità umana, la protezione dei dati personali e le libertà fondamentali nella raccolta e trattamento dei dati genetici umani, e dei campioni biologici dai quali tali dati sono ottenuti, nel rispetto dei principi di uguaglianza, giustizia e solidarietà e con la dovuta considerazione al rispetto della libertà di espressione, inclusa la libertà di ricerca. La Dichiarazione stabilisce che i dati genetici e campioni biologici possono essere raccolti ed utilizzati solo se 88 è stato previamente raccolto il consenso libero ed informato dei donatori, maturato senza la prospettazione di guadagni economici o personali. Limitazioni al principio del consenso informato possono essere previste dalle norme nazionali solo nel caso di ragioni eccezionali, secondo quando previsto dalle norme internazionali sui diritti dell’uomo. A livello europeo un passo importante è stato compiuto con la Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e della Dignità dell’Essere Umano con riguardo alle Applicazioni della Biologia e della Medicina, adottata ad Oviedo nel 1997. La Convenzione mira alla protezione dell’integrità e della dignità dell’essere umano, imponendo agli stati firmatari di garantire ad ogni persona, senza discriminazione, il rispetto dell’integrità fisica e degli altri diritti e libertà fondamentali nell’utilizzo dei ritrovati della biologia e della medicina. Oltre alle enunciazioni di principio, mette conto sottolineare come la Convenzione all’art. 4 preveda che ogni intervento nel campo della salute, compresa la ricerca, debba essere effettuato nel rispetto delle norme e degli obblighi professionali. Ogni intervento, secondo il successivo art. 5, può essere eseguito solo dopo che la persona coinvolta abbia concesso il suo consenso libero e informato; al soggetto devono essere previamente trasmesse informazioni appropriate sullo scopo e la natura dell’intervento, sugli eventuali rischi, sulle sue conseguenze e sulla facoltà di ritirare liberamente il consenso in ogni momento. L’art. 10 della Convenzione enuncia il fondamentale diritto di ogni persona di vedere rispettata la propria vita privata allorché si tratti di informazioni relative alla propria salute. Ogni persona inoltre ha il diritto di conoscere ogni informazione raccolta in tale ambito. Tuttavia, viene riconosciuta anche la volontà di un soggetto di non essere informato, sancendo il dovere di rispettarla. La suddetta facoltà si inscrive nel novero di un più ampio diritto all’autodeterminazione informata del cittadino-paziente. Da ultimo, l’art. 11 della Convenzione vieta ogni discriminazione basata sul patrimonio genetico di una persona. La raccolta, lo stoccaggio ed i possibili utilizzi dei tessuti umani per la ricerca devono essere preceduti da un preventivo consenso fornito dal soggetto al quale sono stati prelevati i tessuti. A questo proposito la Convenzione di Oviedo – riferendosi implicitamente alle attività condotte da una Biobanca – stabilisce il principio per cui è lecito l’uso e lo stoccaggio di campioni, a condizione che siano fornite adeguate informazioni, che i dati siano raccolti anonimamente, e si sia ottenuto un consenso scritto. Principio cardine riconosciuto a livello internazionale e ripreso dall’art. 21 della Convenzione risiede nel divieto di trarre profitto dal corpo o dalle sue parti. Non è certamente questa la sede per riflettere a fondo sul principio di gratuità. Ai fini della nostra riflessione (e di quanto si dirà nel prosieguo) mette conto avvertire M. MACILOTTI ET AL. che esistono due possibili interpretazioni di questo principio. In base ad una lettura “radicale”, questo principio escluderebbe in radice qualsiasi possibilità di costituire diritti patrimoniali sul corpo umano e sui tessuti che lo compongono anche dopo la loro ablazione dal corpo di origine. In una seconda e più sfumata accezione, il principio di gratuità esprimerebbe il mero divieto di disporre di una parte staccata del corpo umano a titolo oneroso, laddove la regola dell’extrapatrimonialità andrebbe intesa come regola di organizzazione del sistema di circolazione dei diritti sul corpo, atta a salvaguardare i soggetti coinvolti, garantendo la libertà e la spontaneità delle donazioni. È evidente che solo aderendo alla seconda di queste tesi è possibile configurare un diritto di proprietà su una parte del corpo umano. Centrale nel panorama normativo europeo è la Raccomandazione R (2006) 4 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa che disciplina la ricerca condotta sui materiali biologici di origine umana. La Raccomandazione, prevedendo la necessità di ottenere il consenso del donatore per poter utilizzare i tessuti biologici a scopo di ricerca, ha approntato un regime ad hoc per il consenso, su cui conviene soffermarsi, non senza aver premesso che l’art. 3 della Raccomandazione distingue i tessuti in due categorie: i tessuti identificabili e i tessuti non-identificabili. I materiali biologici non identificabili, definiti “unlinked anonimysed materials”, sono materiali che, da soli o combinati a dati associati non consentono l’identificazione della persona coinvolta. I materiali biologici identificabili invece, sono quei materiali che, soli o in combinazione con dati associati, permettono la identificazione dei soggetti o direttamente o mediante l’utilizzo di un codice. Nel caso questi tessuti siano codificati, due sono le ipotesi previste dalla Raccomandazione: gli utilizzatori dei materiali hanno accesso al codice: “coded materials”; gli utilizzatori non hanno accesso al codice che è sotto il controllo di parti terze: “linked anonymised materials”. Ciò premesso l’art. 21 della Raccomandazione stabilisce che “la ricerca sui materiali biologici deve essere intrapresa solo se rientra nei limiti del consenso ottenuto dal soggetto donante. La persona coinvolta può porre delle restrizioni all’uso dei suoi materiali biologici”. L’art. 22, occupandosi dei casi in cui una nuova ricerca ecceda i limiti del consenso prestato in precedenza su materiali biologici identificabili, afferma che devono essere compiuti ragionevoli sforzi per contattare il donatore al fine di ottenere un nuovo consenso. Nel caso in cui non sia possibile contattare impiegando ragionevoli sforzi la persona coinvolta, questi materiali biologici potranno essere utilizzati per quella ricerca solamente se si realizzano le seguenti condizioni: a) la ricerca è finalizzata ad un importante scopo scientifico; b) il risultato della ricerca non possa essere ottenuto utilizzando materiali biologici per i quali il consenso sia già stato ottenuto; c) non esista alcun elemento tale da lasciar presumere LA DISCIPLINA GIURIDICA DELLE BIOBANCHE che la persona coinvolta si sarebbe espressamente opposta a tale tipo di ricerca. La Raccomandazione stabilisce che il donatore può liberamente negare il consenso all’utilizzo del suo identifiable biological material, o ritirare il consenso in ogni tempo. Il rifiuto di prestare il consenso o il ritiro di questo non deve condurre al alcuna forma di discriminazione nei confronti della persona coinvolta, in particolare per quanto riguarda il diritto di assistenza medica. Nel caso invece di unlinked anonimysed material, questo può essere utilizzato per una nuova ricerca solo se questa non viola alcuna delle restrizioni poste dalla persona coinvolta prima dell’anonimizzazione del campione. Notevole importanza rivestono da ultimo le recenti guidelines dell’OCSE denominate “Best Practice Guidelines for BRCs”. Tale documento segue le “Guidance for the Operation of Biological Research Centres (BRCs)”, emanato dall’OCSE nel 2001. Tali guidelines, che forniscono le regole operative per l’attività di raccolta e conservazione dei materiali biologici e fissano gli standard qualitativi al quale devono attenersi le strutture di raccolta (biorepositaries), rappresentano senz’altro un nucleo condiviso nella comunità internazionale, tanto da essere state assunte a modello da numerosi legislatori nazionali nella fissazione degli standard qualitativi dell’attività di “biobanking”. LA REGOLAMENTAZIONE COMUNITARIA Con lo scopo di assicurare la sicurezza e la riservatezza delle donazioni la direttiva europea 2004/23 del 31 marzo 2004 “sulla definizione di norme di qualità e di sicurezza per la donazione, l’approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani” d e la successiva direttiva 2006/17 che attua la direttiva 2004/23/CE, prevedono, tra le altre cose, che gli stati debbano assicurare che siano adottate tutte le misure necessarie ad assicurare la tracciabilità dei tessuti e delle cellule donate, anche assegnando uno specifico codice alla donazione e al prodotti ad essa associati e. Riveste particolare importanza la Direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche la quale traccia i confini della brevettabilità dei materiali biologici f. L’art. 5 comma primo prevede che “il corpo umano, nei vari stadi della sua costituzione e del suo sviluppo, nonché la mera scoperta di uno dei suoi elementi, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene, non possono costituire invenzioni brevettabili”. Tuttavia il successivo comma dispone che “un elemento isolato dal corpo umano, o diversamente prodotto, mediante un procedimento tecnico, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene, può costituire un’invenzione d e f g 89 brevettabile, anche se la struttura di detto elemento e` identica a quella di un elemento naturale”. Tale direttiva è stata recepita in Italia dal decreto legge del 10 gennaio 2006 n. 3, convertito con modificazioni nella Legge 22 febbraio 2006 n. 78. Tuttavia non sono stati ad oggi emanati i regolamenti applicativi per dare concreta applicazione al testo legislativo. LA REGOLAMENTAZIONE ITALIANA La recente Autorizzazione del Garante della Privacy in tema di trattamento dei dati genetici g, contestualmente alla disciplina dell’utilizzo dei dati, regola anche l’utilizzo dei tessuti e delle biobanche in quanto “luoghi” nei quali i dati sono contenuti e custoditi. Tuttavia, data l’importanza e la centralità di tale Autorizzazione, tratteremo il suo contenuto nel prossimo paragrafo. Ulteriore strumento di regolamentazione delle biobanche è rappresentato dalle “Linee guida per l’istituzione e l’accreditamento delle biobanche” redatte da un gruppo di lavoro istituito presso il Comitato Nazionale per la Biosicurezza e le Biotecnologie, coordinato dal prof. Leonardo Santi. Tale lavoro, che trova espressa ispirazione nella Raccomandazione del Consiglio d’Europa R (2006) 4, supplisce all’inerzia del legislatore nazionale che ad oggi non ha ancora emanato una normativa ad hoc in materia. Di particolare rilevanza è il Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 26 giugno 2006 il quale stabilisce la procedura di certificazione delle Biobanche come CRB (Centri di Risorse Biologiche). L’articolo 2 punto a) del decreto offre una definizione di Biobanche quali “centri fornitori di servizi per la conservazione, il controllo e l’analisi di cellule viventi, di genomi di organismi e informazioni relative all’ereditarietà e alle funzioni dei sistemi biologici, i quali conservano organismi coltivabili (microrganismi, cellule vegetali, animali e umane), parti replicabili di essi (genomi, plasmidi, virus, DNA), organismi vitali ma non più coltivabili, cellule e tessuti, così come anche banche dati concernenti informazioni molecolari, fisiologiche e strutturali rilevanti per quelle collezioni”. Il successivo punto b) definisce i Centri di Risorse Biologiche come Biobanche che hanno chiesto ed ottenuto la certificazione del proprio sistema di gestione per la qualità da parte di un Organismo di certificazione di “Centri di Risorse Biologiche”. Tuttavia il Decreto non definisce direttamente quali siano i criteri di certificazione dei CRB rinviando ai “criteri forniti dagli appositi gruppi di studio dell’OCSE e comunicati per l’approvazione all’Ispettorato tecnico dell’industria della Direzione generale dello sviluppo produttivo e competitività del Ministero delle attività produttive”. Direttiva 2004/23/CE, in Gazz. Uff. n. L 102 del 7 aprile 2004. Direttiva 2006/17/CE, in Gazz. Uff. n. L. 38/40 del 9 febbraio 2006. Direttiva 98/44/CE, in Gazz.Uff. L. 213/13 del 30 luglio 1998, recepita in Italia dal D.L. 10 gennaio 2006 n. 3 recante “Attuazione della direttiva 98/44/CE in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche”, in Gazz. Uff. n. 8 dell’11 genaio 2006, convertito in legge con modificazioni della legge 22 febbr. 2006 n. 78, in Gazz. Uff. n. 58 del 10 marzo 2006. V. nota n. 1. M. MACILOTTI ET AL. 90 È tuttavia discutibile la scelta di adottare un decreto ministeriale, norma di rango secondario, per regolare un fenomeno di tale rilevanza. Nella gran parte dei Paesi europei sono state adottate delle norme di fonte primaria per disciplinare organicamente il fenomeno delle biobank. A fronte di un panorama legislativo piuttosto frastagliato di cui si è testé accennato si rinvengono tuttavia una moltitudine di documenti, privi di contenuto giuridicamente vincolante, che hanno tentato di colmare il vuoto di disciplina fissando delle Linee Guida. Uno dei documenti maggiormente conosciuti è stato pubblicato dalla Società Italiana di Genetica Medica il 5 giugno 2003 h. In tale documento si definisce la biobanca una unità di servizio, senza scopo di lucro diretto, finalizzata alla raccolta e alla conservazione di biomateriale umano utilizzabile per ricerca e diagnosi biomolecolare. La peculiarità della biobanca, come sopra definita, richiede che i campioni siano: 1) raccolti secondo opportune misure di bioetica e biodiritto; 2) prelevati e conservati secondo procedure che garantiscano la migliore preservazione dei componenti strutturali (istologici e biochimici); 3) collegabili ai dati anagrafici, clinici e di follow-up relativi ai soggetti da cui derivano i materiali conservati. L’Autorizzazione al trattamento dei dati genetici Come evidenziato qualche rigo sopra, il Garante della Privacy ha adottato, dopo una lunga gestazione, l’Autorizzazione al trattamento dei dati genetici i, ottemperando a quanto previsto dall’art. 90 del D.Lgs 196 del 2003 c.d. “Codice della privacy”. Tale Autorizzazione, abbracciando una posizione discutibile, non distingue nettamente il tessuto nella sua materialità dai dati genetici in esso contenuti, predisponendo per l’uno e per gli altri le medesime regole. I campioni biologici paiono pertanto essere, alla luce di tale Autorizzazione, meri “supporti” nei quali i dati sono contenuti. Il punto 3) dell’Autorizzazione, rubricato “finalità del trattamento” permette l’utilizzo dei dati genetici a scopo di ricerca scientifica e statistica, finalizzata alla tutela della salute della collettività in campo medico, biomedico ed epidemiologico, a patto che la disponibilità di dati solo anonimi su campioni di popolazione non permetta alla ricerca di raggiungere i medesimi scopi. L’utilizzo deve avvenire solo previo consenso dell’interessato, salvo che si tratti di indagini statistiche o di ricerca scientifica previste dalla legge. In tema di raccolta e conservazione, l’Autorizzazione prevede che quando le finalità del trattamento e di dati genetici non possano essere realizzate senza l’identificazione anche temporanea degli interessati, il titolare debba adottare specifiche misure per mantenere separati i dati identificativi già al momento della raccolta, salvo che ciò risulti impossibile in ragione delle h i particolari caratteristiche del trattamento o richieda un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato. Per quanto attiene lo specifico campo della ricerca scientifica e statistica che impieghi dati genetici e campioni biologici, si prevede che debba essere effettuata sulla base di un progetto redatto conformemente agli standard del pertinente settore disciplinare, anche al fine di documentare che il trattamento dei dati e l’utilizzo dei campioni biologici sia effettuato per idonei ed effettivi scopi scientifici. L’utilizzo deve conformarsi ad uno stretto principio di necessità. Il progetto deve indicare le misure adottate per assicurare che il trattamento dei dati personali sia conforme con quanto previsto dall’Autorizzazione e alla normativa in tema di dati personali, anche per i profili riguardanti la custodia e la sicurezza dei dati e dei campioni biologici. Devono essere altresì indicati i responsabili del trattamento. Il progetto deve inoltre specificare l’origine, la natura e le modalità di prelievo e conservazione dei campioni, nonché le misure adottate per garantire la volontarietà del conferimento del materiale biologico da parte dell’interessato. Come già si sottolineato in sede introduttiva, si devono adottare stringenti misure di sicurezza in ordine alla custodia dei dati genetici e dei campioni biologici. L’accesso ai locali deve essere controllato mediante incaricati di vigilanza o strumenti elettronici che prevedano specifiche procedure di identificazione anche mediante dispositivi biometrici, inoltre le persone ammesse a qualunque titolo, dopo l’orario di chiusura, devono essere identificate e registrate. Inoltre, il trasferimento dei dati genetici in formato elettronico deve essere effettuato con posta elettronica certificata previa cifratura delle informazioni trasmesse da realizzarsi con firma digitale. I dati genetici e i campioni biologici contenuti in elenchi, registri o banche dati, sono trattati con tecniche di cifratura o mediante l’utilizzazione di codici identificativi o di altre soluzioni che li rendano temporaneamente intelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi e permettano di identificare gli interessati solo in caso di necessità, al fine di ridurre i rischi di accesso abusivo. Nel caso in cui le banche dati contengano anche dati riguardanti la genealogia o lo stato di salute degli interessati, devono essere adottati accorgimenti tecnici in grado di consentire il trattamento disgiunto dai dati genetici e sanitari dagli altri dati personali. Ulteriori disposizioni sono adottate in tema di consenso informato al trattamento. Tali norme saranno tuttavia oggetto di analisi nell’apposito paragrafo dedicato a questa centrale tematica. Siamo proprietari dei tessuti staccati dal nostro corpo? Le normative testé considerate non offrono risposte univoche a questa problematica che tuttavia risulta essere cen- Tale documento è stato predisposto dalla S.I.G.U in collaborazione con Telethon. È pubblicato nell’inserto di Analysis, n. 5/6 2003. Autorizzazione al trattamento dei dati genetici, in Gazz. Uff. n. 65 del 19 marzo 2007. LA DISCIPLINA GIURIDICA DELLE BIOBANCHE trale per determinare l’assetto delle biobanche. È di tutta evidenza infatti che attribuire la proprietà dei materiali biologici ai donatori piuttosto che ai ricercatori muta la disciplina e l’organizzazione dei centri di raccolta. Tuttavia, prima di rispondere a questa domanda dal carattere piuttosto ellittico, pare opportuno introdurre un recente caso giudiziario che ha impegnato i giudici d’oltreoceano e che, vent’anni dopo la nota vicenda Moore j, ha riproposto con forza la necessità di definire la natura giuridica dei materiali biologici staccati dal corpo. IL CASO DEL DOTT. CATALONA In breve, William Catalona k, famoso urologo e ricercatore presso l’Università di Washington, nel corso delle sue ricerche raccoglie e cataloga più di 250.000 campioni di tessuto asportati da 3.600 pazienti, allo scopo di studiare e approntare specifiche terapie per curare il cancro alla prostata. Tali campioni vengono stoccati e conservati presso la GU Biorepositary, luogo nel quale confluiscono non solo i tessuti raccolti dal dott. Catalona ma tutti i materiali biologici collezionati dai medici della divisione di urologia dell’università. Nei congelatori della biorepositary sono conservati attualmente i tessuti di più di 30.000 soggetti. Tali campioni, oltre a costituire un importante capitale scientifico rappresentano un ingente capitale economico, visto il loro indispensabile utilizzo nei c.d. test di depistaggio. Tale fatto origina una serie di diatribe tra il dott. Catalona e l’Università di Washington, la quale in più occasioni ammonisce il dott. Catalona per aver trasferito gratuitamente i campioni biologici a strutture di ricerca esterne all’Università. Nel 2003, a seguito dei dissidi, l’Urologo lascia la WU e si trasferisce presso la Northwestern University di Chicago, Illinois, per ricoprire il medesimo ruolo. Avendo la necessità di utilizzare nelle sue ricerche i campioni di tessuto umano contenuti nella GU biorepositary, prima di partire inoltra ai suoi pazienti una lettera nella quale scrive testualmente “Mi avete affidato i vostri campioni di tessuto e io li ho usati per la ricerca che servirà a migliorare le cure per voi e per molte altre persone nei prossimi anni”, ma “per continuare questo lavoro ho bisogno del vostro aiuto e del vostro consenso”. Alla lettera allega un modulo che i pazienti avrebbero dovuto sottoscrivere ed inviare alla Washington University di Saint Louis, che recava la seguente dichiarazione “Vi prego di restituire i miei campioni al prof. Catalona della Northwestern University di Chicago. Li ho affidati a lui perché fossero usati a sua discrezione e con il suo espresso consenso a scopo di ricerca”. Molti pazienti inviano tale missiva ma la Washington University non accoglie la loro richiesta, sostenendo di essere l’unica proprietaria dei tessuti umani donati. Tuttavia, in via preventiva e cautelare, l’Università investe della questione la District Court for the Eastern j k 91 District of Missouri, al fine di vedersi riconosciuto il diritto di proprietà sui materiali biologici. La Washington University sostiene che prestando il consenso informato e volontario alla conservazione dei materiali biologici, i pazienti hanno trasferito i diritti proprietari alla biorepositary, la quale può disporne a sua completa discrezione. Anche alla luce del fatto che la biorepositary sopporta tutti i costi necessari alla conservazione dei tessuti e ne cura la distribuzione. Da parte sua il dott. Catalona afferma che i materiali biologici appartengono ai pazienti e che molti di loro hanno sottoscritto, alla sua partenza, un modulo con il quale hanno richiesto di trasferire i materiali alla Northwestern University. A fronte di tale richiesta la WU non ha pertanto alcun diritto di trattenere i materiali. A conforto di questa tesi il dott. Catalona rileva come il modulo del consenso sottoscritto dai pazienti dia la possibilità di ritirare il consenso prestato in qualsiasi momento. Questa prerogativa è, secondo l’urologo, un chiaro indice di come la proprietà dei materiali biologici rimanga in capo ai pazienti. Inoltre l’urologo sottolinea che la cessione dei tessuti alla biobank non perfeziona un negozio di gift of property, con il contestuale trasferimento dei diritti proprietari, ma al contrario si instaura un rapporto di bailment, nel quale, come noto, il bailee acquisisce soltanto il diritto al possesso del bene, non la proprietà. La vicenda si conclude con la sentenza pronunciata il 31 marzo del 2006 della Corte distrettuale del Missouri la quale stabilisce che: 1) la WU è proprietaria di tutti i materiali biologici, inclusi il sangue, i tessuti e i campioni di DNA contenuti nella biorepositary; 2) né il dott. Catalona né alcun altro ricercatore che conduce ricerche per conto della WU ha alcun diritto o interesse proprietario sui tessuti conservati nella GU “biorepository”; 3) la “Medical Consent Authorization” predisposta dal dott. Catalona, inviata ai partecipanti alla ricerca e da questi sottoscritta, non costituisce un titolo valido ed efficace a trasferire la proprietà o il possesso dei materiali biologici costuditi presso la GU Repositary. Tralasciando le questioni prettamente tecnico-giuridiche che hanno determinato tale sentenza le quali, vista la complessità, meriterebbero un contributo ad hoc, è interessante dar conto degli obiter dicta. La Corte infatti ha sottolineato che la ricerca medica può progredire solo se l’accesso ai materiali biologici alla comunità scientifica non è ostacolato dalle istanze dei singoli privati. Se l’utilizzo di tali materiali non fosse regolamentato e venisse lasciato al capriccio dei privati, questi preziosi strumenti per la scienza diverrebbero nulla più che “chattel” nelle mani del miglior offerente. L’accento non ricadrebbe sulla valutazione dell’importanza del protocollo di ricerca per la salute pubblica, ma Moore v Regents of the University of California, 249 Cal. Rptr. p 494. Washington University vs. William J. Catalona, et al., 2006 U.S. Dist. LEXIS 22969. Per un commento della sentenza si veda, L. Andrews, Two Perspectives: Rights of Donors: Who Owns Your Body? A Patient’s Perspective on Washington University vs. Catalona. J Law Med Ethics 2006:34;398. M. MACILOTTI ET AL. 92 il tutto si ridurrebbe alla determinazione della miglior offerta. Vendere tessuti asportati o del DNA su e-Bay diverrebbe normale quanto vendere un televisore. Inoltre l’integrità e l’utilità dai biorepositories potrebbero essere seriamente minacciate se i “donatori” potessero trasferire i loro campioni da un istituto di ricerca ad un altro ogni qualvolta lo desiderassero. Se i singoli campioni potessero “entrare ed uscire” dai biorepositories, i protocolli di ricerca non potrebbero più fare affidamento sulle raccolte aggregate di campioni. LA PROPRIETÀ DEI MATERIALI BIOLOGICI L’individuazione del rapporto giuridico che lega i soggetti con i materiali biologici staccati dal loro corpo rappresenta una questione irrisolta. Non vi è tra i giuristi una visione univoca su quali siano i diritti esercitabili dagli individui che subiscono l’oblazione dei tessuti e da coloro che conservano tali materiali per poterli studiare; ed in particolare risulta essere incerta, come abbiamo visto nel caso del dott. Catalona, l’attribuzione del diritto di proprietà. Alcune parti sono senz’altro definibili “proprietà” del soggetto, si pensi in tal senso ai capelli e al latte materno che sono considerati pacificamente beni commerciabili. Il particolare regime accordato a questi componenti corporei deriva dalla loro riproducibilità e dal fatto che non incidono sulla integrità fisica in modo permanente. Altre parti staccate dal corpo che mantengono una capacità funzionale autonoma, si pensi al midollo osseo e al sangue, possono essere oggetto di trapiantato. Al momento del consenso all’espianto a scopo di trapianto il “donatore” perde qualsiasi possibilità di gestione su di un “bene” che viene ad essere incorporato ad un altro soggetto. Per quanto riguarda i campioni operatori ed i materiali biologici asportati a fini diagnostici la situazione è differente. Sono questi tessuti non riproducibili, funzionalmente non autonomi, espressione di un’identità biologica, molte volte affetti da patologie e alterazioni genetiche di estremo interesse per coloro che si occupano di ricerca medica. Al momento del distacco dal corpo la loro sorte può essere duplice: dopo le procedure di diagnostica istopatologica, vengono distrutti in quanto rifiuti sanitari pericolosi l, oppure possono essere conservati per poter essere studiati. Come è accaduto nel caso del dott. Catalona, il modello al quale la dottrina italiana si è tradizionalmente rifatta per rappresentare la relazione che lega l’uomo con questo tipo di tessuti è il modello proprietario. Come sottolineava De Cupis m, le parti staccate dal corpo che, pur non comportando una diminuzione permanente dell’integrità fisica (vedi tessuti raccolti nell’ambito di operazioni chirurgiche o di attività diagnostiche), sono oggetto di separazione dal corpo umano in occasione di interventi diagnostici o terapeutici che ne implicano l’ablazione, ac- l m quistano con la separazione natura di beni mobili disponibili (art. 810 c.c.) nei limiti previsti dall’art. 5 c.c. (nel rispetto di legge, ordine pubblico e buon costume) ed in quanto tali oggetto di proprietà alla stregua di qualsiasi altro bene. La vexata quaestio è consistita semmai sul modo di acquisto della proprietà e sul soggetto titolare di tale diritto. Vi è chi ha seguito la tesi della c.d. separazione. Secondo tale interpretazione, al momento del distacco del tessuto, il soggetto che ha subito l’ablazione ne diviene immediatamente proprietario. Una seconda corrente dottrinale ha sostenuto la tesi dell’occupazione, secondo cui le parti staccate del corpo umano, una volta avvenuta la separazione, sarebbero equiparabili alle res nullius, ossia beni che non sono di proprietà di alcuno. Secondo questa differente teoria si presume quindi il loro abbandono, c.d. derelictio, al momento del discacco con la conseguenza che chiunque potrà diventarne proprietario mediante l’impossessamento, cd. adprehensio. Una terza tesi, individua un parallelismo tra il diritto sulle parti staccate dal corpo e quello sulle opere dell’ingegno. Nello stesso modo in cui un soggetto è proprietario delle opere del suo ingegno, così dovrebbe essere ritenuto titolare del proprio sostrato biologico, secondo un’interpretazione estensiva dell’art. 2576 c.c. La parte prelevata è secondo questa costruzione giuridica una res originata per creazione, seppur con l’aiuto del chirurgo, da parte del soggetto che perciò dovrebbe esserne il solo titolare. Da ultimo vi è chi ha considerato le parti staccate dal corpo come “frutti naturali”, ossia quei frutti che provengono direttamente dal corpo originario, eventualmente con il concorso dell’opera dell’uomo, in questo caso il chirurgo. Le difficoltà che si incontrano nello stabilire il regime proprietario sui materiali biologici staccati dal corpo sono molteplici, sia di ordine giuridico che di ordine economico e sorgono dall’inscindibile natura bifronte dei tessuti umani: aggregati di molecole e fonte di dati genetici. 1. Il termine proprietà è utilizzato nell’accezione comune sia per descrivere una “cosa”, che per individuare la relazione che insiste tra una persona ed una cosa. Questa relazione sottende una serie di diritti e facoltà che fungono da elementi necessari per poter affermare che un soggetto è proprietario di un bene: il diritto di godere e di disporre, il diritto di escludere i terzi dal godimento del bene, il diritto di trasferire il bene, il diritto di venderlo ecc. Perché dunque il diritto di proprietà possa ritenersi sussistente, il soggetto indicato quale proprietario deve avere la possibilità, anche astratta, di esercitare tali facoltà. Nell’impossibilità la relazione proprietaria non potrà dirsi piena o in determinati casi sussistente. Ebbene, con riguardo ai tessuti umani, il fascio di diritti che il “donatore”-proprietario può esercitare è fortemente limitato dalla natura stessa dei beni. Sia a livello nazionale che in ambito europeo i tessuti umani sono considerati beni extra commercium, ed Cfr. Art. 45 del D.Lgs. 15 febbraio 1997 n. 22 in tema di gestione dei rifiuti, nonché il D.p.r. 15 luglio 2003, n. 254, regolamento recante la disciplina della gestione dei rifiuti sanitari. De Cupis A. I diritti della personalità. In: Cicu A, Messineo F, eds. Trattato di diritto civile e commerciale. Milano: 1985, p. 159 e ss. LA DISCIPLINA GIURIDICA DELLE BIOBANCHE in quanto tali non possono essere oggetto di scambi a titolo oneroso. Si ritiene infatti che assoggettare il corpo alla leggi della domanda e dell’offerta, sottoponendolo di fatto ad un processo di reificazione, sia lesivo della dignità umana. È tuttavia dubbio che si possa parlare di “proprietà” al di fuori di un sistema di mercato e che sia corretto definire “proprietà” un bene del quale non si può disporre a titolo oneroso. Secondo i giuseconomisti, l’impossibilità di ricorrere agli incentivi del mercato svuota di pregnanza lo stesso istituto, venendo meno le ragioni patrimoniali che lo caratterizzano. 2. Ulteriore ragione che rende difficoltosa l’applicazione del modello proprietario, risiede nella difficoltà di individuare con chiarezza il soggetto proprietario. Se di primo acchito sembra scontato ritenere che le facoltà derivanti dal titolo proprietario debbano essere esercitate dal soggetto che ha subito l’oblazione, i dubbi sorgono nel momento in cui si analizza il bene “tessuto”. La dimensione “informazionale” infatti è una dimensione collettiva in quanto non attiene soltanto al soggetto che ha subito l’oblazione ma al suo intero nucleo biologico. Ecco quindi che la gestione del tessuto non potrà essere esercitata in completa autonomia da colui che ha subito l’asportazione, pena il rischio di escludere e discriminare i soggetti che condividono il medesimo patrimonio biologico. Il legame proprietario tra il “donatore” e il tessuto trova quindi un ulteriore ostacolo. 3. Con riguardo ai tessuti umani, la circolazione dei dati personali e la circolazione dei tessuti identificabili, intesi nella loro espressione fisico-biologica, si interseca. Il tessuto è il “supporto” fisico nel quale i dati sono contenuti: è l’espressione materiale del dato. Materiali biologici e dati non sono separabili. Storicamente, quando non si conoscevano le potenzialità, le caratteristiche e le capacità informazionali e predittive del genoma umano, i tessuti umani rappresentavano soltanto un aggregato di molecole. A livello giuridico l’accento ricadeva pertanto sulla natura materiale del tessuto. Ecco dunque perché la migliore dottrina italiana non ha mai messo in dubbio che il che il rapporto tra l’uomo e le parti staccate dal suo corpo potesse rientrare nella sfera dei diritti proprietari. Le parti staccate dal corpo erano infatti considerate alla stregua di qualsiasi altro bene mobile. Le conoscenze scientifiche, in particolare nell’ambito medico, hanno rivoluzionato questa prospettiva, evidenziando le grandi capacità informazionali provenienti dai tessuti. Dalla dimensione fisica l’accento è passato alla dimensione informazionale. Da semplici aggregati di molecole i tessuti vengono considerati primariamente fonte di dati genetici. Questa visione “smaterializzata” dei tessuti umani fa si che la protezione giuridica delle parti staccate dal corpo trovi oggi riferimento non solo negli strumenti proprietari ma anche e forse soprattutto nella tutela dei diritti della personalità ed in particolare 93 nel “diritto alla riservatezza” e nel “diritto di autodeterminazione”. Basti pensare alla recente Autorizzazione del Garante della Privacy al trattamento dei dati genetici, la quale contestualmente alla disciplina sull’utilizzo dei dati genetici si preoccupa di disciplinare anche l’utilizzo dei campioni biologici visti come “supporti” fisici nei quali i dati genetici sono contenuti. Dai property rights si passa ai diritti della personalità. 4. A livello giuseconomico vi sono ragioni che rendono inefficiente allocare la proprietà dei materiali biologici tanto ai soggetti che hanno subito l’ablazione quanto ai ricercatori. I donatori non hanno alcuna possibilità di godimento sui tessuti staccati dal loro corpo. Quale utilità, un normale cittadino, potrebbe trarre dalla proprietà di un porzione di cute o da un pezzo di milza? Ragionevolmente nessuna, visto che non ha le conoscenze e gli strumenti tecnici per sfruttarne le caratteristiche biologiche e per ricavarne alcun dato utile. È inoltre difficile immaginare possibili applicazioni dei materiali biologici in settori diversi da quello della salute. Pure nell’ipotesi in cui ciò accadesse, viste le peculiarità del bene, si potrebbero porre problemi di ordine etico. Allocare la proprietà dei tessuti in capo ai donatori significa quindi attribuire tale diritto a soggetti che non hanno la capacità di trarne utilità, tale allocazione è senz’altro inefficiente. Inoltre, come rilevato dalla Corte del Missouri nel caso Catalona, attribuire la proprietà dei tessuti raccolti nelle biobanche ai donatori potrebbe produrre effetti deleteri sull’integrità delle biobanche e di conseguenza sull’efficienza della ricerca medica. I ricercatori, diversamente dai pazienti, sono in grado di trarre utilità dal tessuto, in quanto hanno le capacità tecniche per sfruttare le caratteristiche biologiche del materiale e ricavarne soprattutto dei dati. L’incontro tra il tessuto e l’uomo della scienza genera informazioni. Tali dati sono relativi al carattere genetico, alla salute, alle abitudini di vita del donatore: dati sensibili. Dunque se da un lato i materiali biologici sono fondamentali per lo sviluppo della scienza medica, dall’altro sono “contenitori” di informazioni personali, che ben si prestano ad essere, nelle mani sbagliate, lo strumento della più odiose discriminazioni. Il riconoscimento di un pieno diritto di proprietà sui tessuti in capo ai ricercatori esporrebbe questi ultimi alle “tentazioni” economiche di coloro che desiderano entrare in possesso di tali dati per scopi profondamente diversi dalla ricerca medica. La casistica è copiosa. Vi è inoltre un palese conflitto di interessi nel caso in cui dovessero essere gli stessi ricercatori ad anonimizzare le informazioni inerenti ai tessuti sui quali poi eseguiranno le loro ricerche. Si assisterebbe ad una sorta di confusione tra il controllante ed il controllato. M. MACILOTTI ET AL. 94 L’ente di ricerca proprietario dei tessuti, inoltre, potrebbe impedire l’utilizzo del materiale biologico a ricercatori esterni non facenti parte del gruppo di ricerca al quale appartiene. Le potenzialità di ogni tessuto risulterebbero gravemente ridotte. Si potrebbero creare dannose rivalità tra gli enti di ricerca per la proprietà dei campioni biologici. La vicenda del caso Catalona ne è un chiaro esempio. Si aggiunga che, vista l’importanza dello studio dei tessuti nell’ambito della scienza biomedica, non è difficile pensare che la disponibilità di banche di tessuti potrebbe diventare una precondizione essenziale per accedere ai fondi di ricerca pubblici e privati. Tale ipotesi rischia di alimentare una corsa fratricida da parte degli enti di ricerca all’“accaparramento” dei materiali biologici gli uni a scapito degli altri. Da ultimo l’attribuzione della proprietà esclusiva in capo ai ricercatori escluderebbe inevitabilmente i “donatori” dalla partecipazione al governo della ricerca biotecnologia e dai suoi profitti, con il rischio di creare una falla insanabile nell’alleanza – sancita al momento della cessione a titolo gratuito dei materiali biologici – tra la scienza medica e la collettività. I tessuti umani come “commons” Le ragioni esposte nei precedenti paragrafi suggeriscono l’adozione di un modello alternativo, che superi le contraddizioni generate dalla doppia natura del tessuto e assicuri da un lato la massimizzazione del valore scientifico dei tessuti umani impiegati nella ricerca medica e dall’altro il rispetto della privacy e del consenso prestato dai soggetti coinvolti. In questo senso, sembra opportuno scindere, per quanto concerne la disciplina giuridica, la dimensione informazionale dalla dimensione fisica dei tessuti, senza tuttavia cadere nella tentazione di ritenere che l’anonimizzazione sia necessariamente lo strumento per operare tale scissione. Infatti, la maggior parte delle Linee Guida in tema di biobanche opera tale scissione attraverso lo strumento dell’anonimizzazione. Quest’ultima tecnica permette di “dividere” la sorte del tessuto dalla sorte dei dati. Per tutti i materiali riconoscibili si applicano le disposizioni relative alla circolazione dei dati genetici, in quando il tessuto viene inteso come supporto fisico che contiene il dato. Mentre i materiali anonimi escono da questa sfera e sono trattati come oggetti. L’identificabilità dei materiali comporta che ad essi si applichi lo statuto giuridico della “soggettività”, mentre l’anonimia muta la loro condizione giuridica in oggetti. L’anonimizzazione dei materiali biologici, vale a dire dei dati personali ad essi riferibili, autorizza quindi il libero impiego di essi. Vi è infatti la presunzione che anonimizzando i tessuti, non vi sia alcuna ulteriore utilità e alcun pregiudizio che il soggetto può trarre o subire dai suoi materiali biologici e con ciò non vi sia alcuna ragione per ottenere dai soggetti il consenso all’utilizzo dei loro materiali. Una volta anonimizzati i tessuti, i ricercatori diverrebbero quindi proprietari (di fatto) dei materiali biologici. Così facendo si crea una pericolosa e artificiosa distinzione tra il piano della privacy, che spetterebbe ai cittadini e il piano della gestione, prerogativa del mondo della scienza. Per far si che ciò non avvenga la via più promettente sembra quella di ricomprendere i tessuti ceduti a scopo di ricerca, quand’anche anonimizzati, nella categoria economica dei “commons”. Al momento della cessione a titolo gratuito da parte dei pazienti, i materiali biologici, nella loro dimensione fisica, non dovrebbero appartenere né agli individui che hanno subito l’oblazione né ai ricercatori che custodiscono i tessuti, ma dovrebbero divenire un patrimonio dell’intera comunità. Seguendo tale prospettazione il piano della gestione rimarrebbe comunque nelle mani dei cittadini. Il modello di biotrust Se i tessuti sono “commons” sorge la difficoltà di individuare chi controlli e gestisca tali materiali. Vi è infatti il rischio che un uso dissennato possa provocare quello che i giuseconomisti chiamano “tragedy of commons”, ossia un sovrasfruttamento o un sottosfruttamento delle risorse. A tal fine si rende necessaria la creazione di una struttura giuridica che sia in grado di garantire da un lato la natura di “commons” dei campioni biologici e che dall’altro ne favorisca un loro uso efficiente. Tale struttura potrebbe risiedere nella costituzione di biobanche pubbliche, terze ed equidistanti tanto dai pazienti quanto dai ricercatori, dislocate a livello locale ma connesse in una rete nazionale, che custodiscano i tessuti a beneficio della comunità e distribuiscano i campioni biologici a tutti quei ricercatori che ne facciano richiesta. Le biobanche diverrebbero i soggetti responsabili della gestione dei materiali biologici, dell’aggiornamento delle c.d. informazioni di follow-up, della tutela della riservatezza dei soggetti coinvolti. Fungerebbero da filtro tra i cittadini ed il mondo della ricerca, tutelando la privacy dei primi e fornendo i materiali di studio necessari al buon andamento della ricerca medica ai secondi. In questa struttura sono le stesse biobanche ad assicurare la scissione tra la dimensione fisica del tessuto e la dimensione informazionale. In questa struttura i ricercatori avrebbero solamente una sorta di licenza d’uso e non la proprietà dei materiali biologici raccolti, i quali rimangono un patrimonio dell’intera comunità. La stessa biobanca non diverrebbe proprietaria dei materiali biologici ma custode di questi preziosi beni per il bene della comunità. L’idea di una siffatta strutturazione delle biobanche non è nuova. In un documento che risale al 1997, il National Research Council statunitense ha proposto di creare una banca mondiale di DNA che fungesse da trustee e fund holder per tutti i soggetti campionati, in grado di contemperare le esigenze del singolo e gli interessi della scienza. LA DISCIPLINA GIURIDICA DELLE BIOBANCHE Raccogliendo questa suggestione la dottrina d’oltreoceano si è spinta fino a costruire un modello di trust, c.d. biotrust sullo schema del c.d. charitable trust, per regolare l’intero funzionamento dell’attività di biobanking. Questo tipo di trust si presenta come una struttura complessa, capace da un lato di vigilare sul rispetto degli obblighi assunti dai ricercatori, e dall’altro di promuovere la partecipazione dei donatori nel governo della ricerca. Si compone infatti di singoli trusts, attraverso i quali i donatori conferiscono i loro interessi proprietari al medesimo trustee, la Biotrust Foundation, un’organizzazione pubblica no-profit che amministra la biobank secondo le modalità e i fini stabiliti. Con l’istituzione del trust, il donatore di tessuti o settlor, mediante il modulo del consenso, esprime formalmente il desiderio di trasferire i suoi interessi proprietari sul materiale biologico al trust. Il settlor nomina quindi un trustee (della proprietà), Biotrust Foundation, che ha il dovere fiduciario di gestire la proprietà a beneficio della collettività che funge da beneficiary. Al trustee compete il compito di distribuire i tessuti ai ricercatori, di conservare le chiavi di accesso all’identità dei tessuti, di tutelare la privacy dei soggetti coinvolti, di controllare che i tessuti vengano impiegati nel rispetto delle norme etiche che ne governano l’utilizzo. Rispetto al modello “base” di charitable trust, il c.d. biotrust prevede la creazione di ulteriori e specifici strumenti di governance, che hanno il pregio di coinvolgere i donatori. L’esercizio delle prerogative proprietarie sui materiali da parte del trust è infatti subordinato alla revisione e all’approvazione da parte di due organi: l’Ethical Review Committee (ERC) e la Donor Advisory Committee (DAC). La ERC è l’organo deputato alla valutazione dei profili etici dei progetti di ricerca che richiedono l’utilizzo dei materiali biologici della biobanca. Questa committee rappresenterebbe l’equivalente dell’IRB Institutional Review Board, differenziandosi tuttavia da questa in quanto dovrebbe annoverare al suo interno anche una quota di rappresentanza dei donatori. Il DAC dovrebbe essere invece un organo composto da rappresentati diretti del gruppo di donatori, con il compito precipuo di assicurare la massimizzazione dell’utilità pubblica delle donazioni. Tale organo approverebbe i protocolli di ricerca, ma fungerebbe anche da canale di comunicazione tra il gruppo dei donatori, il trustee ed i ricercatori. Il DAC potrebbe essere, secondo i sostenitori di tale modello, un importante elemento di democrazia nel governo del trust ma anche un meccanismo flessibile attraverso il quale poter implementare la comunicazione tra i soggetti a vario titolo coinvolti dal funzionamento di una biobanca. Il consenso informato all’utilizzo dei campioni biologici umani La centralità del tema del consenso, vero nodo problematico nella regolamentazione delle banche di tessuti umani, impone una riflessione approfondita che miri ad accertare 95 se il tradizionale concetto di “consenso informato” possa operare anche in questo contesto. In tema di tessuti umani, la questione del consenso informato ricorre in due fasi che è bene tenere tra loro distinte, in quanto caratterizzate da problematiche differenti. Vi è infatti il consenso informato all’asportazione del tessuto e il consenso alla conservazione a fini di ricerca del materiale biologico presso la biobank. Per quanto riguarda la fase di raccolta vi è da rilevare che nella gran parte dei casi i tessuti vengono asportati nell’ambito di operazioni chirurgiche o diagnostiche. Il consenso, pertanto, non riguarda la sola operazione di ablazione del tessuto ma l’intervento nel suo complesso. Anche nel caso in cui venisse effettuata un’operazione ad hoc per ottenere il tessuto, il consenso avrebbe comunque ad oggetto un intervento chirurgico effettuato sul corpo del paziente, il quale incontrerebbe comunque i tradizionali limiti posti dall’art. 5 c.c. In entrambe i casi il diritto fondamentale che trova tutela nel meccanismo del consenso è l’autodeterminazione del soggetto in ordine alla propria salute. Diversamente, il consenso alla conservazione del materiale biologico non ha quale oggetto un intervento di natura medica da effettuarsi sul corpo del consenziente, ma il trasferimento di un bene che a seguito dell’operazione chirurgica acquisisce una sua autonomia rispetto al corpo dal quale proviene. La conservazione del tessuto e le ricerche condotte su di esso non hanno alcuna influenza diretta sulla salute del paziente. In questa seconda fase l’atto del consenso è volto a tutelare la privacy del soggetto coinvolto, i tessuti contengono infatti i suoi dati genetici. Differenti pertanto sono i beni giuridici tutelati e differenti sono gli effetti del consenso, tali da non giustificare un’equiparazione che talvolta viene semplicisticamente riportata in numerose guidelines e documenti internazionali. Ulteriore peculiare caratteristica che contraddistingue gran parte dei tessuti conservati nelle biobanche è che questi non sono quasi mai raccolti in funzione di un unico progetto di ricerca ma in vista di un numero indeterminato di ricerche future. Quindi solo in pochi casi il soggetto coinvolto potrà essere informato dettagliatamente sulle analisi che verranno condotte sul suo materiale biologico al momento della prestazione del consenso. Molte indagini non sono prevedibili e dipendono dallo sviluppo delle conoscenze scientifiche, altre vengono pianificate solo in momenti successivi. Ciò premesso vi è da chiedersi se il soggetto debba essere ricontattato ogni qualvolta il suo materiale biologico abbia necessità di essere utilizzato per un nuovo progetto di ricerca per il quale non si sia ottenuto precedentemente uno specifico consenso (in ossequio ai canoni tradizionali sul consenso informato, i quali prevedono che l’informazione debba essere precisa e dettagliata riguardo ad ogni momento dell’intervento) o al contrario sia sufficiente un semplice consenso ad effettuare “ricerche di stampo medico” sul tessuto senza ulteriori specificazioni. L’autorizzazione al trattamento dei dati genetici del Garante per la protezione dei dati personali prevede che per poter M. MACILOTTI ET AL. 96 trattare i dati genetici ed utilizzare i campioni biologici è necessario il previo consenso scritto da parte dei pazienti. Il punto 8 dispone che la conservazione e l’ulteriore utilizzo di campioni biologici e di dati genetici raccolti per la realizzazione di progetti di ricerca e indagini statistiche, diversi da quelli per i quali è stato originariamente acquisito il consenso informato degli interessati, sono consentiti limitatamente al perseguimento di scopi scientifici e statistici direttamente collegati con quelli originari. Ciò, a meno che venga nuovamente acquisito il consenso degli interessati, ovvero i campioni biologici e i dati genetici, in origine o a seguito di trattamento, non consentano più di identificare i medesimi interessati, oppure a causa di particolari ragioni non sia possibile informarli malgrado sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo per raggiungerli e il programma di ricerca, oggetto di motivato parere favorevole del competente comitato etico a livello territoriale, sia autorizzato appositamente dal Garante ai sensi dell’art. 90 del Codice. Il consenso prestato dai pazienti è revocabile liberamente in qualsiasi momento. In questo caso deve essere distrutto anche il campione (sempre che sia stato prelevato a scopo di ricerca), salvo che, in origine o a seguito di trattamento, il campione non possa più essere riferito ad una persona identificata o identificabile. Quest’ultima disposizione sembra confliggere con quanto disposto dalla Circolare del 19 dicembre 1986 e dal successivo parere del Consiglio Superiore di Sanità del 14 ottobre 1987 del Ministero della salute la quale dispone che i campioni biologici debbano essere conservati per un periodo non inferiore a vent’anni. Si sottolinea tuttavia che l’Autorizzazione del Garante della Privacy, in quanto prevista dall’art. 90 del D.Lgs 196 del 2003, è uno strumento normativo che nella gerarchia delle fonti riveste una posizione sovraordinata rispetto alla Circolare ministeriale enunciata. Pertanto per i soli tessuti raccolti originariamente ed esclusivamente a scopo di ricerca si dovrà applicare quanto disposto dall’Autorizzazione. Si badi bene che ciò non vale per quei tessuti originariamente raccolti a scopo diagnostico o in occasione di un intervento chirurgico e solo in un momento successivo (previo consenso) utilizzati a scopo di ricerca. L’INFORMATIVA Il consenso dei pazienti alla conservazione e all’utilizzo dei loro campioni biologici a scopo di ricerca deve avvenire sulla base di un’ampia e dettagliata informativa. Quest’ultima è essenziale per poter stabilire una corretta relazione con il paziente e per renderlo partecipe di quanto si andrà a sperimentare sui suoi campioni biologici. A maggiori ragione in quest’ambito, nel quale la singolarità dei dati ricavabili, impone una sua conoscenza dettagliata sui rischi, i benefici e le opzioni disponibili. L’autorizzazione prevede che nell’informativa vengano riportate: a) l’esplicitazione analitica di tutte le specifiche finalità perseguite; n b) i risultati conseguibili anche in relazione alle notizie inattese che possono essere conosciute per effetto del trattamento dei dati genetici; c) il diritto dell’interessato di opporsi al trattamento dei dati genetici per motivi legittimi; d) la facoltà o meno, per l’interessato di limitare l’ambito di comunicazione dei dati genetici e il trasferimento dei campioni biologici, nonché l’eventuale utilizzo di questi per ulteriori scopi. Inoltre devono essere indicato che: a) il consenso è manifestato liberamente ed è revocabile in ogni momento senza che ciò comporti alcuno svantaggio o pregiudizio per l’interessato, salvo che i dati e i campioni biologici, in origine o a seguito di trattamento, non consentano più di identificare il medesimo interessato; b) quali accorgimenti sono adottati per consentire l’identificabilità degli interessati soltanto per il tempo necessario agli scopi della raccolta o del successivo trattamento; c) l’eventualità che i dati e/o i campioni biologici siano conservati e utilizzati per altri scopi di ricerca scientifica e statistica, per quanto noto, adeguatamente specificati anche con riguardo alle categorie di soggetti ai quali possono essere eventualmente comunicati i dati oppure trasferiti i campioni; d) le modalità con cui gli interessati che ne facciano richiesta possono accedere alle informazioni contenute nel progetto di ricerca. Da ultimo è necessario informare il soggetto sui potenziali utilizzi futuri del materiale biologico, inclusi gli usi commerciali, dei risultati della ricerca, dei dati e dei campioni. Sarà altresì necessario specificare che i soggetti non avranno alcun diritto di partecipare, su base individuale, degli eventuali profitti derivanti dalla studio dei loro campioni n. Tuttavia, l’informativa non è da sola sufficiente ad assicurare un corretto rapporto tra il paziente ed il medico/ricercatore, se non è accompagnata, ove possibile, da un adeguato “consulto” da parte del medico, il quale ha l’obbligo giuridico e deontologico di soddisfare i dubbi e le curiosità del paziente, oltre a quanto già specificato nell’informativa. SEGUE: IL CONSENSO INFORMATO, ALCUNE CONSIDERAZIONI Il meccanismo scelto dal Garante per la protezione dei dati personali, in ordine all’utilizzo di campioni biologici e dei dati genetici raccolti per la realizzazione di progetti di ricerca diversi da quelli per i quali è stato originariamente acquisito il consenso informato degli interessati, è dunque quello del c.d. “ricontatto”, anche se sono previste alcune eccezioni ed alcune attenuazioni. Si concede infatti la possibilità di indicare nell’informativa l’eventualità che il tessuto possa essere utilizzato per altri scopi di ricerca oltre a quello per il quale il tessuto viene raccolto. Con la conseguenza di rendere possibile utilizzare tali tessuti Sulla questione si veda, Greenberg vs. Miami Children’s Research Institute, 264 F. Supp. 2d 1064 (S.D.Fla. 2003). LA DISCIPLINA GIURIDICA DELLE BIOBANCHE senza l’ottenimento di un nuovo consenso per le “ulteriori” ricerche specificate dettagliatamente nell’informativa. Il sistema del “ricontatto” senza mitigazioni appare poco funzionale e comunque antieconomico. Molti soggetti infatti potrebbero essere difficilmente rintracciabili e alcuni potrebbero essere addirittura deceduti, senza considerare che per alcuni di essi prestare un nuovo consenso potrebbe avere un riflesso psicologico negativo, in quanto li costringerebbe a ripensare ad un momento della loro vita che probabilmente avrebbero desiderato lasciarsi alle spalle. Inoltre vi sarebbe il rischio di trasformare i responsabili della biobanca in detective e contestualmente di perdere irrimediabilmente materiali biologici che potrebbero rivelarsi importanti per lo sviluppo della scienza medica. Non ultimo, anche nel caso in cui i donatori venissero ricontattati, vi è da chiedersi se abbiano la materiale possibilità di comprendere a pieno l’oggetto e le particolarità di un dato progetto di ricerca, così da poter operare una valutazione cosciente. A tale domanda sembra doversi rispondere in senso negativo tenuto conto che la comprensione di un progetto di ricerca richiede conoscenze tecniche di stampo medico che un soggetto di cultura media raramente possiede. L’obbligo di ricontattare il donatore sembra rispondere quindi più a logiche formalistiche che ad un’effettiva tutela dei soggetti coinvolti. Un modulo informativo dettagliato non sempre è lo strumento più adatto per porre rimedio alla naturale asimmetria informativa tra i ricercatori e il candidato donatore. Nella prassi infatti, tale obbligo si riverbera in un’ampia modulistica preconfezionata (modulo del consenso, modulo dell’informativa dei rischi bancari, modulo di accettazione dell’utilizzo dei dati personali …) piuttosto prolissa, dal linguaggio molte volte specialistico, difficilmente comprensibile da un soggetto non specialista, il cui unico scopo sembra quello di sollevare da responsabilità il soggetto forte, rendendo probatoriamente difficile se non impossibile per il soggetto debole dimostrare di non sapere o di non conoscere. Questa “burocratizzazione” del consenso rischia di produrre l’effetto contrario rispetto a quello per il quale era stato creato, rendendo de facto il paziente sfornito di tutela. Viste quindi l’eccessiva onerosità e la parziale inutilità di ricontattare i pazienti, nell’ipotesi in cui venga condotta una nuova ricerca precedentemente non prevista, vi è da chiedersi se sia percorribile l’ipotesi di adottare un consenso più ampio, che permetta da un lato di effettuare o p q 97 nuove ricerche senza dover ricontattare i “proprietari” dei tessuti, ma che dall’altro non renda questi soggetti sforniti di tutela. La soluzione che pare delineare la Raccomandazione del Consiglio d’Europa R (2006) 4, al fine di porre rimedio alle problematiche testé poste, risiede nel c.d. general o broad consent che, si rende necessario specificare fin da subito, non deve essere confuso con il c.d. blanket consent. Il Draft Explanatory memorandum to the draft recommendation on research on biological materials of human origin, stilato dalla Steering committee on bioetchics (CDBI), commentando il comma secondo dell’art. 10 della Raccomandazione (il quale recita: Information and consent or authorisation to obtain such materials should be as specific as possible with regard to any foreseen research uses and the choices available in that respect) specifica che quando i materiali biologici di origine umana o i dati personali ad essi associati sono raccolti è buona pratica ottenere il consenso al loro utilizzo per ricerche future, anche nei casi in cui non sono note le specifiche ricerche che si andranno a condurre. Nel caso in cui le future ricerche non possano essere oggetto di dettagliata informazione nei confronti del soggetto coinvolto, il consenso non dovrebbe comunque essere formulato tanto ampiamente da risultare incondizionato, c.d. blanket consent. Infatti la richiesta del consenso all’utilizzo del materiale biologico per future ricerche deve essere formulata nel modo più specifico possibile date le conoscenze presenti al momento in cui tale consenso è ottenuto o. Il broad consent, caratterizzandosi per l’ampiezza (non vaghezza) della sua formulazione e per un certo grado di “disinformazione” del soggetto coinvolto, necessita di meccanismi di compensazione e di controllo esterni p, in grado di offrire tutela al “donatore”. Il sistema di bilanciamento predisposto dalla Raccomandazione si fonda su un duplice meccanismo: in primis il progetto di ricerca deve essere preventivamente approvato da un’autorità indipendente q. Le ricerche sui materiali biologici umani possono essere intraprese solamente se il progetto di ricerca sia stato previamente sottoposto ad a un esame da parte di un’autorità indipendente che sia in grado di appurare il suo merito scientifico, l’importanza dello scopo della ricerca, e la verificazione della sua accettabilità dal punto di vista etico. Tale ruolo in Italia è svolto preliminarmente dalla Commissione etica dell’ente presso il quale la ricerca viene predisposta e successivamente può essere svolto dalla Biobanca, la quale è deputata a decidere se concedere o meno i tessuti ai ricercatori. Si veda il commento Draft Explanatoy Memorandum to the Draft Recommendation on Research on Biological Materials of Human Origin dello Steering Committee on Bioethics, all’art.12 (punto 48), il quale recita testualmente: “When biological materials of human origin and personal data are collected it is best practice to ask the sources for their consent to future use, even in cases where the specifics of the future research projects are unknown. If future research use of biological materials of human origin and personal data cannot be specifically”. Sul punto, anche se riferito al sistema americano si veda: Greely, Breaking the Stalemate: a Prospective Regulatory Framework for Unforseen Research Uses of Human Tissue Samples and Health Information, op. cit. 737. Greely sostiene che la richiesta da parte delle bionbank di poter avvalersi di un general permission può essere concessa solo se vengono approntate opportune cautele, ed in particolare, dovrebbe essere richiesta l’approvazione da parte dell’IRB (Institutional Review Board), dovrebbero essere chiaramente stabiliti i limiti temporali del progetto, dovrebbe esservi il diritto da parte dei soggetti di ritirare il consenso prestato in qualsiasi momento, il soggetto dovrebbe essere reso edotto sui progetti commerciali che riguardano la ricerca. Si veda l’art. 24 della Raccomandazione. M. MACILOTTI ET AL. 98 Inoltre al donatore è data in qualsiasi momento la possibilità di ritirare liberamente il consenso prestato (c.d. optingout). In merito a tale opzione vi è da chiedersi se il ritiro del consenso abbia effetti ex nunc o ex tunc, se in altre parole, produca effetto anche per le ricerche in atto che già utilizzano il tessuto oppure solo per le ricerche future. La questione non è di poco momento considerando che i ricercatori investono ingenti somme di denaro e anni di lavoro nello studio dei tessuti e il ritiro del consenso potrebbe costituire un grossa perdita sia dal punto di vista economico che scientifico. Per tali ragioni sembra ragionevole ritenere che nel bilanciamento tra l’interesse collettivo e l’interesse privato del soggetto, debba prevalere in questo caso il primo e pertanto il ritiro del consenso abbia effetti ex nunc. La soluzione adottata dalla Raccomandazione, anche se condivisibile in linea di principio, ha il difetto di non prevede alcun meccanismo di coinvolgimento dei donatori nel governo della biobank. Una soluzione in questo senso percorribile potrebbe concretarsi nella redazione di un “codice etico” della biobank. Questo dovrebbe indicare le condizioni di utilizzo dei tessuti conservati nella biobank e i requisiti di natura etica che dovrebbero ottemperare le ricerche abilitate all’utilizzo dei tessuti. Al momento della donazione al paziente sarà richiesto di prestare il proprio consenso dopo aver letto e accettato il codice etico (del quale ne sarà fornita una copia). La Biobanca avrà poi il compito di garantire che i tessuti vengano impiegati nel rispetto di quanto previsto da tale codice r. La previsione del c.d. broad consent nell’ambito dell’utilizzo di tessuti umani per ricerche future, non dettagliatamente prevedibili al momento della raccolta del consenso, è una delle caratteristiche principali che distingue l’approccio normativo europeo rispetto al contesto nordamericano. L’accettabilità di un seppur ampio consenso è infatti rilevabile nelle Nationaler Ethikrat tedesche del 2004 s, come pure nel Code of Practice della UK Human Tissue Authority del 2006 e nelle leggi svedese t, islandese ed estone nelle quali è consentita una descrizione ampia dei fini delle ricerche. Lo stesso dicasi per le guidelines giapponesi, le quali contengono l’idea di un “comprehensive consent”. La soluzione adottata in ambito americano invece, tende a conservare gli standard classici del consenso informato e si caratterizza per la necessità di un obbligo informativo dettagliato e puntuale anche con riguardo alle ricerche future. r s t u Negli Stati Uniti e in Canada, il modello più seguito è il c.d. multi-layered consent. Tale modello si caratterizza per la tendenza ad ottenere un consenso limitato a una particolare patologia o ad uno specifico progetto di ricerca. Ma questo genere di consenso è un grosso fardello per la ricerca, tanto che a più riprese vi è stata la ricerca di una soluzione alternativa. Nel 1999, ad esempio, le guidelines dello US National Bioethics Advisory Commission (NBAC) prevedevano, tra le altre cose, una strategia di rinuncia al consenso. Secondo tale proposta il requisito del consenso informato poteva venir meno se: a) (t)he research involves no more than minimal risk to the subjects; b) (t)he waiver or alteration will not affect adversely the rights and welfare of the subjects; c) (t)he research could not be practicably carried out without the waiver or alteration; d) whenever appropriate, the subjects will be provided with additional pertinent information following their participation. Lo US Office for Human Research Protection (OHRP) nel 2004 u, ha percorso una diversa via per superare le problematiche poste dalle rigide regole sul consenso informato, basata essenzialmente sulla dilatazione del concetto di materiali biologici non-identificabili. Per tale tipologia di campioni infatti, non vi sarebbe la necessità di ottenere il consenso informato e l’approvazione da parte dell’IRB o di una commissione etica. Fino all’emanazione delle guidelines dell’OHRP le principali regulations nordamericane ed europee concordavano su un punto: i campioni c.d. coded e linked anonimized, erano classificati nella categoria dei materiali c.d. identificabili, poiché un link tra i campioni e i soggetti coinvolti comunque esisteva. Solamente nel caso in cui tale collegamento venisse eliminato i campioni e i dati erano considerati non-identificabili e le ricerche che utilizzavano tali materiali non erano considerate human subject research secondo quanto stabilito nella Dichiarazione di Helsinki. La guidelines dell’OHRP del 2004, mutando rispetto al precedente orientamento stabiliscono invece che, riprendendo il testo del documento: “OHRP consider private information or specimens not to be individually identifiable when they cannot be linked to specific individuals by the investigator(s) either directly or indirectly through coding system”. Vi è da notare come molti ricercatori auspicano che in futuro anche per i tessuti donati a scopo di ricerca si possa giungere ad una forma di “consenso presunto” così come già accade per gli organi donati a scopo di trapianto. Tale risultato tuttavia non costituirebbe, a giudizio di chi scrive, un vantaggio per i ricercatori. Ciò in quanto il consenso presunto potrebbe operare solo al costo di rendere i tessuti anonimi. È infatti ben difficile immaginare che se il consenso è presunto sia poi possibile utilizzare i tessuti in forma identificabile. Nationaler Ethikrat, Biobanken fur die Forshung. Stellunghame, 2004, Berlin, in rete www.ethikrat.org/_english/publications/Opinion_Biobanks-for-research.pdf Il documento che più degli altri ha influenzato la formulazione della Raccomandazione R(2006)4 del Consiglio d’Europa è rappresentato senza dubbio dallo Human Tissue Act inglese del 2004 e i conseguenti Code of practice emanati dalla Human Tissue Authority nel gennaio 2006. In particolare il punto 106 del Code of Practice Consent prevede che the “consent can be general, i.e. if someone consents to the use of tissue for research, it need not be limited to a particular project”, principio ribadito anche dal punto 90: “consent should be generic where appropriate”. OHRP, Guidance on Reserach Involving Coded Private Information or Biological Specimens, Rockville, USA, in rete http://www.hhs.gov/ ohrp/humansubjects/guidance/cdebiol.htm. LA DISCIPLINA GIURIDICA DELLE BIOBANCHE Si considerano quindi non-identificabili anche quei tessuti il cui link con il donatore non si è reciso in senso assoluto, ma solo in relazione al ricercatore. Il discrimine tra identificabilità e non-identificabilità diviene quindi la possibilità (o meno) per il ricercatore di risalire alle informazioni personali dei soggetti a cui i tessuti appartengono. Risulta evidente che, in virtù di tale statuizione, i c.d. linked anonimized materials rientrano nell’area dei materiali biologici non-identificabili, non richiedendosi in tali casi necessario l’ottenimento del consenso all’utilizzo del campione biologico da parte del soggetto coinvolto. Nella prassi si sono sviluppati una serie di strategie in grado di conferire al tessuto lo status di linked anonimized materials. Tipico meccanismo consiste nella stipulazione di un accordo tra l’investigator e il soggetto che possiede la key enter con il quale si stabilisce che date determinate condizioni, all’investigator non può essere rilasciata la chiave finché il soggetto a cui il tessuto appartiene non sia deceduto. Medesima ratio hanno le policies e le norme operative emanate dall’IRB indirizzate alle repository o ai centri di gestione dei dati che proibiscono il rilascio, in determinate situazioni, della chiave di accesso ai dati ai ricercatori. Il vantaggio dell’espansione della categoria della nonidentificabilità è evidente: è possibile mantenere uno standard elevato nel consenso informato, avendo tuttavia la possibilità di svincolarsi dalle strette regole sul consenso semplicemente stipulando un accordo (con il gestore della repository) che proibisca loro di avere accesso al codice, senza essere quindi costretti ad eliminare il link. Mediante tale strumento qualsiasi tipo di ricerca futura è autorizzata senza la necessità del consenso o dell’approvazione dell’IRB v. Bibliografia essenziale Andrews L, Nelkin D. Il mercato del corpo. Il commercio dei tessuti umani nell’era biotecnologia. 2002. Andrews L, Nelkin D. Homo economicus. The commercialization of body tissue in the age of biotechnology. Hastings Cent Rep 1998;30-9. Ashburn TT, Wilson SK, Eisenstein BI. Human tissue research in the genomic era of medicine: balancing individual and societal interests. Arch Intern Med 2000;160:3377-84. Boggio A. Charitable trust and human genetic databases: the way forward? Genomics Soc Policy 2005;41-9. v 99 Conclusioni Le attività di biobanking rappresentano uno stadio preliminare e fondamentale in tutta la ricerca medico post-genomica. L’importanza dell’argomento e il coinvolgimento profondo della anatomia patologica nelle problematiche connesse alle attività di biobanking, sia dal punto di vista strettamente tecnico che da quello normativo, richiedono da parte della nostra comunità scientifica una grande attenzione ai vari aspetti normativi che si stanno definendo in questo periodo. Dipenderà anche da noi se la definizione delle regole che disciplineranno la nostra attività sarà tale da contemperare in modo ottimale le esigenze di rispetto dei diritti e delle esigenze dei pazienti donatori e quelle della ricerca. Inoltre le riflessioni giuridiche sviluppate nel presente lavoro hanno messo ripetutamente in luce il tema della “fiducia”, quale elemento fondamentale per il corretto funzionamento delle biobanks. È infatti basato primariamente sulla fiducia il un rapporto che intercorre tra i tre attori in gioco: i “donatori”, i gestori delle biobanks e i ricercatori. Ma tale rapporto di fiducia, lungi dal ridursi ad un elemento rilevante esclusivamente sul piano giuridico, va considerato una priorità sul versante extra-giuridico. Il diritto infatti interviene la maggior parte delle volte a celebrare il momento patologico del rapporto di fiducia intercorrente tra i cittadini e la scienza, ossia quando il rapporto di fiducia viene ad incrinarsi. Ma è necessario che il mondo della scienza medica si incarichi di alimentare tale rapporto, ponendosi come primario il problema della comunicazione della scienza ai cittadini. “Comunicare correttamente la scienza” è un ingrediente fondamentale perché i cittadini decidano di donare i loro materiali biologici e di offrire i loro dati genetici alla ricerca. Tale operazione richiede uno sforzo in termini di adeguamento linguistico, di trasparenza, di capacità di ascolto, di capacità di auto legittimazione che rappresenterà il vero motore della espansione delle biobanks. Boulier W. Sperm, spleens and other valuables: the need to recognize property rights in human body parts. Hofstra Law Rev 1995;23:693-731. Budds BB. Toward a just model of alienability of human tissue. USF Law Rev 2003;37:757. Calabresi G. Do we own our bodies. Health Matrix 1991;5:1. Calabresi G. An introduction to legal thought: four approaches to law and the allocation of body parts. Stan Law Rew 2003;55:2113. Caplan AL, Elger BS. Consent and anonymization in research involving biobanks. 7 Embo reports, 661, 2006. Le maggiori critiche mosse a tale impostazione risiedono nelle seguenti motivazioni: a) le ricerche biomediche che utilizzano le biobanche comportano rischi per l’identificabilità dei gruppi e delle comunità, poiché l’anonimia del singolo non implica l’anonimia del gruppo; b) se i ricercatori utilizzano materiali codificati senza avere accesso al codice, significa che un link comunque esiste. Mediante tale codice è possibile contattare i donatori in ogni momento. Coloro che hanno accesso al codice potrebbero trovarsi in grave difficoltà nei casi in cui si renda necessario ricontattare il donatore per poterlo informare su possibili rischi alla salute rilevati dall’analisi dei campioni. c) l’approvazione della ricerca da parte della IRB o da una commissione etica è auspicabile per assicurare un utilizzo efficiente delle risorse biologiche. 100 Charo R. 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Gli schemi sottostanti riassumono le modalità di circolazione dei dati e dei tessuti. Il primo modello, affida alla Commissione Etica della Biobanca la valutazione della rispondenza delle ricerche da effettuarsi sui tessuti al Codice Etico della Biobanca. Il secondo schema, invece, prende in considerazione l’ipotesi della non esistenza di una specifica Commissione Etica della Biobanca, ed affida tale valutazione al Gestore della Biobanca. Nel “modello 1” viene attribuito alla Commissione Etica il compito di controllare la corretta gestione dei tessuti, in quanto organo terzo, garante delle determinazioni dei donatori. Sarà la Commissione Etica l’organo a cui i donatori potranno chiedere spiegazioni circa l’utilizzo dei loro tessuti, di conseguenza questa sarà chiamata a rispondere, nei confronti dei donatori, per l’eventuale utilizzo dei tessuti in modalità non conformi al consenso prestato. Se da un lato tale modello parrebbe rappresentare l’opzione preferibile, non può essere sottaciuto che una scelta del genere ponga problemi di ordine economico, soprattutto per le biobank di piccole dimensioni, in quanto il mantenimento di una Commissione Etica necessita della disponibilità di risorse appropriate per far sì che i componenti dell’organo esercitano realmente, nella quotidianità della prassi, i compiti di tutela affidati loro. Nel “modello 2” la responsabilità per il corretto utilizzo dei tessuti è invece posta in capo direttamente ai gestori della biobanca. Saranno questi ultimi a dover garantire l’applicazione del Codice Etico e a dover rispondere dell’eventuale utilizzo del tessuto in modo non conforme al consenso prestato. 2) COSA FARE DEI PREZIOSISSIMI CAMPIONI DI TESSUTO ARCHIVIATI NEI REPARTI DI ANATOMIA PATOLOGICA, RACCOLTI IN PASSATO SENZA AVER OTTENUTO IL CONSENSO, E PER I QUALI È IMPOSSIBILE OGGI RICONTATTARE IL PAZIENTE? Questi tessuti possono essere utilizzati a scopo di ricerca solo in forma assolutamente anonima. Come disposto dall’Autorizzazione del Garante per la Protezione dei dati personali sul trattamento dei dati genetici. PATHOLOGICA 2008;100:102-115 Legal aspects of biobanks M. MACILOTTI, U. IZZO, G. PASCUZZI, M. BARBARESCHI* Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università di Trento; * U.O. Anatomia Patologica, Ospedale “S. Chiara”, Trento, Italy Key words Tissue banks • Biobanking • Biological tissue conservation • Tissue cryopreservation • Legal aspects A body in safekeeping: a valuable resource or dangerous material? When something is of particular value, it is generally kept in a protected area, perhaps in a safe or safety deposit box, isolating it from theft or other danger. For obvious but different reasons, even dangerous but valuable materials that can cause damage to users or third parties are kept in secure areas, inaccessible to unauthorised personnel. In one case the security measures are justified by the value of the object, while in the other they have intrinsic damage to the object itself. Considering point 4.3 of the Authorisation of the Guarantor of privacy for genetic data a, it is reasonable to ask oneself to which of the two categories human biological samples belong. In fact, strict security measures are in place in areas where biomaterials and their accompanying data are housed: access may be controlled by either security guards or electronic means, even biometric, and access after closing hours must be identified and registered. Due to advances in knowledge and technology, human tissues have become the subject of increasing numbers of investigations, with applications in research, diagnosis and therapy, and provide an important source of genetic and biological information. What was once discarded after surgery, together with tissues archived in pathology departments, are now considered highly valuable materials. In fact, biomaterials contain information a b c that is highly useful for medical research, allowing for researchers to understand pathological processes, with consequent advances in drug development and new diagnostic techniques. The potential value of biological materials has led to an increase in the number of banks for the collection of human tissues both in large centres and small hospitals; private initiatives have also been initiated that offer banking services for biological materials. Moreover, large biobanks for population studies are also being created that collect and study the biological materials of entire nations, in addition to DNA banks for military and forensic uses. Embryonic stem cells, which may hold significant health benefits for the future, are also being stored b. The term “biobank” appeared for the first time in the scientific literature in the mid 1990s c. This term refers to the storage of biological materials (organs, tissues, blood, cells and fluids that may contain DNA and/or RNA that allow genetic analyses) carried out within hospital-based structures and private/public foundations. Tissues housed in biobanks, in addition to being an important tool for research, are also a source of privileged genetic data about the individuals from which they were taken. Such data can permit the acquisition of information about the individual’s health status, biological characteristics, predisposition to certain diseases, paternity, and perhaps in the future, even the dominant qualities of donors. It is easy to understand that Guarantee for the protection of personal data, Autorizzazione al trattamento dei dati genetici, in the Gazz. Uff. n. 65, 19 March 2007. The authorisation was given by article 90 of legislative decree 196 of 2003, which states that the treatment of genetic data is allowed only in cases permitted by the authorisation of the Guarantor appointed by the Health Ministry. By decree of the Health Ministry on 4 May 2007, in the Gazz. Uff. n. 110 of 14 May 2007. The decree recognised the possibility to donate and conserve stem cells for allogenic use, but only in particular cases for autologous use. Successive, more complete legislative intervention defines stem cells obtained from umbilical cords for autologous use. The use of the term biobank is relatively recent in international medical literature. Its first occurrence dates to 1996 [Loft S, Poulsen HE. Cancer Risk and Oxidative DNA Damage in Man. J Mol Med 1996;74:297-312. Correspondence Dott. Matteo Macilotti, Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università di Trento, via Giuseppe Verdi 53, 38100 Trento, Italy - Tel. +39 0461 881818/1866/3811 - Fax +39 0461 881874 - Email: [email protected] LEGAL ASPECTS OF BIOBANKS such sensitive information can be the source of severe breaches in an individual’s privacy and lead to potential discrimination. There are many such examples. Several tests were carried out in the United States by many companies in order to evaluate the suitability of employees depending on their genetic characteristics, and in 2000 President Clinton was forced to pass an emergency Executive Order to prohibit genetic testing as part of the hiring process for federal employees. Another possible extension of genetic testing would be to carry out genetic tests when applying for life insurance. Such practices, aimed at reducing risk, would have the inherent danger of discriminating against subjects that are genetically predisposed to disease. Paternity tests also have the potential to threaten the father-son relationship, and for a mere biological question, could destroy family bonds built over the course of years. From a legal standpoint, it is therefore necessary to have a series of guidelines that regulate these aspects on an international level. One particularly difficult feature arises from the needs of medical researchers to utilise biological materials for experimentation, while at the same time maintaining the privacy of individuals. To complicate the situation, research often needs followup data, in addition to updated clinical history of donor materials. After a brief analysis of the legal instruments that have been developed to date at an Italian and international level, we will examine the critical points that concern the functioning of a biobank. This includes the inherent questions about property rights of biological materials, the problems relative to informed consent, and lastly, appropriate measures for ensuring privacy. Definition of a biobank of human tissue and guiding normatives Before considering the legal aspects connected with biobanks of human tissues, it is worthwhile to define the confines of our research. The term biobank cannot be attributed to a single concept, but in realty is descriptive of a complex phenomenon. This feature, consequently, does not include any type of biorepository, but only those involved in the conservation of human tissues for research purposes, and excludes those involved in organs destined for transplantation, embryos, sperm or oocytes for in vitro fertilisation. A rapid summary follows of the normatives that have been adopted on an international, European and Italian level. For obvious reasons, exhaustive details will not be provided for each single aspect, but the most relevant and interesting features will be overviewed. INTERNATIONAL REGULATIONS At the international level, there are only a limited number of normatives regarding biobanks. Principles of no lesser importance can be found in the “Universal Declaration on the Human Genome and Human Rights” 103 adopted by UNESCO in 1997. The first article affirms that “The human genome underlies the fundamental unity of all members of the human family, as well as the recognition of their inherent dignity and diversity. In a symbolic sense, it is the heritage of humanity”. This statement indicates the recognised value of the human genome, but obviously does not exclude the possibility to conduct genomic research that can benefit the entire society; biobanks are fundamental for such research. Such benefits are explicitly indicated in article 12 of the Declaration where it is stated that “Freedom of research, which is necessary for the progress of knowledge, is part of freedom of thought. The applications of research, including applications in biology, genetics and medicine, concerning the human genome, shall seek to offer relief from suffering and improve the health of individuals and humankind as a whole”. Moreover, article 2 recognises that individuals have unique genomes, a condition that renders protection of an individual’s prerogatives necessary, not only in terms of possible discrimination, but especially because this uniqueness makes it possible to identify a specific genome among multitudes of DNA samples. It is therefore a primary objective of biobanks to adopt regulations, standards and procedures that ensure the privacy of data. The International Declaration on Human Genetic Data by UNESCO dates to 2003. The aim of the declaration was to ensure the respect of human dignity, and protect personal data and fundamental freedoms during the collection human genetic data and biological samples, while respecting principals of equality, justices and solidarity with due considerations of the freedom of expression, including the freedom to carry out medical research. The Declaration establishes that genetic data and biological samples can be collected and utilised only if they were collected after informed consent by the donor, in the absence of economic or personal benefits. Limitations to the principal of informed consent are considered by national normatives only in exceptional cases, according to that described by international normatives on human rights. At a European level, an important step forward in this regard was taken by the European Convention for the Protection of Human Rights and Dignity of the Human Being, considering the applications of biology and medicine at Oviedo in 1997. The Convention had the goal of protecting the integrity and dignity of human beings, and adhering nations must guarantee the respect of physical integrity to all individuals, without discrimination, and other fundamental rights and liberties in scientific and medical research. In addition to a statement of principal, this underlines how the Convention in article 4 stresses that all interventions in healthcare, including research, must be carried out in full respect of normatives and professional obligations. Every intervention, according to article 5, can be carried out only after the donor has given his/her 104 unobstructed and informed consent; the donor must be provided with the appropriate information about the aims and nature of the use of biomaterials, any eventual risks and consequences, and on the possibility to withdraw his/her consent at any moment. Article 10 of the Convention details the fundamental right of each person to respect of privacy, as far as information relative to personal health is concerned. In addition, every individual also has the right to know what information is being collected, although the desire of an individual to not be informed is also recognised. The above needs are part of more widespread rights to informed self-determination of the citizen-patient. Lastly, article 11 of the Convention prohibits discrimination based on the genetic patrimony of an individual. The collection, storage and utilisation of human tissue for research must be preceded by informed consent of the tissue donor. Along these lines, the Convention of Oviedo – referring explicitly to the activities of a biobank – stabilised the principals for which the use and conservation of biomaterials is permitted: that adequate information is provided to the patient, that data are collected in an anonymous manner and that written informed consent is obtained. A cardinal principle recognised at the international level, and mentioned in article 21 of the convention, is that the human body and all its parts cannot give rise to profit. It is certainly beyond the scope of the present manuscript to reflect on the concept of gratuity. However, for the purposes of this discussion it appears evident that there are two possible interpretations. A radical interpretation would exclude any possibility of constituting patrimonial rights to the human body and its tissues even after their removal. In a less rigid interpretation, the concept of gratuity would permit profits to be gained from human tissues as long as the donation is spontaneous. It is evident that only the second hypothesis allows the possibility to configure property rights for human tissues. A central European normative is Recommendation R(2006)4 of the Committee of European Ministers, which oversees research conducted on biological materials of human origin. The Recommendation, anticipating the necessity to obtain informed consent from the donor for use of biomaterials for research purposes, approved an ad hoc regime for consent, without waiting for article 3 of the Recommendation, which divides tissues in two categories: identifiable and non-identifiable. Non-identifiable biomaterials, defined as “unlinked anonymous materials”, are those that, by themselves or when combined with associated data, do not permit the identification of the donor. Identifiable biological materials are those that by themselves or in combination with associated data permit the identification of the donor either directly or through the use of a code. In the case that tissues are coded, there are two hypotheses foreseen by d e Directive 2004/23/CE. Directive 2006/17/CE. M. MACILOTTI ET AL. the Recommendation. If the user has access to the code, then they are considered “coded materials”; when users do not however have access to the code that is under the control of third parties, the materials are considered “linked anonymous materials”. With that premise, article 21 of the Recommendation stabilises that research using biological materials can be undertaken only if it complies with the consent obtained from the donor. The donor can also place restriction on the use of his/her tissues. Article 22 details the possibility in which the research has exceeded the limits stabilised by the donor for identifiable materials, and states that reasonable efforts must be made to contact the donor in order to obtain consent. In the case that it is not possible to contact the donor after reasonable attempts have been made, the biological materials can be used for research only if the following criteria are met: a) the research has important scientific goals; b) the results of the research cannot be obtained using biological materials for which informed consent has already been obtained; c) there is no reason to believe that the donor would be expressly opposed to the research. The Recommendation stabilises that the donor can freely deny his/her consent to the use of identifiable biological material, or disallow consent at any time. The refusal to give or withdraw consent cannot be used to discriminate against the patient, especially with regards to medical assistance. In the case of unlinked anonymous material, it can be used for future research only if its use does not violate any restrictions imposed by the donor prior to its anonoymisation. Considerable importance has been given to the recent “Best Practice Guidelines for BRCs” of the OCSE. This document follows the “Guidance for the Operation of Biological Research Centres (BRCs)”, issued by the OCSE in 2001. These guidelines provide the operative rules for collection and conservation of biological materials, and establish qualitative standards for biorepositaries. Undoubtedly, these guidelines represent a shared core of information for the international community, and as such have been used as a model by several countries for establishing qualitative standards for biobanking. REGULATION IN EUROPE With the aim of ensuring the security and privacy of donations, European directive 2004/23 of 31 March 2004 has defined the standards for quality and security of donations, their use, control, manipulation, conservation, storage and distribution of tissue and human cells d. The successive directive, 2006/17, updating directive 2004/23/CE, states that each country must ensure that appropriate measures have been taken to guarantee the traceability of donated tissues and cells by assigning a specific code to the donation and associated materials e. LEGAL ASPECTS OF BIOBANKS 105 Directive 98/44/CE plays an important role in legal protection of biotechnological inventions, which approaches the limits of patentability of biological materials f. Article 5 states that “the human body, at the various stages of its formation and development, and the simple discovery of one of its elements, including the sequence or partial sequence of a gene, cannot constitute patentable inventions”. However, the following point affirms that “an element isolated from the human body or otherwise produced by means of a technical process, including the sequence or partial sequence of a gene, may constitute a patentable invention, even if the structure of that element is identical to that of a natural element”. In Italy, the directive was recognised in January 2006, even though for the actual applicability the required legislation has not yet been passed. At present, no laws have been passed that definitively regulate the collection and storage of human tissues. are tailored to the individual country have been adopted for the regulation of biobanking activities. The existence of such varied and complicated legislation, accompanied by a large amount of documentation that has little or no legal value, has attempted to fill the legal void by establishing guidelines. One of the most widely recognised documents in Italy was published by the Italian Society of Genetics in June 2003 h. The text defines a biobank as a non-profit service unit, which has the goal of collecting and conserving human biomaterials for biomolecular research and diagnosis. The characteristics of a biobank, as defined above, require that samples are: 1) collected in accordance with appropriate bioethical and biolegal requirements; 2) collected and conserved according to procedures that guarantee the best preservation of structural components (histological and biochemical); 3) associated with clinical and patient data, including follow-up. ITALIAN REGULATIONS The recent authorisation of the guarantor of privacy, concerning the storage of genetic data g, also regulates biobanks and the use of tissues as they involve the archiving of patient data. Given the important nature of this authorisation, this will be dealt with in more detail below. An additional regulatory tool for biobanks is the Guidelines for the Institution and Accreditation of Biobanks issued by a workgroup in collaboration with the National Council for Biosecurity and Biotechnology, coordinated by Prof. Leonardo Santi. The workgroup used the recommendations of European Council R(2006)4 as a guide, also considering the fact that there is still no Italian legislation in this regard. A decree approved in June 2006 established the procedures for certification of biobanks as biological resource centres (BRC). Article 2 provides a definition of biobanks as centres that provide a service of conservation, control and analysis of living cells, genomes, and information relative to heredity and functioning of biological systems including organisms that can be cultivated (microorganisms, plant, animal and human cells), replicable parts (genomes, plasmids, virus, DNA), cells and tissues, in addition to databases that contain relative molecular, physiological and structural information. The article also defines BRCs as biobanks that have requested and obtained appropriate certification. However, the decree does not directly define the criteria for certification of BRCs defined by the study groups of the OCSE. Nonetheless the adoption of the ministerial decree is questionable, given its relevance in these issues. In the majority of European countries regulations that AUTHORISATION FOR STORAGE OF GENETIC DATA As already mentioned, the guarantor of privacy finally adopted an authorisation for the storage of genetic data i. This authorisation does not distinguish between tissues and genetic data contained within, and considers both equally. Biological samples are therefore considered as objects that house information. Point 3 of the authorisation allows the use of genetic data for research purposes, finalised towards benefiting human health in biomedical, medical and epidemiological sectors, as long as the data is kept in an anonymous fashion. The use of such data requires that informed consent of the patient be obtained, unless the data are used entirely for statistical or research purposes foreseen by law. Regarding collection and conservation, the authorisation allows that when the end goals and storage of genetic data cannot take place without the identification, even temporary, of the patient, then specific measures must be adopted to separately maintain data separately at the time of collection, except when such measures are not possible or require a disproportionate effort. The storage of genetic data and biological samples for research purposes can be carried out as long as it conforms to the relevant standards. This same holds true for the storage of data and use of biological samples. The research project should indicate the measures taken for ensuring that personal data are archived according to the normatives required by the authorisation, together with those overseeing the security of data and biological samples. The persons responsible for these measures must also be indicated. The research project must specify the origin of the sample, in addition to the g h i j Directive 98/44/CE, in the Gazz. Uff. L. 213/13 of 30 July 1998, recognised in Italy by the legislative decree of 19 January 2006. See note 1. Made available by the S.I.G.U. in collaboration with Telethon. Published in Analysis, on 5/6 2003. Authorisation of treatment of genetic data in the Gazz. Uff. n. 65 on 19 March 2007. 106 measures taken to guarantee that the donor has given his/her consent. As previously indicated, strict normatives must be adapted with regards to security of genetic data and biological samples. Access to safe areas must be guarded and/or electronic/biometric identification should be used. Moreover, after closing hours, persons entering the facility must be identified and registered. The transfer of genetic data in an electronic format must be carried out in an encrypted manner using digital signatures. Genetic data and biological samples should be identified using codes or other means that render them temporarily unidentifiable even to those that have authorisation. They should be decoded only in case of necessity in order to reduce the risk of unauthorised access. In the case that the database also contains information regarding genealogy or the health status of the individual, appropriate technical measures must be taken to consent the separation of this information from genetic and other personal data. The issue of informed consent will be discussed later. Who owns the tissues that have been removed from our bodies? The above normatives do not provide an unequivocal answer to above question. It is evident that donor of the biological materials is the rightful owner, and not the researcher or collection centre. However, before providing a definitive answer to the question it would seem useful to analyse a recent legal case in the US, which 20 years after the Moore case j, has shown the need of defining the legal relationships of biological materials after removal from their donor. THE CASE OF DR. CATALONA Briefly, William Catalona k, noted urologist and researcher at the University of Washington, had established a collection of more than 250,000 tissue samples from 3600 patients for study of specific therapies for prostate cancer. The samples were housed in the University Biorepository which also stored all the biological materials collected by other urologists at the University. The biorepository conserved samples from over 30,000 individuals. These samples, in addition to forming an important scientific resource, were also a potential source of significant economic capital considering that they were claimed to be indispensable. This fact arose from the fact the University had on several occasions reprimanded Dr. Catalona for having transferred biological materials without charge to external research structures. In 2003, following a series of litigations, the urologist left Washington University and transferred to Northj k M. MACILOTTI ET AL. western University in Chicago, Ill. Having the necessity to use the samples stored at the Washington University Biorepository, before leaving he sent a letter to his patients in which he wrote “You have entrusted your tissue samples to me, and I have used them for research that will improve therapies for many others in the future”, but “in order to continue my work I need your help and your consent”. A module was attached to the letter in which the patient could provide his consent, by sending it to Washington University in Saint Louis, that contained the following declaration “I request that you give back my samples to Prof. Catalona at Northwestern University in Chicago. I entrusted my samples to him for use at his discretion, and with the explicit consent that they be used for research”. A large proportion of patients sent the letter, but Washington University did not respect their request, and claimed to be the sole owner of the donated human tissues. Nonetheless, in a provisional fashion, the University posed the question to the District Court for The Eastern District of Missouri, in order to obtain property rights on the biological materials. Washington University sustained that by providing informed consent and willingness to the conservation of biological materials, patients had transferred the property rights to the biorepository, which could then do as it pleased. The biorepository also sustained all the costs necessary for the conservation of tissues and their distribution. Dr. Catalona affirmed that the biological materials belonged to the patients, and that many had requested transfer of the material via a letter to Northwestern University. Therefore, Washington University had no right to hold the material. Dr. Catalona also claimed that the informed consent module signed by the patients gave the patients the right to withdraw the material at any moment. According to the urologist, it was clear that the patients could decide the fate of the biological material. Moreover, he stressed that the donation of materials to the biorepository was not a gift of property, with the simultaneous transfer of property rights, but actually constituted a bailment agreement in which the bailee acquires only the right to possess the material, but not the ownership. The case was closed on 31 March 2006 when the District Court of Missouri stabilised that: 1) Washington University is the owner of all the biological materials, including blood, tissue and DNA samples housed in the biorepository; 2) Neither Dr. Catalona nor any other researcher that carries out studies for Washington University has any rights to materials conserved within the biorepository; 3) The “Medical Consent Authorization” sent by Dr. Catalona to patients is not a valid means for transfer of the property rights of biological materials contained in the biorepository. Moore vs. Regents of the University of California. 249 Cal. Rptr. p 494. Washington University vs. Catalona WJ, et al. 2006 U.S. Dist. LEXIS 22969. For a comment on the sentence see: Andrews L. Two perspectives: rights of donors: who owns your body? A patient’s perspective on Washington University vs. Catalona. J L Med Ethics 2006;34:398. LEGAL ASPECTS OF BIOBANKS The court underlined that medical research can progress only if access to biological materials to the scientific community is not hampered by private individuals. If the use of these materials is not regulated, and was left to private organisations, then these precious tools would become nothing more than objects for the highest bidder. They would have the potential to shift the emphasis from public health to economic issues. The sale of human tissues or DNA on e-bay could become as normal as selling a television. Moreover, the integrity and utility of biorepositories could be seriously threatened if the donors could transfer their samples from one institution to another whenever they desire. If individual samples could freely ‘enter and exit’ from biorepositories, then research protocols could no longer count on the possibility to have adequate numbers of samples for research. OWNERSHIP OF BIOLOGICAL MATERIALS The definition of the legal relationships that bind an individual with his/her biological materials is still an unanswered matter. There is no unequivocal vision regarding the rights of individuals for their excised tissues or of those that conserve these materials for research purposes; in particular, it is difficult, as was seen in the case of Dr. Catalona, to attribute property rights. Some biological materials can undoubtedly be defined as property of the individual, such as hair and maternal milk, that can also be considered to have commercial value. The particular regime connected with these body components stems form their reproducibility and the fact that they have no impact on permanent physical integrity. Other biological materials can maintain an autonomous function when removed from the body, such as bone marrow and blood, and can be transplanted. At present, according to consensus when extracting materials for transplantation, the donor loses the right to manage his tissues as they are incorporated into another individual. Regarding surgical specimens and other biological materials collected for diagnostic purposes, the situation is different. These tissues cannot reproduce and are not functionally autonomous, but have biological identity. The vast majority are affected with pathologies and genetic alterations, and are of substantial interest for medical research. At the moment of excision, their fate can be two-fold: after diagnostic histopathological procedures, they can be destroyed as dangerous hospital waste l, or they can be conserved and studied. As in the case of Dr. Catalona, in such a situation the model that the Italian system has traditionally used is the property model. As stressed by De Cupis m, tissues that have been excised, even if they do not directly cause a permanent l m 107 decrease in physical integrity (i.e. tissues removed during surgical intervention or routine diagnosis), are the object of diagnostic or therapeutic interventions that imply their destruction, thereby acquiring the separation of wealth within the limits of article 5. The vexata quaestio consists of the means of acquisition of the property and the rights of the owner. Following is the hypothesis of separation. According to this interpretation, at the moment that tissue is removed from the donor, the individual from which the material is taken is still considered the immediate owner. Another recurrent doctrine is the hypothesis of occupation, according to which tissues removed from the human body, once separated, would be comparable to the res nullius, or goods that are the property of no one. According to this theory, it is presumed that they are abandoned at the moment of their removal with the consequence that whoever possesses them becomes their owner. A third hypothesis identifies parallelism between the rights of removed tissues and researchers. In the same way in which an individual is the owner of their own ideas, they should also be considered the owner of their own biological tissues, according to one legislative interpretation (article 2576). According to this legal premise, removed tissues are still the property of the patient, even if they were removed with the help of a surgeon. There are also those that consider removed tissues as “natural fruits”, or those fruits that originate directly from the owner’s body, eventually with the help of someone else, in this case a surgeon. There are several difficulties that arise in stabilising property rights for biological materials, both from a legal and economic standpoint, that stem from their unique value in terms of the molecules and genetic data contained within. 1. The term property is used commonly to describe a “thing”, which indicates the relationship between an individual and the object. This relationship implies a series of rights and faculties that act as if to have all the elements necessary to demonstrate that an individual is the owner of an object: the right to enjoy and dispose, the right to exclude third parties, the enjoyment of that object, the right to transfer the object, the right to sell the object, etc. In order for the right of property right to exist, the individual indicated as the owner must have the possibility, even if abstract, to exercise property rights. In the impossibility to exercise these rights, the owner relationship cannot be considered to exist. Regarding human tissues, the rights that the donorowner can exercise is severely limited by the nature of the object. At both an Italian and European level, human tissues are considered extra commercium, and as such See Article 45 of the Legislative decree of 15 February 1997 concerning the managament of healthcare waste. De Cupis A. I diritti della personalità. In: Cicu A, Messineo F, eds. Trattato di diritto civile e commerciale. Milano: 1985, p. 159 and following. 108 cannot be exchanged for wealth. It is believed in fact that to subject human tissue to the laws of supply and demand, and thus a process of reification, damages human liberty. However, it is doubtful that one can speak of “property” outside the bounds of a market system, and that it would be correct to define “property” as wealth to which ownership cannot be assigned. According to legal economists, the impossibility of using market incentives thus displaces their importance. 2. The last reason that renders the application of a property system difficult lies in the fact that it is difficult to clearly identify with the subject of property. If at first it seems taken for granted that the faculties deriving from ownership should be exercised by the individual that donated the material, doubts arise in the moment in which the material has been analysed. The “informational” dimension, in fact, is a collective dimension that does not pertain only to the subject, but to the entire biological entourage. Thus the management of the tissue cannot be carried out in a completely autonomous manner by the donor, which would have the subsequent risk of excluding and discriminating against those that share in the same biological patrimony. The bond between the donor and the tissue is therefore an additional obstacle. 3. With respect to human tissues, the distribution of personal data and identifiable tissues, meaning their physical-biological expression, can intersect. The tissue is the physical “support” in which data are contained, namely the material expression of data. Biological materials and data cannot be separated. Historically, when the potential, characteristics and informational/predictive capacity of the human genome was still unknown, human tissues were considered as an aggregate of molecules. At the legal level, the emphasis was placed on the material nature of the tissue. This is the reason why even the best Italian doctrine has never doubted that the relationship between the donor and the removed tissues should consider ownership rights. Removed tissues were in fact considered in the same way as any other material wealth. Scientific and medical knowledge has revolutionised future perspectives, demonstrating the enormous informational capacity contained within tissues. Thus, from a physical dimension the emphasis has now been shifted to an informational dimension. From simple aggregates of molecules, tissues are now considered a primary source of genetic data. Such a “dematerialised” vision of human tissues makes legal protection of removed tissues essential not only in terms of property rights, but also, and perhaps most importantly, in terms of the protection of personality and the right to privacy and self-determination. As just one example, the recent authorisation of the Guarantor of Privacy concerning the management and use of genetic data, has M. MACILOTTI ET AL. considered both the “physical” aspects as well as the genetic data contained within. From property rights, the rights of individuals are now considered a fundamental aspect. 4. From a legal-economic standpoint, there are several reasons that render transfer of property rights from the donor to the researcher inadequate for both parties. Donors do not have the possibility to reap the benefits provided by tissues removed from their bodies. How could a normal citizen benefit from the ownership of a portion of skin or spleen? It is reasonable to assume that there would be no benefits, considering that they do not have either the technical knowledge or instruments to gain knowledge about the biological characteristics, or to extract any useful information. Additionally, it is difficult to imagine the possible applications of biological materials in areas that are not related to healthcare. Even in the hypothesis that such applications did exist, given the particular nature of the wealth, ethical problems would undoubtedly arise. Assigning property rights of tissues to the donor means that they would be given to individuals that do not have the capacity to extract any useful information, which is certainly inefficient. Moreover, as revealed by the Court of Missouri for the case of Dr. Catalona, attributing property rights to biological materials within biobanks to donors would produce deleterious effects on the integrity of biobanks, and would have disastrous consequences for medical research. Researchers, in contrast to patients, have the possibility to extract useful information from tissues, and have the technical know-how to obtain valuable data, which however are relative to genetic character, health and lifestyle. If on one hand biological materials are fundamental for the advancement of medical science, on the other hand they can be seen as “containers” of personal information that in the wrong hands have the potential for discrimination of the donor. The recognition of full property rights of donated tissues to researchers could lead to economic temptations for those who want to use this information for motives other than medical research. There is also a distinct conflict in the case that the researchers themselves reveal the information contained within anonymous tissues to third parties. Confusion can easily arise between the controller and the controlled. Moreover, a research entity, as the owner of tissues, could impede the use of biological materials to external researchers, although the potential of biological materials would be severely reduced. Rivalries could also be created between research entities for ownership rights to biological materials. The case of Dr. Catalona is a clear example. Additionally, given the importance of the study of human tissues in biomedical science, it is easy to imagine that the availability of tissue banks could become an essential precondition in order to obtain research funding. Such a LEGAL ASPECTS OF BIOBANKS hypothesis has the risk of fuelling a disastrous path to the disadvantage of others. Lastly, the assignment of property rights exclusively to researchers would inevitably exclude donors from participating in the guidance of research projects and their related profits, with the risk of creating an irreversible fracture between researchers and donors. Human tissues as “commons” The motivations outlined in the preceding paragraphs suggest that an alternative model should be adopted that fulfils the contradictions generated by the dual nature of biological materials. One needs to ensure that the maximal scientific value can be obtained while respecting the privacy rights and informed consent of donors. Considering this, it would seem useful, in a legal context, to separate the legal, informational and material aspects of tissues without rendering tissues anonymous. In fact, the majority of guidelines concerning biobanks have resolved these issues by rendering tissues anonymous, which allows for the division of the tissue from the data contained within. For all biological materials, there are limitations on the circulation of genetic data, as the tissue is seen as a physical support containing data. In this light, biological materials are treated as objects. The possibility to identify tissues means that legal rights should be applied to their subjectivity, while their anonymity silences any legal requirements. Creating anonymity of biological materials, or personal data, thus allows unrestricted utilisation. There is however the possibility that by creating anonymity of tissues, the donor can raise no further objections regarding the use of their biological materials, and thus if this condition is met, informed consent need not be obtained. Once tissues have been rendered anonymous, researchers would thus become the rightful owners of biological materials. However, such a situation would create a dangerous distinction between individual privacy and tissue management. In order to enduse that this does not occur, it would seem useful to consider that tissues donated for research purposes, once rendered anonymous, fall under the economic category of “commons”. Once their use has been granted by the donor, biological materials would no longer belong to either the patient or the researcher, but would become a patrimony of the entire community. Under such a plan, citizens would manage tissues. The biotrust model If tissues are considered as “commons”, then the difficulty of determining who manages the tissues arises. There would thus be the risk that their inappropriate use could lead to what legal-economic experts call the “tragedy” of commons, or the over- or underutilisation of resources. Therefore a legal structure needs to be present 109 which can guarantee that biological samples are used for the common good, while favouring their efficient use. Such a structure could be an integral part of public biobanks, which is not managed by either patients or researchers, but which is part of a larger network that manages tissues for the common good, and distributes biological samples to researchers that request their use. Biobanks could become responsible for the complete management of biological materials, from updating follow-up information to guaranteeing the privacy of donors. They could serve as filters between donors and researchers, respecting the privacy of the former while ensuring the latter have the necessary materials to carry out medical research. Biobanks could thus themselves guarantee the separation between the physical ns informational dimensions. In such a system, researchers would only have a sort of licence for utilization, and not property rights, of biological materials, which would remain patrimony of the entire community. At the same time, biobanks would not be the owners of biological materials, but rather could be considered as custodians of this enormous source of wealth for the community. The idea of biobanks organised in this manner is not new. In a document from 1997, the US National Research Council proposed the creation of a worldwide biobank that would act as both trustee and fund holder for all biological samples housed within that could guarantee both the needs of the individual and the interests of science. Acting upon this suggestion, this doctrine led to the creation of a trust model, or a biotrust model based on a charitable trust that can regulate the entire functioning of biobanking activities. This type of trust is a complex structure that can guarantee both the obligation of researchers while promoting the participation of donors in research decisions. A series of individual trusts can be organised, through which donors confer their property interests to the trustees. Such a Biotrust Foundation, or a public non-profit organisation, has the potential to administer the according to predetermined tenets. With the institution of a trust, the tissue donor, through informed consent, formally expresses the desire to transfer his/her property rights to the trust, which then nominates a trustee, a Biotrust Foundation, which has the rights to manage the property for the collective good. The trustee has the duty of distributing tissues to researchers, housing the identification and relative data, making sure that privacy is respected and ensuring that tissues are utilised in full respect of ethical normatives that regulate their use. With respect to a charitable trust, a biotrust can provide additional tools for the utilisation of tissues, which has the added benefit of involving donors. The prerogative property of materials by the trust is in fact governed by the revision and approval by two committees: the Ethical Review Committee (ERC) and the Donor Advisory Committee (DAC). The ERC manages the ethical profiles of research projects that require the use of biological materials housed in biobanks. This committee 110 represents the equivalent of the Institutional Review Board, but is different in that it also contains representatives that are donors. The DAC is composed of direct representatives that are donors, who have the job of ensuring that the maximum public utility is obtained from tissue donations. This committee approves research protocols, but also acts as a communication channel between the donors, trustees and researchers. The DAC should be, according to this model, an important element of democracy in the management of the trust, in addition to representing a flexible mechanism through which communication between the various parties involved in the functioning of a biobank can take place. Informed consent and the use of human biological materials The problem of informed consent is an important problem in the regulation of biobanks, and thus it is important to understand if the traditional concept of informed consent also applies in this context. Regarding human tissues, the question of informed consent takes place in two phases which are best left distinct as they characterise different problems. There is: i) informed consent to the removal of tissue, and ii) consent to conservation of tissues for research purposes in a biobank. Regarding the collection phase, it should be noted that in the vast majority of cases tissues are removed during surgical intervention or for diagnostic purposes. Consent, therefore, is not limited to the removal of tissues in itself, but concerns the entire procedure. Even in the case that an ad hoc operation is carried out with the sole intention of obtaining tissue, the consent would still be the object of surgical intervention, which would be subject to traditional limits. In both cases, the fundamental right that the mechanism of informed consent protects is the self-determination of the individual for his/her own health. On the other hand, the consent to the conservation of biological materials does not have the same medical intent, but is the transfer of wealth that occurs after surgical intervention, and thus acquires an autonomy with respect to the body from which the tissue originated. The conservation of tissues and research conducts with these materials do not have any direct influence on the patient’s health. In this second phase, the act of conservation must guarantee the privacy of the patient, the tissues involved and the genetic data contained within. Thus the legal issues pertaining to wealth and consent are different, and do not justify the simplifications that have often been reported in various guidelines and international documents. An additional characteristic that distinguishes the majority of tissues conserved in biobanks is that they are almost never collected as part of a single research project, but with the idea that they be used as part of many research projects in the future. Therefore, only in a small M. MACILOTTI ET AL. number of cases can patients receive detailed information about the research that will be carried out with the donated tissues at the moment that informed consent is signed. Many experiments cannot be foreseen and also depend on the development of scientific and technical knowledge, while others are planned only in successive research phases. With this premise, it is reasonable to ask if the patient should be contacted each time that his/her biological material will be used for which specific consent was not obtained (in accordance with traditional modes of informed consent that require precise and detailed information concerning the intervention). In alternative, a simple consent to carry out medical research could be obtained without providing specific details. The authorisation to store genetic data by the guarantor for the protection of personal data has determined that informed written consent by the patient is necessary to store and genetic and other data. Article 8 states that the conservation and use of biological materials and genetic data collected for research projects and statistical analyses, in contrast to the informed consent originally obtained, is entirely limited to scientific purposes directly related to those originally intended. Thus, if informed consent is obtained anew, or if biological samples and genetic data, either at the time of collection or following treatment, do not allow the identification of the individual donor, or in cases for which it is not possible to inform the patient despite every reasonable effort, and if the research program is appropriately authorised by the ethical committee), authorisation for use of the tissues is granted by article 90. The consent given by the patient can be freely withdrawn in any moment. In this case, the sample must also be destroyed (under the condition that it was conserved for research purposes), except if the sample, either in its origin or following treatment, can no longer be associated with a specific individual. This latter possibility is in apparent conflict with the indications provided on 19 December 1986 and the successive opinion of the Italian Health Ministry on 14 October 1987 which stated that biological samples should be conserved for no less than 20 years. It should be stressed that the Authorisation of the Privacy Guarantor, as foreseen by article 90 of Legislative Decree 196 of 2003, is a normative tool with a more important role with respect to the opinion of the Ministry. Therefore, for tissues originally collected exclusively for research purposes, the Authorisation of the Guarantor must be applied. However, these recommendations do not apply to tissues collected for diagnostic purposes or during surgical intervention and that will be used only for research purposes at a later date without informed consent. NATURE OF INFORMED CONSENT The consent given by patients for the conservation and use of their biological materials for research purposes should be given on the basis of abundant and detailed LEGAL ASPECTS OF BIOBANKS information. This latter aspect is essential in order to stabilise a correct relationship with the patient and to favour his/her participation in the utilisation of his/her biological samples. Thus, it is important that specific information be provided regarding the type of data to be stored, along with the risks, benefits and options that will be provided to the donor. The authorisation states that informed consent should contain the following information: a) information about the finalities of the research, b) the results that can be obtained in relation to the storage of genetic data, c) the rights of the patient to oppose the storage of genetic data for legitimate motivations, d) the possibility for the patient to limit the communication of genetic data and the transfer of biological materials, in addition to the use of these samples for additional purposes. Moreover, it must be indicated that: a) consent is given freely and can be revoked in any moment without any disadvantages for the patient, with the exception that the data and biological materials, either at the time of collection or following treatment, no longer permit the identification of the patient, b) the measures taken to allow identification of the patient only for the time necessary during collections or successive treatment, c) the possibility that data and/biological samples are conserved and utilised for other research/statistical studies, which should be specific as possible and, to the best of available knowledge, adequately specify the categories of individuals that can be eventually communicated regarding data or transfer of samples, d) the means that patients have to obtain information about the research project. Lastly, it is also necessary to inform individuals regarding the possibility of future uses of the biological materials collected, including commercial use, the results of the research, data obtained and the biological samples themselves. It is also necessary to specify that the patient will not have any right to participate, on an individual basis, in eventual profits that derive from the study of their samples n. However, this information alone is not sufficient to ensure the correct relationship between the patient and the physician/researcher if it is not accompanied, wherever possible, by adequate consultation by the physician. This latter individual has the legal and deontological obligation to answer any questions that the patient might have. CONSIDERATIONS REGARDING INFORMED CONSENT The mechanism chosen by the guarantor of privacy for the protection of personal data concerning the use of biological sample and genetic data collected for research projects not specified by the original informed consent is therefore that of re-contacting the patient, even if a few exceptions are allowed. One of these is the possibility to indicate that the tissue may be used for research purposes different from those indicated without obtaining a new informed consent by simply indicating n 111 that the tissue can be utilised for additional research purposes. The system of re-contact appears to be difficult to carry out, and has substantial economic disadvantages. Many patients would be difficult to contact, while other may be deceased. In addition, new contact could also have negative psychological consequences as the patient would be forced to reconsider past moments which were best forgotten. Moreover, there is the risk of transforming the administrators of the biobank into detectives with the constant risk of losing biological materials that could be important for medical science. Lastly, even in the case that donors could be easily contacted, the question should be asked if they have the ability to fully understand the details of a research project so that a knowledgeable evaluation could be made. This latter aspect would appear unlikely considering the average individual does not possess the technical knowledge needed for adequate understanding. Given these considerations, the obligation to contact the donor would appear to be part of a more formal logical system rather that effectively protecting the individuals involved. A detailed informed consent sheet is not always the best means of normalising the natural asymmetry between the candidate donor and the researcher/physician. In practice, the obligation to obtain informed consent involves the distribution of a number of forms (informed consent form, information on financial risks, acceptance on storage of genetic and personal data, etc.) that is often quite complex. It contains complicated language that can be incomprehensible for the patient. At times the only aim appears to be that of removing all responsibility from the physician/researcher by rendering it difficult if not impossible for the donor/patient to say that he/she had not been informed. This bureaucracy in obtaining consent has the risk of producing the opposite effect with respect to that for which it was created, as the patient may be neither informed nor protected. Given the excessive expenses and partially uselessness of contacting the patient, in the event that new research is carried out that was previously unforeseen, the question arises as to whether or not to adopt a more ample consent that would permit one to carry out new research without contacting the donors while maintaining the donors’ rights. The solution that seems to conform best with the recommendation of the R(2006)4, in order to remediate the problems already discussed, lies in the general or broad consent that renders it necessary to provide an immediate goal, should not be confused with blanket consent. The Draft Explanatory memorandum to the draft recommendation on research on biological materials of human origin, submitted by Steering committee on bioetchics (CDBI), commenting on article 10 of the recommendation (which states: Information and consent or authorisation to obtain such materials should be as specific as possible with regard to any foreseen research uses See Greenberg vs. Miami Children’s Research Institute. 264 F. Supp. 2d 1064 (S.D.Fla. 2003). 112 and the choices available in that respect) specifies that when biological materials of human origin or personal data associated with biological samples is collected, it is good practice to obtain consent for future utilisation, even in cases in which specific research projects are not planned. In the case that future research cannot provide detailed information to the donors involved, the consent should not however be formulated in such a way that it is unconditional (blanket consent). In fact the request for consent to the use of biological material for future research should be as specific as possible given present knowledge for which the informed consent is being obtained o. Broad consent, characterised by ample and more specific information, and by external control mechanisms p that can protect the donor. The recommendations are based on a dual mechanism: first, the research project must be tentatively approved by an independent authority q. Research involving biological can be undertaken only if the research project is subjected to examination by an independent authority that is capable of assessing the scientific merit, the importance of the research aims and deciding the ethical issues. In Italy, this role is carried out mainly by the Ethics Commission of the research institution and, successively, by the biobank. This latter can decide if tissues can be utilised for the research. Moreover, the donor has the possibility to freely withdraw his/her consent at any moment (opting-out). In this regard, it is worthwhile asking if the withdrawal of consent has deleterious consequences only for the present, or for the future as well. The question is quite relevant considering that substantial economic resources are dedicated to research activities, which also entail years of effort; the withdrawal of consent would mean significant losses in terms of both money and time. Thus it seems reasonable to maintain an equilibrium between the collective interest and that of the individual, and it is likely the interests of the former would prevail in this case. o p q r s t M. MACILOTTI ET AL. The solution adopted by the recommendation, even if understandable in principle, has the flaw that it does not provide any mechanism for involving the donors in the governance of the biobank. An alternative solution can be found in the ethical code of the biobank, in which the conditions for use of tissues conserved in the biobank and the ethical prerequisites that should guide research are outlined. At the moment of donation, the patient will be asked to provide informed consent after having read and accepted the ethical code. The biobank will have the task of guaranteeing that the tissues are utilised according to the ethical code r. The provisions of broad consent concerning the use of human tissues for future research, the details of which were not provided at the moment consent was given, is one of the major characteristics that distinguish the European and US regulations. The acceptance of broad consent is in fact evident in the German Nationaler Ethikrat of 2004 s, as well as in the Code of Practice from the UK Human Tissue Authority in 2006 and in Swedish t, Icelandic and Estonian laws in which ample use is permitted for research purposes. The same principals also emerge from the Japanese guidelines, which include the idea of “comprehensive consent”. The US regulations have taken a different approach, which tend to conserve the classic standards of informed consent characterised by the need for detailed information on both present and future research. In the US and Canada, the most common model is that of multi-layered consent, which is characterised by the obtaining a limited consent for a particular pathology or research project. However, this type of consent is a substantial impediment for research, and alternative solutions are desirable. In 1999, for example, the guidelines of the US National Bioethics Advisory Commission (NBAC) allow a strategy to forsake consent. According to this proposal, informed consent is not required if: a) the research involves no more than minimal risk to the subjects; b) the waiver or alteration will not affect adversely the rights and welfare of the subjects; See comment on the Draft Explanatoy Memorandum to the Draft Recommendation on Research on Biological Materials of Human Origin dello Steering Committee on Bioethics, article 12 (point 48) which states “When biological materials of human origin and personal data are collected it is best practice to ask the sources for their consent to future use, even in cases where the specifics of the future research projects are unknown. If future research use of biological materials of human origin and personal data cannot be specifically”. Even if referred to the US system see Greely, Breaking the Stalemate: a Prospective Regulatory Framework for Unforseen Research Uses of Human Tissue Samples and Health Information, op cit. 737. Greely sustains that the request by the biobank for general permission can be conceded only if appropriate measures are in plase, and in particular, approval by the IRB (Institutional Review Board) should be obtained. The temporal limits of the project should be clearly established, and the right of donors to withdraw infromed consent at any time should be guaranteed. The donor should be made aware of any commercial projects related to the research. See article 24 of the Recommendation. It should be mentioend that many researchers hope that in the future, even for tissues donated for rewsaerch purposes, a form of “presumed” informed consent can be added such as those used for organ donation for transplantation. However, this would not give researchers any distinct advantage, as presumed consent would only render tissues ananomous. It is in fact difficult to imagine that if consent is presumed it is thus possible to use tissue in an identificable form. Nationaler Ethikrat, Biobanken fur die Forshung. Stellunghame., 2004, Berlin, www.ethikrat.org/_english/publications/Opinion_Biobanksfor-research.pdf More than others, the document that has influenced recommendation R(2006)4 of the EC Consiglio d’Europa is the English Human Tissue Act of 2004 and the subsequentt Code of practice from the Human Tissue Authority in January 2006. In particular, paragraph 106 of the Code of Practice Consent states that the “consent can be general, i.e. if someone consents to the use of tissue for research, it need not be limited to a particular project”. The same principal is also repeated in paragraph 90: “consent should be generic where appropriate”. LEGAL ASPECTS OF BIOBANKS c) the research could not be practicably carried out without the waiver or alteration; d) whenever appropriate, the subjects will be provided with additional pertinent information following their participation. In 2004, the US Office for Human Research Protection (OHRP) u took a different approach to overcome the rigid regulations regarding informed consent based essentially on the extension of the concept of non-identifiable biological materials. For these samples, in fact, there would no longer be the necessity to obtain informed consent, the approval of the IRB or the ethical commission. Until the guidelines of the OHRP were issued, the principal North American and European regulations agreed on one important point: samples must be coded and made anonymous, but were classified as identifiable materials since there was still a link between the samples and donors. If the link between the samples and donors no longer existed, samples could be classified as non-identifiable, and for research purposes were no longer subject to the Declaration of Helsinki regulating human subject research. In 2004, the guidelines of the OHRP stated the following: “OHRP considers private information or specimens not to be individually identifiable when they cannot be linked to specific individuals by the investigator(s) either directly or indirectly through coding system”. Thus tissues considered as non-identifiable must also be missing a link between them and the investigator, in addition to the donor. The distinction between identifiable and non-identifiable thus includes the possibility for the researcher to identify the individual from which they were taken. It is therefore evident that in this situation, linked anonymous materials can be considered non-identifiable biological materials, and as such do not require the donors’ consent for their use. In practice, several strategies have developed that can confer the status of linked anonymous material. The most typical mechanism consists in the agreement between the investigator and the individual that possesses a ‘key enter’ that stabilises predetermined conditions. The investigator cannot obtain the key until the individual to which it belongs is deceased. The policies and normatives issued by List of references Andrews L, Nelkin D. Il mercato del corpo. Il commercio dei tessuti umani nell’era biotecnologia. 2002. Andrews L, Nelkin D. Homo economicus. The commercialization of body tissue in the age of biotechnology. Hastings Cent Rep 1998;30. u v 113 the IRB for repositories and data storage centres have the same rationale, which allow the release of materials only when the researcher has the access key. The advantages of the expansion of the non-identifiable category are clear: it is possible to maintain an elevated standard for informed consent, while retaining the possibility to adhere to regulations by stipulating an agreement with the biorepository that allows access to tissues without elimination of the link between the tissue and its donor. Using this system, almost all types of future research can be carried out without the need for the approval of the IRB v. Conclusions Biobanking is a preliminary and fundamental phase for medical research in the post-genomic era. The importance of biobanking, and the subsequent involvement of pathology departments from both regulatory and technical standpoints, requires careful attention by the scientific community. Whether or not the definition of regulations that govern these activities will respect the rights of patients and the needs of the medical community depends on us. In addition, the legal considerations in the present manuscript have stressed the use of trust, which is fundamental for the correct functioning of biobanks. Indeed, a relationship based on trust between donors, biobank managers and researchers is essential. While legal aspects are undoubtedly important, trust is still a priority in biobanking. Legal regulations must be in place, but medical science must cultivate the trust between the various parties involved through optimal communication with the patient. The ability to correctly communicate science is a fundamental aspect in this relationship since citizens must choose to donate their biological materials, and offer their genetic data for research purposes. Helping the patient make this decision requires adequate and transparent terminology together with the ability to listen and respecting the patient’s right to self-determination. It is these abilities that will be the drivers for the expansion of biobanks. 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Those that have access to the code could be in difficulty in the case that it is necessary to contact the donor in order to provide additional information on the possible health risks revealed by the analysis of his/her samples; c) the approval of research by the IRB or an Ethics committee is needed to guarantee the efficient utilisation of biological resources. 114 Budds BB. Toward a just model of alienability of human tissue. USF Law Rev 2003;37:757. Calabresi G. Do we own our bodies. Health Matrix 1991;5:1. Calabresi G. An introduction to legal thought: four approaches to law and the allocation of body parts. Stan Law Rew 2003;55:2113. Caplan AL, Elger BS. Consent and anonymization in research involving biobanks. 7 Embo reports, 661, 2006. Charo R. Alta, skin and bones: post-mortem markets in human tissue. Nova Law Rev 2002;26:421. Cherubini MC. Tutela della salute ed atti di disposizione del corpo. In: Busnelli FD, Breccia U, eds. Tutela della salute e diritto privato. 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The second model considers the possibility that a specific ethics commission is not available, and thus the manager of the biobank has the responsibility of ensuring that ethical regulations are met. In model 1, the Ethics Commission has the job of controlling the appropriate management of tissues, which as a third party, also guarantees that the donors requests are satisfied. Donors can request specific information regarding the use of tissues from the Ethics Commission and ask for additional clarification on the utilisation of tissues in the case that tissues have been used in a manner that does not conform to the consent provided. If on one hand, this model might seem optimal, it might not be preferable in some situations for economic reasons, especially for smaller biobanks, since an Ethics Commission requires the availability of additional resources in order to ensure that all requirements have actually been met. In model 2, the responsibility for the correct use of tissue is placed directly on the manager of the biobank. The biobank manager must also guarantee that the appropriate ethical regulations have been followed and respond to any indications that tissues have been utilised in an inappropriate manner that does not adhere to the consent given. 2) WHAT CAN BE DONE WITH VALUABLE TISSUE SAMPLES ARCHIVED IN PATHOLOGY DEPARTMENTS THAT WERE COLLECTED WITHOUT OBTAINING INFORMED CONSENT, AND FOR WHICH IT IS IMPOSSIBLE TO CONTACT THE PATIENT? These tissues can be utilised for research purposes only in an anonymous manner as established by the Guarantor of Privacy for the storage of personal and genetic data. PATHOLOGICA 2008;100:116-127 Biobanche: aspetti informatici M. GALVAGNI, S. COTRUPI*, M. BARBARESCHI* MTT-pro, Trento; * U.O. Anatomia Patologia, Ospedale “S. Chiara”, Trento Parole chiave Banche tissutali • Biobanking • Conservazione tessuti biologici • Criopreservazione tissutale • Informatica Una biobanca è essenzialmente una raccolta di biomateriali e di dati clinico-patologici e biomolecolari 1. La corretta e ordinata raccolta, conservazione ed integrazione di tali elementi è fondamentale per la funzionalità di un biobanca, ed è ciò che distingue una semplice raccolta di biomateriali da una biobanca propriamente detta. La natura dei dati da raccogliere ed associare ai biomateriali è tale da richiedere un apposito sistema informatico, sviluppato per rispondere alle varie esigenze della gestione di una biobanca. Individuazione architettura di riferimento della biobanca Come per tutti i sistemi informatici e informativi di ultima generazione e per le applicazioni distribuite, anche per i sistemi che si occupano della gestione della biobanca non ci si può esimere dal considerare valida un’architettura software basata su di una struttura a n livelli di tipo web-based (n-tier web oriented). Questo tipo di architettura (in Figura 1 è rappresentata l’architettura generale a 3 livelli) trova il suo punto di forza nei seguenti elementi: • scalabilità: i sistemi sviluppati su architettura n-tier permettono facilmente di crescere in funzioni delle necessità e delle possibilità; • gestione delle le risorse, che vengono indirizzate; • gestione ottimale dei risultati; • complessità delle funzionalità che possono essere implementate; • integrazione con qualsiasi altro sistema informativo. L’architettura ad n-livelli prevede che il sistema venga scomposto in n livelli (nel caso 3 livelli: livello di pre- Fig. 1. Architettura generale a 3 livelli. Il presente contributo è stato possibile grazie al finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto per il progetto “Studio di fattibilità per la creazione di una banca di tessuti e sangue umani presso la Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari - Trentino Biobank” Corrispondenza dott. Mattia Barbareschi, U.O. Anatomia Patologica, Ospedale “S. Chiara”, largo Medaglie d’Oro, 38100 Trento - E-mail: mattia. [email protected] BIOBANCHE: ASPETTI INFORMATICI sentazione, livello di applicazione e livello dati) ognuno indipendente dagli altri e con specifiche interfacce di comunicazione che consentono ai vari livelli di interagire fra di loro. In questo modo si rendono più agevoli tutte le operazioni come le variazioni in sede di presentazione, l’aggiunta di nuovi servizi oppure la modifica e la sostituzione del database. Un sistema strutturato a livelli richiede per operare in modo performante e funzionale una piattaforma applicativa composta da diversi componenti quali: • web server; • application server; • database server; • authentication e authorization server, middleware, e adattatori. Grazie all’architettura a n livelli, il sistema informativo per la gestione della biobanca permette di interagire in modo agevole con tutti gli altri sistemi che solitamente sono presenti all’interno delle strutture ospedaliere. Un sistema informativo per la gestione della biobanca deve però essere strutturato in modo da essere completamente autonomo per poter essere utilizzato anche in scenari esterni alle strutture ospedaliere. Si propone, per il sistema informativo della biobanca un’implementazione con tecnologia a 3 livelli (Fig. 2). Il sistema per la biobanca implementato con tecnologia ad n livelli web-oriented prevede la presenza di un browser (presentation layer) per la consultazione della biobanca, di un livello di applicazione (business layer) in cui vengono elaborate tutte le informazioni e preparate per la visualizzazione e di un livello di dati (data layer). Particolare attenzione va riservata ai livelli data e business. Nel livello di applicazione risiedono tutte le logiche, le interfacce e gli applicativi che si occupano di elaborare l’informazione per consentire poi al sistema di visualizzarla oppure di immagazzinarla in modo corretFig. 2. Architettura a 3 livelli. per un prototipo di biobanca. 117 to. Il livello data è il livello in cui risiedono fisicamente i dati, che si distinguono in: • dati clinici: sono i dati clinici del paziente che descrivono la storia clinica del paziente; • dati personale: rappresentano i dati anagrafici del paziente; • dati bio: sono i dati propri del tessuto analizzato, contengono sia dati biologici, molecolari o di stoccaggio (cioè dove vengono archiviati i tessuti). Questo risulta essere il livello che maggiormente può variare a seconda del contesto in cui viene inserito il sistema biobanca; cioè se il sistema è o meno inserito in una struttura clinica sanitaria. Nel caso in cui la biobanca sia interna ad una struttura ospedaliera il sistema non necessita di avere al suo interno i dati personali e i dati clinici, ma è sufficiente che questi siano collegati agli altri sistemi che normalmente detengono queste informazioni. Gli archivi Personal data e clinical data sono necessariamente interni al sistema nel caso in cui la biobanca non risieda all’interno di una struttura clinica. In questo ultimo caso la gestione dei dati clinici e personali richiedono particolare attenzione; l’architettura del sistema deve soddisfare la normativa che regolamenta il trattamento dei dati personali (DL n. 196 del 30.6.2003 – Codice in materia di protezione dei dati personali) che prevede che nessuno accidentalmente possa collegare i dati clinici ad una persona fisica. A tale scopo si è previsto di separare i 3 tipi di dati in diversi archivi fisici. La procedura che in automatico collega i dati di diverso tipo fra di loro esclusivamente per le persone autorizzate viene chiamato binding. Moduli di riferimento della biobanca Il sistema informativo per la gestione di una biobanca prevede la presenza di un applicativo centrale per la me- M. GALVAGNI ET AL. 118 Fig. 3. Architettura ad alto livello. morizzazione delle informazioni relative ai biomateriali e al loro stoccaggio. Vi è poi la necessità di correlare tali informazioni alle informazioni cliniche, patologiche e genetiche del paziente, gestite prevalentemente da sistemi legacy nella stessa Unità Operativa di Anatomia Patologica o in altre Unità Operative. La banca dei tessuti dovrà essere vista all’occorrenza come l’unitarietà di tali informazioni. Gli standard a disposizione dal punto di vista informatico sono sicuramente HL7 come protocollo di interscambio di informazioni cliniche fra applicativi legacy (dati patologici, clinici, ecc.) e database dei biomateriali stoccati. XML dovrà essere preferibilmente lo standard per lo scambio di informazioni e documenti in particolar modo per la pubblicazione di dati riassuntivi ed anonimizzati via web. Accessibilità, protezione e sicurezza Il legislatore regolamenta le misure minime di sicurezza dei sistemi informativi relativamente ai seguenti aspetti: • sicurezza di accesso agli elaboratori; • sicurezza di trasferimento delle informazioni; • autenticazione e autorizzazione degli accessi. La sicurezza di accesso agli elaboratori è intesa come accesso fisico agli elaboratori adibiti alle applicazioni lato server ed è strettamente correlato ovviamente alla loro locazione. Per quanto riguarda i server della biobanca, questi dovranno soggiacere alle stesse politiche. Le informazioni possono essere accedute in ambiente controllato, all’interno della lan ospedaliera, ma deve essere necessario garantire un accesso al mondo esterno usufruendo della rete Internet, per poter consultare, ad esempio, le informazioni da postazioni o istituzioni remote. Nel caso di accesso al mondo esterno devono essere adottate misure forti di controllo del trasferimento delle informazioni, di autenticazione degli accessi e di successivo rilascio dell’autorizzazione. Una soluzione informatica a garanzia della sicurezza a livello di trasferimento dei dati dall’elaboratore centrale (Server Web) all’applicativo utente (Web Browser) potrebbe prevedere, per l’implementazione del canale di trasmissione, il protocollo SSL (Secure Socket Layer) BIOBANCHE: ASPETTI INFORMATICI Fig. 4. Protocollo SSL. implementato dalla Microsoft per la crittografia a 128 bit, basata su certificato server e chiave asimmetrica. I certificati sono emessi da un’infrastruttura di PKI (Public Key Infrastructure) composta dalla Certification Authority (CA) Microsoft Certificate Server con CSP (Criptographic Service Provider) su Token PRO Aladdin. Fig. 5. Framework di sicurezza. 119 Il protocollo SSL (ora TLS) è stato originariamente progettato da Netscape Communications Corporation per realizzare comunicazioni cifrate su Internet. Come mostrato nella Figura 4, il protocollo SSL è inserito tra i protocolli di comunicazione (HTTP, SMTP, FTP, Gopher e NNTP) e il protocollo di connessione TCP/IP. Utilizzato dalla connessione in protocollo HTTPS per cifrare i messaggi in protocollo HTTP, SSL è basato su un meccanismo a coppia di chiavi asimmetriche e certificato rilasciato da una CA ad un Web Server, mediante il quale il client genera e cifra con la chiave pubblica dal server una chiave di sessione da utilizzare per cifrare la comunicazione. L’autenticazione dell’utente esterno si baserà su firma digitale apposta dall’utente su dispositivi di autenticazione, quali possono essere token o smart card, in possesso dell’utente stesso. In questa ipotesi la procedura di autenticazione non inizia fino a quando l’utente non inserisce il dispositivo di sicurezza nell’apposito slot (lettore di smart card o porta USB del pc). Se il dispositivo è estratto dal proprio alloggiamento prima che la sessione sia terminata, questa verrà chiusa immediatamente dall’applicazione (Fig. 5). L’autorizzazione all’accesso dovrà essere effettuata lato server il quale controllerà credenziale, validità del certification e permessi dell’utente in relazione alle informazioni che sta richiedendo. M. GALVAGNI ET AL. 120 Formalizzazione dei flussi informativi Lo schema di Figura 6 mostra quali tipologie di informazioni, relative ad un paziente, vengono coinvolte nella gestione di una biobanca. Nello schema sono mostrate le seguenti tipologie di informazioni: • informazioni direttamente correlate al biomateriale (classi prelievo, campione, aliquota e dati di utilizzo). Tali informazioni sono gestite nel sistema di raccolta e stoccaggio. Descrivono le informazioni minimali sull’origine del materiale (data e ora di arrivo in laboratorio, tipologia, organo di prelievo, quantità, ...), le informazioni sulla conservazione del materiale (tipo di manipolazione, coordinate all’interno dei contenitori di conservazione, modalità di stoccaggio, ...) e registrano i dati di utilizzo (identificativi dell’istituzione e del progetto di studio che ne ha richiesto l’utilizzo, modalità di stoccaggio, richiesta, ...); • dati patologici relativi al biomateriale: sono informazioni contenute nei sistemi gestionali delle U.O di Anatomia Patologica (diagnosi istologica, TNM e grading, marcatori immunoistochimici e biomarcatori, ...); • dati anagrafici e dati sensibili: sono dati associati al paziente che permettono i primi, in casi autorizzati e speciali, l’identificazione della sorgente del campione e i secondi studi mirati di popolazione sui campioni (ad esempio a seconda della prevalente attività lavorativa); • dati clinici relativi al biomateriale: rappresentano potenzialmente qualsiasi dato raccolto nel corso della storia clinica del paziente, associabile al biomateriale, utilizzabile ai fini della ricerca. Sono dati clinici ad esempio le terapie e il decorso (recidivem visite di follow-up, …). Fig. 6. Tipologie di informazioni. Nella Figura 7 è schematizzato il flusso informativo che coinvolge il donatore del biomateriale dal momento del suo ingresso nella struttura sanitaria in poi. Ovviamente un paziente può acconsentire o meno alla raccolta dei suoi biomateriali nella biobanca. Nel caso sia stato rilasciato il consenso dovrà essere effettuata l’accettazione del paziente e del relativo pezzo operatorio, e l’iter di analisi e stoccaggio proseguirà parallelo, ma indipendente dal normale percorso di diagnosi e cura del paziente. Definizione dell’architettura funzionale di un sistema per la raccolta dati Come abbiamo già detto una biobanca è essenzialmente una raccolta di campioni biologici connessi a un’ampia raccolta di dati: entrambi questi elementi necessitano di una gestione accurata e complessa che può essere garantita solamente attraverso un sistema gestionale informatico disegnato appositamente. Nella situazione ideale tale sistema deve interfacciarsi con i sistemi gestionali delle unità operative di anatomia patologica e con eventuali altri sistemi, quali le cartelle cliniche informatizzate dei reparti clinici. Di seguito vengono riportati i requisiti minimi di un sistema per la gestione della raccolta di biomateriali. Il sistema gestionale, eventualmente integrato con il sistema gestionale delle unità operative di anatomia patologica deve essere in grado di: • assegnare un identificativo univoco al materiale, possibilmente utilizzando sistemi di codifica a barre; l’identificativo deve essere diverso dal numero istologico dell’esame, presente nel sistema gestionale delle unità operative di anatomia patologica; in alternativa BIOBANCHE: ASPETTI INFORMATICI 121 Fig. 7. Flussi di informazioni. il sistema deve essere in grado di ricevere un simile identificativo specifico, generato all’interno del sistema gestionale della U.O. di Anatomia Patologica; • permettere, solo al responsabile della biobanca o • a un suo delegato, con una apposita procedura nel rispetto delle norme giuridiche, la correlazione fra materiale conservato e donatore; registrare i dati relativi al consenso fornito dal pa- M. GALVAGNI ET AL. 122 ziente all’utilizzo del materiale biologico, comprese le varie restrizioni all’uso del materiale stesso; • memorizzare i dettagli del materiale in termini di: – tipologia di materiale (tessuto, materiale citologico, ...), – topografia del prelievo, diagnosi istologica, codifica TNM (possibilmente tramite sistema codificato interfacciato con il sistema gestionale delle unità operative di anatomia patologica), – tipo di campione (tessuto normale, peritumorale, tumorale, ...), – manipolazione dei campioni (tipo di processazione, tempistica di prelievo rispetto alla exeresi chirurgica, …); • registrare le coordinate del materiale rispetto al luogo di conservazione: freezer, colonna, scatola, ...; • registrare i movimenti del materiale: quantità prelevate per studio, finalità e identificativo dello studio; • permettere la registrazione delle informazioni cliniche, possibilmente interfacciandosi con i sistemi esistenti (cartelle cliniche informatizzate); • permettere la registrazione dei dati molecolari che vengono progressivamente prodotti dall’analisi dei materiali stessi. Il sistema di raccolta deve inoltre: • permettere una rapida interrogazione della sua base dati per verifiche e selezione di materiale di studio; • pubblicare periodicamente un report sulla consistenza della biobanca per riversare tali dati in sistemi web pubblici, per permettere ad altre istituzioni di venire a conoscenza e usufruire del materiale per motivi di studio, ovvero riversare tali dati in un sistema di rete tra biobanche; • garantire un elevato livello di sicurezza attuando politiche di protezione sia all’interno dell’istituzione che soprattutto all’esterno. Analisi dei requisiti di un sistema per la raccolta dati Per consentire la progettazione e l’implementazione di un sistema biobanca è necessaria una raccolta e analisi dei requisiti, che possono essere classificati in: • requisiti utente: cioè quei requisiti identificati direttamente dall’utente per specificare le proprie esigenze e le proprie attese dal sistema. Vengono descritti ed esplicati con la stesura del database utilizzando il formalismo entità-relazioni; • requisiti funzionali: sono le funzioni identificate in accordo con l’utente. PROGETTAZIONE BASE DI DATI Progettazione concettuale Lo scopo della progettazione concettuale è quello di descrivere, con un opportuno linguaggio (nel nostro caso il formalismo Entity-Relationship), ciò che il sistema do- vrà trattare e quale dovrà essere il suo comportamento. Tale descrizione coinvolge i seguenti aspetti: ontologico, epistemologico, pragmatico e linguistico. Aspetto ontologico L’aspetto ontologico descrive ciò che esiste nel mondo reale osservato e che alla fine della progettazione concettuale deve generare il diagramma entity-relationship. Nella progettazione vanno quindi descritte la conoscenza concreta, la conoscenza astratta e la conoscenza procedurale. Conoscenza concreta Nella descrizione della conoscenza concreta si devono elencare le entità rilevate nella modellazione del sistema. Le entità vengono identificate negli elementi del mondo reale che compongono il sistema che si va a modellare, nel nostro caso quindi le entità si possono riassumere in: • paziente: è l’entità che identifica il paziente “donatore”; risulta essere elemento fondamentale del sistema; • biomateriale (generalmente un pezzo operatorio): identifica il campione biologico sul quale vengono effettuate una serie di manipolazioni. Ai fini del sistema risulta essere l’entità principale senza la quale il sistema non può funzionare; • campione: il biomateriale (es.: pezzo operatorio) viene diviso in campioni (frammenti o porzioni del biomateriale) che vengono raccolti e conservati con opportune procedure; • aliquota: questa entità identifica una successiva suddivisione (a livello fisico) del campione per l’utilizzo della stessa in studi di ricerca o esami particolari. Le entità sono collegate tra di loro dalle Associazioni con la seguente cardinalità: paziente (1,n) biomateriale (1,n) campione (1,n) _ _ _ biomateriale (1,1) campione (1,n) aliquota (1,n) Conoscenza astratta La conoscenza astratta riassume i possibili vincoli a cui è soggetta la conoscenza concreta. Qui di seguito riportiamo i vincoli di integrità della base dati. L’entità paziente, per essere tale deve avere un codice fiscale, un codice paziente. L’entità pezzo operatorio deve avere un codice pezzo operatorio, una data ed un’ora di exeresi Conoscenza procedurale La conoscenza procedurale raccoglie tutti quei dati che vengono ricavati in modo automatico dal sistema e vengono memorizzati nella base dati; qui di seguito riportiamo l’elenco dei vincoli procedurali con riportata nella parentesi l’entità a cui fanno riferimento. BIOBANCHE: ASPETTI INFORMATICI Intervallo dal prelievo (entità campione): memorizza il periodo, espresso in minuti, che trascorre dal momento delle exeresi al momento in cui il campione viene stoccato in freezer. Materiale esaurito (entità campione e aliquota): memorizza lo stato di disponibilità del campione o dell’aliquota. Viene calcolato in automatico dal sistema tenendo presente ogni singolo utilizzo o prelievo del campione o dell’aliquota. Fig. 8. Schema entity-relationship. 123 Schema concettuale della base dati secondo il formalismo entity-relationship Tutte le informazioni raccolte generano così il diagramma E/R (entity-relationship) riportato nella Figura 8. Progettazione logica Descriviamo qui in dettaglio le entità del modello E/R descrivendo gli attributi principali che possono essere previsti per queste. Qui di seguito viene riportata la programmazione logica delle entità di u sistema di gestione di una biobanca, nella colonna descrizione viene fornita la descrizione dei campi che non risultano ovvi dal nome. M. GALVAGNI ET AL. 124 Entità paziente (se residenti in archivio i dati devono essere forzatamente criptati e protetti dagli accessi accidentali, in alternativa possono risiedere nel sistema gestionale della unità operativa): Nome campo Descrizione/note Centro Centro da cui proviene il paziente Progressivo paziente Codice del paziente composto da caratteri alfanumerici Tipo paziente Specifica la tipologia del paziente e può assumere i valori Paziente Donatore sano Non definito Nome Cognome Data di nascita Sesso Città di nascita Città di nascita del paziente Città di residenza Città di residenza del paziente Provincia Provincia di residenza del paziente Occupazione Occupazione principale del donatore Entità pezzo operatorio: Nome campo Descrizione/note Codice pezzo operatorio Codice univoco Consenso informato Sono registrate le varie autorizzazioni/restrizioni decise dal paziente Data exeresi Data del prelievo del pezzo operatorio Ora exeresi Ora del prelievo del pezzo operatorio Data arrivo Data di arrivo del pezzo operatorio all’U.O. di Anatomia Patologica Ora arrivo Ora di arrivo del pezzo operatorio all’U.O. di Anatomia Patologica Materiale Specifica la tipologia del materiale e può assumere i valori Tessuto Citologico per scraping Citologico per agoaspirato Citologico da versamento Sangue intero Plasma Urine Siero Organo Riporta da che organo è stato prelevato il pezzo operatorio – possibilmente con codifica standard (es.: Snomed) Tipo intervento Tipo di intervento a cui il pezzo è stato sottoposto possibilmente con codifica standard (es.: Snomed) Diagnosi istologica estesa Diagnosi istologica riferita al pezzo operatorio: testo della diagnosi Diagnosi codificata snomed-m Diagnosi istologica riferita al pezzo operatorio: possibilmente con codifica standard (es.: Snomed) TNM Grading Immagine Path dell’immagine (se disponibile) BIOBANCHE: ASPETTI INFORMATICI 125 Entità campione: Nome campo Descrizione/note Codice campione Codice univoco Data campione Data del prelievo del campione Ora campione Ora del prelievo del campione Intervallo Intervallo di tempo (espresso in minuti) trascorso tra l’exeresi e l’arrivo del pezzo operatorio Tipo campione Specifica la tipologia del campione e può assumere i valori Normale Peritumorale Tumore primitivo Metastasi locoregionale Metastasi a distanza Manipolazione Specifica la tipologia del tipo di manipolazione subita dal campione e può assumere i valori Cong. ai vapori di azoto Cong. in isopentano Cong. per immersione in azoto liquido Cong. in OCT per immersione in azoto liquido Cong. in OCT ai vapori di azoto Cong. in OCT in isopentano Fissazione in formalina tamponata Modalità stoccaggio Specifica la locazione dello stoccaggio specificando dove viene conservato il campione (p. es.: in quale freezer e, all’interno di questo, in quale colonna e in che scatola – numero e tipo) Materiale esaurito Flag che segnala la disponibilità del materiale Entità aliquota: Nome campo Descrizione/note Codice aliquota Codice univoco Data aliquota Data del prelievo dell’aliquota Ora aliquota Ora del prelievo dell’aliquota Materiale ottenuto Specifica la tipologia di materiale ottenuto dalla manipolazione e può assumere i valori DNA da tessuto congelato DNA da tessuto fissato in formalina RNA da tessuto congelato RNA da tessuto fissato in formalina Frazione proteica Componente subcellulare Modalità stoccaggio Specifica la locazione dello stoccaggio specificando dove viene conservato il campione (p. es.: in quale freezer, e all’interno di questo in quale colonna e in che scatola – numero e tipo). Materiale esaurito Flag che segnala la disponibilità del materiale M. GALVAGNI ET AL. 126 Ad ogni entità pezzo operatorio vanno collegati i seguenti dati clinici: Nome campo Descrizione/note Data ultimo aggiornamento dati Status del paziente Specifica lo status attuale del paziente e può assumere i valori: Vivo senza malattia Vivo con malattia Deceduto per malattia Deceduto per altre cause Comparsa di altra neoplasia Familiarità Specifica la presenza di familiarità della patologia del paziente e può assumere i valori: Sì No Tipo di familiarità Tipo terapia Specifica il tipo di terapia postchirurgica seguita e può assumere i valori: Chemioterapia Ormonoterapia Radioterapia Data ultimo follow-up Data prima recidiva/metastasi Tipo recidiva/metastasi Sede recidiva/metastasi Data morte Data altro tumore Ad ogni entità campione o aliquota vanno collegati i seguenti dati utilizzo. Nome campo Descrizione/note Data utilizzo Data Istituto utilizzatore Nome dell’istituto che utilizza il campione o l’aliquota Numero progetto studio Numero identificativo del progetto Acronimo progetto studio Acronimo del progetto Unità operativa utilizzatore Nome dell’unità che utilizza il campione o l’aliquota Persona responsabile utilizzo Recapito telefonico responsabile BIOBANCHE: ASPETTI INFORMATICI 127 Ad ogni entità dati utilizzo vanno collegati ad esempio i seguenti dati molecolari Nome campo Descrizione/note Gene analizzato Analisi DNA Può assumere i valori: SSCP Analisi mutazionale LOH MSI SNP … Analisi mRNA Può assumere i valori: Northern Blot RT-PCR Real Time PCR Microarray … Analisi espressione proteica Può assumere i valori: Western blot Espressione immunoistochimica Elettroforesi bidimensionale … • • • • in relazione alle caratteristiche clinico-patologiche e eventualmente biomolecolari (es.: individuare quanti biomateriali vi sono in relazione a un dato istotipo tumorale e di un determinato stadio, di cui si abbia un follow-up superiore ad un dato periodo); descrizione delle procedure di biobanking, quali protocolli di processazione e controlli di qualità dei biomateriali; descrizione delle considerazioni etico-giuridiche per la raccolta e distribuzione dei biomateriali; descrizione delle procedure di governance della biobanca, con specifico riferimento alle procedure di richiesta di biomateriali e alla loro accettazione; saranno disponibili anche forms elettronici per la richiesta di biomateriali, che verranno concessi sulla base di progetti di ricerca approvati dal comitato scientifico della biobanca; per la trasparenza della biobanca potranno essere elencati i progetti a cui la biobanca ha aderito concedendo i propri biomateriali; descrizione delle motivazioni che hanno portato alla creazione della biobanca, rivolte soprattutto ad eventuali utenti non professionali, ed in modo particolare i pazienti. Conclusioni Sito web Nella progettazione di un sistema gestionale di una biobanca, occorre anche considerare la possibilità di rendere pubblici alcuni contenuti della biobanca stessa, utilizzando modalità di pubblicazione dati su internet. Fra i contenuti utili riteniamo esservi: • descrizione aggiornata della consistenza della raccolta di biomateriali; tale obiettivo può essere raggiunto con la pubblicazione di reports periodici, ove sia possibile consultare la tipologia dei biomateriali Bibliografia 1 Somiari SB, Somiari RI, Hooke J, Garguilo G, Mittal V, Hu H, et al. Establishment and management of a comprehensive biore- Nella presente analisi abbiamo evidenziato i vari elementi necessari per la implementazione di un sistema informatico che permetta una completa gestione di una biobanca. Ovviamente ogni analisi simile deve essere poi calata nei contesti in cui occorre operare. Fra gli elementi qualificanti di ogni simile sistema riteniamo comunque che la modularità e scalabilità dei sistemi sia fondamentale, per potersi adeguare alle esigenze di interfacciabilità con altri sistemi, alla implementazione di nuove funzionalità e all’adeguamento alle crescenti e variabili necessità di raccolta dati. pository for integrated high throughput genomics and proteomics research. Trans Integr Biomed Inform Enabling Technol Symp J 2004;1:131-43. PATHOLOGICA 2008;100:102-115 Legal aspects of biobanks M. MACILOTTI, U. IZZO, G. PASCUZZI, M. BARBARESCHI* Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università di Trento; * U.O. Anatomia Patologica, Ospedale “S. Chiara”, Trento, Italy Key words Tissue banks • Biobanking • Biological tissue conservation • Tissue cryopreservation • Legal aspects A body in safekeeping: a valuable resource or dangerous material? When something is of particular value, it is generally kept in a protected area, perhaps in a safe or safety deposit box, isolating it from theft or other danger. For obvious but different reasons, even dangerous but valuable materials that can cause damage to users or third parties are kept in secure areas, inaccessible to unauthorised personnel. In one case the security measures are justified by the value of the object, while in the other they have intrinsic damage to the object itself. Considering point 4.3 of the Authorisation of the Guarantor of privacy for genetic data a, it is reasonable to ask oneself to which of the two categories human biological samples belong. In fact, strict security measures are in place in areas where biomaterials and their accompanying data are housed: access may be controlled by either security guards or electronic means, even biometric, and access after closing hours must be identified and registered. Due to advances in knowledge and technology, human tissues have become the subject of increasing numbers of investigations, with applications in research, diagnosis and therapy, and provide an important source of genetic and biological information. What was once discarded after surgery, together with tissues archived in pathology departments, are now considered highly valuable materials. In fact, biomaterials contain information a b c that is highly useful for medical research, allowing for researchers to understand pathological processes, with consequent advances in drug development and new diagnostic techniques. The potential value of biological materials has led to an increase in the number of banks for the collection of human tissues both in large centres and small hospitals; private initiatives have also been initiated that offer banking services for biological materials. Moreover, large biobanks for population studies are also being created that collect and study the biological materials of entire nations, in addition to DNA banks for military and forensic uses. Embryonic stem cells, which may hold significant health benefits for the future, are also being stored b. The term “biobank” appeared for the first time in the scientific literature in the mid 1990s c. This term refers to the storage of biological materials (organs, tissues, blood, cells and fluids that may contain DNA and/or RNA that allow genetic analyses) carried out within hospital-based structures and private/public foundations. Tissues housed in biobanks, in addition to being an important tool for research, are also a source of privileged genetic data about the individuals from which they were taken. Such data can permit the acquisition of information about the individual’s health status, biological characteristics, predisposition to certain diseases, paternity, and perhaps in the future, even the dominant qualities of donors. It is easy to understand that Guarantee for the protection of personal data, Autorizzazione al trattamento dei dati genetici, in the Gazz. Uff. n. 65, 19 March 2007. The authorisation was given by article 90 of legislative decree 196 of 2003, which states that the treatment of genetic data is allowed only in cases permitted by the authorisation of the Guarantor appointed by the Health Ministry. By decree of the Health Ministry on 4 May 2007, in the Gazz. Uff. n. 110 of 14 May 2007. The decree recognised the possibility to donate and conserve stem cells for allogenic use, but only in particular cases for autologous use. Successive, more complete legislative intervention defines stem cells obtained from umbilical cords for autologous use. The use of the term biobank is relatively recent in international medical literature. Its first occurrence dates to 1996 [Loft S, Poulsen HE. Cancer Risk and Oxidative DNA Damage in Man. J Mol Med 1996;74:297-312. Correspondence Dott. Matteo Macilotti, Dipartimento di Scienze Giuridiche, Università di Trento, via Giuseppe Verdi 53, 38100 Trento, Italy - Tel. +39 0461 881818/1866/3811 - Fax +39 0461 881874 - Email: [email protected] LEGAL ASPECTS OF BIOBANKS such sensitive information can be the source of severe breaches in an individual’s privacy and lead to potential discrimination. There are many such examples. Several tests were carried out in the United States by many companies in order to evaluate the suitability of employees depending on their genetic characteristics, and in 2000 President Clinton was forced to pass an emergency Executive Order to prohibit genetic testing as part of the hiring process for federal employees. Another possible extension of genetic testing would be to carry out genetic tests when applying for life insurance. Such practices, aimed at reducing risk, would have the inherent danger of discriminating against subjects that are genetically predisposed to disease. Paternity tests also have the potential to threaten the father-son relationship, and for a mere biological question, could destroy family bonds built over the course of years. From a legal standpoint, it is therefore necessary to have a series of guidelines that regulate these aspects on an international level. One particularly difficult feature arises from the needs of medical researchers to utilise biological materials for experimentation, while at the same time maintaining the privacy of individuals. To complicate the situation, research often needs followup data, in addition to updated clinical history of donor materials. After a brief analysis of the legal instruments that have been developed to date at an Italian and international level, we will examine the critical points that concern the functioning of a biobank. This includes the inherent questions about property rights of biological materials, the problems relative to informed consent, and lastly, appropriate measures for ensuring privacy. Definition of a biobank of human tissue and guiding normatives Before considering the legal aspects connected with biobanks of human tissues, it is worthwhile to define the confines of our research. The term biobank cannot be attributed to a single concept, but in realty is descriptive of a complex phenomenon. This feature, consequently, does not include any type of biorepository, but only those involved in the conservation of human tissues for research purposes, and excludes those involved in organs destined for transplantation, embryos, sperm or oocytes for in vitro fertilisation. A rapid summary follows of the normatives that have been adopted on an international, European and Italian level. For obvious reasons, exhaustive details will not be provided for each single aspect, but the most relevant and interesting features will be overviewed. INTERNATIONAL REGULATIONS At the international level, there are only a limited number of normatives regarding biobanks. Principles of no lesser importance can be found in the “Universal Declaration on the Human Genome and Human Rights” 103 adopted by UNESCO in 1997. The first article affirms that “The human genome underlies the fundamental unity of all members of the human family, as well as the recognition of their inherent dignity and diversity. In a symbolic sense, it is the heritage of humanity”. This statement indicates the recognised value of the human genome, but obviously does not exclude the possibility to conduct genomic research that can benefit the entire society; biobanks are fundamental for such research. Such benefits are explicitly indicated in article 12 of the Declaration where it is stated that “Freedom of research, which is necessary for the progress of knowledge, is part of freedom of thought. The applications of research, including applications in biology, genetics and medicine, concerning the human genome, shall seek to offer relief from suffering and improve the health of individuals and humankind as a whole”. Moreover, article 2 recognises that individuals have unique genomes, a condition that renders protection of an individual’s prerogatives necessary, not only in terms of possible discrimination, but especially because this uniqueness makes it possible to identify a specific genome among multitudes of DNA samples. It is therefore a primary objective of biobanks to adopt regulations, standards and procedures that ensure the privacy of data. The International Declaration on Human Genetic Data by UNESCO dates to 2003. The aim of the declaration was to ensure the respect of human dignity, and protect personal data and fundamental freedoms during the collection human genetic data and biological samples, while respecting principals of equality, justices and solidarity with due considerations of the freedom of expression, including the freedom to carry out medical research. The Declaration establishes that genetic data and biological samples can be collected and utilised only if they were collected after informed consent by the donor, in the absence of economic or personal benefits. Limitations to the principal of informed consent are considered by national normatives only in exceptional cases, according to that described by international normatives on human rights. At a European level, an important step forward in this regard was taken by the European Convention for the Protection of Human Rights and Dignity of the Human Being, considering the applications of biology and medicine at Oviedo in 1997. The Convention had the goal of protecting the integrity and dignity of human beings, and adhering nations must guarantee the respect of physical integrity to all individuals, without discrimination, and other fundamental rights and liberties in scientific and medical research. In addition to a statement of principal, this underlines how the Convention in article 4 stresses that all interventions in healthcare, including research, must be carried out in full respect of normatives and professional obligations. Every intervention, according to article 5, can be carried out only after the donor has given his/her 104 unobstructed and informed consent; the donor must be provided with the appropriate information about the aims and nature of the use of biomaterials, any eventual risks and consequences, and on the possibility to withdraw his/her consent at any moment. Article 10 of the Convention details the fundamental right of each person to respect of privacy, as far as information relative to personal health is concerned. In addition, every individual also has the right to know what information is being collected, although the desire of an individual to not be informed is also recognised. The above needs are part of more widespread rights to informed self-determination of the citizen-patient. Lastly, article 11 of the Convention prohibits discrimination based on the genetic patrimony of an individual. The collection, storage and utilisation of human tissue for research must be preceded by informed consent of the tissue donor. Along these lines, the Convention of Oviedo – referring explicitly to the activities of a biobank – stabilised the principals for which the use and conservation of biomaterials is permitted: that adequate information is provided to the patient, that data are collected in an anonymous manner and that written informed consent is obtained. A cardinal principle recognised at the international level, and mentioned in article 21 of the convention, is that the human body and all its parts cannot give rise to profit. It is certainly beyond the scope of the present manuscript to reflect on the concept of gratuity. However, for the purposes of this discussion it appears evident that there are two possible interpretations. A radical interpretation would exclude any possibility of constituting patrimonial rights to the human body and its tissues even after their removal. In a less rigid interpretation, the concept of gratuity would permit profits to be gained from human tissues as long as the donation is spontaneous. It is evident that only the second hypothesis allows the possibility to configure property rights for human tissues. A central European normative is Recommendation R(2006)4 of the Committee of European Ministers, which oversees research conducted on biological materials of human origin. The Recommendation, anticipating the necessity to obtain informed consent from the donor for use of biomaterials for research purposes, approved an ad hoc regime for consent, without waiting for article 3 of the Recommendation, which divides tissues in two categories: identifiable and non-identifiable. Non-identifiable biomaterials, defined as “unlinked anonymous materials”, are those that, by themselves or when combined with associated data, do not permit the identification of the donor. Identifiable biological materials are those that by themselves or in combination with associated data permit the identification of the donor either directly or through the use of a code. In the case that tissues are coded, there are two hypotheses foreseen by d e Directive 2004/23/CE. Directive 2006/17/CE. M. MACILOTTI ET AL. the Recommendation. If the user has access to the code, then they are considered “coded materials”; when users do not however have access to the code that is under the control of third parties, the materials are considered “linked anonymous materials”. With that premise, article 21 of the Recommendation stabilises that research using biological materials can be undertaken only if it complies with the consent obtained from the donor. The donor can also place restriction on the use of his/her tissues. Article 22 details the possibility in which the research has exceeded the limits stabilised by the donor for identifiable materials, and states that reasonable efforts must be made to contact the donor in order to obtain consent. In the case that it is not possible to contact the donor after reasonable attempts have been made, the biological materials can be used for research only if the following criteria are met: a) the research has important scientific goals; b) the results of the research cannot be obtained using biological materials for which informed consent has already been obtained; c) there is no reason to believe that the donor would be expressly opposed to the research. The Recommendation stabilises that the donor can freely deny his/her consent to the use of identifiable biological material, or disallow consent at any time. The refusal to give or withdraw consent cannot be used to discriminate against the patient, especially with regards to medical assistance. In the case of unlinked anonymous material, it can be used for future research only if its use does not violate any restrictions imposed by the donor prior to its anonoymisation. Considerable importance has been given to the recent “Best Practice Guidelines for BRCs” of the OCSE. This document follows the “Guidance for the Operation of Biological Research Centres (BRCs)”, issued by the OCSE in 2001. These guidelines provide the operative rules for collection and conservation of biological materials, and establish qualitative standards for biorepositaries. Undoubtedly, these guidelines represent a shared core of information for the international community, and as such have been used as a model by several countries for establishing qualitative standards for biobanking. REGULATION IN EUROPE With the aim of ensuring the security and privacy of donations, European directive 2004/23 of 31 March 2004 has defined the standards for quality and security of donations, their use, control, manipulation, conservation, storage and distribution of tissue and human cells d. The successive directive, 2006/17, updating directive 2004/23/CE, states that each country must ensure that appropriate measures have been taken to guarantee the traceability of donated tissues and cells by assigning a specific code to the donation and associated materials e. LEGAL ASPECTS OF BIOBANKS 105 Directive 98/44/CE plays an important role in legal protection of biotechnological inventions, which approaches the limits of patentability of biological materials f. Article 5 states that “the human body, at the various stages of its formation and development, and the simple discovery of one of its elements, including the sequence or partial sequence of a gene, cannot constitute patentable inventions”. However, the following point affirms that “an element isolated from the human body or otherwise produced by means of a technical process, including the sequence or partial sequence of a gene, may constitute a patentable invention, even if the structure of that element is identical to that of a natural element”. In Italy, the directive was recognised in January 2006, even though for the actual applicability the required legislation has not yet been passed. At present, no laws have been passed that definitively regulate the collection and storage of human tissues. are tailored to the individual country have been adopted for the regulation of biobanking activities. The existence of such varied and complicated legislation, accompanied by a large amount of documentation that has little or no legal value, has attempted to fill the legal void by establishing guidelines. One of the most widely recognised documents in Italy was published by the Italian Society of Genetics in June 2003 h. The text defines a biobank as a non-profit service unit, which has the goal of collecting and conserving human biomaterials for biomolecular research and diagnosis. The characteristics of a biobank, as defined above, require that samples are: 1) collected in accordance with appropriate bioethical and biolegal requirements; 2) collected and conserved according to procedures that guarantee the best preservation of structural components (histological and biochemical); 3) associated with clinical and patient data, including follow-up. ITALIAN REGULATIONS The recent authorisation of the guarantor of privacy, concerning the storage of genetic data g, also regulates biobanks and the use of tissues as they involve the archiving of patient data. Given the important nature of this authorisation, this will be dealt with in more detail below. An additional regulatory tool for biobanks is the Guidelines for the Institution and Accreditation of Biobanks issued by a workgroup in collaboration with the National Council for Biosecurity and Biotechnology, coordinated by Prof. Leonardo Santi. The workgroup used the recommendations of European Council R(2006)4 as a guide, also considering the fact that there is still no Italian legislation in this regard. A decree approved in June 2006 established the procedures for certification of biobanks as biological resource centres (BRC). Article 2 provides a definition of biobanks as centres that provide a service of conservation, control and analysis of living cells, genomes, and information relative to heredity and functioning of biological systems including organisms that can be cultivated (microorganisms, plant, animal and human cells), replicable parts (genomes, plasmids, virus, DNA), cells and tissues, in addition to databases that contain relative molecular, physiological and structural information. The article also defines BRCs as biobanks that have requested and obtained appropriate certification. However, the decree does not directly define the criteria for certification of BRCs defined by the study groups of the OCSE. Nonetheless the adoption of the ministerial decree is questionable, given its relevance in these issues. In the majority of European countries regulations that AUTHORISATION FOR STORAGE OF GENETIC DATA As already mentioned, the guarantor of privacy finally adopted an authorisation for the storage of genetic data i. This authorisation does not distinguish between tissues and genetic data contained within, and considers both equally. Biological samples are therefore considered as objects that house information. Point 3 of the authorisation allows the use of genetic data for research purposes, finalised towards benefiting human health in biomedical, medical and epidemiological sectors, as long as the data is kept in an anonymous fashion. The use of such data requires that informed consent of the patient be obtained, unless the data are used entirely for statistical or research purposes foreseen by law. Regarding collection and conservation, the authorisation allows that when the end goals and storage of genetic data cannot take place without the identification, even temporary, of the patient, then specific measures must be adopted to separately maintain data separately at the time of collection, except when such measures are not possible or require a disproportionate effort. The storage of genetic data and biological samples for research purposes can be carried out as long as it conforms to the relevant standards. This same holds true for the storage of data and use of biological samples. The research project should indicate the measures taken for ensuring that personal data are archived according to the normatives required by the authorisation, together with those overseeing the security of data and biological samples. The persons responsible for these measures must also be indicated. The research project must specify the origin of the sample, in addition to the g h i j Directive 98/44/CE, in the Gazz. Uff. L. 213/13 of 30 July 1998, recognised in Italy by the legislative decree of 19 January 2006. See note 1. Made available by the S.I.G.U. in collaboration with Telethon. Published in Analysis, on 5/6 2003. Authorisation of treatment of genetic data in the Gazz. Uff. n. 65 on 19 March 2007. 106 measures taken to guarantee that the donor has given his/her consent. As previously indicated, strict normatives must be adapted with regards to security of genetic data and biological samples. Access to safe areas must be guarded and/or electronic/biometric identification should be used. Moreover, after closing hours, persons entering the facility must be identified and registered. The transfer of genetic data in an electronic format must be carried out in an encrypted manner using digital signatures. Genetic data and biological samples should be identified using codes or other means that render them temporarily unidentifiable even to those that have authorisation. They should be decoded only in case of necessity in order to reduce the risk of unauthorised access. In the case that the database also contains information regarding genealogy or the health status of the individual, appropriate technical measures must be taken to consent the separation of this information from genetic and other personal data. The issue of informed consent will be discussed later. Who owns the tissues that have been removed from our bodies? The above normatives do not provide an unequivocal answer to above question. It is evident that donor of the biological materials is the rightful owner, and not the researcher or collection centre. However, before providing a definitive answer to the question it would seem useful to analyse a recent legal case in the US, which 20 years after the Moore case j, has shown the need of defining the legal relationships of biological materials after removal from their donor. THE CASE OF DR. CATALONA Briefly, William Catalona k, noted urologist and researcher at the University of Washington, had established a collection of more than 250,000 tissue samples from 3600 patients for study of specific therapies for prostate cancer. The samples were housed in the University Biorepository which also stored all the biological materials collected by other urologists at the University. The biorepository conserved samples from over 30,000 individuals. These samples, in addition to forming an important scientific resource, were also a potential source of significant economic capital considering that they were claimed to be indispensable. This fact arose from the fact the University had on several occasions reprimanded Dr. Catalona for having transferred biological materials without charge to external research structures. In 2003, following a series of litigations, the urologist left Washington University and transferred to Northj k M. MACILOTTI ET AL. western University in Chicago, Ill. Having the necessity to use the samples stored at the Washington University Biorepository, before leaving he sent a letter to his patients in which he wrote “You have entrusted your tissue samples to me, and I have used them for research that will improve therapies for many others in the future”, but “in order to continue my work I need your help and your consent”. A module was attached to the letter in which the patient could provide his consent, by sending it to Washington University in Saint Louis, that contained the following declaration “I request that you give back my samples to Prof. Catalona at Northwestern University in Chicago. I entrusted my samples to him for use at his discretion, and with the explicit consent that they be used for research”. A large proportion of patients sent the letter, but Washington University did not respect their request, and claimed to be the sole owner of the donated human tissues. Nonetheless, in a provisional fashion, the University posed the question to the District Court for The Eastern District of Missouri, in order to obtain property rights on the biological materials. Washington University sustained that by providing informed consent and willingness to the conservation of biological materials, patients had transferred the property rights to the biorepository, which could then do as it pleased. The biorepository also sustained all the costs necessary for the conservation of tissues and their distribution. Dr. Catalona affirmed that the biological materials belonged to the patients, and that many had requested transfer of the material via a letter to Northwestern University. Therefore, Washington University had no right to hold the material. Dr. Catalona also claimed that the informed consent module signed by the patients gave the patients the right to withdraw the material at any moment. According to the urologist, it was clear that the patients could decide the fate of the biological material. Moreover, he stressed that the donation of materials to the biorepository was not a gift of property, with the simultaneous transfer of property rights, but actually constituted a bailment agreement in which the bailee acquires only the right to possess the material, but not the ownership. The case was closed on 31 March 2006 when the District Court of Missouri stabilised that: 1) Washington University is the owner of all the biological materials, including blood, tissue and DNA samples housed in the biorepository; 2) Neither Dr. Catalona nor any other researcher that carries out studies for Washington University has any rights to materials conserved within the biorepository; 3) The “Medical Consent Authorization” sent by Dr. Catalona to patients is not a valid means for transfer of the property rights of biological materials contained in the biorepository. Moore vs. Regents of the University of California. 249 Cal. Rptr. p 494. Washington University vs. Catalona WJ, et al. 2006 U.S. Dist. LEXIS 22969. For a comment on the sentence see: Andrews L. Two perspectives: rights of donors: who owns your body? A patient’s perspective on Washington University vs. Catalona. J L Med Ethics 2006;34:398. LEGAL ASPECTS OF BIOBANKS The court underlined that medical research can progress only if access to biological materials to the scientific community is not hampered by private individuals. If the use of these materials is not regulated, and was left to private organisations, then these precious tools would become nothing more than objects for the highest bidder. They would have the potential to shift the emphasis from public health to economic issues. The sale of human tissues or DNA on e-bay could become as normal as selling a television. Moreover, the integrity and utility of biorepositories could be seriously threatened if the donors could transfer their samples from one institution to another whenever they desire. If individual samples could freely ‘enter and exit’ from biorepositories, then research protocols could no longer count on the possibility to have adequate numbers of samples for research. OWNERSHIP OF BIOLOGICAL MATERIALS The definition of the legal relationships that bind an individual with his/her biological materials is still an unanswered matter. There is no unequivocal vision regarding the rights of individuals for their excised tissues or of those that conserve these materials for research purposes; in particular, it is difficult, as was seen in the case of Dr. Catalona, to attribute property rights. Some biological materials can undoubtedly be defined as property of the individual, such as hair and maternal milk, that can also be considered to have commercial value. The particular regime connected with these body components stems form their reproducibility and the fact that they have no impact on permanent physical integrity. Other biological materials can maintain an autonomous function when removed from the body, such as bone marrow and blood, and can be transplanted. At present, according to consensus when extracting materials for transplantation, the donor loses the right to manage his tissues as they are incorporated into another individual. Regarding surgical specimens and other biological materials collected for diagnostic purposes, the situation is different. These tissues cannot reproduce and are not functionally autonomous, but have biological identity. The vast majority are affected with pathologies and genetic alterations, and are of substantial interest for medical research. At the moment of excision, their fate can be two-fold: after diagnostic histopathological procedures, they can be destroyed as dangerous hospital waste l, or they can be conserved and studied. As in the case of Dr. Catalona, in such a situation the model that the Italian system has traditionally used is the property model. As stressed by De Cupis m, tissues that have been excised, even if they do not directly cause a permanent l m 107 decrease in physical integrity (i.e. tissues removed during surgical intervention or routine diagnosis), are the object of diagnostic or therapeutic interventions that imply their destruction, thereby acquiring the separation of wealth within the limits of article 5. The vexata quaestio consists of the means of acquisition of the property and the rights of the owner. Following is the hypothesis of separation. According to this interpretation, at the moment that tissue is removed from the donor, the individual from which the material is taken is still considered the immediate owner. Another recurrent doctrine is the hypothesis of occupation, according to which tissues removed from the human body, once separated, would be comparable to the res nullius, or goods that are the property of no one. According to this theory, it is presumed that they are abandoned at the moment of their removal with the consequence that whoever possesses them becomes their owner. A third hypothesis identifies parallelism between the rights of removed tissues and researchers. In the same way in which an individual is the owner of their own ideas, they should also be considered the owner of their own biological tissues, according to one legislative interpretation (article 2576). According to this legal premise, removed tissues are still the property of the patient, even if they were removed with the help of a surgeon. There are also those that consider removed tissues as “natural fruits”, or those fruits that originate directly from the owner’s body, eventually with the help of someone else, in this case a surgeon. There are several difficulties that arise in stabilising property rights for biological materials, both from a legal and economic standpoint, that stem from their unique value in terms of the molecules and genetic data contained within. 1. The term property is used commonly to describe a “thing”, which indicates the relationship between an individual and the object. This relationship implies a series of rights and faculties that act as if to have all the elements necessary to demonstrate that an individual is the owner of an object: the right to enjoy and dispose, the right to exclude third parties, the enjoyment of that object, the right to transfer the object, the right to sell the object, etc. In order for the right of property right to exist, the individual indicated as the owner must have the possibility, even if abstract, to exercise property rights. In the impossibility to exercise these rights, the owner relationship cannot be considered to exist. Regarding human tissues, the rights that the donorowner can exercise is severely limited by the nature of the object. At both an Italian and European level, human tissues are considered extra commercium, and as such See Article 45 of the Legislative decree of 15 February 1997 concerning the managament of healthcare waste. De Cupis A. I diritti della personalità. In: Cicu A, Messineo F, eds. Trattato di diritto civile e commerciale. Milano: 1985, p. 159 and following. 108 cannot be exchanged for wealth. It is believed in fact that to subject human tissue to the laws of supply and demand, and thus a process of reification, damages human liberty. However, it is doubtful that one can speak of “property” outside the bounds of a market system, and that it would be correct to define “property” as wealth to which ownership cannot be assigned. According to legal economists, the impossibility of using market incentives thus displaces their importance. 2. The last reason that renders the application of a property system difficult lies in the fact that it is difficult to clearly identify with the subject of property. If at first it seems taken for granted that the faculties deriving from ownership should be exercised by the individual that donated the material, doubts arise in the moment in which the material has been analysed. The “informational” dimension, in fact, is a collective dimension that does not pertain only to the subject, but to the entire biological entourage. Thus the management of the tissue cannot be carried out in a completely autonomous manner by the donor, which would have the subsequent risk of excluding and discriminating against those that share in the same biological patrimony. The bond between the donor and the tissue is therefore an additional obstacle. 3. With respect to human tissues, the distribution of personal data and identifiable tissues, meaning their physical-biological expression, can intersect. The tissue is the physical “support” in which data are contained, namely the material expression of data. Biological materials and data cannot be separated. Historically, when the potential, characteristics and informational/predictive capacity of the human genome was still unknown, human tissues were considered as an aggregate of molecules. At the legal level, the emphasis was placed on the material nature of the tissue. This is the reason why even the best Italian doctrine has never doubted that the relationship between the donor and the removed tissues should consider ownership rights. Removed tissues were in fact considered in the same way as any other material wealth. Scientific and medical knowledge has revolutionised future perspectives, demonstrating the enormous informational capacity contained within tissues. Thus, from a physical dimension the emphasis has now been shifted to an informational dimension. From simple aggregates of molecules, tissues are now considered a primary source of genetic data. Such a “dematerialised” vision of human tissues makes legal protection of removed tissues essential not only in terms of property rights, but also, and perhaps most importantly, in terms of the protection of personality and the right to privacy and self-determination. As just one example, the recent authorisation of the Guarantor of Privacy concerning the management and use of genetic data, has M. MACILOTTI ET AL. considered both the “physical” aspects as well as the genetic data contained within. From property rights, the rights of individuals are now considered a fundamental aspect. 4. From a legal-economic standpoint, there are several reasons that render transfer of property rights from the donor to the researcher inadequate for both parties. Donors do not have the possibility to reap the benefits provided by tissues removed from their bodies. How could a normal citizen benefit from the ownership of a portion of skin or spleen? It is reasonable to assume that there would be no benefits, considering that they do not have either the technical knowledge or instruments to gain knowledge about the biological characteristics, or to extract any useful information. Additionally, it is difficult to imagine the possible applications of biological materials in areas that are not related to healthcare. Even in the hypothesis that such applications did exist, given the particular nature of the wealth, ethical problems would undoubtedly arise. Assigning property rights of tissues to the donor means that they would be given to individuals that do not have the capacity to extract any useful information, which is certainly inefficient. Moreover, as revealed by the Court of Missouri for the case of Dr. Catalona, attributing property rights to biological materials within biobanks to donors would produce deleterious effects on the integrity of biobanks, and would have disastrous consequences for medical research. Researchers, in contrast to patients, have the possibility to extract useful information from tissues, and have the technical know-how to obtain valuable data, which however are relative to genetic character, health and lifestyle. If on one hand biological materials are fundamental for the advancement of medical science, on the other hand they can be seen as “containers” of personal information that in the wrong hands have the potential for discrimination of the donor. The recognition of full property rights of donated tissues to researchers could lead to economic temptations for those who want to use this information for motives other than medical research. There is also a distinct conflict in the case that the researchers themselves reveal the information contained within anonymous tissues to third parties. Confusion can easily arise between the controller and the controlled. Moreover, a research entity, as the owner of tissues, could impede the use of biological materials to external researchers, although the potential of biological materials would be severely reduced. Rivalries could also be created between research entities for ownership rights to biological materials. The case of Dr. Catalona is a clear example. Additionally, given the importance of the study of human tissues in biomedical science, it is easy to imagine that the availability of tissue banks could become an essential precondition in order to obtain research funding. Such a LEGAL ASPECTS OF BIOBANKS hypothesis has the risk of fuelling a disastrous path to the disadvantage of others. Lastly, the assignment of property rights exclusively to researchers would inevitably exclude donors from participating in the guidance of research projects and their related profits, with the risk of creating an irreversible fracture between researchers and donors. Human tissues as “commons” The motivations outlined in the preceding paragraphs suggest that an alternative model should be adopted that fulfils the contradictions generated by the dual nature of biological materials. One needs to ensure that the maximal scientific value can be obtained while respecting the privacy rights and informed consent of donors. Considering this, it would seem useful, in a legal context, to separate the legal, informational and material aspects of tissues without rendering tissues anonymous. In fact, the majority of guidelines concerning biobanks have resolved these issues by rendering tissues anonymous, which allows for the division of the tissue from the data contained within. For all biological materials, there are limitations on the circulation of genetic data, as the tissue is seen as a physical support containing data. In this light, biological materials are treated as objects. The possibility to identify tissues means that legal rights should be applied to their subjectivity, while their anonymity silences any legal requirements. Creating anonymity of biological materials, or personal data, thus allows unrestricted utilisation. There is however the possibility that by creating anonymity of tissues, the donor can raise no further objections regarding the use of their biological materials, and thus if this condition is met, informed consent need not be obtained. Once tissues have been rendered anonymous, researchers would thus become the rightful owners of biological materials. However, such a situation would create a dangerous distinction between individual privacy and tissue management. In order to enduse that this does not occur, it would seem useful to consider that tissues donated for research purposes, once rendered anonymous, fall under the economic category of “commons”. Once their use has been granted by the donor, biological materials would no longer belong to either the patient or the researcher, but would become a patrimony of the entire community. Under such a plan, citizens would manage tissues. The biotrust model If tissues are considered as “commons”, then the difficulty of determining who manages the tissues arises. There would thus be the risk that their inappropriate use could lead to what legal-economic experts call the “tragedy” of commons, or the over- or underutilisation of resources. Therefore a legal structure needs to be present 109 which can guarantee that biological samples are used for the common good, while favouring their efficient use. Such a structure could be an integral part of public biobanks, which is not managed by either patients or researchers, but which is part of a larger network that manages tissues for the common good, and distributes biological samples to researchers that request their use. Biobanks could become responsible for the complete management of biological materials, from updating follow-up information to guaranteeing the privacy of donors. They could serve as filters between donors and researchers, respecting the privacy of the former while ensuring the latter have the necessary materials to carry out medical research. Biobanks could thus themselves guarantee the separation between the physical ns informational dimensions. In such a system, researchers would only have a sort of licence for utilization, and not property rights, of biological materials, which would remain patrimony of the entire community. At the same time, biobanks would not be the owners of biological materials, but rather could be considered as custodians of this enormous source of wealth for the community. The idea of biobanks organised in this manner is not new. In a document from 1997, the US National Research Council proposed the creation of a worldwide biobank that would act as both trustee and fund holder for all biological samples housed within that could guarantee both the needs of the individual and the interests of science. Acting upon this suggestion, this doctrine led to the creation of a trust model, or a biotrust model based on a charitable trust that can regulate the entire functioning of biobanking activities. This type of trust is a complex structure that can guarantee both the obligation of researchers while promoting the participation of donors in research decisions. A series of individual trusts can be organised, through which donors confer their property interests to the trustees. Such a Biotrust Foundation, or a public non-profit organisation, has the potential to administer the according to predetermined tenets. With the institution of a trust, the tissue donor, through informed consent, formally expresses the desire to transfer his/her property rights to the trust, which then nominates a trustee, a Biotrust Foundation, which has the rights to manage the property for the collective good. The trustee has the duty of distributing tissues to researchers, housing the identification and relative data, making sure that privacy is respected and ensuring that tissues are utilised in full respect of ethical normatives that regulate their use. With respect to a charitable trust, a biotrust can provide additional tools for the utilisation of tissues, which has the added benefit of involving donors. The prerogative property of materials by the trust is in fact governed by the revision and approval by two committees: the Ethical Review Committee (ERC) and the Donor Advisory Committee (DAC). The ERC manages the ethical profiles of research projects that require the use of biological materials housed in biobanks. This committee 110 represents the equivalent of the Institutional Review Board, but is different in that it also contains representatives that are donors. The DAC is composed of direct representatives that are donors, who have the job of ensuring that the maximum public utility is obtained from tissue donations. This committee approves research protocols, but also acts as a communication channel between the donors, trustees and researchers. The DAC should be, according to this model, an important element of democracy in the management of the trust, in addition to representing a flexible mechanism through which communication between the various parties involved in the functioning of a biobank can take place. Informed consent and the use of human biological materials The problem of informed consent is an important problem in the regulation of biobanks, and thus it is important to understand if the traditional concept of informed consent also applies in this context. Regarding human tissues, the question of informed consent takes place in two phases which are best left distinct as they characterise different problems. There is: i) informed consent to the removal of tissue, and ii) consent to conservation of tissues for research purposes in a biobank. Regarding the collection phase, it should be noted that in the vast majority of cases tissues are removed during surgical intervention or for diagnostic purposes. Consent, therefore, is not limited to the removal of tissues in itself, but concerns the entire procedure. Even in the case that an ad hoc operation is carried out with the sole intention of obtaining tissue, the consent would still be the object of surgical intervention, which would be subject to traditional limits. In both cases, the fundamental right that the mechanism of informed consent protects is the self-determination of the individual for his/her own health. On the other hand, the consent to the conservation of biological materials does not have the same medical intent, but is the transfer of wealth that occurs after surgical intervention, and thus acquires an autonomy with respect to the body from which the tissue originated. The conservation of tissues and research conducts with these materials do not have any direct influence on the patient’s health. In this second phase, the act of conservation must guarantee the privacy of the patient, the tissues involved and the genetic data contained within. Thus the legal issues pertaining to wealth and consent are different, and do not justify the simplifications that have often been reported in various guidelines and international documents. An additional characteristic that distinguishes the majority of tissues conserved in biobanks is that they are almost never collected as part of a single research project, but with the idea that they be used as part of many research projects in the future. Therefore, only in a small M. MACILOTTI ET AL. number of cases can patients receive detailed information about the research that will be carried out with the donated tissues at the moment that informed consent is signed. Many experiments cannot be foreseen and also depend on the development of scientific and technical knowledge, while others are planned only in successive research phases. With this premise, it is reasonable to ask if the patient should be contacted each time that his/her biological material will be used for which specific consent was not obtained (in accordance with traditional modes of informed consent that require precise and detailed information concerning the intervention). In alternative, a simple consent to carry out medical research could be obtained without providing specific details. The authorisation to store genetic data by the guarantor for the protection of personal data has determined that informed written consent by the patient is necessary to store and genetic and other data. Article 8 states that the conservation and use of biological materials and genetic data collected for research projects and statistical analyses, in contrast to the informed consent originally obtained, is entirely limited to scientific purposes directly related to those originally intended. Thus, if informed consent is obtained anew, or if biological samples and genetic data, either at the time of collection or following treatment, do not allow the identification of the individual donor, or in cases for which it is not possible to inform the patient despite every reasonable effort, and if the research program is appropriately authorised by the ethical committee), authorisation for use of the tissues is granted by article 90. The consent given by the patient can be freely withdrawn in any moment. In this case, the sample must also be destroyed (under the condition that it was conserved for research purposes), except if the sample, either in its origin or following treatment, can no longer be associated with a specific individual. This latter possibility is in apparent conflict with the indications provided on 19 December 1986 and the successive opinion of the Italian Health Ministry on 14 October 1987 which stated that biological samples should be conserved for no less than 20 years. It should be stressed that the Authorisation of the Privacy Guarantor, as foreseen by article 90 of Legislative Decree 196 of 2003, is a normative tool with a more important role with respect to the opinion of the Ministry. Therefore, for tissues originally collected exclusively for research purposes, the Authorisation of the Guarantor must be applied. However, these recommendations do not apply to tissues collected for diagnostic purposes or during surgical intervention and that will be used only for research purposes at a later date without informed consent. NATURE OF INFORMED CONSENT The consent given by patients for the conservation and use of their biological materials for research purposes should be given on the basis of abundant and detailed LEGAL ASPECTS OF BIOBANKS information. This latter aspect is essential in order to stabilise a correct relationship with the patient and to favour his/her participation in the utilisation of his/her biological samples. Thus, it is important that specific information be provided regarding the type of data to be stored, along with the risks, benefits and options that will be provided to the donor. The authorisation states that informed consent should contain the following information: a) information about the finalities of the research, b) the results that can be obtained in relation to the storage of genetic data, c) the rights of the patient to oppose the storage of genetic data for legitimate motivations, d) the possibility for the patient to limit the communication of genetic data and the transfer of biological materials, in addition to the use of these samples for additional purposes. Moreover, it must be indicated that: a) consent is given freely and can be revoked in any moment without any disadvantages for the patient, with the exception that the data and biological materials, either at the time of collection or following treatment, no longer permit the identification of the patient, b) the measures taken to allow identification of the patient only for the time necessary during collections or successive treatment, c) the possibility that data and/biological samples are conserved and utilised for other research/statistical studies, which should be specific as possible and, to the best of available knowledge, adequately specify the categories of individuals that can be eventually communicated regarding data or transfer of samples, d) the means that patients have to obtain information about the research project. Lastly, it is also necessary to inform individuals regarding the possibility of future uses of the biological materials collected, including commercial use, the results of the research, data obtained and the biological samples themselves. It is also necessary to specify that the patient will not have any right to participate, on an individual basis, in eventual profits that derive from the study of their samples n. However, this information alone is not sufficient to ensure the correct relationship between the patient and the physician/researcher if it is not accompanied, wherever possible, by adequate consultation by the physician. This latter individual has the legal and deontological obligation to answer any questions that the patient might have. CONSIDERATIONS REGARDING INFORMED CONSENT The mechanism chosen by the guarantor of privacy for the protection of personal data concerning the use of biological sample and genetic data collected for research projects not specified by the original informed consent is therefore that of re-contacting the patient, even if a few exceptions are allowed. One of these is the possibility to indicate that the tissue may be used for research purposes different from those indicated without obtaining a new informed consent by simply indicating n 111 that the tissue can be utilised for additional research purposes. The system of re-contact appears to be difficult to carry out, and has substantial economic disadvantages. Many patients would be difficult to contact, while other may be deceased. In addition, new contact could also have negative psychological consequences as the patient would be forced to reconsider past moments which were best forgotten. Moreover, there is the risk of transforming the administrators of the biobank into detectives with the constant risk of losing biological materials that could be important for medical science. Lastly, even in the case that donors could be easily contacted, the question should be asked if they have the ability to fully understand the details of a research project so that a knowledgeable evaluation could be made. This latter aspect would appear unlikely considering the average individual does not possess the technical knowledge needed for adequate understanding. Given these considerations, the obligation to contact the donor would appear to be part of a more formal logical system rather that effectively protecting the individuals involved. A detailed informed consent sheet is not always the best means of normalising the natural asymmetry between the candidate donor and the researcher/physician. In practice, the obligation to obtain informed consent involves the distribution of a number of forms (informed consent form, information on financial risks, acceptance on storage of genetic and personal data, etc.) that is often quite complex. It contains complicated language that can be incomprehensible for the patient. At times the only aim appears to be that of removing all responsibility from the physician/researcher by rendering it difficult if not impossible for the donor/patient to say that he/she had not been informed. This bureaucracy in obtaining consent has the risk of producing the opposite effect with respect to that for which it was created, as the patient may be neither informed nor protected. Given the excessive expenses and partially uselessness of contacting the patient, in the event that new research is carried out that was previously unforeseen, the question arises as to whether or not to adopt a more ample consent that would permit one to carry out new research without contacting the donors while maintaining the donors’ rights. The solution that seems to conform best with the recommendation of the R(2006)4, in order to remediate the problems already discussed, lies in the general or broad consent that renders it necessary to provide an immediate goal, should not be confused with blanket consent. The Draft Explanatory memorandum to the draft recommendation on research on biological materials of human origin, submitted by Steering committee on bioetchics (CDBI), commenting on article 10 of the recommendation (which states: Information and consent or authorisation to obtain such materials should be as specific as possible with regard to any foreseen research uses See Greenberg vs. Miami Children’s Research Institute. 264 F. Supp. 2d 1064 (S.D.Fla. 2003). 112 and the choices available in that respect) specifies that when biological materials of human origin or personal data associated with biological samples is collected, it is good practice to obtain consent for future utilisation, even in cases in which specific research projects are not planned. In the case that future research cannot provide detailed information to the donors involved, the consent should not however be formulated in such a way that it is unconditional (blanket consent). In fact the request for consent to the use of biological material for future research should be as specific as possible given present knowledge for which the informed consent is being obtained o. Broad consent, characterised by ample and more specific information, and by external control mechanisms p that can protect the donor. The recommendations are based on a dual mechanism: first, the research project must be tentatively approved by an independent authority q. Research involving biological can be undertaken only if the research project is subjected to examination by an independent authority that is capable of assessing the scientific merit, the importance of the research aims and deciding the ethical issues. In Italy, this role is carried out mainly by the Ethics Commission of the research institution and, successively, by the biobank. This latter can decide if tissues can be utilised for the research. Moreover, the donor has the possibility to freely withdraw his/her consent at any moment (opting-out). In this regard, it is worthwhile asking if the withdrawal of consent has deleterious consequences only for the present, or for the future as well. The question is quite relevant considering that substantial economic resources are dedicated to research activities, which also entail years of effort; the withdrawal of consent would mean significant losses in terms of both money and time. Thus it seems reasonable to maintain an equilibrium between the collective interest and that of the individual, and it is likely the interests of the former would prevail in this case. o p q r s t M. MACILOTTI ET AL. The solution adopted by the recommendation, even if understandable in principle, has the flaw that it does not provide any mechanism for involving the donors in the governance of the biobank. An alternative solution can be found in the ethical code of the biobank, in which the conditions for use of tissues conserved in the biobank and the ethical prerequisites that should guide research are outlined. At the moment of donation, the patient will be asked to provide informed consent after having read and accepted the ethical code. The biobank will have the task of guaranteeing that the tissues are utilised according to the ethical code r. The provisions of broad consent concerning the use of human tissues for future research, the details of which were not provided at the moment consent was given, is one of the major characteristics that distinguish the European and US regulations. The acceptance of broad consent is in fact evident in the German Nationaler Ethikrat of 2004 s, as well as in the Code of Practice from the UK Human Tissue Authority in 2006 and in Swedish t, Icelandic and Estonian laws in which ample use is permitted for research purposes. The same principals also emerge from the Japanese guidelines, which include the idea of “comprehensive consent”. The US regulations have taken a different approach, which tend to conserve the classic standards of informed consent characterised by the need for detailed information on both present and future research. In the US and Canada, the most common model is that of multi-layered consent, which is characterised by the obtaining a limited consent for a particular pathology or research project. However, this type of consent is a substantial impediment for research, and alternative solutions are desirable. In 1999, for example, the guidelines of the US National Bioethics Advisory Commission (NBAC) allow a strategy to forsake consent. According to this proposal, informed consent is not required if: a) the research involves no more than minimal risk to the subjects; b) the waiver or alteration will not affect adversely the rights and welfare of the subjects; See comment on the Draft Explanatoy Memorandum to the Draft Recommendation on Research on Biological Materials of Human Origin dello Steering Committee on Bioethics, article 12 (point 48) which states “When biological materials of human origin and personal data are collected it is best practice to ask the sources for their consent to future use, even in cases where the specifics of the future research projects are unknown. If future research use of biological materials of human origin and personal data cannot be specifically”. Even if referred to the US system see Greely, Breaking the Stalemate: a Prospective Regulatory Framework for Unforseen Research Uses of Human Tissue Samples and Health Information, op cit. 737. Greely sustains that the request by the biobank for general permission can be conceded only if appropriate measures are in plase, and in particular, approval by the IRB (Institutional Review Board) should be obtained. The temporal limits of the project should be clearly established, and the right of donors to withdraw infromed consent at any time should be guaranteed. The donor should be made aware of any commercial projects related to the research. See article 24 of the Recommendation. It should be mentioend that many researchers hope that in the future, even for tissues donated for rewsaerch purposes, a form of “presumed” informed consent can be added such as those used for organ donation for transplantation. However, this would not give researchers any distinct advantage, as presumed consent would only render tissues ananomous. It is in fact difficult to imagine that if consent is presumed it is thus possible to use tissue in an identificable form. Nationaler Ethikrat, Biobanken fur die Forshung. Stellunghame., 2004, Berlin, www.ethikrat.org/_english/publications/Opinion_Biobanksfor-research.pdf More than others, the document that has influenced recommendation R(2006)4 of the EC Consiglio d’Europa is the English Human Tissue Act of 2004 and the subsequentt Code of practice from the Human Tissue Authority in January 2006. In particular, paragraph 106 of the Code of Practice Consent states that the “consent can be general, i.e. if someone consents to the use of tissue for research, it need not be limited to a particular project”. The same principal is also repeated in paragraph 90: “consent should be generic where appropriate”. LEGAL ASPECTS OF BIOBANKS c) the research could not be practicably carried out without the waiver or alteration; d) whenever appropriate, the subjects will be provided with additional pertinent information following their participation. In 2004, the US Office for Human Research Protection (OHRP) u took a different approach to overcome the rigid regulations regarding informed consent based essentially on the extension of the concept of non-identifiable biological materials. For these samples, in fact, there would no longer be the necessity to obtain informed consent, the approval of the IRB or the ethical commission. Until the guidelines of the OHRP were issued, the principal North American and European regulations agreed on one important point: samples must be coded and made anonymous, but were classified as identifiable materials since there was still a link between the samples and donors. If the link between the samples and donors no longer existed, samples could be classified as non-identifiable, and for research purposes were no longer subject to the Declaration of Helsinki regulating human subject research. In 2004, the guidelines of the OHRP stated the following: “OHRP considers private information or specimens not to be individually identifiable when they cannot be linked to specific individuals by the investigator(s) either directly or indirectly through coding system”. Thus tissues considered as non-identifiable must also be missing a link between them and the investigator, in addition to the donor. The distinction between identifiable and non-identifiable thus includes the possibility for the researcher to identify the individual from which they were taken. It is therefore evident that in this situation, linked anonymous materials can be considered non-identifiable biological materials, and as such do not require the donors’ consent for their use. In practice, several strategies have developed that can confer the status of linked anonymous material. The most typical mechanism consists in the agreement between the investigator and the individual that possesses a ‘key enter’ that stabilises predetermined conditions. The investigator cannot obtain the key until the individual to which it belongs is deceased. The policies and normatives issued by List of references Andrews L, Nelkin D. Il mercato del corpo. Il commercio dei tessuti umani nell’era biotecnologia. 2002. Andrews L, Nelkin D. Homo economicus. The commercialization of body tissue in the age of biotechnology. Hastings Cent Rep 1998;30. u v 113 the IRB for repositories and data storage centres have the same rationale, which allow the release of materials only when the researcher has the access key. The advantages of the expansion of the non-identifiable category are clear: it is possible to maintain an elevated standard for informed consent, while retaining the possibility to adhere to regulations by stipulating an agreement with the biorepository that allows access to tissues without elimination of the link between the tissue and its donor. Using this system, almost all types of future research can be carried out without the need for the approval of the IRB v. Conclusions Biobanking is a preliminary and fundamental phase for medical research in the post-genomic era. The importance of biobanking, and the subsequent involvement of pathology departments from both regulatory and technical standpoints, requires careful attention by the scientific community. Whether or not the definition of regulations that govern these activities will respect the rights of patients and the needs of the medical community depends on us. In addition, the legal considerations in the present manuscript have stressed the use of trust, which is fundamental for the correct functioning of biobanks. Indeed, a relationship based on trust between donors, biobank managers and researchers is essential. While legal aspects are undoubtedly important, trust is still a priority in biobanking. Legal regulations must be in place, but medical science must cultivate the trust between the various parties involved through optimal communication with the patient. The ability to correctly communicate science is a fundamental aspect in this relationship since citizens must choose to donate their biological materials, and offer their genetic data for research purposes. Helping the patient make this decision requires adequate and transparent terminology together with the ability to listen and respecting the patient’s right to self-determination. It is these abilities that will be the drivers for the expansion of biobanks. 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Those that have access to the code could be in difficulty in the case that it is necessary to contact the donor in order to provide additional information on the possible health risks revealed by the analysis of his/her samples; c) the approval of research by the IRB or an Ethics committee is needed to guarantee the efficient utilisation of biological resources. 114 Budds BB. Toward a just model of alienability of human tissue. USF Law Rev 2003;37:757. Calabresi G. Do we own our bodies. Health Matrix 1991;5:1. Calabresi G. An introduction to legal thought: four approaches to law and the allocation of body parts. Stan Law Rew 2003;55:2113. Caplan AL, Elger BS. Consent and anonymization in research involving biobanks. 7 Embo reports, 661, 2006. Charo R. Alta, skin and bones: post-mortem markets in human tissue. Nova Law Rev 2002;26:421. Cherubini MC. Tutela della salute ed atti di disposizione del corpo. In: Busnelli FD, Breccia U, eds. Tutela della salute e diritto privato. 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The second model considers the possibility that a specific ethics commission is not available, and thus the manager of the biobank has the responsibility of ensuring that ethical regulations are met. In model 1, the Ethics Commission has the job of controlling the appropriate management of tissues, which as a third party, also guarantees that the donors requests are satisfied. Donors can request specific information regarding the use of tissues from the Ethics Commission and ask for additional clarification on the utilisation of tissues in the case that tissues have been used in a manner that does not conform to the consent provided. If on one hand, this model might seem optimal, it might not be preferable in some situations for economic reasons, especially for smaller biobanks, since an Ethics Commission requires the availability of additional resources in order to ensure that all requirements have actually been met. In model 2, the responsibility for the correct use of tissue is placed directly on the manager of the biobank. The biobank manager must also guarantee that the appropriate ethical regulations have been followed and respond to any indications that tissues have been utilised in an inappropriate manner that does not adhere to the consent given. 2) WHAT CAN BE DONE WITH VALUABLE TISSUE SAMPLES ARCHIVED IN PATHOLOGY DEPARTMENTS THAT WERE COLLECTED WITHOUT OBTAINING INFORMED CONSENT, AND FOR WHICH IT IS IMPOSSIBLE TO CONTACT THE PATIENT? These tissues can be utilised for research purposes only in an anonymous manner as established by the Guarantor of Privacy for the storage of personal and genetic data. PATHOLOGICA 2008;100:139-143 Biobanca: strumentazione, personale e analisi dei costi M. BARBARESCHI, S. COTRUPI, G.M. GUARRERA* U.O. Anatomia Patologia, Ospedale “S. Chiara”, Trento; * Direzione Cura e Riabilitazione, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari Parole chiave Banche tissutali • Biobanking • Conservazione tessuti biologici • Criopreservazione tissutale • Voci di costo Una Biobanca deve essere considerata come una unità di servizio per la ricerca, la cui funzionalità può essere garantita appieno solo se è possibile dotarla di strumenti e personale. Un’analisi dettagliata dei costi non è possibile in questa sede, dato che una tale analisi è funzione di scelte e necessità legate alle varie realtà locali. Tuttavia per fornire uno strumento iniziale per definire le proprie esigenze, riportiamo una breve descrizione delle voci di costo prevedibili per la attivazione e gestione di una biobanca, suddividendo tale analisi considerando le varie tipologie di spesa. Inoltre, come un possibile di esempio, si riporta nella parte finale la analisi dei costi effettuata nell’ambito di uno studio di fattibilità per la creazione di una biobanca nella nostra realtà. Descrizione delle voci di costo STRUMENTAZIONE Sistemi di criogenia Per il rapido congelamento dei campioni si può optare per varie metodiche, quali il congelamento in isopentano pre-raffreddato o direttamente in azoto (liquido o in fase vapore). Nel primo caso si può optate per l’uso di isopentano conservato in un apposito contenitore posto in freezer a -80 °C, oppure per l’uso di strumenti da banco che mantengono l’isopentano alla temperatura necessaria (per esempio: Histobath®, Shandon). Nel secondo caso è necessario disporre di un apposito contenitore da banco per l’azoto, nel rispetto delle norme antinfortunistiche legate alla manipolazione di tali materiali. Etichettatrice e lettore di codice a barre La opzione migliore per identificare i biomateriali appare essere un sistema a codici a barre mono- o bidimensionali: si può optare per contenitori con codici a barre Il presente contributo è stato possibile grazie al finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto per il progetto “Studio di fattibilità per la creazione di una banca di tessuti e sangue umani presso la Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari – Trentino Biobank” già predefiniti ovvero occorre disporre di un sistema di etichettatrice con inchiostri e etichette resistenti alle basse temperature. Occorre prevedere anche l’acquisto di lettori per codici a barre interfacciati con il sistema informatico di gestione della biobanca: si può prevedere un lettore da posizionare presso il banco ove si effettua la campionatura dei pezzi operatori ed uno da posizionare in prossimità dei siti di stoccaggio dei campioni. Sono disponibili sistemi di lettura di provette con codici a barre bidimensionali prestampati, che permettono di interfacciare direttamente tale lettura con un database con informazioni relative alla natura e allocazione dei biomateriali (per esempio: Trackmate e Easytrack2D, ThermoFisher). Sistemi per criopreservazione La scelta dei sistemi di criopreservazione dei materiali deve essere valutata in relazione alle necessità individuali, alle strutture e locali disponibili e ai volumi di raccolta previsti. È possibile utilizzare sia apparecchiature elettriche (freezer a -80°C) che contenitori per azoto liquido, dotate delle opportune suddivisioni interne (racks/colonne in acciaio) in cui allocare le scatole contenenti i campioni. Il numero di apparecchiature da acquisire, oltre che dal volume di biomateriali raccolti, dipende anche dalle strategie di conservazione (per esempio conservazione delle diverse aliquote di un campione in apparecchi diversi) e dalla necessità di avere a disposizione sistemi di emergenza per sopperire ad eventuali guasti. Le capacità di stoccaggio di un freezer o di un contenitore per azoto sono variabili a seconda delle dimensioni degli strumenti e del volume dei contenitori in cui sono conservati i singoli campioni: per fiale da 2 ml le capacità possono variare all’incirca da 10.000 a 35.000 fiale; se si opta per la conservazione in cryomold la capacità è circa dimezzata. Ipotizzando di utilizzare due strumenti di medie dimensioni e ipotizzando di poter raccogliere 500 casi all’anno, e di ottenere 10-20 campioni per ciascun caso (tessuti Corrispondenza dott. Mattia Barbareschi, U.O. Anatomia Patologica, Ospedale “S. Chiara”, largo Medaglie d’Oro, 38100 Trento - E-mail: mattia. [email protected] 140 normale e patologico e liquidi biologici, utilizzando sia fiale tipo cryovials che contenitori tipo cryomolds), si può stimare che tale strumentazione possa soddisfare il fabbisogno di circa 4-5 anni. Gli strumenti debbono essere connessi a dispositivi di allarme remoti, che consentano interventi di manutenzione/gestione delle emergenze in caso di avaria. Idealmente occorre un sistema di allarme locale, uno di allarme remoto presso una sede costantemente presidiata ed un combinatore telefonico per avvertire il responsabile della struttura. Per l’utilizzo degli strumenti sono inoltre necessari dei dispositivi di protezione individuale degli operatori, che possono essere diversificati in relazione all’uso di strumenti elettrici o ad azoto liquido. Per il continuo rifornimento delle apparecchiature in azoto liquido si può optare per soluzioni con collegamento a stazioni fisse esterne ovvero a contenitori mobili connessi ai tanks, che vengono riforniti periodicamente. M. BARBARESCHI ET AL. principali esigenze delle singole realtà e sono interfacciabili con i sistemi gestionali delle U.O. di Anatomia Patologica. Tuttavia per le esigenze di ogni singola realtà può essere indispensabile la costruzione di sistemi ad hoc (cfr. in questo volume, la definizione dei parametri informatici di un sistema per la gestione completa di una biobanca). Inoltre, i produttori dei software gestionali di reparto stanno implementando funzioni apposite per la gestione dei dati in relazione alle esigenze di una banca di tessuti. Per la visibilità della biobanca può essere utile creare ed implementare costantemente un apposito sito web con le informazioni relative alle procedure e alle tipologie e quantità dei materiali disponibili e alle modalità di accesso a tali materiali. Strumenti per archivi Poiché la biobanca può raccogliere, oltre ai campioni congelati anche, campioni fissati ed inclusi in paraffina occorre disporre di appositi raccoglitori sia per i blocchetti in paraffina che per i relativi i vetrini istologici. Per la documentazione cartacea contenete dati sensibili è necessario disporre di armadi metallici con serratura. PERSONALE Per la gestione ottimale della biobanca, oltre a un direttore della stessa, occorre individuare alcune figure professionali che siano responsabili della qualità e delle modalità tecnico-operative di raccolta e conservazione dei consensi e dei biomateriali e implementazione del database relativo. Il responsabile della qualità dovrebbe essere un/a laureato/a in medicina-chirurgia/scienze biologiche/biotecnologie ad indirizzo biomedico con un impegno temporale pari a circa il 30%-50% della propria attività lavorativa. Per la informazione ai pazienti, la raccolta e conservazione dei consensi, controllo delle sale operatorie, e raccolta dei campioni biologici non tissutali è necessario un infermiere/a di ricerca; per le attività di raccolta dei tessuti, la conservazione e manipolazione dei biomateriali è necessario un tecnico/a di laboratorio biomedico a tempo pieno. Una attività segretariale part time potrà essere necessaria mano a mano che la gestione dei dati della biobanca diventi più gravosa per la quantità di biomateriali raccolti nel tempo. Nella prospettiva di una dimensione crescente di una biobanca è opportuno considerare la possibilità di costituzione di un comitato etico/scientifico che valuti le richieste di fornitura di biomateriali. Per l’ottimale funzionamento della biobanca è auspicabile che essa potesse essere considerata nell’ambito di un progetto obiettivo delle U.O. coinvolte, sia sul lato chirurgico/clinico che su quello della anatomia patologica. Tale ipotesi potrebbe ottenere il massimo coinvolgimento dei sanitari che a vario livello potranno interagire con la biobanca. Supporti informatici: hardware, software e sito web e loro manutenzione Per la archiviazione dei dati e l’interfacciamento con i sistemi gestionali dei reparti di anatomia patologica occorre una postazione di personal computer e un software dedicato alle attività della biobanca. Tale software deve essere in grado di gestire sostanzialmente tre aspetti: le informazioni di immagazzinamento dei campioni, i dati patologici (importabili dai sistemi gestionali di reparto) e i dati clinici. Esistono sistemi software già disponibili commercialmente, che sono generalmente adattabili alle LOCALI Per i sistemi di criopreservazione è necessario identificare un locale adeguato, che sia a temperatura e ventilazione controllata, con monitoraggio della pressione parziale di ossigeno in caso di utilizzo di contenitori per azoto liquido, facilmente accessibile per l’utilizzo e la manutenzione degli strumenti. Le dimensioni dei locali sono funzione del numero e tipologie di strumenti. L’accesso agli strumenti ovvero ai locali deve essere controllato, possibilmente mediante dispositivi di identificazione (per esempio: chiave elettronica di accesso). Strumenti per la gestione di liquidi biologici Qualora la gestione degli eventuali liquidi biologici sia affidata direttamente alla biobanca è necessario disporre di una centrifuga per la separazione delle varie componenti (per esempio: siero, plasma, …). Strumentazione per controllo qualità dei campioni Per controllare la qualità dei propri campioni può essere utile disporre di strumentazione per la valutazione della qualità dei componenti biochimici (DNA, RNA, proteine) dei campioni (per esempio: Bioanalyzer, Agilent Biotechnologies). Sistema di tissue microarray Nelle attività di un biobanca può essere integrato una stazione per allestimento di tissue microarray. In tal caso è necessario acquisire uno strumento per la creazione degli arrays, possibilmente associato a un sistema gestionale interfacciabile con il sistema gestionale della biobanca. BIOBANCA: STRUMENTAZIONE, PERSONALE E ANALISI DEI COSTI 141 CONSUMABILI Cryovials, vacutainer, cryomolds, isopentano, provette per prelievo sangue In funzione della tipologia e quantità dei materiali che si intende conservare (tessuti, da conservare sia in cryomolds che in cryovials, e liquidi biologici) occorre prevedere l’uso di una serie di materiali. Per la raccolta di circa 500 casi anno, si può prevedere di utilizzare per un periodo di 5 anni: – 15.000 cryovials per la raccolta e lo stoccaggio dei tessuti; – 10.000 cryomolds per la raccolta e lo stoccaggio dei tessuti congelati in OCT; – 7.500 provette per il prelievo di sangue; – 2.500 contenitori sterili per la raccolta delle urine; – 32.500 cryovials per lo stoccaggio del sangue e sue frazioni; – 7.500 cryovials per lo stoccaggio delle urine; – 7.500 biocassette; – 20.000 vetrini; – 50 litri di isopentano. Se si opta per sistemi di criopreservazione in azoto liquido occorre prevedere il costo dell’azoto, il cui consumo giornaliero varia in funzione del volume del contenitore. Per il controllo della qualità dei biomateriali occorre prevedere l’utilizzo di reattivi per estrazione delle componenti biochimiche (per esempio: estrazione di RNA). DIVULGAZIONE, DOCUMENTAZIONE E FORMAZIONE L’attività della biobanca può essere fatta conoscere sia ai sanitari che alla popolazione tramite pubblicazioni e e convegni a carattere scientifico-divulgativo. Inoltre per mantenere elevato lo standard qualitativo occorre prevedere l’organizzazione di alcuni eventi formativi di aggiornamento indirizzati sia al personale medico che al personale tecnico. vincia Autonoma di Trento. Lo studio, finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto, è stato realizzato anche con il contributo del prof. Stefano Capri, Istituto di Economia, Università “Carlo Cattaneo”-LIUC. Tale studio ha preso in considerazione le varie voci di cui si è discusso più sopra, calandole nella realtà locale, e si basa su una valutazione di costi riferibile al periodo 2005-2006. Inoltre si è ipotizzato che una volta a regime, la biobanca possa avere dei ricavi, intesi come contributo alla spesa per i servizi offerti. VARIABILI DI COSTO E RICAVO I locali La sede gestionale di TB e dei sistemi di criopreservazione e dei materiali fissati ed inclusi viene individuata all’interno dei locali della U.O. di Anatomia Patologica. In termini di cassa, i locali non rappresentano un costo in quanto verranno utilizzate strutture già disponibili. Nel conto economico quindi i locali non compaiono e tale voce va considerata pari a zero. Il personale La partecipazione dei sanitari all’attività di biobanking viene quantificata solo per il personale direttamente coinvolto nella TB. Il personale direttamente operativo nella TB è rappresentato da quattro figure il cui utilizzo nel tempo è graduale. Nella Tabella I si vede in termini di quota lavorata per qualifica il carico di personale nei 5 anni. L’incremento negli anni del tempo infermieristico è dovuto all’accresciuto numero di pazienti e relative procedure. Per il calcolo dei costi annuali del personale si sono utilizzati i costi annuali lordi delle figure professionali, desunti dal bilancio 2006 dell’Ospedale “S. Chiara”, come riportato in Tabella II. Attrezzature e beni durevoli Le attrezzature necessarie per realizzare TB e i beni durevoli sono riportati nella Tabella III. Analisi dei costi nell’ambito dello studio di fattibilità per la creazione di una biobanca in Trentino – Trentino Biobank (TB) Beni di consumo I beni di consumo sono stati calcolati sui 5 anni e poi ripartiti in proporzione al volume di casi raccolti in Tabella IV. Riportiamo di seguito un estratto della analisi effettuata nel 2006 nell’ambito di uno studio di fattibilità finalizzato alla realizzazione di una biobanca all’interno dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari della Pro- Spese generali Si calcola circa 4.300 € anno di spese generali di telefonia, viaggi materiale didattico e attività di formazione. Tab. I. Personale coinvolto in TB. Anno 1 Anno 2 Anno 3 Anno 4 Anno 5 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 Personale (unità) Direttore (dirigente medico) Biologo 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 Infermiere 0,5 1,0 1,0 1,0 1,0 Tecnico 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0 M. BARBARESCHI ET AL. 142 Tab. II. Costi annui lordi del personale. Figura professionale Costo annuale (1) Dirigente medico 131.109 Collaboratore tecnico prof. 43.896 Collab. prof. sanitario - pers. inferm. 45.501 Collab. prof. sanitario - pers. tecn. san 43.396 (1) = Bilancio Ospedale S. Chiara, anno 2006 Tab. III. Attrezzatura beni durevoli di Trentino Biobank. Anno 1 Anno 2 Anno 3 Anno 4 Anno 5 Contenitori da banco per azoto (1 L) 197 – – – – LAB PAL printer 935 – – – – Lettori per codici a barre 600 – – – – Armadio con serratura per documentazione 300 – – – – – 4.000 – – – Software MTT 95.000 – – – – Freezer -80 °C 15.000 15.000 – – – – 52.000 – – – 350 350 – – – –– 15.000 – – – – – – – – – Hardware informatico: server Apparecchiatura per Tissue Microarrays Allarmi telefonici per freezer Byoanalyzer per CQ Histobath Totale 7.200 119.582 86.950 Tab. IV. Beni di consumo (in 5 anni) di Trentino Biobank. Quantità Costo unitario Costo totale 78 25/m 1.950 Nastro per LAB PAL printer Cryoracks 9 140 1.260 Scatole per cryovials 17 69/10 621 Scatole per cryomolds 168 7,53 1.265 Cryovials 110 175/500 19.250 Criomolds 15 109,14/1000 OCT 1 1.637 75/1275 Cassettiere per vetrini e blocchetti 1.450 Materiale di segreteria 1.500 Isopentano 500 Lymphoprep 30 70/500 ml 3 885/250 2.565 7500 0,84 6.300 Kit per estrazione RNA Provette EDTA 2.100 1% spese budget per beni di consumo dell’U.O. Anatomia Patologica (1) 20.000 Totale 60.473 (1) = biocassette, coloranti, solventi lame microtomo Casi raccolti Costo beni consumo (?) Anno 1 Anno 2 Anno 3 Anno 4 Anno 5 200 400 600 600 600 5.498 10.995 16.493 16.493 16.493 BIOBANCA: STRUMENTAZIONE, PERSONALE E ANALISI DEI COSTI 143 Tab. V. Anno 1 Anno 2 Investimenti 119.582 86.950 – – – Ammortamenti (5 anni) 24.041 41.431 41.431 41.431 41.431 Totale costi con ammortamenti 126.765 171.778 177.276 177.276 177.276 Conto economico Il primo anno vede la concentrazione dell’acquisto di gran parte delle attrezzature e dei beni durevoli, mentre il personale operativo è al minimo. Gli investimenti sono qui considerati finanziati interamente nel periodo di acquisto delle attrezzature e pertanto contribuiscono interamente ai costi totali di ciascun anno. Tuttavia si riporta, in Tabella V, ai fini di analisi contabile, l’impatto di tali investimenti in termini di ammortamenti, evidenziando così il ridotto costo annuale in termini di analisi di bilancio. Con il secondo anno il costo del personale aumenta, mentre con il terzo anno cessa l’acquisto di beni durevoli. I costi totali comprensivi dell’intero ammontare annuo dell’acquisto di beni durevoli passano da € 231.210 del primo anno a € 226.201 del secondo per stabilizzarsi a € 144.749 partire dal terzo fino al quinto. I ricavi La sostenibilità economica di TB non è ritenuta indispensabile in quanto si tratta di una struttura di ricerca inserita all’interno di un ospedale pubblico, con finalità sia di ricerca sia di diagnosi e cura. Tuttavia appare interessante simulare possibili attività remunerabili che TB potrebbe svolgere nel tempo, cioè fornendo servizi a pagamento a strutture e soggetti terzi. È ipotizzabile infatti una domanda di servizi di biobanca attualmente inespressa. L’offerta di biomateriali determinato da TB potrebbe nel tempo, quindi a pieno regime di funzionamento, cioè dopo il terzo anno, attrarre richieste di conservazione e fornitura di campioni da soggetti privati e pubblici (laboratori, ospedali, imprese farmaceutiche, università). Applicando prezzi di mercato per le singole prestazioni, si può immaginare un flusso di entrate in grado di coprire parte dei costi di gestione di TB. Per una quantificazione del contributo che potrebbe essere richiesto per singolo campione, può essere opportuno valutare quali sono i costi di analoghi servizi offerti da biobanche attualmente esistenti. Il progetto TUBAFROST a b c Anno 3 Anno 4 Anno 5 ha approfondito l’argomento nel documento 6.3 a. Secondo tale analisi il costo per campione di tessuto congelato dovrebbe essere tra i 70 e 100 €. Nello studio statunitense descritto nel National Biospecimen Network Blueprint b si ipotizza che il costo adeguato per compensare i costi dei gestione dei biomateriali possa variare da 20 $ a 100 $ per campione, quando i biomateriali siano associati a dati clinici accurati, giungendo fino a 500 $ se ai dati clinici si aggiungono dati molecolari. Dati analoghi emergono dallo studio del National Cancer Institute and National Dialogue on Cancer c. Anche i TMA prodotti con i materiali della biobanca potranno essere ceduti a soggetti terzi. Per una quantificazione del valore di tali materiali è possibile un confronto con quanto attualmente offerto sul mercato il cui valore varia da 20 a 350 $ per sezione, a seconda del numero e tipologia dei campioni. Una più approfondita considerazione relativa alle possibili entrate è tuttavia al di là degli obiettivi del presente studio, e non è possibile attualmente una valutazione realistica, non essendovi ancora una consolidata esperienza nazionale a riguardo. Conclusioni La dotazione strumentale e di personale di una biobanca ne rende necessario un adeguato supporto finanziario. Solo in tale prospettiva è ipotizzabile realizzare una entità funzionale che risponda a tutti i requisiti normativi e di qualità necessari per potersi qualificare come biobanca. Data la importanza per la ricerca di avere a disposizione biomateriali provenienti da strutture qualificate e certificate, è auspicabile che nella programmazione economica sanitaria a livello locale e nazionale si tengano presenti tali necessità, per poter passare da una fase di raccolta di tessuti di tipo “artigianale”, come spesso accade nei nostri reparti, ad una fase “professionale” di maggior qualità e ricaduta scientifica. Deliverable D 6.3 Non-profit-making business plan for the European Human Frozen Tumor Tissue Bank project. Biospecimen Network Blueprint, Andrew Friede, Ruth Grossman, Rachel Hunt, Rose Maria Li, and Susan Stern, eds. (Constella Group, Inc., Durham, NC, 2003) Human Tissue Repositories, http://www.rand.org/pubs/monographs/MG120/index.html PATHOLOGICA 2008;100:144-148 Biobanks: instrumentation, personnel and cost analysis M. BARBARESCHI, S. COTRUPI, G.M. GUARRERA* U.O. Anatomia Patologia, Ospedale “S. Chiara”, Trento; * Direzione Cura e Riabilitazione, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari Key words Tissue banks • Biobanking • Biological tissue conservation • Tissue cryopreservation • Description of costs Description of costs INSTRUMENTATION Cryogenic systems For rapid freezing of samples various methods can be used such as in prefreezed isopentane or immersion in liquid nitrogen (directly or vapour cooled). In the former case, isopentane can be kept in a dedicated container at -80°C, or a benchtop instrument can be utilised that maintains isopentane at the required temperature (e.g. Histobath®, Shandon). In the latter case, a liquid nitrogen container that respects current laboratory normatives is needed. Labelling machines and bar-code readers The best means to identify samples is with a one-or two-dimensional bar-code system. Pre labelled vials or labelling machines with inks and labels that are resistant to low temperatures can be used. Barcode readers should be interfaced with a computer system for easiest management: one reader should be positioned near the area where sampling of surgical specimens is performed, while another should be present where samples are stored. Readers are available using storage tubes with pre-printed two-dimensional barcodes, which permits the direct interface of the reader with a database, allowing easy tracking of samples (e.g. Trackmate and Easytrack2D, ThermoFisher). Systems for cryopreservation The choice of systems for cryopreservation of biological materials must be evaluated in relation to individual needs, the available space and the number of samples to be stored. It is possible to use electric freezers (-80°C) or liquid nitrogen storage systems that contain racks in which it is possible to place sample boxes. The number of freezers or liquid nitrogen tanks to The present manuscript was made possible by funding from the Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto for the project “Studio di fattibilità per la creazione di una banca di tessuti e sangue umani presso la Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari – Trentino Biobank” acquire obviously depends on the expected volume of biomaterial, but also on the conservation strategy (e.g. storage of multiple aliquots of the same sample in different freezers) and the need to have emergency backup systems available. The capacity of a freezer or of a liquid nitrogen tank is based on the size of the instrument and the volume of each sample: for 2 ml vials, the capacity can vary from 10,000 to 35,000 vials; if one chooses conservation in cryomolds, then the capacity decreases by about one-half. If one has two medium-sized instruments and collects 500 cases per year, with 10-20 samples per case, (normal and pathological tissues plus biological liquids, using cryovials or cryomolds), then it can be estimated that the instrumentation will satisfy storage requirements for about 4-5 years. Instruments should be connected to remote alarms to allow intervention in case of emergencies. Ideally, there should be a local alarm, a remote alarm that is under constant surveillance and an automatic dialer that can alert the system manager. Individual protection devices are also needed in relation to whether freezers or liquid nitrogen tanks are utilised. For continuous refilling of liquid nitrogen tanks, it is best to choose a system that is connected to a fixed external station, or mobile containers connected to the tanks that are refilled periodically. Instruments for the management of biological liquids Whenever the management of biological liquids is performed directly at the biobank, a centrifuge is necessary for the separation of the various components (e.g. serum, plasma). Instruments for quality control of biological samples For quality control of samples, it is useful to have the appropriate instrumentation for measurement of the various biochemical components (DNA, RNA, protein) (e.g. Bioanalyzer, Agilent Biotechnologies). Correspondence Dr. Mattia Barbareschi, U.O. Anatomia Patologica, Ospedale “S. Chiara”, largo Medaglie d’Oro, 38100 Trento, Italy - E-mail: [email protected] BIOBANKS: INSTRUMENTATION, PERSONNEL AND COST ANALYSIS Systems for tissue microarrays A workstation can be integrated into the biobank for preparation of tissue microarrays. In this case it is necessary to acquire the appropriate instrumentation, including a software, which can be interfaced with the management systems of the biobank. Instruments for archiving Since the biobank may also collect formalin-fixed, paraffin-embedded samples, in addition to frozen samples, racks and other equipment are needed for paraffin blocks and histological slides. For paper documentation, locking storage cupboards are needed. Computerised support systems: hardware, software and web site maintenance For archiving data and interfacing with management system in the Pathology Department, personal computers and software dedicated to the biobank are needed. The software must be able to manage three aspects: information relative to sample storage, pathological information and clinical data. Commercially available software is already available that meets these prerequisites that can be interfaced with the Pathology Department. It may be necessary to create an “ad hoc” system according to specific needs. In addition, software manufacturers of general managing systems for surgical pathology units are beginning to include a number of functions that are specific for data management for tissue banks. It may also be helpful to crate a web site containing information relative to protocols, type of material available and the means of access. PERSONNEL For the optimal management of a biobank, in addition to the director, several key individuals are needed for quality control and technical duties such as collection and archiving of informed consent forms, patient information, biomaterials collection and database organisation. The quality control manager should possess a degree in medicine or biological sciences, and it is estimated that the individual would dedicate about 30-50% of his/her time in activities relative to the biobank. Concerning patient data, collection of informed consent forms, checks of operating schedules theatres, and collection of all non-tissue samples a research nurse is necessary; for tissue collection, storage and manipulation of biomaterials, a full-time laboratory technician is needed. A part time secretary may be necessary to help out in data management as the number of samples increases. In this light, it is also worthwhile considered the possibility of forming a ethical/scientific committee that can evaluate requests for biomaterials. STORAGE SYSTEMS For cryopreservation systems an appropriate space is required with: controlled temperature and ventilation, and monitoring of the partial pressure of oxygen in the case that containers for liquid nitrogen are utilised, the 145 room should be easily accessible in terms of both daily use and maintenance. The size of the rooms needed depend on both the number and type of instrumentation adopted. Access to instrumentation should be controlled, preferably though electronic means. CONSUMABLES Cryovials, vacutainers, cryomolds, isopentane, tubes for blood samples Depending on the type and quantity of materials that will be conserved (tissues to be stored in both cryomolds and cryovials, biological liquids) several types of containers are needed. For the collection of about 500 cases per year, the following can be envisaged over a 5-year period: – 15,000 cryovials for the collection and storage of tissues; – 10,000 cryomolds for collection and storage of frozen tissues in OCT; – 7500 tubes for blood collection; – 2500 sterile containers for urine collection; – 32,500 cryovials for storing blood, serum, plasma; – 7500 cryovials for urine storage; – 7500 biocassettes; – 20,000 microscope slides; – 50 litres of isopentane. If cryopreservation in liquid nitrogen is chosen, then the cost of liquid nitrogen must be added. The daily cost varies depending on the volume of the tank. For quality control of samples, the costs of reagents for extraction of biomolecules must be added (e.g. extraction of RNA). PUBLICATIONS AND FORMATION OF PERSONNEL The activity of the biobank can be made known through publication in specialist journals and at scientific/medical congresses. In order to maintain a high operating standard, regular formative events should be organised for both medical and technical personnel. Cost analysis and feasibility of the creation of a biobank in the Trentino region – Trentino Biobank (TB) Following is a detailed analysis of a feasibility study for the creation of a biobank in the Trentino region in Italy within the framework of the local health system. The study was financed by a local foundation (Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto), and was carried out in collaboration with prof. Stefano Capri, Department of Economics, Università “Carlo Cattaneo” LIUC. The evaluation considered all the above-mentioned aspects, and put these in local economic terms for 2005-2006. Moreover, it was also considered that once the biobank was fully functional, it could make profit derived from the utilisation of biomaterials in specific research projects. M. BARBARESCHI ET AL. 146 VARIABLE COSTS AND EARNINGS Infrastructure The TB will be localized within a room of the Department of Pathology. Therefore, in real terms, the infrastructure itself does not pose any real costs as the structure is already available, and was thus considered as zero in economic terms. Personnel The participation of healthcare workers in biobanking activities was quantified only for individuals directly involved in the TB, those listed in Table I, which shows the foreseen percentages of time dedicated to the project over a 5-year period. The shift from part to full time for the nurse is relative to the increased number of patients and requests. To calculate annual personnel costs, the following were considered as are listed in the hospital’s balance sheets in 2006 at Santa Chiara Hospital (Tabs. I, II). Instrumentation and equipment Data are reported in Table III. Disposables Disposables were calculated for a 5-year period in proportion to the number of cases collected (Tab. IV). General expenses It is estimated that about € 4.300/year are needed for telephone expenses, travel, educational materials, etc. Accounting In the first year, the bulk of the expenses were dedicated to the acquisition of instrumentation and equipment, while personnel costs were minimal. Investments were considered as entirely financed in the acquisition period, and therefore contribute to the total yearly costs. However, as can be seen in the table, considered as a cost analysis, with the goal of obtaining an accounting statement, the impact of this investment in terms of depreciation shows reduced annual costs in terms of the balance sheet analysis. Personnel costs begin to increase during the second year, and in the third year there are no new acquisitions of equipment. The total costs, including the entire annual equipment costs, go from € 231.210 in the first year to € 226.201 in the second year, and stabilise at € 144.749 for the third to fifth years. Earnings Economic profitability is not considered indispensable as the biobank is part of a research structure within a public hospital, with both diagnostic and research activities. However, it is interesting to simulate the possibility of profitability of the biobank over time, and receiving payment from third parties. It is reasonable to hypothesise that requests for material from the biobank will increase with time. Such requests could initiate after the third year when the biobank is fully functioning, and could provide biological samples to third parties upon payment (laboratories, hospitals, pharmaceutical companies, universities). Market prices can be established, and profits can be expected that would cover the majority of the operating costs. In quantifying the costs of each single request, it is useful to evaluate how much an analogous service costs from existing biobanks. The TuBaFrost project has considered this aspect in detail in document 6.3 a. According to that analysis, the cost of each frozen tissue sample should be from € 70 to € 100. In the US study described by the National Biospecimen Network Blueprint b, adequate prices to compensate for the costs of management of biomaterials vary from $20 to $100 per sample when associated with accurate clinical data, and can increase up to $500 if molecular data is also included. Analogous data have been cited in a study by the National Cancer Institute and National Dialogue on Cancer c. Tissue microarrays produced from material in biobanks can also be sold to third parties. Similar tissue sections already on the market are priced from $20 to $350 per section depending on the number of samples contained within. A more in-depth consideration of potential earnings is beyond the scope of the present study, and it is not possible at present to obtain a realistic evaluation as there is still insufficient experience in Italy in this regard. Tab. I. Personnel of “Trentino Biobank”. Year 1 Year 2 Year 3 Year 4 Year 5 Medical director 0,1 0,1 0,1 0,1 0,1 Research biologist 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 Nurse 0,5 1,0 1,0 1,0 1,0 Technician 1,0 1,0 1,0 1,0 1,0 Personnel a b c Deliverable D 6.3 Non-profit-making business plan for the European Human Frozen Tumor Tissue Bank project. Friede A, Grossman R, Hunt R, Li RM, Stern S, eds. Biospecimen Network Blueprint. Durham, NC: Constella Group, Inc. 2003. Human Tissue Repositories, http://www.rand.org/pubs/monographs/MG120/index.html BIOBANKS: INSTRUMENTATION, PERSONNEL AND COST ANALYSIS 147 Tab. II. Annual personnel costs. Role Annual costs (1) Medical director 131.109 Technician 43.896 Nurse. 45.501 Healthcare technician 43.396 (1) = relative to 2006 Tab. III. Instrumentation and equipment for “Trentino Biobank”. Year 1 Year 2 Year 3 Year 4 Year 5 Containers for liquid nitrogen (1L) 197 – – – – LABPAL printer 935 – – – – Barcode reader 600 – – – – Cabinet for documentation 300 – – – – – 4.000 – – – Software MTT 95.000 – – – – -80 °C freezer 15.000 15.000 – – – – 52.000 – – – 350 350 – – – –– 15.000 Server Equipment for tissue microarrays Telephone alarms for freezer Bioanalyzer for quality control Histobath Total 7.200 119.582 86.950 – – – – – – – – – Tab. IV. Consumables in 5 years. Quantity Unit cost Total cost Tape for LABPAL printer 78 25/m 1.950 Cryoracks 9 140 1.260 Boxes for cryoracks 17 69/10 621 Boxes for cryomolds 168 7,53 1.265 Cryovials 110 175/500 19.250 Cryomolds 15 109,14/1000 OCT 1 1.637 75/1275 Cassettes for slide and blocks 1.450 Secretarial expenses 1.500 Isopentane 500 Lymphoprep RNA extraction kits EDTA vacutainers 30 70/500 ml 2.100 3 885/250 2.565 7500 0,84 6.300 1% budget of consumables for Pathology Department (1) 20.000 Total 60.473 (1) = biocassettes, reagents, solvents, microtome blades, etc. Year 1 Cases collected Costs of consumables (€) Year 2 Year 3 Year 4 Year 5 200 400 600 600 600 5.498 10.995 16.493 16.493 16.493 M. BARBARESCHI ET AL. 148 Tab. V. Year 1 Year 2 Investments 119.582 86.950 – – – 5-year depreciation 24.041 41.431 41.431 41.431 41.431 Total costs with depreciation 126.765 171.778 177.276 177.276 177.276 Conclusions The costs of instrumentation and personnel of a tissue bank require adequate financial support. Only in this light is it possible to create a functional entity that can respond to the needs, normatives and high quality of biomaterials. Given the importance of the availability of Year 3 Year 4 Year 5 biological materials for research purposes, originating from qualified and certified sources, healthcare budgets on a national and local levels should consider this fact. In this way, we should move ahead from a “do-it-yourself” tissue collection, as is most frequent at present, to a more professional service providing high quality material with potentially greater scientific impact.